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L'alfabeto dell'Universo - francescopoli.net

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Capitolo0L’alfabetodell’UniversoLa filosofia naturale è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta apertoinnanzi agli occhi, io dico l'Universo, ma non si può intendere se prima non s'impara a intenderla lingua e conoscer i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratterisono triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderneumanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.Galileo Galilei1. Perché c’è qualcosa anziché il nulla?No, non si trattò di Albert Einstein. E nemmeno di Leonardo da Vinci.Sbagliato: non fu neanche Archimede di Siracusa. L’uomo più intelligente delmondo si chiamava Gruk. Oppure Cruk, ma poco importa come lo voletescrivere, perché è probabile che un nome vero non lo avesse neppure. In effettia quel tempo il linguaggio articolato era tutto ancora da inventare. E così forseGruk emetteva qualche suono, forse si esprimeva a gesti, se mai si esprimeva.Ma la cosa non era un problema perché verosimilmente non aveva molto dadire. Di sicuro sappiamo che camminava eretto per le pianure del Serangetiquando correva l’anno zero dell’era Quaternaria. Laggiù lontano, sull’orizzonte,si disegnava il profilo innevato del Kilimangiaro, e quel mattino l’aria erafresca.Ecco che cosa accade. Mentre il vento piegava garbatamente gli steli dell’erbaalta, durante un istante magico di due milioni d’anni fa, ci fu un’anteprimaassoluta: Gruk si pose una domanda. Con gli occhi rivolti verso l’alto, ad untratto avvertì il bisogno di capire dov’era che finiva il cielo. Sollevò un bracciosulla sua testa. Terminava poco sopra agli alberi? Oppure molto più in alto?Chissà se finiva veramente poi. E dove finiva cosa c’era?La risposta non era certo a portata di mano, ed il tutto inquietava non poco ilnostro cavernicolo amico. Perché, sia che il cielo finisse, sia che non finisse, lacosa non aveva senso. Se finiva, allora cosa c’era oltre? E se invece non finiva1


2. E se a girare fosse il Sole?Il moto di rotazione della Terra fu una delle maggiori questioni con cui iGreci si cimentarono in questo loro implacabile osservare a spanne. Si trattavadi un caso dove i fatti erano di una chiarezza cristallina. Il Sole sorgeva etramontava solcando il cielo, e di notte la Luna e le stelle fisse lo seguivano aruota. Poteva sussistere dubbio che fossero loro a muoversi, inscenando lospettacolo per noi fermi quaggiù, comodamente seduti in poltrona?Ma andiamo con ordine. Cominciamo col dissipare strane leggende: gran partedei Greci sapeva molto bene che il nostro pia<strong>net</strong>a aveva una forma più o menosferica. Alla Terra piatta aveva creduto – forse – qualche barbuto assirobabiloneseprima del quinto secolo a.C. Ma nella Grecia antica non c’era latelevisione, e allora la sera si prendeva il fresco osservando con attenzione leeclissi di Luna. E fu così che un dato essenziale non passò inosservato, e cioèche l’ombra proiettata dalla Terra sulla Luna era sempre circolare. Una pia<strong>net</strong>apiatto avrebbe, almeno una volta ogni tanto, proiettato un’ombra sottile come lariga di un pigiama, mentre solo una sfera era in grado di avere sempre ecomunque un cerchio come ombra. Inoltre, qualche marinaio dalla vista buonasosteneva anche che scrutando l’orizzonte dalla coffa in cima all’albero siscorgeva terra assai prima che restandosene seduti sulla prua dello scafo.Questo strano fenomeno si poteva facilmente spiegare qualora le navi stesserorisalendo la curvatura di una sfera.Ma i nostri antenati Greci furono molto più smaliziati di così. Nel terzo secoloa.C. un arguto ingegnere di nome Eratostene, con un gioco di pali e di ombre,misurò addirittura il raggio della Terra. L’errore fu del 20 per cento rispetto alvalore oggi noto! Se non vi sembra stupefacente, provate voi a pensare ad unmetodo per misurare il raggio della Terra con gli strumenti disponibili nelterzo secolo a.C.Bene Eratostene, otto e mezzo. Meno bene fece un altro ingegnere, Cleomede,qualche anno dopo. La sua misura aveva un errore del 50 per cento. Voto:cinque meno meno. Purtroppo Eratostene non aveva l’ADSL a casa, e fra unacosa e l’altra, si dimenticò di mettere su inter<strong>net</strong> il raggio che aveva misurato.Fu così che tutti presero per buona la misura di Cleomede, il quale sapevaevidentemente gestire le proprie scoperte scientifiche con una più efficacepolitica di marketing. In particolare ci credette Tolomeo nel 180 dopo Cristo.Nella sua opera Almagesto egli riporta il dato fasullo, e a quel valore abboccòpure Cristoforo Colombo. Il famoso navigatore sostenne che con quel raggiocosì piccolo era un attimo “buscare el levante por el ponente”, cioè navigareverso ovest per sbucare ad est, alle spalle degli esterrefatti astanti.Vado in India, e lo farò partendo per la direzione opposta! Torno abbastanza presto –disse - però non aspettatemi per cena.Ma non tutti gli credettero: i conti non tornavano.Anche se in linea di principio hai ragione, caro Colombo, Tolomeo riporta una misurasbagliata. Guarda qui il valore di Eratostene: la Terra è larga quasi il doppio: non ce lafarai mai a percorrere una distanza tanto grande.Colombo non si perse d’animo e partì. Fortuna sfacciata la sua, perché proprioa metà strada c’era l’America. Così si prese anche la soddisfazione di ribattere5


con gusto un bel “Ve l’avevo detto io”. Solo in tarda età gli venne qualchedubbio.PoloNordMa ritorniamo ai Greci. Tra quelli che pensarono di dire la loro su tuttala questione, ovviamente Aristotele era schierato in prima fila. La Terra –dicevano - beh sì, sarà pure sferica, però è certo che si guarda bene dal ruotaresu sé stessa. E’ chiaramente il Sole a girarle attorno.A questo punto, invece di sorridere delle sue tesi, è giunto il momento di farlosalire sul banco dei testimoni e marcarlo stretto. Dopotutto siamo uomini delXXI secolo: dovrebbe essere questione di un attimo vederlo capitolare in unaresa incondizionata di fronte alla nostra scienza.- Si accomodi. Si accomodi pure Aristotele caro. Guardi però che noil’ascoltiamo per pura cortesia, perché lei è “il maestro di quelli che sanno”. Maormai è ben noto a tutti che la Terra ha un suo moto di rotazione attornoall’asse, e che lo spostamento del Sole nel cielo è solo il riflesso di questo nostromovimento. Ma dica pure: secondo lei la Terra ruota su sé stessa?Assolutamente no, mio caro. E le vado a spiegare. Supponga di salire su di una torrealta diciamo una cinquantina dei vostri metri. Io mi trovo molto più a mio agio amisurare con i cubiti, ma voglio venirvi incontro.- Grazie, davvero gentile.Dunque, dicevo, in cima alla torre lei porti con sé una piccola pietra. Ora, se la Terraruotasse davvero come dite voi, la torre, lei stesso e la pietra procedereste compatti nelmovimento rotatorio.- Certo, giusto.Ma cos’è che costringe la pietra a seguire il moto complessivo? La risposta ve la dico io,è la vostra mano che la tiene ben stretta. Se non ci fosse la mano, alla pietra nonverrebbe trasmessa alcuna forza, e così resterebbe indietro rispetto al moto di rotazione.Se lei dovesse togliere la mano, la velocità della pietra comincerebbe a diminuire,trovandosi così in ritardo rispetto alla torre, che è ancora solidale con la Terra e simuove alla velocità di prima.- Mmm…Vedo che lei è un poco tardo di comprendonio. Sporgiamoci dalla torre, le ripeto, e poilasciamo cadere la pietra. Cosa dovremmo vedere? Dovremmo vedere noi stessi cheprocediamo ancora nel moto di rotazione ben saldi sulla torre, mentre la povera pietravede il suolo scorrere sotto di lei, finché non toccherà il terreno molto lontano dallaverticale, come in questo schizzo qua accanto. Ecco qui: la torre la supporremoall’equatore per semplificare e guardiamo tutto da sopra al Polo Nord. Chiaro?- Non so, c’è qualcosa che non mi convince.Ascolti, le dico. Ha mai visto un simile effetto? Io no davvero. Non v’è pietra che perquanto dall’alto sia fatta cadere non precipiti proprio sulla verticale, ai piedi della torre.- Un momento signor Aristotele, un momento. In linea di principio forse lei haragione. Ma io credo che lo spostamento dalla verticale sia talmente piccolo chenon si riesce a vederlo! Del resto la rotazione della Terra è lenta al punto che anoi pare di star fermi. Il sasso in realtà cade uno o due millimetri fuori dallaverticale, ma nessuno se ne accorge. Tutto qui.Lenta? Amico mio, ha mai sentito parlare della misura di Eratostene del raggio dellaTerra? Circa 6400 dei vostri chilometri, che in cubiti fa…- Lasci stare i cubiti. Dove vuole arrivare?6


Dico che 6400 chilometri di raggio fanno una circonferenza di oltre 40000 chilometriall’equatore. Cioè quaranta milioni di metri. E questi quarantamilioni sono percorsi inun giorno, vale a dire in 24 ore, vale a dire in 86400 secondi. E quindi, alla latitudinedell’equatore, la Terra sotto ai suoi piedi ruota con la sorprendente velocità di:40 milioni di metri= 46386400 secondimetri ogni secondo!Questo le pare poco?- Francamente mi sembra tantissimo. E’ più di quanto faccia il suono, chenell’aria percorre 340 metri ogni secondo…Ora, se lei volesse spostarsi di quattrocentosessantatré metri ogni secondo, non credeche avrebbe bisogno di essere tirato da qualcosa? Da un veloce cavallo, da una carrozza,o che so io, da uno dei vostri carri senza cavalli? Com’è che li chiamate? Ah, ecco,automobili, certo.- Beh, penso proprio di sì.E pensa che la sua pietra possa continuare a muoversi a questa grande velocità senzaessere trascinata dalla nostra mano? Ovvio che non appena la lasciamo andare rallenti eresti indietro, proprio come quando i vostri carri senza cavalli si fermano se speg<strong>net</strong>e ilmotore. Adesso mi dica: quanto tempo si impiega approssimativamente a cadere a terrada un’altezza di 50 metri?- Non so: due, forse tre secondi.Facciamo tre secondi. Bene: in tre secondi, percorrendo 463 metri ogni secondo, la Terrasotto la pietra deve essersi spostata di oltre milletrecento metri! Ha mai osservato unapietra discostarsi milletrecento metri dalla verticale?- Direi di proprio di no.E lo credo bene. Del resto se la Terra ruotasse davvero, ne avremmo di problemi! Pensiagli arcieri durante una battaglia.- Gli arcieri?Ma certo. La vittoria sarebbe sempre di chi si schiera ad est. La rotazione della Terratrasporterebbe il nemico verso le loro frecce, per esserne comodamente infilzato.Viceversa, sarebbe assai dura per l’esercito ad ovest. Questo dovrebbe scagliare conmolto più vigore per compensare il moto di allontanamento del terreno avversario. Eora, se permette, vengo a concludere. Dato che le pietre cadono sempre dritte, e dato chele frecce non viaggiano più gagliardamente verso ovest, non se ne può che desumere chela Terra sta ferma mentre il Sole le gira intorno, originando così il colorato alternarsi delgiorno e della notte. Adesso mi scusi, eh, che non ho più tempo per queste sciocchezze.La Terra che ruota. Assurdo!Che dire? Per la verità l’Umanità disse ben poco su questo punto, e per oltreventi secoli. Se ne stettero a contemplare il Sole che girava sopra alle loro teste,elaborando raffinate note a piè di pagina nei testi di Aristotele. E quando tutti ipiè di pagina furono riempiti, iniziarono con le note a margine.Ma nel sedicesimo secolo un colpetto bene assestato rimise in moto ilnostro pia<strong>net</strong>a: qualcuno aveva finalmente scovato nuove domande.7


3. Un modello matematico per il MondoGalileo Galilei (1564-1642) era un uomo di ingegno molto al di sopradell’ordinario: è a lui che dobbiamo la nascita della fisica come la intendiamooggi. E soprattutto era un figlio appassionato dell’Occidente cristiano. Galileoprendeva molto sul serio la Bibbia, specialmente quando, nel libro dellaSapienza affermava: “Dio tutto ha disposto, con misura, calcolo e peso”.Prendiamole allora queste misure! – diceva- Calcoliamo tutti questi pesi!Lo storico della scienza Koyré osserva quanto sia davvero curioso che sin daitempi di Pitagora molti avessero sostenuto che la chiave di lettura della realtàfossero i numeri, ma nessuno si fosse mai dato la briga di prendere delle veremisure e farne una scienza fisica. Ma finché si aveva in mente una realtà dovepietre e piume seguivano i loro naturali desideri, come se fossero animate divolontà propria, nessuno poteva prendere sul serio l’idea di una scienzaquantitativa.Quello che rese finalmente possibile la nascita di una fisica moderna fu laconcezione cristiana di un universo creato da Dio. Se Dio era bellezza,perfezione, ordine e razionalità, tutta la Sua creazione doveva essere il riflessodi queste qualità. L’universo materiale non era un organismo in cui ciascunacosa compiva le sue imprevedibili scelte, e dove gli dei esercitavano undominio. Il suo funzionamento era stato progettato, e Galileo era fiducioso chel’uomo potesse arrivare a comprenderlo perché le stesse leggi razionali che logovernavano erano insite nella mente umana, il capolavoro della creazione. Equeste erano le leggi della matematica.La matematica è l’alfabeto nel quale Dio ha scritto l’intero Universo avrebbe dettoGalileo. Perché mai limitarsi ai cieli, come aveva fatto Aristotele? Il guaio era che perleggere il libro scritto da Dio nella natura, le risposte istintive ingannavano:bisognava sfrondare dalle apparenze. Il compito era estremamente arduo, si trattavadi dimostrare che non era utile tentare di spiegare il funzionamento del mondo cosìcome ci appariva. Bisognava piuttosto spezzettarlo, smontarlo in parti semplici comesi farebbe con un motore per capirne il funzionamento.Ascoltatemi tutti! – intervenne Galileo dalla sommità della torre di Pisa - Per leggere illibro della natura bisogna scomporre i fenomeni in parti più piccole, e poi fare uso di cerchi,triangoli e di tutti gli strumenti della geometria.«Non si sente un tubo da quaggiù. Per piacere scendi.» fecero gli sbigottiticoncittadini.Galileo scese pazientemente i 294 gradini. Gli ci vollero venti minuti buoni pertrovarsi in Piazza dei Miracoli, e nel frattempo molti se n’erano andati. Fra i pochirimasti, qualcuno dava da mangiare ai piccioni. Il grande scienziato non si persed’animo, e schiarendosi la voce riprese a parlare.Insomma dicevo: se ad esempio stiamo trattando le leggi che governano la caduta dei corpi,allora qui accadono almeno due fenomeni contemporaneamente. C’è il moto dovuto al pesodel corpo e c’è il contrasto fatto dall’aria. Ciò che chiedo agli antichi filosofi è: di quale dei duestiamo parlando?Dai filosofi greci non ebbe nessuna risposta, in effetti erano tutti morti da oltre ventisecoli. Ma incurante di questo, Galileo incalzava.8


Ve lo dico io come si deve procedere: scomponiamo il fenomeno nelle sue parti elementari estudiamo prima queste. Quando le avremo ben comprese, avremo più chiaro l’effetto dellaloro azione congiunta.E così cominciò, pezzo per pezzo, ad eliminare il superfluo lasciando intattol’essenziale.Per cominciare immaginiamo che non ci sia l’aria e supponiamo che gli oggetti cadano nelvuoto.A questo punto i suoi contemporanei si ribellarono. Ci fu movimento in piazza. Ipiccioni volarono via rumorosamente.«Ah no, per piacere caro Galileo, il vuoto proprio no. »Ed avevano ragione, il vuoto per loro era un bel grattacapo. Parlare di vuoto eraconsiderato alla stregua di professare una credenza occulta. Come poteva un sassoscagliato proseguire il suo movimento dopo che si era staccato dalla mano? Chi maicontinuava spingerlo? L’aria era la risposta. L’aria spostata davanti al sasso siraccoglieva dietro di esso imprimendogli velocità, ma sempre con meno vigore,tant’è che alla fine cadeva a terra - pardon - ritornava al suo luogo originario.L’incredibile conclusione era che, nel vuoto, non sarebbe stato possibile lanciare unapietra, perché non ci sarebbe stato alcunché a fare da tramite. Ma questo era unproblema che non toglieva il sonno a nessuno, visto che il vuoto non esisteva.Però una cosa fatemela dire. Se guardiamo una palla d’oro ed una di piombo cadere in unavasca di mercurio, vediamo che la palla d’oro tocca il fondo molto prima. Se poi le facciamocadere entrambe nell’olio, la palla di piombo giunge sempre per seconda, ma lo scarto si è assairidotto. Quando infine le lasciamo andare nell’aria, la differenza diviene di poche dita. Sipotrebbe supporre allora che, se non ci fosse nemmeno l’aria, toccherebbero terrainsieme…Ma lasciamo stare il vuoto, se questo è un problema.Galileo insomma si divertiva come un matto a giocare a scacchi contro il “buonsenso”. Aveva però dalla sua parte gli strumenti di quel fantastico laboratoriovirtuale che è il nostro cervello. Lì si possono eseguire esperimenti anche senzaattrezzatura, ma solamente pensando. I fisici di oggi usano una parola tedesca perquesto: gedankenexperiment, esperimento concettuale.Vediamo come fece il grande scienziato a vincere la sua partita: il gioco ha inizio.Come mossa d’apertura Galileo immagina di far cadere una sfera di piombo,diciamo di 10 Kg, da una certa altezza.Supponiamo che essa tocchi terra dopo 2 secondi. Bene. Si pensi poi di lasciar andare, dallastessa altezza una sfera di legno della stessa grandezza di quella di piombo, ma di massa,ovviamente, inferiore: 3 Kg.La mossa successiva spetta al nostro buon senso, il quale ci dice immediatamenteche la sfera di legno toccherà terra dopo un tempo maggiore di 2 secondi perché,essendo più leggera di quella di piombo, la sua corsa risulta più lenta. Vogliamoassecondarlo, e poniamo allora che essa impieghi per cadere un tempo doppio dellaprima: 4 secondi.Adesso sta nuovamente a Galileo, il quale prende una cordicella robusta maleggerissima e lega insieme le due sfere. Poi ci interroga con aria di sfida.Che succederà se le lasciamo andare giù dalla stessa altezza di prima tutt’e due unite inquesto modo?- Mmm…Dopo qualche elucubrazione, il nostro buon senso risponde senza scomporsi troppo.Succederà che la veloce sfera di metallo sarà rallentata dalla sfera di legno. Questot 4 st 2 s9


perché la sfera di legno fa più fatica a cadere, è più lenta, e quindi trattiene un pocola rapida caduta di quella di piombo. Così legate le due sfere toccheranno terra unpo’ dopo i due secondi che occorrono alla sfera di metallo, ma comunque prima deiquattro che impiega la sfera di legno da sola. Perché meno di quattro? Per un motivoanalogo: la sfera di legno è trascinata giù dalla sfera di ferro più velocemente diquanto andrebbe se fosse sola. Diciamo che occorreranno, ad esempio, 3 secondi pertoccare terra.Non ce ne siamo nemmeno accorti ma Galileo ci ha già incastrato, pronto per laspettacolare mossa finale.La sfera di legno e la sfera di piombo legate sono, nel loro complesso, un oggetto di massa 10 +3 = 13 Kg! Se voi aveste ragione, esse dovrebbero toccare terra prima di quando lo farebbe lapiù veloce delle due, la sfera di piombo, da sola. Il tempo di caduta dovrebbe essere meno di 2secondi, perché, viste come un tutt’uno, esse hanno una massa più grande della maggiore, cheera di 10 Kg.E allora? Allora ci siamo contraddetti: non c’è scampo, o le due sfere legate insiemeimpiegano più di quattro secondi a toccare terra, oppure meno di due. Ma entrambi inostri ragionamenti sono validi! L’errore non sta nei passaggi logici intermedi, manelle premesse.Quindi non può essere vero che, quando sono lasciati cadere dalla medesimaaltezza, gli oggetti di massa maggiore toccano terra prima degli oggetti con massaminore.E il buon senso? Scacco matto.A ben riguardare tutto il ragionamento, quello che salta agli occhi è la grandedistanza fra questo tipo di approccio e l’affannosa ricerca di cause che tormentava gliantichi greci. Qui il fenomeno naturale viene analizzato con gli strumenti dellaragione, ma non ci si arrovella a capire motivi intimi del suo accadere. Perché lapietra cade in basso? Non ci interessa: domanda sbagliata. La pietra cade e neprendiamo atto. Cerchiamo piuttosto di capire quale legge matematica ne regola ilmoto. Non chiedetemi perché – sembra dire Galileo – chiedetemi come.- Va bene signor Galileo, ammetto che lei è bravino a fare lo sgambetto albuon senso, escogitando ragionamenti che sanno convincere anche il cuore dei piùaccaniti oppositori. Ma vogliamo cimentarci con qualcosina di più impegnativo? Ilmoto diurno della Terra per esempio. Guardi che Aristotele ci ha illustrato delleevidenze sperimentali contro di esso che ci sono parse davvero notevoli.Si ma Aristotele aveva preso una cantonata su tutta la linea. Nelle dispute di probleminaturali il modo sicuro di conseguire la verità è certo quello di cominciare dalle “sensate”esperienze. Non è mai possibile che una sensata esperienza sia contraria al vero. Mal’esperienza va accompagnata con le dimostrazioni necessarie.- Sensate? Ah, ho capito, intende dire “fatte con i sensi”. Ma allora anche per leile esperienze sensoriali sono il punto di partenza. Direi che si sta schierando alfianco di Aristotele dopotutto.Ah no. Questo proprio no. Quando parlo di sensate esperienze intendo andare molto aldi là della percezione immediata che ci restituiscono i nostri sensi distratti. Nonpossiamo accontentarci di osservare il fumo che sale una domenica pomeriggio ededurne una legge fisica. Io intendo un esperimento progettato. Dobbiamo interrogaremetodicamente la natura e costringerla a parlare chiaro, senza incertezze, a darcirisposte che siano quantitative. E per formulare le domande servono una grammatica edun alfabeto appropriati: quelli della matematica. Nel contempo occorre ragionarvi10


sopra con gli occhi dell’intelletto. Ecco cosa mancò ad Aristotele: osservare i rapporti frale misure per stabilire un ordine nelle cose.- Mi sembra che qui si stia girando intorno al problema. Ci dica piuttosto comevede lei tutta la questione della pietra e della torre.Ma sicuro. Saliamo pure di buon grado sulla sua famigerata torre. Dunque: a dire diAristotele occorre che la mano trascini la pietra con sé per costringerla a seguire larotazione terrestre. A mio modo di vedere le cose vanno differentemente- E come starebbe allora?E’ che la velocità circolare della pietra non viene perduta nel momento in cui la mano lalascia, ma si conserva indelebilmente.- Non vorrà convincermi, spero, che il mondo è diverso da come appare. Se icavalli non tirano una carrozza, questa non mantiene per sempre il suo stato dimoto, ma dopo poco si ferma. L’analogo vale per la pietra, credo, se la si vuolefar muovere alla pazzesca velocità di 463 metri al secondo! Nello stesso modo lefondamenta mantengono la torre solidale al terreno che si muove, e se così nonfosse anch’essa rotolerebbe pateticamente all’indietro.Io qui di patetico vedo solo codesto ragionare, signore. Lei nel XXI secolo è ancora unaristotelico, nonostante tutti i mie sforzi! Segua me, adesso. Immagini di avere unasuperficie piana, pulita come uno specchio e dura come l’acciaio, e di porvi sopra unapalla di bronzo perfettamente sferica. Immagini poi di rimuovere tutti gli impedimentiesterni, come la resistenza dell’aria. Se il piano fosse inclinato cosa accadrebbe alla pallalasciata ferma?- Si muoverebbe verso la discesa a causa della pendenza, non ci sonodubbi.E la velocità della palla come sarebbe? Costante?- Ma certo che no. Partirebbe ferma per accelerare continuamente.Ora voglio che immagini di lanciare la palla verso la salita dello stesso piano.Avanti, mi descriva cosa accade.- Credo che osserveremmo un continuo rallentare della corsa causatodalla pendenza, che ora si oppone al moto.Bene, molto bene. Adesso mi dica: e se quella stessa spinta la imprimessi aduna palla su di un piano perfettamente orizzontale? Che farebbe?Accelererebbe? Rallenterebbe?- Aspetti un momento. Ho detto che la causa dell’accelerazione versoil basso è la pendenza. Poi mi è sembrato giusto sostenere che semprela pendenza fosse la causa del rallentamento nel moto di risalita. Quiora ogni causa è stata eliminata.Dunque cosa crede che accadrebbe?- Se non voglio contraddirmi, non posso che concludere che, mancandoqualsiasi causa di accelerazione o decelerazione, la velocità resterebbe costanteed uguale al suo valore iniziale…E cosa le avevo detto? La velocità si conserva indelebilmente se non ci sonoimpedimenti esterni. Aristotele non aveva sbagliato la risposta, aveva sbagliatola domanda! Egli si chiedeva: “che cos’è che mantiene un oggetto in motorettilineo con velocità costante?”. Ma la condizione di moto rettilineo convelocità costante è del tutto naturale, proprio come lo è la quiete. Non occorreintervenire dall’esterno perché essa si mantenga indelebilmente. Piuttostobisognerà chiedersi: “Che cosa modifica lo stato naturale di moto rettilineoLadiscesa causaun aumento nella velocitàLasalita causauna diminuzione nella velocitàCosa succede alla velocità quandoogni causa esterna di cambiamentoviene rimossa?11


PoloNorduniforme di un oggetto? Quali sono gli agenti che cambiano la direzione ol’intensità della velocità?”.- Va bene, mi ha convinto di nuovo. La pietra in cima alla torre se la cavabenissimo da sola: non occorre che la nostra mano la trascini nel moto dirotazione terrestre. E considerando che il raggio del pia<strong>net</strong>a è molto grande,possiamo anche ammettere che il moto della pietra in cima alla torre non siacircolare, ma più o meno rettilineo. Ma che dire di quando cade? La gravità chela trascina a terra diminuisce certo lo spazio da lei percorso in orizzontale. Nonpretenderà ch’essa finisca proprio ai piedi della torre, che nel frattempo si èspostata di 463 metri! Sarebbe incredibile se la pietra avesse percorso inorizzontale esattamente lo stesso spazio di cui si è mossa la torre. A causa dellagravità toccherà terra, piuttosto, in un punto intermedio fra la posizione finaledella torre e quella dove stava quando venne lasciata andare. Ecco, le faccio unoschizzo.Mi rincresce deluderla, ma il moto in orizzontale è del tutto indipendente da quelloverticale. Sono stato proprio io a scoprirlo sa? Il fatto che la pietra stia cadendo nonaltera la sua velocità in orizzontale. I due moti si compongono senza influenzarsi, e lapietra continua a viaggiare a 463 metri al secondo, spostandosi fianco a fianco alla torre.In quanto osservatori solidali al pia<strong>net</strong>a non percepiamo il moto dirotazione comune, ma se guardassimo da sopra al polo nord,vedremmo la pietra descrivere un arco di parabola fino a toccareterra ai piedi della torre. Tutto questo, beninteso, potendotrascurare la resistenza dell’aria.- Sembra inverosimile che la caduta non riduca il tempo dipermanenza in aria.Che vogliamo farci se il mondo funziona così? Ci sono ingiustiziepeggiori dopotutto. Non ci resta che prenderne atto per ora. Se ad esempio lei spara conun cannone dalla cima di una fortezza, e contemporaneamente lascia andare un’altrapalla in verticale, le due toccano terra nello stesso istante.- Non ci credo.Verifichi, sperimenti, provi. Sono moti indipendenti. Il tempo di permanenza in arianon viene influenzato dalla velocità in orizzontale. Per descrivere questa proprietàmeravigliosa, nel vostro secolo usate degli strumenti matematici che si chiamano vettori:due componenti indipendenti in un unico oggetto.Ma già che ci siamo, se permette ne approfitto per far piazza pulita di quell’altrapanzana sui tiri a levante ed a ponente.- Nessun vantaggio, suppongo, per l’esercito schierato ad est?Ma figuriamoci. Se vuole dissipare ogni dubbio si armi di una buona balestra e salga inuna carrozza scoperta che fili a dieci dei vostri metri ogni secondo. Scagli dunque lafreccia una volta verso la parte dove si corre, ed una volta in verso contrario. Inentrambi i casi segni la distanza fra il punto ove il colpo si conficca in terra e laposizione della carrozza in quel preciso istante.- Ma io no ho dubbi che in quel momento lo spazio fra la freccia e la carrozzasarà più piccolo nel verso della corsa e più grande nel verso opposto.E non ci sarebbe modo di rendere uguali questi due spazi?- Beh, se la carrozza stesse ferma sarebbero uguali.Questo si sa. Ma io intendevo con la carrozza in corsa.- Fatemi riflettere: abbiamo detto che la carrozza corre a dieci metri al secondo.Se nel tiro di prima la balestra avesse impresso alla freccia diciamo trenta metri12


al secondo di velocità, ora bisognerebbe tenderla fino a scagliare a quarantametri al secondo nel verso della corsa, ed invece indebolire il tiro in modo danon superare i venti metri al secondo nel verso opposto. Così avremmo:quaranta meno dieci davanti, e venti più dieci dietro, il che farebbe trenta metrial secondo in entrambi i casi. Ecco, così gli spazi fra carrozza e freccia sarebberouguali.Ma ditemi: quando la carrozza si muove, non hanno forse la stessa velocità tutti glioggetti che sono sopra di essa?- CertamenteE così la balestra e la freccia?- Non c’è dubbio.Allora, quando la balestra scaglia nel verso della corsa imprime trenta metri al secondodi velocità in un freccia che ne ha già dieci al secondo. Mentre quando scaglia indietro,imprime trenta metri al secondo in una freccia che ne ha dieci al secondo in direzioneopposta. Nel primo caso il colpo schizza fuori a quaranta metri al secondo, e nell’altrocaso la freccia viene scagliata con venti metri al secondo di velocità. Come si vede bastala corsa della carrozza a far quadrare i vostri conti.Fu così che Galileo demolì impietosamente ogni argomento stantiocontro la rotazione della Terra. Ma attenzione però: i suoi discorsi non provanoaffatto che il nostro pia<strong>net</strong>a ha un moto diurno! Egli mostrò solo che larotazione terrestre veniva scartata sulla base di ragionamenti fasulli. Per toccarecon mano la prima prova reale a favore del moto di rotazione bisogneràattendere fino al 1791 l’ingegnoso e raffinato esperimento dell’abateGuglielmini. Guarda un po’ basato proprio sulla caduta di una pietra da unatorre. L’arguto religioso pensò che la pietra lassù in cima doveva essere piùveloce della base della torre. Infatti, nello stesso tempo che occorreva alla baseper descrivere la circonferenza della Terra, la pietra percorreva un’altracirconferenza il cui raggio era maggiore di quello terrestre di tutta l’altezzadella torre. Quando il corpo giungeva al suolo si trovava così circondato daoggetti più lenti, ed a causa di ciò si sarebbe dovuta osservare una leggeradeviazione verso est rispetto alla verticale. Di quanto? Diciassette miserabilimillimetri. Altro che i milletrecento metri di Aristotele.Piuttosto, che cosa avrebbe obiettato Aristotele di fronte all’ingegno edalla pungente ironia di Galileo? Di certo avrebbe storto il naso sopra a tutto,dicendo che nessuna delle cose da lui utilizzate esisteva davvero. Dove sono,nel modo reale, i piani lisci come uno specchio? Chi mai può fornirci palle dibronzo perfettamente sferiche? In effetti solo la nostra mente è in grado diconcepire enti geometrici. Galileo aveva finalmente scovato il segreto perconoscere l’Universo: costruirne un modello matematico e geometrico perfetto.4. Il principio d’inerziaPer mettere un punto in fondo all’ ingarbugliata questione, ci fubisogno del contributo di uno dei massimi pensatori di tutti i tempi. Forseverso di lui, più che ogni altro, l’umanità è debitrice del suo progresso. Il nome13


di questo genio ineguagliabile era René Descartes (1596-1650), ma gli amici quiin Italia lo chiamavano Cartesio.Tutto accadde la notte del 10 novembre 1619, in una “stanza riscaldata” pressola città di Ulm. A suo dire, Cartesio ebbe come una rivelazione. Intuì ilfondamento di quello che chiamò poi “una scienza meravigliosa”. Tanto fuimpressionato che fece voto di recarsi in pellegrinaggio al santuario dellaMadonna di Loreto, ma qualche maligno dice che poi non vi andò mai.- Insomma signor Cartesio, cosa comprese in quella notte di così formidabile?Capii come tutta la conoscenza che l’uomo può trarre della natura non deve partiredall’esterno, ma dalle nozioni chiare, evidenti e distinte presenti nel suo intelletto. E diverità evidenti vi sono solo le figure ed principi della geometria, c’è l’estensione dellecose e ci sono i moti. Ma non c’è altro. Tutto il resto, cioè le nozioni che i sensi citrasmettono, è confuso ed oscuro.- E’ davvero strana questa sua teoria. E’ come dire che il dato sperimentale sitrova dentro di noi.Proprio così! Il seme da cui germoglia la scienza è nella mente umana, non fuori di essa.Non bisogna partire analizzando le cose reali, ma prendere le mosse dalle intuizionidell’intelletto. Una volta capite relazioni e differenze fra le figure geometriche, nonrimane che riconoscere relazioni dello stesso tipo in tutto quello che i nostri sensipercepiscono. Proprio come un orologiaio che, guardando un orologio che non ha fattolui, ne riconosce i principi di funzionamento.- Ma le sfere, i triangoli e lo spazio della geometria euclidea non sono reali,esistono solo nella nostra testa. Come si può pensare che siano la nostra via allaconoscenza del mondo?Non esistono, è vero. Ma l’ironia è che noi non possiamo fare a meno di essi. Senza diloro è come aggirarsi per un oscuro labirinto. Siamo costretti a pensarli reali. Io dicoche esiste una scienza generale, innata, che spiega tutto ciò che può essere studiatonell’ambito dell’ordine e della misura. Questa scienza la chiamo la matematicauniversale.- Sarò franco, non mi ha convinto nemmeno un po’. Ho studiato a scuola che lascienza nasce in opposizione alla metafisica: l’oggettività del dato sperimentalecontrapposto ad ingiustificabili dogmi. Ma andiamo, lei è uno dei fondatoridella scienza! Come può sostenere che per conoscere il mondo fisico bisognaescludere tutto ciò che proviene dall’esterno e rivolgerci dentro di noi?Ben strane scuole deve aver fatto lei. Se tutto ciò che abbiamo sono i dati sperimentali,mi domando ad esempio come possano averle spiegato il principio d’inerzia, quello cheriguarda il moto rettilineo uniforme, cioè in linea retta e con velocità costante.Principio d’inerzia (o prima legge della dinamica)Un corpo persevera nel suo stato di moto rettilineo uniforme finché noninterviene un agente esterno su di esso.E’ con esso che Galileo risolve l’enigma della torre.Ma lo sa che l’ha detto proprio bene: non per niente la sua formulazione definitiva sideve a me. Galileo ci girò intorno per tutta la vita senza mai metterlo nero su bianco,perché non riuscì a svincolarsi dal peso degli oggetti. Lui le sue palle di bronzo le facevasostenere da piani levigati, mentre io per primo pensai ad un punto che si muove persempre in uno spazio indefinito, senza appoggiarsi da nessuna parte.14


Ad ogni modo il punto cruciale è che il moto rettilineo con velocità costante è unostato! Vede, Aristotele pensava al movimento solo come ad un processo, qualcosa ingrado di produrre un cambiamento nella posizione degli oggetti. Nulla di piùfuorviante: così si sottintende una specie di gerarchia. Secondo lui, prima verrebbe laquiete, che sarebbe la condizione naturale dei corpi, poi ci sarebbe il movimento, unsemplice fatto transitorio che separa due successivi stati di quiete. Invece quiete e motocon velocità costante, sono due condizioni del tutto analoghe per un corpo, che una voltaacquisite si mantengono indelebilmente, e se si vuole mutarle occorre intervenire. Orami dica, secondo lei come abbiamo fatto il signor Galilei ed io a garantirvi che un corpopersevererà indefinitamente nel suo stato di moto rettilineo uniforme?- Beh, tramite le evidenze sperimentali, credo. Avrete compiuto centinaia diosservazioni meticolose e dettagliate.Certo, come no. Ne avremmo avuto da osservare! Forse per lei sarà una delusione, manessuno potrà mai verificare che un corpo procede indefinitamente in moto rettilineo.Segua il mio ragionamento: immagini di spingere un carrello e poi di lasciare la presa:compirà qualche metro da solo, e poi si arresterà, giusto?- Detta così non fa una piega.Molto bene. Che farebbe per aumentare lo spazio che il carrello percorre da solo?- Non so: ungerei le ruote, levigherei il terreno…Cioè rimuoverebbe gli ostacoli che si oppongono al movimento. E poi cos’altro?- Se fosse possibile rimuoverei anche tutta l’aria che lo ostacola, perchè è chiaroche il carrello si scontra con essa avanzando.Questo è già più complicato da realizzare, non trova? Ma in fin dei conti, quand’anchelei avesse ben levigato il pavimento, oliato le ruote alla perfezione, ed asportataintegralmente l’aria, il piano d’appoggio starebbe ancora guidando il corpo a muoversiin linea retta, non trova? In altre parole, ciò che vogliamo dimostrare è già assunto nellepremesse: così sono buoni tutti.- Comincio a capire il suo punto di vista. Per far bene l’esperimento, dovremmopensare ad un punto che si muove in uno spazio vuoto.Lo vede che è come dico io? Questa cosa possiamo solo limitarci a pensarla. E se anchefosse possibile renderla reale, che facciamo dopo: controlliamo il nostro punto persempre? C’incamminiamo al suo fianco e lo guardiamo procedere per l’eternità in unospazio interminato? Cominci pure, se crede. Ma l’avviso che si tratta un’impresadisperata. Anche in linea di principio, perché, in ultima analisi nessuno garantisce chela presenza dello stesso osservatore non influisca in qualche modo sul moto.- Lei mi vuole quindi dire che non si potrà mai effettuare l’esperimento perché èmaterialmente impossibile riuscire ad eliminare tutte le influenze esterne?Quindi ci si deve limitare a fidarsi del nostro intuito che le cose vannoesattamente in quel modo. Ma questo è paradossale! Significa che voi fisici sieteriusciti a spiegare il funzionamento delle cose reali partendo da una cosa chenon esiste!Proprio così. La legge d’inerzia non nasce dall’esperienza: si tratta di un principiometafisico. Un’idea chiara e distinta nella nostra testa, uno dei fondamenti dellamatematica universale. Non potremo mai verificarla ma non possiamo fare a meno diessa. Addirittura potrebbe non esistere nemmeno un corpo in tutto l’Universo che simuova di moto rettilineo uniforme. Eppure, se rinunciassimo a quest’idea, tutta la fisicacrollerebbe.- E’ un’idea legata a doppio filo, mi pare, a quella di uno spazio infinito.15


In un certo senso si. Però che bisogno c’è di far annaspare la mente con l’infinito: io dicoche lo spazio è “interminato”. Ha presente quell’insopportabile palla cosmica,l’Universo finito in cui Aristotele ha segregato l’umanità per venti secoli? Cheinnaturale costrizione: se solo provo ad immaginarmela mi manca il respiro. Io l’hofatta esplodere. Bum! Che senso di liberazione.- E come?Con i miei diagrammi. Ma non lo vede quanto è più semplice, chiara e distinta l’idea diqualcosa che non termina? Pensi ad una posizione: una qualunque coppia di coordinatenel piano ”Cartesiano”. Fatto? Bene. Ce n’è sempre un’altra che sta più in là, più su opiù giù. Adesso sì che siete liberi: potete sempre osare oltre, sia correndo lungo l’assedelle ascisse sia arrampicandovi su per suo fratello, le ordinate. Avventuratevi inviaggio dove volete uomini, non ci sono più limiti adesso.Che viaggio meraviglioso propose Cartesio. Non c’è da stupirsi che tuttii pensatori dopo di lui siano stati costretti a comperarsi un biglietto per saliresul suo treno. Chi l’avrebbe mai sospettato che raggiungere l’infinito fosse cosìfacile? Si può addomesticare il Cosmo intero solo con una matita ed un fogliodi carta. Forse il nostro amico Gruk resterebbe stupito: non serve alzare ilbraccio come fece lui. Per arrivare a sfiorare il cielo bisogna imparare a giocarecon i numeri dentro alla nostra testa.16


Riassunto delle idee di questo capitolo1. La fisica non si sviluppò in seno all’antica Grecia perché 1 : C’era un eccessivo attaccamento al dato immediatamente restituito daisensi, che mescolava spesso fenomeni differenti ed otteneva solodescrizioni qualitative. Si vedeva il mondo materiale come animato da una sorta di volontàpropria indipendente, quindi era impossibile prevederne il comportamento Si vedeva il mondo materiale come regno del pressappoco edell’imprecisione, inadatto ad essere studiato tramite algebra e geometria(a differenza dei corpi celesti)2. Il nuovo approccio di Galileo e Cartesio, da cui nasce la fisica, fu di: Di leggere la natura tramite il linguaggio della matematica e dellageometria perché questa doveva essere stata scritta con lo stesso alfabetousato per la mente umana, cioè l’ordine e la razionalità. Di sostituire le osservazioni estemporanee e casuali con esperimentiprogettati che interrogassero la natura metodicamente per ottenererisposte quantitative.3. Il principio d’inerzia: afferma che il moto in linea retta a velocità costante è uno stato (e non unprocesso) e non richiede nulla per essere sostentato, proprio come la quiete. è un’intuizione della mente umana, cioè non può essere interamenteverificato sperimentalmente, e potrebbe non esistere nemmeno un corpo intutto l’Universo che si muova di moto rettilineo uniforme, tuttavia è unadelle basi di cui la fisica non può fare a meno.1 Il discorso sulle motivazioni che impedirono una nascita della fisica nella Grecia antica è assai piùcomplesso e dibattuto. Fra gli altri fattori che contribuirono qualcuno annovera anche il fatto che ladisponibilità della manodopera degli schiavi non stimolò la ricerca di macchinari che affrancasserol’uomo dal lavoro materiale.17

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