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MODULO 4 4.1 Le origini dell'assistenza in Italia Il ... - Città Studi

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<strong>MODULO</strong> 4<strong>4.1</strong> <strong>Le</strong> <strong>orig<strong>in</strong>i</strong> dell’assistenza <strong>in</strong> <strong>Italia</strong><strong>Il</strong> contesto storico che produce e determ<strong>in</strong>a il lavoro sociale è quello dellamodernizzazione. Infatti il lavoro sociale si def<strong>in</strong>isce come un processo disocializzazione che ha lo scopo di rendere meno brutale e meno sofferto, a livello dis<strong>in</strong>goli, l’impatto con i “nuovi” valori che la nascente società <strong>in</strong>dustriale andavaproponendo (migrazioni <strong>in</strong>terne, urbanesimo, mobilità sociale). Ed anche quello dicontenere e ridurre le aree di marg<strong>in</strong>alità re<strong>in</strong>tegrando nel tessuto sociale quanti sitrovavano ai marg<strong>in</strong>i.Alla modernizzazione contribuisce non solo un diverso assetto economico-produttivoma anche l’apporto teorico di nuove scienze: sociologia e psicologia, ritenute“rivoluzionarie” perché sostituiscono alla visione tradizionale dell’uomo “entitàassoluta” studi <strong>in</strong>centrati sulla sua dimensione sociale e relazionale.L’<strong>Italia</strong> però rappresenta, rispetto ai processi di modernizzazione <strong>in</strong> Europa, unasituazione atipica per i seguenti motivi:1. L’<strong>Italia</strong> pre-unitaria, frammentata <strong>in</strong> una molteplicità di Stati s<strong>in</strong>o al 1861. Stati traloro organizzati e governati <strong>in</strong> forme diverse con scarsa possibilità di scambieconomici e culturali. L’economia cont<strong>in</strong>ua ad essere rurale s<strong>in</strong>o al secondodopoguerra, fondata sul latifondo, causa prima della non accumulazione di capitale.Anche la prolungata frammentazione ritarda il processo di <strong>in</strong>dustrializzazione emodernizzazione, premessa determ<strong>in</strong>ante di un sistema assistenziale garantito dalloStato ( Poor Law, Bismark), prolungando il monopolio che la Chiesa esercita sulleistituzioni assistenziali. Permane un sistema di “non assistenza” e di repressione.Anche nel regno d’<strong>Italia</strong> l’<strong>in</strong>tervento più organico è quello di raggruppare tutte leistituzioni che accolgono i poveri sotto l’amm<strong>in</strong>istrazione delle Congregazioni dicarità, controllate dal M<strong>in</strong>istero degli Interni (IPAB).I pr<strong>in</strong>cipali provvedimenti legislativi riguardano:⇒ 1859, viene esteso a tutti i Comuni l’obbligo di istituire le Istituzioni di Carità sulmodello piemontese.⇒ 1886, <strong>Le</strong>gge sulle Società di Mutuo Soccorso.⇒ 1890, <strong>Le</strong>gge Crispi (obbligo di soccorso agli <strong>in</strong>digenti; riconoscimento delleIstituzioni pubbliche di beneficenza)⇒ 1898, Prima assicurazione sociale obbligatoria contro gli <strong>in</strong>fortuni.⇒ 1904, Disposizioni sui manicomi e sugli alienati⇒ 1919, Cassa nazionale delle assicurazioni sociali obbligatorie⇒ 1937, Scioglimento delle Congregazioni di carità e istituzione degli ECA.40


) aiutare le persone a sviluppare la capacità di affrontare e risolvere i problemipersonali <strong>in</strong> modo responsabile e autonomo, mediante la ricerca e l’uso delle risorsepersonali e della rete familiare e sociale.c) aiutare la collettività -mediante l’uso corretto della <strong>in</strong>formazione e dei flussi<strong>in</strong>formativi- ad <strong>in</strong>dividuare i propri bisogni e a riconoscerne le priorità disoddisfazione, ad attivare la rete di solidarietà naturale, i processi di partecipazione, ilvolontariato organizzato al f<strong>in</strong>e di creare risorse per la soluzione di problemi <strong>in</strong>dividualie collettivi. Soprattutto elim<strong>in</strong>are, o arg<strong>in</strong>are, i fenomeni di burocratizzazione degliapparati della pubblica amm<strong>in</strong>istrazione e di spersonalizzazione dei servizi, fonte di<strong>in</strong>sofferenze e di ulteriore disagio.L’<strong>in</strong>formazione è il tessuto connettivo dei processi di comunicazione e di educazionereciproca, di crescita personale e civile. L’accesso alla <strong>in</strong>formazione garantisce lapartecipazione e il controllo democratico e permette, da un lato, la <strong>in</strong>dividuazione dalbasso delle priorità di <strong>in</strong>tervento e, dall’altro, assicura il consenso.d) progettare, organizzare e gestire nell’ambito del sistema organizzato dei servizi,<strong>in</strong>terventi e risorse <strong>in</strong> modo che siano rispondenti ai bisogni <strong>in</strong>dividuali e collettivi conmodalità personalizzate e non emarg<strong>in</strong>anti.La velocità della trasformazione nella società complessa, il punto di non ritorno dicategorie valoriali come la tolleranza arricchita dal valore della differenza, il rispettodella persona e dell’autodeterm<strong>in</strong>azione, il diritto all’<strong>in</strong>formazione, esigono non solo larazionalizzazione del sistema di servizi, ma mette <strong>in</strong> discussione la direzione stessadelle politiche sociali verso un modello <strong>in</strong>terattivo utente/servizio.Inoltre, i bisogni materiali sono spesso superati o accompagnati da esigenze relazionali.E’ la dimensione relazionale quella <strong>in</strong> cui si concentrano le aspettative della domandasociale nuova.e) evidenziare, studiare e analizzare (con il ricorso a processi di generalizzazione o allacostruzione di casistiche, rispetto a situazioni paradigmatiche <strong>in</strong>contrate <strong>in</strong> un dato arcodi tempo e di spazio) allo scopo di contribuire alla progettazione dei servizi, allaelaborazione delle politiche sociali soprattutto <strong>in</strong> chiave preventiva.Prima che questa def<strong>in</strong>izione abbia assunto un senso compiuto e possibilità ditrasposizione nell’ambito delle strutture assistenziali e nei servizi, il lavoro sociale havissuto momenti di approfondimento, distorsioni e battute di arresto che però hannocontribuito alla elaborazione di un modello di <strong>in</strong>tervento organico al contesto italiano.<strong>Le</strong> tappe significative di questo percorso sono rappresentate da:a) il convegno di Tremezzo (1946)b) la diffusione metodologica (il case-work e il ruolo dell’A.A.I.)c) il rifiuto della gestione del ruolo (gli anni ‘68-’70, il convegno di Rim<strong>in</strong>i)<strong>Il</strong> convegno di TremezzoOrganizzato e patroc<strong>in</strong>ato dal M<strong>in</strong>istero dell’assistenza post bellica e dalla Unrra(United Nation Relief end Rehabilitation per gli aiuti post bellici), a Tremezzo nelsettembre del 1946. Ad esso furono <strong>in</strong>vitati studiosi ed esperti europei, pensatori estudiosi italiani (Musatti, Calogero), esponenti delle Scuole di servizio sociale, tra cuiPaol<strong>in</strong>a Tarugi che presentò una delle due relazioni tecniche sul servizio sociale i <strong>Italia</strong>.<strong>Il</strong> risultato di questo confronto fu l’affermazione che l’assistenza era una responsabilitàcollettiva e come tale una funzione dello Stato, non più mero soccorso al povero,42


tantomeno strumento di superamento o attenuazione delle tensioni sociali. Oppure perusare l’espressione di Maria Calogero, fondatrice del CEPAS, non più “una specie dilenitivo spalmato da organizzazioni pubbliche e private sul corpo dolente della società ,un po’ per farla star bene, un po’ per farla star quieta”.Anche la Commissione Parlamentare di Inchiesta sulla miseria e sui mezzi percombatterla (1951-1953) non solo rafforza questa posizione, ma mette <strong>in</strong> evidenzacome l’<strong>Italia</strong> nonostante risultasse essere tra i primi posti come livello di spesa, gli<strong>in</strong>terventi erano del tutto <strong>in</strong>sufficienti e si riducevano a “provvidenze escogitate di volta<strong>in</strong> volta” secondi la logica delle s<strong>in</strong>gole istituzioni: Al 1° novembre 1952 risultanoiscritti alle liste dei poveri 3.660.226 persone 1 cui una miriade di enti “erogano unacifra complessiva che pone l’<strong>Italia</strong> ad uno dei primi posti tra gli Stati del mondonell’ord<strong>in</strong>e della spesa per abitante <strong>in</strong> rapporto al reddito nazionale -10,35% -.Tuttavia la lotta contro la miseria cont<strong>in</strong>ua ad essere <strong>in</strong>adeguata e <strong>in</strong>sufficiente. I segnidi codesta <strong>in</strong>adeguatezza ed <strong>in</strong>efficienza si moltiplicano e gli <strong>in</strong>terventi appaionoimpotenti di fronte alle legittime esigenze di tutti i bisognosi che ancora sono costretti atrasc<strong>in</strong>are la vita al di sotto del livello necessario”Emergono così, anche a livello istituzionale, proposte contro questo sistemaframmentato la cui gestione burocratica, la vischiosità <strong>in</strong>terna, i costi elevati, lamancanza di trasparenza è di fatto dannosa.<strong>Le</strong> proposte <strong>in</strong>novative dei convegno di Tremezzo e quelle contenute nei documenticonclusivi delle Commissione di Inchiesta (14 volumi) <strong>in</strong>cutono timore. Lacontroffensiva è immediata : attraverso le Conferenze nazionali sui problemi dei m<strong>in</strong>ori(1954), degli istituti educativo-assistenziali religiosi (1955), sull’assistenza ai m<strong>in</strong>ori <strong>in</strong>ambito familiare (1958) vengono bloccate le proposte di riforma ritenute “affrettate efaziose”.Alleati <strong>in</strong>teressati e potenti sono i grandi enti nazionali, istituti di soccorso-controllo(ONMI, ENAOLI, ONOG, ENPMF), che si costituiscono <strong>in</strong> “Comitato di <strong>in</strong>tesa” confunzioni frenanti, sostenitori di un quadro di compatibilità assistenziale equamentediviso tra enti pubblici e privati. Tra questi ultimi la Chiesa cont<strong>in</strong>uava a rivestire unruolo predom<strong>in</strong>ante, attraverso la POA (Pontificia Opera Assistenza) che, con unPresidente nom<strong>in</strong>ato dal Papa stesso e sotto la sorveglianza di una commissione dicard<strong>in</strong>ali era lo strumento caritativo di cui si serviva il Vaticano per far giungere alleDiocesi italiane gli aiuti dei cattolici americani . Viene sciolta nel 1970 da Papa PaoloVI che considerava conclusa la sua f unzione storica.A questa fase caratterizzata dai conflitti di <strong>in</strong>teresse economico e politico, segue unafase (<strong>in</strong>dicata come fase della diffusione metodologica) altrettanto ricca dicontraddizioni. All’impegno di fare del servizio sociale “un agente di cambiamentopolitico” <strong>in</strong> chiave di r<strong>in</strong>novamento democratico scaturito a Tremezzo, viene propostauna modalità di <strong>in</strong>tervento <strong>in</strong>centrato sul trattamento <strong>in</strong>dividuale del caso (case-work).Ossia un modello di <strong>in</strong>tervento mutuato dalla esperienza americana che dava il massimorisalto alle d<strong>in</strong>amiche psicologiche e <strong>in</strong>terpersonali e all’adattamento dell’<strong>in</strong>dividuoall’ambiente sociale, che non lasciava spazio ai temi della politica, delle riforme sociali,della ridistribuzione dei redditi.1 Nel 1994 i poveri risultano essere 6.458.000, pari all’11,5% della popolazione residente (elaborazioneISTAT). Non si tratta di una misurazione derivante dalle liste dei poveri, ma dalla spesa familiare perconsumi. Nel 2004 sono 6.786.00043


L’ansia delle Scuole 2 (sostenute dall’AAI-Amm<strong>in</strong>istrazione Aiuti Internazionali pressoil M<strong>in</strong>istero degli Interni) a fare sì che il servizio sociale non si limitasse a tradurre <strong>in</strong>forma moderna “i valori della carità” le sp<strong>in</strong>ge ad accogliere acriticamente il case-work:un modello che trasferiva schemi culturali, schemi di comportamento, atteggiamenti,l<strong>in</strong>guaggi lontani, estranei al contesto italiano. 3Infatti l’AAI si trovava a gestire all’<strong>in</strong>terno degli aiuti americani all’Europa il“Programma educativo” che, nella pratica, riguardava uno stanziamento di 440 milionidi lire a favore delle Scuole di servizio sociale aff<strong>in</strong>chè preparassero operatori <strong>in</strong> gradodi accompagnare professionalmente gli <strong>in</strong>terventi assistenziali.<strong>Il</strong> convegno di Rim<strong>in</strong>iLa “identificazione con l’ente” degli anni ’50 è quasi certamente uno dei fattori chehanno co<strong>in</strong>volto il servizio sociale nella contestazione degli anni ’70.L’<strong>in</strong>serimento degli AA.SS. <strong>in</strong> una molteplicità di enti per lungo tempo ha contribuito atenere separato il lavoro sul caso <strong>in</strong>dividuale dalla analisi delle cause che determ<strong>in</strong>avanole situazioni di bisogno e dagli <strong>in</strong>terventi atti a rimuoverle, di fatto una voluta cecitàpolitica.E quando negli anni ‘68-’70 le “regole” del consenso vengono messe <strong>in</strong> discussione(quelle del potere autoreferenziale, della cultura paludata, del lavoro parcellizzato), lacontestazione si allarga al rifiuto delle deleghe e delle mediazioni tecniche.Tra le mediazioni tecniche, la più colpevolizzata è quella del servizio sociale assiemealle assistenti sociali, accusate di praticare una “neutralità” del ruolo solo apparente,trasferendo di fatto attraverso comportamenti “tecnici” contenuti funzionali al“sistema”.Era difficile per gli assistenti sociali rendersi conto della contraddizione che <strong>in</strong>vestiva illoro ruolo, della riduttività che, nella pratica sociale, gli enti imponevano ai proprioperatori.A loro discolpa occorre riconoscere che se la presenza degli assistenti sociali non èstata <strong>in</strong> grado di provocare mutamenti profondi nelle scelte di politica sociale a livelloistituzionale 4 , ha però prodotto i presupposti di modificazioni profonde all’<strong>in</strong>ternodelle politiche degli enti appartenenza, pur se attraverso un processo lento e pocovisibile.Negli anni ‘60-’70, a ridosso dei movimenti che rivendicano un cambiamento profondodel sistema socio-economico e dei valori di riferimento, una democrazia più sostanzialee partecipata troviamo anche gli assistenti sociali e le loro organizzazioni, consapevoliormai di lavorare <strong>in</strong> un sistema che richiede urgenti e radicali mutamenti. Ed è lanecessità di rompere l’isolamento e di avviare un dialogo costruttivo che li conduce ateorizzare la “negazione del ruolo”.2 Dist<strong>in</strong>te <strong>in</strong> tre gruppi: scuole cattoliche (ONARMO), laiche a ispirazione cattolica (ENSIS), laiche(CEPAS, UNSAS)3 Lo stesso Sen. Mont<strong>in</strong>i, presidente dell’A.A.I., che aveva patroc<strong>in</strong>ato la pubblicazione e la diffusione dellibro di G. Hamilton “Teoria e pratica del servizio sociale”, nella prefazione sostiene “ di fronte al largostrato di miseria ancora esistente <strong>in</strong> <strong>Italia</strong>, pare quasi una affettazione <strong>in</strong>trodurre la discussionesull’esame del “caso”, sul “colloquio” con l’assistito…..Se non ci occuperemo prima del misero,affamato, ignudo, costretto <strong>in</strong> stamberghe o tuguri…”4 Nel Progetto ottanta, Rapporto prelim<strong>in</strong>are al programma economico nazionale (1971-75) le prospettivedi riforma del sistema assistenziale restano mere enunciazioni teoriche prive di strumenti e mezzi diattuazione.44


Negazione del ruolo nelle forme più estreme che arriva a confutare la funzione socialedi raccordo tra il sistema socio-economico e il sistema assistenziale, la funzione dicontenimento delle aree di marg<strong>in</strong>alità, di re<strong>in</strong>tegrazione nel tessuto sociale di quanti sitrovano ai marg<strong>in</strong>i. 5La stessa “neutralità” viene stigmatizzata, perché contribuisce attraverso atteggiamentiprofessionali tecnici e asettici, a mantenere lo status quo.La contraddizione più eclatante è che la negazione del ruolo <strong>in</strong> una valutazione non piùcont<strong>in</strong>gente ma storica, risulta essere anch’essa funzionale al sistema. La scissione fracontenuti tecnici e contenuti politici porta all’impoverimento del ruolo professionale ealla confusione di immag<strong>in</strong>e di quanto il servizio sociale italiano aveva faticosamenteelaborato nel confronto con una prassi che non poteva essere affrontata con i modellidi <strong>in</strong>tervento allora disponibili.<strong>Il</strong> bisogno è un dato oggettivo, ma non può essere trattato secondo modalità derivate dascelte ideologiche e generalizzate. E’ la risultante, l’esito di una vicenda esistenzialeche, per problemi o difficoltà soggettive o per mancanza di opportunità, la persona nonè <strong>in</strong> grado di gestire da sola.Qualora la persona <strong>in</strong> condizione di bisogno si rivolge ad un servizio per ottenere unaiuto, solamente la capacità di riconoscerlo come <strong>in</strong>terlocutore e portatore di<strong>in</strong>teressi simili ma non uguali, è il presupposto per attivare un contatto, negoziare ecostruire un rapporto positivo. Ciò implica flessibilità e ascolto: l’esatto contrario siadella burocratizzazione posta <strong>in</strong> essere dagli enti nazionali, sia dalle strategie digarantismo egualitario, <strong>in</strong>vocate dalla contestazione.L’obiettivo della uguaglianza, dell’equità dell’accesso e delle prestazioni, attraverso unadistribuzione omogenea e alla predisposizione di standard rigidi è una delle forme piùsottili di disuguaglianza, perché le modalità di come le persone reagiscono allo stato dibisogno e si rapportano al sistema dei servizi è differente e, soprattutto, non prevedibile<strong>in</strong> term<strong>in</strong>i aprioristici. (v. mod. 1: l’ <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>azione)Soltanto un processo cont<strong>in</strong>uo di ridef<strong>in</strong>izione del ruolo sulle basi della analisi tra gliobiettivi scelti e i risultati ottenuti (ruolo tecnico) all’<strong>in</strong>terno di un contesto politico<strong>in</strong>dividuato, avrebbe chiarito che obiettivi, connotati come politici (prevenzione,partecipazione, programmazione), sono parte dei contenuti del ruolo tecnico rielaborato.Ma questa ulteriore consapevolezza ci allontana dall’analisi storica perché è parte<strong>in</strong>tegrante della “cultura” e dell’agire professionale che ha permesso agli Assistentisociali e al servizio sociale di transitare nell’oggi.L’ alternativa al ruolo tecnico portata avanti dalla contestazione di Rim<strong>in</strong>i, era la suapoliticizzazione, anche se poi la corretta analisi politica della realtà dei servizi, dellestrategie e delle alleanze necessarie per un mutamento degli stessi venivacompletamente trascurata. Si trattava di una politicizzazione f<strong>in</strong>e a se stessa, poichérifiutando radicalmente “il ruolo di tramite tra utente senza potere e il sistema deiservizi offerti dalla struttura di classe dom<strong>in</strong>ante satura di potere”, non teneva contodegli strumenti di <strong>in</strong>tervento concreti, ipotizzando così soluzioni, prive di mediazionitecniche capaci di affrontare la natura dei problemi da risolvere.Significativa di questo clima è la mozione f<strong>in</strong>ale della Associazione nazionaleAssistenti sociali nell’assemblea di Rim<strong>in</strong>i (AsNAS, marzo 1970), <strong>in</strong> cui si diceva che ilservizio sociale era stato uno degli strumenti della organizzazione assistenziale che5 Vedi Assemblea di Rim<strong>in</strong>i del marzo 197045


aveva contribuito a mantenere l’emarg<strong>in</strong>azione di tutti coloro che, a differenza deilavoratori, non riuscivano neppure ad avere “una attività lavorativa da farsi sfruttare”.La conseguenza positiva, <strong>in</strong>vece, di una chiave di lettura “ideologica” dei fenomenisociali riguarda il pacchetto di leggi volte alla trasformazione delle istituzioniassistenziali totalizzanti e segreganti (manicomi, istituti medico-psico-pegagogici perportatori di handicap fisici e psichici, orfanotrofi) anche se la foga di cancellarnel’ignom<strong>in</strong>ia e decretarne la elim<strong>in</strong>azione, dimentica di prevedere quelle strutturealternative comunque necessarie quali case famiglia, comunità alloggio, centri diurni,assieme agli stanziamenti per la loro realizzazione (fors’anche per la voluta assenza delruolo tecnico).Si tratta di riforme monche, parziali: esemplare il caso della L. 180/78, la cosiddettalegge Basaglia della chiusura degli ospedali psichiatrici, istituiti nel 1904 con la L. 36“Disposizioni sui manicomi e sugli alienati”. Una legge che estendeva il ricovero aimalati mentali e a “coloro che sono pericolosi a sé agli altri o di pubblico scandalo”.Custodia, contenimento più che cura. Infatti il ricovero veniva disposto dalle Autorità diPubblica sicurezza e comportava l'iscrizione nel casellario giudiziario.Nel caso specifico, la mancata previsione nella L. 180/78 di strutture alternative e laconseguente impossibilità materiale di trasferirvi i pazienti malati diistituzionalizzazione e non autonomi, ha comportato un periodo di transizioneassurdamente lungo, durante il quale gli oppositori alla legge hanno avuto modo diattrezzarsi organizzando soluzioni solo apparentemente “aperte”, come i m<strong>in</strong>imanicomiche riducendo il numero dei pazienti, di fatto non cambiavano né l’approccioterapeutico, né le prestazioni assistenziali.Analoga la vicenda che riguarda l’<strong>in</strong>troduzione del pr<strong>in</strong>cipio della partecipazione odegli istituti di partecipazione come opzione politica, dimenticando gli strumenti, ipercorsi <strong>in</strong>dispensabili aff<strong>in</strong>chè i momenti partecipativi previsti nelle leggi di riformada “parlament<strong>in</strong>i” autocelebrativi si trasformassero <strong>in</strong> forme di controllo dal basso.Miopie normative o organizzative che si trasc<strong>in</strong>ano ancor oggi come nel caso dellevicende relative alla razionalizzazione e al contenimento della spesa ospedaliera 6 econseguenti dimissioni difficili, quelle che riguardano le fratture degli anziani, gli<strong>in</strong>cidenti cerebro-vascolari, lo scompenso cardiaco, le patologie neoplastiche.Ipotizzando un distretto di 100.000 abitanti ci si deve attendere, con un tasso diospedalizzazione del 160 per 1000 (16.000 ricoveri), 350-400 dimissioni difficili, di cuiun 50% rappresentate da esiti <strong>in</strong>validanti. Ignorare il problema della cont<strong>in</strong>uitàassistenziale, l’organizzazione di una filiera assistenziale che veda co<strong>in</strong>volti oltre aifamiliari, il medico di base, i servizi di assistenza domiciliare, è una lacuna grave. Sitratta di attivare un processo di dimissione programmata, coord<strong>in</strong>ato da personalespecificatamente nom<strong>in</strong>ato, che avrà la responsabilità di seguirne tutte le fasi, tra cui lavalutazione dei bisogni, <strong>in</strong> un quadro di riferimento di <strong>in</strong>tegrazione multidiscipl<strong>in</strong>are,organizzato <strong>in</strong> modo che i pazienti possano apprezzare la cont<strong>in</strong>uità delle cure, essereconsapevoli dei propri diritti, ricevere tutte le <strong>in</strong>formazioni e i consigli che consentonoloro di prendere decisioni <strong>in</strong>formate sul proprio futuro.6 Dal 1960 al 1999 i p.l. sono dim<strong>in</strong>uiti del 48%, la degenza media del 41% (da 12,9 a 7,7 gg.)46


4.3 Case-work, group-work, comunity organisation: la tripartizione metodologicadel servizio sociale<strong>Le</strong> condizioni occupazionali degli assistenti sociali negli Enti nazionali, negli enti diRiforma agraria o di Edilizia popolare, negli ECA a livello comunale ed anche nelleistituzioni religiose o private, <strong>in</strong>evitabilmente ha fatto sì che si sviluppasseroorientamenti metodologici diversificati, anch’essi importati come il case-work e,pertanto, privi di organiche connessioni con le tradizioni culturali endogene, marelativamente più adeguati a quei problemi economici e sociali che la complessità dellasituazione italiana andava presentando.Tali orientamenti vennero <strong>in</strong>dividuati nel group-work e nella comunity-organisation ocomunity development (lavoro sociale di gruppo e di comunità) che, <strong>in</strong>sieme al casework,costituirono una specie di tripartizione metodologica, spesso conflittuale.<strong>Il</strong> case-work, così come viene <strong>in</strong>trodotto <strong>in</strong> <strong>Italia</strong> era di marca prettamente psicologica eavendo come f<strong>in</strong>e <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>seco la mobilitazione delle risorse del cliente, focalizzal’<strong>in</strong>tervento sugli aspetti personali affidando al servizio sociale un ruolo più educativoriabilitativoche di azione sull’ambiente.In s<strong>in</strong>tesi si può dire che il casework prefigura un sett<strong>in</strong>g operativo elementare:l’assistente sociale, il cliente e l’organizzazione. <strong>Il</strong> processo di aiuto si sostanzia nellaenfatizzazione degli aspetti psicologici, nella mobilitazione delle risorse personali senzaparticolare attenzione ai condizionamenti esterni. L’<strong>in</strong>dividuo è considerato come unsistema chiuso con i suoi specifici problemi.L’assistente sociale sviluppa una <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e -studio del caso, di tipo conoscitivocentratasulle d<strong>in</strong>amiche <strong>in</strong>trapsichiche, presupponendo uno schema di riferimentol<strong>in</strong>eare di causa-effetto. <strong>Il</strong> s<strong>in</strong>tomo viene letto come manifestazione di disturbipsicologici ritenuti la causa orig<strong>in</strong>aria del disadattamento alle situazioni esterne.L’obiettivo terapeutico -che fa seguito alla fase di diagnosi- è nella <strong>in</strong>terpretazione,riflessione, presa di coscienza (operazione condotta congiuntamente dall’ assistentesociale con il cliente) sul problema del disagio rappresentato dal s<strong>in</strong>tomo e il processodi aiuto è <strong>in</strong>centrato sulla ricerca, trasmissione, mobilitazione di energie essenzialmentepsichiche, attraverso le quali uscire, superare il disagio.Nel casework si parla sempre di <strong>in</strong>tervento diretto e <strong>in</strong>tervento <strong>in</strong>diretto come momentiseparati.Nel casework, le tecniche dell’<strong>in</strong>tervento diretto (Hollis), ossia il modo particolare ditradurre <strong>in</strong> azione -la pratica- un pr<strong>in</strong>cipio di metodologia, sono:• di sostegno, che si manifesta <strong>in</strong> atteggiamenti di comprensione, rassicurazione,fiducia;• di <strong>in</strong>fluenza diretta, ossia le <strong>in</strong>formazioni, i consigli, le <strong>in</strong>dicazioni chepermettono all’utente di orientare le proprie scelte;• di catarsi, ossia la libera manifestazione di sentimenti ed emozioni;• di analisi della realtà, la guida a considerazioni di tipo riflessivo sull’attualeconfigurazione persona-situazione, a riflessioni sul rapporto utente-ambiente, ariflessioni sugli effetti dell’agire dell’utente.L’<strong>in</strong>tervento <strong>in</strong>diretto si realizza agendo sulle persone significative dell’ambientedell’utente, usando le stesse tecniche dell’<strong>in</strong>tervento diretto: promuovendo epredisponendo risorse e servizi a beneficio dell’utente, aiutandolo a farne un usoadeguato.<strong>Il</strong> punto debole del metodo è quando l’assistente sociale si attiva più del cliente.47


<strong>Il</strong> cliente del casework, <strong>in</strong>oltre, appare come un cittad<strong>in</strong>o astorico rispetto allecontraddizioni sociali <strong>in</strong> cui è <strong>in</strong>serito e astratto -fuori- dalla complessità dei fenomenisociali che lo def<strong>in</strong>iscono.Tanto che <strong>in</strong> <strong>Italia</strong>, negli anni 1950-’60 <strong>in</strong> presenza del boom economico e della totalederegulation dei processi socio-economici connessi, era più che legittimo il dubbio dellasua utilità sul piano politico. Soprattutto <strong>in</strong> relazione ai flussi migratori selvaggi dalSud al Nord del paese, stimati <strong>in</strong> 5 milioni di unità.La stessa Mary Richmond, ideatrice del casework, dirà “ho speso i primi 25 anni dellamia vita professionale nel tentativo di fare accettare il metodo del casework comeprocesso valido nel Servizio sociale. Ora spenderò il resto della mia vita per dimostrareagli assistenti sociali di casework che il Servizio sociale racchiude molto di più che ilsolo casework”.<strong>Il</strong> casework risente dell’<strong>in</strong>fluenza della esperienza delle Charity Organization Society edal conv<strong>in</strong>cimento, duro a morire, che le cause della povertà risiedessero <strong>in</strong> primaistanza nell’ <strong>in</strong>dividuo stesso.Una metodica assistenziale che puntava alla responsabilizzazione e all’<strong>in</strong>dipendenzadell’<strong>in</strong>dividuo viene <strong>in</strong>trodotta da Octavia Hill (1838-1912) e Charles Stewart Loch(1849-1923).O. Hill affermava che l’obiettivo pr<strong>in</strong>cipale del lavoro sociale era quello di “aiutare lepersone ad aiutare se stesse”, renderle <strong>in</strong>dipendenti, <strong>in</strong>dividualizzando ogni caso, ognisituazione, affermando il valore e la dignità anche del più miserando tra i poveri,<strong>in</strong>sistendo sul fatto che ciascuno doveva essere trattato con rispetto …Di gran lungameglio rafforzare decisamente l’adempimento di tutti i diversi doveri… Di gran lungameglio offrire lavoro <strong>in</strong>vece che denaro o beni <strong>in</strong> natura. Soprattutto è utile rafforzarecon la simpatia e il consiglio l’impegno che <strong>in</strong> futuro darà i suoi frutti. E’ essenzialericordare che ogni uomo ha la propria visione della sua vita e deve essere libero diperseguirla; che per molti aspetti è miglior giudice di noi, <strong>in</strong> quanto ci ha vissutoattraverso e ha sperimentato ciò che noi possiamo soltanto osservare. <strong>Il</strong> nostro lavoroconsiste nel portarlo a considerare e valutare <strong>in</strong> maniera corretta piuttosto checonsiderare o valutare al posto suo. I poveri di Londra, come quelli di tutte le grandicittà, hanno bisogno di sviluppare ogni strumento che può dischiudere loro le nobilisorgenti della felicità….C. Loch crede nella religione della carità senza il settarismo della religione, e che ladignità dell’uomo non debba essere barattata con una elemos<strong>in</strong>a, ma che labeneficenza delle COS …debba essere orientata nell’aiuto e nel sostegnodell’autosufficienza, <strong>in</strong>tesa come capacità a farcela da se stessi nel corso della vita,affrontandone le ord<strong>in</strong>arie cont<strong>in</strong>genze:malattia, vedovanza, vecchiaia….I settlements <strong>in</strong>vece si sforzavano di rispondere alle stesse situazioni di bisogno <strong>in</strong> mododifferente. Secondo il loro approccio le cause del problema erano da ricercars<strong>in</strong>ell’ambiente circostante e nella mancanza di risorse per fronteggiarle. Gli operatori delsettlement (i/le residenti) utilizzavano preferibilmente attività di gruppo volte a formaree a favorire la promozione sociale e, contemporaneamente, orientavano l’attenzione sulsistema politico-economico per <strong>in</strong>durre il cambiamento necessario.Dal momento che le Charity Organization Society vedevano la causa della povertàradicata nella persona, senza mettere <strong>in</strong> discussione la bontà del sistema politico edeconomico, si trovavano ad assumere una prospettiva sostanzialmente conservatrice.L’<strong>in</strong>tervento era focalizzato sul trattamento, che aveva l’obiettivo di aiutare il cliente adadattarsi al sistema sociale attraverso l’utilizzo delle risorse esterne e la capacità diportare avanti un personale progetto sociale.48


Al contrario degli operatori dei settlements, i quali ritenevano che i poveri fossero talisenza responsabilità dirette, operando la scelta di potenziare (empowered) le personemettendo a disposizione chiavi di lettura complesse, <strong>in</strong>tervenivano anche sul sistemasociale, coord<strong>in</strong>andone le risorse e le risposte, per renderlo più umano e più attento aibisogni dei poveri. Di qui un ruolo politico “liberal”.<strong>Il</strong> group-work, <strong>in</strong> <strong>Italia</strong>, viene dagli operatori accolto <strong>in</strong> modo improprio, quasi unsuperamento del lavoro <strong>in</strong>dividuale. Esso si basa sull’assunto che il senso diappartenenza è essenziale per la felicità degli esseri umani e che i pr<strong>in</strong>cipi e le tecnichedel group-work devono essere utilizzate per aiutare le persone a sviluppare il senso diappartenenza.Ha le sue radici nel crescente <strong>in</strong>teresse per il movimento dell’istruzione <strong>in</strong>formale eper l’opera di John Dewey (Filosofo e pedagogista 1859-1952). <strong>Il</strong> suo pensiero risentedel Pragmatismo americano e si fonda sul concetto di esperienza. L’esperienza sociale,come rapporto tra uomo e ambiente, <strong>in</strong> cui l’uomo <strong>in</strong>teragisce con ciò che lo circonda.L’uomo reagisce ed agisce: producendo espansione e arricchimento della suapersonalità. Ugualmente un ambiente sociale <strong>in</strong> cui vengono accettate le pluralità diop<strong>in</strong>ioni dei diversi gruppi, anche tra loro contrastanti, favorisce lo sviluppo progressivodei s<strong>in</strong>goli <strong>in</strong>dividui.L’ assistente sociale nel lavoro di gruppo usa dei meccanismi relazionali, qualil’<strong>in</strong>terazione, l’identificazione reciproca, il legame di gruppo, f<strong>in</strong>alizzati al sostegno, alriconoscimento reciproco e al potere collettivo, per <strong>in</strong>fluire sul processo di gruppo <strong>in</strong>modo che le decisioni matur<strong>in</strong>o come risultato di <strong>in</strong>tegrazione di idee e conv<strong>in</strong>zioni,piuttosto che come effetto di una imposizione dall’alto. <strong>Il</strong> lavoro di gruppo, attraversol’azione reciproca fra i partecipanti per realizzare una azione cooperativa volta alconseguimento di mete comuni, è usato soprattutto come veicolo per il cambiamentosociale.<strong>Il</strong> lavoro di gruppo <strong>in</strong> <strong>Italia</strong> (1950-’60) viene <strong>in</strong>trodotto soprattutto nei Centri sociali enelle attività di Educazione degli adulti 7 , nelle attività con i giovani, con f<strong>in</strong>alità di tiporicreativo/educazionale fermo restando l’obiettivo dell’<strong>in</strong>tervento-cambiamento.Anche l’adozione del groupwork, specie nei Centro sociali, fa affacciare il dubbio che siutilizzi un metodo scientifico per soddisfare il bisogno di appartenenza <strong>in</strong> modostrumentale alla costruzione e al mantenimento di una società paritaria di uom<strong>in</strong>idisuguali attraverso l’addestramento degli <strong>in</strong>dividui alla vita di gruppo. 8Per difendersi da questo rischio occorreva spostare l’obiettivo sulle cause cheostacolano o rendono impossibile il senso di appartenenza.Siamo negli anni delle tensioni causate dall’immigrazione meridionale e, i Centrisociali aperti nei quartieri di edilizia popolare, non rimangono a lungo i luoghi dellaorganizzazione del consenso rispetto la gestione del patrimonio edilizio o delle regoledella buona convivenza condom<strong>in</strong>iale.L’orig<strong>in</strong>e contad<strong>in</strong>a degli assegnatari, la tradizione familistica, l’importanza dei legamidi vic<strong>in</strong>ato, l’uso del dialetto non sempre <strong>in</strong>contrano corrispondenze o aff<strong>in</strong>itàempatiche -a volte neppure tolleranza- nei modelli di vita delle grandi città del Nord.<strong>Le</strong> prime attività organizzate dagli assistenti sociali riguardano perciò il confronto deimodelli culturali di appartenenza mediante l’uso e la mediazione di prodotti culturali di7 Allo stesso modo <strong>in</strong> cui era stato <strong>in</strong>trodotto e sperimentato dai pionieri del servizio sociale nei socialSettlements o nelle IWCA8 Maria Calogero, direttrice del Cepas, 1958.49


livello -films e letteratura- per <strong>in</strong>durre una lettura oggettivizzata e meno co<strong>in</strong>volgentesul piano emotivo. 9Si tratta di un lavoro non più <strong>in</strong>centrato sul s<strong>in</strong>golo, anche se i casi cont<strong>in</strong>uavano adimpegnare tempo e risorse dell’assistente sociale, ma sul gruppo. <strong>Il</strong> servizio sociale èpensato come un problema di rapporti più che come organizzazione di prestazionie, il Centro sociale viene eletto come il luogo dove questi rapporti possono esserevissuti, decodificati, orientati.<strong>Il</strong> successo del metodo rispetto l’obiettivo del cambiamento-<strong>in</strong>tervento, <strong>in</strong>duce ad unsalto di qualità operatori e utenti. Dalla consapevolezza che non tutte le soluzioni sonoreperibili all’<strong>in</strong>terno del gruppo con le sole energie poste <strong>in</strong> essere dalla gestione delled<strong>in</strong>amiche <strong>in</strong>terne, si passa a considerare l’esigenza di spostare il fuoco di attenzione sudi una dimensione più allargata, la comunità.<strong>Il</strong> lavoro di comunità impegnerà gli assistenti sociali <strong>in</strong> un lavoro f<strong>in</strong>alizzato allaorganizzazione di azioni comuni, tese a raggiungere obbiettivi di cambiamento non solopersonale, ma strutturale.Assume rilevanza metodologica il promuovere il progresso attraverso l’azione locale,ossia l’<strong>in</strong>sieme dei processi mediante i quali gli abitanti di una determ<strong>in</strong>ata zonauniscono i loro sforzi a quelli dei pubblici poteri allo scopo di migliorare la situazioneeconomica, sociale e culturale della comunità, di associarla alla vita della nazione, diporla <strong>in</strong> grado di contribuire al progresso del paese 10 .<strong>Il</strong> community development (Sviluppo di comunità) è dunque un metodo orientato acreare condizioni di progresso economico, culturale e sociale per l’<strong>in</strong>tera comunità,attivandone la partecipazione, utilizzato soprattutto nelle aree sottosviluppate.La community organisation (Organizzazione di comunità) <strong>in</strong>vece è un metodoattraverso il quale una popolazione, che gode di un livello di vita relativamente alto eservizi sociali sufficientemente sviluppati, consapevole delle proprie potenzialità, sipone mete più avanzate, trova le risorse necessarie, <strong>in</strong>traprende azioni conseguenti alperseguimento degli scopi prefissati -risorse di rete e <strong>in</strong> rete-.Oggi il lavoro di gruppo è particolarmente adatto con i giovani disadattati, con igenitori di bamb<strong>in</strong>i handicappati o affetti da gravi malattie croniche. Oppure con ledonne mastectomizzate, i degenti <strong>in</strong> dialisi, i portatori di pacemaker, e così via.Gli obiettivi <strong>in</strong> tutti questi casi sono:• alleviare l’isolamento;• promuovere l’apprendimento e la maturazione sociale (soprattutto peradolescenti e anziani);• preparare ad una crisi imm<strong>in</strong>ente o ad un mutamento di vita;• risolvere o chiarire problemi a livello personale e familiare;• risolvere o chiarire problemi rispetto l’ambiente di vita.Da noi, per la non sufficiente presenza di assistenti sociali nei servizi, o per la scarsatendenza al lavoro di gruppo, malati familiari di ammalati propendono per formeassociative di self-help.Con i limiti propri dell’associazionismo autodiretto: enfatizzato dal punto di vistadell’impatto ideale ma, di fatto, abbandonato a tutti i rischi dei gruppi spontanei. Quasisempre l’obiettivo di spezzare l’isolamento si realizza, pagando però lo scotto dileadership autoritarie o di manipolazioni delle motivazioni istitutive a f<strong>in</strong>i di poterepersonale.9 E’ giusto ricordare films quali, La terra trema e Rocco e i suoi fratelli, di L. Visconti10 ONU, G<strong>in</strong>evra, 195750


E’ <strong>in</strong> atto però una controtendenza, con il crescente ricorso ai gruppi di auto e mutuoaiuto. In essi i membri sono ricevitori ed erogatori di aiuto al tempo stesso <strong>in</strong> quantoportatori o <strong>in</strong>vestiti da uno stesso problema, sentono di appartenere al gruppo <strong>in</strong>quanto gruppo di pari e, attraverso l’<strong>in</strong>terazione con gli altri, trovano le soluzionicercate. Vi è un percorso di crescita personale e del gruppo.La metodologia seguita parte dall’accoglienza, passando per la conoscenza,l’<strong>in</strong>serimento nel gruppo, l’orientamento.I membri sono <strong>in</strong>seriti <strong>in</strong> un gruppo aperto, ruotante, <strong>in</strong> cui la presenza di alcuni è piùconsolidata di quella di altri rispetto le fasi del percorso.Dal punto di vista della conduzione, l’assistente sociale svolge una funzioneorganizzativa e di conduzione collettiva; agisce come stimolatore e facilitatore dellacomunicazione e delle d<strong>in</strong>amiche di gruppo; evolve i ruoli basati sulla condivisionedegli obiettivi, ma che rispecchiano le <strong>in</strong>dividualità; non assume la leadership delgruppo.Oggi il lavoro di comunità ha spostato obiettivi e focus sulla Partecipazione, ossia ilco<strong>in</strong>volgimento dell’utenza come mezzo di crescita personale e comunitaria, comecondivisione delle <strong>in</strong>formazioni e condivisione del potere, per la costruzione di undiverso rapporto servizio/utente. Ma la partecipazione ai processi di crescitademocratica e di <strong>in</strong>dividuazione degli strumenti di controllo dal basso, cont<strong>in</strong>uano arappresentare più una opzione ideologica che un percorso sperimentato e sperimentale.Cultura sociale e cultura politica hanno dimenticato che la costruzione di una societàpartecipata deve avvalersi di un metodo -la community organisation- attraverso il qualeuna popolazione consapevole dei propri diritti e potenzialità, <strong>in</strong>traprende azioniconseguenti al perseguimento degli scopi prefissati.Invece la partecipazione, da parte dei pubblici amm<strong>in</strong>istratori e degli allocatori dirisorse sembra essere concepita come utile modalità di organizzazione del consenso,mentre per i Servizi e per gli operatori rappresenta un complesso di difficoltàorganizzative e sovraccarico lavorativo. Basti pensare alla <strong>in</strong>dividuazione del target erelativa fidelizzazione, agli orari delle riunioni e alla scelta degli spazi. Tutte condizioni<strong>in</strong>dispensabili rispetto la cont<strong>in</strong>uità del processo partecipativo e gli obiettivi di successo.Tutto ciò richiede una flessibilità dei tempi di lavoro e disponibilità di personaleancora estranea alla rigidità burocratica dei gestori dei Servizi socio-assistenziali.Si aggiunga la nota difficoltà di dialogo tra politici e tecnici del servizio sociale,dovuta alla divergente valutazione dei tempi rispetto ai risultati. I primi assillati dallafretta, i secondi che se troppo co<strong>in</strong>volti dalle d<strong>in</strong>amiche <strong>in</strong>nescate dal processopartecipativo tendono a perdere di vista l’obiettivo generale e il controllo dellagestione.4.4 La ricomposizione metodologica dell’<strong>in</strong>tervento professionaleLa divisione <strong>in</strong> metodi è da ritenersi superata: casework, groupwork, community work,se hanno rappresentato le tappe di una elaborazione concettuale per l’esercizio di unapratica “professionale” e “professionalizzante”, sono da ritenersi superati perché ilservizio sociale tende ad utilizzare un approccio metodologico “unitario”.L’utente del casework <strong>in</strong>fatti è, comunque e sempre, un <strong>in</strong>dividuo <strong>in</strong>serito <strong>in</strong> uncontesto di relazioni, <strong>in</strong> un sistema familiare e sociale.51


Da un punto di vista ecologico, è il prodotto di un ambiente, di un equilibrio, o di unsistema di equilibri, che si è creato all’<strong>in</strong>terno dei rapporti sociali, familiari e di lavoro.Da un punto di vista antropologico, è il risultato di una storia, di una cultura.E ancora, se la chiave di lettura è di tipo economicista, l’<strong>in</strong>dividuo è il portato di unaclasse sociale.<strong>Il</strong> gruppo più che una sommatoria di s<strong>in</strong>goli, è un <strong>in</strong>treccio, un <strong>in</strong>tarsio, un ordito direlazioni e di segmenti di relazioni, di regole sociali e personali. In esso si <strong>in</strong>tersecano,si confrontano, si scontrano le storie, le classi, le culture.La comunità è il contenitore dei s<strong>in</strong>goli, dei gruppi formali ed <strong>in</strong>formali, dellefamiglie, il cui collante è la regola scritta e la sanzione diretta delle istituzioni.<strong>Le</strong> comunità nascono, si formano attraverso legami naturali affettivi che tengono<strong>in</strong>sieme gli uom<strong>in</strong>i, <strong>in</strong> cui la solidarietà è spontanea. La società poi, tende a sostituirsialla comunità primitiva: gli uom<strong>in</strong>i sono tenuti <strong>in</strong>sieme dagli <strong>in</strong>teressi, dai rapporti discambio; le regole diventano scritte e sono caratterizzate dalle sanzioni.Ma il superamento della suddivisione <strong>in</strong> metodi è soprattutto la conseguenza di alcunesostanziali modifiche della struttura del sistema socio-assistenziale che, <strong>in</strong> <strong>Italia</strong>, si sonorealizzate grazie al DPR 616/77, attuativo della legge 382/75, che <strong>in</strong>dividua ilComune -s<strong>in</strong>golo o associato- come l’ente privilegiato per la gestione delle competenzesociali e sanitarie, comprese quelle della pletora degli enti assistenziali nazionali,disciolti dallo stesso decreto. 11 E che all’art. 22 def<strong>in</strong>isce le competenze sociali“<strong>in</strong>erenti a quelle attività che attengono al quadro della sicurezza sociale, allapredisposizione ed alla erogazione di servizi gratuiti o di prestazioni economiche, sia <strong>in</strong>denaro che <strong>in</strong> natura, a favore dei s<strong>in</strong>goli o di gruppi, qualunque sia il titolo <strong>in</strong> base alquale sono <strong>in</strong>dividuati”E’ questa la stagione della razionalizzazione e della trasformazione degli assettiistituzionali (ord<strong>in</strong>amento regionale, scioglimento e trasferimento a Regioni e Comunidelle funzioni assistenziali prima esercitate dagli Enti nazionali) che vede l’attenzionespostarsi al territorio quale spazio di vita, di relazioni significative, di socialitàpartecipata.Attore di questo disegno è il Comune, ente locale territoriale, autonomo erappresentativo, luogo anche materiale della “cittad<strong>in</strong>anza”, dei diritti connessi allacittad<strong>in</strong>anza. <strong>Il</strong> Comune, l’istituzione più vic<strong>in</strong>a al cittad<strong>in</strong>o, <strong>in</strong> contrapposizione alprecedente sistema assistenziale degli enti nazionali, disciolti perché non democratici,governati da consigli di amm<strong>in</strong>istrazione di nom<strong>in</strong>a politica o partitica, appesantiti dacosti di gestione, <strong>in</strong>controllabili.I servizi sociali sono considerati <strong>in</strong>frastrutture della promozione sociale allargata,strumenti della partecipazione per raggiungimento del benessere psico-fisico, dove lapersona globalmente <strong>in</strong>tesa non può essere avulsa dal suo ambiente familiare ecomunitario. L’assistente sociale assume un ruolo tecnico non più di mediazione, ma diconnessione, di costruzione di relazioni.<strong>Il</strong> territorio viene organizzato, reso “concreto”, percepibile e riconoscibile attraverso idistretti che rappresentano non tanto i contenitori dei servizi, quanto un modo diversodi mettere <strong>in</strong> relazione servizio e utente sul piano:11 per la completa e necessaria trattazione del DPR 616/77 e del ruolo del Comune, Ente localeterritoriale, si veda il libro di testo da pag.108 a pag.11752


• dell’accesso• della immediatezza della prestazione• delle possibilità di <strong>in</strong>teragire con il sistema di prestazioni e svolgere così unafunzione di controllo.<strong>Il</strong> distretto attraverso i servizi dialoga con il cittad<strong>in</strong>o che gli si rivolge per unaprestazione, avendo come riferimento anche l’<strong>in</strong>sieme della cittad<strong>in</strong>anza, non solo “ipoveri “, le fasce deboli, ma la cittad<strong>in</strong>anza che comprende anche le fasce deboli.L’assistente sociale si relaziona con l’utente e con il contesto sociale del distretto, unlavoro di strabismo culturale: un occhio rivolto all’utente e alla situazioneproblematica, al disagio di cui è portatore; un occhio al contesto sociale che genera ildisagio e all’utenza allargata che co<strong>in</strong>volta attraverso l’<strong>in</strong>formazione sulle situazionidi rischio, può assumere un ruolo partecipato e trasformarsi <strong>in</strong> risorsa. 12L’ affermarsi della centralità del territorio, dei livelli dell’<strong>in</strong>tervento, dei raccord<strong>in</strong>ecessari tra i livelli ha comportato l’acquisizione della complessità come misura delleconoscenze e delle competenze, sia sul piano della formazione scolastica che operativo.<strong>Il</strong> territorio propone una pluralità di funzioni e di competenze <strong>in</strong>tegrate, spesso<strong>in</strong>centrate sull’assistente sociale quale operatore stabilmente presente.L’assistente sociale si trova naturalmente ad <strong>in</strong>tervenire sia con l’<strong>in</strong>dividuo che con igruppi, con le reti di solidarietà sociale, con gli organismi istituzionali dellapartecipazione (gestione sociale, decentramento), con le attività di progettazione,organizzazione, gestione e controllo dei servizi.Anche il lavoro di gruppo si è spostato dalla attività terapeutico-educativa ad attività dipromozione delle risorse sociali (ad es. le famiglie affidatarie), di decision mak<strong>in</strong>g, dicoord<strong>in</strong>amento, nel quale l’assistente sociale gioca il ruolo di esperto, di componente,di portatore di <strong>in</strong>formazioni.Lavoro di retePer questi motivi è <strong>in</strong> atto la teorizzazione e la elaborazione di un nuovo modello di<strong>in</strong>tervento, il modello di servizio sociale di rete. In esso l’assistente sociale si muovepartendo dall’utente ricorrendo, via via <strong>in</strong> forma concentrica, alle risorse <strong>in</strong>formali eformali disponibili, da quelle contigue a quelle più lontane.Oppure, partendo dalle risorse di rete e facendole confluire, a seconda delle priorità odelle opzioni del progetto di <strong>in</strong>tervento, sul soggetto.In entrambe le modalità, dall’utente alla rete o dalla rete al progetto di <strong>in</strong>tervento,l’obiettivo pr<strong>in</strong>cipale resta l’aiuto, il superamento della situazione di disagio,rimuovendo ostacoli e impedimenti personali e sociali.Senza attribuire all’<strong>in</strong>tervento di rete una funzione meramente strumentale -quale lacostruzione di legami come mezzo per risolvere specifici problemi-, anziché strategicaquale la prefigurazione di una modalità diversa di affrontare i bisogni sociali.12 Ottica bifocale, ossia la focalizzazione sui meccanismi di <strong>in</strong>terdipendenza tra persona e ambiente (v.Neve pag. 190)53


Con questo modello, si deve perseguire <strong>in</strong>vece la promozione, il coord<strong>in</strong>amento,l’orientamento delle agenzie di aiuto presenti sul territorio su di una politica sociale,pensata e praticata dal Servizio pubblico e rivolta a obiettivi di:• tutela• sicurezza di vita• contrasto della povertà e dell’esclusione• <strong>in</strong>clusione, <strong>in</strong>tegrazione, <strong>in</strong>serimento• benessere• eguaglianza• sviluppo di capacitàLa funzione strumentale a volte è dettata da una quotidianità serrata sulle emergenze esul lavoro all’<strong>in</strong>terno di istituzioni chiuse che hanno privato progressivamentel’assistente sociale dalla capacità di riconoscersi competente e legittimata ad agire nelsociale <strong>in</strong> una logica proiettiva. Ciò ha fatto sì che, le competenze <strong>in</strong> sviluppo dicomunità e soprattutto il confronto e la collaborazione con soggetti sociali esterni almondo dei servizi, risult<strong>in</strong>o oggi ancora relativamente distanti dal lavoro quotidiano.Nonostante le teorie e le pratiche più fruttuose tendano a generarsi da scambi<strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>ari e transdiscipl<strong>in</strong>ari, si rileva una certa timidezza da parte degli assistentisociali nel rivendicare come specificità del proprio ruolo una presenza attiva nel mondosociale, attenta non solo ai bisogni dei soggetti <strong>in</strong> difficoltà, ma anche ai bisogni esoprattutto alle risorse della collettività più ampia.Ciò determ<strong>in</strong>a una lettura atemporale del nucleo valoriale fondante la professioneche, riferita alla operatività e alla rappresentazione del rapporto di cura, la porta arisultare sostanzialmente decontestualizzata. Di qui la conseguenza chel’affermazione di valori assoluti e atemporali impedisce di cogliere il significato e ilruolo che professionalità sociali possono giocare “qui e ora”, privando <strong>in</strong> questo modoil presupposto della qualità dalla capacità trasformativa. Rendendo così difficile aglioperatori di comunicare una propria documentata visione dei problemi sociali eformulare o riformulare un proprio progetto professionale coerente con il cambiamentosociale <strong>in</strong> atto.L’orientamento al cambiamento politico sembra essere stato barattato al mantenimentodel riconoscimento tecnico, determ<strong>in</strong>ando uno squilibrio che, se risponde ad unaesigenza auto-protettiva, mette al tempo stesso a rischio la possibilità di <strong>in</strong>novare.Rende <strong>in</strong>oltre impossibile <strong>in</strong>nescare un processo di trasformazione della persona dautente che, assieme al disagio che lo ha sp<strong>in</strong>to a presentare la domanda di aiuto e l’ansiadell’attesa della prestazione, <strong>in</strong> cittad<strong>in</strong>o-utente che, alla trepidazione per laconcessione, sostituisce l’esercizio di un diritto. Diritto all’attenzione perché anchequando la domanda non trova soddisfazione, la persona <strong>in</strong> quanto tale non può esseredisattesa.<strong>Il</strong> cittad<strong>in</strong>o solidale è l’obiettivo ultimo del modello: sarà lo stesso processo diattivazione, di messa <strong>in</strong> campo delle risorse istituzionali e del volontariato, attraverso laleadership riconosciuta e accettata dell’assistente sociale, a consolidare da un lato quellerisorse spontanee ancora <strong>in</strong>certe rispetto ruolo e funzioni, dall’altro ad aprire all’utente,una volta superata le proprie difficoltà personali, la prospettiva di un suo impegnosolidale. Ovvero rendersi disponibile ai processi partecipativi di una democraziamatura o come la def<strong>in</strong>isce June Addams della “democrazia <strong>in</strong>telligente”.54


Infatti una azione sociale che si limiti a gestire il reale e r<strong>in</strong>unci a <strong>in</strong>ventare il possibile ea <strong>in</strong>ventare il futuro, rimane un gesto <strong>in</strong>completo dest<strong>in</strong>ato a restare conf<strong>in</strong>atonell’ambito dell’assistenza e della riparazione.4.5 La pratica professionale<strong>Il</strong> processo di aiuto, nucleo centrale del lavoro dell’assistente sociale, si realizzaattraverso la relazione <strong>in</strong>terpersonale ed <strong>in</strong>terventi di tipo amm<strong>in</strong>istrativo, organizzativo,assistenziale e psico-sociale che, a loro volta, assumono spessore, presenza,compresenza, a seconda del problema da affrontare, della domanda e dell’obiettivo.La domanda sociale diventa lo spazio di esplorazione reciproca che consente ai diversiattori sociali di stare <strong>in</strong>sieme <strong>in</strong> quello spazio istituzionale -il servizio- che permettel’<strong>in</strong>contro tra domanda e offerta, fatta salvo il pr<strong>in</strong>cipio della centralità dell’utente,s<strong>in</strong>golo o comunità.La domanda sociale può essere classificata sia sulla base di chi si rivolge al servizio, sia<strong>in</strong> base al tipo di domanda e, ancora, al cosa e al perchè.Chi domanda Società come <strong>in</strong>sieme Gruppi sociali Persone Famiglie Enti, altri serviziTipo di domanda Fenomeni nuovi o ricorrenti Per sé o per altri Domanda spontanea o obbligataCosa si domanda e perchè Dati e <strong>in</strong>formazioni: conoscere Primo orientamento avere (risarcimento, diritti di cittad<strong>in</strong>anza) essere (identità sociale, appartenenza, crisi temporanea, crisi strutturale)La risposta alla domanda di <strong>in</strong>formazioni e di orientamento avviene con il segretariatosociale, un rapporto con l’utenza da non confondere con l’attività di sportello. Si tratta<strong>in</strong>fatti di un <strong>in</strong>tervento professionale f<strong>in</strong>alizzato a fornire puntuali <strong>in</strong>formazioni sullerisorse disponibili, a ricevere <strong>in</strong>formazioni sulla richiesta e sulle attese, allachiarificazione delle esigenze rispetto la disponibilità delle risposte. Riguardasoprattutto E’ oggi facile trovare <strong>in</strong>formazioni su tutto e di tutto, difficile è <strong>in</strong>vecescegliere, selezionare, differenziare tra dati e <strong>in</strong>formazioni sovrabbondanti o eccessive55


per <strong>in</strong>dividuare quelle utili. <strong>Il</strong> significato del lavoro di prima accoglienza non è nellaprestazione <strong>in</strong>formativa, ma nel connotarsi come competenza <strong>in</strong>formativa di qualità.E’ un <strong>in</strong>tervento che nel procedimento metodologico sembra esaurirsi alla sola fase dimanifestazione e riconoscimento del problema, ma che <strong>in</strong>vece <strong>in</strong>veste anche la fasedella <strong>in</strong>terpretazione e della decodifica del problema, a volte nascosto dentro unadomanda impropria.• <strong>Il</strong> procedimento metodologico (vedi mod. 5.4) serve a qualificarel’appartenenza del servizio sociale al mondo delle professioni e a orientarel’azione dell’assistente sociale. E’ una guida al fare, un modo coerente ericonoscibile -<strong>in</strong> quanto applicazione oggettiva di pr<strong>in</strong>cipi e metodi, estraneiall’<strong>in</strong>tuizione o alla tradizione- di collegare i fatti scatenanti una situazioneproblematica o i s<strong>in</strong>tomi di un disagio con gli obiettivi dell’<strong>in</strong>tervento che, unavolta raggiunti, <strong>in</strong>cidono sulle cause, rimuovendole.<strong>Il</strong> Segretariato sociale prende l’avvio da una dimensione amm<strong>in</strong>istrativa edorganizzativa per arrivare ad una relazione <strong>in</strong>terpersonale, educazionale e nutritiva.Per quanto concerne il livello più ampio del territorio, la fornitura delle <strong>in</strong>formazioni siidentifica nel debito <strong>in</strong>formativo, ossia nella puntuale diffusione dei flussi <strong>in</strong>formatividisponibili. Ciò allo scopo di rendere concreto uno degli obiettivi del Servizio sociale:aiutare la collettività ad <strong>in</strong>dividuare i propri bisogni, ad attivare la rete di solidarietànaturali, i processi di partecipazione e il volontariato organizzato, al f<strong>in</strong>e di creareulteriori risorse per la soluzione dei problemi <strong>in</strong>dividuali e collettivi.La funzione di filtro, il più delle volte esercitata nell’ambito del segretariato sociale, èuna modalità di rapporto di tipo orientativo nel coacervo di competenze, di percorsilabir<strong>in</strong>tici delle prestazioni non att<strong>in</strong>enti al servizio di base.Ma può evolversi nella decodifica di una domanda sociale di non facile formulazione odi non chiara <strong>in</strong>terpretazione, dove lo sbocco non è il servizio di base, ma unaprestazione di tipo specialistico da parte di servizi contigui o della concertazione di<strong>in</strong>terventi tra più servizi.Conoscenza amm<strong>in</strong>istrativa dunque del contesto allargato dei servizi sociali e sanitari ecapacità di concertare l’<strong>in</strong>tervento di più operatori coord<strong>in</strong>andone le prestazioni. Maspesso anche <strong>in</strong>tervento diretto teso a sostenere l’utente sia nei casi di <strong>in</strong>capacità, sia percontenere l’ansia.Oggi, a seguito del Piano nazionale 2001-2003 degli <strong>in</strong>terventi e dei servizi sociali, exL.328/2000, ai paragrafi dedicati al “Livello essenziale delle prestazioni sociali eassistenziali -Liveas- e che recitano “sul piano organizzativo occorre istituire <strong>in</strong> ogniambito territoriale una porta unitaria di accesso al sistema dei servizi, tale da essereaccogliente nei confronti della più ampia tipologia di esigenze e tecnicamente capace diassolvere le funzioni sopra <strong>in</strong>dicate”, il Segretariato sociale è stato organizzato <strong>in</strong>molte realtà come un Servizio autonomo, affidato ad un assistente sociale, con ilcompito di orientare la domanda e fornire <strong>in</strong>formazioni, chiavi di lettura di un sistemapiù complesso: il welfare plurale e relative modalità di accesso.Si tratta <strong>in</strong>fatti di una specifica forma di accoglienza professionale, propria dellecompetenze dell’assistente sociale, <strong>in</strong> grado di raccogliere dati sociali, rilevarecollegamenti e scenari utili, trovare risorse adeguate e disponibili.<strong>Le</strong> attività del Servizio di Segretariato sociale che risponde alla domanda di<strong>in</strong>formazione riguardano il potenziamento dei flussi <strong>in</strong>formativi sui servizi del distrettoe sui diritti dei cittad<strong>in</strong>i attraverso:• l’accoglienza56


• la pubblicizzazione dei servizi, dei progetti sociali socio-sanitari e sanitari• l’<strong>in</strong>contro servizio-cittad<strong>in</strong>oL’orientamento ai Servizi avviene attraverso:• l’ascolto, l’analisi della domanda• l’<strong>in</strong>vio al servizio (filtro)La tutela delle persone avviene, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, attraverso:• l’<strong>in</strong>dividuazione di domande <strong>in</strong>espresse• l’avvic<strong>in</strong>amento dei servizi al cittad<strong>in</strong>i (bassa soglia)• la registrazione e la raccolta delle <strong>in</strong>sufficienze riscontrate nei servizi (customercare)• il monitoraggio e l’osservatorio dei bisogni sociali.L’<strong>in</strong>tervento socio-assistenziale, risponde alla domanda di avere, spesso prevalentenella realtà dei servizi sociali di base, dove l’obiettivo è quello di aiutare l’utente adusufruire delle risorse istituzionali per contenere o risolvere il proprio problema. Maanche dove l’utente è orientato a chiedere per avere qualcosa, <strong>in</strong> base ad una esperienzadi vita che si def<strong>in</strong>isce attraverso una mancanza.Anche se il peso della relazione <strong>in</strong>terpersonale assume ancora un ruolo importanteperché <strong>in</strong> essa si gioca la lettura del bisogno, la modificazione di atteggiamenti negativio la correzione di comportamenti aggressivi, l’<strong>in</strong>teresse pr<strong>in</strong>cipale dell’assistente socialeè volto al reperimento e alla utilizzazione delle risorse disponibili, a volte gestite dacooperative sociali convenzionate.Nella def<strong>in</strong>izione e attuazione dell’<strong>in</strong>tervento socio-assistenziale, per quanto attiene lefasi del procedimento metodologico, l’assistente sociale focalizza la sua attenzione sullafase di valutazione delle possibilità di azione, per mettere <strong>in</strong> campo le sue capacità dicarattere amm<strong>in</strong>istrativo e organizzativo.La valutazione della situazione è sempre un giudizio professionale dedotto dallaelaborazione delle <strong>in</strong>formazioni raccolte e delle risorse disponibili, confrontate con leconoscenze teoriche possedute e con il punto di vista dell’utente relativamente al suomodo di vivere il problema, alle sue esigenze.Segue il progetto di <strong>in</strong>tervento <strong>in</strong> cui l’assistente sociale disegna un quadro d’<strong>in</strong>siemecoerente i cui elementi sono sia le richieste dei soggetti beneficiari e gli obiettivi daraggiungere, che le risorse da utilizzare, le strategie, gli strumenti e le tecniche dautilizzare.Uguale importanza, la def<strong>in</strong>izione dei tempi e gli ambiti di realizzazione come nei casifrequenti del ricovero di un anziano, dell’allontanamento di un m<strong>in</strong>ore dalla famigliaquando l’assistente sociale non solo si gioca la sua capacità di sapersi collegare con lerisorse disponibili, ma anche quella di far accettare all’utente eventuali risposteparziali, coord<strong>in</strong>andole <strong>in</strong> un progetto di più ampia portata e a lungo term<strong>in</strong>e.<strong>Il</strong> lavoro di gruppo. Si ricorre a questa modalità di <strong>in</strong>tervento non solo quando unproblema è presentato da un gruppo, ma ogni qualvolta si ritiene che il gruppo possaessere l’approccio, la modalità funzionale dell’<strong>in</strong>tervento sociale (gruppi di auto-mutuoaiuto).Se gli obiettivi sono quelli di alleviare l’isolamento, di preparare ad un mutamentocritico della vita, il lavoro di gruppo è più efficace del lavoro <strong>in</strong>dividuale. Allo stesso57


modo quando si deve <strong>in</strong>tervenire per sollecitare la partecipazione allargata di cittad<strong>in</strong>irispetto problemi e soluzioni collettive.La consulenza psico-sociale, risponde alla domanda di essere, l’aiuto cioè alla personaa cambiare atteggiamento nei confronti di problemi da lui considerati <strong>in</strong>superabili e chelo rendono particolarmente vulnerabile, attraverso una serie di colloqui volti allachiarificazione, al sostegno, alla comprensione della situazione, s<strong>in</strong>o alla ricerca dipossibili soluzioni per uscirne fuori. E’ una domanda complessa e a volte difficile daesplorare e decifrare che riguarda modi di essere, stili di vita, disagi familiari.Nella consulenza psico-sociale è evidente come la relazione assuma rilevanza: si pensia situazioni quali il prepensionamento non atteso e obbligato, una gravidanza nondesiderata o, ancora, la malattia <strong>in</strong>validante di un congiunto.L’aiuto all’utente avviene sempre attraverso il rispetto del processo metodologico dovele fasi di raccolta delle <strong>in</strong>formazioni, di <strong>in</strong>terpretazione e decodifica del problema, divalutazione delle possibilità di azione e delle prospettive che si aprono sono dilataterispetto alle altre.La raccolta delle <strong>in</strong>formazioni e relativo feed back, oltre a fornire elementi<strong>in</strong>dispensabili al trattamento, permette all’utente di verbalizzare pensieri ed ansieliberando così le emozioni; di prendere consapevolezza delle difficoltà sgombrando ilcampo da quelle immag<strong>in</strong>arie; di ord<strong>in</strong>are <strong>in</strong> forma logica le soluzioni prospettatevalutando risorse e v<strong>in</strong>coli.Nel corso dell’<strong>in</strong>tervento, nel momento della formulazione del progetto, può renders<strong>in</strong>ecessario ricorrere alle risorse del Servizio o del contesto familiare e/o sociale. Puòessere il caso di famiglie con anziani non autosufficienti o con figlio TD, per rimuovereostacoli dei carattere materiale o per supportare una situazione di logoramentopsicologico.Gli approcci e le modalità di <strong>in</strong>tervento sopra descritte non rappresentano filoni separati,ma momenti/segmenti di uno stesso <strong>in</strong>tervento, tra loro <strong>in</strong>terconnessi, con prevalenzedeterm<strong>in</strong>ate dalla situazione problematica presentata.Di conseguenza l’assistente sociale non dovrebbe mai limitarsi a fornire <strong>in</strong>formazioni,elargire sussidi, raccordare i bisogni con le risorse, pilotare la domanda sociale dall’unoall’altro approdo <strong>in</strong> modo burocratico, ma ricordarsi della costante professionale dipromuovere la capacità delle persone a far fronte con maggiore autonomia eresponsabilità alla propria vita. “Aiutare le persone ad aiutare se stesse” (O.Hill)<strong>Il</strong> lavoro educativo è parte implicita del lavoro sociale ed entrambi si compongono sulpiano del lavoro sociale, che producono e riproducono. <strong>Il</strong> valore educativo è soprattuttovalore di scambio: perché f<strong>in</strong>alizzato a riconvertire sul mercato le competenze acquisitescambiandole con un altro bene (mestiere, professione, stipendio).<strong>Il</strong> valore prodotto dal lavoro sociale è <strong>in</strong>vece d’uso perché la prestazione offertadall’assistente sociale è un bene d’uso collettivo <strong>in</strong> quanto parte del sistema di welfare.Lavoro sociale e lavoro educativo <strong>in</strong>sieme generano valore aggiunto di tipo simbolicoorientato a conferire significati all’azione. <strong>Il</strong> lavoro sociale si trasforma <strong>in</strong> <strong>in</strong>iziativaeducativa quando agisce anche a livello di contenuti (simboli) trasmessi all’utentemediante l’operatività. Ritorna l’esempio della progressione utente, cittad<strong>in</strong>o-utente,utente solidale.58

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