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TC gen 08.indd - Fraternità Sacerdotale di San Pio X

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E<strong>di</strong>toriale<strong>di</strong> don Davide PagliaraniCari Lettori,Durante gli ultimi mesi degli avvenimentisignificativi hanno attirato la nostraattenzione e il nostro interesse: ad esside<strong>di</strong>chiamo buona parte delle pagine <strong>di</strong>questo numero della nostra rivista.L’elemento che tra tutti balza <strong>di</strong> piùagli occhi è la pressoché universale reazionedegli episcopati contro la liberalizzazionedella Messa Tridentina. È bastatoun semplice gesto, preannunciato da tempo,<strong>di</strong>luito nei termini – senza peraltro l’intenzione<strong>di</strong> mettere in <strong>di</strong>scussione il Concilioin nessun modo – per provocare l’erezione<strong>di</strong> un muro. Perché?Vogliamo porci la domanda e cercareuna risposta realmente sod<strong>di</strong>sfacente, evitandole considerazioni scontate frutto dellacronaca e - talora - del pettegolezzo.A nostro parere vi è una risposta chesovrasta tutte le altre: il cattolicesimo ènella sua essenza la religione della crocee del Sacrificio, in quanto la Chiesa è natadalla croce <strong>di</strong> Nostro Signore e realizzala propria fecon<strong>di</strong>tà attraverso la croce <strong>di</strong>ogni battezzato. Non vi è nulla che esprimacosì perfettamente questo principio comela Messa <strong>di</strong> sempre: in essa ritroviamo letteralmenteil mistero del Calvario che continuaquoti<strong>di</strong>anamente attraverso i secoli equoti<strong>di</strong>anamente postula e rende possibilela nostra adesione incon<strong>di</strong>zionata ad esso.È solo nell’adesione a questo Mistero chepossiamo aderire a Nostro Signore: laMessa è l’unico mezzo veramente privilegiatoper assimilare Nostro Signore e peressere assimilati da Nostro Signore.Ora il Concilio, piaccia o no, hacreato un cattolicesimo dal quale la croce èin qualche modo scomparsa. Vocaboli comeabnegazione, rinuncia, spirito <strong>di</strong> sacrificio,mortificazione, espiazione, riparazione,sono rarissimi nel lessico contemporaneoe sono stati sostituiti con altri termini equin<strong>di</strong> con altri concetti chiave, del tipo:sussi<strong>di</strong>arietà, solidarietà, reciprocità,fratellanza, accoglienza, … Parole che allimite possono anche esprimere qualcosa <strong>di</strong>positivo, ma dalle quali il concetto <strong>di</strong> croceè sistematicamente assente. Per questoquelle parole, anche se belle, non possonoesprimere né produrre nulla <strong>di</strong> realmentebuono, poiché per un cristiano è la croce esolo la croce che rende feconde le nostreopere e la nostra stessa vita.A nostro avviso gli episcopati hannoben colto l’incompatibilità della spiritualitàe dell’ecclesiologia espresse nella Messa <strong>di</strong>sempre con la spiritualità e l’ecclesiologiaespresse nella Messa riformata, malgrado la<strong>di</strong>chiarata equivalenza dei due riti. La lororeazione smentisce ciò che hanno rispostoper anni: che il problema della riforma liturgicanon era altro che una banale questione<strong>di</strong> forme e <strong>di</strong> sensibilità.Il problema è quin<strong>di</strong> più complesso:è una questione <strong>di</strong> fede nel mistero dellacroce reso presente sull’altare e perpetuatodal sacerdozio cattolico fino alla fine deitempi, per trasformare le anime e per trasformarela società. Tutti i gran<strong>di</strong> miti delConcilio sono messi in <strong>di</strong>scussione se siaccetta questo principio; se infatti la croce <strong>di</strong>Nostro Signore continua ad essere presentenella Storia, non è possibile salvarsi senzaabbracciarla; se attorno al Suo sacrificiopresente sugli altari si gioca il destino dellasocietà e dell’umanità, questa non può piùpretendere <strong>di</strong> esserGli in<strong>di</strong>fferente in nomedella laicità o della libertà <strong>di</strong> coscienza.Il <strong>di</strong>sprezzo della Messa Tridentinaè in<strong>di</strong>ce del <strong>di</strong>sprezzo della croce e dellaspiritualità della croce che il Concilio hainoculato nelle anime dei cristiani a cominciareda quelle dei vescovi.È un <strong>di</strong>sprezzo purtroppo analogo aquello che Lutero aveva per il <strong>San</strong>to Sacrificiodella Messa. Il monaco apostata e infedelenon poteva tollerare che si riattualizzasseogni giorno sull’altare la Passione <strong>di</strong>Nostro Signore; quel sacrificio quoti<strong>di</strong>anogli ricordava ciò che la sua vita avrebbeE<strong>di</strong>toriale3La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


dovuto essere in conformità con quella <strong>di</strong>Nostro Signore, sacerdote e vittima: «Tuttii postriboli, gli omici<strong>di</strong>, i furti, gli assassiniie gli adulteri sono meno malvagi <strong>di</strong>quell’abominazione che è la messa dei papi[…]. Chiamiamola bene<strong>di</strong>zione, eucaristia,mensa del Signore o memoriale del Signore.Le si <strong>di</strong>a qualunque altro nome, purché nonla si macchi col nome <strong>di</strong> sacrificio» (Lutero,Omelia della I dom. <strong>di</strong> Avvento).Invitiamo infine tutti i lettori a coglierel’importanza della <strong>di</strong>mensione dottrinaledella nostra battaglia e soprattutto dellasua necessità per il bene delle anime edella chiesa.Infatti la vita spirituale è impossibilesenza dottrina. È solo nel conoscere intimamenteNostro Signore che l’anima puòaccendersi dal desiderio incon<strong>di</strong>zionato <strong>di</strong>imitarLo e <strong>di</strong> seguirLo. Qualunque cosaostacoli questa conoscenza piena e questocontatto <strong>di</strong>retto con Nostro Signore è dacombattersi come la peggiore delle pesti,anche se si chiamasse libertà o modernità.Difendere la verità significa <strong>di</strong>fendereCristo stesso. Far conoscere la verità significafar conoscere Cristo stesso. Amare laverità significa amare Cristo stesso.Se Nostro Signore è veramente tutto pernoi, questa battaglia non ci stancherà mai.Quando poi qualche segno <strong>di</strong> stanchezzasi presenterà, ci ricorderemo sempredelle parole <strong>di</strong> Colui che veglia incessantementesu <strong>di</strong> noi e che ci ha promesso <strong>di</strong>non abbandonarci mai: «Venite a me voitutti che siete affaticati e oppressi e io viristorerò. Prendete su <strong>di</strong> voi il mio giogo eimparate da me che sono mansueto e umile<strong>di</strong> cuore, e voi troverete riposo per le vostreanime; poiché il mio giogo è dolce e il miocarico leggero» (Mt 11, 30).1858-2008150° Anniversario delle Apparizionimariane a LourdesPellegrinaggio internazionalea Lourdesorganizzato dalla <strong>Fraternità</strong> <strong>San</strong> <strong>Pio</strong> Xda venerdì 24 a lunedì 27 ottobre 2008Per esi<strong>gen</strong>ze <strong>di</strong> carattere tecnico, al momento è possibile fornire solo una bozza <strong>di</strong>programma, ma seguirà a breve tutto il dettaglio. Si invitano le persone interessatea valutare concretamente - seppur, per il momento, senza impegno - la loro<strong>di</strong>sponibilità a prender parte a questo importante appuntamento con l’ImmacolataConcezione, e ad informare <strong>di</strong> conseguenza i sacerdoti dei priorati. In base alleadesioni si potranno definire i costi. Il programma <strong>di</strong> massima è il seguente:• Venerdì 24 ottobre 2008 partenza del volo da Roma e Milano;• Sabato 25 ottobre 2008 Via Crucis, Messa solenne, adorazione Eucaristica,processione notturna;• Domenica 26 ottobre 2008 Messa solenne, processione Eucaristica per levie della città, bene<strong>di</strong>zione Eucaristica dei malati;• Lunedì 27 ottobre 2008 Messa, ad<strong>di</strong>o alla Grotta. Volo <strong>di</strong> rientro a Roma e Milano.Sarà attivato un call-center (telefonico) per fornire tutte le informazioni necessarie,mentre è già operativa una casella <strong>di</strong> posta elettronica: lourdes2008@bluewin.chLa Tra<strong>di</strong>zioneCattolica4


A proposito delle dueermeneutiche del Vaticano II:mito o realtà?<strong>di</strong> Matteo DʼAmicoIl paradosso <strong>di</strong> un Concilio che avrebbedovuto “parlare” un linguaggio nuovoper essere più comprensibile all’uomomoderno e che invece, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> oltrequarant’anni, si trova ancora ad essereoggetto <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sputa irrisolta sulla suacorretta interpretazione.DottrinaSiamo tutti ormai abituati a sentirparlare delle “due ermeneutiche <strong>di</strong> VaticanoII”, ovvero delle due interpretazioni deitesti conciliari che si sono combattutenel sofferto periodo del post-Concilio,nel tentativo <strong>di</strong> imporre due letture molto<strong>di</strong>verse, se non opposte, degli stessidocumenti.L’ERMENEUTICA DELLAROTTURALa prima lettura sarebbe quellaprogressista, incarnata in Italia, in modoparticolare, dalla scuola <strong>di</strong> Bologna, erededella tra<strong>di</strong>zione dossettiana. È questa laprospettiva che potremmo convenzionalmentedefinire come rivoluzionaria, quellacioè che enfatizza i tratti <strong>di</strong> rottura, anchedrastica, del Vaticano II con la Chiesa preconciliareo, tout court, con la Chiesa <strong>di</strong> <strong>Pio</strong>XII: su alcuni temi chiave (primato petrino,poteri del Vescovo, sacerdozio, libertàreligiosa, ecumenismo, il ruolo del popolo<strong>di</strong> Dio, matrimonio e morale sessuale, liturgia)ma in definitiva sul grande tema che lisintetizza e li riassume tutti - l’ecclesiologia- il Concilio avrebbe permesso una “nuovaPentecoste”, una rifondazione ra<strong>di</strong>caledella Chiesa, una sua purificazione dalletante macchie che ne deturpavano il voltoe ne ostacolavano l’apostolato. La nuovaChiesa sarebbe una Chiesa più spirituale,Don Giuseppe Dossetti, maestro della “scuolabolognese”.più pneumatica, già tutta implicitamenteraccolta nel celebre <strong>di</strong>scorso conclusivo delConcilio <strong>di</strong> Paolo VI e nella “simpatia” peril mondo moderno e la sua cultura negatrice<strong>di</strong> Dio ivi manifestata. L’ecclesiologiasottesa all’ermeneutica della rottura haavuto e ha come suo asse strategico quellache chiamerei la laicizzazione del clero ela clericalizzazione del laicato cattolico,alla luce <strong>di</strong> una (rovinosa, a nostro modo<strong>di</strong> vedere) utopia: il pensare che la via peruna ripresa del fervore e dell’intensità nellavita <strong>di</strong> fede (l’uscita cioè dalla sindromedel cosiddetto “cinquantismo”) consistessenel confondere prima, e nell’infrangerepoi del tutto i confini fra clero, consacratie laici, fino a sovrapporre i due mon<strong>di</strong> ea farne infine un’unica in<strong>di</strong>stinta realtàagerarchica, egualitarista e gnosticamenteiperdemocratica. In questa prospettiva5La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


andavano e vanno virtuosamente messi incrisi alcuni aspetti teologicamente centralie simbolicamente decisivi della “vecchia”Chiesa: il celibato dei preti e il potere <strong>di</strong>Pietro e dei Vescovi. È però anche evidenteche in tale prima ermeneutica la nuova idea<strong>di</strong> “popolo <strong>di</strong> Dio” non avrebbe potutoimporsi se non passando anche attraversola desacralizzazione della S. Messa, troppochiaramente evocante, nel Messale <strong>di</strong> san<strong>Pio</strong> V, la maestà <strong>di</strong> Dio e la regalità <strong>di</strong>Nostro Signore Gesù Cristo.Nella prospettiva dossettiana, chestiamo evocando per sommi tratti, la nuovaChiesa post-conciliare è pensata come veranella misura in cui trova la sua norma <strong>di</strong>significato nei valori emersi con l’Illuminismo,con la Rivoluzione francese e conle istanze politiche socialiste e democratico-liberalimoderne. La salvezza non èpiù pensata come realtà, in ultima istanza,soprannaturale, come il risultato cioè dell’operaredella Grazia e del libero cooperaread essa del battezzato; ma, alla luce <strong>di</strong>un processo - non importa se solo implicito- <strong>di</strong> immanentizzazione dell’éschatoncristiano, come prassi politico-socialeintramondana <strong>di</strong> redenzione dell’umanitàdalla guerra, dalle ingiustizie, dallapovertà, dalle <strong>di</strong>visioni, dalla mancanza<strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti o <strong>di</strong> lavoro. La salvezza <strong>di</strong>vienecosì il risultato della prassi dell’uomo,della quale Gesù <strong>di</strong>viene solo il simboloperfetto o l’archetipo umano, e la Chiesasi pensa come l’avanguar<strong>di</strong>a cosciente epiù illuminata <strong>di</strong> questo processo. Talemessianesimo secolarizzato rappresentaperò, non si può non notarlo, una formaviolenta e insi<strong>di</strong>osissima <strong>di</strong> giudaizzazionedel cristianesimo, ed è questo che spiegala subor<strong>di</strong>nazione teologica e teoretica, inparticolare a partire dal pontificato <strong>di</strong> GiovanniPaolo II, della Chiesa alla Sinagoga,e la grottesca centralità <strong>di</strong> Auschwitz nellariflessione teologica cattolica dell’ultimoquarantennio.Per l’ermeneutica della rottura (odella rivoluzione) la crisi della Chiesa nelpost-concilio non è fattore preoccupanteper due motivi: come ogni visione rivoluzionariadella storia essa si regge sullaconvinzione che la <strong>di</strong>struzione del passatoe <strong>di</strong> ogni suo segno sia la con<strong>di</strong>zionein<strong>di</strong>spensabile all’instaurarsi del MondoNuovo, alla piena incarnazione del Benenella storia, anzi coincida con l’avventostesso del mondo utopico che il rivoluzionariosogna. In secondo luogo le formeche stanno soccombendo o estinguendosi(sacerdozio ministeriale, clausura e monachesimo,liturgia, confessione, autoritàdei Vescovi, scuole cattoliche, etc.) eranopesantemente imperfette e impe<strong>di</strong>sconocon il loro permanere il pieno sbocciaredella nuova chiesa pneumatica racchiusaesotericamente nei testi <strong>di</strong> Vaticano II. Sela Chiesa era malata, la sua attuale crisi è inrealtà un segno <strong>di</strong> guarigione e <strong>di</strong> rinascita,e non è per mala fede che non bisognalamentarsene o parlarne (si sa che c’è lacrisi, ma si sceglie tatticamente <strong>di</strong> non<strong>di</strong>rlo), ma perché realmente si pensa chenon stia accadendo nulla <strong>di</strong> negativo.Resistere nella <strong>di</strong>fesa delle “vecchieforme”, ormai patetiche, <strong>di</strong> manifestazionedella fede, non è fare katéchon, cioè trattenereil <strong>di</strong>lagare dell’errore e dell’iniquità,ma impe<strong>di</strong>re l’avvento chiliastico dell’etàdello Spirito <strong>San</strong>to.Chi chiede, sulla scia del Card.Martini, un Concilio Vaticano III, chiedeappunto che si ratifichi essotericamente,cioè pubblicamente, la “nuova chiesa”annunciata in modo ancora oscuro ed equivoco- dagli iniziati e per gli iniziati - neitesti <strong>di</strong> Vaticano II.L’ermeneutica della rottura è fondata,inevitabilmente, su una teologia <strong>di</strong> ispirazionepienamente modernista, ovvero sottomessaalla filosofia, all’antropologia e allafilosofia della politica moderne e, dunque,non vede alcun problema nel parlare <strong>di</strong>rottura, <strong>di</strong> superamento, <strong>di</strong> rivoluzione, <strong>di</strong>cambiamento a livello magisteriale, teologico,dogmatico o morale: l’essenza dellacultura moderna, infatti, è la negazionedell’idea stessa <strong>di</strong> immutabilità ed eternitàdella Verità, e quin<strong>di</strong> il rifiuto, in <strong>gen</strong>erale,del fatto che i problemi possano essereposti in termini <strong>di</strong> verità o falsità, ovvero<strong>di</strong> non contrad<strong>di</strong>ttorietà. Ma se l’essenzadella modernità è dunque la negazione dellaLa Tra<strong>di</strong>zioneCattolica6


verità in <strong>gen</strong>erale (che, se è, è immutabilmenteed eternamente uguale a se stessa),allora la sua essenza è la negazione delVerbo, la negazione <strong>di</strong> Dio: l’ateismo.Ora è evidente, sul piano teologico,che l’ermeneutica della rottura è insostenibile,perché se, per assurdo, potesse valere,ciò significherebbe che per quasi duemilaanni la Chiesa ha insegnato l’errore - il cheè impossibile stante la sua santità e infallibilità- o che una verità <strong>di</strong> fede, un dogma,può mutare, il che è assurdo già solo sulpiano logico. La “rottura” significherebbe<strong>di</strong> fatto che la Chiesa non è un’istituzione<strong>di</strong>vinamente fondata e che la fede cristianaè quin<strong>di</strong> falsa. Sostenere formalmenteun’ermeneutica della rottura implica quin<strong>di</strong>la per<strong>di</strong>ta della fede, significa, de facto, giàessere fuori della Chiesa.L’ERMENEUTICA DELLACONTINUITÀQuella che ci viene presentata comeermeneutica della continuità mira invecea proporre la tesi che fra la grande Tra<strong>di</strong>zione,il Magistero precedente al ConcilioVaticano II, e le dottrine sostenute durantee dopo il Concilio, non vi sia alcuna frattura,alcuna <strong>di</strong>scontinuità; anzi, il Concilioandrebbe tutto letto e interpretato alla lucedella Tra<strong>di</strong>zione, come sviluppo omo<strong>gen</strong>eodel dogma, come aggiornamento e riproposizionedelle stesse verità in un linguaggio esecondo modalità culturali adatte all’uomomoderno. Secondo questa prospettiva nonc’è stato alcun salto, alcuna frattura qualitativadecisiva fra il Magistero preconciliaree il Magistero conciliare e post-conciliare.In questa prospettiva, infatti, vi è statasolo, da parte <strong>di</strong> alcuni teologi o uomini<strong>di</strong> Chiesa, l’applicazione <strong>di</strong> una cattivaermeneutica, che ha <strong>di</strong>storto lo spirito e lalettera del Vaticano II e che ha <strong>di</strong>sorientatoi fedeli, facendo appunto credere loro checi si trovasse <strong>di</strong> fronte a una Chiesa nuova,e non semplicemente rinnovata.L’ermeneutica della rottura viene quiastrattamente condannata come erronea,senza però - la cosa va notata con moltaattenzione - che vengano presi provve<strong>di</strong>menti<strong>di</strong>sciplinari contro i suoi sostenitoriNel suo libro “I princìpi della teologia cattolica”l’allora Car<strong>di</strong>nale Ratzinger non esitava a definirela Gau<strong>di</strong>um et spes (assieme ai testi conciliari sullalibertà religiosa e sulle religioni del mondo) comeuna «...revisione del Sillabo <strong>di</strong> <strong>Pio</strong> IX, una sorta<strong>di</strong> contro-sillabo». Allora: rottura o continuità?da parte dell’episcopato e delle autoritàromane.L’aderire all’ermeneutica della continuitàè scelta comprensibile e propria,tendenzialmente, <strong>di</strong> persone pie e oggettivamentedesiderose <strong>di</strong> fare il bene dellaChiesa, anzi spesso mosse da un sincerozelo religioso e da un’intensa vita <strong>di</strong> pietà.Ma un prezzo molto alto non può non esserepagato anche da chi adotta questa strategiainterpretativa, quando la <strong>di</strong>struzione dellaChiesa passa soprattutto attraverso glistessi uomini <strong>di</strong> Chiesa. Infatti in questaprospettiva lentamente, giorno dopo giorno,verranno accettate anche le dottrine o lepratiche che più ripugnano a un sentireveramente cattolico: prima le si tollereràa malincuore, poi ci si abituerà ad esse,quin<strong>di</strong> le si accetterà con convinzione,<strong>di</strong>minuendo l’intensità della battaglia controle novità che <strong>di</strong>struggono la fede, cedendointeriormente sul piano delle forme culturalie delle modalità <strong>di</strong> pensiero filosoficosottese alla nuova teologia eterodossa;infine convincendosi che davvero non vi ènulla <strong>di</strong> negativo nella dottrina modernistaprofessata ormai universalmente da interiepiscopati, da moltitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> sacerdoti. Difronte a vere eresie o alle posizioni piùestreme non ci si scandalizzerà, rifiutando<strong>di</strong> vedere in queste posizioni il risultato delConcilio, il suo esito inevitabile, ma rifu-Dottrina7La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


giandosi nel mito <strong>di</strong> interpretazioni che nehanno <strong>di</strong>storto il significato o che ne hannofrainteso la mens.Sono facili da in<strong>di</strong>viduare gli ambitidottrinari nei quali lentamente il seguace<strong>di</strong> questa ermeneutica si allinea con convinzionealla nuova dottrina: ecumenismo,libertà religiosa e concezione liberale delrapporto Chiesa/Stato, morale matrimoniale.La carità, in tal modo, inevitabilmentesi raffredda.Se nel caso dell’ermeneutica dellarottura il rischio è la per<strong>di</strong>ta della fede, nelcaso dell’ermeneutica della continuità ilpericolo è rinunciare al principio <strong>di</strong> non contrad<strong>di</strong>zione,a ogni rigore logico, a pensarein modo corretto, perché devo, orwellianamente,convincermi che siano la stessa cosa,cose poste fra loro in un rapporto formale <strong>di</strong>contrad<strong>di</strong>ttorietà, come l’ecumenismo postconciliaree la condanna dell’ecumenismodei Papi precedenti, la visione tra<strong>di</strong>zionaledel rapporto con l’ebraismo e la nuova concezioneeterodossa del “<strong>di</strong>alogo” ebraicocristiano,la condanna della libertà religiosae del liberalismo del Sillabo e la nuovaconcezione cattolico-liberale della politica.Si è in tal modo costretti a un degrado delpensiero che non può, nel lungo periodo,non incidere sulla vita <strong>di</strong> fede.Inoltre, in tale prospettiva si rinuncia,o meglio, si evita <strong>di</strong> mettere l’accentosulla crisi della Chiesa; la si minimizza,non se ne parla, per l’ovvio motivo chesi è escluso, in linea <strong>di</strong> principio, che lacrisi possa essere originata dal VaticanoII. Sulle (poche) riviste cattoliche più <strong>di</strong>“destra”, segretamente avverse alle novitàconciliari, ma legate all’ermeneutica dellacontinuità, si troveranno articoli splen<strong>di</strong><strong>di</strong>(e pur lodevoli e necessari) contro il comunismoo contro l’aborto, ma a nessun costosi oserà parlare dei limiti del Concilio, dellaeterodossia <strong>di</strong> tante prese <strong>di</strong> posizione daparte della gerarchia successiva al Concilio,delle posizioni a volte palesemente eretiche<strong>di</strong> sacerdoti o teologi cattolici; mai si troveràla condanna <strong>di</strong> una presa <strong>di</strong> posizioneo <strong>di</strong> una <strong>di</strong>chiarazione gravemente erroneada parte <strong>di</strong> un Vescovo o <strong>di</strong> un Car<strong>di</strong>nale:la crisi verrà proiettata psicoticamentesul mondo, sulla secolarizzazione, sullaicismo, sulla cultura <strong>di</strong> sinistra, <strong>di</strong>menticandoche il trionfo <strong>di</strong> queste posizionianticristiane in paesi cattolici da quin<strong>di</strong>ci ose<strong>di</strong>ci secoli è l’effetto, e non la causa dellacrisi; <strong>di</strong>menticando che, nel meccanismoad orologeria messo a punto nelle Logge enei circoli più esclusivi del potere, le leggia favore del <strong>di</strong>vorzio, dell’aborto, dellapornografia, dell’omosessualismo, e controogni principio d’or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> autorità, sonostate fatte passare in tutti i paesi <strong>di</strong> anticatra<strong>di</strong>zione cristiana nel decennio successivoa Vaticano II, perché per i nemici dellaChiesa è stato fin troppo chiaro che con ilConcilio la Chiesa - o meglio, gli uomini<strong>di</strong> Chiesa che la rappresentavano in quelmomento - rinunciava a combattere controil mondo e contro la sua perversità.In questa prospettiva, per non smentirel’assurdo mito della continuità fraTra<strong>di</strong>zione e Concilio, <strong>di</strong> tutti i documentidel Concilio e successivi, si fanno esegesimirate a valorizzare in ogni modo lacoerenza fra l’insegnamento <strong>di</strong> sempree le nuove dottrine che vengono professate,estrapolando elementi comuni e nonmettendo mai l’accento sulle sostanziali<strong>di</strong>fferenze, sia nella lettera, che nello spirito,che <strong>di</strong>vidono e <strong>di</strong>fferenziano in modoirriducibile Tra<strong>di</strong>zione e Vaticano II.La crisi imbarazza, infatti è lei lavera prova che il Concilio non solo nonL’impossibile tentativo <strong>di</strong> conciliare due cose inconciliabili:o si rinuncia alla fede o si rinuncia alla ragione.La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica8


è stato fecondo, ma ha <strong>gen</strong>erato un crollosenza precedenti nella vita <strong>di</strong> fede, nellapratica dei sacramenti, nelle vocazioni,negli Or<strong>di</strong>ni religiosi, nella prassi liturgica.Ammettere o sottolineare la crisi implicherebbeinterrogarsi sulla presunta continuitàfra Vaticano II e Magistero precedente. Intal modo ci si pone in un vicolo cieco: da unlato appunto, si minimizza o si nega la crisi;dall’altro, quando la si ammette, si rinunciaa spiegarla nell’unico modo sensato,ovvero riconducendola al Concilio e allasua sottile, ma pervasiva, eterodossia.Insomma o si rinuncia alla fede, o sirinuncia alla ragione.PERCHÉ DUE ERMENEUTICHE?Siamo pronti ad accedere a una primasintesi, e lo facciamo interrogandoci suquali siano le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> possibilità delpermanere all’interno della Chiesa, per benquarant’anni, <strong>di</strong> due ermeneutiche fra lorora<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>verse.Infatti è cosa normale che dopo unConcilio si <strong>di</strong>a una fase attuativa in cuiapposite commissioni sono investite ufficialmentedel compito <strong>di</strong> risolvere i punti<strong>di</strong> più <strong>di</strong>fficile interpretazione e <strong>di</strong> darerisposta ai dubbi e alle domande che unaparte dell’episcopato o del clero può manifestare;e ben presto, del resto, l’eserciziodel magistero, in tutti i suoi possibili gra<strong>di</strong><strong>di</strong> autorevolezza, concorre a imprimereuna chiara - e univoca - interpretazioneai testi conciliari: Roma locuta... Il Magisteropapale, come norma prossima dellaRivelazione (Sacra Scrittura e Tra<strong>di</strong>zione),deve svolgere proprio, e innanzitutto,questo compito: impe<strong>di</strong>re che si insinuinoelementi eterodossi, o erronei, o ereticinell’interpretazione teologica dei testidella Tra<strong>di</strong>zione, inclusa <strong>di</strong> quella eventualmenterappresentata da un recenteo dall’ultimo Concilio. Ma la stabilizzazioneteologica delle interpretazioni <strong>di</strong> unConcilio non può durare quarant’anni edessere ancora in pieno svolgimento (sembrainfatti <strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong> fronte a un’ermeneuticainfinita e a un conflitto irrisolvibile frainterpretazioni opposte nel caso dell’ultimopost Concilio).Lo storico Alberto Melloni, esponente <strong>di</strong> spicco dellascuola bolognese e dell’“ermeneutica della rottura”.Ciò che sta accadendo è chiaramenteuno dei segni - e uno dei più importanti- della attuale crisi della Chiesa; infatti ilMagistero da norma prossima della Rivelazione,sta <strong>di</strong>ventando “norma prossimadella norma prossima”: sta ormai esercitandosisterilmente su se stesso; non sta piùinterpretando la Rivelazione, ma la propriastessa interpretazione, sullo sfondo <strong>di</strong> undubbio scettico circa la propria competenzaal riguardo. Ma un magistero così intesonon è più Magistero: ripiegandosi trascendentalmente,dubitativamente, in modointerlocutorio, <strong>di</strong>alogico e circolare su sestesso, e non su tutta la grande Tra<strong>di</strong>zione,si trasforma gradualmente in un gesto vagoe incerto, affascinante, forse, sul piano culturale,ma incapace <strong>di</strong> guidare e orientare ifedeli. Inoltre va osservato che, essendocidue visioni opposte del Vaticano II, chesi escludono reciprocamente, almeno unadelle due dovrebbe apparire all’autoritàpontificia non solo <strong>di</strong>versa dall’unicaortodossa, ma, appunto, del tutto erroneae pericolosa per la fede. Ora, ad un errorenon si può opporre solo l’interpretazionecorretta, perché ciò non è sufficiente a sra<strong>di</strong>carel’errore stesso; se chi sbaglia rifiuta<strong>di</strong> recedere dal suo errore, dovrebbe esserenecessario che venga colpito dai provve<strong>di</strong>mentie dalle sanzioni previsti dal Co<strong>di</strong>ce<strong>di</strong> Diritto canonico.Dunque l’innaturalità, l’anormalitàper la Chiesa <strong>di</strong> “due ermeneutiche”allegramente coesistenti da quarant’anni cicostringe a fare un altro passo in avanti.Dottrina9La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


OLTRE IL MITO DELLE“DUE ERMENEUTICHE”Abbiamo finora considerato in modoastratto il tema dell’ermeneutica del concilioVaticano II, accettando <strong>di</strong> porre il problemain termini <strong>di</strong> conflitto delle interpretazioni,<strong>di</strong> scontro fra opposte scuole <strong>di</strong> pensiero.Alcune precisazioni sono però doverose: inprimo luogo se da un punto <strong>di</strong> vista “accademico”è vero che ci sono due ermeneutiche,è soprattutto vero che l’ermeneuticavincente finora è risultata essere quella dellarottura; infatti, a livello del sentire ecclesialeme<strong>di</strong>o e vago, delle opinioni largamentemaggioritarie fra il popolo dei fedeli, delleconvinzioni sempre più ra<strong>di</strong>cate nel corposacerdotale siamo ormai <strong>di</strong> fronte - è dolorosodoverlo riconoscere - a una nuovachiesa, ove si è <strong>di</strong>ffuso un insieme <strong>di</strong> dottrinesempre meno riconoscibili come cattoliche.L’eterodossia in ogni campo e a tutti i livelliè ormai così <strong>di</strong>ffusa, da essere vissuta datutti come stato normale, e non gravementepatologico, della vita della Chiesa.Su materie decisive per la loro importanzadottrinale, come, ad esempio, la teologia delmatrimonio e la morale sessuale, la largamaggioranza dei fedeli (e parte del clero)<strong>di</strong>ssente dall’insegnamento della Chiesa,e agisce secondo personali ed eterodossevisioni, incurante <strong>di</strong> ogni autorità, convintache sia appunto la Chiesa a “essere in<strong>di</strong>etro”e a dover fatalmente mo<strong>di</strong>ficare la propriadottrina; ciò equivale a <strong>di</strong>re che il concetto<strong>di</strong> sacerdozio universale luterano e l’anarchismosettario protestante è ormai <strong>di</strong>ventatoun habitus proprio della maggioranzadei cattolici. Mentre dunque è sparuto eridottissimo il numero <strong>di</strong> coloro che si gingillanoaccademicamente con l’ermeneuticadella continuità, è <strong>di</strong> fatto materialmentetrionfante, nel cuore del popolo cattolico,l’ermeneutica della rottura. Non è dunquela “scuola <strong>di</strong> Bologna” che è causa delladeriva dottrinale: essa si limita a cavalcarneideologicamente la tigre e a seguire l’ondaneomodernistica che ha travolto, in realtà,la maggioranza degli uomini <strong>di</strong> Chiesa,vertici inclusi. Nella crisi senza precedentiche travaglia la Chiesa, non è <strong>di</strong>scettando<strong>di</strong> ermeneutiche e del loro valore che siuscirà dalla crisi stessa, ma denunciando leinterpretazioni eretiche o errate, escludendogli autori <strong>di</strong> esse da ogni ruolo ecclesiale oattività <strong>di</strong> insegnamento, abrogando i testiall’origine <strong>di</strong> tanta confusione, come laDignitatis Humanae o la Gau<strong>di</strong>um et Speso, soprattutto, la Nostra Aetate.L’infallibilità in materia <strong>di</strong> fede o <strong>di</strong>morale non è una prerogativa dei teologi <strong>di</strong>Tubinga, degli e<strong>di</strong>torialisti de La Repubblicao <strong>di</strong> Avvenire o <strong>di</strong> qualche “storico” dellascuola <strong>di</strong> Bologna, ma del Sommo Ponteficeromano, che è il Vicario <strong>di</strong> Nostro SignoreGesù Cristo sulla Terra e che, unico, hail potere, l’autorità, i mezzi, il dovere - el’assistenza dello Spirito <strong>San</strong>to - per <strong>di</strong>struggereinfallibilmente, l’eresia e l’errore eilluminare, quale faro <strong>di</strong> luce incorrotta, ilpopolo <strong>di</strong> Dio, il Nuovo Israele, la <strong>San</strong>taChiesa Cattolica.Il fatto che, dopo quattro decenni, sistia ancora <strong>di</strong>scutendo <strong>di</strong> quale sia l’ermeneuticagiusta del Vaticano II è la prova chein questi quarant’anni si è avuta solo l’apparenza<strong>di</strong> un’attività magisteriale, ma nonveri atti <strong>di</strong> Magistero; infatti, se è vero chevi sono due ermeneutiche in lotta fra loro,e se ammettiamo - come siamo costretti adammettere - che almeno una <strong>di</strong> esse è deltutto errata, non è possibile avere un atto <strong>di</strong>Magistero nemmeno autentico se lo stessonon è accompagnato, o non co-implica comea sé immanente, la condanna dell’errore chesarebbe necessario confutare. Ma gli errori- a partire, simbolicamente, dalla scandalosamancata denuncia della tirannia comunistadurante Vaticano II - dal Concilio in poi sonostati lasciati sussistere accanto all’insegnamento<strong>di</strong> Roma: ciò è sufficiente a falsificaretale insegnamento e a rivelarne il volto interlocutorioe non autentico, incerto e privo <strong>di</strong>una vera volontà <strong>di</strong> imporsi coercitivamente,con autorità in<strong>di</strong>scussa e universale, a tuttala Chiesa militante e ad ogni uomo.Dunque Pietro, che dal Concilio inpoi è stato e continua ad essere Pietro, purnon a<strong>gen</strong>do in quanto Pietro, da ora in poi -questo il nostro augurio e la nostra speranzapiù viva - non si limiti ad essere, ma agiscada Pietro: a tal fine, in quest’ora d’incertezzae <strong>di</strong> speranza, tutti abbiamo il dovere <strong>di</strong>pregare con rinnovato fervore.La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica10


Lo sgretolamentodellʼautorità del Concilio<strong>di</strong> don Davide PagliaraniA più <strong>di</strong> quarant’anni dalla suachiusura, torna ad essere <strong>di</strong> estremaattualità il <strong>di</strong>battito sull’ermeneutica delConcilio: proprio a questo problema eai suoi addentellati abbiamo de<strong>di</strong>cato lostu<strong>di</strong>o precedente a questo.In merito, vi è tuttavia una questionecruciale che va ripresa seriamente inconsiderazione: quale può essere l’autorità<strong>di</strong> un concilio la cui dubbia interpretazionecoinvolge la Chiesa in termini che vannoben al <strong>di</strong> là degli stu<strong>di</strong> accademici dellaScuola <strong>di</strong> Bologna?Infatti, se la tesi della rottura con ilmagistero precedente (scuola bolognese)fosse vera, ci troveremmo davantia due magisteri legittimi senza peròsoluzione <strong>di</strong> continuità tra i medesimi,il che significherebbe la nascita <strong>di</strong> unnuovo magistero e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una nuovachiesa; se invece la tesi “conservatrice”,tipicamente ratzingeriana, della continuitàtra la Chiesa tra<strong>di</strong>zionale e quella uscita dalConcilio fosse vera, ci troveremmo a doverconciliare l’inconciliabile: l’ecumenismo,la collegialità, la libertà religiosa,l’ecclesiologia moderna con il magisterotra<strong>di</strong>zionale; il tenore dogmatico dellamessa tridentina con il tenore dogmatico<strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Paolo VI e così via.Nel primo caso la Chiesa <strong>di</strong> sempresarebbe finita per sempre, cedendo il postoad una chiesa nuova; nel secondo caso laChiesa cattolica continuerebbe ad esistere,quantunque insegnando legittimamente esoprattutto magisterialmente il contrarioDottrina11La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


<strong>di</strong> quanto insegnava il magisterotra<strong>di</strong>zionale.La prima tesi afferma la verità quantoalla “rottura” tra i due magisteri, ma<strong>di</strong>struggerebbe l’indefettibilità della Chiesa,la quale sarebbe finita e ricominciata conuna nuova identità; la seconda salvacertamente l’indefettibilità della Chiesama - malgrado sforzi considerevoli - ècostretta a sospendere il principio <strong>di</strong> noncontrad<strong>di</strong>zione.LA SOLUZIONEPer uscire da questa impasse lasoluzione è solamente (è il caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo)lefebvriana: quel magistero conciliare che èriuscito ad imporsi come unica pietra angolare<strong>di</strong> tutto il plesso teologico, liturgico epastorale del postconcilio, in realtà non siè avvalso <strong>di</strong> quelle garanzie soprannaturaliche rendono il magistero della Chiesarealmente tale, contrad<strong>di</strong>stinguendolo dasemplici affermazioni aventi altro valore,altra portata e altri obiettivi.Questa spiegazione non è certamentenuova, ciò che è nuovo sono le ammissionioneste e autorevoli <strong>di</strong> un porporato <strong>di</strong>peso, già Arcivescovo <strong>di</strong> Bologna e giàpapabile: il Car<strong>di</strong>nal Biffi. È alla luce dellesue recenti affermazioni sull’autorità delConcilio che vorremmo riflettere su questoproblema cruciale.Tuttavia prima <strong>di</strong> prendere in esame leaffermazioni del car<strong>di</strong>nal Biffi, è necessariofare un passo in<strong>di</strong>etro per vedere ciò cheil Concilio stesso aveva affermato circal’autorità e la portata vincolante dei propridecreti.LE NOTIFICAZIONI DELSEGRETARIO DEL CONCILIOA più riprese il Concilio avevadovuto interrogarsi ed esprimersi circa ilvalore dogmatico dei propri decreti, segnoevidente <strong>di</strong> un dubbio e <strong>di</strong> un malessere <strong>di</strong>cui i Padri conciliari non facevano mistero,ben coscienti del carattere decisamenteatipico dell’assise conciliare.Una prima <strong>di</strong>chiarazione ufficialedella Commissione dottrinale su questopunto, datata 6 marzo 1964, fu ripresa piùvolte dal Segretario <strong>gen</strong>erale del Conciliomons. Pericle Felici; in particolare il16 novembre 1964 (circa un quesito sulvalore dogmatico della Lumen <strong>gen</strong>tium) eil 15 novembre 1965 (in occasione <strong>di</strong> unequivalente quesito sulla Dei verbum).Di quest’ultima notificazione -equivalente alle altre - trascriviamo iltesto integrale:«È stato chiesto quale debba esserela qualificazione teologica della dottrinaesposta nello schema della Costituzionedogmatica sulla Divina Rivelazione esottoposta alla votazione. A questo quesitola Commissione sulla dottrina della fedee dei costumi ha dato questa rispostasecondo la propria Dichiarazione del 6Marzo 1964:“Conformemente al costume deiconcili e alla finalità pastorale del presenteconcilio, questo santo sinodo definiscecome vincolante la Chiesa solo ciò che,in materia <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> costumi, esso avràesplicitamente <strong>di</strong>chiarato tale”.“Le altre cose che il santo Sinodopropone, in quanto dottrina del Magisterosupremo della Chiesa, tutti e singoli i fedelicristiani devono accoglierle e ritenerlesecondo la mente dello stesso santo sinodo,la quale si manifesta sia dalla materia trattatasia dal tenore dell’espressione verbale,conforme alle norme <strong>di</strong> interpretazioneteologica”» (AAS, 1966 pag. 836).Le reiterate domande dei Vescoviunitamente alle reiterate risposte sullaqualificazione teologica dei testi conciliariin<strong>di</strong>cano chiaramente che i Padri stessierano coscienti <strong>di</strong> trovarsi davanti adun magistero sui <strong>gen</strong>eris, sul cui valorevincolante non poterono fare a meno <strong>di</strong>interrogarsi, ben prima della <strong>Fraternità</strong><strong>San</strong> <strong>Pio</strong> X.Di primo acchito ci si rende conto <strong>di</strong>essere ben lontani dall’accettazione acriticaed entusiastica che ha fatto del Concilio unsuperdogma, talmente vincolante da zittirenon solo qualunque obiezione ma lo stessomagistero precedente della Chiesa.Se poi ci si addentra in unesame dettagliato dei testi conciliari,domandandosi cosa il Concilio stesso abbiaLa Tra<strong>di</strong>zioneCattolica12


“esplicitamente <strong>di</strong>chiarato vincolante laChiesa”, la risposta è, in pratica: nulla, senon ciò che era già stato <strong>di</strong>chiarato tale dalMagistero precedente. E d’altra parte nonpoteva che essere così “secondo la mentedel santo Sinodo”.La finalità stessa del Concilio, infatti,convocato con l’intento esplicito( 1 ) <strong>di</strong> nondefinire verità <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> non condannareerrori (Cfr. Gaudet Mater Ecclesia),inaugurava un magistero nuovo nel suometodo e nel suo approccio, prima ancorache nei suoi contenuti: un magistero chein ultima analisi non voleva più essereun atto <strong>di</strong> insegnamento vincolante, bensìun atteggiamento nuovo verso il mondo,un modo <strong>di</strong> presentare la Chiesa sotto unprofilo non più strettamente dottrinale mapiuttosto esistenziale, calato nel concreto,nella vita, nel quoti<strong>di</strong>ano. Si trattava infatti<strong>di</strong> comunicare uno spirito completamentenuovo, piuttosto che contenuti dogmatici:lo spirito del Concilio.Il Concilio Vaticano II convocato,secondo l’esplicita intenzione del Ponteficeche lo in<strong>di</strong>sse, non per definire dei dogmi,per rime<strong>di</strong>are a degli errori o per condannaredelle deviazioni dottrinali, come nelpassato, bensì per relazionarsi al mondomoderno, prescinde dall’intento <strong>di</strong> imporredeterminate verità come de fide o derivantidalla fede stessa: questo però significaastenersi dall’insegnamento nel sensooggettivo, tra<strong>di</strong>zionale e magisteriale deltermine. È precisamente per questo intentodecisamente originale per un Concilio edavulso dalla Tra<strong>di</strong>zione, che il Conciliostesso si è privato - a nostro avviso - <strong>di</strong>quell’assistenza dello Spirito <strong>San</strong>to chene avrebbe garantito l’infallibilità degliasserti, i quali - <strong>di</strong> fatto - non sono piùinsegnamenti. Si noti bene che in questaprospettiva il Vaticano II non risulta privodell’infallibilità a posteriori, cioè peril fatto che in esso sono presenti deglierrori; piuttosto è il fatto che esso nonsi sia avvalso a priori dell’infallibilità, acausa <strong>di</strong> un’intenzione oggettivamente nonconnaturale all’intenzione <strong>di</strong> un Conciliodella Chiesa, che permette la presenza <strong>di</strong>tali errori.In altri termini la nostra argomentazionenon consiste in un esame degli erroridel Concilio attraverso la quale inten<strong>di</strong>amometterne in <strong>di</strong>scussione l’autorità, inquanto non è possibile che nel Magisteroinfallibilmente assistito vi siano dellecontrad<strong>di</strong>zioni: non vogliamo assumereun atteggiamento nei confronti del Magisteroequivalente a quello dei protestantiverso la Sacra Scrittura, cioè una specie <strong>di</strong>libero esame; inten<strong>di</strong>amo semplicementeverificare se effettivamente tale Conciliocostituisca una atto del Magistero infallibile,ovvero sia altro.LE AFFERMAZIONI DELCARDINAL BIFFINel suo recente volume autobiografico,il Car<strong>di</strong>nale Biffi, attraverso un giu<strong>di</strong>zioestremamente lucido ed equilibrato sulConcilio, conferma con autorevolezzaquesta lettura che - lo ripetiamo - ci sembraessere l’unica possibile.«Giovanni XXIII vagheggiava unConcilio che ottenesse il rinnovamentodella Chiesa non con le condanne, macon la “me<strong>di</strong>cina della misericor<strong>di</strong>a”.Astenendosi dal riprovare gli errori, ilDottrina13La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


Padri conciliari a colloquio durante una pausa dei lavori.Concilio per ciò stesso [corsivo nostro]avrebbe evitato <strong>di</strong> formulare insegnamentidefinitivi, vincolanti per tutti. E <strong>di</strong> fatto cisi attenne sempre a questa in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong>partenza»( 2 ).Non possiamo che congratularcicon il Car<strong>di</strong>nale per la luci<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> questaaffermazione, che peraltro non è stata lasola ad aver attirato la nostra attenzione traquelle contenute nella sua autobiografia. Sitratta <strong>di</strong> un rilievo fondamentale, soprattuttoper il peso <strong>di</strong> quel «per ciò stesso» che sitrova nell’asserto. Per quale motivo?Perché, affermare un concettorifiutando categoricamente <strong>di</strong> negarnel’opposto, esclude qualunque volontà <strong>di</strong>considerare il concetto enunciato comedefinitivo e vincolante per le intelli<strong>gen</strong>ze.Questo non esclude che in seguitoun tale asserto possa essere imposto allevolontà in modo tale da non ammettere<strong>di</strong>scussioni (come <strong>di</strong> fatto avviene per idocumenti conciliari, da quarant’anni aquesta parte), ma tale imposizione non èin conseguenza dell’intrinseca ed assolutaverità dell’asserto, che richiederebbe«per ciò stesso» (cioè per un’esi<strong>gen</strong>zalogica) la condanna del contrad<strong>di</strong>ttorio,bensì per altri motivi contin<strong>gen</strong>ti,più o meno vali<strong>di</strong>: il <strong>di</strong>alogo con ilmondo moderno, i rapporti ecumenici,le relazioni internazionali (si veda ilcaso del “silenzio” sul comunismo), ilpoliticamente corretto, ecc…È dunque evidente che una taleprospettiva è estranea a quella presentetra<strong>di</strong>zionalmente nei Concili ecumenici dellaChiesa cattolica, la quale era chiaramentequella <strong>di</strong> «formulare insegnamentidefinitivi, vincolanti per tutti» e cheinvece il Papa che convocò il Vaticano IInon intese esplicitamente perseguire. Peresprimere una tale estraneità alle intenzionitra<strong>di</strong>zionali della Chiesa, venne escogitatal’etichetta <strong>di</strong> “concilio pastorale”, che ilCar<strong>di</strong>nal Biffi così commenta: «Io però,nel mio angolino (si trovava allora nellaParrocchia <strong>San</strong>ti Martiri Anauniani <strong>di</strong>Legnano, MI, n.d.A), sentivo nascere inme, mio malgrado, qualche <strong>di</strong>fficoltà. Ilconcetto mi pareva ambiguo, e un po’sospetta l’enfasi con cui la “pastoralità”era attribuita al Concilio in atto: si volevaforse <strong>di</strong>re implicitamente che i precedenticoncili non intendevano essere “pastorali”o non lo erano stati abbastanza? Non avevarilevanza pastorale il mettere in chiaro cheGesù <strong>di</strong> Nazaret era Dio e consostanzialeal Padre, come si era definito a Nicea?Non aveva rilevanza pastorale precisareil realismo della presenza eucaristica e lanatura sacrificale della Messa, come eraavvenuto a Trento? Non aveva rilevanzapastorale presentare in tutto il suo valoree in tutte le sue implicanze il primato <strong>di</strong>Pietro, come aveva insegnato il ConcilioVaticano I?»( 3 ).È evidente che la precisazione dellaverità e la condanna dell’errore non possonoche essere pastorali, in quanto confermanoi fedeli nella fede e li mettono al riparodall’eresia e da ogni sorta <strong>di</strong> errori. Dunque,come fa notare il Car<strong>di</strong>nale, ogni Concilioè pastorale. Quale dunque il motivo <strong>di</strong>definire il Vaticano II come conciliopastorale? «Si capisce – continua Biffi– che l’intenzione <strong>di</strong>chiarata era quella <strong>di</strong>mettere a tema lo stu<strong>di</strong>o dei mo<strong>di</strong> migliorie dei mezzi più efficaci <strong>di</strong> raggiungere ilcuore dell’uomo, senza per questo sminuirela positiva considerazione per il tra<strong>di</strong>zionalemagistero della Chiesa»( 4 ). Due elementifondamentali <strong>di</strong> quest’ultima affermazione:La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica14


1. l’intenzione <strong>di</strong>chiarata del Conciliosarebbe stata “originale”, estranea allasalvaguar<strong>di</strong>a del depositum ed alla condannadegli errori; 2. l’ammissione che il VaticanoII (nella fattispecie Giovanni XXIII che loconvocò) non volesse «sminuire la positivaconsiderazione per il tra<strong>di</strong>zionale magisterodella Chiesa» significa che detto Conciliosi è situato a fianco della tra<strong>di</strong>zione dei variConcili ecumenici e non necessariamente incontinuità con essi. Il Vaticano II si è infattilimitato a non sminuire quelli anziché porsiin perfetta continuità con essi.Sia dalle notificazioni <strong>di</strong> Pericle Feliciche dalle affermazioni del Card. Biffi sievince chiaramente che un’intenzioneparticolare, <strong>di</strong>versa dalla volontà <strong>di</strong>imporre un insegnamento, ha caratterizzatoil Concilio: <strong>di</strong> conseguenza le nostreconsiderazioni potrebbero terminare qui.Tuttavia prima <strong>di</strong> concludere cisembra interessante analizzare in qualitermini l’intenzione determini la natura <strong>di</strong>un atto umano e come - paradossalmente- Dio stesso sia il primo a tenerne conto.LA NECESSITÀ DELL’INTENZIONEDI INSEGNARE: PUNTO DI VISTAFILOSOFICOInterrogandosi circa il valore <strong>di</strong>un documento, occorre verificare qualeintenzione abbia avuto il Papa o il Concilionell’atto <strong>di</strong> insegnare, intenzione che si puòmanifestare sia attraverso delle formulemolto chiare (“Noi definiamo”, “Noi<strong>di</strong>chiariamo”,…), ma anche senza <strong>di</strong> esse.Che tale intenzione sia elementofondamentale e <strong>di</strong>rimente il valore <strong>di</strong> undocumento è stato sempre implicitamenteammesso o anche esplicitamente insegnato.Qual è il fondamento <strong>di</strong> una tale verità?Perché l’insistente richiamo all’intenzione<strong>di</strong> un insegnamento?È evidente che la questione haun’importanza capitale: da essa <strong>di</strong>pende iltipo <strong>di</strong> insegnamento e, in ultima analisi,l’esistenza stessa <strong>di</strong> un insegnamento.Quin<strong>di</strong> la risposta a tali domande è <strong>di</strong>cruciale importanza per potersi orientarenell’attuale crisi.Diciamo innanzitutto che Dio nelPadri e osservatori del Concilio all’uscita dellaBasilica <strong>di</strong> <strong>San</strong> Pietro.momento in cui si serve <strong>di</strong> una creatura perfare qualcosa, la lascia sempre compiereun atto che le è proprio, in base alla naturadella creatura stessa.In questo modo Dio <strong>di</strong>rige la creatura,nel senso che Egli la preor<strong>di</strong>na ad un finead essa consono e l’assiste, legandocosì la propria azione all’azione propriadella creatura; quest’ultima viene quin<strong>di</strong>chiamata “causa seconda”.È quanto accade all’agricoltore nelmomento in cui pianta un frutteto. Egli locura, lo innaffia, lo concima, lo proteggedalle intemperie, lo osserva, attende. Nelfrattempo il frutteto germoglia e produce,attraverso un’azione ad esso propria,determinati frutti, secondo la specie deisuoi alberi. Allora a chi va attribuitala produzione della frutta? Tale azionecompete sia all’agricoltore sia al frutteto,in quanto entrambi compiono un’azionepropria, quantunque sotto rapporti <strong>di</strong>versi:il primo a<strong>gen</strong>te, cioè l’agricoltore, è causaprincipale, l’altro - il frutteto - è causaseconda.Nel governare tutte le cose Dio agiscesempre in un modo analogo a questo – tranneDottrina15La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


Foto <strong>di</strong> gruppo in piazza <strong>San</strong> Pietro <strong>di</strong> una parte del Coetus Internationalis Patruum, l’ala conservatricedurante il Concilio Vaticano II: il quarto, da destra, è mons. De Castro Mayer; il sesto è mons. Lefebvre.in un solo caso particolare( 5 ) – in quanto inquesta maniera Egli fa risaltare maggiormentela propria sapienza che utilizza lepotenzialità intrinseche <strong>di</strong> cui Egli stessoha dotato certe creature per governare altrecreature in qualche modo <strong>di</strong>pendenti dalleprime: è Dio che ha creato il sole affinchéquesto scaldasse con un’azione sua propria eilluminasse la terra secondo il volere <strong>di</strong> Diostesso; Dio infatti vuole la luce e il calore, maEgli non illumina né riscalda <strong>di</strong>rettamentenessuno: semplicemente lascia compierequeste azioni da una creatura preor<strong>di</strong>nata adesse. La fisica, gli ecosistemi, ecc., non sonoaltro che lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questi rapporti che Dioha messo tra le creature stesse e attraversocui Egli governa l’universo, lasciando a ciascunadelle sue creature compiere l’azioneche le è propria.Lo stesso <strong>di</strong>scorso deve essere applicatoa quella particolare causalità che è lalibertà umana. Anche in tale caso Dio nonsolo non sacrifica, ma è sempre all’originedelle scelte libere dell’uomo giacché Eglilo ha creato libero. <strong>San</strong> Tommaso sottolineaa tal punto questa verità che non esita adaffermare che: «Si ad<strong>di</strong>ce maggiormentealla <strong>di</strong>vina provvidenza conservare la libertàdella volontà che la contin<strong>gen</strong>za nelle causenaturali»( 6 ).Ciò che quin<strong>di</strong> occorre ritenere èche la causalità universale <strong>di</strong> Dio (causaprima), sia nell’or<strong>di</strong>ne naturale sia in quellosoprannaturale, non mortifica mai ma fondala causalità creata (causa seconda) e ne conservale proprie caratteristiche: la causalitàdegli esseri fisici come fisica e quella degliesseri liberi come libera.Ora, l’essere umano è un esserelibero, caratterizzato da due facoltà chiave,l’intelletto e la volontà, che gli permettono<strong>di</strong> compiere atti umani, cioè atti in cui egliagisce volontariamente e liberamente.L’atto umano è sempre caratterizzatoda tre componenti: l’oggetto che specifical’atto; l’intenzione <strong>di</strong> chi agisce; lecircostanze in cui si agisce. Di questi treelementi, quello che costituisce l’aspettoformale è l’intenzione (o finalità) ed è perciòl’elemento fondamentale per giu<strong>di</strong>caredella natura <strong>di</strong> un atto poiché è l’intenzioneche in<strong>di</strong>ca la tensione verso il fine (motusvoluntatis in finem)( 7 ).Da quanto detto risulta chiaro cheladdove non c’è intenzione non esiste propriamenteun atto umano.Laddove l’intenzione è presente,questa determina la natura dell’attoumano.Laddove l’intenzione varia, variapure la natura dell’atto umano: questalibertà <strong>di</strong> avere o meno una determinataLa Tra<strong>di</strong>zioneCattolica16


intenzione o <strong>di</strong> variarla secondo fini<strong>di</strong>fferenti vale per tutte le creature razionali,compresi i membri della Chiesa docente.Dio rispetta infatti la libertà <strong>di</strong> chiunque,compreso il Papa, nel momento in cuiquesti decidesse <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogare piuttostoche <strong>di</strong> insegnare. Nei due casi avremmodue atti realmente umani e liberi, ai qualiperò non sono legate le stesse promesse ele stesse garanzie soprannaturali.Per venire alla nostra questione, Dioha promesso alla Chiesa docente la propriaassistenza nel momento in cui questainsegna, cioè nel momento in cui decide<strong>di</strong> imporre autorevolmente dei contenutidottrinali alle intelli<strong>gen</strong>ze; ma la Chiesadocente è fatta <strong>di</strong> uomini liberi: se Dioobbligasse la Chiesa docente ad insegnarenei termini in cui obbliga il sole a riscaldarele terra, non agirebbe conformemente allanatura razionale e libera delle creature <strong>di</strong>cui si serve in questo caso.LA NECESSITÀ DELL’INTENZIONEDI INSEGNARE: PUNTO DI VISTATEOLOGICOApplicando queste considerazioni inambito teologico si possono ricavare dellefeconde considerazioni.Pren<strong>di</strong>amo, ad esempio, il casodell’ispirazione della Sacra Scrittura. Ènoto che ciò che <strong>di</strong>stingue peculiarmentela prospettiva cattolica da quella islamicaè il fatto che l’ispirazione <strong>di</strong>vina non sisostituisce in alcun modo alle facoltà degliScrittori sacri, come accadrebbe qualora lasi considerasse una specie <strong>di</strong> dettatura. Alcontrario, l’intervento <strong>di</strong>vino presume edutilizza le capacità umane degli agiografi.Ritroviamo qui il principio tomista secondoil quale la causa prima (l’ispirazione <strong>di</strong>vina)conserva tutte le caratteristiche proprie allacausa seconda (l’autore umano), cosicchéquesti è, nel proprio or<strong>di</strong>ne, vera causa.Pensiamo ora all’azione sacramentale.La Chiesa insegna che il ministrodel Sacramento deve avere l’intenzione,anche se non attuale, <strong>di</strong> fare quello che fala Chiesa, cioè <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare la propria azioneal fine per cui Gesù Cristo l’ha istituita alpunto che senza tale intenzione il Sacramentorisulta invalido.Se tale principio vale per i sacramenti(munus sanctifican<strong>di</strong>) esso vale a maggiorragione per il magistero (munus docen<strong>di</strong>).Infatti, mentre nel caso dell’ispirazioneo dell’economia sacramentale l’uomonon è che mero strumento, nel caso delmagistero la Gerarchia cattolica agisce inmodo tale da essere semplicemente “assistita”per essere preservata dall’errore. Inaltri termini la gerarchia non è “ispirata”,come nel caso dell’agiografo; il che significache nel caso della gerarchia Dio lasciaall’uomo una sfera <strong>di</strong> libertà ben più ampia<strong>di</strong> quella esistente nel caso dell’ispirazionescritturale o dell’amministrazione deisacramenti.L’insegnamento della fede è fatto daministri or<strong>di</strong>nati a tal fine; ora, tali ministrisono esseri umani e conservano le propriecaratteristiche umane. Se pertanto il Papao un Concilio nell’atto <strong>di</strong> presentare deicontenuti non intendono insegnare qualchecosa come rivelato da Gesù Cristo, comesempre insegnato dalla Chiesa, o comunquenon intendono vincolare dogmaticamentele coscienze, non si vede perchél’assistenza <strong>di</strong>vina dovrebbe sostituirsialla me<strong>di</strong>azione umana, cioè non si vedeperché Dio dovrebbe garantire l’assistenzapromessa alla Chiesa docente laddovenon c’è volontà d’insegnare. Tale volontàumana è con<strong>di</strong>zione al contempo necessariae sufficiente a garantire la preservazionedall’errore ad opera dello Spirito <strong>San</strong>to.Ritorna pertanto il principio tomisticochiave, secondo il quale la grazianon annienta la natura ma la perfeziona.Nella sua assistenza alla Chiesa, Dio non sisostituisce alle me<strong>di</strong>azioni ma le supponenell’integrità delle loro facoltà e le assume,elevandole al <strong>di</strong> sopra delle semplici possibilitàumane.I testi che il Magistero ci consegna sisituano in questa prospettiva. Pren<strong>di</strong>amo,per esempio, il testo del Concilio VaticanoI che definisce l’infallibilità del SommoPontefice. Esso afferma: «Il RomanoPontefice, quando parla ex cathedra, cioèquando esercita il suo supremo ufficio <strong>di</strong>Pastore e <strong>di</strong> Dottore <strong>di</strong> tutti i cristiani, eDottrina17La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


anche del recente contributo del Car<strong>di</strong>nalBiffi, che l’intenzione del Concilio è estraneaa quella abituale dei Concili ecumenicidella Chiesa cattolica.A questo punto ci sembra che la conclusionevenga da sé. È possibile - e nelnostro fran<strong>gen</strong>te storico persino doveroso- mettere in <strong>di</strong>scussione il Concilio.Tutta la teologia contemporaneanonché le encicliche degli ultimi Ponteficisono costruite sulle sabbie mobili del ConcilioVaticano II. Non sono e<strong>di</strong>ficate sullaroccia <strong>di</strong> Pietro, perché Pietro non ha volutoinsegnare ma proporre, non ha voluto obbligarema <strong>di</strong>alogare, non ha voluto avvalersi<strong>di</strong> quelle garanzie che Nostro Signore gliha promesso per confermare i suoi fratellinel momento in cui insegna.Proprio <strong>di</strong> questo l’uomo <strong>di</strong> oggiavrebbe un tremendo bisogno.DottrinaNote( 1 ) Occorre infatti <strong>di</strong>stinguere tra l’intenzione esplicita,in quanto <strong>di</strong>chiarata, e l’intenzione recon<strong>di</strong>ta,della quale solo Dio è giu<strong>di</strong>ce. È evidentemente soloalla prima che ci possiamo riferire.( 2 ) G. BIFFI, Memorie e <strong>di</strong>gressioni <strong>di</strong> un italianocar<strong>di</strong>nale, Siena, 2007, p. 183.( 3 ) Ibidem, pp. 183-184.( 4 ) Ibidem, p. 184.( 5 ) È il caso della creazione. In tale circostanza Dio nonpuò servirsi <strong>di</strong> una causa seconda in quanto, essendola creazione la produzione <strong>di</strong> qualcosa dal nulla, mancherebbealla causa seconda una materia preesistentesu cui poter esercitare un’azione a lei propria.( 6 ) Summa contra <strong>gen</strong>tiles, III, c. LXXIII.( 7 ) Per un’analisi accurata dell’intentio cfr. SummaTheologiae, I-II, q. 12.( 8 ) CONCILIO VATICANO I, Pastor Aeternus, 18 luglio1870.( 9 ) PIUS PP. XII, Humani <strong>gen</strong>eris, 12 agosto 1950.( 10 ) IOANNES XXIII PP., Discorso <strong>di</strong> apertura dellaprima sessione, 11 ottobre 1962, in I documenti delConcilio Ecumenico Vaticano II, Padova, GregorianaE<strong>di</strong>trice, 1967, pp. 1078-1079.( 11 ) Ibidem, p. 1080.( 12 ) Ibidem, p. 1079.( 13 ) PAULUS VI PP., Discorso <strong>di</strong> apertura dellaseconda sessione, 29 settembre 1963, in I documentidel Concilio Ecumenico Vaticano II, cit., p. 1095.( 14 ) Ibidem, p. 1098.( 15 ) Ibidem, p. 1100.19La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


Questo è il nuovo“santuario” <strong>di</strong> FatimaOgni commento è superfluo...Il “crocifisso” che si vede nella foto,è opera dell’artista tedesco RobertSchad che ha <strong>di</strong>chiarato: «È un crocifissovolto verso il 21esimo secolo,che mostra un Cristo stilizzato profondamentesentito, che paga il tributo atutte le culture del mondo... La semplicitàdel lavoro ha anche qualcosa<strong>di</strong> sensuale».La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica20


Segno <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioneLe reazioni al Motu proprio del 7 luglioSono già trascorsi oltre sei mesi dallapubblicazione del Motu Proprio SummorumPontificum, un tempo troppo breve pertracciare un bilancio, ma più che sufficienteper fare qualche considerazione sullereazioni che ha suscitato. Poiché occorreprendere atto che reazioni ve ne sono state.E molte.Già dal titolo del presente articolosi può ben capire che la liberalizzazionedella Messa <strong>di</strong> sempre ha «rivelato ipensieri <strong>di</strong> molti cuori» (Lc 2, 35). Né<strong>di</strong>versamente poteva essere, dal momentoche la liturgia tra<strong>di</strong>zionale è l’inequivocabilemanifestazione del Sacrificio <strong>di</strong> NostroSignore, che è il «Segno <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione»(Lc 2, 34) donato dal Padre, che Simeoneaccoglie ma Erode perseguita.Mons. Ranjith Pataben<strong>di</strong>ge, Segretariodella Congregazione per il Culto Divino e laDisciplina dei Sacramenti, in un’intervistarilasciata a Petrus il 5 novembre 2007 hafatto un quadro della situazione: «Vi sonostate reazioni positive e, inutile negarlo,critiche e prese <strong>di</strong> posizione contrarie, ancheda parte <strong>di</strong> teologi, liturgisti, sacerdoti,Vescovi e persino Car<strong>di</strong>nali». Ha poiaggiunto un vigoroso invito al ralliement:«Francamente, non comprendo queste forme<strong>di</strong> allontanamento e, perché no, <strong>di</strong> ribellioneal Papa. Invito tutti, soprattutto i Pastori,ad obbe<strong>di</strong>re al Papa, che è il successore<strong>di</strong> Pietro. I Vescovi, in particolare, hannogiurato fedeltà al Pontefice: siano coerentie fedeli al loro impegno». All’intervistatoreche domanda i presunti motivi <strong>di</strong> unatale opposizione, Mons. Ranjith non hatergiversato: «Dietro queste azioni sinascondono da una parte pregiu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> tipoideologico e dall’altra l’orgoglio, uno deipeccati più gravi»Cerchiamo, allora, <strong>di</strong> fare unquadro della situazione sulle reazioni piùsignificative al Motu Proprio.a cura della RedazioneMons. Ranjith Pataben<strong>di</strong>ge, Segretario dellaCongregazione per il Culto Divino e la Disciplinadei Sacramenti.GLI “ECUMENISTI”Un gruppo ben nutrito è senza dubbioquello degli “ecumenisti”, per i quali èprobabile che il Motu Proprio non vadamolto a <strong>gen</strong>io e vorrebbero evitare <strong>di</strong>trovarsi nella situazione del povero donAbbon<strong>di</strong>o, che gridava al “tra<strong>di</strong>mento”allorché lo si mise <strong>di</strong> fronte all’obbligo<strong>di</strong> adempiere il proprio dovere. Tuttavia,per loro la “liberalizzazione” della Messatra<strong>di</strong>zionale rientrerebbe a pieno titolonella logica dell’ecumenismo, cometentativo <strong>di</strong> ricondurre all’ovile non solo i“lontani”, ma anche i “vicini”. Comunquesia, il leitmotiv degli “ecumenisti” è:unità e comunione, convinti che il motivoprincipale che ha portato il <strong>San</strong>to Padre alMotu Proprio sia stato quello <strong>di</strong> sanare loFinestra sulla Chiesa21La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


“scisma lefebvriano”. Esplicito, in questosenso, è stato il Car<strong>di</strong>nal Poupard: «Il“Motu proprio” e la lettera papale sonodue importanti documenti che vanno letticon grande attenzione. In essi emergechiaramente il <strong>di</strong>segno del <strong>San</strong>to Padre<strong>di</strong> voler sanare una ferita nel seno dellaChiesa, vale a <strong>di</strong>re la scomunica deilefebvriani. Speriamo che dopo questoimportante passo la frattura possa esserericomposta. Ci auguriamo che il gesto del<strong>San</strong>to Padre sia accettato dai lefebvriani, inmodo tale che il corpo della Chiesa torniad essere unito» (La Repubblica, 8 luglio2007). Il Car<strong>di</strong>nal Barbarin, Arcivescovo<strong>di</strong> Lione e Primate <strong>di</strong> Francia, si è spintoun po’ oltre: «La mia speranza è che questochiaro gesto del <strong>San</strong>to Padre porti quantisono ancora reticenti a riprendere i testi delConcilio, ad accettarli interiormente nellafede e a conformarsi ad essi in tutta la lorovita cristiana, e soprattutto nel loro ministerosacerdotale. Tutti abbiamo bisogno <strong>di</strong>tornare a questo insegnamento che ioconsidero la fonte <strong>di</strong> rinnovamento e <strong>di</strong>unità nella Chiesa» (Zenit, 12 luglio 2007),che tradotto significa: “Vi abbiamo dato laMessa, adesso accettate il Concilio”.È chiaro che queste posizioni sifondano su <strong>di</strong> un dato reale, e cioè che ilpieno riconoscimento della legittimità dellaMessa tra<strong>di</strong>zionale è certamente un passonella giusta <strong>di</strong>rezione e per tale motivoI Car<strong>di</strong>nali francesi Pouparde Barbarin favorevolial motu proprio... inchiave ecumenica.costituisce un elemento <strong>di</strong> riavvicinamentocon la <strong>Fraternità</strong> <strong>San</strong> <strong>Pio</strong> X. Tuttavia laprospettiva “ecumenista” rimane troppopragmatica, come se il problema fossequello <strong>di</strong> un accordo pratico o come sela questione in gioco fosse solo quella <strong>di</strong>sensibilità <strong>di</strong>fferenti.Si tratta certamente <strong>di</strong> una posizioneche può sedurre quanti non hanno compresoadeguatamente la profon<strong>di</strong>tà del problemadella crisi attuale; occorre perciò prenderele <strong>di</strong>stanze da una simile prospettiva,soprattutto cercando <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re sempremeglio le ragioni dottrinali e soprannaturalidella battaglia della <strong>Fraternità</strong> e <strong>di</strong> quantine con<strong>di</strong>vidono lo spirito.Altrimenti si rischia <strong>di</strong> finire perallinearsi con quanto Massimo Introvigne,ha scritto in un articolo, considerandoil Motu Proprio ed il documento dellaCongregazione per la Dottrina della Fedesu “alcuni aspetti della dottrina sullaChiesa”, come l’ultima corriera offerta aitra<strong>di</strong>zionalisti: «Ai tra<strong>di</strong>zionalisti – dopola liturgia – Benedetto XVI offre ampierassicurazioni sulla dottrina tra<strong>di</strong>zionaledella Chiesa, del resto già contenute nella<strong>di</strong>chiarazione “Dominus Iesus” […]. Dàtuttavia anche un avviso ai navigantiche spera siano <strong>di</strong>retti verso Roma:all’ecumenismo la <strong>San</strong>ta Sede non intenderinunciare, né è <strong>di</strong>sposta ad ammettere– come vorrebbe qualche tra<strong>di</strong>zionalistaLa Tra<strong>di</strong>zioneCattolica22


– che i documenti del Vaticano II (da nonconfondere con la loro interpretazione daparte <strong>di</strong> qualche teologo) contenesseroerrori. Più in là, onestamente, BenedettoXVI non poteva andare». Ed aggiunge: «Itra<strong>di</strong>zionalisti possono scegliere: stringerela mano che è stata loro tesa o imboccaredecisamente la via dello scisma» (IlGiornale, 12 luglio 2007). È necessarioinvece – onestamente – mettere sul tappetoi motivi per cui si debba andare più in là,forse incominciando proprio dal fatto cheil documento menzionato mostra proprioil fatto che la dottrina sulla Chiesa èveramente cambiata…I “NO GLOBAL”Un gruppo nutrito e molto variegatoè quello che simpaticamente denominiamo“no global”. Si tratta <strong>di</strong> coloro che nonhanno riservato una buona accoglienza alMotu Proprio, vedendo in esso una sorta <strong>di</strong>manovra reazionaria.Tra i “pezzi grossi” troviamo SuaEcc.za Mons. Brandolini, Vescovo <strong>di</strong>Sora-Aquino-Pontecorvo e membro dellaCommissione liturgica della CEI, il qualeha sfogato la propria afflizione al quoti<strong>di</strong>anoLa Repubblica: «È un giorno <strong>di</strong> lutto, nonsolo per me, ma per i tanti che hannovissuto e lavorato per il Concilio VaticanoII. Oggi è stata cancellata una riforma perla quale lavorarono in tanti, al prezzo <strong>di</strong>gran<strong>di</strong> sacrifici, animati solo dal desiderio<strong>di</strong> rinnovare la Chiesa». Quin<strong>di</strong>, un po’ <strong>di</strong>amarcord: «L’anello episcopale che portoal <strong>di</strong>to era dell’Arcivescovo AnnibaleBugnini, il padre della riforma liturgicaconciliare. Io, al tempo del Concilio, eroun suo <strong>di</strong>scepolo e stretto collaboratore. Gliero vicino quando lavorò a quella riforma ericordo sempre con quanta passione operòper il rinnovamento liturgico. Ora il suolavoro è stato vanificato. Obbe<strong>di</strong>rò, perchévoglio bene al <strong>San</strong>to Padre. Verso <strong>di</strong> luinutro lo stesso sentimento che prova unfiglio verso il padre. E poi, come Vescovosono tenuto all’obbe<strong>di</strong>enza. Ma in cuormio soffro molto. Mi sento come feritonell’animo e non posso non <strong>di</strong>rlo». Ma purnella sua afflizione, il Vescovo ha messole mani avanti: «Comunque, se qualcunodella mia <strong>di</strong>ocesi mi chiederà <strong>di</strong> poterseguire il rito tridentino non potrò <strong>di</strong>re <strong>di</strong>no. Ma non credo che succederà, perchéda quando sono Vescovo <strong>di</strong> Sora-Aquino-Pontecorvo non c’è stato mai nessuno cheabbia espresso un desiderio simile. Sonocerto che in futuro sarà sempre così» (LaRepubblica, 8 luglio 2007). Tradotto: sorciver<strong>di</strong> per chi proverà a fare un passo inquella <strong>di</strong>rezione…Sulla stessa “frequenza” si sintonizzanol’Arcivescovo <strong>di</strong> Pisa, Sua Ecc.za Mons.Alessandro Plotti e Mons. SebastianoDho, Vescovo <strong>di</strong> Alba, (nella foto) il qualeha tagliato cortocosì: «Per quantospetta ai gruppi <strong>di</strong>eventuali richiedentila celebrazione dellaMessa preconciliare,non è affatto detto“liberi tutti”, ma siesige testualmenteche si tratti <strong>di</strong> “ungruppo <strong>di</strong> fedeli aderenti alla precedentetra<strong>di</strong>zione liturgica che esiste già in formastabile”; evidentemente non può sorgere oraall’improvviso; la cosa sarebbe per lo menostrana. Se infatti come è certo per la nostraDiocesi, in questi quasi quarant’ anni ormaitrascorsi dalla riforma liturgica, nessuno,né sacerdote né laico, singolo o in gruppo,ha mai sentito il bisogno <strong>di</strong> richiedere lacelebrazione secondo il vecchio rito […],l’eventuale richiesta o<strong>di</strong>erna sembrerebbesicuramente pretestuosa o ideologica» (LaGazzetta <strong>di</strong> Alba, 17 luglio 2007).Ancora su La Repubblica, a farcompagnia ai Vescovi c’è un monaco,l’immancabile Enzo Bianchi, Priore dellaComunità <strong>di</strong> Bose; l’articolo meriterebbe<strong>di</strong> essere letto per intero, ma qui neproponiamo solo alcuni passaggi: «Noicattolici, ma per la convinzione profondache il vescovo <strong>di</strong> Roma è il servo dellacomunione ecclesiale [!], obbe<strong>di</strong>amoanche a prezzo <strong>di</strong> fatica, <strong>di</strong> sofferenza e <strong>di</strong>non piena comprensione <strong>di</strong> ciò che ci vienchiesto autorevolmente […]». E più avantiFinestra sulla Chiesa23La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


Enzo Bianchi, Priore <strong>di</strong> Bose: il gusto delle coseall’antica <strong>di</strong>etro la scelta del Messale <strong>di</strong> <strong>San</strong> <strong>Pio</strong> V.ha aggiunto: «Non è che questi gruppisi nascondano <strong>di</strong>etro i veli della ritualitàpost-tridentina per non accogliere altrerealtà assunte oggi dalla chiesa, soprattuttoattraverso il concilio? Il messale <strong>di</strong> <strong>Pio</strong>V non rischia <strong>di</strong> essere il portavoce <strong>di</strong>riven<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> una situazione ecclesiale esociale che oggi non esiste più? La messa <strong>di</strong><strong>Pio</strong> V non è per molti una messa identitaria,preferenziale e dunque preferita rispetto aquella celebrata dagli altri fratelli, comese la liturgia <strong>di</strong> Paolo VI fosse mancante<strong>di</strong> elementi essenziali alla fede? C’è oggitroppa ricerca <strong>di</strong> segni identitari, troppogusto per le cose “all’antica”, soprattutto incerti intellettuali che si <strong>di</strong>cono non cattolicie non credenti e misconoscono il misteroliturgico. E ancora, perché alcuni giovaniche non sono nati nell’epoca post-tridentinae non hanno mai praticato come loro messa“nativa” quella pre-conciliare, voglionoun messale sconosciuto? Cercano forseun messale lontano dal cuore ma praticatodalle labbra [!]? E se la celebrazionedella messa risponde alle sensibilità,ai gusti personali, allora nella chiesanon regna più l’ordo oggettivo, ma ci siabbandona a scelte soggettive dettate daemozioni del momento. Non c’è forseil rischio, in questo soggettivismo, <strong>di</strong>incoraggiare ciò che Benedetto XVIdenuncia come obbe<strong>di</strong>enza alla “<strong>di</strong>ttaturadel relativismo”?» (Repubblica, 8 luglio2007). Con che facilità si gira la frittata!Ci chie<strong>di</strong>amo come mai certe domandenon si siano poste ai tempi della riformaliturgica. Non è che <strong>di</strong>etro quella riformasi nascondevano idee in conflitto con laconcezione tra<strong>di</strong>zionale della Chiesa edella <strong>San</strong>ta Messa? Non è che il nuovomessale rischia <strong>di</strong> essere “il portavoce siuna situazione sociale ed ecclesiale” chei Papi hanno sempre condannato? E comemai una parte dei liturgisti dell’epoca sisono dati anima e corpo alla costruzione<strong>di</strong> un “messale sconosciuto”?Molto meno <strong>di</strong>plomatico è donPaolo Farinella, autore del libro Ritornoall’antica Messa, <strong>di</strong> poco più <strong>di</strong> 70 pagine,che ospita la prefazione del ben più notoPadre Rinaldo Falsini. Sebbene con tonimolto accesi, il sacerdote <strong>gen</strong>ovese ha ilmerito <strong>di</strong> mettere in luce alcuni elementi,che prima o poi bisognerà avere il coraggio<strong>di</strong> prendere seriamente in considerazione.Egli parte dalla considerazione che «nonsi capisce perché per esprimere lo stessorito, vi debbano essere due Messali <strong>di</strong>versi,a meno che non si voglie nasconderemomentaneamente per criteri <strong>di</strong> opportunitàle <strong>di</strong>versità palesi. A due Messali nonDon Farinella: due messali <strong>di</strong>versi, due riti<strong>di</strong>versi. Come dargli torto?La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica24


possono non corrispondere due riti: èinevitabile e matematico. Il Papa stessonon avrebbe bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo se non fossecosì»( 1 ). Ed effettivamente come darglitorto? Se possono esistere due o piùMessali contemporaneamente è perché essiesprimono riti <strong>di</strong>versi; se invece il nuovoMessale è semplicemente una riforma delprecedente, allora quello abroga questo.Ma nel caso della riforma liturgica del1969, come si fa a ritenere che si trattisolamente <strong>di</strong> una riforma del Messaleprecedente, quando invece si è costruitoun Messale ex novo? Nuovo Lezionario,nuovo calendario, nuovo rito d’Offertorio(del quale è cambiato anche il senso,<strong>di</strong>venendo Presentazione dei doni), nuovepreghiere eucaristiche, nuova strutturadella Messa, concepita cum populo, etc.?Inoltre don Farinella, ricevendo ilplauso <strong>di</strong> Padre Falsini, non ha esitatoa <strong>di</strong>chiarare che i due messali fannoriferimenti a due ecclesiologie <strong>di</strong>verse:«Nella Messa <strong>di</strong> <strong>Pio</strong> V non si celebraun’azione liturgica in senso stretto, masi rende un “culto” a Dio da parte delsacerdote, in rappresentanza del popoloche può esserci o non esserci […]. LaMessa <strong>di</strong> Paolo VI è centrata sulla teologiadella “ecclesialità”, della Chiesa come“popolo <strong>di</strong> Dio”, nella quale non è ilcelebrante che celebra, ma la Chiesa,presente sacramentalmente nell’assemblea,<strong>di</strong> cui il sacerdote, in forza dell’or<strong>di</strong>ne, èpresidente naturale»( 2 ). Ora, tutto si può<strong>di</strong>re <strong>di</strong> questa considerazione, tranne che sitratti <strong>di</strong> vaneggiamenti personali; se si hala pazienza <strong>di</strong> leggere il tomo sulla riformaliturgica scritto da Padre Annibale Bugnini,si riscontra la medesima prospettiva.Le critiche sollevate sono <strong>di</strong> benaltro spessore del “non serviam” del Card.Martini («Io non celebrerò la messa conl’antico rito […] per quel senso <strong>di</strong> chiusoche emanava dall’insieme <strong>di</strong> quel tipo <strong>di</strong>vita cristiana così come allora si vedeva,dove il fedele a fatica trovava quel respiro<strong>di</strong> libertà e <strong>di</strong> responsabilità da vivere inprima persona <strong>di</strong> cui parla san Paolo»Il Messaggero, 30 luglio 2007), o dellasentenza perentoria <strong>di</strong> Mons. RaffaeleNogaro, Arcivescovo <strong>di</strong> Caserta («Lamessa in latino è una <strong>di</strong>storsione, e non èlo strumento adatto per allacciare un verorapporto con Dio» Corriere della sera,16 settembre 2007); che cosa si rispondeall’obiezione che vede nel Motu Proprio,ovvero nella Messa tra<strong>di</strong>zionale, una rotturacon l’ecclesiologia <strong>di</strong> Vaticano II?POTEVANO MANCAREGLI EBREI?Chi percepisce chiaramente che ilMessale tra<strong>di</strong>zionale ha ben altra concezionedel rapporto tra il Cattolicesimo e le altrereligioni rispetto a quello <strong>di</strong> Paolo VI – e ciò,evidentemente, non può che derivare da unmodo ben <strong>di</strong>fferente <strong>di</strong> concepire la Chiesacattolica – sono alcuni esponenti del mondoebraico. Lisa Calmieri, rappresentante inItalia e presso la <strong>San</strong>ta Sede dell’AmericanJewish Committee e corrispondente delJerusalem Post, ha affermato: «È statotolto il passaggio che parlava <strong>di</strong> “perfi<strong>di</strong>ebrei”. Ma questo non è sufficiente. Perchérimane la preghiera per la conversione. Cheè la morte del <strong>di</strong>alogo». A parte il fatto cheè stato mille volte spiegato che il termine“perfi<strong>di</strong>”, che si ritrova nella preghiera delVenerdì <strong>San</strong>to anteriore al Messale del1962, non ha il significato <strong>di</strong>spregiativoche ha assunto nell’italiano corrente, mail semplice e chiaro senso <strong>di</strong> “infedele”,occorre <strong>di</strong>re che Lisa Calmieri non se laprende con il termine ma con l’idea stessa<strong>di</strong> conversione. Infatti ha aggiunto: «Lo soche la preghiera ha buone intenzioni [<strong>gen</strong>tileconcessione…]. Ma se, come <strong>di</strong>ce Paolo, lepromesse <strong>di</strong> Dio non sono state revocate,la prima alleanza è valida. E allora?». Eallora, come spiegò limpidamente Mons.Landucci, occorre leggere san Paolointegralmente. L’Apostolo infatti <strong>di</strong>ceche quegli ebrei che rifiutano <strong>di</strong> crederein Gesù Cristo sono «rami stroncati» (Rm11, 16) dall’ulivo buono, «recisi per laloro incredulità» (Rm 11, 20). La promessairrevocabile <strong>di</strong> Dio dunque non riguardaquelli che si escludono per volontà propriadalla salvezza, ma coloro che si pentono esi convertono a Lui. Dio non ha riprovatiper sempre i figli del popolo <strong>di</strong> Israele, maFinestra sulla Chiesa25La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


conserva la Sua promessa, mantenendoaperta la porta della Sua misericor<strong>di</strong>a percoloro che si convertono. Le parabole<strong>di</strong> Nostro Signore sono in tal sensoinequivocabili.«Ci ho creduto e ci credo ancora,al <strong>di</strong>alogo. Ci mancherebbe. Però questoè un colpo forte, si torna in<strong>di</strong>etro. Moltoin<strong>di</strong>etro. Il Motu proprio del Papa, la pienacitta<strong>di</strong>nanza al Messale con la preghieraper la “conversione” dei giudei suona assaipericolosa. Anche se è facoltativa, puòalimentare e incoraggiare l’antisemitismo:se li si vuole fare uscire dall’ “accecamento”,come <strong>di</strong>ce il testo, significa che gli ebreisono fuori dalla luce. E da lì alla storia deideici<strong>di</strong> il passo è breve». Questa la reazionedel professor Giuseppe Laras, rabbinocapo emerito <strong>di</strong> Milano e presidentedell’Assemblea rabbinica italiana. «È unpasso in<strong>di</strong>etro rispetto a Paolo VI, cheaveva cancellato quei passi, e un passoin<strong>di</strong>etro nel <strong>di</strong>alogo, c’è poco da fare».Il che significa un passo avanti nel modotra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> intendere il giudaismo.Delle due l’una: o i giudei, per il fatto <strong>di</strong>non riconoscere il Figlio <strong>di</strong> Dio incarnato,continuano a «dormire nelle tenebre enell’ombra <strong>di</strong> morte» e allora sono accecati,oppure se non sono ciechi vedono la lucein<strong>di</strong>pendentemente dall’accettazione <strong>di</strong>Nostro Signore, il quale allora, stando alVangelo, è menzognero. Ma il rabbino hacosì proseguito: «Ma per carità, con questalinea conversionistica non si va da nessunaparte. Anzi, da una parte sì, specie <strong>di</strong> questitempi: il fondamentalismo, le guerre <strong>di</strong>religione» (Corriere della sera, 10 luglio2007). Solito specchietto per le allodole:se i cristiani pregano per la conversione<strong>di</strong> qualcuno, come è loro preciso dovere,sono fondamentalisti e guerrafondai. Ilpassaggio logico, però, ci sfugge.L’insieme delle proteste venute dalmondo ebraico hanno però fatto breccianella mente del Papa stesso, che harecentemente ritoccato la preghiera delVenerdì <strong>San</strong>to (cfr. riquadro p. 45). Inutile<strong>di</strong>re che gli ebrei non sono sod<strong>di</strong>sfattie tutti noi profondamente delusi. Nonriusciamo a capire come le regole chestabiliscono il culto della Chiesa possanoessere determinate dai suggerimenti dellaSinagoga.I “CARBONARI”In questa categoria rientrano tutticoloro che, pur non avendo fatto rimostranzepubbliche all’iniziativa <strong>di</strong> BenedettoXVI, <strong>di</strong>etro le quinte cercano <strong>di</strong>ostacolarne l’attuazione pratica. Troviamo,per esempio, l’Arcivescovo <strong>di</strong> Torino, SuaEm.za il Car<strong>di</strong>nal Severino Poletto, il qualedurante una riunione con il giovane clerodella sua Diocesi, secondo quanto testimonianonel sito <strong>di</strong> Unavox alcuni presenti,non avrebbe propriamente incoraggiato isuoi sacerdoti ad attuare il Motu Proprio,<strong>di</strong>cendo loro: «La liturgia […] non puòessere una stravaganza personale. Miauguro che nella <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Torino nessunoesca con queste richieste». Il Car<strong>di</strong>naleavrebbe poi rivolto dei “complimenti” aquanti frequentano abitualmente la Messatra<strong>di</strong>zionale alla Chiesa della Misericor<strong>di</strong>a<strong>di</strong> Torino: «A Torino ci sono i picchiatidel latino, quelli che vanno alla Misericor<strong>di</strong>a!».Il Vescovo non risulta esserstato molto turbato dal fatto che le sue<strong>di</strong>chiarazioni siano state messe in pubblicodal sito <strong>di</strong> Unavox; quel che invece l’ha<strong>di</strong>sturbato sembra esser stato l’articolo delquoti<strong>di</strong>ano La Stampa, del 18 novembre,che, indagando sugli oppositori “occulti”alla Messa tra<strong>di</strong>zionale, ha riportato laIl Card. Poletto spera che nella sua <strong>di</strong>ocesi (Torino) nessunsacerdote «...se ne esca con certe richieste». Incoraggiante...La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica26


testimonianza pubblicata dal sito. Apriticielo! Lo stesso giorno il Car<strong>di</strong>nale ha rettificatonel seguente modo: «Questo Ufficio[Ufficio <strong>di</strong>ocesano per le comunicazionisociali, n.d.a] smentisce che corrispondanoin alcun modo a verità le informazioniriportate e tratte dal sito “www.unavox.it”. L’Arcivescovo <strong>di</strong> Torino Card. SeverinoPoletto, parlando ai preti dei primi<strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nazione, ha illustrato gliorientamenti pastorali che il <strong>San</strong>to PadreBenedetto XVI con il Motu Proprio “SummorumPontificum” ha dato a riguardo delrito della <strong>San</strong>ta Messa e lo ha fatto con ilmassimo affetto e rispetto per la personadel Papa e in totale comunione con il suoMagistero, e, naturalmente, senza mai pronunciarele parole assurde e ingiuriose chegli sono state attribuite. Ha inoltre ricordato,come elemento positivo, che a Torinola Messa secondo il rito <strong>di</strong> san <strong>Pio</strong> V vieneregolarmente celebrata ogni domenica e damolti anni nella chiesa della Misericor<strong>di</strong>a[...]. Siamo profondamente <strong>di</strong>spiaciuti chevengano riprese e pubblicate senza alcunaverifica notizie false e calunniose <strong>di</strong>ffuseda siti internet notoriamente <strong>di</strong> parte.Ufficio <strong>di</strong>ocesano per le comunicazionisociali. Torino, domenica 18 novembre2007». A questo punto Tosatti non potevache chiedere chiarimenti <strong>di</strong>rettamente alPresidente dell’Associazione Unavox, ilquale, sul blog del giornalista, rispondeper le rime al Car<strong>di</strong>nale: «Caro Dott.Tosatti, Le confermo che l’informazioneci è stata fornita da un sacerdote presentealla riunione, <strong>di</strong> concerto con altri suoiconfratelli. Per quanto riguarda la smentita,posso ricordare che la Curia Arcivescovilenon è nuova a prese <strong>di</strong> posizioni del<strong>gen</strong>ere. Sono convinti che basta dare deibugiar<strong>di</strong> per essere cre<strong>di</strong>bili. Credo cheanche Lei abbia notato, nella penultimafrase, lo stile biasimevole <strong>di</strong> ammantarsicon meriti non propri. Se fosse <strong>di</strong>peso solodal Card. Poletto la S. Messa alla Misericor<strong>di</strong>asarebbe stata annullata. Lo sannotutti in Curia. Non rispon<strong>di</strong>amo neanchealle accuse <strong>di</strong> falsità e <strong>di</strong> calunnia, aspettiamoche il Car<strong>di</strong>nale ci quereli. Moltocor<strong>di</strong>almente, C. Cammarata». Insomma:Per il Card. Tettamanzi il motu proprio non riguardala <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Milano. Quando si <strong>di</strong>ce fortuna...!si lancia il sasso e si nasconde la mano;chiara tecnica carbonara.Più furbo invece è stato l’Arcivescovo<strong>di</strong> Milano, Sua Em.za Car<strong>di</strong>nalDionigi Tettamanzi, il quale si è trincerato<strong>di</strong>etro il fatto che il Motu Proprio riguarderebbesolo il Rito romano: perciò Milano èsalva! Il 24 agosto l’Arciprete del Duomoe vicepresidente della Congregazioneper il rito ambrosiano, Monsignor LuigiManganini, ha inviato una siffatta lettera aidecani della Diocesi <strong>di</strong> Milano: «Le normeemanate dal Papa entrano in vigore il 14settembre <strong>di</strong> questo anno e riguardano,come è ovvio, le parrocchie e le comunità<strong>di</strong> Rito Romano presenti in Diocesi […].Per quanto attiene il Rito Ambrosiano,l’apposita Congregazione […] confermale in<strong>di</strong>cazioni date ad experimentum alVicario Episcopale per la Città <strong>di</strong> Milano il31 luglio 1985». Il che significa: scordatevila Messa tra<strong>di</strong>zionale e se proprio ne avetevoglia, fate una passeggiata alla Chiesa delGentilino a Milano. Ma il Car<strong>di</strong>nale, perbocca del Monsignore, ha anche messo lemani avanti in vista <strong>di</strong> una eventuale retti-Finestra sulla Chiesa27La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


fica da parte della <strong>San</strong>ta Sede: «I fedeli delGentilino non sono un gruppo stabile» (IlGiornale, 4 settembre 2007). Il sillogismoè da brivido: poiché la Messa può esserechiesta da un gruppo stabile e gli unici chepossono chiederla sono quelli del Gentilino(che non sono un gruppo stabile), la Messanon può essere richiesta da nessuno…E dopo i “picchiati” <strong>di</strong> Torino e gli“instabili” <strong>di</strong> Milano, finiamo in bellezzacon il tentativo <strong>di</strong> “golpe” da parte <strong>di</strong>alcuni Vescovi. Il 19 settembre, il Consigliopermanente della CEI ha <strong>di</strong>scusso il MotuProprio <strong>di</strong> Benedetto XVI. Alcuni prelati– tra i quali l’Arcivescovo <strong>di</strong> Chieti-Vasto,Monsignor Bruno Forte, l’Arcivescovo<strong>di</strong> Lucca, Monsignor Benvenuto ItaloCastellani, l’Arcivescovo <strong>di</strong> Palermo,Monsignor Paolo Romeo – manifestando leproprie preoccupazioni, hanno chiesto allaCEI <strong>di</strong> preparare una Nota interpretativadella <strong>di</strong>rettiva del Papa. La speranza?Quella <strong>di</strong> “restringerne” l’applicazione.Già da qualche giorno su internet giravauno stu<strong>di</strong>o a cura dei responsabili dellaSettimana liturgico-pastorale <strong>di</strong> Camaldoli,dell’Istituto Pastorale dell’Abbazia <strong>di</strong> S.Giustina <strong>di</strong> Padova e dell’AssociazioneProfessori e Cultori <strong>di</strong> Liturgia. Secondoquesto breve stu<strong>di</strong>o, per poter richiedere laMessa tridentina «occorre che si tratti <strong>di</strong> ungruppo con la caratteristica della “stabilità”e che risulti “aderente” alla tra<strong>di</strong>zioneliturgica antica». Ergo: «Si esclude ungruppo pur numeroso, ma occasionale;si esclude una richiesta pur stabile, ma<strong>di</strong> un singolo; si esclude un gruppo <strong>di</strong>persone, pur cospicuo e stabile i cui membrinon siano appartenenti alla medesimaparrocchia al cui parroco viene rivolta ladomanda; si esclude anche una richiestadell’ “uso extraor<strong>di</strong>nario” dovuto non aduna “aderenza strutturale” alla precedentetra<strong>di</strong>zione, ma ad un caso o ad una circostanzaparticolari». Ma non è finita! Oltre alleprecedenti con<strong>di</strong>zioni dette “oggettive”, neoccorrono contemporaneamente anche altre“soggettive”: «Il requisito <strong>di</strong> una adeguata“formazione liturgica” comporta una buonaconoscenza ed una provata confidenza con ilrito […]. Allo stesso modo […] presupponela capacità dei membri del gruppo stabilerichiedente <strong>di</strong> entrare adeguatamente nellacomunicazione verbale latina che struttura iltesto rituale». Quando si <strong>di</strong>ce l’ermeneuticadel testo…MESSALE DI SAN PIO V E DIPAOLO VI:ROTTURA O CONTINUITÀ?Quel che accomuna ebrei, “no global”e “carbonari” è la convinzione che la “riammissione”della Messa tridentina costituiscauna cesura o quanto meno una <strong>di</strong>stonia conla linea inaugurata dal Concilio VaticanoII e proseguita nella riforma liturgica del1969. Rottura, passo in<strong>di</strong>etro, vanificazionedella riforma…: tale il vocabolario usato dapiù parti. E questa è senz’altro una novità.Prima che le voci <strong>di</strong> un’iniziativa del <strong>San</strong>toPadre in favore del Rito tra<strong>di</strong>zionale assumesserouna certa consistenza per poi <strong>di</strong>venirerealtà, nel mondo conciliare c’era calmapiatta. Quelle della <strong>Fraternità</strong> <strong>San</strong> <strong>Pio</strong> X, <strong>di</strong>Unavox e <strong>di</strong> pochi altri erano voci che gridavanonel deserto. Ora invece è innegabileche il <strong>di</strong>battito su “rottura o continuità” tra idue riti stia acquistando consistenza. Tant’èche la <strong>San</strong>ta Sede, sulle pagine dell’OsservatoreRomano, si è premurata <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffonderedue interventi <strong>di</strong> peso, per convincere chenon c’è nessuna ripensamento del Concilioné della riforma liturgica, nessun <strong>di</strong>etrofront. In un’intervista rilasciata a MaurizioFontana per i cinquant’anni dell’enciclica<strong>di</strong> <strong>Pio</strong> XII Me<strong>di</strong>ator Dei, il Segretario dellaCongregazione per il Culto Divino, Mons.Ranjith, ha riba<strong>di</strong>to che «non c’era e nonc’è una cesura tra un prima e un dopo,c’è invece una linea continuativa». E piùampiamente ha spiegato: «Il Car<strong>di</strong>nale Ratzinger– nel Rapporto sulla fede – parlavadella <strong>di</strong>stinzione tra una interpretazionefedele del Concilio e un approccio piuttostoavventuroso e irreale allo stesso, portatoavanti da certi circoli teologici animati daquello che veniva definito lo “spirito delConcilio” e che lui invece definisce “antispirito” o Konzils-Ungeist. Tale <strong>di</strong>stinzionesi può cogliere anche relativamente a quantoaccaduto in materia liturgica: in <strong>di</strong>verseinnovazioni introdotte si possono infattiLa Tra<strong>di</strong>zioneCattolica28


iscontrare delle <strong>di</strong>fferenze sostanziali trail testo della Sacrosantum Concilium ela riforma postconciliare portata avanti.È vero che il documento lasciava spaziaperti all’interpretazione e alla ricerca, maciò non vuol <strong>di</strong>re che esso invitasse a unrinnovamento liturgico inteso come qualcosada realizzare ex novo; al contrario,esso s’inseriva pienamente nella tra<strong>di</strong>zionedella Chiesa» (Osservatore Romano, 19-20novembre 2007).Il teologo don Nicola Bux si situanella medesima prospettiva <strong>di</strong> continuità,mettendo in luce l’aspetto ecclesiologico:«Annotavamo all’inizio, che la causa remotadell’opposizione al rito romano antico èaltra. In non pochi interventi contrari alMotu proprio si avanza la tesi <strong>di</strong> non potersiriconoscere nella Chiesa espressa dal messale<strong>di</strong> san <strong>Pio</strong> V, malgrado abbia conosciutoancora una rie<strong>di</strong>zione col beato GiovanniXXIII e con esso si sia celebrato durante ilconcilio ecumenico Vaticano II; ora, comecombinarla con l’affermazione fatta daPaolo VI durante l’assise: “nulla veramentecambia della dottrina tra<strong>di</strong>zionale. Ciò cheCristo volle, vogliamo noi pure. Ciò che eraresta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò,noi insegniamo parimenti”?» (OsservatoreRomano, 18 novembre 2007).Ora è chiaro che il rifiuto <strong>di</strong> rotture,rivoluzioni e quant’altro all’interno dellaChiesa non può che essere lodevole. Maresta il problema dell’effettiva continuitàdel Vaticano II con il Magistero precedentee parimenti del Messale <strong>di</strong> san <strong>Pio</strong> V conquello <strong>di</strong> Paolo VI. Non basta affermareuna continuità che <strong>di</strong> fatto non si riescea <strong>di</strong>mostrare, non solo nei testi, ma ancorpiù nella realtà. Infatti la crisi del mondocattolico, che è sotto gli occhi <strong>di</strong> tutti, è lamanifestazione più eloquente che il nuovocorso ecclesiale non è nella linea della Tra<strong>di</strong>zionedella Chiesa. È come quando in unorganismo c’è un’infezione: la febbre chesi verifica è nel contempo manifestazionee reazione alla presenza <strong>di</strong> microbi, cioècorpi estranei all’organismo stesso. E unavera terapia curativa mira all’eliminazionedell’infezione, debellando i corpi estraneie non alla semplice riduzione della temperatura.La Chiesa è il Corpo mistico <strong>di</strong>Cristo e non sopporta “corpi estranei” al suointerno; vale a <strong>di</strong>re che quando si immettonoin essa elementi che la infettino, elementicioè estranei alla Tra<strong>di</strong>zione, si <strong>gen</strong>era unacrisi all’interno del Corpo mistico. La crisiè dunque l’effetto più chiaro ed evidenteche all’interno della Chiesa sono statiintrodotti elementi non cattolici. E la terapiaconsiste precisamente nell’eliminazione <strong>di</strong>questi elementi estranei e non nel semplicecontenimento della crisi. Se si vuole veramenteuscire da questa tremenda situazioneche i Papi successivi al Concilio VaticanoII, compreso S.S. Benedetto XVI, hannodenunciato, occorre avere il coraggio <strong>di</strong>identificare l’errore laddove esso si trovarealmente e <strong>di</strong> agire per eliminarlo. È veroche il Corpo mistico non può perire: maquale la sorte eterna <strong>di</strong> tante anime?È esplicitamente su questo che vorremmosi realizzassero gli auspici <strong>di</strong> donNicola Bux: «Bisogna incontrarsi e confrontarsisenza pregiu<strong>di</strong>zio e con grandecarità». È quello che la <strong>Fraternità</strong> <strong>San</strong> <strong>Pio</strong> Xchiede da tempo. Sarà forse giunto il tantoatteso momento?Note( 1 ) P. FARINELLA, Ritorno all’antica Messa, S. Pietroin Cariano, 2007, p. 36.( 2 ) Ibidem, p. 40.In<strong>di</strong>chiamo <strong>di</strong> seguito i libri sul Motu proprio“Summorum Pontifium” pubblicati:- M. SODI, Il Messale <strong>di</strong> <strong>Pio</strong> V. Perché laMessa in latino nel III millennio?, E<strong>di</strong>zioniMessaggero Padova, 2007, 48 pagine (siveda l’articolo relativo in questo numerode La Tra<strong>di</strong>zione cattolica).- F. AGNOLI – K. GAMBER, La LiturgiaTra<strong>di</strong>zionale. Le ragioni del Motu Propriosulla Messa in latino, Ed. Fede & Cultura,2007, 64 pagine. Ben fatto.- P. FARINELLA, Ritorno all’anticamessa. Nuovi problemi e interrogativi,Il Segno dei Gabrielli E<strong>di</strong>tori, 2007, 77pagine. Polemico ma interessante.- P. SIFFI, La Messa <strong>di</strong> <strong>San</strong> <strong>Pio</strong> V. Osservazionisul rito tridentino in risposta ai criticidel Motu Proprio, Ed. Marietti, 2007,155 pagine. Buona documentazione.Finestra sulla Chiesa29La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


Vacanze cristiane per le famiglie• Giovani sulle Dolomitidal 16 la 26 luglio: don FlorianoAbrahamowicz La Tra<strong>di</strong>zione30541.72.77.67Cattolicaa Rodengo (BZ), sopra a Bressanone, a 990 m. s.l.m.Casa Plonerhof (albergo in autogestione)dal 7 al 18 agosto 2008<strong>San</strong>ta Messa quoti<strong>di</strong>ana, escursioni libere e organizzate, conferenze.Don Davide Pagliarani e don Luigi Moncalero saranno presentidurante tutto il soggiorno.• Sistemazione in stanze da 2, 3, 4 letti con servizi.• Portare lenzuola e asciugamani.• Ognuno s’incarica della pulizia della propria stanza.• Sarà richiesta la buona volontà da parte <strong>di</strong> tutti per apparecchiare, lavarei piatti, ecc.PrezziDai 13 anni compiuti: € 20,00 al giorno (per 11 gg. € 220,00)Da 2-12 anni: € 15,00 al giorno (per 11 gg. € 165,00)Sotto i 2 anni:gratuito (portare lettini e prevedere le pappe)N.B. Questi prezzi sono vali<strong>di</strong> solo se si resta per tutto i periodo: <strong>di</strong>versamentei prezzi vanno ritoccati proporzionalmente al rialzo. Non esitate a contattaregli organizzatori. Con<strong>di</strong>zioni particolari per le famiglie numerose.Attenzione: i posti sono limitati (85)Le iscrizioni si prendono fino ad esaurimento dei posti: si terrà conto della data.Una caparra <strong>di</strong> € 50,00 a persona è necessaria all’atto dell’iscrizione.Informazioni e iscrizioni:Priorato Madonna <strong>di</strong> LoretoTel. 0541.72.77.67 – Fax 0541.72.60.75 – e-mail rimini@sanpiox.itCampeggi estivi per la gioventùRagazzi• 7-14 anni a Maioletto (PU)dal 6 al 20 luglio: don MauroTranquillo e don Chad Kinneytel. 0541.72.77.67• Adolescenti (a partire da 14 annicompiuti) in Toscanadal 3 al 13 luglio: don LudovicoSentagne 0541.72.77.67Ragazze• 7-14 anni ad Albano (RM)dal 5 al 19 luglio: Sr. Rosaria.Iscrizioni: don Aldo Rossitel. 06.930.68.16• Adolescenti (a partire da 14 annicompiuti) in Alto A<strong>di</strong>gedal 16 al 30 luglio: Sr. Maria Ritatel. 0744.79.61.71


Lʼideologiache detesta il Messale tridentinoTra le reazioni più imme<strong>di</strong>ate esignificative al motu proprio SummorumPontificum va certamente annoverata quella<strong>di</strong> don Manlio So<strong>di</strong>, noto liturgista dellascuola <strong>di</strong> <strong>San</strong>ta Giustina <strong>di</strong> Padova nonché<strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> Rivista Liturgica. Il Nostro èpure docente presso l’Ateneo salesiano<strong>di</strong> Roma, è autore <strong>di</strong> una cospicua eimpressionante mole <strong>di</strong> opere <strong>di</strong> argomentoliturgico ed è considerato un’autorità inmateria <strong>di</strong> liturgia.Nel mese <strong>di</strong> luglio scorso, So<strong>di</strong> haimme<strong>di</strong>atamente pubblicato, per le E<strong>di</strong>zioniMessaggero <strong>di</strong> Padova, un libretto tascabileattraverso cui intenderebbe fornire elementisupplementari per capire le ragioni delmotu proprio; in realtà l’autore si fasemplicemente portavoce <strong>di</strong> una cospicuaarea <strong>di</strong> pensiero tutt’altro che favorevolealla riabilitazione del rito tridentino.Proprio per questo motivo ci èsembrato interessante analizzare qualisiano le argomentazioni chiave <strong>di</strong> So<strong>di</strong> equin<strong>di</strong> evidenziare come la tesi <strong>di</strong> fondo,<strong>di</strong> cui egli si fa portavoce e che certamentecon<strong>di</strong>vide, non sia congruente con la realtàma muova da una posizione aprioristica e<strong>di</strong> carattere prettamente ideologico.Infatti l’Autore - <strong>di</strong>etro un’affettataprofessione <strong>di</strong> pacatezza - ha ben chiaro qualesia il pericolo che deve essere scongiuratoe questo spiega l’impressionante rapi<strong>di</strong>tà,tutt’altro che pacata, della pubblicazionedelle sue riflessioni: «Il vero punto <strong>di</strong>scontro è costituito dai contenuti delConcilio Vaticano II. È l’autorevolezza<strong>di</strong> questa assise conciliare che è posta indubbio; è la non accettazione <strong>di</strong> alcune suelinee che crea problemi» (Manlio So<strong>di</strong>, IlMessale <strong>di</strong> <strong>Pio</strong> V, Ed. Messaggero, Padova,luglio 2007, p. 37).<strong>di</strong> don Davide PagliaraniLA TESI DI FONDOSo<strong>di</strong>, dopo aver promesso ai lettori <strong>di</strong>fornire criteri scientifici per una valutazioneserena delle vicende inerenti al Messale <strong>di</strong><strong>San</strong> <strong>Pio</strong> V, <strong>di</strong>mostra come la superioritàdel Messale <strong>di</strong> Paolo VI sia una veritàscontata.Quali sono dunque gli elementiportanti che fonderebbero la superiorità delnuovo Messale?Si tratta <strong>di</strong> una ricchezza evidentissimain termini <strong>di</strong> raccolta <strong>di</strong> preghiereeucaristiche, <strong>di</strong> collette, <strong>di</strong> prefazi, ecc… masoprattutto della superiorità schiacciantedel numero e della varietà delle letturepresenti nel nuovo Lezionario: focalizzeremoquin<strong>di</strong> la nostra attenzione suquesto punto centrale, soprassedendosull’onestà <strong>di</strong> So<strong>di</strong> che non accennaminimamente a fornire degli elementi <strong>di</strong>valutazione - ad esempio - sulla <strong>di</strong>fferenzaesistente tra i due offertori nei rispettivimessali.Manlio So<strong>di</strong>, autorevole liturgista.Finestra sulla Chiesa31La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


questo libro «nel Messale tridentino avevaassunto la forma più ridotta che mai abbiapotuto conoscere nella storia del Ritoromano» (p. 24).Il So<strong>di</strong>, che al termine Messa o <strong>San</strong>toSacrificio preferisce quello <strong>di</strong> Eucaristia(p. 11), ci spiega che la liturgia romanaavrebbe conosciuto uno sviluppo linearee armonico durante il primo millennioper poi conoscere un lento ma inesorabileprocesso <strong>di</strong> crisi - a partire grosso mododal basso me<strong>di</strong>oevo - in cui le cerimoniecominciavano ad essere appannaggioesclusivo <strong>di</strong> un clero mal preparato che sioccupava <strong>di</strong> tutto mentre il popolo assistevapassivamente a dei riti incomprensibilie <strong>di</strong> conseguenza insignificanti all’attopratico: «…Il clero ripete cerimonie, spessosenza comprenderle; il popolo partecipamuto, anzi comincia a elaborare preghiereproprie più semplici che, nelle forme dellapietà popolare, avranno uno sviluppoimprevisto. È questa la situazione cui haportato una liturgia che non parlava più anessuno anche a motivo della lingua, cheaffascinava per il suo misticismo… maquale legame con la vita?» (p. 22). Questoprocesso <strong>di</strong> decadenza sarebbe durato circamille anni, fino al 1970, data in cui i fedelisarebbero stati riammessi a con<strong>di</strong>videre lacomprensione dei misteri liturgici.Il segno più tangibile <strong>di</strong> questo“recupero” è indubbiamente, nell’ottica <strong>di</strong>So<strong>di</strong>, la ricomparsa del Lezionario comelibro separato, peraltro ricchissimo, allorchéIL NUOVO TOTEM:LA MENSA DELLA PAROLAIl Lezionario è <strong>di</strong> fatto - nell’ottica<strong>di</strong> So<strong>di</strong> - più fondamentale del Messalestesso.Esso serve per celebrare la Parola cherende Cristo presente nell’assemblea riunita:«Il contenuto del Lezionario è essenzialeper la celebrazione, perché non si puòattuare nessuna celebrazione dell’Eucarestiao <strong>di</strong> qualunque altro sacramento seprima l’assemblea non accoglie la proclamazionedella Parola <strong>di</strong> Dio. Per questoil Lezionario è il primo e fondamentalelibro; senza <strong>di</strong> esso non si può attuarenessuna celebrazione» (p. 12).Il nerbo che costituisce l’argomentazionecentrale <strong>di</strong> So<strong>di</strong> non è che unaconseguenza <strong>di</strong> queste premesse: la liturgiaromana non ha mai avuto a <strong>di</strong>sposizione unLezionario così ricco come quello o<strong>di</strong>erno,mentre mai ne ebbe uno così povero comenel Messale tridentino. La Parola interessavapoco, era ignorata, non era proclamatacome si deve nell’assemblea riunita: <strong>di</strong>conseguenza la presenza <strong>di</strong> Cristo eracome ostacolata da una carenza cronica<strong>di</strong> quella consapevolezza che è frutto dell’annuncionell’assemblea (p. 27). Graziea Dio - secondo il So<strong>di</strong> - questa consapevolezzaoggi c’è e gli ottimi frutti dellariforma liturgica sono evidenti per tutti: «Iltempo però ha dato ragione alle intuizioniconciliari e all’opera che ne è seguita: latestimonianza della vitalità e dei risultatidella pastorale o<strong>di</strong>erna costituisceil segno eloquente <strong>di</strong> una liturgia chese ben preparata, presieduta e animataè capace <strong>di</strong> realizzare l’incontro tra ilfedele e Dio Trinità attraverso i santisegni» (p. 16).Quest’ultima citazione ci sembraun “segno eloquente” <strong>di</strong> come unapproccio ideologico con la realtà nefalsifichi qualunque tipo <strong>di</strong> analisi e <strong>di</strong>valutazione. Trattandosi - come accennatoLa Tra<strong>di</strong>zioneCattolica32


- <strong>di</strong> un atteggiamento <strong>di</strong>ffuso, è opportunosintetizzarne schematicamente gli errorie le incongruenze sul piano teologico,liturgico e pastorale.ERRORI TEOLOGICIIl primo e fondamentale errore <strong>di</strong>So<strong>di</strong> è quello <strong>di</strong> sottolineare in modospropositato «che Cristo è presente nellasua Parola quando questa si proclamanell’assemblea», <strong>di</strong> conseguenza le letturehanno un’importanza almeno equivalentea quella della “preghiera eucaristica”. Sitratta <strong>di</strong> uno degli errori fondamentali <strong>di</strong>Lutero, a cui i testi ambigui del Conciliohanno riaperto le porte.Infatti, cosa accadde nell’imme<strong>di</strong>atopostconcilio?La fuorviante venerazione per laParola e per la Liturgia della Parola,volutamente scissa e <strong>di</strong>stinta dalla LiturgiaSacrificale, era <strong>di</strong>venuta tale che, nel1968, la Commissione Pontificia perl’interpretazione del Concilio fu interpellataper rispondere ad un quesito inerente al cap.VI, §21, della Costituzione dogmaticaDei Verbum. Il quesito è allucinante ed ilfatto che una commissione presieduta daun Car<strong>di</strong>nale vi abbia dovuto rispondereè in<strong>di</strong>ce significativo della confusione incui il Concilio aveva gettato la Chiesa: ci sichiedeva in pratica se Nostro Signore fossepresente allo stesso modo nella Bibbia enell’Ostia consacrata.Ecco il testo ufficiale del quesito edella relativa risposta:D. Nelle parole della costituzionedogmatica sulla <strong>di</strong>vina rivelazione Deiverbum: “La chiesa ha sempre venerato le<strong>di</strong>vine Scritture come ha fatto per il corpostesso del Signore, non mancando mai,soprattutto nella sacra liturgia, <strong>di</strong> nutrirsidel pane <strong>di</strong> vita dalla mensa sia della parola<strong>di</strong> Dio sia del corpo <strong>di</strong> Cristo”, l’avverbio“come” vuole significare la stessa cosa,cioè che si deve uguale venerazione allasacra Scrittura e alla ss. eucaristia?R. Si deve attribuire venerazione siaalla sacra Scrittura, sia al corpo del Signore,in modo o per motivo tuttavia <strong>di</strong>verso,come si desume dalla costituzione sullasacra liturgia Sacrosanctum concilium, n. 7,dall’enciclica Mysterium fidei del 3/9/1965e dall’istruzione Eucharisticum mysterium,n. 9 del 25/5/1967. (Ench. Bibl., 101).A <strong>di</strong>re il vero la citata Sacrosanctumconcilium non era stata molto più chiaradella Dei verbum su questo punto; glialtri due documenti rappresentano duetentativi per arginare quell’interpretazioneneoprotestante che caratterizzò l’imme<strong>di</strong>atopostconcilio.Ma ciò che più fa riflettere è la banalità<strong>di</strong> un tale quesito unitamente alla necessità<strong>di</strong> darvi risposta: eppure su tali basi ed intale clima si stava lavorando alla stesura <strong>di</strong>quel Messale che sarebbe il più ricco maiconosciuto dalla Chiesa romana!Ci sembra comprensibile che aquarant’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, le idee <strong>di</strong> So<strong>di</strong> nonpossano essere molto più chiare.In realtà la presenza <strong>di</strong> Cristo nellaParola proclamata nell’assemblea non èche puramente spirituale; essa può essereassolutizzata - come fa So<strong>di</strong> - solo in unaprospettiva neoluterana, in cui il Popolo <strong>di</strong>Dio accoglie Cristo nel momento in cui Eglisi annuncia attraverso la Parola e della cuipresenza invisibile l’Ostia non sarà altro chesegno visibile: è il passaggio dall’autocon-La celebrazione della Parola durante la Nuova Messa.Finestra sulla Chiesa33La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


Per Lutero l’annuncio della Parola rendepresente Cristo nell’assemblea dei fedeli.sapevolezza comunitaria all’epifania comunitaria;piaccia o no, in questa prospettivala preghiera eucaristica <strong>di</strong>venta accessoriaalla liturgia della Parola. Ecco perché senzal’annuncio della Parola la celebrazionedella Messa e degli altri Sacramenti nonè più possibile nell’ottica <strong>di</strong> don So<strong>di</strong>.Ecco perché la parte <strong>di</strong>dattica dellaMessa o Messa dei catecumeni viene oggichiamata solennemente “Liturgia dellaParola”, ad in<strong>di</strong>care non tanto un momento<strong>di</strong> istruzione dei fedeli propedeuticoalla celebrazione del Sacrificio, bensì lacelebrazione della presenza <strong>di</strong> Cristo nellaParola stessa.Si noti inoltre che in questo processol’Assemblea che proclama, celebra eaccoglie <strong>di</strong>rettamente la Parola/Cristo è atutti gli effetti l’unico soggetto celebrante:proprio come voleva Lutero che non credevain nessuna me<strong>di</strong>azione e in nessunaltro sacerdozio se non in quello universaledei fedeli.In realtà non fu mai così nella Storiadella Chiesa e della liturgia: «In origine,tutte le Letture della Messa, Vangelocompreso, furono devolute ad un lettore.Il Lettorato si presenta infatti come il piùantico e importante degli Or<strong>di</strong>ni minori»(M. Righetti, Storia Liturgica, vol. III, p.260). Questo testimonia che da sempre laChiesa ha riservato la lettura del testo sacroa chi aveva ricevuto almeno l’Or<strong>di</strong>ne minoredel Lettorato. La me<strong>di</strong>azione ministerialeveniva così salvaguardata a testimonianzadel fatto che non è la Sacra Scrittura insé stessa ad essere celebrata, bensì il suoannuncio per mezzo della Chiesa gerarchica.Il nuovo messale ha in un certo modosposato il principio protestante del liberoesame, espresso dal fatto che qualsiasi laicopuò leggere le Lezioni durante la Messa.Questa deviazione viene espressa anchedall’art. 9 dell’Institutio <strong>gen</strong>eralis MissaliRomani: «Quando nella Chiesa si legge laSacra Scrittura, è Dio stesso che parla alsuo popolo, ed è Cristo, presente nella suaparola, che annunzia il suo Vangelo».Il secondo errore <strong>di</strong> So<strong>di</strong> è contro laChiesa stessa. Egli attribuisce <strong>di</strong> fatto ognipossibile decadenza o carenza in materia <strong>di</strong>liturgia alla liturgia stessa che durante milleanni sarebbe evoluta in un senso negativo,toccando il fondo con il depauperamento <strong>di</strong>cui l’e<strong>di</strong>zione tipica del Messale tridentinosarebbe testimone. Era una liturgia «...chenon parlava più a nessuno e senza alcunlegame con la vita».Per un liturgista questa prospettiva ègravissima e confonde due problemi chenecessiterebbero invece una <strong>di</strong>stinzioneelementare; una cosa è <strong>di</strong>re che i fedeli o lostesso clero in alcuni perio<strong>di</strong> storici abbianoperso lo spirito liturgico e <strong>di</strong> conseguenza lacomprensione dei riti liturgici e l’interesseper i medesimi: si tratta certamente <strong>di</strong> untriste fenomeno che va analizzato storicamenteaiutando i fedeli e lo stesso clerocon dei mezzi pastorali adeguati; altra cosainvece è sostenere che la Chiesa abbia percirca mille anni nutrito i suoi figli (e i suoisanti) con una liturgia incomprensibile e- <strong>di</strong> fatto - insignificante e senza legamecon la vita.Nel primo caso il problema èestrinseco, nel secondo è intrinseco allaliturgia stessa e pone dei problemi insolvibilisul piano teologico, in quanto la Chiesa- sola istituzione competente in materialiturgica - sarebbe come tale responsabileLa Tra<strong>di</strong>zioneCattolica34


<strong>di</strong> una evoluzione della liturgia in senso<strong>di</strong>somo<strong>gen</strong>eo, de<strong>gen</strong>erativo e decadente.In altri termini So<strong>di</strong> tratta la liturgiacome un fenomeno puramente sociologico,quin<strong>di</strong> storicamente suscettibile <strong>di</strong> alti ebassi, <strong>di</strong>menticando il ruolo che la Chiesa- guidata dallo Spirito <strong>San</strong>to - gioca nellostabilire le regole del culto <strong>di</strong>vino <strong>di</strong> cui èMaestra in quanto Sposa <strong>di</strong> Cristo.Su questi presupposti si innesta unerrore ben identificato da <strong>Pio</strong> XII: l’archeologismoliturgico, cioè il recupero <strong>di</strong>antichissimi elementi o usi liturgici non piùin uso. Infatti se la Chiesa è stata guidatadallo Spirito <strong>San</strong>to attraverso la Storia, lasua liturgia non può aver perduto nulla <strong>di</strong>essenziale, pertanto il presunto ritorno alleorigini nonché la riesumazione <strong>di</strong> alcunireperti archeologico-liturgici caduti in<strong>di</strong>suso da secoli non sono consoni all’indolesoprannaturale della liturgia stessa, mane presuppongono la possibile corruzionecome per qualsiasi realtà umana.ERRORI LITURGICIDa un punto <strong>di</strong> vista strettamenteliturgico don So<strong>di</strong> non si rende conto che la“Parola” non solo è proclamata ma è veneratanel rito tridentino con una solennitàed una sacralità perdute - almeno in buonaparte - nel nuovo rito. Fermo restando cheil rito tra<strong>di</strong>zionale non presuppone e nonammette gli equivoci teologici <strong>di</strong> cui sopra,paradossalmente tale rito educa sia il fedeleche il sacerdote ad un rispetto per il TestoSacro praticamente assente nella liturgia<strong>di</strong> Paolo VI.Senza questo presupposto, qualunquetipo <strong>di</strong> proclamazione, <strong>di</strong> lettura, <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>obiblico o <strong>di</strong> esegesi sono semplicementeinutili.Ci permettiamo <strong>di</strong> fornire alcunielementi <strong>di</strong> valutazione.Innanzitutto dovrebbe far riflettere ilfatto che sia in Occidente che in Orientetutte le liturgie tra<strong>di</strong>zionali abbiano sempreutilizzato lingue sacre per declamare il testobiblico nelle <strong>di</strong>fferenti liturgie.Pertanto l’uso <strong>di</strong> una lingua sacranon è semplicemente un artificio per provocareun feeling emotivo <strong>di</strong> misticismo,Il Diacono Stefano con in mano l’Evangeliario.La lettura dei Testi sacri nel corso della liturgiaè sempre stata la prerogativa dei chierici.bensì un mezzo estremamente efficace perfar comprendere che la Parola cioè la SacraScrittura racchiude dei misteri soprannaturalie che quin<strong>di</strong> va venerata evitando quellabanalità che rappresenta il frutto più maturodella riforma e degli esperimenti liturgicipostconciliari.Quei testi sacri appartengono allaChiesa il cui Magistero ne custo<strong>di</strong>sce ilsenso: sta a Lei onorarli, decidere comecusto<strong>di</strong>rli, tradurli, presentarli e spiegarliai fedeli. Il Testo Sacro non appartiene alPopolo <strong>di</strong> Dio nei termini e nelle modalitàusurpati da Lutero.Di fatto questa <strong>di</strong>mensione non esistepiù, se non virtualmente, dopo la riformaliturgica la quale nella pratica escludel’utilizzo <strong>di</strong> una lingua sacra.Nella Messa tridentina il <strong>San</strong>to Vangelo,culmine della “Parola”, è simbolicamentedeclamato verso il Nord (cioè nella<strong>di</strong>rezione che dal centro dell’altare guardaFinestra sulla Chiesa35La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


verso sinistra), ad in<strong>di</strong>care la potenzasalvifica del suo annuncio per tutti coloroche vivono nel buio o nel freddo spirituali,rappresentati dal Settentrione.La lettura del brano evangelico èsempre preceduta da una breve pausadurante la quale il sacerdote, profondamenteinclinato, recita una preghiera chenon possiamo non trascrivere: «Purificail mio cuore e le mie labbra, o Dio onnipotente,Tu che purificasti le labbra delprofeta Isaia con un carbone ardente.Degnati per la tua misericor<strong>di</strong>osa bontà <strong>di</strong>rendermi puro affinché possa annunziarein modo degno il tuo santo Vangelo. PerCristo Nostro Signore. Amen.Dammi, Signore, la tua bene<strong>di</strong>zione.Il Signore sia nel mio cuore e sulle mielabbra, affinché io proclami in modo degnoe conveniente il suo Vangelo. Amen».Di questa preghiera sublime, testimonedella venerazione della Chiesa peril testo sacro, non rimane che un sempliceframmento nel nuovo Messale: «Purificail mio cuore e le mie labbra, Dio onnipotente,perché possa annunziare degnamenteil tuo Vangelo».Non ci attar<strong>di</strong>amo su elementi presentiin entrambi i messali, come ad esempiol’incensazione del testo del Vangelonelle celebrazioni più solenni.Ma ciò che più attira l’attenzionedell’osservatore anche meno attento, è ilfatto che solo un chierico in sacris (cioègià consacrato e vincolato alla Chiesa persempre), sia autorizzato a declamare l’epistolanella Messa tridentina; al contrariol’introduzione sistematica <strong>di</strong> laici e <strong>di</strong>laiche - propria al nuovo rito - con questamedesima funzione ha reso la celebrazionedella “Parola” sempre più simile a un raccontocomune e ad una novella profana,facilmente accessibile e comprensibile nelsuo significato materiale, ma priva <strong>di</strong> quellasacralità in<strong>di</strong>spensabile per potersi accostareseriamente alla “Parola” stessa comea qualunque altra realtà soprannaturale.Per quanto riguarda la prosopopeadella ricchezza del nuovo Lezionariofestivo, ripartito in un ciclo <strong>di</strong> tre anni,Antica e preziosa copertina <strong>di</strong> Evangeliarioper uso liturgico.chiamati in modo poco elegante ABC, So<strong>di</strong>non si rende conto <strong>di</strong> esaltare una delletrovate meno liturgiche della riforma.È infatti principio basilare della liturgiail porre Nostro Signore al centro dell’attenzionee della me<strong>di</strong>tazione dei fedeli. Orala sublime perfezione dell’anno liturgicoconsiste proprio nel fatto che il ventagliodei misteri riguardanti Nostro Signorevenga proposto in chiave escatologica, cioèin base ad uno sviluppo che ha un inizio eduna fine, a significare che Cristo è l’Alfa el’Omega della Storia: ogni altro elementodel plesso liturgico trova una sua collocazionesolamente armonizzandosi attorno aquesto stesso ciclo il quale, rappresentandola storia della salvezza che è l’opera <strong>di</strong>Cristo, si consuma completamente e perfettamentenell’arco <strong>di</strong> un ciclo annuale.Proprio per questo - ad esempio - l’ultimadomenica dell’anno liturgico proponeil brano evangelico del giu<strong>di</strong>zio finale.Di conseguenza lo sviluppo, maivisto prima della riforma, <strong>di</strong> un ciclo<strong>di</strong> testi biblici domenicali scelti su unospazio <strong>di</strong> tre anni - a prescindere da ognialtra considerazione - è <strong>di</strong>seducativo,La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica36


Messale tridentino, oggi risulterebbe giàpastoralmente improponibile a causa delle<strong>di</strong>fficoltà che creerebbe al fedele aventeme<strong>di</strong>e conoscenze e me<strong>di</strong>a concentrazione.Ora, senza la massima attenzione ai semplicie ai piccoli, non si può nemmeno parlare<strong>di</strong> pastorale. Va poi precisato che queitesti, certamente meno numerosi rispettoa quelli contenuti nel nuovo Lezionario,non sono il risultato <strong>di</strong> un processo storico<strong>di</strong> impoverimento, bensì il frutto <strong>di</strong> unaselezione storicamente guidata dallo Spirito<strong>San</strong>to e realisticamente ratificata da <strong>San</strong>taMadre Chiesa. Il loro obiettivo non è tantoquello <strong>di</strong> impartire una irrealistica culturabiblica a ogni essere vivente, quanto piuttostoquello <strong>di</strong> scolpire nelle menti dei fedeliquei contenuti semplici, basilari e essenzialiper impostare una vita cristiana.Infine vale la pena ricordare che laSacra Scrittura per essere compresa deveessere in qualche modo semplificata,spiegata, messa alla portata dei semplici,attraverso la me<strong>di</strong>azione del celebrante;quest’ultimo poi sa bene che deve selezionarepochi e mirati elementi se vuoleseminare qualcosa <strong>di</strong> duraturo nelle animedei fedeli. Ma non basta. Il significato <strong>di</strong>un testo sacro può essere penetrato in profon<strong>di</strong>tàsolo nel raccoglimento, nell’adorazionee nel silenzio, lasciando parlare eagire lo Spirito <strong>San</strong>to più che l’assemblea olo stesso celebrante. È in queste con<strong>di</strong>zioni,realmente “umane” e “pastorali”, che unasola frase del Vangelo ha potuto illuminaregran<strong>di</strong> peccatori e provocare gran<strong>di</strong> conversioni:ecco quel legame con la vita ancorapiù caro a noi che a don So<strong>di</strong>. Ora è notoa chiunque conosca il rito tridentino comeil silenzio del Canone favorisca tantissimoquesta <strong>di</strong>mensione soprannaturale e realmenteme<strong>di</strong>tativa: probabilmente i liturgistimoderni, che non colgono questa ricchezzaincomparabile e il suo legame con la vita,non l’hanno mai sperimentata; va pure dettoche questo bisogno realmente “umano” <strong>di</strong>silenzio, oggi non può più trovare risposteal <strong>di</strong> fuori degli e<strong>di</strong>fici sacri, a causadell’oppressione esercitata dai modernimezzi <strong>di</strong> comunicazione e dallo stile <strong>di</strong> vitacontemporaneo: <strong>di</strong> conseguenza la liturgiatridentina appare ancora più “pastorale”,più adatta e liberatrice per l’uomo <strong>di</strong> oggiche non lo era per l’uomo <strong>di</strong> ieri.Prima <strong>di</strong> concludere, ci sembraopportuno focalizzare l’attenzione su <strong>di</strong>un punto che falsifica tutta la prospettivapastorale della riforma liturgica.Non basta autocertificarsi come “pastorali”per essere pastori. Spieghiamoci.Il pastore è colui che sta con le suepecore e ne conosce le <strong>di</strong>sposizioni, leattitu<strong>di</strong>ni, i limiti, i bisogni; il “pastorale”invece dà lezioni <strong>di</strong> pratica pastorale, manon conosce <strong>di</strong>rettamente le pecore. Oraun agnello o una pecora hanno bisogno <strong>di</strong>determinati cibi in determinati momenti,<strong>di</strong> tempo per crescere, per ruminare,per assimilare, <strong>di</strong> vigilanza per evitare ipericoli, ecc…Ci sembra invece che la riformaliturgica - costruita in laboratorio senzaessere il frutto <strong>di</strong> una evoluzione storicaarmonica e omo<strong>gen</strong>ea - sia stata fatta daintellettuali, specie biblisti e liturgisti,che hanno creduto <strong>di</strong> aprire una stagionepastorale nuova aumentando tantissimo laquantità e la varietà dei testi biblici nellaliturgia: si tratta <strong>di</strong> una mistagogia tipica <strong>di</strong>accademici ai quali non è dato <strong>di</strong> conoscerelo stato reale delle pecore, pastori che nonconoscono la <strong>di</strong>fferenza tra il fieno e lapaglia, tra la primavera e l’autunno, chiusiin un sistema ideologico dal quale solo unmiracolo potrà farli uscire.La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica38


Messale tridentino, Messale <strong>di</strong> Paolo VI...Un rito o due riti?<strong>di</strong> don Mauro Tranquillo«Queste due espressioni della “lex oran<strong>di</strong>”della Chiesa non porteranno in alcun modoa una <strong>di</strong>visione nella “lex creden<strong>di</strong>” (“leggedella fede”) della Chiesa; sono infatti dueusi dell’unico rito romano»(Motu proprio Summorum Pontificum, art. 1).«Non è appropriato parlare <strong>di</strong> queste duestesure del Messale Romano come se fossero“due Riti”. Si tratta, piuttosto, <strong>di</strong> unuso duplice dell’unico e medesimo Rito»(Lettera del Papa <strong>di</strong> presentazione delmedesimo motu proprio).Benedetto XVI afferma senza esitareche il Messale <strong>di</strong> Paolo VI e quello <strong>di</strong> san<strong>Pio</strong> V non sono altro che due forme delmedesimo Rito Romano, anzi sono lostesso unico Rito, numericamente in<strong>di</strong>stinte.Sarebbero due mo<strong>di</strong> d’essere, unpo’ come la sostanza dell’acqua è sempreL’unico Rito romano nella sua più alta espressione.la stessa sia in stato solido sia in statoliquido.Facciamo finta per un momento, lospazio <strong>di</strong> un articoletto, che i due Messalinon siano l’espressione <strong>di</strong> due dottrine e<strong>di</strong> due Chiese <strong>di</strong>verse. Facciamo finta chel’uno non sia il prodotto dei secoli e l’altroun’opera stu<strong>di</strong>ata a tavolino in qualchemese. Cerchiamo <strong>di</strong> applicare semplicementeai due messali i criteri abituali perdeterminare se due riti sono <strong>di</strong>stinti o sesono due varianti dello stesso. Per esempio,per restare fra i riti latini, si <strong>di</strong>ce che il ritodomenicano, il lionese o il bracarense sonomere varianti del Rito Romano; mentrel’ambrosiano o il mozarabico sono veririti a sé stanti. Su quali basi gli stu<strong>di</strong>osiaffermano queste cose? E applicando aidue Messali in questione tali criteri, a qualiconclusioni si giunge?IL CICLO DELLE LEZIONIQualcuno potrà stupirsi che sicominci da qui e non dal Canone,ma giova ricordare che non solo ilnuovo ciclo <strong>di</strong> letture è una delle piùvantate riforme del nuovo rito, maanche che la <strong>di</strong>stribuzione e la sceltadei testi della Scrittura è uno dei criterifondamentali per riconoscere laspecificità <strong>di</strong> un rito. Ecco perché inparticolare i riti domenicano o lionesenon possono essere consideratiriti a sé stanti, per quanto abbianoproprie preghiere in alcune partisecondarie della Messa e propriecerimonie per i ministri: il ciclodelle lezioni è uguale al Romano,come anche i testi delle antifone ela musica (con poche varianti significative).L’ambrosiano invece possiedeun ciclo <strong>di</strong> lezioni specifico,Liturgia39La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


leggere interi libri della Scrittura percommentarli al popolo senza interruzione,ma si trattava spesso <strong>di</strong> corsi <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cheextra-liturgici, che non escludevano delleletture fisse per le varie feste nel rito dellaMessa. La pretesa restaurazione del Lezionariocome libro liturgico in<strong>di</strong>pendente dalMessale si commenta da sola: non è certoil Lezionario dell’antica Chiesa Romanaad essere stato ripreso, ma uno del tutto<strong>di</strong>verso nell’impianto e nella scelta deitesti. La riapparizione del Lezionario comelibro autonomo (in realtà si dovrebbe <strong>di</strong>rela scomparsa delle letture dal Messale,visto che un libro con le sole lezioni èesistito sempre) è dovuta ad altri fattoriugualmente estranei al Rito Romano cheora esamineremo.che ne <strong>di</strong>mostra l’antichità e la proprietà(oltre a un canto del tutto proprio e primi<strong>gen</strong>io).Infatti se è vero che il ciclo dellelezioni si è fissato (nella sua essenza) primadella fine dell’epoca patristica (certamentelo era a Roma ai tempi <strong>di</strong> san Leone, e aMilano in parte già ai tempi <strong>di</strong> sant’Ambrogio)l’accettazione del ciclo <strong>di</strong> lezioniin uso a Roma era uno dei più chiari segni<strong>di</strong> adesione al Rito Romano, come dovetteavvenire prima in Gallia, poi in Spagna inluogo del mozarabico e probabilmente (perquanto se ne sappia) con i riti celtici.Ora il nuovo rito ha un ciclo festivo<strong>di</strong>stribuito su tre anni, concetto già estraneoal Rito Romano; uno dei tre è effettivamentesimile in alcune parti a quello romano, manemmeno coincidente; esistono due cicli <strong>di</strong>letture feriali cui si sovrappone un Lezionarioper il santorale, altri elementi da sempreignoti al Rito Romano. Ugualmente il RitoRomano conosce or<strong>di</strong>nariamente una solalezione prima del Vangelo (e questo dasempre, checché se ne <strong>di</strong>ca), il rito nuovoinvece ne ha due alle feste. Quando si pensache uno dei tratti <strong>di</strong>stintivi dell’ambrosianoè <strong>di</strong> avere or<strong>di</strong>nariamente due lezioni primadel Vangelo, si valuta la <strong>di</strong>stanza tra le duepretese forme del Rito Romano.Né si può parlare <strong>di</strong> restaurazione<strong>di</strong> un antico uso <strong>di</strong> leggere la Scritturaper intero. I Padri certo a volte facevanoMINISTRILa pluralità <strong>di</strong> libri deriva dalla pluralità<strong>di</strong> ministri che devono usarli. Se leletture furono riportate sul Messale fu perfacilitare il sacerdote che doveva leggerleall’altare nella Messa bassa. Alla Messasolenne rimase sempre un libro specificoper i ministri che le devono cantare.Il problema alla nuova Messa è chele lezioni, escluso il Vangelo, sono lette dachiunque all’ambone in qualsiasi Messa.Quin<strong>di</strong> non ha più senso che stiano nel Messaled’altare. Sapendo che la <strong>di</strong>stribuzionedelle lezioni fra i ministri è pure elementocaratteristico <strong>di</strong> un rito, si trova un altroelemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco tra rito paolino e RitoRomano. Nel Rito Romano alla Messabassa il Sacerdote legge tutto, alla cantatal’Epistola spetta al Lettore, alla solennel’Epistola al Sud<strong>di</strong>acono e il Vangelo alDiacono. Per esempio a Milano, altro rito,è caratteristico (almeno in Duomo) chele lezioni siano <strong>di</strong>versamente <strong>di</strong>stribuitea seconda della solennità delle feste (trai vari Diaconi e Sud<strong>di</strong>aconi della Messapontificale, o tra i vari Lettori).Alla nuova Messa i ministri hannoperso anche altre loro funzioni che eranotipiche nel Rito Romano. A <strong>di</strong>re il vero ilSud<strong>di</strong>acono è scomparso del tutto, cosaine<strong>di</strong>ta non solo rispetto al Rito RomanoLa Tra<strong>di</strong>zioneCattolica40


Coro <strong>di</strong> Lettori rivestiti <strong>di</strong> cotta mentrecantano i testi liturgici, guidati dal loroPrimicerio, davanti ad un leggio su cuiè posato un voluminoso libro corale.Liturgiama a tutti i riti conosciuti d’Oriente ed’Occidente… Il cambiare <strong>di</strong> attribuzionidei ministri degli or<strong>di</strong>ni inferiori è tipico<strong>di</strong> riti molto <strong>di</strong>stanti tra loro; qui più che<strong>di</strong> variazioni si dovrebbe parlare <strong>di</strong> incompatibilitàassoluta. In nessun rito chi non èDiacono può essere ministro dell’Eucaristia(anche perché è <strong>di</strong> fede). Qui i laici non sololeggono le lezioni ma pure <strong>di</strong>stribuisconola Comunione.CALENDARIOTutti sanno che una delle caratteristiche<strong>di</strong> un rito è il Calendario, tanto temporalequanto santorale, e il modo in cui i duesi sovrappongono. Il rito paolino ha mo<strong>di</strong>ficatoprofondamente il santorale (grandeparte delle feste dei santi ha cambiato data)e pesantemente il temporale. Inoltre il RitoRomano dalle origini ha come caratteristicauna certa preminenza del santorale, essendomolto legato alla celebrazione stazionaledei santi locali. Certo, questa preminenzaera già stata attenuata con la riforma <strong>di</strong> san<strong>Pio</strong> X e ancor più con quella <strong>di</strong> GiovanniXXIII, ma tale attenuazione è stata portataagli estremi da Paolo VI. Ora questo pureera uno dei punti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco più netto conaltri riti (per esempio l’ambrosiano, dovela predominanza del ciclo temporale eranettissima dai tempi più antichi).L’anno ecclesiastico è stato cosìsconvolto, con la soppressione della Settuagesimae un’organizzazione “totalmentealtra” delle domeniche dette “or<strong>di</strong>narie” econ l’invenzione <strong>di</strong> nuovi “tempi”.CANONEIl concetto stesso <strong>di</strong> Canone (preghierafissa, regola della Consacrazione),tanto comune nei riti occidentali, è deltutto scomparso dal rito paolino. Nei ritiorientali esistono più anafore, ma non alibera scelta del celebrante: alcuni giornihanno fissato l’uso <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse preghiere,tutte <strong>di</strong> composizione patristica. Ovviamentein questo concetto <strong>di</strong> molteplicità <strong>di</strong>anafore liberamente interscambiabili staun abisso rispetto alla preghiera fissa delRito Romano, e questo più <strong>di</strong> ogni altroelemento <strong>di</strong>stingue inequivocabilmente idue riti. Poco importa a questo punto cheuna delle preghiere del nuovo messale siaun po’ simile a questo Canone.Anche la formula introduttiva allaconsacrazione è variabile nelle <strong>di</strong>versepreghiere eucaristiche del nuovo messale,allorché le due formule dominanti (quella<strong>di</strong> san Paolo e quella evangelica) sarebberosecondo alcuni il segno principale epiù antico <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione dei riti: i ritioccidentali <strong>di</strong>cono <strong>gen</strong>eralmente “Quipri<strong>di</strong>e quam pateretur”, quelli orientali“In qua nocte tradebatur”. Il nuovo ritousa entrambe a seconda delle preghiereeucaristiche, e altre ancora <strong>di</strong> invenzionerecente.41La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


L’inizio del Canoneromano (“Te igitur”) inun Messale miniato delXV secolo.ALTRE DIFFERENZEImpossibile sarebbe elencarle tutte, inparticolare le enormi <strong>di</strong>fferenze cerimonialiche pure avrebbero un peso nella valutazione<strong>di</strong> un rito. Anzitutto la collocazionedel semplice sacerdote alla sede piuttostoche all’altare durante la prima parte dellaMessa; l’inserimento della cosiddetta preghieradei fedeli, da secoli in <strong>di</strong>suso nelRito Romano e certamente mai eseguitain questo modo, ma con formule fisse elitaniche che nulla hanno a che spartire conl’attuale orazionale (altro libro liturgicosconosciuto nella storia).La molteplicità dei prefazi, aumentatia <strong>di</strong>smisura, contrasta con la sobrietà<strong>di</strong>venuta caratteristica del Rito Romano inquesto campo negli ultimi quin<strong>di</strong>ci secoli.Nel Messale Romano i prefazi sono quin<strong>di</strong>ci,alcuni dei quali però molto recenti; ilnuovo rito ne ha novantaquattro, e la granparte <strong>di</strong> nuova composizione.Ricor<strong>di</strong>amo ancora tra gli altri elementi:il Pater recitato in comune (comein Oriente), lo spostamento dell’Agnus Dei,la possibilità <strong>di</strong> usare pane fermentato, laComunione del celebrante e dei fedeli, l’inversionedelle formule della bene<strong>di</strong>zione edel congedo.Non tocchiamo qui <strong>di</strong> proposito ilproblema dell’Ufficio <strong>di</strong>vino, pure cosìcaratteristico per determinare un rito: alnuovo messale corrisponde un libro d’oreche né nel Salterio né nella <strong>di</strong>sposizionedelle Ore canoniche né nella loro strutturaha un qualsiasi rapporto con il BreviarioRomano, né con quello classico né conquello riformato da san <strong>Pio</strong> X.Ugualmente non apriamo nemmenoil capitolo dell’amministrazione dei Sacramentie dei sacramentali.CONCLUSIONICi pare <strong>di</strong>mostrato ad abundantiam,semmai fosse stato necessario, quanto messalenuovo e Messale Romano siano - anchedal solo punto <strong>di</strong> vista della scienza liturgica- irriducibili ad un unico rito. Non sonodue forme <strong>di</strong> un unico Rito Romano.Questo smentisce la gratuita affermazionedel motu proprio e della lettera aiVescovi anche dal punto <strong>di</strong> vista meramentetecnico. La grande <strong>di</strong>versità non è però, loripeteremo fino alla nausea, quella <strong>di</strong> duelinguaggi <strong>di</strong>versi che esprimerebbero glistessi concetti (come per i Riti tra<strong>di</strong>zionalidella Chiesa), ma <strong>di</strong> due linguaggi <strong>di</strong>versiche esprimono concetti incompatibili sulSacrificio, sulla Chiesa, sul Sacerdozio,sulla Presenza reale. Soprattutto questospiega l’opposizione ra<strong>di</strong>cale del 90% deiVescovi alla Messa tridentina, reazione checi sembra proporzionale al rifiuto <strong>di</strong> unaconcezione veramente cattolica dei dogmilegati alla Messa alla quale sono completamentee scientemente estranei.La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica42


Lʼirreversibile cammino ecumenico, ovveroLʼintegralismo ecumenico<strong>di</strong> don Davide PagliaraniChe tristezza! Mentre aumentano leanime che abbandonano la Chiesa <strong>di</strong> Cristo(cioè la Chiesa Cattolica), che <strong>di</strong>sertanole chiese nelle quali sono state battezzate,sembra che nessuno sforzo sia compiutoper farle rientrare all’ovile, ricordando lorocon ogni mezzo che al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> quell’ovilenon vi è salvezza né remissione dei peccati,né si può incontrare Cristo Nostro Signore,ma solo lupi rapaci.Tutti gli sforzi invece continuanoad essere concentrati nella costruzione <strong>di</strong>un’unità pancristiana il cui presuppostoimprescin<strong>di</strong>bile non è più l’adesione alcattolicesimo bensì una sorta <strong>di</strong> perdono e<strong>di</strong> comprensione reciproci per ricucire glistrappi legati al passato.Il grande pala<strong>di</strong>no <strong>di</strong> questa follecorsa verso l’unità che <strong>di</strong>sintegra la Chiesaè il noto Card. Kasper, ma il suo operatoriflette certamente una <strong>di</strong>rezione <strong>gen</strong>eralepercepita come irreversibile.Il recente incontro ecumenico<strong>di</strong> Napoli (ottobre 2007), unitamenteall’annuncio dell’allestimento <strong>di</strong> unacappella ecumenica nella Basilica <strong>di</strong><strong>San</strong> Paolo Fuori le Mura e alle ultime<strong>di</strong>chiarazioni del medesimo Card. Kasper,EcumenismoLa basilica <strong>di</strong> <strong>San</strong> Paolo fuori le mura a Roma. Al suo interno sarà allestita una cappella ecumenica. Anchel’“Apostolo delle <strong>gen</strong>ti” è guadagnato alla causa dell’ecumenismo?43La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


La <strong>di</strong>mensione ecumenicadellʼAnno paolinoCITTA’ DEL VATICANO, 21 GEN.2008 (VIS). Questa mattina, nella SalaStampa della <strong>San</strong>ta Sede, ha avuto luogola Conferenza Stampa <strong>di</strong> presentazionedell’“Anno Paolino” (28 giugno 2008- 29 giugno 2009) e, in particolare, delprogramma delle iniziative presso la Basilicapapale <strong>di</strong> <strong>San</strong> Paolo fuori le Mura. [...]Il Car<strong>di</strong>nale Andrea Cordero Lanza<strong>di</strong> Montezemolo, Arciprete della Basilica,ha ricordato che il <strong>San</strong>to Padre BenedettoXVI, durante la celebrazione dei PrimiVespri della solennità dei <strong>San</strong>ti Pietro ePaolo, nel pomeriggio del 28 giugno 2007,ha annunziato la sua intenzione <strong>di</strong> celebrare,dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009, unanno de<strong>di</strong>cato a san Paolo, con riferimentoal bimillenario della nascita dell’Apostolodelle Genti. Nell’in<strong>di</strong>re tale evento, il Papaha invitato tutti a cogliere la <strong>di</strong>mensioneecumenica dell’Anno Paolino, affermandoche “L’Apostolo delle <strong>gen</strong>ti, particolarmenteimpegnato a portare la Buona Novella a tuttii popoli, si è totalmente pro<strong>di</strong>gato per l’unitàe la concor<strong>di</strong>a <strong>di</strong> tutti i cristiani». [...]Parlando delle attività dell’AnnoPaolino che saranno fortemente marcateda una chiara <strong>di</strong>mensione ecumenica, ilCar<strong>di</strong>nale ha reso noto che la Cappelladestinata a Battistero, che si trova tra laBasilica ed il Chiostro, sarà trasformatain Cappella ecumenica e mantenendo “lacaratteristica <strong>di</strong> Battistero con il fontebattesimale da un lato, (...) sarà destinata adoffrire ai fratelli cristiani che lo richiedanoun luogo speciale <strong>di</strong> preghiera, per i lorosingoli gruppi che vengono pellegrinipresso la tomba <strong>di</strong> Paolo, oppure ancheper pregare insieme con i cattolici, senzacelebrazione <strong>di</strong> sacramenti”.“In essa sarà riposto” - ha precisato ilCar<strong>di</strong>nale Cordero Lanza <strong>di</strong> Montezemolo- l’altare che contiene i resti <strong>di</strong> san Timoteo<strong>di</strong> Antiochia (martirizzato nel 311) e <strong>di</strong> altriignoti martiri del IV secolo, che fu rimossonel 2006 dall’ipogeo <strong>di</strong> <strong>San</strong> Paolo per poterrendere visibile il sarcofago dell’Apostolo”.Fonte: op/anno paolino/cordero lanzamontezemolo vis 080121 (650).ci suggeriscono le seguenti riflessioni.Infatti il 23 novembre u.s., alla vigiliadel Concistoro, il Car<strong>di</strong>nale ha rilasciatouna relazione completa e dettagliatasulla situazione ecumenica mon<strong>di</strong>ale chemerita tutta la nostra attenzione. Il tema èstato peraltro <strong>di</strong>scusso approfon<strong>di</strong>tamentetra i membri del Collegio Cardunalizio,presente il papa.A) LA NOZIONE DI ECUMENISMOInnanzitutto il Car<strong>di</strong>nale precisache l’ecumenismo non è semplicementeil <strong>di</strong>alogo interreligioso, ma un «sacroobbligo», una «via irreversibile» allaricostituzione della piena e visibile unità<strong>di</strong> tutti i seguaci <strong>di</strong> Cristo, che trova il suofondamento nel testamento lasciatoci daGesù stesso la vigilia della sua morte: «Utunum sint – Siano essi una cosa sola» (Gv17, 21). Di conseguenza – lo vedremo inseguito – chi non accettasse l’ecumenismonon sarebbe cattolico e contrad<strong>di</strong>rebbe ilcomando che Gesù ci ha lasciato nel suotestamento.OsservazioniChe tutti i cattolici debbano desiderarea braccia aperte il ritorno dei fratelli separatiè una verità talmente scontata che nonnecessita alcun commento. Tuttavia Kasperstrumentalizza le parole <strong>di</strong> Gesù facendogli<strong>di</strong>re il contrario <strong>di</strong> ciò che ha detto.Infatti l’intero capitolo 17 delVangelo <strong>di</strong> san Giovanni non rappresentail testamento <strong>di</strong> Gesù lasciato agli uominibensì esso contiene la sublime orazionesacerdotale <strong>di</strong> Nostro Signore a Dio Padre.La prospettiva è completamente <strong>di</strong>versa:quando infatti si lascia un testamento adegli uomini non si è sicuri che essi loadempiano perfettamente e questo valeanche per il testamento <strong>di</strong> Gesù Cristo.Quando invece Cristo prega il Padre perottenere qualcosa, la Sua preghiera ènecessariamente infallibile, cioè ottienesempre quanto richiesto.Di conseguenza Gesù parlava <strong>di</strong>un’unità che non potrà mai venire meno inquella Chiesa che per definizione è UNA,<strong>San</strong>ta, Cattolica e Apostolica. È l’Unità deiLa Tra<strong>di</strong>zioneCattolica44


membri del Suo Corpo Mistico; è l’Unità<strong>di</strong> coloro che professano la medesima fedecattolica e si nutrono del medesimo Corpoe <strong>San</strong>gue <strong>di</strong> Cristo, è l’Unità sublime ein<strong>di</strong>struttibile <strong>di</strong> tutti i fedeli realizzataattraverso Cristo, con Cristo e in Cristo.È quell’Unità che sola può ricompattarei <strong>di</strong>spersi o i separati attraverso la lororeintegrazione nel Corpo Mistico <strong>di</strong> Cristo:la Chiesa Romana.Pertanto la prospettiva <strong>di</strong> Kasperoffende gravemente Nostro Signore, la cuipreghiera è assimilata alla petizione <strong>di</strong> unuomo qualunque, non ancora esau<strong>di</strong>ta dopoduemila anni; essa offende anche i “fratelliseparati”, in quanto non li fa partecipi <strong>di</strong>quel richiamo incessante e pieno <strong>di</strong> amoreche Cristo rivolge loro affinché rientrinonell’unico pascolo in cui il Buon Pastorenutre le pecorelle da Lui redente.E naturalmente questa prospettivaoffende noi e la nostra fede in quantocattolici.Questa prospettiva è confermata– nello sviluppo della relazione – con unaimmagine ormai classica tra gli sloganecumenici: è il paragone <strong>di</strong> oriente eoccidente come i due polmoni della Chiesa.Ora sostenere che da mille anni a questaparte la Chiesa Cattolica sopravviva conun solo polmone ci sembra decisamentetroppo e lascia intendere che qualcosa <strong>di</strong>essenziale manchi alla sua unità intrinseca:«Nonostante le <strong>di</strong>fficoltà che permangono,forte e legittima è la speranza che, conl’aiuto <strong>di</strong> Dio e grazie alla preghiera deitanti fedeli, la Chiesa, dopo la <strong>di</strong>visionedel secondo millennio, tornerà nel terzo arespirare con i suoi due polmoni».Va poi aggiunto che questa prospettivasecondo cui alla Chiesa mancherebbe unpolmone è estremamente mortificante pergli uniati, cioè per quei cattolici <strong>di</strong> ritoorientale – spesso perseguitati – fedeli aRoma: la loro esistenza, estremamentesignificativa, è posta sotto silenzio inquanto ostacola il <strong>di</strong>alogo ecumenico congli ortodossi (i quali rappresenterebbero ilpolmone orientale mancante). Proprio perquesto è stato promesso, negli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong>Balamand (1993), che la Chiesa CattolicaAnche il Messale tridentino...<strong>di</strong>venta ecumenicoLunedì 4/2 u.s., il Papa, dopo aver presoin seria considerazione le proteste degli Ebreicirca il motu poprio (cfr. p. 25), ha deciso <strong>di</strong>cambiare il tenore della preghiera del Venerdì<strong>San</strong>to contenuta nel Messale tridentino. Ciòche essi avevano contestato era l’accenno allaloro conversione contenuto nell’orazione tra<strong>di</strong>zionale,in cui si chiede al Signore «che tolgail velo dai loro cuori ed anch’essi riconoscanoGesù Cristo, Signore Nostro [...]».Nella nuova preghiera non v’è piùaccenno all’accecamento del popolo ebraicoma si prega il Signore d’illuminare i loro cuoriper riconoscere Gesù Cristo Salvatore <strong>di</strong> tuttigli uomini: nello stesso tempo si rimanda laloro entrata nella Chiesa alla fine dei tempi,quando tutti i popoli vi entreranno. Di fatto, inquesto modo la Chiesa non vuole più la loroconversione e non prega più per questo. Tuttavianemmeno questa prospettiva estremamenteecumenica ha accontentato le Comunitàebraiche, che si sentono ancora offese da unasorta <strong>di</strong> velato “conversionismo”.A rassicurarli è intervenuto il Card.Kasper: «[...] Se questa preghiera, ora, parladella conversione degli ebrei, questo nonvuol <strong>di</strong>re - puntualizza il Car<strong>di</strong>nale - chenoi abbiamo l’intenzione <strong>di</strong> ‘fare missione’:infatti, il Papa cita la Lettera <strong>di</strong> san Paolo Apostoloai Romani, al capitolo 11, dove Paolo <strong>di</strong>ceche “noi speriamo che, quando la plenitu<strong>di</strong>nedei <strong>gen</strong>tili è entrata nella Chiesa, anche l’interoIsraele si convertirà”, e questa è una speranzaescatologica. Non significa che noi adessofaremo missione: noi dobbiamo dare testimonianzadella nostra fede, questo è chiaro».La speranza escatologica <strong>di</strong> cui parla ilCar<strong>di</strong>nale non esclude dal dovere <strong>di</strong> pregareincessantemente per la conversione imme<strong>di</strong>ata<strong>di</strong> chi non conosce ancora Gesù Cristo,chiunque egli sia. Ciò che Kasper spieganon è altro che l’ennesima conferma chela chiesa del Vaticano II ha rinunciato allapropria vocazione missionaria. Soprattuttoquesto atteggiamento è un’ingiuria a NostroSignore ed una gravissima mancanza <strong>di</strong>Carità verso gli Ebrei e verso chiunque nonconosce ancora Nostro Signore.Invitiamo ogni fedele a continuare apregare non solo per gli Ebrei ma soprattuttoper la conversione <strong>di</strong> coloro che sono ancoraaccecati dal Concilio.Ecumenismo45La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


Due momenti dell’incontro interreligioso <strong>di</strong> Napoli. Tali eventi non fanno quasi più notizia perchè, secondo il Card.Kasper, l’ecumenismo «...è ormai una realtà quoti<strong>di</strong>ana, percepita come una normalità nella vita della Chiesa».rinuncerà a fare proselitismo, cioè aconvertire altri potenziali uniati, limitandosia promuovere la libertà <strong>di</strong> coscienza e <strong>di</strong>espressione.B) IL DISPREZZO DEL PASSATOSempre in relazione ai rapporti congli Ortodossi il Car<strong>di</strong>nale sintetizza cosìil suo pensiero: «Riassumendo, possiamoaffermare che saranno ancora necessarieuna continua purificazione della memoriastorica e molte preghiere affinché, sulla basecomune del primo millennio, riusciamo acolmare la frattura tra oriente ed occidenteed a ripristinare la piena comunioneecclesiale».OsservazioniSe la memoria deve essere ancorapurificata significa che la Chiesa devecontinuare a riconoscere le sue colpe, lequali sarebbero pertanto cause <strong>di</strong>rette delloscisma d’oriente.Tuttavia l’esperienza recente mostrache più si chiede perdono per le presuntecolpe della Chiesa, più se ne <strong>di</strong>strugge ilprestigio soprannaturale e se ne offusca lasantità intrinseca, con il risultato che Essanon attrae più nessuno.È in questa prospettiva che Kasperinvita ripetutamente alla “conversione” <strong>di</strong>ciascuno <strong>di</strong> noi, intesa come con<strong>di</strong>zionein<strong>di</strong>spensabile per attuare il progettoecumenico: le colpe dei cattolici resterebberoquin<strong>di</strong> una delle cause fondamentali degliscismi o comunque della loro mancataricomposizione.Aggiungiamo che per Kasper porsicome alternativa positiva alla malvagità deisuoi predecessori del secondo millennio cisembra un po’ offensivo per <strong>gen</strong>erazioni <strong>di</strong>ecclesiastici e <strong>di</strong> santi che hanno lavoratosinceramente per il recupero degli ortodossinel seno della Chiesa.Ad essi non è concessa nemmeno unamenzione nel corso del lungo intervento, inquanto tra tutti i testi citati il più antico èUnitatis Re<strong>di</strong>ntegratio del Vaticano II.C) LA CRISI DELL’ECUMENISMOIl Car<strong>di</strong>nale deve poi rispondere aduna <strong>di</strong>fficoltà oggettiva <strong>di</strong> attualità: l’ecumenismo,su cui Concilio e Postconciliohanno puntato tantissimo, non porta fruttiapprezzabili e i gran<strong>di</strong> incontri sulla scia<strong>di</strong> Assisi-1986 non interessano più né ime<strong>di</strong>a né le masse. Prova ne è la scarsa ecodell’incontro interreligioso e internazionale<strong>di</strong> Napoli.Tuttavia anziché riflettere serenamentesui risultati dell’ecumenismo in relazione albene delle anime e della Chiesa Cattolica,Kasper ci rassicura e tira <strong>di</strong>ritto: «Seall’entusiasmo iniziale è subentrato unatteggiamento <strong>di</strong> maggiore sobrietà, ciò<strong>di</strong>mostra che l’ecumenismo è <strong>di</strong>ventato piùLa Tra<strong>di</strong>zioneCattolica46


maturo, più adulto. Esso è ormai una realtàquoti<strong>di</strong>ana, percepita come una normalitànella vita della Chiesa. È con grandegratitu<strong>di</strong>ne che dobbiamo riconoscere intale sviluppo l’agire dello Spirito che guidala Chiesa».OsservazioniQui il Car<strong>di</strong>nale mostra <strong>di</strong> averedei pregiu<strong>di</strong>zi ideologici che non glipermettono <strong>di</strong> analizzare la realtà.Infatti il buon senso e l’esperienzapostconciliare mostrano chiaramente cheè l’ecumenismo stesso ad avere <strong>gen</strong>eratoin<strong>di</strong>fferenza: ormai l’uomo della stradaè in<strong>di</strong>fferente davanti all’ecumenismocome lo è davanti a qualunque altroaspetto della vita ecclesiale <strong>di</strong> oggi. Ègiocoforza che mettendo tutte le religionisu uno stesso piano (poiché è decisamentequesta l’immagine che l’ecumenismoha comunicato nella mente dell’uomocomune, al quale i vari “<strong>di</strong>stinguo”, note,precisazioni, non interessano granché),l’in<strong>di</strong>fferentismo sia <strong>di</strong>ventato la religionepiù <strong>di</strong>ffusa in Italia e nel mondo. A causa<strong>di</strong> questo male <strong>di</strong>ffuso le chiese tendono asvuotarsi e la debolezza dei contenuti chela chiesa conciliare incarna ed esprime nonattira gli “esterni” alla ricerca <strong>di</strong> valori fortie sicuri. Purtroppo questi dati oggettivi estatistici potrebbero essere verificati conun pizzico <strong>di</strong> realismo senza bisogno <strong>di</strong>scomodare lo Spirito <strong>San</strong>to.Peraltro è lo stesso Kasper aevidenziare - nel corso del suo intervento- il legame che intercorre tra pluralismo,proliferare <strong>di</strong> nuove denominazioni erelativismo religioso: «Se pren<strong>di</strong>amo inconsiderazione inoltre le numerose Chiesecosì dette in<strong>di</strong>pendenti che continuano asorgere soprattutto in Africa ed il proliferare<strong>di</strong> gruppuscoli spesso molto aggressivi, ciren<strong>di</strong>amo conto che il paesaggio ecumenicoè ora molto <strong>di</strong>fferenziato e confuso. Questopluralismo non è altro che lo specchio dellaEcumenismoEcumenismo, parla il Car<strong>di</strong>nale KasperCITTÀ DEL VATICANO - “Inizieremo l’Anno Paolino conuna lettera d’invito a tutte le Chiese cristiane non cattoliche’’. IlCar<strong>di</strong>nale Walter Kasper (nella foto), presidente del PontificioConsiglio per l’Unità dei Cristiani, vede nell’Anno Paolino,che verrà aperto il prossimo 29 giugno e che celebra i 1950anni dalla conversione dell’Apostolo delle <strong>gen</strong>ti, un momento<strong>di</strong> fondamentale importanza nel <strong>di</strong>alogo ecumenico con le altreconfessioni cristiane. A Roma, presso la Basilica <strong>di</strong> <strong>San</strong> Paolofuori le Mura, sarà realizzata una cappella ecumenica, come“segno <strong>di</strong> una volontà precisa e forte <strong>di</strong> continuare il cammino<strong>di</strong> unità delle chiese cristiane e dare un punto <strong>di</strong> riferimentospirituale permanente’’. Ci saranno <strong>di</strong>verse iniziative a cuisaranno invitati gli ortodossi, l’arcivescovo <strong>di</strong> Canterbury ei pastori protestanti. “<strong>San</strong> Paolo - <strong>di</strong>ce il Car<strong>di</strong>nale - è unafigura centrale. Le sue lettere ai Romani e ai Galati fondanola dottrina della giustificazione, tanto cara agli evangelici;in Turchia, terra del più antico patriarcato ortodosso, si trovano Tarso, che è la sua cittànatale, e tante altre città dove il grande pre<strong>di</strong>catore ha annunciato il Vangelo e fondato leprime comunità cristiane’’. “Per questo - prosegue - anche il governo e gli ortodossi turchihanno espresso entusiasmo per quest’anno paolino. Desiderano aderire e collaborare,sia per ragioni <strong>di</strong> fede, sia per migliorare i loro rapporti con l’Europa’’. “<strong>San</strong> Paolo - haaggiunto il capo<strong>di</strong>castero vaticano - è un patrimonio comune delle chiese e darà certamenteun’occasione in più per rafforzare questo cammino <strong>di</strong> unità’’. Non si tratta comunque <strong>di</strong>“uniformità’’, perché la storia, la cultura e le tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> tutti questi secoli vanno rispettatee valorizzate. I cristiani sono “obbligati’’ a cercare l’unità, che deriva dal comando <strong>di</strong>Cristo, e in terra <strong>di</strong> missione, come in Africa o in Asia, “non devono presentarsi <strong>di</strong>visiper combattere in modo più efficace il pericolo delle sette’’.47La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


situazione pluralista della società così dettapost-moderna, che spesso conduce ad unrelativismo religioso». L’osservazione<strong>di</strong> Kasper è pertinente, ma egli sembra<strong>di</strong>menticare che il Vaticano II, attraversola dottrina sulla <strong>di</strong>gnità dell’uomo,sulla laicità, sulla libertà religiosa e <strong>di</strong>coscienza, è stato il grande promotore delpluralismo religioso e quin<strong>di</strong> delle relativeconseguenze che caratterizzano la societàpost-moderna.D) UNA DOMANDA INTELLIGENTEPrima <strong>di</strong> concludere la sua relazione ilCar<strong>di</strong>nale si pone una domanda in relazioneal proliferare delle chiese pentecostali: «Èinnanzitutto necessario fare un esame <strong>di</strong>coscienza pastorale e chiederci in modoauto-critico: perché tanti cristiani lascianola nostra Chiesa? Non dobbiamo cominciarecol domandarci cosa è che non va neipentecostali, ma quali sono le nostre carenzepastorali. Come possiamo reagire a questanuova sfida con un rinnovamento liturgico,catechetico, pastorale e spirituale?».La domanda ci sembra intelli<strong>gen</strong>te.Essa riconosce implicitamente che laChiesa, malgrado gli sforzi ecumenici,continua a perdere fedeli piuttosto cheacquistarne dei nuovi.Kasper però, anziché riflettere sul fattoche il pluralismo religioso sia la situazionedottrinalmente avallata e incoraggiatadal Concilio, risponde imme<strong>di</strong>atamentecon un altro quesito: «Questa domanda ciconduce alla domanda conclusiva: in chemodo proseguire il cammino ecumenico?...In linea <strong>di</strong> principio dobbiamo partire dalcomune patrimonio <strong>di</strong> fede e restare fedelia ciò che con l’aiuto <strong>di</strong> Dio abbiamo giàraggiunto ecumenicamente. Per quantopossibile dobbiamo dare una testimonianzacomune <strong>di</strong> questa fede in un mondosempre più secolarizzato. Ciò significa,nella situazione attuale, anche riscoprire erafforzare i fondamenti <strong>di</strong> questa nostra fede.Di fatti, tutto vacilla e si svuota <strong>di</strong> senso senon abbiamo una fede salda e consapevolenel Dio vivente Trino e Unico, nella <strong>di</strong>vinità<strong>di</strong> Cristo, nella forza salvifica della croce edella risurrezione. Per chi non sa più cosaè il peccato e cosa è il coinvolgimento nelpeccato, la giustificazione del peccatore nonha nessuna rilevanza.Soltanto poggiando sulla fede comune,è possibile <strong>di</strong>alogare su quelle che sono lenostre <strong>di</strong>fferenze. E ciò deve avvenirein modo chiaro ma non polemico. Nondobbiamo offendere la sensibilità degli altrio <strong>di</strong>scre<strong>di</strong>tarli; non dobbiamo puntare il <strong>di</strong>tosu ciò che i nostri interlocutori ecumenicinon sono e su ciò che essi non hanno.Piuttosto, dobbiamo dare testimonianzadella ricchezza e della bellezza della nostrafede in modo positivo ed accogliente. Daglialtri ci aspettiamo lo stesso atteggiamento.Se questo accade, allora tra noi ed i nostriinterlocutori potrà esserci, come <strong>di</strong>cel’enciclica “Ut unum sint” (1995), unoscambio non solo <strong>di</strong> idee ma <strong>di</strong> doni,che arricchiranno entrambi (UUS 28;57). Tale ecumenismo <strong>di</strong> scambio non èun impoverimento, ma un arricchimentoreciproco».OsservazioniDi primo acchito la risposta <strong>di</strong> Kasperci lascia perplessi.Innanzitutto dobbiamo riba<strong>di</strong>re chepurtroppo non esiste una fede comune conchi nega anche un solo dogma cattolico.La fede è una virtù soprannaturale che ci faaderire a dei contenuti che non scegliamonoi ma che Dio rivela a noi attraverso laChiesa, nostra madre. Di conseguenza lafede del protestante – ad esempio – non èfede, ma semplice credenza in qualcosa cheal limite può anche essere vero. Pertantobisogna affermare che la base comune<strong>di</strong> cui parla Kasper semplicemente nonesiste e quin<strong>di</strong> l’ecumenismo, come egli lointende, è semplicemente impossibile.Quanto all’arricchimento reciproco,Kasper oltrepassa perfino il Vaticano II.Se l’ecclesiologia della Lumen Gentiumriconosce alla Chiesa Cattolica la pienezza <strong>di</strong>quegli elementi salvifici che si troverebberoin modo incompleto anche nelle altre chiese(non è questa la sede per <strong>di</strong>scutere questadottrina contorta), non è dato <strong>di</strong> capire inche termini un protestante o un pentecostalepotrebbero arricchire la Chiesa Cattolica.La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica48


E) RADICALISMO EINTOLLERANZAIl Car<strong>di</strong>nale conclude con un’esortazioneed un incoraggiamento: «Nel<strong>di</strong>alogo fondato sullo scambio spiritualeil <strong>di</strong>alogo teologico avrà anche nel futuroun ruolo essenziale. Però sarà fecondosolo se verrà sostenuto da un ecumenismodella preghiera, della conversione delcuore e della santificazione personale.L’ecumenismo spirituale è infatti l’animastessa del movimento ecumenico (UR 8;UUS 21-27) e deve essere promosso da noiin prima linea. Senza una vera spiritualità<strong>di</strong> comunione, che permette <strong>di</strong> far spazioall’altro senza rinunciare alla propriaidentità, ogni nostro sforzo sfocerebbe inun arido e vuoto attivismo.Se facciamo nostra la preghiera <strong>di</strong>Gesù pronunciata alla vigilia della suamorte, non dobbiamo perderci <strong>di</strong> coraggioe vacillare nella nostra fede. Come <strong>di</strong>ce ilVangelo, dobbiamo essere fiduciosi checiò che chie<strong>di</strong>amo nel nome <strong>di</strong> Cristoverrà esau<strong>di</strong>to (Gv 14,13). Quando, dove ecome non saremo noi a deciderlo. Questova lasciato a colui che è il Signore dellaChiesa e che radunerà la sua Chiesa daiquattro venti. Noi dobbiamo accontentarci<strong>di</strong> fare del nostro meglio, riconoscendocon gratitu<strong>di</strong>ne i doni ricevuti, ovvero ciòche l’ecumenismo ha finora realizzato eguardare al futuro con speranza. Bastagettare con un minino <strong>di</strong> realismo unosguardo ai segni dei tempi per comprendereche non c’è nessuna alternativa realisticaall’ecumenismo, e soprattutto nessunaalternativa <strong>di</strong> fede».Insomma in<strong>di</strong>etro non si torna.Lasciamo al Lettore giu<strong>di</strong>care i segnidei tempi con un minimo <strong>di</strong> realismo.Bisogna tuttavia riconoscere chel’esortazione del Car<strong>di</strong>nale alla <strong>di</strong>latazionedei cuori, alla spiritualità <strong>di</strong> comunione eall’accoglienza reciproca ha qualcosa <strong>di</strong>affascinante: e se questo sentimento fossesincero e coerente?In un’intervista <strong>di</strong> pochi giornisuccessiva a quella presa in esame (26novembre 2007), Kasper si occupa anchedei “lefebvriani”, ma non sembra moltoaperto a capirli (cfr. www.papanews.itintervista a cura <strong>di</strong> Bruno Volpe).Il titolo ci sembra eloquente: «Beneil <strong>di</strong>alogo con ortodossi e protestanti, mai lefebvriani accettino il Vaticano II sevogliono riconciliarsi con noi cattolici».Kasper spiega: «Con gli ortodossi pianpiano le posizioni si stanno avvicinando»,mentre «con luterani ed anglicani siprocede bene. Ripeto: qui a Roma ci siamoliberamente confrontati e vedo una Chiesaunita sulla via dell’ecumenismo e del<strong>di</strong>alogo, obiettivi che il Papa cerca davverocon insistenza perché ha la straor<strong>di</strong>nariacapacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogare con tutti».Insomma con gli uni ci si accogliee ci si accetta fraternamente come si è;le posizioni – <strong>di</strong> entrambe le parti – siavvicinano pian piano. Dai “lefebvriani”invece si attende semplicemente la rinunciaunilaterale a quelle follie preconciliarialle quali sono ancora attaccati: «Credoche il vero nodo non sia liturgico, inquesto momento. Del resto, sotto il profiloliturgico la situazione si è normalizzataproprio con il motu proprio. Il problemaè semmai dogmatico e teologico. Si trattadell’accettazione, da parte dei fedeli cosiddetti‘lefebvriani’, del Concilio VaticanoII e dei suoi documenti, in particolare <strong>di</strong>quelli relativi all’ecumenismo. È pertantonecessario che i tra<strong>di</strong>zionalisti faccianoun passo avanti in questa <strong>di</strong>rezione, cheaccettino il Concilio: mi sembra questa lacon<strong>di</strong>zione in<strong>di</strong>spensabile per la definitivariconciliazione tra noi e loro».Insomma si può <strong>di</strong>scutere su tutto(verginità <strong>di</strong> Maria, primato petrino, transustanziazione,etica matrimoniale,…) manon sull’ecumenismo e sul Concilio.Due pesi e due misure: in nome del<strong>di</strong>alogo.Ecumenismo49La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


“Risposte a quesiti” e “Nota dottrinale”Inversione <strong>di</strong> marcia?<strong>di</strong> AmbrosiasterNegli ultimi mesi la Congregazioneper la Dottrina della Fede ha pubblicato dueinteressanti documenti che da più parti sonostati considerati come una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>etrofront dopo le “ubriacature” conciliari.Ci riferiamo al documento Risposte aquesiti riguardanti alcuni aspetti circala dottrina sulla Chiesa (10 luglio 2007)ed alla Nota dottrinale su alcuni aspettidell’evangelizzazione, pubblicata il 3<strong>di</strong>cembre 2007.Senza entrare in un’analisi dettagliatadei due documenti, vorremmo però dareuna risposta a quanti si domandano sedavvero si tratti <strong>di</strong> una correzione deglierrori originati dal Vaticano II. Che pensare,dunque, <strong>di</strong> questi documenti?CONTINUITÀ CON IL PASSATO…SENZA PASSATO!Chi dà anche solo un’occhiatasommaria ai responsa non può non restarecolpito da un fatto: questo documentosottolinea marcatamente che l’ecclesiologiadel Vaticano II non costituirebbe unarottura con il Magistero precedente, poiché«il Concilio Ecumenico Vaticano II né havoluto cambiare né <strong>di</strong> fatto ha cambiatotale dottrina, ma ha voluto solo svilupparla,approfon<strong>di</strong>rla ed esporla più ampiamente».A questo punto chiunque si aspetterebbe la<strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> tale continuità attraversoun confronto tra l’ecclesiologia espressa neidocumenti pre-Vaticano II e quella presentenei documenti del Concilio. E inveceaccade che il documento più “antico” chevenga citato sia datato 11 ottobre 1962(Allocuzione <strong>di</strong> Giovanni XXIII)! Risultato:tutti i problemi originati dai documenti delVaticano II continuano a rimanere irrisolti,poiché la continuità, magicamente evocata,è solo presunta e mai provata.Giotto, allegoria della FedeUna prova? Si legga il secondoquesito relativo alla corretta interpretazionedel famoso “subsistit in”, presente in Lumen<strong>gen</strong>tium, 8. Il dubbio sarebbe chiarito se neldocumento si trovasse finalmente scritto chel’espressione “la Chiesa <strong>di</strong> Cristo sussistenella Chiesa cattolica” non significa altroche quest’altra: “la Chiesa <strong>di</strong> Cristo è laChiesa cattolica”. E invece ecco un testoche anziché chiarire complica ancora <strong>di</strong>più la situazione: «Nella Costituzionedogmatica Lumen Gentium, 8 la sussistenzaè questa perenne continuità storica e lapermanenza <strong>di</strong> tutti gli elementi istituiti daCristo nella Chiesa cattolica, nella qualeconcretamente si trova la Chiesa <strong>di</strong> Cristosu questa terra». Tutto chiaro, no? In realtàil testo lascia intendere che Cristo non abbiafondato la Chiesa cattolica, ma una Chiesache poi si trova realizzata pienamente inquella cattolica e parzialmente nelle altre;La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica50


Il Card. Levada, Prefetto della Congregazione perla dottrina della Fede.insomma il solito assurdo logico dellacomunione piena e non piena.Il povero cattolico me<strong>di</strong>o (che graziea Dio non legge questi documenti…) dopoaver me<strong>di</strong>tato e rime<strong>di</strong>tato questa “risposta”rimane <strong>di</strong> nuovo col dubbio se la Chiesa<strong>di</strong> Cristo e la Chiesa cattolica coincidanooppure no; se, cioè, Nostro Signore abbiafondato la Chiesa cattolica e dunque gliortodossi o i protestanti non siano la Chiesafondata da Gesù. Insomma che cosa si devepensare delle altre presunte “chiese”?La risposta della Congregazione perla Dottrina della Fede non chiarisce niente,ma riprende passo passo il Concilio: «LaChiesa <strong>di</strong> Cristo è presente e operantenelle Chiese e nelle Comunità ecclesialinon ancora in piena comunione con laChiesa cattolica grazie agli elementi <strong>di</strong>santificazione e <strong>di</strong> verità che sono presentiin esse». Non so se vi sia mai capitato<strong>di</strong> incontrare quegli insegnanti che, allarichiesta <strong>di</strong> rispiegare un punto poco chiaro,ripetono la precedente spiegazione tale equale… Qui ci troviamo più o meno <strong>di</strong>fronte ad un caso simile.Il <strong>San</strong>to Padre stesso, nella sua recenteu<strong>di</strong>enza ai partecipanti alla sessione plenariadella Congregazione per la Dottrina dellaFede (31 <strong>gen</strong>naio 2008), ha espressamentedetto che il documento «ripropone anchenelle formulazioni e nel linguaggiol’insegnamento del Concilio Vaticano II».È precisamente questo l’assurdo: che sispieghi un Concilio che – per ammissione<strong>di</strong> tutti, o quasi – dopo quarant’anninon è ancora stato capito correttamente,utilizzando le formule ed il linguaggiodello stesso Concilio e che oggi l’attività“magisteriale” si esaurisca nella produzione<strong>di</strong> documenti che spieghino non la fede, ladottrina, la morale… ma il Concilio!Il punto è che purtroppo le autoritàecclesiastiche si trovano <strong>di</strong> fronte ad unascelta “forzata”, perché si rendono benconto che non si può spiegare il Concilioattin<strong>gen</strong>do dai documenti del Magisterotra<strong>di</strong>zionale.Laddove infatti il Concilio, laCongregazione per la Dottrina dellaFede ed il <strong>San</strong>to Padre continuano adaffermare la comunione parziale o nonpiena, per esempio, degli Ortodossi, larisposta tra<strong>di</strong>zionale, invece, è che quelle“chiese” sono scismatiche, cioè fuori dellacomunione con la Chiesa cattolica: «Chila abbandona [la cattedra <strong>di</strong> Pietro] nonpuò sperare <strong>di</strong> restare nella Chiesa.Chi mangia dell’Agnello standone fuorinon ha a che spartire con Dio» (<strong>Pio</strong> IX,Enc. Amantissimus). Questo testo dunqueesclude chiaramente qualsiasi comunione<strong>di</strong> tali “chiese” con la Chiesa cattolica,lasciando invece aperta la possibilità chedegli in<strong>di</strong>vidui (se siano pochi o moltilo sa solo Id<strong>di</strong>o) in buona fede possanoappartenere all’anima della Chiesa cattolica,sebbene non appartengano visibilmente alsuo corpo. Basterebbe dunque riba<strong>di</strong>reil già detto: è possibile che in<strong>di</strong>viduivisibilmente fuori della Chiesa cattolica(che cioè non appartengono al corpo dellaChiesa), siano invece in comunione conessa (appartenendo alla sua anima). Inveceil dogma ecumenico pretende che le stesse“chiese” e comunità scismatiche siano inuna certa comunione con la Chiesa cattolicae siano persino degli strumenti <strong>di</strong> salvezzaper i loro membri (cfr. UR 3,4).Il meccanismo della “interpretazionedell’interpretazione del Concilio” sembranon avere fine; infatti nell’U<strong>di</strong>enza sopracitata, il <strong>San</strong>to Padre si è sentito in dovere<strong>di</strong> fornire la corretta interpretazione deldocumento che doveva dare l’esattainterpretazione del Concilio! Non si tratta<strong>di</strong> uno scioglilingua ma della realtà <strong>di</strong> un“magistero” non più ricettivo della Fedema ripiegato sul Vaticano II. Ve<strong>di</strong>amo: «IlEcumenismo51La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


Documento ripropone l’uso linguisticocorretto <strong>di</strong> certe espressioni ecclesiologiche,che rischiano <strong>di</strong> essere fraintese, e richiamaa tal fine l’attenzione sulla <strong>di</strong>fferenza cheancora permane tra le <strong>di</strong>verse Confessionicristiane nei riguar<strong>di</strong> della comprensionedell’essere Chiesa, in senso propriamenteteologico. Ciò, lungi dall’impe<strong>di</strong>rel’impegno ecumenico autentico, sarà <strong>di</strong>stimolo perché il confronto sulle questionidottrinali avvenga sempre con realismoe piena consapevolezza degli aspetti cheancora separano le Confessioni cristiane,oltre che nel riconoscimento gioioso delleverità <strong>di</strong> fede comunemente professate e dellanecessità <strong>di</strong> pregare incessantemente per uncammino più solerte verso una maggiore ealla fine piena unità dei cristiani».Provate ad analizzare questi dueperio<strong>di</strong> complessi. Punto primo: ilDocumento menzionato dal <strong>San</strong>to Padre nonafferma che le <strong>di</strong>verse Confessioni cristianesono separate dalla Chiesa cattolica, masemplicemente che esistono <strong>di</strong>ver<strong>gen</strong>zesulla “comprensione dell’essere Chiesa”.Ma allora risulta ancor più chiaramenteche la famosa espressione “la Chiesa <strong>di</strong>Cristo sussiste nella Chiesa cattolica” nonha il significato del tra<strong>di</strong>zionale “est”, cheintende l’identità della Chiesa <strong>di</strong> Cristo edella Chiesa cattolica in senso esclusivo(letteralmente: con l’esclusione delle altrepresunte chiese), come anche riba<strong>di</strong>todall’esortazione a camminare non verso lacomunione, bensì verso «una maggiore edalla fine piena unità dei cristiani». Puntosecondo: se ci sono «degli aspetti cheancora separano le Confessioni cristiane»,come si fa poi ad affermare che il camminoecumenico deve portare ad una maggioree piena unità? Se le confessioni cristianesono separate, esse devono procedere versouna comunione che non c’è; oppure setale comunione già esiste, esse non sonoseparate; tertium non datur!L’unica cosa chiara in questi responsaè che se da un lato si è cercato <strong>di</strong> porre unfreno a certe derive eccessive, dall’altronon si è apportata nessuna “sterzata” insenso tra<strong>di</strong>zionale ai testi del Concilio. Le“chiese” e comunità scismatiche continuano«Guai a me se non evangelizzassi!», san Paolo, 1 Cor 9,16ad essere considerate in comunione,sebbene non piena, con la Chiesa cattolica(cfr. risposta al secondo quesito); essevengono positivamente considerate comestrumenti <strong>di</strong> salvezza utilizzati dallo Spirito<strong>San</strong>to (cfr. risposta al terzo quesito); sipersevera nell’equivocare sul fatto che inesse siano presenti «numerosi elementi <strong>di</strong>santificazione e <strong>di</strong> verità» (ibidem), etc.PERCHÉ EVANGELIZZARE?È chiaro che se l’impianto ecclesiologico,come si è visto, fa acqua da tutte leparti, l’idea <strong>di</strong> evangelizzazione e <strong>di</strong> missionenon potranno che subirne le conseguenzenefaste. È quanto si può constatare nellaNota sull’evangelizzazione. Anche in questocaso si riconosce il tentativo <strong>di</strong> arginaredelle derive palesi così <strong>di</strong>pinte dalla Nota:«Si verifica oggi una crescente confusioneche induce molti a lasciare inascoltato e<strong>di</strong>noperante il comando missionario delSignore (cf. Mt 28, 19). Spesso si ritieneche ogni tentativo <strong>di</strong> convincere altri inquestioni religiose sia un limite posto allalibertà. Sarebbe lecito solamente esporre leproprie idee ed invitare le persone ad agiresecondo coscienza, senza favorire una loroconversione a Cristo ed alla fede cattolica:si <strong>di</strong>ce che basta aiutare gli uomini ad esserepiù uomini o più fedeli alla propria religione,che basta costruire comunità capaci <strong>di</strong>operare per la giustizia, la libertà, la pace,La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica52


la solidarietà. Inoltre, alcuni sostengonoche non si dovrebbe annunciare Cristo achi non lo conosce, né favorire l’adesionealla Chiesa, poiché sarebbe possibile essersalvati anche senza una conoscenza esplicita<strong>di</strong> Cristo e senza una incorporazione formalealla Chiesa» (§ 3).Dunque si riconosce che c’è unproblema e che tale problema deriva dauna <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza al comando <strong>di</strong> NostroSignore. E questo è senza dubbio un passoin avanti rispetto a qualche anno fa.Ma i guai incominciano quandosi cerca <strong>di</strong> dare la giusta concezionedell’evangelizzazione e della missione.Se volessimo sintetizzare il problemachiave della Nota, potremmo <strong>di</strong>re cheesso si concentra in questa affermazione:«Sebbene i non cristiani possano salvarsime<strong>di</strong>ante la grazia che Dio dona attraverso“vie a Lui note”, la Chiesa non può nontener conto del fatto che ad essi mancaun gran<strong>di</strong>ssimo bene in questo mondo:conoscere il vero volto <strong>di</strong> Dio e l’amiciziacon Gesù Cristo, il Dio-con-noi. Infatti,“non vi è niente <strong>di</strong> più bello che essereraggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo.Non vi è niente <strong>di</strong> più bello che conoscereLui e comunicare agli altri l’amicizia conLui”. Per ogni uomo è un grande benela rivelazione delle verità fondamentalisu Dio, su se stesso e sul mondo; mentrevivere nell’oscurità, senza la verità circale ultime questioni, è un male, spessoall’origine <strong>di</strong> sofferenze e <strong>di</strong> schiavitùtalvolta drammatiche» (§ 7).Un’affermazione <strong>di</strong> tal <strong>gen</strong>ere puòsembrare innocua, ma in realtà rivela unaspetto incre<strong>di</strong>bilmente grave; a cosaviene ridotta infatti la missione in questaprospettiva? Ad una sorta <strong>di</strong> comunicazione<strong>di</strong> qualche cosa <strong>di</strong> bello, <strong>di</strong> grande che ainon cristiani manca “in questo mondo”,e che provoca dei problemi “in questomondo”, ma che tutto sommato nonpreclude loro la salvezza eterna.Risulta dunque ribaltata la visionetra<strong>di</strong>zionale, secondo cui il fine della missioneè essenzialmente quello <strong>di</strong> strappare leanime dal potere del demonio e del peccato.Questo non significa certamente che coloroi quali non sono visibilmente cattolici nonpossono che dannarsi; però la Chiesa hasempre sottolineato che essi si trovano inuna situazione <strong>di</strong> serio pericolo <strong>di</strong> dannarsieternamente, poiché senza l’aiuto dei sacramentinon si può positivamente sperare lasalvezza. Di qui l’ur<strong>gen</strong>za e la necessitàdella missione. Ora, invece, sembra cheil grande problema dell’ignoranza dellafede cattolica sia costituito da “sofferenzee schiavitù talvolta drammatiche”. Non ècerto una falsità, ma una riduzione in sensonaturalistico, che muta l’aspetto essenzialedella missione cattolica.Fino a che punto, allora, la Notacontinua a considerare vere le parole <strong>di</strong>Nostro Signore, secondo le quali «chicrederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi noncrederà, sarà condannato» (Mc 16, 16)?La Nota è interamente impregnata daquesto falso ottimismo circa la salvezzaeterna dei non cristiani, <strong>di</strong>menticando chele false religioni sono l’opera con cui ilMaligno ostacola o impe<strong>di</strong>sce del tutto chele anime giungano a conoscere la Religionefondata da Dio stesso e ad aderirvi.A l t r e t t a n t o p r o b l e m a t i c h esono le “implicazioni ecumeniche”dell’evangelizzazione, presenti neldocumento. A parte la paura fobica chel’evangelizzazione possa venire scambiataper proselitismo, concorrenza, coercizione,etc. (<strong>di</strong> fronte alla quale ci sembra davveroche si sia smarrita una realistica visione dellasituazione attuale), si continua a far credereche gli ortodossi, i protestanti ed in <strong>gen</strong>eralei non cattolici si trovino in una situazione<strong>di</strong> comunione parziale con la Chiesacattolica, ai quali mancherebbe, con <strong>di</strong>versagradazione, semplicemente il marchiodella pienezza <strong>di</strong> comunione. Risultatopratico: vanificazione totale del santo zelo<strong>di</strong> convertire eretici e scismatici.C’è poi un passo che lascia veramente<strong>di</strong> stucco: «Va notato che se un cristiano noncattolico, per ragioni <strong>di</strong> coscienza e convintodella verità cattolica, chiede <strong>di</strong> entrare nellapiena comunione della Chiesa cattolica, ciòva rispettato come opera dello Spirito<strong>San</strong>to e come espressione della libertà<strong>di</strong> coscienza e <strong>di</strong> religione. In questo casoEcumenismo53La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


non si tratta <strong>di</strong> proselitismo, nel sensonegativo attribuito a questo termine. Comeha esplicitamente riconosciuto il Decretosull’Ecumensimo del Concilio Vaticano II,“è chiaro che l’opera <strong>di</strong> preparazione e <strong>di</strong>riconciliazione <strong>di</strong> quelle singole personeche desiderano la piena comunione cattolicaè <strong>di</strong> natura sua <strong>di</strong>stinta dall’iniziativa ecumenica;non c’è però alcuna opposizione,poiché l’una e l’altra procedono dalla mirabile<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> Dio”» (§ 12).Probabilmente, <strong>di</strong> fronte ad alcuniepiso<strong>di</strong> nei quali, per troppo “zeloecumenico”, si era arrivati ad impe<strong>di</strong>redelle conversioni al cattolicesimo, laCongregazione per la Dottrina della Fedeha pensato <strong>di</strong> dare una tiratina d’orecchi.Tuttavia, ci ren<strong>di</strong>amo conto a che puntosiamo arrivati? In soldoni: la conversione,intesa come ritorno all’unico ovile <strong>di</strong> Pietro,non deve essere l’obiettivo dell’attivitàecumenica, <strong>di</strong>chiarando apertis verbis –semmai ve ne fosse stato alcun dubbio – chel’unità ecumenica non è l’unità cattolica;tuttavia, se capitasse a qualcuno <strong>di</strong> averequesto pio pensiero, bisogna avere il buonanimo <strong>di</strong> non impe<strong>di</strong>rglielo, rispettandocosì “la libertà <strong>di</strong> coscienza e <strong>di</strong> religione”!Dunque, in nome <strong>di</strong> due libertà condannatedal Magistero della Chiesa, si possonoaccettare le conversioni… Il criterio <strong>di</strong>fondo dunque non è la verità che fonda unreale <strong>di</strong>ritto alla libertà (più chiaramente: unuomo ha <strong>di</strong>ritto ad essere lasciato libero <strong>di</strong>convertirsi alla fede cattolica, in virtù dellaverità e bontà <strong>di</strong> quest’ultima), ma l’assesi sposta in una <strong>di</strong>rezione antropocentrica.La Nota riconosce il <strong>di</strong>ritto a convertirsi alcattolicesimo, certo, ma un <strong>di</strong>ritto fondatosu un criterio soggettivo, cioè sulla libertà<strong>di</strong> coscienza e <strong>di</strong> religione; in pratica– scusate il gioco <strong>di</strong> parole – un <strong>di</strong>ritto chenon è un <strong>di</strong>ritto. Infatti <strong>di</strong>ritto è ciò che sifonda sulla bontà e sulla verità oggettive. Ilprecedente sofisma della Nota non può checondurre ad una conclusione: se un uomoha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> convertirsi al cattolicesimo(<strong>di</strong>ritto vero) in virtù della libertà <strong>di</strong>coscienza e <strong>di</strong> religione, altrettanto allorasi può affermare per un uomo che vogliaabbandonare il cattolicesimo; in pratica laNota fonderebbe un falso <strong>di</strong>ritto all’apostasiaed all’abbandono della Chiesa!Dulcis in fundo: «Perciò tale iniziativa[ecumenica] non priva del <strong>di</strong>ritto né esimedalla responsabilità <strong>di</strong> annunciare inpienezza la fede cattolica agli altricristiani, che liberamente accettano <strong>di</strong>accoglierla». Domanda: e a quelli che nonaccettano <strong>di</strong> accoglierla la fede cattolicanon dovrebbe essere annunciata?INVERSIONE DI MARCIA? NO!Occorre perciò prendere atto che idue documenti analizzati, se da un latoappaiono certamente come un tentativo <strong>di</strong>mettere delle pezze a degli strappi troppoevidenti, dall’altra non risolvono affattoil problema reale. Per <strong>di</strong>rla con NostroSignore: non si può pensare <strong>di</strong> riparare unabito vecchio a brandelli, mettendo qua elà delle toppe nuove…Diamo perciò atto alla Congregazionedella dottrina della Fede della volontà <strong>di</strong> dareuna frenata a certe folli corse post-conciliari,ma non possiamo affermare che si tratti <strong>di</strong>una vera correzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione. Insomma:frenata sì, inversione <strong>di</strong> marcia, no.Da un recente articolo del giornale inglese online “The Catholic Herald” si apprendela notizia che il Card. Kasper si sarebbe opposto al ritorno in massa alla Chiesa cattolica<strong>di</strong> 60 vescovi anglicani e <strong>di</strong> altrettante parrocchie, per un numero <strong>di</strong> fedeli attorno alle400.000 unità. Il motivo principale <strong>di</strong> tale esodo dalla chiesa anglicana si troverebbenelle recenti or<strong>di</strong>nazioni <strong>di</strong> donne e <strong>di</strong> omosessuali <strong>di</strong>chiarati. Di fronte alla prospettiva<strong>di</strong> un tale ritorno all’unità cattolica, il Card. Kasper ha <strong>di</strong>chiarato al “The CatholicHerald”: «Non è la nostra politica <strong>di</strong> portare tutti questi anglicani verso Roma». Inoltreha aggiunto: «Noi siamo in buoni rapporti con l’arcivescovo <strong>di</strong> Canterbury e, per quantopossiamo, lo stiamo aiutando a tenere insieme la comunione anglicana».(Notizia, tratta dall’articolo “All I Want For Christmas...”, <strong>di</strong> Christopher A. Ferrara, del17 <strong>di</strong>c. 2007 in www.RemnantNewspaper.com).La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica54


Orizzonti mon<strong>di</strong>alistiIl cerchio si chiudeIl 2 novembre 2007 la Bhutto, nelcorso <strong>di</strong> un’intervista televisiva con uncelebre giornalista americano annunciala morte <strong>di</strong> Bin Laden per mano dellosceicco Omar. Il 27 novembre MilosZeman, ex primo ministro ceco, <strong>di</strong>chiara:«Quale minaccia iraniana? Questo sistema(antimissile, N.d.R.) è stato creato controla Russia». La NIE, ente americanoche raggruppa i servizi <strong>di</strong> sicurezza, il3 <strong>di</strong>cembre comunica che già dal 2003Tehran aveva arrestato la produzione <strong>di</strong>armi nucleari, smentendo clamorosamentesei anni <strong>di</strong> aggressiva politica americana.Il Corriere della Sera del 30 novembreriferisce le stupefacenti parole <strong>di</strong> Cossigasull’11 settembre: «…Tutti gli ambientidemocratici d’America e d’Europa, con inprima linea quelli del centrosinistra italiano,sanno ormai bene che il <strong>di</strong>sastroso attentatoè stato pianificato e realizzato dalla Ciaamericana e dal Mossad… per indurre lepotenze occidentali ad intervenire sia inIraq sia in Afghanistan».L’ipotesi Mackinder, dunque, rimaneuna valida chiave per un’interpretazione<strong>di</strong> Paolo Tauferrazionale. Il copione è noto: approfittandodella superiorità tecnologico-militare simira ad accerchiare la Russia, a indurrevolatilità e violenza al suo interno, adaccendere conflitti ai suoi confini, arovinarne l’economia, a predare le ricchezzedell’unico, vero avversario geopoliticodegli Stati Uniti. Il Kosovo è lì, modello inpiccolo delle future, ricercate secessioni.Altre conferme: sull’onda dello stu<strong>di</strong>odel CFR del 2006 “La <strong>di</strong>rezione sbagliatadella Russia”, in cui si affermava che ilregime autoritario <strong>di</strong> Putin aveva <strong>di</strong> fattoposto fine alla collaborazione strategicacon gli Stati Uniti, il Centro Internazionale<strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Strategici <strong>di</strong> Brzezinski e <strong>di</strong>Kissinger, in data 13 <strong>di</strong>cembre 2007,pubblica il documento “Futuri alternativiper la Russia”. In esso si configurano, daqui al 2017, tre possibili scenari, uno deiquali prevederebbe l’assassinio <strong>di</strong> Putine un’ondata <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni interni. E solotre settimane prima, il 19 novembre, lostesso Centro aveva <strong>di</strong>ffuso un modello <strong>di</strong>simulazione <strong>di</strong> guerra atomica limitata inMe<strong>di</strong>o Oriente dove, a determinate ipotesiFinestra sul mondoDue “ex” si lasciano andare a <strong>di</strong>chiarazioni sorprendenti: l’ex Primo Ministro ceco Zeman e l’ex Presidente Cossiga.55La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


iniziali, la parte islamica soccomberebbesotto una massa <strong>di</strong> decine <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong>vittime in pochi giorni. Messaggio cheavversari più corposi, quali Russia e Cina,potrebbero estrapolare facendo le debiteproporzioni…Il 12 <strong>di</strong>cembre il Turkmenistan, ultimopunto <strong>di</strong> sforzo americano in Asia Centraledella guerra per l’energia, passa a fianco <strong>di</strong>Putin. L’oleodotto transcaspico sarà quellovoluto dai russi. Uno scacco brucianteai piani americani e una <strong>di</strong>pendenza piùnetta dell’Europa dai flussi energetici russi.Contestualmente Brzezinski si reca in Cinaper ravvivare un “<strong>di</strong>alogo strategico”,stante il “ruolo incerto” della Russia nelgarantire ai due paesi l’accesso alle risorsecaspiche e dell’Asia Centrale, obbligandoin prospettiva i due paesi ad una pesante<strong>di</strong>pendenza da essa.I militari russi, da parte loro,denunciano con forza il serrarsi progressivodel cerchio americano: il 15 <strong>di</strong>cembre ilcomandante delle forze russe, <strong>gen</strong>eraleBaluyevski, riferisce che gli americaniintendono installare lo stesso sistemaantimissile ceco e polacco anche allefrontiere meri<strong>di</strong>onali e orientali dellaRussia. I lanci <strong>di</strong> missili balistici russiproseguono: il 25 <strong>di</strong>cembre si assiste adun doppio lancio, da sotto il mare e daterra, a sottolineare la determinazione a<strong>di</strong>fendersi contro le centinaia <strong>di</strong> missili<strong>di</strong> crociera che affollano le piattaformeamericane attorno alla Russia. L’ultima<strong>di</strong>chiarazione, del 19 <strong>gen</strong>naio 2008,è particolarmente inquietante: per laprima volta il suddetto Baluyevski parlafrancamente della possibilità <strong>di</strong> una guerranucleare preventiva da parte della Russiaper «proteggere l’integrità territoriale dellaRussia e dei suoi alleati».Il tassello forte che mancaall’accerchiamento della Russia, l’Iran,verrà presto dotato <strong>di</strong> adeguata <strong>di</strong>fesaantiaerea a lungo raggio. I tempi tuttaviastringono: il dollaro è in affanno, il sistemafinanziario globale fondato sui derivati èsull’orlo del collasso, la situazione militare“convenzionale” degli Stati Uniti, che nonsono riusciti a conquistare né il petrolio,né men che meno i cuori asiatici, si fadrammatica. L’instabilità <strong>gen</strong>erale cresce,fra un Pakistan che oscilla paurosamenteverso la guerra civile e una Cina che invista della supremazia economica sull’Asianon vedrebbe male una catastrofica guerranucleare fra Pakistan ed In<strong>di</strong>a. E l’Europa?Quale Europa?Vla<strong>di</strong>mir Putin a colloquio con il Comandante delle forze russe, <strong>gen</strong>erale Baluyevski.La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica56


Invito alla letturaa cura della RedazioneLuisella ScrosatiConferenze sullaMessaEd. Ichthys, € 4,00L a c o l l a n aContemplata aliistradere si arricchisce<strong>di</strong> due titoli, <strong>di</strong> cui ilvolume 11° è questoagile libretto in cui simostra come l’opera <strong>di</strong> “riforma” del NovusOrdo è ben <strong>di</strong>stante dallo sviluppo liturgicodei secoli precedenti, che ha condotto alcosiddetto Messale tridentino; anzi, essanon trova precedenti se non nei movimentiereticali.Paolo PasqualucciGiovanni XXIII e ilConcilio EcumenicoVaticano IIEd. Ichthys,€ 10,00L ’ A u t o r e ,Professore emeritod i f i l o s o f i adell’università <strong>di</strong>Perugia, sviluppa in quest’opera - il volumen° 12 della collana Contemplata aliistradere - una accurata analisi della famosaAllocuzione inaugurale del Vaticano II,tenuta da Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962,inquadrandola in più ampio contesto, siateologico che filosofico. Egli <strong>di</strong>mostra chel’Allocuzione ha rappresentato lo sboccofinale <strong>di</strong> convinzioni già presenti nellapastorale del Papa e che essa ha orientatoin modo determinante, oltre allo spiritodel Concilio, l’impostazione conciliare delsuccessore nonché <strong>di</strong>versi ed importantidocumenti del Concilio stesso.Dimostra, altresì, che i concettiportanti dell’Allocuzione, e cioè:l’esposizione della dottrina secondo leforme letterarie del pensiero moderno; il<strong>di</strong>vieto per la Chiesa <strong>di</strong> condannare d’orain poi gli errori; il compito nuovo (perla Chiesa) <strong>di</strong> promuovere e realizzarel’unità del <strong>gen</strong>ere umano senza più tentare<strong>di</strong> convertirlo a Cristo; che tutte questevere e proprie norme <strong>di</strong>rettive dellanuova pastorale ecumenica contrad<strong>di</strong>conol’insegnamento tra<strong>di</strong>zionale della Chiesae rappresentano un grave pericolo per ildeposito della Fede.Questo lavoro costituisce un contributoimportante per un’ermeneutica del Concilioscevra da storture ideologiche.Edouard HugonFuori dalla Chiesanon c’è salvezzaTabula Fati€ 15,00Ci si può salvarein qualunquemodo, oppure cisono degli obblighiben precisi a cui nessunopuò sottrarsisenza mettere in pericolo la propria anima?In altre parole, per andare in Cielo bisognaappartenere ad una determinata Chiesa,oppure qualunque chiesa va bene? Allimite, c’è proprio bisogno <strong>di</strong> una chiesa?Il dogma cattolico che afferma che «fuoridella Chiesa non c’è salvezza» ha unfondamento reale oppure è una formulapriva <strong>di</strong> senso? E qual è questa Chiesa acui bisogna necessariamente appartenereper non dannarsi?L’assioma «fuori della Chiesa nonc’è salvezza» è ai nostri giorni messo in<strong>di</strong>scussione. È una <strong>di</strong> quelle espressioni agliantipo<strong>di</strong> del politically correct. Il gesuitaInvito alla lettura57La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


elga P. Dupuis, in occasione del Congressointerreligioso <strong>di</strong> Fatima (ottobre 2003, cfr.La Tra<strong>di</strong>zione Cattolica, n°2 (59) 2005, pp.13-14) ebbe modo <strong>di</strong> definirlo un «…testoorribile del Concilio <strong>di</strong> Firenze del 1442».Ora, su questo punto così fondamentalela Sacra Scrittura ci dà delle in<strong>di</strong>cazioniben precise, e gli scrittori dei primi secolidel cristianesimo, che sono i Padri dellaChiesa, hanno sviluppato e approfon<strong>di</strong>tol’importante tema. <strong>San</strong> Tommaso d’Aquinone ha magistralmente sintetizzato la dottrina:basta consultarlo per conoscere laverità e poter seguire la via della salvezzaeterna. In questo libro l’eccellente teologodomenicano p. Edouard Hugon esponeciò che le fonti della Rivelazione – SacraScrittura e Tra<strong>di</strong>zione – ci <strong>di</strong>cono in merito.Un libro da leggere e stu<strong>di</strong>are attentamenteper conoscere la verità e combattere conconoscenza <strong>di</strong> causa il relativismo cheinfesta la mentalità moderna.A. GnocchiM. PalmaroRapporto sulla Tra<strong>di</strong>zione- A colloquiocon il successore<strong>di</strong> monsignorLefebvreCantagalli€ 12,50Un’intervista esclusivacon mons. Fellayda cui emerge un profiloparticolare e ine<strong>di</strong>tosui sacerdoti che, nel terzo millennio,celebrano la Messa <strong>di</strong> san <strong>Pio</strong> V, portano laveste talare e parlano <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione.Chi sono questi sacerdoti e i fedeli che liseguono? Sono veramente persone fuori dalmondo e dal tempo, come vengono <strong>di</strong>pintiogni volta che si parla <strong>di</strong> loro, o hannoqualche cosa <strong>di</strong> serio da <strong>di</strong>re sul presente epersino sul futuro? Sono degli scomunicatie degli scismatici da cui stare alla largaper la salvezza dell’anima, o sono partedella Chiesa? Insomma, chi sono questi“lefebvriani”?Un libro importante per fare cadere i pregiu<strong>di</strong>ziaffastellati durante questi anni.Orio Nar<strong>di</strong>Il vitello d’oro-L’altra faccia dellastoriaSalpan€ 16,00«Per una migliorevalutazione deifatti ho pensatoopportuno, piuttostoche scendere inun’analisi, dare una panoramica storicaabbastanza ampia, che consenta <strong>di</strong> coglierele componenti del <strong>di</strong>namismo mon<strong>di</strong>alistanella loro continuità inisterrotta. Una solidanervatura essenziale nello svolgimento deltema faciliterà l’analisi dei suoi aspettiparticolari. Le certezze analitiche in campostorico sono facilitate assai da una visionesintetica degli avvenimenti, come avviene neifatti <strong>di</strong> cronaca, <strong>di</strong>fficilmente interpretabilisenza una conoscenza dei retroscena»(dalla presentazione dell’Autore). Una bellarie<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un libro ormai introvabile:peccato per alcuni commenti e<strong>di</strong>toriali -peraltro fuori testo - a nostro avviso non inlinea con lo spirito dell’opera.Salvatore PanzicaLa Madonna de LaSalette, ovvero ilsegreto scomodoSalpan, € 16,00« “ L e l a c r i m ed e l l a Ve r g i n e ”contrastano conquesta nostra societàridanciana, apostatae <strong>di</strong>sperata, che harinunziato alla Croce <strong>di</strong> Cristo. In tuttele apparizioni la Madre <strong>di</strong> Dio ci parla<strong>di</strong> castighi, <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgrazie <strong>di</strong> ogni specie,<strong>di</strong> sacrifici, dell’inferno, <strong>di</strong> preghiera...e <strong>di</strong> salvezza eterna. Ella è molto chiara:o l’umanità si converte davvero o cisarà un grave castigo [...]. La Madonnade La Salette, nel segreto consegnato aMelania, c’insegna che la principale causadell’empietà oggi trionfante sulla terraconsiste nel tra<strong>di</strong>mento dei chierici!».La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica58


Don Lorenzo ScupoliI l c o m b a t t i m e n t ospiritualeAmicizia cristiana€ 9.00Questo libro ebbetra i suoi primi lettoriun giovane che desideravae cercava unaguida sicura per la sua vita interiore: sanFrancesco <strong>di</strong> Sales. La struttura dell’operavuole condurre all’incontro <strong>di</strong> Dio conl’uomo, nella contemplazione dell’amoree della bontà infinita <strong>di</strong> Dio da una parte, edall’altra l’uomo preso dalle inclinazionial male e dalle passioni <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nate.La lotta è possibile attraverso unapiena confidenza in Dio, seguendo Cristo,il Capitano dell’esercito <strong>di</strong> coloro chevogliono combattere il male e che poggianoin Lui la certezza della vittoria,senza confidare soltanto sulle proprieforze. Le principali armi per questa strategiaspirituale, insieme all’esercizio <strong>di</strong>tutte le facoltà per conquistare le virtù,sono la preghiera, la me<strong>di</strong>tazione, ladevozione a Maria Vergine, l’amore allaCroce e la frequente Comunione eucaristica,sacramentale e spirituale. Comel’allenamento porta l’atleta alla vittoria,così l’allenamento nelle virtù cristianeporta alla perfezione. La virtù, infatti, siconquista giorno per giorno. La santità è ilfrutto del combattimento spirituale.Louis De WohlLa mia natura è il fuocoVita <strong>di</strong> <strong>San</strong>ta Caterina da SienaBur Rizzoli € 11.00«Questa è l’origine della vostraforza, - <strong>di</strong>sse il Pontefice -. Voi guardateogni cosa sub specie aeternitatis.Quale altro modo potrebbe esserci,per voi e per me?», rispose Caterina.Dopo lo straor<strong>di</strong>nario successode L’ultimo crociato, La liberazionedel gigante e l’Albero della vita, (ve<strong>di</strong>Tra<strong>di</strong>zione Cattolica n. 3/2005) un altroromanzo storico <strong>di</strong> Louis De Wohl, de<strong>di</strong>catoalla vita <strong>di</strong> <strong>San</strong>ta Caterina da Siena.Lo sguardo con cui l’Autore indaga iprotagonisti dei suoi romanzi è attento acogliere la <strong>di</strong>mensione dell’uomo chiamatoda Dio alla santità per svolgereun ruolo unico e irripetibile nella storia.<strong>San</strong>ta Caterina compie la missione a cuiè stata chiamata da Dio, che la porterà avivere la carità tra gli appestati <strong>di</strong> Sienae poi ad Avignone per convincere il Papaa riportare la sede pontificia a Roma. “Lamia natura è il fuoco”. Queste parole <strong>di</strong><strong>San</strong>ta Caterina esprimono pienamente laforza <strong>di</strong> questa donna la cui santità trasparein ogni gesto e in ogni circostanzae che speriamo possano suscitare il desiderio<strong>di</strong> accendere nei nostri cuori il verofuoco, Signore del mondo.Giuseppe Dalla TorreCarlo d’Austria-RitrattospiritualeAncora € 10.00«Se il buon Dio mipermette <strong>di</strong> essere il piùmodesto e <strong>di</strong>menticatopioniere nell’erezionedella Sua grande opera, allora questo saràil mio massimo onore e la mia gioia e ionon potrò mai ringraziarlo abbastanza perquesto».Dell’imperatore Carlo vengono, inquesto libro, delineati, a gran<strong>di</strong> pennellate,i tratti salienti della personalità e della spiritualitàindubbiamente fuori dal comune.Traspare, dal chiaroscuro degli avvenimentiche costellarono la sua esistenza, lagrandezza <strong>di</strong> un’anima in cui l’imperativoalla perfezione cristiana ebbe un’incidenzadavvero singolare. Non sono trascurati,però, i riferimenti agli elementi storiciessenziali per collocare adeguatamente lafigura <strong>di</strong> Carlo nell’ambiente in cui visse,con gli avvenimenti e le problematiche incui fu coinvolto. Il libro non ha, né intendeavere, il carattere <strong>di</strong> una ricerca storica,bensì lo scopo <strong>di</strong> far conoscere la figura<strong>di</strong> un imperatore che, cosciente <strong>di</strong> essereun semplice strumento della Provvidenza<strong>di</strong>vina, portò avanti coraggiosamente la suaopera, offrendo un meraviglioso esempio <strong>di</strong>uomo e <strong>di</strong> governante cattolico.Invito alla lettura59La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


La vita della <strong>Fraternità</strong>Il 18 <strong>di</strong>cembre 2007, su invito dell’onorevoleMario Borghezio, don FlorianoAbrahamowicz, Andrea Dal Canton eMatteo Castagna si sono recati al ParlamentoEuropeo <strong>di</strong> Bruxelles per la bene<strong>di</strong>zionedel presepe all’ingresso dell’emicicloe la recita del <strong>San</strong>to Rosario. Si è trattatodella prima cerimonia cattolica nell’Europarlamento.Assistevano alla bene<strong>di</strong>zione ilConfratello del Priorato <strong>di</strong> Bruxelles, donEdouard Fesquet, gli Eurodeputati italianiMuscar<strong>di</strong>ni, Albertini, Tajani, Pirilli eRivera, i fiamminghi Claeys e Dillen, ifrancesi Couteaux, Louis, Lang e Martinez,il bavarese Posselt, lo spagnolo Oriega, ipolacchi Giertych, Janowski e Rogalski.La cerimonia ha ricevuto l’autorevolissimoconsenso dello stesso Presidente del Parlamento,Hans-Gert Pöttering.Qui <strong>di</strong> seguito riportiamo l’allocuzionepronunciata da don FlorianoAbrahamowicz:«Signori Deputati, signori assistenti,cari amici,Il Priorato <strong>di</strong> Cristo Re <strong>di</strong> Bruxelles,sede <strong>di</strong>strettuale della <strong>Fraternità</strong> <strong>Sacerdotale</strong><strong>San</strong> <strong>Pio</strong> X in Belgio, ha accolto<strong>gen</strong>erosamente un desiderio del Deputatoeuropeo Mario Borghezio: il presepe alParlamento Europeo!Gesù Cristo il Figlio <strong>di</strong> Dio, suaMadre la <strong>San</strong>tissima Vergine Maria, <strong>San</strong>Giuseppe, i pastori, gli animali, la naturatutta intera rende omaggio al Re dei re,l’Unto del Signore. Colui che ci ha rivelatola Sua <strong>di</strong>vinità, la Sua umanità e la SuaRegalità Sociale: «Per me reges regnant»,è attraverso Me che governano i governanti,<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Se stesso nelle Sacre Scritture.Permettetemi dunque, Signor Deputato,<strong>di</strong> esprimerVi le mie vive felicitazioniper questa testimonianza <strong>di</strong> cristianità e <strong>di</strong>rivolgerVi un auspicio, un appello pressanteai Deputati <strong>di</strong> questo Parlamento,rappresentanti dei popoli dell’Europacristiana. Questi popoli che hanno sete,molta sete, <strong>di</strong> conoscere la verità che l’Angeloannunziò ai pastori: «Io vi annunciouna grande gioia che sarà quella <strong>di</strong> tutto ilpopolo; è nato per voi oggi un Salvatore,che è il Cristo Signore nella città <strong>di</strong> David».Noi tutti abbiamo sete della gioia cheinvase i Re Magi quando videro la stellafermarsi al <strong>di</strong> sopra del luogo in cui vi era ilFanciullo. Furono trasportati da una grandegioia e si prostrarono, e adorarono il loroRedentore e Salvatore.La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica60


Viaggio a Praga(con tappa a Vienna)Da lunedì 21 a sabato 26 aprile 2008Per informazioni e iscrizioni:Don Floriano 346.09.05.134 – Don Mauro 329.64.77.824 – email: rimini@sanpiox.itCome loro, anche i popoli cristianinei secoli passati esprimevano la loro ricchezzaspirituale attraverso il patrimoniodelle Cattedrali. I nostri popoli dell’Europa,sfortunatamente, vivono sempre piùlontani da queste verità e da queste gioie.Sono come deportati, lontano dalla loroidentità cristiana. Gemono sotto il giogo <strong>di</strong>una schiavitù simile a quella che il popoloeletto subì in Egitto.Oggi anche i nostri popoli lavorano,producono sempre <strong>di</strong> più in quantità e qualitàe al contempo si rendono conto che ildenaro vale sempre <strong>di</strong> meno. Sono <strong>di</strong>ventatigli schiavi <strong>di</strong> un grande brigantaggio,attuato da alcuni ladri, un pugno <strong>di</strong> uominiche - come <strong>di</strong>sse Papa <strong>Pio</strong> XI - detengonotutto il potere monetario nelle loro mani;che producono il denaro a partire dal nulla,a costo zero, e si fanno pagare questa cartastraccia al prezzo della ricchezza prodottanon da loro, ma dal lavoro forzato deinostri popoli deportati nei campi <strong>di</strong> lavorodell’usurocrazia.E questo non basta. Ancor più, essichiedono gli interessi sulla ricchezzarubata. E tutto questo brigantaggio è legalizzato,coperto e protetto da un’intoccabileimmunità. Chi, al <strong>di</strong> fuori della BCE ha il<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> controllarli?Cari Deputati, voi non potete tollerareche tutta l’Europa lavori per questelobbyes e che i vostri Governi tacciano suquesta rapina perpetrata dalle banche centralie commerciali. Certo questa calamitànoi l’abbiamo meritata, perchè abbiamo<strong>di</strong>menticato, abbandonato la nostra Fede.Abbiamo <strong>di</strong>stolto il nostro sguardo da Dio,dal cielo e dalla vita soprannaturale per laricerca dei beni terreni <strong>di</strong> cui ci siamo resischiavi. Abbiamo voltato le spalle a Dioper sorridere al mondo. Ahimè, il ConcilioVaticano II ci ha trascinato in questoabbandono della vita cristiana, con la conseguenzache il popolo si è indebolito, cosìda non saper reagire a questa schiavitù. Mala speranza è l’ultima a morire.E io vi auguro <strong>di</strong> tutto cuore, che ilBambin Gesù possa elevare i Vostri cuorie riempirvi <strong>di</strong> coraggio e <strong>di</strong> fiducia. Chela <strong>San</strong>tissima Vergine Maria, vi ottenga lagrazia <strong>di</strong> recuperare le ricchezze spiritualie materiali dei nostri popoli e così servireDio con gioia a riconoscenza. Auguri <strong>di</strong>buone Feste e <strong>San</strong>to Natale!».61La Tra<strong>di</strong>zioneCattolica


Da ricordare...• Or<strong>di</strong>nazioni <strong>di</strong>aconali e sacerdotali a Ecône: venerdì 27 giugo 2008.• Pellegrinaggio Bevagna–Assisi: sabato 6 e domenica 7 settembre 2008• 16° Convegno <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> cattolici a Rimini: venerdì 17, sabato 18, domenica 19 ottobre2008 (anticipato <strong>di</strong> una settimana per facilitare la partecipazione alpellegrinaggio a Lourdes, cfr. p. 4).Da visitare...• Il sito della <strong>Fraternità</strong> <strong>San</strong> <strong>Pio</strong> X - www.sanpiox.it - in cui, tra le altrecose, potrete trovare Nova et Vetera, una nuova rivista <strong>di</strong>sponibileesclusivamente online contenente articoli <strong>di</strong> riflessione sull’attualitàreligiosa, notizie sull’apostolato della <strong>Fraternità</strong> nel mondo, articolie notizie scelti dall’Organo <strong>di</strong> comunicazione della Casa GeneraliziaDICI (www.<strong>di</strong>ci.org).30 settembre 2007: la bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> S.E. mons. Williamson trasforma il capannonedel Priorato Madonna <strong>di</strong> Loreto <strong>di</strong> Rimini: ora, anche dall’esterno, è una vera chiesa!L a P ro v v i d e n z aha voluto dotare ilPriorato <strong>di</strong> Rimini <strong>di</strong>un organo meccanicoa canne. Viene da untempio protestantedella Germania, manel corso della cerimonia,ha ricevutoLa anche Tra<strong>di</strong>zione lui abbondanteCattolica acqua benedetta.62


Album <strong>di</strong> famigliaA sinistra: la vestizione <strong>di</strong> una Suora italiana del noviziato <strong>di</strong> lingua tedesca delle Suore della <strong>Fraternità</strong> <strong>San</strong> <strong>Pio</strong> X (aprile2007). A destra: professione religiosa a Flavigny <strong>di</strong> un nuovo Fratello laico (settembre 2007).Vestizioni dei seminaristi del 1° anno a Flavigny (2 febbraio u.s.): a destra i due seminaristi italiani.Nel Seminario <strong>di</strong> Zaitzkofen (Germania) - foto a sinistra - Tonsure e Primi Or<strong>di</strong>ni Minori <strong>di</strong> due seminaristi italiani (2 e 3febbraio u.s.). Nel Seminario <strong>di</strong> Ecône il 16 febbraio tre italiani sono stati tonsurati e uno ha ricevuto 63 i Primi La Tra<strong>di</strong>zione Or<strong>di</strong>niCattolicaMinori.


ORARI DELLE SS. MESSEAGRIGENTO (Provincia): una volta al mese (per informazioni 0922.875.900).ANCONA (Provincia): la 2 a e 4 a domenica del mese alle 10.30 (per informazioni 0541.72.77.67).ALBANO LAZIALE (Roma): <strong>Fraternità</strong> <strong>San</strong> <strong>Pio</strong> X [residenza del Superiore del Distretto] - Via Trilussa, 45- 00041 - Tel. 06.930.68.16 - Fax 06.930.58.48 - E-mail: albano@sanpiox.it. Ogni giorno alle 7.15; domenicae festivi alle 10.30, Vespri e Bene<strong>di</strong>zione alle 18.30.ALBINO (BG): Cappella Gesù Bambino <strong>di</strong> Praga - Via Pradella, 15. La 2 a e 4 a domenica del mese alle 17.30(per informazioni: 011.983.92.72).BOLOGNA: Oratorio <strong>San</strong> Domenco - Via del Lavoro, 8. La 1 a e 3 a domenica del mese alle 17.30 (perinformazioni: 0541.72.77.67).BRESSANONE (BZ): Cappella della Sacra Famiglia - Fischzuchtweg 12/A. La 1 a , 3 a e 5 a domenica del mesealle 16.00 (per informazioni: Priorato <strong>di</strong> Innsbruck, 0043.512.27.38.26).FERRARA: Oratorio <strong>San</strong>t’Ignazio <strong>di</strong> Loyola - Via Carlo Mayr, 211. Domenica e festivi alle 10.30 (perinformazioni: 0541.72.77.67).FIRENZE: Cappella <strong>San</strong>ta Chiara - Via Guerrazzi, 52. La 1 a e 3 a domenica del mese alle 10.00 (perinformazioni: 06.930.68.16).GENOVA (Provincia): (per informazioni: 011.983.92.72).LANZAGO DI SILEA (TV): Oratorio B. Vergine <strong>di</strong> Lourdes - Via Matteotti, 14. Domenica e festivi alle 10.30,in estate saltuariamente nel pomeriggio alle 18.30 (per informazioni: 0541.72.77.67).LUCCA: Cappella <strong>San</strong> Giuseppe - Via Angelo Custode, 18. La 2 a e 4 a domenica del mese alle 10.00; la 1 a e3 a domenica del mese alle 17.30 (per informazioni: 06.930.68.16).MONTALENGHE (TO): Priorato <strong>San</strong> Carlo Borromeo - Via Mazzini, 19 - 10090 - Tel. 011.983.92.72 - Fax011.983.94.86 - E-mail: montalenghe@sanpiox.it. Ogni giorno alle 7.30; domenica e festivi alle 8.30; S.Rosario alle 18.45; giovedì e domenica Bene<strong>di</strong>zione eucaristica alle 18.30.NAPOLI: Cappella dell’Immacolata - Via S. Maria a Lanzati, 21. Domenica e festivi alle 11.00 (perinformazioni: 06.930.68.16).PARMA: Via Borgo Felino, 31. La 4 a domenica del mese alle 17.30 (per informazioni: 0541.72.77.67).PAVIA/VOGHERA: una domenica al mese (per informazioni: 011.983.92.72).PESCARA: la 1 a domenica del mese alle 18.30 (per informazioni: 0541.72.77.67).RIMINI (fraz. Spadarolo): Priorato Madonna <strong>di</strong> Loreto - Via Mavoncello, 25 - 47900 - Tel. 0541.72.77.67- Fax 0541.72.60.75 - E-mail: rimini@sanpiox.it. In settimana alle 7.00 e alle 18.00 (in estate: 18.30);domenica e festivi ore 8.00 e 10.30.ROMA: Cappella <strong>San</strong>ta Caterina da Siena - Via Urbana, 85. Domenica e festivi alle 11.00; giovedì e 1°Venerdì del mese alle 18.30 (per informazioni: 06.930.68.16).SEREGNO (MI): Cappella <strong>di</strong> Maria SS.ma Immacolata - Via G. Rossini, 35. Domenica e festivi alle 10.00(per informazioni: 011.983.92.72).TORINO: Cappella Regina del S. Rosario - Via Mercadante, 50. Domenica e festivi alle 11.00 (per informazioni:011.983.92.72).TRENTO: Oratorio <strong>San</strong> <strong>Pio</strong> V - Via <strong>San</strong> Martino, 69. La 1 a domenica del mese alle 10.30; la 2 a e 4 a domenicadel mese alle 18.00, con l’ora legale alle 18.30 (per informazioni: 0541.72.77.67).TRIESTE: Via G. Gallina, 4. La 1 a domenica del mese alle 18.00 (per informazioni: 0541.72.77.67).VELLETRI (RM): Discepole del Cenacolo - Via Madonna degli Angeli, 78 - 00049 - Tel. 06.963.55.68. Ognigiorno alle 7.15; domenica e festivi alle 8.00.VERONA: Via Ospedaletto 57 - Ospedaletto <strong>di</strong> Pescantina. La 1 a , 3 a e 4 a domenica del mese alle 18.00(per informazioni: 0541.72.77.67).VIGNE DI NARNI (TR): Consolatrici del Sacro Cuore - Via Flaminia Vecchia, 20 - 05030 - Tel. 0744.79.61.71.Ogni giorno alle 7.45; domenica e festivi alle 17.30 (saltuariamente al mattino).CALABRIA E PUGLIA: la 3 a domenica del mese (per informazioni: 06.930.68.16).La Tra<strong>di</strong>zione Cattolica n. 1 (66) 2008 - 1° Trimestre - Poste Italiane - Tariffa Associazioni Senza fini <strong>di</strong>Lucro: “Poste Italiane S.p.A. - Spe<strong>di</strong>zione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004n° 46) art. 1 comma 2 - DCB Rimini valida dal 18/05/00”. In caso <strong>di</strong> mancato recapito rinviare all’uff. CPO.La Tra<strong>di</strong>zione RIMINI per laCattolica 64restituzione al mittente che si impegna a corrispondere la relativa tariffa.

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