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10 • GENNAIO 2006Quando, nel marzo del ’99, c’èstato, proprio in questa cittadina,un altro convegno del movimentofemminile del mondo dell’emigrazione,diretta conseguenzadi quelli di Maastrich (ottobre1997), dove il gruppo si eradato fisionomia concreta, e diPadova (aprile 2002), dove si eraconsolidato, la scrittrice e docenteMarina Saba Addis aveva affermato:«La nostra ascesa è stata formidabile.Non denunciamo vittimismi,non abbiamo lamentele. Abbiamoprogetti, e il primo tra tutti èquello di “esserci!”». E «Esserci! »è stata la parola d’ordine che, ancheinconsapevolmente, ha informatotutta l’intensa attività del movimento.Oggi l’obiettivo, non c’è dubbio,è stato raggiunto: adesso le donne cisono, e fanno valere la loro presenzanei circoli e, soprattutto, nelleattività socio culturali: non più enon solo angeli dei fornelli, ma protagonisteessenziali della vita comune.Lo ha dimostrato l’approfonditodibattito che si è sviluppato,dopo le relazioni degli ospiti, nelcorso del convegno “Donne e associazionismooggi” che si è svolto loscorso 26 novembre.Sebben che siamo donne… Viaal dibattito pomeridiano, riservatoalle donne che vivono in Germania.Lo apre Tiziana Deidda,del circolo di Francoforte, che sidichiara pessimista sul futuro deicircoli. Impegnata nel settorescolastico, fa di tutto per avvicinareal centro i giovani della terzagenerazione, con risultati,però, non soddisfacentiSilvia Lecca, del circolo diBerlino, è di diverso avviso: «Danoi – ha detto – i giovani partecipanoattivamente. Forse perchéBerlino è una realtà diversa, l’etàmedia dei soci è di 35 anni».Alessandra Boi, anche lei diBerlino, ha affermato. «Per noidella seconda generazione è importantissimal’identità. Impararela lingua italiana mi ha aiutatomolto, e adesso sto imparando ilsardo» e cita, fra gli applausi, unafrase in limba de “Il giorno delMusica e cantiSpeciale EmigrazioneNel documento finalerivendicato un ruolopiù incisivo per le donnegiudizio” di Salvatore Satta.Ignazia Senis è arrivata a Heilbronn,del cui circolo è segretaria,nell’87 e ha assistito alla trasformazionedel centro, il cui direttivoè composto da sei donnesu undici membri. Accennatoallo stato disastroso della scuolain Germania, dove i figli degliimmigrati sono discriminati, haconcluso: «Il circolo sarebbe unapianta appassita. Ma per fortunaci siamo noi».Loredana Bianco del circolodi Karlsruhe è arrivata 15 anni fadalla natia Sorso a seguito delmarito che a Castelsardo fava ilpescatore e qui è impiegato allePoste. Si trova benissimo e nontornerebbe in <strong>Sardegna</strong> se non,forse, quando andrà in pensione.Il suo è un intervento tutto grinta:«Siamo pronte a rimboccarcile maniche – ha detto – e a far sìche le cose cambino nel modomigliore. Lo facciamo soprattut-Un angolodi <strong>Sardegna</strong>(con pecore)in GermaniaC’è un angolo bucolico, allespalle di questa industre cittadina(più o meno centomilaabitanti, la maggior pare impiegatinell’industria automobilistica):è un piccolo ovilestile <strong>Sardegna</strong>, dove VincenzoTola di Ardara e Palmiro Leccisdi Ruinas non hanno saputodimenticare le loro abitudinigiovanili, e hanno ospitato,in un recinto, prima due, poicinque pecore. Spendono 5euro la settimana per il foraggio,ma lo fanno con entusiasmo.«Ci forniscono gli agnelliper i nostri “spuntini” – diceVincenzo Tola – ma soprattuttoci aiutano a non sentirci solie a ricordare la nostra terra».to per le nostre famiglie e per inostri figli. Lo gridiamo a vivavoce: vogliamo più cultura e vogliamocontare di più!».Nunzia Chiara, del circolo diLudwigshafen: «In alcuni casi –ha detto – è proprio grazie alledonne che si è evitata la chiusuradel circolo, perché abbiamo il coraggiodi affrontare le difficoltà,di prendere le redini in mano e diavviare l’associazione verso uncorso migliore».Martina Piras è socia del circolodi Monaco, il cui direttivo ècomposto da otto donne e unuomo. «È indubbiamente meritonostro – ha affermato – se il centroè ancora vivo e vitale».Carla Marroccu, segretaria delcircolo di Moers, viceversa, èl’unica donna in un direttivo almaschile. «Cosa si può fare permigliorare il nostro ruolo nell’associazione?– si è chiesta – Ladonna dovrebbe avere più coraggioe inserirsi con maggiore ardore.Il cammino, però, è ancora lungoe difficile: per trasformare lamentalità ci si presentano troppospesso, ostacoli insormontabili».Annetta Fais di Norimberganon rinuncia al ruolo di “angelo deifornelli”: «Con la cucina sarda – hadetto – abbiamo aderito allo “slowfood”, perché anche con la culinariasi può fare cultura ».Giovannina Canopia da più divent’anni è “attivista” del circolodi Oberhausen: «È vero, i presidentisono più uomini che donne,ma non è questo che conta.Importa piuttosto agevolare laconoscenza della lingua e degliusi alimentari, soprattutto per inostri figli».Manuela Urru, anche lei delcircolo di Oberhausen è giovane,carina e impegnata: «Quello chevoglio consigliare ai giovani, maanche ai genitori – ha detto – è diessere consapevoli di quanto siaimportante il seguire e il tenereviva la nostra tradizione, le nostreusanze e la nostra cultura,tutte doti che possiamo attingeresolo all’interno della nostra associazione.Io sono nata e cresciutain Germania e grazie alle nostreassociazioni e ai loro impegni orami sento integralmente sarda».Franca Piras, circolo di Stoccarda:«Dopo il congresso diMaastricht – ha affermato – siamotornate a casa con una certezza:noi donne possiamo fare tuttose lo vogliamo veramente, matroppo spesso abbiamo paura dinon essere all’altezza dell’incaricoe paura, soprattutto del giudiziodelle altre donne che frequentanoil circolo».Ha chiuso i lavori il presidentedella Federaziome e poi sipario:tutti a cena, a fare le ore piccolein spensierata letizia.La donna angelo del focolare? Non più, però se si cimenta con ifornelli ci sa decisamente fare. Lo hanno dimostrato le efficientisignore del circolo “Su Gennargentu” che, per la conclusione delconvegno su “Donne e associazionismo” hanno organizzato unacena degna di Trimalchione. Decine e decine di specialità, curatedalla splendida regia di Maria Erriu, siciliana con la <strong>Sardegna</strong> nelcuore, della cucina etnica e di quella internazionale da passare allaleggenda.Poi, dopo il self-service, musica e balli. Si sono esibiti il fisarmonicistaAntonio Sanna e il gruppo musicale Zenh mach Sieben.E “Nanneddu meu” è stata felicemente cantata da tutti a squarciagola.Poi, sul palco, due ragazzi meravigliosi, Antonio e DeboraErriu, seconda generazione ben vissuta. Hanno intonato “No pottoreposare”, “Procurade e moderare” e due soavi composizioni delloro zio Achille, “Perla incastonada”, dedicata alle bellezze dell’isola,e “Su minadori”, in omaggio ai minatori di Silius.Preoccupazione per le discriminazionidel sistema scolastico tedescoTante donne, al convegno, equindi tante mamme. E tutte hannoespresso preoccupazione esdegno per lo stato della scuolain Germania, dove non è la famiglia,ma lo Stato, a decidere qualè il corso di studi più congenialeall’alunno.Il cursus è differente da quellonostro (Europa unita?), le valutazioniin voto sono in ordine crescente(1 il massimo, 10 il minimo)e la partenza è alle elementari:soltanto quattro anni e, ametà dell’ultimo anno, la decisionedi inviare al bambino aicorsi successivi. Davanti a lui,per scelta altrui, quattro ordini distudi:il ginnasio, riservato ai bambiniche hanno riportato, alle elementari,la massima valutazione(i nostri 9 e 10) e che dà automaticoaccesso all’università;la Real schule, riservata a chiha riportato valutazioni medioalte (i nostri 7 e 8): può portareall’università, ma con due annisuppletivi di studio;l’Haupt schule, cui si accedecon una votazione pari al 6,5 eche è molto simile al nostro vecchioAvviamento al lavoro, inItalia abbandonato oltre quarant’annifa;la Sonder schule, riservata aquei bambini che non raggiungonoo appena sfiorano la sufficienza.Si tratta, in sostanza, di unascuola differenziale, cui vengonoindirizzati, soprattutto per ledifficoltà nella lingua e non certoper carenza di intelligenza o divolontà, molti figli e nipoti deinostri emigrati. «È un marchio –dice Iolanda Cabuderra, studiosadel problema – che difficilmenteriusciranno a scrollarsi di dosso».

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