Heidegger, la tecnica e la crisi ambientale - Enea

Heidegger, la tecnica e la crisi ambientale - Enea Heidegger, la tecnica e la crisi ambientale - Enea

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Heidegger, la tecnicae la crisi ambientale (I)A cura diFAUSTO BORRELLIscienza, tecnica,storia & societàLa crisi ambientale sta cominciando a manifestarsisu scala planetaria e può essere compresanelle sua radici profonde alla luce delle riflessionisulla tecnica di Martin Heidegger.Questione della tecnica e questione ambientalesono due aspetti inscindibili di un unico problemaHeidegger, technicsand the environmental crisis (I)The environmental crisis is beginning to reveal itself todayon the global scale, and its deep roots can be understoodin light of Martin Heidegger's reflections on technics.The technics issue and the environmentalissue are two inseparable aspects of a single problem76 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/06

<strong>Heidegger</strong>, <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>e <strong>la</strong> <strong>crisi</strong> <strong>ambientale</strong> (I)A cura diFAUSTO BORRELLIscienza, <strong>tecnica</strong>,storia & societàLa <strong>crisi</strong> <strong>ambientale</strong> sta cominciando a manifestarsisu sca<strong>la</strong> p<strong>la</strong>netaria e può essere compresanelle sua radici profonde al<strong>la</strong> luce delle riflessionisul<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> di Martin <strong>Heidegger</strong>.Questione del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> e questione <strong>ambientale</strong>sono due aspetti inscindibili di un unico problema<strong>Heidegger</strong>, technicsand the environmental <strong>crisi</strong>s (I)The environmental <strong>crisi</strong>s is beginning to reveal itself todayon the global scale, and its deep roots can be understoodin light of Martin <strong>Heidegger</strong>'s reflections on technics.The technics issue and the environmentalissue are two inseparable aspects of a single problem76 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/06


SCIENZA, TECNICA, STORIA & SOCIETÀIn un articolo pubblicato su questarivista nel 1989, il pensiero di Martin<strong>Heidegger</strong> (1889-1976) era stato messoin rapporto con l’incipiente <strong>crisi</strong> <strong>ambientale</strong>- allora più prevista che reale –per cercare di individuarne le radiciprofonde.A diciassette anni di distanza da quell’articolo,lo stesso tema viene ripensato oggiquando <strong>la</strong> <strong>crisi</strong> <strong>ambientale</strong> è più realeche prevista.Non occorre sottolineare quanto intricatoed esteso sia il tema in questione.Un articolo breve, nel migliore dei casi,può limitarsi a districare alcuni fili equesta scelta può essere anche influenzatada propensioni soggettive. Questefonti di errore devono essere tenute indebito conto.“Esercizi di ammirazione”La <strong>crisi</strong> <strong>ambientale</strong>, che si sta manifestandooggi su sca<strong>la</strong> p<strong>la</strong>netaria, può esserecompresa nelle sue radici profonde rial<strong>la</strong>cciandosialle riflessioni sul<strong>la</strong> essenzadel<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> di Martin <strong>Heidegger</strong>.Pensate in un clima culturale lontano daquello del<strong>la</strong> <strong>crisi</strong> <strong>ambientale</strong>, queste riflessionirappresentano <strong>la</strong> più radicalemessa in guardia del nostro tempo neiconfronti del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna; in partico<strong>la</strong>re,nei confronti di quegli “esercizidi ammirazione” verso le tecnologieavanzate che – in piena <strong>crisi</strong> <strong>ambientale</strong>di origine tecnoantropica – accompagnano<strong>la</strong> crescita dell’economia mondialeche è solo agli inizi; solo agli iniziperché i giganti asiatici devono ancorairrompere a pieno sul<strong>la</strong> scena dello sviluppop<strong>la</strong>netario.Il problema dei problemi:<strong>la</strong> <strong>crisi</strong> <strong>ambientale</strong>Le meditazioni di <strong>Heidegger</strong> sono difficilie anche oscure. Ma se queste meditazioniaiutano a comprendere il perché del“problema dei problemi” che oggi incombe– <strong>la</strong> <strong>crisi</strong> <strong>ambientale</strong> – vale <strong>la</strong> penadi affrontarle.Le opere di Martin <strong>Heidegger</strong> che abbiamoripreso liberamente in questo articolosono soprattutto: “La questione del<strong>la</strong><strong>tecnica</strong>”, conferenza tenuta a Monacopresso <strong>la</strong> Technische Höchschule, nel1953, al<strong>la</strong> presenza di filosofi, scienziati,e teologi, fra cui ricordiamo RomanoGuardini e Werner Heisenberg (pubblicatain Italia nel volume di Martin <strong>Heidegger</strong>“Saggi e discorsi”, Edizioni Mursia,Mi<strong>la</strong>no (1979), traduzione di G.Vattimo); e“Intervista di <strong>Heidegger</strong> a Der Spiegel”del 1966 (pubblicata postuma) nel<strong>la</strong> traduzionedi A. Martini.Clima e ambiente 2006Per dare appena un’idea dell’attuale situazioneclimatica e <strong>ambientale</strong> riportiamoalcuni dati generali.Giugno 2006, <strong>la</strong> “National Academy ofScience” rende noti i risultati di una ricercasul clima commissionata dal congressodegli Stati Uniti nel 2005: gli ultimitrent’anni sono stati i più caldi del<strong>la</strong>storia. La causa è indicata, senza riserve,nelle attività tecnoantropiche a livellop<strong>la</strong>netario.Giugno 2006, <strong>la</strong> “National Science Foundation”rende noti i risultati di una sua ricerca:il riscaldamento globale è <strong>la</strong> causadi almeno metà degli uragani che hannosconvolto il Nordat<strong>la</strong>ntico nel 2005.2006, Riccardo Petrel<strong>la</strong>, docente diMondializzazione al<strong>la</strong> Università Cattolicadi Lovanio, traccia un quadro attualissimoe impressionante dei catastroficimutamenti ambientali a livello p<strong>la</strong>netario,riconducibili alle attività tecnoantropichedegli ultimi decenni (“La terraè un bene comune”, in “Per unageografia del<strong>la</strong> morale”, a cura di ChristianMarinotti).2006, esce in Italia “Col<strong>la</strong>sso” di Jared Diamond– ricercatore muldisciplinare al<strong>la</strong>ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/0677


SCIENZA, TECNICA, STORIA & SOCIETÀUCLA – in cui sono messi in luce i “meccanismitecnoantropici” attivi nel<strong>la</strong> scomparsadelle società passate. Diamond hari<strong>la</strong>sciato una intervista sul futuro del pianetaal<strong>la</strong> rivista “Le magazine lettéraire”, n.455 (luglio-agosto 2006); in “Energia, Ambientee Innovazione” (2/2006), si veda <strong>la</strong>recensione di “Col<strong>la</strong>sso”.Novembre 2006. Dal Vertice mondiale sulclima di Nairobi arrivano preoccupantinotizie sul rapido surriscaldamento climaticop<strong>la</strong>netario (di origine tecnoantropica)nei prossimi decenni.Tecnica: fenomeno centraledel mondo modernoVerso <strong>la</strong> metà degli anni 30 del secoloscorso, cioè a quasi dieci anni dal<strong>la</strong>pubblicazione del<strong>la</strong> sua opera fondamentale“Essere e tempo” (1927),<strong>Heidegger</strong> avvertì l’esigenza meditativo-filosoficadi pensare <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> chesi veniva configurando come il fenomenocentrale del mondo moderno; edi pensare <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> come rischio supremoper l’uomo, in analogia al temadel<strong>la</strong> possibilità del<strong>la</strong> morte immanentenell’orizzonte finito delle possibilitàumane.Notevole influsso – come richiamo adosservare il devastante irrompere del<strong>la</strong><strong>tecnica</strong> moderna nelle società tradizionali– <strong>Heidegger</strong> lo ricevette da RomanoGuardini (1885-1968), OswaldSpengler (1880-1936) e dai fratelliErnst e Friedrich Jünger (1895-1998 e1898-1977).Quello del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> è stato un temacentrale, tormentato e di importanzacrescente per <strong>Heidegger</strong> e le sue meditazionisul<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> cominciano adessere comprese nel<strong>la</strong> loro portata realesoltanto oggi.Nel corso degli anni il filosofo non si stancavadi ripetere che “il movimento p<strong>la</strong>netariodel<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna è una potenza<strong>la</strong> cui grandezza, storicamente determinante,non può essere in alcun modosopravvalutata”.“Ormai solo un dio ci può salvare”Del resto, <strong>la</strong> famosa invocazione di <strong>Heidegger</strong>del 1966, “ormai solo un dio cipuò salvare”, è l’invocazione a un diosconosciuto e contumace, partico<strong>la</strong>rmenteamara se si tien conto che provieneda chi rimpiange con Hölderlin <strong>la</strong>definitiva sparizione degli dei dall’Olimpoe da chi ha dedicato le sue meditazionial<strong>la</strong> enigmatica sentenza di Nietzsche:“Dio è morto”.La constatazione heideggeriana dell’impensabilitàdell’età del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>provoca l’insorgere del<strong>la</strong> questione fondamentaledel nostro tempo: se nonriusciamo a comprendere ciò che ci staaccadendo immensamente vicino eche ci coinvolge completamente, nonvuol dire forse che il rischio per l’uomoe per l’ambiente – cioè l’avventodel nichilismo nel<strong>la</strong> forma di dominioonnipervasivo del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> – sia ormaiun destino compiuto?Nel quadro di questi interrogativi, assumonooggi enorme rilievo le meditazionidi <strong>Heidegger</strong> sul<strong>la</strong> essenza del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>moderna.L’età del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>è soltanto agli iniziPer <strong>Heidegger</strong>, il nostro modo di pensarenon offre più alcuna possibilità di fareesperienza – col pensiero – dell’età del<strong>la</strong><strong>tecnica</strong> che è solo al suo inizio.Al pensiero, quindi, si presenta un compitoimmane perché “al segreto del<strong>la</strong> strapotenzap<strong>la</strong>netaria dell’essenza del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>,corrisponde il non apparire delpensiero che tenta di pensare questo impensabile”.Sarebbe vano chiedere aiuto al<strong>la</strong> scienzaperché – per <strong>Heidegger</strong> –“<strong>la</strong> scienza nonpensa”; e non pensa non perché non usa78 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/06


SCIENZA, TECNICA, STORIA & SOCIETÀil pensiero, ma perché, per il suo mododi procedere, non può pensare nel modoin cui pensa il pensiero meditativo; e per<strong>la</strong> scienza è necessario che sia così.Ancora più vano – continua <strong>Heidegger</strong> –sarebbe chiedere aiuto al<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>, perché<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> di sé stessa non sa nemmenodove sta di casa.L’inquietante – osserva <strong>Heidegger</strong> –non sta nel fatto che il mondo si stia trasformandoin un dominio del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>.L’inquietante sta nel fatto che l’uomonon è preparato a questo mutamento;siamo cioè incapaci di stabilire un confrontoadeguato con ciò che di nuovo,potente e ambiguo sta emergendo nel<strong>la</strong>nostra epoca.L’impensabilitàdel<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> modernaNell’ampio orizzonte del suo pensieroche però converge verso il tema del<strong>la</strong> impensabilitàdel<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna, <strong>Heidegger</strong>si è dedicato al compito di pensare<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> nel periodo che va dal<strong>la</strong> metàdegli anni 30 al 1953 – anno del<strong>la</strong> famosaconferenza su: “La questione del<strong>la</strong><strong>tecnica</strong>”, tenuta al<strong>la</strong> Technische Höchschuledi Monaco di Baviera.In questa conferenza, <strong>Heidegger</strong>, con il suodomandare martel<strong>la</strong>nte, attacca frontalmenteil problema del dominio invasivo del<strong>la</strong><strong>tecnica</strong> moderna e del suo significato.Dal 1953 al 1974, <strong>Heidegger</strong> è tornatopiù volte sullo stesso tema per ribadire<strong>la</strong> preoccupazione per l’espandersi deldominio onnipervasivo del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> eper l’inadeguatezza del pensiero a pensarequesto dominio.Egli avvertiva che, pur essendosi incamminatosul giusto sentiero non poteva andaremolto avanti; poteva indicare solouna direzione di marcia che non era quel<strong>la</strong>“trionfale” del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna. Nascecosì il “domandare” di <strong>Heidegger</strong> sulsignificato dell’essenza del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna.“A-létheia” = “dis-ve<strong>la</strong>mento”Per cercare di dare una risposta al<strong>la</strong> domandasull’essenza del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> – dice<strong>Heidegger</strong> – bisogna stabilire un rapportolibero con <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>, sgombro cioè daidee precostituite.Non possiamo stabilire questo libero rapportocon <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> fino a che ci limitiamoa praticare <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>, ad accettar<strong>la</strong>con rassegnazione, ad esaltar<strong>la</strong> oppurea disprezzar<strong>la</strong>.Ma – osserva <strong>Heidegger</strong> – saremmo ancorpiù in suo potere se considerassimo<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> come qualcosa di “neutrale”.Questo – sottolinea <strong>Heidegger</strong> – ci renderebbeciechi di fronte al<strong>la</strong> essenzadel<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>, perché <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> non èmai neutrale.Spesso accade che, al<strong>la</strong> domanda: cosaè <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>?, si risponda che <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> èun’attività dell’uomo che crea dei mezziin vista di fini.Questa è <strong>la</strong> comune “definizione strumentale”del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>. Essa è straordinariamenteesatta, osserva <strong>Heidegger</strong>,ma l’esattezza non necessariamente è verità;bisogna andare oltre l’esattezza.Chiediamoci piuttosto: cosa è <strong>la</strong> strumentalità?Risposta: <strong>la</strong> strumentalità è ciò mediantecui qualcosa è “dis-ve<strong>la</strong>ta”.La strumentalità fa sì che qualcosa passidal<strong>la</strong> “non presenza” al<strong>la</strong> “presenza”.Ma – osserva <strong>Heidegger</strong> – il passare dal<strong>la</strong>“non presenza” al<strong>la</strong> “presenza” appartieneall’ambito di ciò che i greci chiamavano“alétheia” = “disve<strong>la</strong>mento”.“A-létheia” (“dis-ve<strong>la</strong>mento”) sarà resoin <strong>la</strong>tino con “veritas”, termine che occultaproprio l’etimologia essenziale del<strong>la</strong>paro<strong>la</strong> greca “a-létheia” (“dis-ve<strong>la</strong>mento”).Il <strong>la</strong>tino “veritas” avrà come garantisia il principio di non-contraddizione,sia <strong>la</strong> “adequatio intellectus rei”. “Alétheia”non ha questi garanti. Su ciòWerner Heisenberg – presente in sa<strong>la</strong> aMonaco di Baviera nel 1953 – probabilmenteannuiva.ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/0679


SCIENZA, TECNICA, STORIA & SOCIETÀAnche l’étimo del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “téchne” ciporta nel mondo del “dis-ve<strong>la</strong>mento”; “téchne”in greco vuol dire all’incirca: “intendersene”,“saperci fare”.Tecnica antica e <strong>tecnica</strong> modernaContro questa interpretazione del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>come “dis-ve<strong>la</strong>mento” – si chiede <strong>Heidegger</strong>– si potrebbe obiettare che siadatta solo al pensiero greco o al massimoal<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> artigianale, ma che nonsi adatta al<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna basata sullescienze.Ma – controreplica <strong>Heidegger</strong> – ci si èresi anche conto che proprio <strong>la</strong> fisica piùavanzata dipende in modo decisivo daapparecchiature tecniche sofisticate edal continuo “avanzamento” nel<strong>la</strong> costruzionedi tali apparecchiature, come adesempio i giganteschi acceleratori diparticelle, i megacomputer per simu<strong>la</strong>zioniecc.Il “disve<strong>la</strong>mento” come essenza del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong>vale quindi sia per <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> antica,sia per <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna.Ma allora in che cosa consiste <strong>la</strong> loro differenza?Il disve<strong>la</strong>mento effettuato dall’imposizionedel<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna è una provocazionedel<strong>la</strong> natura, <strong>la</strong> quale viene “forzata”a fornire “qualcosa”. Ad esempio,energia che come tale possa essereestratta e accumu<strong>la</strong>ta.Ma questo non valeva anche per l’anticomulino a vento?No, risponde <strong>Heidegger</strong>; le sue pale giravanosì spinte dal vento ed erano dipendentidal suo spirare. Ma l’antico mulino a ventonon metteva a disposizione le energie dellecorrenti aeree al fine di accumu<strong>la</strong>rle.Il Reno, <strong>la</strong> centrale elettricae il contadinoLa centrale idroelettrica non è costruitasul Reno come l’antico ponte di legno cheda secoli unisce una riva all’altra.Oggi è il fiume che è incorporato nel<strong>la</strong>costruzione del<strong>la</strong> centrale. Il Reno è ciòche ora – come fiume – è: produttore diforza idrica come conseguenza dell’esseredel<strong>la</strong> centrale elettrica. Il Reno poi èdiventato oggi anche una “cosa da impiegare”per le escursioni di turisti organizzatedall’industria delle vacanze.Il Reno, per <strong>Heidegger</strong>, oggi è sempremeno quello che, come fiume, era nell’innodi Hölderlin che porta il suo nome.La stessa cosa avviene con <strong>la</strong> terra cheun tempo il contadino coltivava, quandocoltivare voleva ancora dire accudiree curare. L’opera del contadino nonprovoca <strong>la</strong> terra del campo. Nel seminareil grano, il contadino affida le sementialle forze di crescita del<strong>la</strong> naturae veglia sul<strong>la</strong> loro crescita.Oggi, invece, <strong>la</strong> coltivazione dei campi èstata presa nel vortice di un modo di coltivazionecompletamente diverso, quelloche precetta <strong>la</strong> natura nel senso del<strong>la</strong>“provocazione” violenta,Il contadino non coltiva e accudisce più ilcampo. Il contadino – diventato “tecnicoiperspecializzato” addetto al funzionamentodi macchine gigantesche – fa muoverequeste macchine (estranee al<strong>la</strong> natura)che compiono soltanto operazioni meccanicheprogrammate su spazi immensie deso<strong>la</strong>ti. L’agricoltura è diventata industriameccanizzata dell’alimentazione.Il rapporto non è più fra uomo e natura,ma fra macchina e natura.Questa problematica è sotto il segno di quel<strong>la</strong>analoga di “Der Arbeiter” (1932) di ErnstJünger che <strong>Heidegger</strong> ben conosceva.La <strong>tecnica</strong> modernacome provocazione violentadel<strong>la</strong> naturaPer <strong>Heidegger</strong>, il disve<strong>la</strong>mento del<strong>la</strong> naturaottenuto con <strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna è unaprovocazione violenta del<strong>la</strong> natura, e ciòche è così disve<strong>la</strong>to non viene sùbito usatoin un impiego immediato ed esaustivo.80 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/06


SCIENZA, TECNICA, STORIA & SOCIETÀAnzi, ciò che viene disve<strong>la</strong>to – sottolinea<strong>Heidegger</strong> – viene <strong>la</strong>sciato lì al suo postoper un impiego differito nel tempo.Il “disve<strong>la</strong>to” dal<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna sitrasforma così in uno sterminato “fondoper l’impiego” a livello p<strong>la</strong>netario.“Fondo per l’impiego” – per <strong>Heidegger</strong> –è una espressione che dice molto di più edi diverso dalle espressioni correnti di“provvista” o di “scorta”.“Fondo per l’impiego” – avverte <strong>Heidegger</strong>– è nientemeno che il “modo di essere”che assume tutto ciò che – per operadel disve<strong>la</strong>mento provocante e violentodel<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna – passa dal<strong>la</strong>“non presenza” al<strong>la</strong> “presenza”.Avviene cioè che tutto il reale (e quinditutta <strong>la</strong> natura) perda per l’uomoogni altra possibile modalità di essere,diventando – soltanto e null’altro – cheun immenso “fondo per l’impiego” a livellop<strong>la</strong>netario per un uso indiscriminatodifferito nel tempo e nello spazio.Spengler (1880-1936) – anticipando <strong>Heidegger</strong>– aveva detto nel 1931: oggi non è piùpossibile guardare una cascata senza trasformar<strong>la</strong>immediatamente in kilowattora.Nell’età del<strong>la</strong> <strong>tecnica</strong> moderna il destinodel<strong>la</strong> natura sembra segnato, come quellodel<strong>la</strong> rana arlecchino.Passiamo adesso al<strong>la</strong> <strong>crisi</strong> <strong>ambientale</strong> e alsuo rapporto con il pensiero di <strong>Heidegger</strong>.Fine del<strong>la</strong> prima parteENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 5/0681

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