Ordine febbraio 2000 - Ordine dei Giornalisti

Ordine febbraio 2000 - Ordine dei Giornalisti Ordine febbraio 2000 - Ordine dei Giornalisti

12.07.2015 Views

OrdinedeiGiornalistidellaLombardiaAssociazione “Walter Tobagi” per la Formazione al GiornalismoIstituto “Carlo De Martino” per la Formazione al GiornalismoAnno XXXIn. 2, febbraio 2000Direzione e redazioneVia Appiani, 2-20121 MilanoTelefono: 02 63 61 171Telefax: 02 65 54 307http://www.odg.mi.ite-mail:odg@galactica.itSpedizione in a.p. (45%)Comma 20 (lettera b)dell’art. 2 della legge n. 662/96Filiale di MilanoCondanne di primo grado inappellabili se infliggono solo una pena pecuniaria (multa oppure ammenda)Diffamazione a mezzo stampa:direttori e articolisti sotto tiroMilano, 18 gennaio. Franco Abruzzo,presidente dell’Ordine dei Giornalistidella Lombardia, ha indirizzato al ministrodi Giustizia, Oliviero Diliberto, lalettera-appello che viene resa pubblica:“Onorevole ministro, oggigiorno, secondoun dato raccolto dall’Ordine nazionale dicategoria, sui giornalisti e sui giornali italianipendono querele con richieste di risarcimentiper circa 3.500 miliardi di lire. È auspicabileuna Sua autorevole iniziativa legislativaaffinché venga tradotto in norma l’auspiciodell’on.le Luciano Violante: “Il problema piùsignificativo - ha detto Violante - è risarcirel’onore delle persone lese e stabilire che larettifica fatta nei termini previsti dalla leggeha una funzione di risarcimento e che lastessa evita il risarcimento civile. C’è bisognodi una legge di questo genere: i giornalipotranno poi scegliere se rettificare o andareal processo civile”.Da 15 anni, poi, si attende il coordinamentotra l’articolo 124 Cp e l’articolo 2947 Cc: chi,in caso di diffamazione a mezzo stampa,agisce in sede penale deve presentare larelativa querela entro tre mesi “dal giornoQuota d’iscrizione 2000:pagamento anche per telefonoAnche per il 2000 le quote (£ 140milacontro le 70mila dei pensionati giornalistiprofessionisti) dovute per legge all’Ordinedei Giornalisti saranno riscosse tramiteesattoria con un po’ di ritardo dovuto adisfunzioni del ministero delle Finanze (chea tutt’oggi non ha ancora fissato l’aggiospettante ai concessionari). Riceveremoper posta, si presume, dopo il mese di aprile,la cartella esattoriale con le modalità dipagamento.Le esattorie abilitate alla riscossione sono:● ESATRI SPAper le province di Milano, Brescia,Varese, Pavia e Lodi● RILENO SPAper le province di Como e Lecco● BERGAMO ESATTORIEper la provincia di Bergamo● BANCA CARIVERONAper la provincia di Mantova● RIPOVALper la provincia di Sondrio● LOSERI LOMBARDIAper la provincia di CremonaORDINE 2 2000della notizia del fatto”, mentre chi preferiscela via civilistica ha tempi incredibilmente piùlunghi (anche 12 anni). Su questo punto uncompromesso era stato raggiunto (a PalazzoMadama) in sede di stesura del “ProgettoPassigli” relativo all’ordinamento della professionegiornalistica: il termine era statoridotto a 180 giorni.È possibile, una volta trasferiti i ruoli dalCnc alle esattorie, pagare le quote aglisportelli delle esattorie stesse precisandoil codice tributo (0991) e i dati personali colcodice fiscale. Le quote potranno essereversate anche presentando le cartelle esattorialiagli sportelli bancari e dell’enteposta.Per quanto riguarda i ruoli gestiti dall’Esatri,è già possibile pagare le tasse conuna semplice telefonata al numero verde199191191 (servizio Taxtel), fornendoall’operatore il proprio codice fiscale, ilcodice del tributo (0991) e il numero dellapropria carta di credito sulla quale vienefatto l’addebito.Gli uffici dell’Ordine hanno provveduto aspedire all’indirizzo dei colleghi il bollino2000 da incollare sulla tessera. Il bollino nonè, comunque, la prova dell’avvenuto pagamentodella quota d’iscrizione. L’Ordine vivecon le quote e i diritti di segreteria.La cartella esattoriale va pagata entro iltermine di 60 giorni. Trascorsi i 60 giorni,l’esattoria agirà in via coattiva.L’Assemblea degli iscritti il 23 marzo 2000“Oro” a 31 colleghi per 50 anni di AlboSono 31 i colleghi (11 professionisti e 20 pubblicisti) che quest’anno compiono i 50 anni diiscrizione agli elenchi dell’Albo. Riceveranno la medaglia d’oro dell’Ordine della Lombardia inoccasione dell’assemblea annuale degli iscritti che si terrà il 23 marzo (ore 15) al Circolodella Stampa. Ed ecco i loro nomi:PROFESSIONISTI - Pierantonio BERTÉ, Silvio BERTOLDI, Gianfranco COBOR, GiuseppeDICORATO, Flavio DOLCETTI, Paolo PESCETTI, Franco RHO, Adolfo SCALPELLI, AngeloSOLMI, Egidio STERPA, Sandro ZAMBETTI.PUBBLICISTI - Aldo ANIASI, Bruno ARCANGIOLI, Gaetano ARENA, Guido BALLO, EgidioBONFANTE, Piergiacinto DE GIORGIS, Aldo DE LUCA, Carlo Demetrio FAROLDI, MariaTeresa GALLO VANGELISTA, Giorgio GALLUZZO, Domenico LECCISI, Antonio Aldo LORE, Guido LOPEZ NUNES, Edoardo MANGIAROTTI, Massimo MARTINI, Mario MIRABEL-LA ROBERTI, Angelo PENNELLA, Carlo PINA, Giancarlo POZZI, Sergio ROMANO.Frattanto la situazione (per direttori, articolistied editori) è peggiorata dopo l’approvazione,su proposta di 4 senatori ds(Russo, Senese, Calvi e Bonfietti), dell’articolo18 della legge n. 468/1999 che,modificando il terzo comma dell’articolo593 Cpp, rende inappellabili le sentenzepenali quando le stesse comminanosoltanto pene pecuniarie. Poniamo il casoche il giornalista-articolista venga condannatoper diffamazione a mezzo stampa (articolo595 Cp) solo alla pena della multa (fino aun milione), avendo il tribunale (in composizionemonocratica) scartato la condanna allapena della reclusione da sei mesi a tre anni.Il giornalista che ha scritto l’articolo “incriminato”e il direttore responsabile (che haomesso il controllo sull’articolo), una voltaAppello al ministro di GiustiziaOliviero Dilibertoemessa la sentenza di condanna alla solamulta, non possono impugnare il provvedimentoavanti alla Corte d’Appello, ma possonoricorrere per Cassazione unicamente permotivi di legittimità. In sostanza articolistae direttore pagano subito la multa e poi,con l’editore, sono nelle mani del giudicecivile per quanto riguarda la fissazionedell’entità del risarcimento del danno. Lacondanna penale è il presupposto dellasuccessiva condanna sul piano civilistico.La Corte di Cassazione, poi, ha pochi giornifa ritoccato radicalmente la giurisprudenza,stabilendo che si può agire parallelamentesia in sede penale sia in sede civile nei casidi diffamazione a mezzo stampa. Il giudicecivile può, infatti, dare il via libera ai processidi risarcimento del danno indipendentementedall’esito o dalla pendenza del giudiziopenale nei confronti dell’autore della diffamazione.Il nuovo Cpp, secondo la Corte suprema, haabolito la “pregiudiziale penale” in base allaquale con il vecchio rito la definizione dellecause risarcitorie non aveva luogo, anzi iprocessi venivano sospesi, fino a che nonfosse provata la responsabilità penaledell’imputato per diffamazione.Le trasmetto un promemoria sui temiappena accennati corredata da propostedi modifiche degli articoli 5, 8, 11, 12 e 13della legge sulla stampa; dell’articolo 595Cp e dell’articolo 2947 del Cc” (ANSA).(Servizi da pagina 2 a pagina 8)Referendum sul lavoro:queste le ragioni del “no”di Mario Fezzi,avvocato in MilanoI cinque referendum promossi dai radicali(Bonino-Pannella) in materia di lavoro debbonoessere letti congiuntamente agli altri sei dicarattere “sociale”, se si vuole cogliere fino infondo l’idea di Stato auspicata dai promotori.Insieme all’abolizione del diritto alla reintegrazionenel caso di licenziamento ritenuto illegittimodal giudice, alla liberalizzazione assolutadi contratti a termine, part-time, lavoro a domicilioe collocamento, vengono proposte anchel’abolizione delle pensioni di anzianità, delservizio sanitario nazionale, dell’assicurazioneInail contro gli infortuni sul lavoro, della ritenutad’acconto, del finanziamento dei patronatie degli istituti di assistenza sociale, delletrattenute sindacali dei pensionati.Non vi è dubbio, insomma, che i promotorisiano a tutti gli effetti dei liberisti. Nel sensoche chiunque deve essere libero di fare tuttociò che crede e gli piace, senza vincoli esenza regole. In realtà però sembra che lalibertà di scelta tocchi a una sola parte, quelladel datore di lavoro, mentre al lavoratore o alpensionato tocca solo subire la scelta altrui.Se si pensa che il padre di quello che in seguitovenne chiamato welfare-state è da riconoscersiin Otto von Bismarck, che nel 1883 -dopo avere realizzato l’egemonia prussianasulla Germania, avere represso con violenzail movimento socialista con le leggi eccezionaledel 1878 e avere dato inizio alla politicacoloniale tedesca in Africa - diede vita a unamoderna legislazione sociale, ci si può facilmenterendere conto del balzo all’indietro chei nostri radical-liberisti vagheggiano.Se poi qualche pezzettino di welfare fossesfuggito per dimenticanza o distrazione (comeper il caso delle trattenute sindacali deipensionati, in cui il riferimento legislativo èstato clamorosamente sbagliato), non c’ècerto da preoccuparsi troppo, perché l’annoventuro verranno certamente proposti nuovi eancor più stimolanti quesiti referendari.Uno Stato dunque in cui vige la legge del piùforte e in cui la sola parola “pubblico” incuteorrore. Tutto ciò che sa di pubblico sa anchedi eresia ed è sinonimo di fallimentare. Il privatoè meglio, sempre e comunque; ancheperché ognuno, perbacco, deve sapersi arrangiareda solo. Non siamo forse tutti uguali, allanascita ?Ma anche uno Stato in cui il legislatore nonha più niente da fare: a cosa servono circamille deputati e senatori, quando si può tranquillamentelegiferare attraverso i referendum?E pazienza, se per effetto dei referendumla normativa di risulta (si chiamanoproprio così le norme che restano dopo lemanipolazioni referendarie) è un pochinopoco chiara e magari un po’ contraddittoria.-----------Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine deiGiornalisti della Lombardia, e Bruno Ambrosi,presidente dell’Associazione “Walter Tobagi”per la Formazione al giornalismo, hannoaderito al “Comitato del No”.A pagina 9Il Tribunale di Voghera dice sìalla registrazionedelle testate telematicheA pagina 19Giornali: cresce la pubblicità,ma la tv resta ancora lontana1

<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong><strong>Giornalisti</strong>dellaLombardiaAssociazione “Walter Tobagi” per la Formazione al GiornalismoIstituto “Carlo De Martino” per la Formazione al GiornalismoAnno XXXIn. 2, <strong>febbraio</strong> <strong>2000</strong>Direzione e redazioneVia Appiani, 2-20121 MilanoTelefono: 02 63 61 171Telefax: 02 65 54 307http://www.odg.mi.ite-mail:odg@galactica.itSpedizione in a.p. (45%)Comma 20 (lettera b)dell’art. 2 della legge n. 662/96Filiale di MilanoCondanne di primo grado inappellabili se infliggono solo una pena pecuniaria (multa oppure ammenda)Diffamazione a mezzo stampa:direttori e articolisti sotto tiroMilano, 18 gennaio. Franco Abruzzo,presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>della Lombardia, ha indirizzato al ministrodi Giustizia, Oliviero Diliberto, lalettera-appello che viene resa pubblica:“Onorevole ministro, oggigiorno, secondoun dato raccolto dall’<strong>Ordine</strong> nazionale dicategoria, sui giornalisti e sui giornali italianipendono querele con richieste di risarcimentiper circa 3.500 miliardi di lire. È auspicabileuna Sua autorevole iniziativa legislativaaffinché venga tradotto in norma l’auspiciodell’on.le Luciano Violante: “Il problema piùsignificativo - ha detto Violante - è risarcirel’onore delle persone lese e stabilire che larettifica fatta nei termini previsti dalla leggeha una funzione di risarcimento e che lastessa evita il risarcimento civile. C’è bisognodi una legge di questo genere: i giornalipotranno poi scegliere se rettificare o andareal processo civile”.Da 15 anni, poi, si attende il coordinamentotra l’articolo 124 Cp e l’articolo 2947 Cc: chi,in caso di diffamazione a mezzo stampa,agisce in sede penale deve presentare larelativa querela entro tre mesi “dal giornoQuota d’iscrizione <strong>2000</strong>:pagamento anche per telefonoAnche per il <strong>2000</strong> le quote (£ 140milacontro le 70mila <strong>dei</strong> pensionati giornalistiprofessionisti) dovute per legge all’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> saranno riscosse tramiteesattoria con un po’ di ritardo dovuto adisfunzioni del ministero delle Finanze (chea tutt’oggi non ha ancora fissato l’aggiospettante ai concessionari). Riceveremoper posta, si presume, dopo il mese di aprile,la cartella esattoriale con le modalità dipagamento.Le esattorie abilitate alla riscossione sono:● ESATRI SPAper le province di Milano, Brescia,Varese, Pavia e Lodi● RILENO SPAper le province di Como e Lecco● BERGAMO ESATTORIEper la provincia di Bergamo● BANCA CARIVERONAper la provincia di Mantova● RIPOVALper la provincia di Sondrio● LOSERI LOMBARDIAper la provincia di CremonaORDINE 2 <strong>2000</strong>della notizia del fatto”, mentre chi preferiscela via civilistica ha tempi incredibilmente piùlunghi (anche 12 anni). Su questo punto uncompromesso era stato raggiunto (a PalazzoMadama) in sede di stesura del “ProgettoPassigli” relativo all’ordinamento della professionegiornalistica: il termine era statoridotto a 180 giorni.È possibile, una volta trasferiti i ruoli dalCnc alle esattorie, pagare le quote aglisportelli delle esattorie stesse precisandoil codice tributo (0991) e i dati personali colcodice fiscale. Le quote potranno essereversate anche presentando le cartelle esattorialiagli sportelli bancari e dell’enteposta.Per quanto riguarda i ruoli gestiti dall’Esatri,è già possibile pagare le tasse conuna semplice telefonata al numero verde199191191 (servizio Taxtel), fornendoall’operatore il proprio codice fiscale, ilcodice del tributo (0991) e il numero dellapropria carta di credito sulla quale vienefatto l’addebito.Gli uffici dell’<strong>Ordine</strong> hanno provveduto aspedire all’indirizzo <strong>dei</strong> colleghi il bollino<strong>2000</strong> da incollare sulla tessera. Il bollino nonè, comunque, la prova dell’avvenuto pagamentodella quota d’iscrizione. L’<strong>Ordine</strong> vivecon le quote e i diritti di segreteria.La cartella esattoriale va pagata entro iltermine di 60 giorni. Trascorsi i 60 giorni,l’esattoria agirà in via coattiva.L’Assemblea degli iscritti il 23 marzo <strong>2000</strong>“Oro” a 31 colleghi per 50 anni di AlboSono 31 i colleghi (11 professionisti e 20 pubblicisti) che quest’anno compiono i 50 anni diiscrizione agli elenchi dell’Albo. Riceveranno la medaglia d’oro dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia inoccasione dell’assemblea annuale degli iscritti che si terrà il 23 marzo (ore 15) al Circolodella Stampa. Ed ecco i loro nomi:PROFESSIONISTI - Pierantonio BERTÉ, Silvio BERTOLDI, Gianfranco COBOR, GiuseppeDICORATO, Flavio DOLCETTI, Paolo PESCETTI, Franco RHO, Adolfo SCALPELLI, AngeloSOLMI, Egidio STERPA, Sandro ZAMBETTI.PUBBLICISTI - Aldo ANIASI, Bruno ARCANGIOLI, Gaetano ARENA, Guido BALLO, EgidioBONFANTE, Piergiacinto DE GIORGIS, Aldo DE LUCA, Carlo Demetrio FAROLDI, MariaTeresa GALLO VANGELISTA, Giorgio GALLUZZO, Domenico LECCISI, Antonio Aldo LORE, Guido LOPEZ NUNES, Edoardo MANGIAROTTI, Massimo MARTINI, Mario MIRABEL-LA ROBERTI, Angelo PENNELLA, Carlo PINA, Giancarlo POZZI, Sergio ROMANO.Frattanto la situazione (per direttori, articolistied editori) è peggiorata dopo l’approvazione,su proposta di 4 senatori ds(Russo, Senese, Calvi e Bonfietti), dell’articolo18 della legge n. 468/1999 che,modificando il terzo comma dell’articolo593 Cpp, rende inappellabili le sentenzepenali quando le stesse comminanosoltanto pene pecuniarie. Poniamo il casoche il giornalista-articolista venga condannatoper diffamazione a mezzo stampa (articolo595 Cp) solo alla pena della multa (fino aun milione), avendo il tribunale (in composizionemonocratica) scartato la condanna allapena della reclusione da sei mesi a tre anni.Il giornalista che ha scritto l’articolo “incriminato”e il direttore responsabile (che haomesso il controllo sull’articolo), una voltaAppello al ministro di GiustiziaOliviero Dilibertoemessa la sentenza di condanna alla solamulta, non possono impugnare il provvedimentoavanti alla Corte d’Appello, ma possonoricorrere per Cassazione unicamente permotivi di legittimità. In sostanza articolistae direttore pagano subito la multa e poi,con l’editore, sono nelle mani del giudicecivile per quanto riguarda la fissazionedell’entità del risarcimento del danno. Lacondanna penale è il presupposto dellasuccessiva condanna sul piano civilistico.La Corte di Cassazione, poi, ha pochi giornifa ritoccato radicalmente la giurisprudenza,stabilendo che si può agire parallelamentesia in sede penale sia in sede civile nei casidi diffamazione a mezzo stampa. Il giudicecivile può, infatti, dare il via libera ai processidi risarcimento del danno indipendentementedall’esito o dalla pendenza del giudiziopenale nei confronti dell’autore della diffamazione.Il nuovo Cpp, secondo la Corte suprema, haabolito la “pregiudiziale penale” in base allaquale con il vecchio rito la definizione dellecause risarcitorie non aveva luogo, anzi iprocessi venivano sospesi, fino a che nonfosse provata la responsabilità penaledell’imputato per diffamazione.Le trasmetto un promemoria sui temiappena accennati corredata da propostedi modifiche degli articoli 5, 8, 11, 12 e 13della legge sulla stampa; dell’articolo 595Cp e dell’articolo 2947 del Cc” (ANSA).(Servizi da pagina 2 a pagina 8)Referendum sul lavoro:queste le ragioni del “no”di Mario Fezzi,avvocato in MilanoI cinque referendum promossi dai radicali(Bonino-Pannella) in materia di lavoro debbonoessere letti congiuntamente agli altri sei dicarattere “sociale”, se si vuole cogliere fino infondo l’idea di Stato auspicata dai promotori.Insieme all’abolizione del diritto alla reintegrazionenel caso di licenziamento ritenuto illegittimodal giudice, alla liberalizzazione assolutadi contratti a termine, part-time, lavoro a domicilioe collocamento, vengono proposte anchel’abolizione delle pensioni di anzianità, delservizio sanitario nazionale, dell’assicurazioneInail contro gli infortuni sul lavoro, della ritenutad’acconto, del finanziamento <strong>dei</strong> patronatie degli istituti di assistenza sociale, delletrattenute sindacali <strong>dei</strong> pensionati.Non vi è dubbio, insomma, che i promotorisiano a tutti gli effetti <strong>dei</strong> liberisti. Nel sensoche chiunque deve essere libero di fare tuttociò che crede e gli piace, senza vincoli esenza regole. In realtà però sembra che lalibertà di scelta tocchi a una sola parte, quelladel datore di lavoro, mentre al lavoratore o alpensionato tocca solo subire la scelta altrui.Se si pensa che il padre di quello che in seguitovenne chiamato welfare-state è da riconoscersiin Otto von Bismarck, che nel 1883 -dopo avere realizzato l’egemonia prussianasulla Germania, avere represso con violenzail movimento socialista con le leggi eccezionaledel 1878 e avere dato inizio alla politicacoloniale tedesca in Africa - diede vita a unamoderna legislazione sociale, ci si può facilmenterendere conto del balzo all’indietro chei nostri radical-liberisti vagheggiano.Se poi qualche pezzettino di welfare fossesfuggito per dimenticanza o distrazione (comeper il caso delle trattenute sindacali <strong>dei</strong>pensionati, in cui il riferimento legislativo èstato clamorosamente sbagliato), non c’ècerto da preoccuparsi troppo, perché l’annoventuro verranno certamente proposti nuovi eancor più stimolanti quesiti referendari.Uno Stato dunque in cui vige la legge del piùforte e in cui la sola parola “pubblico” incuteorrore. Tutto ciò che sa di pubblico sa anchedi eresia ed è sinonimo di fallimentare. Il privatoè meglio, sempre e comunque; ancheperché ognuno, perbacco, deve sapersi arrangiareda solo. Non siamo forse tutti uguali, allanascita ?Ma anche uno Stato in cui il legislatore nonha più niente da fare: a cosa servono circamille deputati e senatori, quando si può tranquillamentelegiferare attraverso i referendum?E pazienza, se per effetto <strong>dei</strong> referendumla normativa di risulta (si chiamanoproprio così le norme che restano dopo lemanipolazioni referendarie) è un pochinopoco chiara e magari un po’ contraddittoria.-----------Franco Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><strong>Giornalisti</strong> della Lombardia, e Bruno Ambrosi,presidente dell’Associazione “Walter Tobagi”per la Formazione al giornalismo, hannoaderito al “Comitato del No”.A pagina 9Il Tribunale di Voghera dice sìalla registrazionedelle testate telematicheA pagina 19Giornali: cresce la pubblicità,ma la tv resta ancora lontana1


nascosto nel Parlamento, studiadirettori, articolisti ed editorinei suoi diritti potrebbe rivolgersi al “Presidente <strong>dei</strong>Consigli regionali o interregionali dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><strong>Giornalisti</strong>, il quale dispone in via d’urgenza, con decreto,che i direttori responsabili delle testate (scritte, televisive,radiofoniche e telematiche) edite nell’area di propriacompetenza territoriale pubblichino la rettifica, neitermini temporali e secondo le modalità previsti dall’articolo8. In caso di marcato intervento da parte delPresidente <strong>dei</strong> Consigli regionali o interregionali dell’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> e qualora, trascorso il termine dicui al secondo e terzo comma, la rettifica o dichiarazionenon sia stata pubblicata, l’autore della richiesta direttifica, (se non intende procedere a norma del decimocomma dell’art. 21) può chiedere al pretore, ai sensi dell’art.700 del codice di procedura civile, che sia ordinatala pubblicazione”.Questa proposta conferisce al presidente <strong>dei</strong> Consiglidell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> un potere tipico (paragiudiziario)delle autorità amministrative indipendenti.La “trappola”dell’articolo 2947 del CcCon la sentenza n. 5259/1984, la Corte di Cassazione ha stabilitoche ogni cittadino può tutelare il proprio onore e la propriadignità in sede civile senza avviare l’azione penale. Ognicittadino può agire in sede penale entro tre mesi dalla pubblicazionedella notizia diffamatoria (art. 124 Cp). Il Parlamentonon ha provveduto, dopo la sentenza, a coordinare il tempoper l’azione civile con quello previsto per l’azione penale.Così è rimasto in vigore l’articolo 2947 del Cc, in base alquale “il diritto al risarcimento del danno derivante da fattoillecito si prescrive in 5 anni dal giorno in cui il fatto si è verificato...In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge comereato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questasi applica anche all’azione civile”.Questa norma espone giornalisti ed aziende al rischio divedersi citare in giudizio, anche a distanza di 7-10 anni, perfatti remoti e sui quali il giornalista non ha conservato alcunadocumentazione.Molto opportunamente il “progetto Passigli” riduceva l’azionedi risarcimento a 180 giorni: “In deroga a quanto previsto dall’articolo2947 del Codice civile, l’azione civile del risarcimentodel danno conseguente ad eventuale diffamazione perpetratasu mezzi di comunicazione si prescrive nel termine di180 giorni dalla diffusione della notizia ritenuta diffamatoria».Cassazione:“Il risarcimento del dannonon attende la conclusionedel rito penale”Sprint dalla Cassazione per i risarcimenti patrimoniali nellecause intentate da persone che sono state diffamate attraversola stampa o la Tv. I procedimenti civili e penali viaggiano,per la Suprema Corte, su binari paralleli. Il giudice civilepuò, infatti, dare il via libera ai processi di risarcimento deldanno indipendentemente dall’esito o dalla pendenza del giudiziopenale nei confronti dell’autore della diffamazione.In contrasto con il giudice istruttore di Roma, la Cassazione(massima n.13/<strong>2000</strong>) ha accolto la richiesta del procuratoredi Napoli, Agostino Cordova, nella causa che lo oppone algruppo Reti televisive Spa per un programma condotto daVittorio Sgarbi. Il nuovo Codice, secondo i giudici, ha abolitola “pregiudiziale penale” in base alla quale con il vecchio ritola definizione delle cause risarcitorie non aveva luogo, anzi iprocessi venivano sospesi, fino a che non fosse provata laresponsabilità penale dell’imputato per diffamazione. Inoltre ilgiudice civile — spiega la suprema Corte — può accoglierela richiesta di risarcimento anche se avanzata nei confrontidel solo responsabile civile e non anche di quello penale.La registrazionedelle testate on-lineo telematicheL’articolo 5 della legge sulla stampa n. 47/1948 sulla registrazionedelle testate scritte, già esteso (con l’articolo 10 dellalegge n. 223/1990) ai telegiornali e ai radiogiornali, dovrebbericomprendere anche i giornali che utilizzano la rete per la diffusione.Si calcola che i quotidiani on-line siano oggi 60 e che saranno300 tra due anni. La registrazione obbligatoria (che oggi èaccettata, sul piano della interpretazione estensiva, da alcunitribunali come Milano, Roma, Napoli e Voghera) è la condizionegiuridica per l’applicazione del contratto giornalistico aquanti fanno informazione nelle testate web.Franco Abruzzo(a pagina 9 la sentenza del Tribunale di Voghera)Proposta di modifiche agli articoli5, 8, 11, 12 e 13 della leggen. 47/1948 sulla stampae dell’articolo 595 CpLegge n. 47/1948 sulla stampa5. REGISTRAZIONENessun giornale, periodico, telegiornale, radiogiornaleoppure giornale telematico può essere pubblicato otrasmesso se non sia stato registrato presso la cancelleriadel Tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazionedeve effettuarsi.Per la registrazione occorre che siano depositati nella cancelleria:1. una dichiarazione, con le firme autenticate del proprietarioe del direttore o vice direttore responsabile, dallaquale risultino il nome e il domicilio di essi e della personache esercita l’impresa giornalistica, se questa è diversadal proprietario nonché il titolo e la natura della pubblicazione;2. i documenti comprovanti il possesso <strong>dei</strong> requisiti indicatinegli artt. 3 e 4;3. un documento da cui risulti l’iscrizione nell’Albo <strong>dei</strong> giornalisti,nei casi in cui questa sia richiesta dalle leggi sull’ordinamentoprofessionale;4. copia dell’atto di costituzione o dello statuto, se proprietarioè una persona giuridica.Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, verificala regolarità <strong>dei</strong> documenti presentati, ordina, entroquindici giorni, l’iscrizione del giornale o periodico in appositoregistro tenuto dalla cancelleria.Il registro è pubblico.8. RISPOSTE E RETTIFICHEIl direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fareinserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell’agenziadi stampa le dichiarazioni o le rettifiche <strong>dei</strong> soggettidi cui siano state pubblicate immagini od ai qualisiano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni daessi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità,purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbianocontenuto suscettibile di incriminazione penale.Progetto Milio-Pastore: la rettifica“spegne” l’azione civile e penaleORDINE 2 <strong>2000</strong>I senatori Pietro Milio (Gruppo misto)e Andrea Pastore (Forza Italia)hanno presentato il 25 marzo 1998un disegno di legge così classificato:“Modifiche ed integrazioni alla legge 8 <strong>febbraio</strong> 1948,n. 47, concernente disposizioni sulla stampa”.Pubblichiamo integralmente il testo:Onorevoli senatori - Il presente disegno dilegge si propone di introdurre alcune modifichealle disposizioni sulla stampa nel tentativodi porre un freno all’allarmante fenomenodella crescita esponenziale di querele perdiffamazione e citazioni per danno alla reputazione,avanzate nei confronti di giornalisti,direttori ed editori.Negli ultimi anni, l’Italia è stata il teatro divicende processuali estremamente importantiper il destino, anche politico, del Paese,vicende spesso dominate però dalla logicadell’emergenza, si trattasse di processi di“Tangentopoli”, di processi per mafia, o diprocessi per l’emergenza dell’ultima ora.Taleanomala condizione ha determinato unasorta di interdizione all’esercizio del diritto -e per il giornalista dovere - di cronaca e deldiritto d’opinione. Molte testate “non allineate”risultano infatti sommerse dalle azionicivili e penali avanzate, in particolare damagistrati, nei confronti di giornalisti, direttoried editori.Che la critica ai magistrati non debba essereconsiderata terreno per l’esercizio dellalibertà di manifestazione di pensiero e distampa sembra dimostrato se si considerache, in base ad un monitoraggio sullependenze presso il tribunale civile di Roma,di richieste di risarcimento per diffamazionea mezzo stampa, realizzato dall’avvocatoZeno Zencovich, risulta che per il periodo1988-94 i risarcimenti medi ottenuti daimagistrati per tali reati sono stati di importomaggiore e sono stati liquidati in tempi estremamentepiù rapidi, rispetto quelli “ordinari”.D’altro canto, in base alla vigente normativasulla competenza, nelle cause civili è lo stessotribunale in cui opera il magistrato che hafatto causa che giudica del caso.In uno Stato libero e democratico la preoccupazioneper il destino di una stampa liberadovrebbe essere almeno pari a quella perla tutela della immagine di “chiunque”. Bisognaquindi garantire le condizioni di “faregiornalismo” e politica in un clima menooppressivo e ricattatorio, più libero.Per queste ragioni il presente disegno dilegge intende introdurre come condizioneper l’esercizio dell’azione penale e civile(articolo 2) la omessa rettifica obbligatoria(articolo 1) a richiesta della parte interessatao anche d’ufficio.Si tratterebbe comunque di disposizioniapplicabili anche per fatti commessi anteriormenteall’entrata in vigore della legge per iquali non sia stata esercitata l’azione civilee/o penale (articolo 3).Disegno di leggeArt. 1 - 1. L’articolo della legge 8 <strong>febbraio</strong> 1948, n. 47, è sostituito dal seguente “Art. 8 -(Risposte e rettifiche).1. Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a far inserire gratuitamente nel quotidianoo nel periodico o nell’agenzia di stampa o diffondere per radio o televisione le dichiarazionio le rettifiche <strong>dei</strong> soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano statiattribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari averità, che siano pertinenti e non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale.2. Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate edevono essere pubblicate nello loro interezza con le medesime caratteristiche tipografiche,per le filodiffusioni e le televisioni in fascia oraria e con rilievo identici a quelli dellaproduzione che ha dato la notizia.3. Le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma 2 sono pubblicate: a) per i quotidiani e leagenzie di stampa, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, nella stessapagina e nel medesimo spazio del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono;b) per i periodici, non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenutala richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce;c) per leradio e televisioni entro quarantotto ore dalla ricezione della relativa richiesta.4. Qualora, trascorso il termine di cui al comma 3, la rettifica o dichiarazione non siastata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto disposto dai commi 2 e 3, l’autoredella richiesta di rettifica, se non intende procedere a norma del decimo comma dell’articolo21, può chiedere al pretore, ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile,che sia ordinata la pubblicazione.5. La sentenza di condanna deve essere pubblicata per estratto nel quotidiano o nell’agenziadi stampa o nel periodico o se ne deve dare comunicazione per radio o televisione.Essa, ove ne sia il caso, ordina che la pubblicazione omessa sia effettuata”.Art. 2 - 1. L’articolo 21 della legge 8 <strong>febbraio</strong> 1948, n. 47 è sostituito dal seguente:“Art. 21 - (Competenza).1. La cognizione <strong>dei</strong> reati commessi con il mezzo della stampa appartiene al tribunale,salvo che non sia competente la corte di assise. L’esercizio dell’azione penale o civileper il risarcimento è esclusa se gli obbligati, anche spontaneamente, hanno ottemperatoalle rettifiche e dichiarazioni di cui all’articolo 8”.Art. 3 - 1. Le disposizioni della presente legge, si applicano anche per i fatti commessianteriormente alla data della sua entrata in vigore, ma per i quali non è stata esercitatané l’azione civile, né l’azione penale.3


DIFFAMAZIONEA MEZZO STAMPAProposta di modifiche...Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui alcomma precedente sono pubblicate, non oltre due giornida quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di paginae collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportatola notizia cui si riferiscono.Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicatenon oltre il secondo numero successivo alla settimanain cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina cheha riportato la notizia cui si riferisce. Le rettifiche o dichiarazionidevono fare riferimento allo scritto che le ha determinatee devono essere pubblicate nella loro interezza, purchécontenute entro il limite di trenta righe, con le medesimecaratteristiche tipografiche, per la parte che si riferiscedirettamente alle affermazioni contestate.Il Presidente <strong>dei</strong> Consigli regionali o interregionalidell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> dispone in via d’urgenza,con decreto, che i direttori responsabili delle testate(scritte, televisive, radiofoniche e telematiche) editenell’area di propria competenza territoriale, su richiestadella parte offesa, pubblichino la rettifica di cui alcomma 1 di questo articolo, nei termini temporali esecondo le modalità previsti dai commi 2 e 3 di questostesso articolo. In caso di marcato intervento daparte del Presidente <strong>dei</strong> Consigli regionali o interregionalidell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> e qualora, trascorsoil termine di cui al secondo e terzo comma, la rettificao dichiarazione non sia stata pubblicata o lo sia statain violazione di quanto disposto dal secondo, terzo equarto comma, l’autore della richiesta di rettifica, (senon intende procedere a norma del decimo commadell’art. 21) può chiedere al pretore, ai sensi dell’art.700 del codice di procedura civile, che sia ordinata lapubblicazione. La mancata o incompleta ottemperanzaall’obbligo di cui al presente articolo è soggetta alla sanzioneamministrativa del pagamento di una somma da tremilioni a cinque milioni di lire. (La sentenza di condannadeve essere pubblicata per estratto nel quotidiano o nelperiodico o nell’agenzia. Essa, ove ne sia il caso, ordinache la pubblicazione omessa sia effettuata.)Ove il direttore responsabile, senza giustificato motivo,ometta o ritardi l’adempimento del decreto del presidentedel Consiglio regionale o interregionale, ilConsiglio regionale o interregionale competente,informato tempestivamente, avvia l’azione disciplinareprevista dall’articolo 48 in relazione all’articolo 2della legge 3 ferbbraio 1963 n. 69.11. RESPONSABILITÀ CIVILE1. Per i reati commessi col mezzo della stampa, in caso dirifiuto di pubblicazione di rettifiche o smentite secondole modalità di cui all’articolo 8 o qualora la parte offesanon intenda chiedere rettifiche o smentite, sono civilmenteresponsabili, in solido con gli autori del reato e fra diloro, il proprietario della pubblicazione e l’editore.2. In deroga a quanto previsto dall’articolo 2947 delCodice civile, l’azione civile del risarcimento deldanno conseguente ad eventuale diffamazione perpetratasu mezzi di comunicazione si prescrive nel terminedi 180 giorni dalla diffusione della notizia ritenutadiffamatoria.12. RIPARAZIONE PECUNIARIANel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa,la persona offesa può richiedere, in caso di rifiuto dipubblicazione di rettifiche o smentite secondo le modalitàdi cui all’articolo 8, o qualora la parte offesa nonintenda richiedere rettifiche o smentite, oltre il risarcimento<strong>dei</strong> danni ai sensi dell’art.185 del Cp., una somma atitolo di riparazione. La somma è determinata in relazionealla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato.13. PENE PER LA DIFFAMAZIONENel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa,consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, siapplica, in caso di rifiuto di pubblicazione di rettificheo smentite secondo le modalità di cui all’articolo 8, oqualora la parte offesa non intenda chiedere rettificheo smentite, la pena della reclusione da uno a sei anni equella della multa non inferiore a lire cinquecentomila.Codice penale595 Cp. DiffamazioneChiunque, fuori <strong>dei</strong> casi indicati nell’articolo precedente,comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione,è punito [c.p. 598] con la reclusione fino a un anno o conla multa fino a lire due milioni.Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato,la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero dellamulta fino a lire quattro milioni (1).Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasialtro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico [c.c.2699], in caso di rifiuto di pubblicazione di rettifiche osmentite secondo le modalità di cui all’articolo 8 l. n.47/1948, o qualora la parte offesa non intenda chiedererettifiche o smentite, la pena è della reclusione da seimesi a tre anni o della multa non inferiore a lire un milione.Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo ogiudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autoritàcostituita in collegio, le pene sono aumentate [c.p. 29, 64].L’esercizio del dirittoe prevalente soltanto1. Osservazioni preliminariSono ormai noti i canoni fissati dalla giurisprudenza affinchél’esercizio del diritto di cronaca possa considerarsi legittimoe quindi prevalere sul correlativo diritto all’onore, alla reputazioneed alla riservatezza del singolo individuo.Tali condizioni vengono ormai ribadite in pressoché tutte lesentenze emesse in tema di diffamazione a mezzo stampa,in forza delle quali “la divulgazione a mezzo stampa di notizielesive dell’altrui onere e reputazione può considerarsilecita espressione del diritto di cronaca, solo se ricorrono lecondizioni della veridicità oggettiva della notizia, del pubblicointeresse alla divulgazione della stessa, della correttezza eserenità delle espressioni utilizzate”(così tra le più recenti: App. Napoli, 10 <strong>febbraio</strong> 1998, Soc.Edime c. Cariello, in Danno e Resp., 1998, 793, n. LAGHEZZA).In caso di condanna, per il reato di diffamazione a mezzo2. La veritàLa verità della notizia è il primo requisito indispensabile perogni messaggio informativo, tuttavia per un giornalista verificarel’esattezza di una notizia appare di difficile attuazioneconsiderato che i ristretti tempi di informazione a voltecostringono il giornalista a fidarsi delle fonti da cui ha attintola notizia senza possibilità di verifica della stessa. Normalmentedifatti solo una parte delle notizie pubblicate vengonopersonalmente verificate dal cronista (e anche in questocaso spesso il cronista si dovrà affidare alle sue fonti),mentre per altre il cronista si dovrà fidare del controllo espletatoda altri colleghi (come avviene, ad esempio, nel caso <strong>dei</strong>dispacci di Agenzia).Se questo è il contesto nel quale un giornalista si vedecostretto ad operare vediamo che comunque vadano le cosela giurisprudenza richiede un assoluto rispetto della verità diquanto riferito, risultando privi di rilievo eventuali valori sostitutiviquali la verità o la verosimiglianza <strong>dei</strong> fatti narrati, cosìcome sono considerati privi di rilievo il richiamo all’operatoerroneo di altri organi di informazione, la provenienza dellanotizia da fonti privilegiate o il richiamo alle affermazioni diun terzo anche se provvisto di sufficiente attendibilità. Taliprincipi generali in alcuni casi hanno però subito <strong>dei</strong> contemperamenti;ad esempio, il giornalista che abbia pubblicatouna notizia non vera viene scriminato qualora dimostri di aversvolto un rigoroso controllo in ordine alla ricerca della verità<strong>dei</strong> fatti narrati oppure, nel caso in cui il giornalista abbia propostonel suo articolo una ricostruzione plausibile di un avvenimentocontraddittoriamente rappresentato nelle dichiarazioni<strong>dei</strong> protagonisti e <strong>dei</strong> testimoni. Inoltre in presenza dicircostanze o fatti che inducono il cronista in errore, questipuò andare esentato da responsabilità qualora sia in gradodi fornire la prova: <strong>dei</strong> fatti e delle circostanze che rendonoattendibile l’errore; della cura e della cautela dallo stessoposte per vincere ogni dubbio o incertezza in ordine allaverità sostanziale <strong>dei</strong> fatti.Infine si noti che il requisito della verità si estende non soloal contenuto dell’articolo ma anche ai titoli i quali non possonoessere ideati e composti in maniera da fornire al lettoreuna rappresentazione distorta e tendenziosa <strong>dei</strong> fatti.Tanto premesso riportiamo di seguito alcune delle sentenzepiù recenti emesse in tema di rapporti tra diffamazione e laverità della notizia:In tema di diffamazione commessa con il mezzo della stampa,quando manchi la veridicità della notizia pubblicata, perl’applicabilità dell’esimente del diritto di cronaca sotto il profiloputativo occorre che si dimostri di aver posto ogni piùoculata diligenza e accortezza nella scelta delle fonti informative,di aver esplicato ogni più attento vaglio in ordine allaloro attendibilità, di aver operato ogni più penetrante esamee controllo sulla rispondenza al vero della notizia diffusa.(Cass. pen., 1 settembre 1999, Grimaldi, in Guida dir, 1999,n. 44).In tema di corretto esercizio del diritto di cronaca giudiziaria,la verità della notizia mutuata da un provvedimento giudiziario,sussiste ogni qual volta essa sia fedele al contenuto delprovvedimento stesso senza alterazioni o travisamento, nonessendo richiesto al giornalista dimostrare la verità obiettivao la fondatezza del provvedimento adottato in sede giudiziaria;diversamente opinando del resto si imporrebbe al giornalistail compimento di un’abnorme indagine «parallela» aquella degli organi giudiziari.Ai fini dell’applicabilità dell’esimente “de qua”, deve inveceritenersi vietato al giornalista fondare la propria attività sumere voci e illazioni, anticipare il contenuto di provvedimentidel giudice o del pubblico ministero e attribuire a essi unadi Sabrina Peron, avvocato in MilanoSono ormai noti i canoni fissati dalla giurisprudenza affinché l’esercizio del diritto di cronaca possa considerarsi legittimo equindi prevalere sul correlativo diritto all’onore, alla reputazione ed alla riservatezza del singolo individuo. Tali condizionivengono ormai ribadite in pressoché tutte le sentenze emesse in tema di diffamazione a mezzo stampa, in forza delle quali“la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell’altrui onere e reputazione può considerarsi lecita espressione del dirittodi cronaca, solo se ricorrono le condizioni della veridicità oggettiva della notizia, del pubblico interesse alla divulgazione dellastessa, della correttezza e serenità delle espressioni utilizzate”.stampa si ritiene che il reato cagionato alla persona offesa nonessendo – di norma – di tipo patrimoniale e non rivestendofunzione reintegrativa deve essere quantificato con una valutazioneequitativa “rispettando l’esigenza di una ragionevolecorrelazione tra gravità del danno e ammontare dell’indennizzo;e in tale reato la gravità non può che essere rapportataall’entità del discredito causato dalla notizia giornalistica”(Cass. pen., 8 aprile 1999, Conca, in Guida dir., 199, n. 22)Vediamo di seguito la concreta applicazione che hanno ricevutoi tre suindicati criteri nelle più recenti pronunce dellagiurisprudenza. Come si potrà notare il criterio che più fadiscutere e che ha dato luogo al maggior numero di pronunceè quello inerente la verità <strong>dei</strong> fatti narrati, ma esaminiamoliseparatamente.valenza (negativamente caratterizzata per i riflessi che nederivano alla reputazione <strong>dei</strong> soggetti implicati) maggiore diquella reale.(Cass. pen., 2 marzo 1999, in Guida dir. 1999, n. 12).Nella diffamazione a mezzo stampa, per la configurabilitàdell’esimente del diritto di cronaca occorre, oltre al rilievosociale della notizia, che i fatti narrati siano veri e venganonarrati senza esagerazioni e senza espressioni inutilmenteoffensive.Quando manchi la veridicità della notizia, per l’applicabilitàdell’esimente sotto il profilo della putatività occorre che sidimostri di aver posto ogni più oculata diligenza e accortezzanella scelta delle fonti informative, di aver esplicato ognipiù attento vaglio in ordine alla loro attendibilità, di averoperato ogni più penetrante esame e controllo sulla rispondenzaal vero della notizia pubblicata. In altri termini è necessarioche l’agente abbia esaminato, controllato e verificato, intermini di adeguata serietà professionale, la notizia in relazioneall’affidabilità della fonte della fonte di informazione,rimanendo vittima di un errore involontario. Tale vaglio, inoltre,deve essere effettuato con prudenza particolare allorchési tratti di notizie che riguardino la pubblica amministrazione,poiché oltre al danno che si cagiona al funzionario ingiustamenteaccusato di fatti non veri, si getta discredito sulle istituzionipubbliche e si provoca un pericoloso distacco traqueste ed i cittadini (nella specie la Corte, nel confermare lasentenza di condanna, ha escluso la configurabilità dell’esimentedell’esercizio del diritto di cronaca, neppure sotto ilprofilo putativo, sul rilievo che non poteva ritenersi fontepienamente attendibile una fonte anonima ascoltata per giuntaal telefono.)(Cass. pen., 19 novembre 1998, Canè e altri, in Guida dir.,1999, n. 15).In tema di diffamazione, l’esercizio di un diritto scrimina se ilfatto offensivo è vero. Quando viene attribuito un reato, ciòche scrimina non è soltanto la verità dell’incolpazione, subspecie di “nome iuris” del fatto, ma anche la verità del solodato oggettivo che è rappresentativo, di per sé, secondo ladiligenza dell’uomo medio, del corrispondente reato. La veritàdel fatto, in tal senso inteso, deve essere apprezzata, nellaserietà della prospettazione e ai fini dell’accertamento deldolo e dell’esimente, con riferimento al momento in cui vieneposto in essere l’atto diffamatorio e alle circostanze e aicomportamenti che, in quel tempo, fanno ritenere fondata lapropalazione. Il “post factum”, in quanto estraneo alla veritàdel momento, ed il successivo accertamento giudizialedell’infondatezza dell’accusa, basata su elementi non conosciutio non conoscibili al tempo della propalazione, nonpossono avere incidenza giuridica per escludere la causa digiustificazione. Tuttavia, poiché la norma incrimina anche lapropalazione di fatti veri, l’esimente postula il limite dellacontinenza onde evitare che l’esercizio del diritto si risolva inun pretesto e in uno strumento illecito di aggressione all’altruireputazione. La continenza, quindi, ha una dupliceprospettazione, soggettiva e oggettiva, formale e sostanziale,in quanto desumibile da due elementi essenziali, sintomaticidi serenità, misura e proporzione. (In motivazione laCorte ha chiarito che se è vero che la configurabilità del delittoprescinde dall’“animus diffamandi”, essendo il reato punibilea titolo di dolo generico, è anche vero che il “dolusbonus”, quale l’“animus defendendi”, può essere sintomaticodi una posizione psicologica inconciliabile con la coscienzadi ledere e mettere in pericolo il bene protetto).(Cass. pen., 23 <strong>febbraio</strong> 1998, n. 5767, Saturni, in CEDCassazione, 1998).4 ORDINE 2 <strong>2000</strong>


di cronaca è legittimoquando la notizia è veraIn tema di diffamazione a mezzo della stampa, ai fini dell’applicabilitàdell’esimente del diritto di cronaca, anche sottol’aspetto putativo, sussiste sempre la necessità che vi siauna correlazione tra narrato e accaduto, nella sua obiettivarealtà e, quindi, un assoluto rispetto della verità di quantoriferito; mentre privi di rilievo risultano eventuali valori sostitutividi essa e, cioè, il richiamo alla veridicità o verosimiglianza<strong>dei</strong> fatti narrati. Inoltre, anche le notizie che si assumonoacquisite da altre fonti informative debbono essere sottopostead un puntuale controllo, non derivando la loro attendibilitàda un supposto credito reciproco.(Cass. pen., 15 luglio 1997, n. 8848, Garbesi e altro, in Giust.Pen., 1998, II, 336).Quando sia pubblicata una notizia non vera, non è possibileallegare a riscontro dell’esercizio putativo del diritto di cronacal’operato erroneo di altri organi di informazione, quale chesia la loro diffusione, e nemmeno la provenienza della notiziada fonti privilegiate di informazione, dal momento checiascun organo d’informazione deve verificare la fondatezzadella notizia, e per gli organi dello Stato sono previste dallalegge precise forme di pubblicità del loro operato, fuori dellequali non esiste alcuna ufficialità riconoscibile. (Nella fattispecie,in un articolo in cui si verificavano i dati del censimentosvolto dalle forze di polizia delle persone denunciate perassociazione mafiosa in una regione d’Italia in un determinatoanno, era stata fatta menzione, nel quadro di eventi criminosiricollegabili ad organizzazioni mafiose del territorio, diun soggetto, all’epoca coinvolto in un procedimento per associazioneper delinquere, usura ed estorsione, poi conclusosicon sentenza di non luogo a procedere, indicandolo, dopoavere riprodotto la mappa delle principali famiglie di mafia,operanti nella regione, nel novero di capi e famiglie. È stataravvisata l’offesa alla reputazione del detto soggetto sul rilievoche qualsiasi organizzazione mafiosa comune non potevaessere assimilata a quella mafiosa per via del salto di qualitàtra l’una e l’altra ed è stato escluso l’esercizio anche putativodel diritto di cronaca.)(Cass. pen., 14 giugno 1996, n. 7393, Scalfari, in Cass. Pen.,1998, 448).La prova dell’errore scriminante in materia di esercizio putativodel diritto di cronaca deve vertere sul fatto, e cioè sullaverità della notizia e non sull’attendibilità della fonte di informazione,dal momento che il giornalista può essere esentatodall’avere pubblicato una notizia non vera solo con la dimostrazionedi avere svolto il controllo, e non già per l’affidamentoriposto in buona fede sulla fonte, per quanto possatrattarsi di un organo dello Stato. (Nella fattispecie, si sostenevache l’articolo in questione si era limitato a riferire i datidi un censimento di polizia.)(Cass. pen., 14 giugno 1996, n. 7393, Scalfari, in Cass. Pen.,1998, 448).In tema di diffamazione a mezzo stampa, il significato delleparole dipende dall’uso che se ne fa e dal contesto comunicativoin cui si inseriscono – e ciò soprattutto se esse vannoa comporre espressioni, come “fedina penale”, che, pur alludendoa vicende giudiziarie, sono estranee al linguaggiogiuridico. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso della partecivile, la S.C. ha ritenuto non censurabile l’interpretazione deltesto dell’articolo proposta dai giudici del merito, secondo cuinel contesto di detto articolo non assumeva un significatodeliberatamente denigratorio il riferimento alla “fedina penale”,né tale espressione individuava il querelante medesimocome persona già condannata.)(Cass. pen., 11 dicembre 1996, n. 901,Giorleo, in Cass. Pen.,1998, 449).In tema di diffamazione a mezzo stampa, l’esimente putativadell’esercizio del diritto di cronaca presuppone che le notiziepubblicate siano vere (oltre che di interesse pubblico edesposte con correttezza) o che, se non vere, almeno sianostate sottoposte a verifiche tali da avere indotto in errore noncolpevole l’autore dell’articolo.(Cass. pen., 4 dicembre 1996, n. 891, Mordenti e altro, inCass. Pen., 1998, 447).Non scrimina il contegno del giornalista che abbia dato notiziadi un fatto obiettivamente diffamatorio senza fornire ladimostrazione della verità intrinseca del fatto stesso e, anzi,denotando palesemente di aver fondato il proprio assuntosoltanto sul richiamo alle affermazioni di un terzo (ancorchéprovvisto di sufficiente attendibilità) e di non aver quindi altrimentiaccertato l’oggettiva verità dell’assunto medesimo.(Trib. Roma, 26 <strong>febbraio</strong> 1997, Geraci c. Soc. L’Espresso ed.,in Resp. Civ. e Prev., 1998, 750, n. PERON).In materia di diffamazione a mezzo stampa, quando il giornalistaproponga una plausibile ricostruzione di un avvenimentocontraddittoriamente rappresentato nelle dichiarazioni <strong>dei</strong>protagonisti e <strong>dei</strong> testimoni, riportate nell’articolo, il persistentedubbio circa l’attendibilità della ricostruzione <strong>dei</strong> fatti, cosìofferta, si riflette sull’esistenza del diritto di cronaca ed imponeil proscioglimento ai sensi dell’art. 530 comma 3 c.p.p.(Cass. pen., 13 ottobre 1995, Lajacona e altro, in Riv. Pen.economia, 1997, 223).In tema di diffamazione a mezzo stampa, quando le versioni<strong>dei</strong> protagonisti e <strong>dei</strong> testimoni di un determinato episodiosiano contrastanti, il giornalista può proporre una propriaricostruzione <strong>dei</strong> fatti, dal momento che la cronaca richiedeanche valutazioni.ORDINE 2 <strong>2000</strong>Occorre, tuttavia, che ricorrano due condizioni: a) che la ricostruzioneproposta non sia palesemente incompatibile con ilsenso complessivo delle dichiarazioni raccolte, poichè questenon devono costituire meri pretesti di una tesi preconcetta; b)che risulti dal testo che la narrazione ricostruttiva è fruttodell’interpretazione delle suddette dichiarazioni e non di un’esperienzadiretta del giornalista. (Fattispecie nella quale in unarticolo pubblicato sul quotidiano “Gazzetta dello sport”, intitolato“Incredibile western alla pugliese”, si riferiva all’aggressionefisica e della minaccia con una pistola subite dall’allenatoredella squadra del Rutigliano ad opera del presidente dellasquadra del Nola, mentre la presenza dell’arma era rimastadubbia nelle valutazioni <strong>dei</strong> giudici di merito.)(Cass. pen., V, 13 ottobre 1995, Lajacona e altro, in Riv. Pen.economia, 1997, 223).Riportare su un comunicato stampa la notizia di una proceduradisciplinare a carico di un magistrato, collegandola, in modonon rispondente al vero, ad un atto del suo ufficio, costituisceoffesa alla reputazione (art. 595 c.p.), screditando detta personapubblicamente in ordine alla mancanza di doti professionali.Né può essere esclusa la responsabilità dell’imputato inbase ad una asserita “buona fede” non rilevante nel reato inesame, il cui elemento psicologico è costituito dal dolo generico.(Nella specie la Corte ha annullato la decisione del giudicedi merito che aveva ritenuto che l’imputato, “non informatodella effettiva ragione del procedimento disciplinare”, avesseagito “non con l’intenzione di screditare il predetto magistrato,ma per fornire una completa informazione della collettività”.)(Cass. pen., 28 novembre 1997, n. 679, Curcio, in CEDCassazione, 1998).Non sono rispettate le condizioni che regolano l’esercizio dellalibertà di stampa tutte le volte in cui i titoli sono stati ideati ecomposti in maniera da fornire al lettore una rappresentazionedistorta e tendenziosa, come tale non vera e non civile essendoi fatti stati raccontati al solo fine di alternarne la verità.(Cass. civ., 29 maggio 1996, n. 4993, Soc. La Repubblica ed.e altro c. Craxi, in Resp. Civ. e Prev., 1997, 1183, n. PERON).Comporta responsabilità civile per lesione del diritto all’onorela pubblicazione di articoli privi degli elementi della verità econtinenza nel titolo, nell’occhiello e nel testo.(Trib. Roma, 28 settembre 1993, in Foro It., 1995, I, 1021, n.CHIAROLLA).Il diritto di cronaca giornalistica è legittimamente esercitato -dovendosi quindi riconoscere la sussistenza della scriminantedi cui all’art. 51 c.p. – in presenza di elementi di riscontroestrinseco che, in quanto univoci e concordanti, rendono deltutto verosimili i fatti narrati. (Nel caso di specie, si è ritenutoche non integri gli estremi del reato di diffamazione a mezzostampa la pubblicazione di un libro il cui autore espone ailettori quanto allo stesso riferito – con dovizia di particolariidonei a rendere almeno verosimili i fatti oggetto di narrazione- da una pornostar in ordine ai rapporti da quest’ultimaintrattenuti con esponenti del mondo politico.)(Trib. Viterbo, 6 agosto 1997, Di Pierro e altro, in Resp. Civ. ePrev., 1998, 1172, n. DE MICHEL).Affinché la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesivedell’onore possa considerarsi lecito esercizio del diritto dicronaca, devono ricorrere le seguenti condizioni: la veritàoggettiva della notizia pubblicata; l’interesse pubblico allaconoscenza del fatto (cosiddetta: pertinenza) e la correttezzaformale dell’esposizione (cosiddetta: continenza). Lacondizione della verità della notizia comporta, come inevitabilecorollario, l’obbligo del giornalista, non solo di controllarel’attendibilità della fonte (non sussistendo fonti informative3. L’ interesse sociale della notiziaSolitamente l’interesse pubblico viene individuato in un interessedella collettività a conoscere determinati fatti, si parlacosì di limite funzionale in relazione alle finalità dell’informazioneche sono quelle di formazione dell’opinione pubblica.Si ritiene difatti che, grazie all’informazione ricevuta, la collettivitàabbia gli strumenti per il formarsi di una propria opinionesugli avvenimenti e le persone che ne sono protagonisti.Va tuttavia precisato che l’utilità sociale svolge una funzionedi legittimazione della notizia pubblicata solo per l’ipotesi didivulgazione di notizie che in qualche modo aggrediscono alsfera altrui, ovviamente al di fuori da questa ipotesi il criteriodell’utilità sociale non è certo un requisito necessario per lalecita pubblicazione di notizie.Tanto premesso vediamo che il soddisfacimento che l’utilitàsociale è normalmente collegata all’attualità della notizia chesi pubblica. Attualità che però non si identifica necessariamentecon l’attualità del fatto, poiché anche un fatto nonattuale può rivestire interesse per la collettività qualora essopresenti connotati emblematici per la vita pubblica del Paese.Di notevole rilievo è infine l’individuazione <strong>dei</strong> limiti di divulgabilitàdelle altrui vicende personali anche alla luce dellanuova legge sulla privacy.I giudici hanno ripetutamente riconosciuto non scriminate daldiritto di cronaca la pubblicazione di situazioni e vicendepersonali e familiari, anche verificatesi al di fuori delle paretidomestiche, prive di un interesse socialmente apprezzabileper i terzi. In altre parole, intromissioni alla sfera privata dicittadini sono ammesse solo quando possano contribuire allaformazione della pubblica opinione su determinate vicendeprivilegiate), ma anche di accertare e di rispettare la veritàsostanziale <strong>dei</strong> fatti oggetto della notizia (non scalfita peraltroda inesattezze secondarie o marginali, inidonee a determinarneo ad aggravarne la valenza diffamatoria); con la conseguenzache, solo se tale obbligo sia stato scrupolosamenteosservato, potrà essere utilmente invocata l’esimente dell’eserciziodel diritto di cronaca, restando peraltro escluso che,ove le suddette condizioni non ricorrano, l’equilibrio generaledell’articolo giornalistico escluda la natura diffamatoria <strong>dei</strong>fatti riferiti, potendo eventualmente comportare una minoregravità della diffamazione ed incidere quindi sulla liquidazionedel danno.(Cass. civ., 4 luglio 1997, n. 6041, Soc. Il Messaggero ed. c.Vitalone, in Danno e Resp., 1998, 284).In tema di diffamazione con il mezzo della stampa, qualora ilfatto non sia stato già valutato in sede penale, il giudice civiledeve svolgere un accertamento preordinato alla verificadell’esistenza <strong>dei</strong> presupposti della responsabilità civile e, indefinitiva, di un danno risarcibile, presupposti ravvisabili nellaconsapevole diffusione, a mezzo dell’organo di informazione,del fatto determinato lesivo dell’onore e del prestigio delsoggetto passivo, nel danno e nel discredito che ne è, aquest’ultimo, derivato, e nella esistenza di un nesso diadeguata causalità tra la condotta e l’evento indicati, con laconseguenza che l’esimente del diritto di cronaca sarà invocabile,da parte del giornalista, solo all’esito di un rigorosocontrollo dell’attendibilità della fonte, della verità sostanziale<strong>dei</strong> fatti oggetto della notizia, della manifestazione del pensieroe delle idee secondo canoni deontologici di correttezzaprofessionale e secondo criteri di non distorsione della notizia,attraverso la sua correlazione con altre informazioni edaffermazioni che risultino non già del tutto gratuite od immaginarie,ma utili alla migliore comprensione <strong>dei</strong> fatti riportati.(Cass. civ., 2 luglio 1997, n. 5947, Soc. L’Unità ed. c. Soc.Messina, in Dir. Autore, 1998, 191).In tema di reato di diffamazione a mezzo stampa e di responsabilitàrisarcitoria del giornalista, ai fini dell’effetto giustificativodel diritto di cronaca, per stabilire se siano stati rispettatii limiti di tale diritto deve aversi riguardo alla verità della notiziaal momento della sua diffusione. L’eventuale discrepanzatra il fatto narrato e quello effettivamente accaduto non escludeche possa essere invocata la esimente, anche putativa,dell’esercizio del diritto di cronaca, quando colui che ha divulgatola notizia, pur avendo compiutamente adempiuto ildovere di controllo delle fonti da cui la ha appresa, abbia unapercezione erronea della realtà.(Cass. civ., 24 settembre 1997, n. 9391, Soc. La Repubblicaed. e altro c. Merli Brandini e altro, in Danno e Resp., 1998,285; Resp. Civ. e Prev., 1998, 1461, n. PERON).Ai fini della configurabilità dell’esimente del diritto di cronaca,anche sotto l’aspetto putativo o dell’eccesso colposo, in relazioneal reato di diffamazione a mezzo stampa, la necessariacorrelazione fra quanto è stato narrato e ciò che è realmenteaccaduto importa l’inderogabile necessità di un “assoluto”rispetto del limite interno della verità oggettiva di quanto riferito,nonché lo stretto obbligo di rappresentare gli avvenimentiquali sono, risultando inaccettabili i valori sostitutivi di esso,quali quello della veridicità o della verosimiglianza <strong>dei</strong> fattinarrati. Né il giornalista può appagarsi di notizie rese pubblicheda altre fonti informative (altri giornali, agenzie e simili)senza esplicare alcun controllo, perché in tal modo le diversefonti propalatrici delle notizie – attribuendosi reciproca credibilità– finirebbero per rinvenire l’attendibilità in se stesse.(Cass. pen., 23 gennaio 1997, n. 6018, Montanelli e altro, inGiust. Pen., 1998, II, 161).ma non anche quando si limitino a sollecitare curiosità istintidi bassa curiosità del pubblico.Riportiamo di seguito alcune delle sentenze più recenti intervenutesulla dimensione sociale della notizia:Il diritto alla riservatezza – che, indipendentemente dallasussistenza nell’ordinamento di altre e più specifiche previsionitrova il proprio fondamento nell’art. 2 Cost. e la cuilesione, pertanto, dà luogo a responsabilità ai sensi dell’art.2043 c.c. – consiste nella tutela di situazioni e vicende strettamentepersonali e familiare ancorché verificatesi fuori deldomicilio domestico, da ingerenze che, sia pur compiutecon mezzi leciti e senza arrecare danno all’onore, al decoroo alla reputazione non siano tuttavia giustificate da uninteresse pubblico preminente; esso pertanto non si identificacol diritto alla reputazione, atteso che, pur rappresentandoentrambi i diritti singoli aspetti della rilevanza che lapersona umana ha acquistato nel sistema della costituzione,e pur potendo in concreto una singola azione esserecontemporaneamente lesiva di entrambi, non vi è coincidenzatra essi, e che il diritto alla riservatezza, pur non assistitodalla più pregnante tutela penale prevista per il dirittoalla reputazione, presenta un’estensione maggiore, benpotendosi configurare ipotesi di fatti della vita intima che,pur non influendo sulla reputazione, devono tuttavia restareriservati, con la conseguenza che può aversi lesione deldiritto alla riservatezza anche quando sia stata esclusa unalesione del diritto alla reputazione.(Cass. civ., 8 giugno 1998, n. 5658, in Dir. inf., 1999, 39).5


DIFFAMAZIONEA MEZZO STAMPAL’esercizio del diritto di cronaca è le gIl diritto di cronaca può poi risultare limitato dall’esigenzadell’attualità della notizia, quale manifestazione del diritto allariservatezza, intesa quale giusto interesse di ogni persona anon restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori chearreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazionedi una notizia in passato legittimamente divulgata,salvo che per eventi sopravvenuti il fatto precedente ritorni diattualità e rinasca un nuovo interesse pubblico all’informazione.(Cass. civ., 9 aprile 1998, n. 3679, Fracassi e altro c. Rendo,in Foro It., 1998, I, 1834, n. LAGHEZZA).Integra il reato di diffamazione la pubblicazione di notizie purvere sulla salute di un soggetto (nel caso di specie: tossicodipendenzae sieropositività) nonché la pubblicazione della suafotografia in quanto si tratta di dati personali e attinenti allasfera della riservatezza rispetto ai quali difettano i requisitiscriminanti sia dell’interesse pubblico che della continenza.(Trib. Bolzano, 18 marzo 1998, Mantovan e altro, in Dir. Informazionee Informatica, 1998, 616).Il diritto di cronaca non esime di per sé dal rispetto dell’altruireputazione e riservatezza, ma giustifica intromissioni nella4. Il carattere pubblico della personaIl requisito dell’interesse sociale alla pubblicazione della notiziatrova un’applicazione particolare nel caso in cui la notiziariguardi un personaggio pubblico. È principio consolidato chetanto più un soggetto acquista notorietà nel campo politico,culturale, mondano, sportivo ecc. tanto più potrà essereoggetto di articoli di cronaca o potrà essere oggetto di unacritica particolarmente intensa e pungente. In particolarel’esercizio del diritto di cronaca può essere tanto più penetrantequanto più elevata sia la posizione pubblica dellapersona per la ricaduta che il suo comportamento – anchequello inerente la sua sfera privata – può avere sulla suadimensione pubblica.Tale principio non va però inteso in senso assoluto andandoinfatti incontro ad alcuni limiti, in forza <strong>dei</strong> quali si reputanoestranee al lecito esercizio del diritto di cronaca la diffusionedi notizie che aggrediscano la sfera di riservatezza del personaggiopubblico in mancanza di elementi di fatto che aiutinoa tratteggiarne la personalità politica, scientifica, artistica e,in genere, pubblica. Anche con riguardo al personaggiopubblico, sono quindi privi del requisito dell’interesse socialetutti quei fatti non direttamente collegabili alle ragioni dellanotorietà o riguardanti la sfera intima e privata del singolo.Conseguentemente, è escluso dall’interesse sociale allapubblicazione della notizia tutta quella parte di “morbosacuriosità che parte del pubblico ha per le vicende piccanti escandalose, svoltesi nella intimità della casa della personaassurta a notorietà”. Così come è esclusa la legittimità diopinioni critiche tutte le volte in cui queste su risolvono inattacchi che colpiscono l’individuo non in quanto uomopubblico, ma in quanto persona, rimanendo estranei tali profiliall’interesse della pubblica opinioneRiportiamo di seguito alcune delle pronunce più recentisull’argomento:Non si può affermare che il carattere pubblico della personaintervistata autorizzi il giornalista a pubblicare tutto quanto gliè stato detto senza porsi il problema della verità di quantoriferito dall’intervistato e del carattere diffamatorio delleespressioni usate; né si può riconoscere un interesse <strong>dei</strong> cittadinia conoscere il modo di esprimersi e di agire di un uomopolitico talmente assoluto da sacrificare totalmente il dirittoalla reputazione delle altre persone; quindi il giornalista in casidel genere deve anzitutto valutare se la notizia che gli è statariferita sia vera o quantomeno verosimile e secondariamenteporre sempre a confronto il suo diritto di cronaca con il dirittoall’onore di ogni cittadino, prendendo eventualmente le distanzenell’articolo pubblicato con quanto dichiarato dall’intervistato.(Nella specie, si è escluso che l’autrice di un’intervista contenenteaffermazioni diffamatorie pronunciate da un sindaco acarico di un consigliere comunale possa beneficiare della scriminantecostituita dal legittimo esercizio del diritto di cronacaper il semplice fatto di avere fedelmente riportato nell’articolopubblicato le dichiarazioni offensive rese dal soggetto intervistato;si è nondimeno ritenuto che la giornalista abbia agito5. Il limite della continenzaLa continenza è la terza condizione alla quale viene ancoratoil legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica. Talelimite viene inteso come moderazione, proporzione e misurain relazione alle modalità espositive della notizia. La serenitàdell’esposizione va però intesa non in senso assoluto ma insenso relativo, non venendo considerati offensivi toni aspri epolemici che rientrino nel costume corrente.In ogni caso l’esposizione della notizia non deve rivestirecarattere ingiurioso, non deve risolversi in una incivile denigrazionedell’altrui personalità, non deve contenere attribuzioniindirette o subdole allusioni. In particolare, nell’esposizione<strong>dei</strong> fatti devono essere esclusi l’utilizzo di:sottintesi sapienti, ossia l’utilizzo di espressioni tali da farpercepire al lettore un messaggio diverso o contrario a quelloapparente o letterale e comunque più sfavorevole;sfera privata <strong>dei</strong> cittadini solo quando possano contribuirealla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamenterilevanti per la collettività. (Ha precisato la Corte che,se anche le vicende private di persone impegnate nella vitapolitica o sociale possono, risultare di interesse pubblico,quando possano da esse desumersi elementi di valutazionesulla personalità o sulla moralità di chi debba godere dellafiducia <strong>dei</strong> cittadini, non è certo la semplice curiosità delpubblico a poter giustificare la diffusione di notizie sulla vitaprivata altrui, perché è necessario che tali notizie rivestanooggettivamente interesse per la collettività.)(Cass. pen., 10 dicembre 1997, n. 1473, Novi, in Giust. Pen.,1998, II, 466).La ripubblicazione, dopo circa trent’anni dall’accaduto, di ungrave fatto di cronaca nera, con fotografia del reo confesso, afini di mera promozione commerciale, costituisce diffamazionea mezzo stampa ed obbliga l’editore del quotidiano al risarcimentodel danno morale, trattandosi di notizia priva di pubblicointeresse e per ciò inidonea ad integrare gli estremi del legittimoesercizio del diritto di informazione e di cronaca.(Trib. Roma, 15 maggio 1995, in Dir. Famiglia, 1998, 76, n.CASSANO).nella supposizione erronea della sussistenza della suddettacausa di giustificazione, pervenendo all’assoluzione dell’imputataper mancanza di dolo.)(Trib. Venezia, 27 gennaio 1997, Battistella e altro, Foro It.,1998, II, 50, n. TESAURO).In materia di delitti contro l’onore, non costituisce reato l’attribuzionead un “homo publicus”, pure con toni fortemente critici,di un’attività privata rientrante nell’esercizio di dirittisoggettivi o di libertà fondamentali tutelate dalla Costituzione.In particolare non costituisce reato la critica ad un magistratoper l’esternazione di dibattiti, interviste, giornalistiche etelevisive, di opinione su argomenti legislativi, economici,sociali, politici, religiosi e di politica giudiziaria.(Cass., 24 settembre 1998, Buffa).Il diritto di cronaca non esime di per sé dal rispetto dell’altruireputazione e riservatezza, ma giustifica intromissioni nellasfera privata <strong>dei</strong> cittadini solo quando possano contribuirealla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamenterilevanti per la collettività. (Ha precisato la Corte che,se anche le vicende private di persone impegnate nella vitapolitica o sociale possano da esse desumersi elementi divalutazione sulla personalità e sulla moralità di chi debbagodere della fiducia <strong>dei</strong> cittadini, non è certo la semplicecuriosità del pubblico a poter giustificare la diffusione di notiziesulla vita privata altrui, perché è necessario che tali notizierivestano oggettivamente interesse per la collettività.)(Cass. 10 dicembre 1997, Novi, in Giust. Pen., 1998, II, 466).In base all’orientamento assunto dalla S.C., dal principiosecondo cui il diritto di critica non può essere esercitato senon entro i limiti oggettivi fissati dalla logica concettuale edell’ordinamento positivo, non può desumersi che la criticasia sempre vietata quando può offendere la reputazione individuale,dovendosi invece ricercare un bilanciamento dell’interesseindividuale alla reputazione con l’interesse che nonsiano introdotte limitazioni alla formazione del pensiero costituzionalmentegarantita; bilanciamento da individuarsi nelfatto che la critica, diversamente dalla cronaca, soggiace allimite dell’interesse pubblico o sociale ad essa attribuibile,quando si rivolge a soggetti che tengono comportamenti osvolgono attività che richiamano su di essi l’attenzione dell’opinionepubblica.(App. Milano, 13 dicembre 1996, in Riv. giur. Polizia, 1997,491).Quanto maggiore è l’interesse pubblico alla conoscenza diuna notizia, tanto più la situazione giuridica di cui è titolare ilgiornalista – il potere-dovere di cronaca – si sposta verso lasua polarità passiva: a fronte di fatti massimamente rilevantila cronaca diviene sempre meno un semplice interesse delcittadino e sempre più un suo diritto di materia pubblicistica.(Trib. Monza, 10 aprile 1995, Bossi, in Cass. Pen., 1995,3114, n. LE PERA, MARTINA).toni sproporzionatamente scandalizzati o sdegnati o artificiosamentedrammatizzati, mediante l’uso sapiente di aggettivi,con cui si riferiscono notizie scarsamente interessanti inmodo da suggestionare i lettori;accostamenti suggestionanti di fatti che si riferiscono ad unapersona che si vuole mettere in cattiva luce con altri fatticoncernenti terze persone e negativi per la reputazione;vere e proprie insinuazioni e ambiguità allusive.Dall’applicazione di quanto sopra nel campo della critica giornalisticaderiva che le espressioni consentite sono quelledotate di minor efficacia lesiva possibile rapportate però alrisultato di valutazione o censura che si intende perseguire.Così ad esempio nell’ambito della critica politica.La dialettica propria della contesa politica porta a giustificarenon solo l’uso di toni particolarmente duri ed aspri, ma ancheeventuali attacchi tesi a screditare l’avversario, con il limiteperò dell’esclusione di frasi contumeliose, di false attribuzionioffensive, nonché di apprezzamenti apparentemente ironicio scherzosi, ma in realtà derisori e denigratori.Anche a questo riguardo riportiamo di seguito alcune dellepiù recenti sentenze:Il diritto di critica politica, rilevante per scriminare la condottadiffamatoria, per sua natura, può essere esercitato anchecon toni aspri, che, in quanto non divengano gratuita invasionedella sfera personalissima della persona offesa, conservanola loro funzionalità alla battaglia politica in atto perchévolti ad attaccare il soggetto in relazione alla carica pubblicaoccupata.(Cass. pen., 4 agosto 1999, Faro, in Guida dir., 1999, n. 42).Il limite del diritto di critica politica deve intendersi superatoquando l’agente trascenda in attacchi personali diretti a colpiresul piano individuale, senza alcuna finalità di pubblico interesse,la figura morale del soggetto criticato, giacché in talcaso si realizza un’aggressione alla sfera morale altrui,penalmente protetta.A maggior ragione, il limite del diritto di critica politica deveritenersi superato quando nell’attacco vengano coinvoltepersone estranee alla vicenda, anche se eventualmentelegate da vincoli di parentela con il destinatario della critica,nei confronti delle quali siano attribuite qualifiche gravementelesive della loro dignità morale.(Cass. pen., 3 marzo 1999, in Guida dir., 1999, n. 12).Nella diffamazione a mezzo stampa, l’esimente del diritto dicronaca ricorre quando sussistano i requisiti della verità dellanotizia pubblicata, della rilevanza della stessa per l’opinionepubblica, della continenza delle espressioni usate.Sotto quest’ultimo profilo, la legittimità di un’esposizione incui si faccia ricorso a termini tecnici non può giudicarsi inrelazione alla conoscenza di questi ultimi da parte <strong>dei</strong> lettori,ma in base alla correttezza del loro uso (fattispecie inmateria di cronaca giudiziaria: la corte ha ritenuto la correttezzadell’esposizione da parte di un giornalista che avevautilizzato gli esatti termini tecnici processuali, non condividendoinvece l’assunto del giudice di merito che, nelpronunciare la sentenza di condanna, aveva sostenuto chel’esposizione del giornalista poteva non essere pienamentecompresa dai lettori, “non sempre in grado di comprenderela differenza tra richiesta di rinvio a giudizio, decreto dirinvio a giudizio, condanna non definitiva e sentenza passatain giudicato”; la Cassazione in proposito ha precisato cheogni comunicazione postula l’impiego <strong>dei</strong> termini propridella materia a cui si riferisce e l’eventuale on conoscenzadi taluno di essi da parte <strong>dei</strong> lettori – o di una fascia di loro– non può rilevare essendo sufficiente che il destinatariosia posto in grado, procurandosi se del caso, di apprenderela verità.(Cass. pen., 12 <strong>febbraio</strong> 199, Anselmi, in Guida dir., 1999, n.14).La continenza è una regola alla quale si deve conformarel’esercizio del diritto di cronaca, nel senso che questo si devemoderare sia nella maniera in cui si esprime (continenzaformale), sia nel suo contenuto (continenza sostanziale).(Cass. civ., 27 aprile 1998, n. 4285, Scaduti e altro c. Grevi,in Mass., 1998).Il limite della continenza onde evitare che l’esercizio del dirittosi risolva in un pretesto e in uno strumento illecito diaggressione all’altrui reputazione.La continenza, quindi, ha una duplice prospettazione,soggettiva e oggettiva, formale e sostanziale, in quanto desumibileda due elementi essenziali, sintomatici di serenità,misura e proporzione.(Cass. pen., 23 <strong>febbraio</strong> 1998, n. 5767, Saturni, in CEDCassazione, 1998).Non occorre alcun specifico accertamento in ordine allasussistenza dell’elemento psicologico del reato di diffamazione(dolo generico), quando le opinioni o i giudizi espressiabbiano natura intrinsecamente diffamatoria dell’onore oreputazione di terzi.(Cass. pen., 24 settembre 1997, n. 1183, Sgarbi, Studiumjuris, 1998, 839).La continenza formale presuppone che la narrazione <strong>dei</strong> fattidebba avvenire misuratamente, ossia debba essere contenutain spazi strettamente necessari all’esposizione.Nell’ipotesi che la narrazione di fatti determinati sia espostainsieme alle opinioni di chi le compie, in modo da costituireal tempo stesso esercizio di critica e di cronaca, la valutazionedella continenza sostanziale e formale non può esserecondotta attraverso i soli criteri summenzionati, ma si attenuaper lasciare spazio all’interpretazione soggettiva <strong>dei</strong> fattinarrati e per svolgere le censure che si vogliono esprimere.(App. Milano, 13 dicembre 1996, in Riv. giur. Polizia, 1997,491).Costituisce diffamazione a mezzo stampa il giudizio sprezzantementenegativo sul modo in cui viene svolta un’attivitàprofessionale, mancando, in tal caso, la scriminante dell’eserciziodel diritto di manifestazione del pensiero di cui all’art.21 cost., poiché non vengono rispettati i canoni della continenza.(Trib. Perugia, 8 maggio 1997, Romano c. Fornari, in Rass.Giur. Umbra, 1998, 53, n. CEPPI).6 ORDINE 2 <strong>2000</strong>


gittimo e prevalente soltanto quando la notizia è veraIl diritto di critica giornalistica, che rientra tra i diritti pubblicisoggettivi inerenti alla libertà di pensiero e di stampa, deveconsistere in un dissenso motivato, espresso in terminicorretti e misurati e non deve assumere toni gravemente lesividell’altrui dignità morale e professionale.Il limite all’esercizio di tale diritto deve intendersi superatoquando l’agente trascenda in attacchi personali diretti acolpire, su un piano individuale, senza alcuna finalità dipubblico interesse, la figura morale del soggetto criticato,giacché, in tal caso, l’esercizio del diritto, lungi dal rimanerenell’ambito di una critica misurata ed obiettiva, trascendenel campo dell’aggressione alla sfera morale altrui, penalmenteprotetta.(Cass. pen., 11 marzo 1998, n. 5772, Iannuzzi, in CEDCassazione, 1998).Non costituisce valido esercizio del diritto di critica, ma integrail delitto di diffamazione a mezzo stampa, la diffusionedella notizia del coinvolgimento di un soggetto nel compimentodi un reato, qualora, riferendo dell’assoluzione dellostesso, si segnalino altresì avvenimenti successivi confermatividelle ipotesi investigative che avevano condotto all’incriminazionesuddetta.(Cass. pen., 2 giugno 1998, n. 8021, Venditti e altro, in Riv.Pen., 1998, 1146).Il diritto di critica, che nel corso delle competizioni elettoraliconsente anche toni aspri e di disapprovazione, non devetrasmodare nell’attacco personale e nella pura contumelia.La polemica politica in nessun caso può perciò giustificarel’uso di espressioni quali: “pidocchio, mascalzone, burattino”all’indirizzo di un antagonista.(Cass. pen., 5 novembre 1997, n. 11905, Farassino, in Giust.Pen., 1998, II, 649).Il diritto di critica che costituisce uno degli aspetti principali6. La satiraCon l’espressione sintetica diritto di satira devono essereindicate tutte le varie manifestazioni del pensiero, aventiremote origini storiche, accomunate dall’intento immediato disuscitare ilarità nei percettori e differenziate dalla specificità<strong>dei</strong> fini ulteriori (la satira o caricatura politica, la parodia artistica,la satira di costume, la satira a scopi pubblicitari ocommerciali ecc.) e dalla varietà delle forme espressive (loschetch cinematografico o televisivo, la vignetta o la caricaturastampata, l’articolo giornalistico).La satira per sua stessa natura, non può essere assoggettataai medesimi limiti impiegati per valutare la liceità del dirittodi cronaca e di critica e, in particolare, quelli inerenti la veritàe la correttezza espressiva, posto che la satira:non costituisce una risposta ad esigenze informative;non ha alcun rapporto di necessità e coincidenza con laverità del fatto (essendo, peculiarità della satira la deformazionedel reale come espediente per provocare il divertimentodel pubblico cui è destinata, è evidente l’incompatibilitàlogica tra satira e verità del fatto che ne forma oggetto.Funzionale alla satira, dunque, può essere solo la grossolanaalterazione del vero, perché strumentale al paradosso, alriguardo si veda: M. Mantovani, Profili penalistici del diritto disatira);non può, se mira all’efficacia del messaggio, obbedire a criteridi equilibrata espressione.Ciononostante la satira non può trasmodare in un comportamentochiaramente diffamatorio né può essere asservita adun fine meramente denigratorio del soggetto preso di mira,né, in genere, può superare il rispetto <strong>dei</strong> valori fondamentalidella persona, incitando, oltre il ludibrio della sua immaginepubblica, al disprezzo della persona.Riportiamo i seguito alcune sentenze in materia di diritto disatira.Esiste un diritto di satira distinto da quello di cronaca e di critica.In particolare la satira politica mira all’ironia sino al sarcasmoe comunque all’irrisione di chi esercita un pubblico potere,in tal misura esasperando la polemica intorno alle opinionied ai comportamenti. La satira è anche espressione artistica,in quanto opera una rappresentazione intuitivamentesimbolica che – in particolare con la vignetta – si proponequale metafora caricaturale. Come tale non è soggetta aglischemi razionali della verifica critica, purché attraverso lametafora – pure paradossale – sia comunque riconoscibilese non un fatto o un comportamento storico, l’opinione almenopresunta della persona pubblica, secondo le sue convinzionialtrimenti espresse, che per sé devono essere di interessesociale. Pertanto può offrire la rappresentazionesurreale, purché rilevante in relazione alla notorietà dellapersona, assumendone connotati che sfuggono all’analisiconvenzionale ed alla stessa realtà degli accadimenti, manon astraendosene fino a fare attribuzioni non vere. Sul pianodella continenza il linguaggio essenzialmente simbolico efrequentemente paradossale della satira, in particolare grafica,è svincolato da forme convenzionali, onde non si puòapplicare il metro consueto di correttezza di espressione. Ma,al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, essa nonpuò superare il rispetto <strong>dei</strong> valori fondamentali, esponendooltre il ludibrio della sua immagine pubblica, al disprezzo dellapersona. (Nella fattispecie la corte ha ritenuto superato il limitedella continenza in relazione ad una vignetta satirica “acagione di una metafora decisamente volgare che lede lafemminilità dell’offesa, raffigurata nell’atto di praticare unaORDINE 2 <strong>2000</strong>su cui si fonda la libera (e lecita) manifestazione del pensiero,non si esprime nella narrazione ma nel giudizio e nellavalutazione di fatti; la critica è pertanto soggettiva e cioècorrispondente, in definitiva, al punto di vista di chi la manifesta.L’efficacia scriminante della critica è più accentuata inambito politico, nel quale essa può essere esercitata con lemodalità più nette e vibranti, senza rituali ed ipocriti omaggia stili e forme espressive.(Trib. Roma, 26 marzo 1997, Selva c. De Mita e altro, inNuova Giur. Civ., 1998, I, 264, n. BRESCIANI).Ciò che rileva è accertare se la critica sia o meno trasmodatain un attacco personale volto a colpire la sfera privatadell’offeso senza alcuna finalità di pubblico interesse, ovverose le espressioni usate abbiano una tale carica lesiva dell’altruidignità da non poter essere scriminate.(Trib. Roma, 24 marzo 1995, Scalfari e altro, in Cass. Pen.,1995, 2707).In tema di diffamazione a mezzo stampa il diritto di critica sidifferenzia da quello di cronaca essenzialmente in quanto ilprimo non si concretizza, come l’altro, nella narrazione di fatti,bensì nella espressione di un giudizio o, più genericamente,di un’opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamenteobiettiva, posto che la critica, per sua natura, non puòche essere fondata su una interpretazione, necessariamentesoggettiva, di fatti e comportamenti; ne consegue che l’eserciziodi un tale diritto non può trovare altro limite che non siaquello dell’interesse pubblico e sociale della critica stessa, inrelazione all’idoneità delle persone e <strong>dei</strong> comportamenti criticatia richiamare su di sé una comprensibile e oggettivamenteapprezzabile attenzione dell’opinione pubblica.(Cass. pen., 16 aprile 1993, Barile, in Mass. Cass. Pen.,1993, fasc. 9, 100).fellatio al microfono di cui è dotato il seggio senatorio, la qualcosa suscita disprezzo verso la sua persona”.)(Cass. pen., 22 dicembre 1998, n. 13563, Senesi, in Resp.Civ. e Prev., 1999, n. PERON).Il limite all’esercizio della satira, che ne determina l’abuso, èla gratuità delle aggressioni utilizzate, sicché non può essereconsiderata satira l’utilizzo gratuito di espressioni quali “dieselfumoso” e “real-burinismo”, riferite alle capacità intellettive edal comportamento di un assessore per la regolamentazionedel traffico cittadino, che costituiscono invece un grave insulto.(Cass. pen., 7 luglio 1998, n. 7990, Diaconale e altro, Dannoe Resp., 1998, 988, n. CARBONE).Il diritto di satira, il quale ha rango di diritto soggettivo di rilevanzacostituzionale, non si pone in alcun rapporto di necessitàe coincidenza con la verità del fatto, nè si deve conformarea canoni di corretta ed equilibrata espressione, avendocome suoi limiti quello interno legato alla notorietà del personaggio,ovvero quelli esterni legati a ciascuno <strong>dei</strong> mezzi didiffusione della satira stessa ed ai contenuti del massaggiosatirico, onde non è da considerare lecita l’attribuzione di fattioffensivi determinati. (Nella specie si è desunta dalla partecipazionedell’attore a varie trasmissioni televisive la rinuncia aquella parte del proprio diritto alla riservatezza direttamentecorrelata alla dimensione pubblica, con la conseguenza chequesti può ben essere messo alla berlina per le sue fattezze,che egli ha offerto volontariamente alla pubblica attenzione.)(Trib. Roma, 26 <strong>febbraio</strong> 1997, Geraci c. Soc. L’Espresso ed.,Resp. Civ. e Prev., 1998, 750, n. PERON).Il concetto di satira, pur trovando garanzia negli articoli dellaCostituzione (...), deve comunque ritenersi soggetto a limitisecondo criteri di coerenza causale tra qualità della dimensionepubblica del personaggio fatto oggetto di satira ed il contenutosatirico-espressivo sottoposto ai precettori del messaggio.Di conseguenza, deve ritenersi illecita la satira meramentedenigratoria, tale da strumentalizzare pretestuosamente ilnome e l’immagine di un determinato personaggio.(Cass. civ., sez. III, 29 maggio 1996, n. 4993, Soc. La Repubblicaed. e altro c. Craxi, Resp. Civ. e Prev., 1997, 1183, n.PERON).Il diritto di satira costituisce una delle forme di manifestazionedel pensiero, caratterizzata dall’intento di suscitare lailarità nei percettori, che svolge una funzione di controllosociale verso il potere con l’arma del sorriso e alla quale nonpossono applicarsi i criteri per la liceità della cronaca (verità,continenza, rilevanza sociale) fatto salvo il limite dell’eventualecontenuto denigratorio delle affermazioni. La satira diun personaggio famoso, quando ha carattere burlesco eparadossale e le espressioni adoperate, considerate nel lorocomplesso, sono proporzionate alla notorietà del soggettoirriso, impedisce di qualificare come denigratorio e offensivoun articolo di giornale.(Trib. Milano, 7 aprile 1997, Scotti c. Soc. R.C.S. ed. e altro,in Dir. Inf., 1997, 752).Non può considerarsi lecito esercizio del diritto di satira la raffigurazionecaricaturale di contenuto offensivo, anche se ironica,che esplicitamente si colleghi, attraverso titoli, ad articoligiornalistici, anche se il contenuto di questi ultimi non sia diper sé diffamatorio. In tal caso, infatti, la vignetta non è purae semplice espressione satirica, ma vero e proprio veicolo diinformazione giornalistica e, come tale, assoggettata ai limitipropri del diritto di cronaca.(Trib. Milano, 26 maggio 1994, Soc. L’Unità ed. c. Soc. Mondadoried., Nuova Giur. Civ., 1996, I, 332, n. BENEDETTI).7. L’intervistaL’intervista è l’espressione tipica dell’attività giornalisticatramite la quale vengono diffuse notizie ed opinioni attraversola narrazione effettuata da un altra persona – generalmentenota al pubblico – sollecitata dalle domande del giornalista.Da un esame del panorama giurisprudenziale formatosiin materia emerge difatti che l’intervistatore va esente dapena solo qualora nella fattispecie concreta sussistano tuttigli estremi richiesti per accordare efficace esimente al dirittodi cronaca, ossia:la verità obiettiva o putativa <strong>dei</strong> fatti narrati dall’intervistatoche il cronista ha il dovere di ricercare attraverso un diligentelavoro di ricerca;l’interesse pubblico alla conoscenza di tali fatti;l’utilizzo di espressioni continenti.Per quanto concerne la verità della notizia è evidente che nelcaso dell’intervista la fonte informativa è il terzo a questi,però, non è possibile attribuire una pregiudiziale affidabilità,con la conseguenza che la mera pubblicazione neutra eavalutativa del tenore letterale delle dichiarazioni rese nelcontesto di un’intervista non è sufficiente a scriminare lacondotta del giornalista. Le ragioni di tale impostazione sonoda rinvenirsi nella necessità di evitare che la stampa opericome un sorta di cassa di risonanza dell’altrui condotta diffamatoriacon determinante apporto causale da parte del giornalista.Tale rigoroso e restrittivo orientamento è stato tuttavia abbandonatoin alcune recenti decisioni dirette a differenziare laposizione dell’intervistatore da quella dell’intervistato.In particolare si è ritenuta configurabile l’esimente del dirittodi cronaca tutta le volte in cui la notizia è costituita non soloe non tanto dal contenuto delle dichiarazioni rese dall’intervistato,quanto dalla qualità di questi idonea a creare una particolareaffidabilità sulla veridicità delle sue affermazioni tantoche l’eventuale omessa pubblicazione dell’intervista finirebbeper risolversi in una forma di censura in contrasto con l’interessepubblico alla conoscenza della notizia.Ma vediamo di seguito alcune sentenze in materia:È configurabile l’esimente putativa dell’esercizio del diritto dicronaca nei confronti del giornalista tutte le volte in ci la notiziaè costituta non solo, e non tanto, dal contenuto delledichiarazione (di pubblico interesse) rese dall’intervistato,quanto dalla qualità di questi idonea a creare particolare affidamentosulla veridicità delle sue affermazioni, sì che l’eventualeomessa pubblicazione dell’intervista finirebbe per risolversiin una forma di censura in contrasto con l’interessepubblico alla conoscenza della notizia.(Cass., sez. V, 16 gennaio 1995, Bardi, m. 200660, con riferimentoa una fattispecie nella quale un assessore aveva conun’intervista avvallato le voci di corruzione all’interno dell’apparatoamministrativo comunale e la notizia, dal cui stessofornita, di illecita ricezione di tangenti da parte di un funzionarioidentificabile, dello stesso Comune).E in effetti , quando l’esistenza di un fatto è controversa, nonè censurabile il giornalista che riporti le contraddittorie dichiarazioni<strong>dei</strong> protagonisti e <strong>dei</strong> testimoni, neppure se le utilizziper proporre una propria ricostruzione della vicenda.(Cass., sez. V., 25 settembre 1995, Lajacona, m. 202657).In questi casi, invece, il giornalista non è in grado di verificareulteriormente l’attendibilità delle dichiarazioni riportate; e l’esistenzastessa di quelle dichiarazioni assume rilevanza ai finidell’esercizio del diritto di cronaca.Ma la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca non èinvocabile quando le affermazioni dell’intervistato sono palesementefalse o, comunque, il giornalista non le abbia inalcun modo controllate.(Cass., sez. V, 5 <strong>febbraio</strong> 1986, Bonanota, m. 172422).Né a maggior ragione la scriminante è invocabile quandodell’intervistato esprima valutazioni critiche gratuitamenteoffensive, perché in questo caso l’illiceità delle dichiarazioniriferite è immediatamente rilevabile dal giornalista, senzaneppure l‘esigenza di indagini tese a verificare la corrispondenzaai fatti. In altri termini, se è discutibile la punibilità delgiornalista che riporti asserzioni dell’intervistato risultate poinon vere, non è certamente discutibile la punibilità del giornalistache riporti valutazioni gratuitamente e palesementeoffensive dell’altrui reputazione.(Cass. pen., 25 gennaio 1999, n. 935, Ferrara e altri, in Guidadir, 1999).Qualora vi sia un interesse pubblico nella conoscenza di unavvenimento in quanto attinente alla vita collettiva dell’interanazione e che merita di essere partecipato ai fini della formazionedi una pubblica opinione su una vicenda di interessegenerale non incorre nel reato di diffamazione il conduttoretelevisivo che si limiti a diffondere dichiarazioni altrui lesivedella reputazione di terzi in quanto avvenimento storicamenteaccaduto e quindi vero.(G.I.P. Trib. Bergamo, 13 novembre 1997, Craxi, Vespa).7


DIFFAMAZIONEA MEZZO STAMPANon si può affermare che il carattere pubblico della personaintervistata autorizzi il giornalista a pubblicare tutto quanto gliè stato detto senza porsi il problema della verità di quantoriferito dall’intervistato e del carattere diffamatorio delleespressioni usate; né si può riconoscere un interesse <strong>dei</strong>cittadini a conoscere il modo di esprimersi e di agire di unuomo politico talmente assoluto da sacrificare totalmente ildiritto alla reputazione delle altre persone; quindi il giornalistain casi del genere deve anzitutto valutare se la notiziache gli è stata riferita sia vera o quantomeno verosimile esecondariamente porre sempre a confronto il suo diritto dicronaca con il diritto all’onore di ogni cittadino prendendoeventualmente le distanze nell’articolo pubblicato con quantodichiarato dall’intervistato.(Nella specie si è escluso che l’autrice di un’intervista contenenteaffermazioni diffamatorie pronunciate da un sindaco acarico di un consigliere comunale possa beneficiare dellascriminante costituita dal legittimo esercizio del diritto dicronaca per il semplice fatto di avere fedelmente riportatonell’articolo pubblicato le dichiarazioni offensive rese dalsoggetto intervistato; si è nondimeno ritenuto che la giornalistaabbia agito nelle supposizione erronea della sussistenzadella suddetta causa di giustificazione, pervenendo all’assoluzionedell’imputato per mancanza di dolo.)(Trib. Venezia, 27 gennaio 1997, Battistella).Quando il giornalista riporti affermazioni altrui lesive dellareputazione di terze persone, la sua condotta non può ritenersiscriminata in base alla mera constatazione del fatto chequelle affermazioni siano state effettivamente compiute e cheil giornalista le ha diligentemente riprodotte; l’attività del giornalistapotrà considerarsi scriminata solamente quando risultialtresì provato che sussista un interesse pubblico attualealla conoscenza di tali dichiarazioni e le opinioni e i giudizisiano corrispondenti al requisito della continenza. (Nellaspecie il Tribunale di Venezia ha ritenuto giustificati sulla basedella scriminante del legittimo esercizio del diritto di critica igiudizi polemici espressi da un rappresentante sindacaledella CGIL-Scuola e da alcuni studenti medi in ordine ad un’iniziativagiudiziaria assunta dal Procuratore della repubblicapresso la Pretura circondariale di Trento, interpretata comeun tentativo per ottenere autoritativamente la cessazione delmovimento di protesta studentesca noto con l’appellativo di“Jurassic School”; ha parimenti ritenuto non punibili sullabase della diversa esimente del diritto di cronaca le condotte<strong>dei</strong> cronisti locali che, attraverso interviste e resoconti giornalistici,avevano informato l’opinione pubblica sulla vicendain questione.)(Trib. Venezia, 16 ottobre 1996, Schimd).Il legittimo esercizio del diritto di cronaca presuppone l’osservanzarigorosa del limite invalicabile della verità storicadella notizia pubblicata, con la conseguenza che tutte le voltein cui il giornalista si limita a pubblicare il contenuto di un’intervistache contiene gravi accuse nei confronti di altre personesenza verificare se tali accuse rispondono a verità, sipone al di fuori del diritto di cronaca.(Cass. pen., sez. V, 15 gennaio 1997, Liguori).8. La responsabilità del direttoreL’art. 57 cod. pen. sancisce – fatta comunque salva la responsabilitàdell’autore della pubblicazione e fuori <strong>dei</strong> casi diconcorso dell’illecito da quest’ultimo commesso – che laresponsabilità del direttore scaturisce tutte le volte in cui egliabbia omesso di esercitare, sul contenuto del periodico dallostesso diretto, il controllo necessario ad impedire che colmezzo della stampa siano commessi <strong>dei</strong> reati.La responsabilità del direttore può dunque alternativamentearticolarsi:in responsabilità a titolo di concorso (consistente nell’averapprovato e, quindi, voluto la pubblicazione);responsabilità per fatto proprio (consistente nell’aver omessodi esercitare il dovuto controllo).In particolare si ritiene che l’obbligo di controllo impone aldirettore l’attuazione di “quanto necessario per prenderenozione degli scritti da pubblicare, vagliarne il contenuto e lefonti (e, perciò, scegliere gli autori <strong>dei</strong> testi, assegnare gliscritti, dopo aver posto in essere la vigilanza dovuta”. Sorgecosì il problema di stabilire in quali casi potrà reputarsi che ildirettore abbia diligentemente esplicato il controllo impostoglisoprattutto nell’ipotesi di quotidiani a grande diffusione nazionalenei quali il direttore si trova impegnato in un serie diincombenze così eterogenee che diventa una necessitàobbligata “delegare” ai capiredattori ed ai capiservizio ilcompito di redigere il giornale o alcune pagine dello stesso,secondo le direttive impartite.Sul punto la giurisprudenza è contrastante si va da un indirizzorigoroso che impone al direttore responsabile l’obbligodi leggere tutto il materiale che sta per essere pubblicato, diverificarne le fonti e di sensibilizzare i suoi collaboratori adun esercizio del diritto di cronaca il più possibile rispettosodegli altrui diritti; ad altre sentenze meno restrittive chemandano esente il direttore da responsabilità quando questiprovi di avere organizzato l’attività umana e materiale delgiornale in modo da assicurare attraverso un reticolo di esperienzee di provate competenze le condizioni ottimali e,dunque, efficienti, per l’esercizio del controllo.Ma vediamo tali sentenze:La pubblicazione delle dichiarazioni rese da taluno ad ungiornalista, allorquando sono obbiettivamente lesive dell’altruireputazione, costituisce essa stessa un mezzo di diffusionedell’offesa.Ne consegue che il giornalista, pubblicando il contenutodell’intervista a lui rilasciata, conferisce il suo contributocausale alla diffusione dell’offesa all’altrui reputazione, ditalchè la sua condotta non può non essere sussumibilenell’ambito della previsione normativa dell’art. 110 c.p.(Cass. pen., sez. V, 15 gennaio 1997, Liguori).Ritenuto che nel nostro ordinamento il diritto di critica, qualeesercizio del democratico principio di libertà e manifestazionedel proprio pensiero, trova un limite invalicabile costituitodal rispetto di altri diritti fondamentali, parimenti sancitidalla Costituzione, in quanto attinenti alla pari dignitàsociale di tutti i cittadini, quale che possa essere il lorocredo religioso, nonché dalla salvaguardia <strong>dei</strong> diritti inviolabilidella persona, sia come singolo, sia come membro dellepiù diverse formazioni sociali nelle quali si forma e si sviluppala personalità di ognuno, diritti inviolabili tra i quali vanno,senza dubbio alcuno, annoverati il diritto all’onore, allareputazione ed al decoro; e ritenuto, ancora, che il correttoe fecondo bilanciamento di tali valori, tutti di rango costituzionale,deve costituire il criterio-guida, per il giudice, nell’interpretazionedella norma, in quanto strumento idoneo asalvaguardare il pluralismo culturale, ideologico e religiososul quale nella moderna democrazia di fonda il concetto dilibertà, lede l’onore, il decoro e la reputazione della Congregazione<strong>dei</strong> testimoni di Geova e <strong>dei</strong> suoi membri la manifestazioneper iscritto od in via orale (pubblicazione a stampae pubblica intervista), nei confronti dell’una e degli altri,di espressioni, giudizi e concetti gravemente offensivi echiaramente diffamatori, anche perché diretti inequivocamentead additare la congregazione ed i suoi membri alpubblico disprezzo, senza che possa essere invocata l’esimentedel legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica.(App. Venezia, 19 settembre 1997, Faraon e altro).Nel delitto di diffamazione a mezzo stampa, realizzato con lapubblicazione di un’intervista, è configurabile l’esimenteputativa dell’esercizio del diritto di cronaca nei confronti delgiornalista tutte le volte in cui la notizia è costituita non solo,e non tanto, dal contenuto delle dichiarazioni (di pubblicointeresse) rese dall’intervistato, quanto dalla qualità di questi,idonea a creare particolare affidamento sulla veridicità dellesue affermazioni, si che l’eventuale omessa pubblicazionedell’intervista finirebbe per risolversi in una forma di censura,in contrasto con l’interesse pubblico alla conoscenza dellanotizia.(Fattispecie nella quale un assessore aveva, con un’intervista,avallato le voci di corruzione all’interno dell’apparatoamministrativo comunale e la notizia, da lui stesso fornita, diillecita ricezione di tangenti da parte di un funzionario, identificabile,dello stesso comune.)(Cass. pen., sez. V, 16 gennaio 1995, n. 1618, Bardi, Giust.Pen., 1995, II, 582).Il consentire ad una pubblicazione da parte del direttore di ungiornale può tradursi anche nel non impedirla, ovvero neltollerare passivamente la pubblicazione stessa.Ne deriva che il direttore dovrà essere ritenuto responsabile,ex art. 57 c.p., del reato di diffamazione compiuta a mezzostampa nel caso di mancato impedimento della verificazionedi un fatto illecito.(Cass. pen., sez. V, 28 ottobre 1997, n. 10496, Scalfari,Studium juris, 1998, 1001).Nella valutazione sulla responsabilità del direttore di un periodicoai sensi dell’art. 57 c.p., l’esigenza, cui tale disposizionesi ispira, di evitare che con il mezzo della stampa venganocommessi reati, deve essere contemperata con il diritto algodimento delle ferie da parte del direttore medesimo,nonché con i principi posti dagli art. 42 e 43 c.p., secondo iquali nessuno può essere punito se non ha commesso il fattocon coscienza e volontà; pertanto, ad escludere la responsabilitàex art. 57 c.p. del direttore di un periodico nel tempo incui egli gode delle ferie spettantigli è sufficiente, senza chesia necessario il ricorso alla procedura prevista per i mutamentiradicali nell’organico del giornale degli art. 5 e 6 l. 8<strong>febbraio</strong> 1948 n. 47, la preventiva individuazione ed indicazionenello stesso periodico della persona che lo sostituisce,in modo che sia ricostituita, sia pur in via provvisoria, la strutturadella compagine del giornale e sia così assicurato ilcontrollo sulla pubblicazione, con la possibilità di individuarela persona che risponda dell’eventuale omissione. (In applicazionedi tale principio la Corte, in una fattispecie concernenteil delitto di diffamazione con il mezzo della stampa, haannullato la sentenza di merito che, nonostante l’espressarichiesta dell’imputato, non aveva accertato chi avesse ufficialmentesostituito il direttore responsabile nel periodo in cuiquesti si trovava in ferie, limitandosi a prendere atto che l’assenzanon era dovuta ad un motivo di forza maggiore.)(Cass. pen., sez. V, 28 ottobre 1997, n. 10496, Scalfari, inCass. Pen., 1998, 2935).Ai fini della responsabilità per colpa prevista dall’art. 57 c.p. aComunicazione ufficialeGussoni:“Il Coreratfa propriol’indirizzodell’<strong>Ordine</strong>lombardo”Il giornalista Maurizio Gussoni, vicepresidentedel Corerat della Lombardia, il 18 gennaio hacomunicato a Franco Abruzzo le decisioni delCorerat stesso:“Caro presidente, nella mattinata di oggi il Comitato,riunito in seduta ufficiale, ha provveduto ad un’audizionedelle associazioni delle emittenti televisive. L’incontroverteva sull’applicazione del decreto cheprevede le provvidenze economiche per le emittentitelevisive.Come sai, la composizione della graduatoria per l’attribuzionedi tali provvidenze è stata demandata aivari Comitati Regionali. Con piacere ti anticipo che ituoi indirizzi, illustrati al Comitato durante il nostrorecente incontro, riguardanti l’attribuzione <strong>dei</strong> punteggiprevisti in funzione della presenza di giornalistinelle emittenti, è stata del tutto sposata.Infatti, in sede di valutazione delle domande, il Comitatodella Lombardia attribuirà punti 60 per ogni giornalistaassunto con contratto Fnsi e punti 45 per ognigiornalista assunto con altro contratto. A patto che iversamenti contributivi dovuti per l’applicazione diquest’ultimo contratto siano effettuati a favoredell’Inpgi. Cari Saluti”.carico del direttore responsabile o del vice-direttore responsabiledi un periodico per i reati commessi attraverso di esso,la figura del redattore responsabile, non prevista dall’ordinamentodella professione giornalistica, non è assimilabile aquella del direttore. Ne consegue che il redattore responsabiledi un periodico risponde del reato commesso per mezzodi esso a titolo di dolo, allorchè risulti accertata la sua partecipazionediretta e consapevole alla pubblicazione.(Cass. pen., 17 novembre 1997, n. 11578, in Cass. Pen.,1998, 2940).In tema di reati commessi col mezzo della stampa periodica,ad escludere la responsabilità del direttore nel periodo in cuigode delle ferie spettantigli è sufficiente, senza ricorrere allaprocedura prevista per i radicali mutamenti di cui agli art. 5 e6 l. n. 47 del 1948, la preventiva indicazione nello stesso giornaledella persona che lo sostituisca in modo che sia ricostituitauna struttura dell’organico del giornale, in via provvisoria,tale da assicurare il controllo e da consentire l’individuazionedella persona che risponde in caso di mancato eserciziodello stesso.(Cass. pen., 28 ottobre 1997, n. 10496, Scalfari, in Riv. Pen.,1998, 47).In materia di reati commessi col mezzo della stampa periodica,poiché la figura del “redattore responsabile” non è previstadall’ordinamento della professione giornalistica e non èassimilabile in alcun modo a quella del direttore (o del vicedirettore)responsabile di un periodico, qualora si accerti checolui che ricopre tale ruolo ha partecipato direttamente econsapevolmente all’attuazione di una condotta criminosa,questi sarà chiamato a rispondere a titolo di dolo, e non dicolpa, del reato commesso col mezzo della stampa.(Cass. pen., 17 novembre 1997, n. 11578, Gizzo, in Giust.Pen., 1998, II, 547).Qualora vengano in rilievo sicuri elementi tali da escludere laconcreta possibilità di adempiere l’obbligo di controllo da partedel direttore responsabile, sebbene vi sia il concreto pericolodi perdere l’unitarietà valutativa del contenuto diffamatorio diun articolo, può ritenersi pienamente legittimo il ricorso allostrumento della delega, sempre che la stessa, attuata inprospettiva del rafforzamento della tutela degli interessi espostiad un pericolo di pregiudizio, intervenga a favore di soggettoparticolarmente qualificato, dotato di un effettivo potere dicontrollo (nella specie, non essendo stato possibile stabilirecon certezza se sulla lettera inviata ad una redazione localedel giornale fosse stato esercitato il dovuto controllo da partedel preposto competente, il direttore responsabile deve essereassolto dal reato di cui all’art. 57 c.p. per non aver commessoil fatto.)(Trib. Venezia, 2 novembre 1994, Lago, in Foro It., 1996, II, 81).L’art. 57 c.p., che configura un’ipotesi di reato proprio, autonomae strutturalmente caratterizzata dall’omissione dell’attivitàdi controllo, contemplata come causa di un evento nonvoluto, ed addebitabile al direttore (o al vice direttore) distampa periodica a titolo di colpa, richiede che la colpa deldirettore medesimo tragga origine dall’inosservanza dinorme che devono regolare la sua condotta e che gli impongono,per le funzioni che gli competono, la vigilanza ed ilsindacato sul materiale da stampare, al fine di impedire chevengano commessi reati.(Cass. pen., sez. VI, 10 marzo 1994, Vigna, in Cass. Pen.,1995, 3076).Sabrina Peron8 ORDINE 2 <strong>2000</strong>


Secondo le previsioni più accreditate nel prossimo biennio nasceranno in Italia ben 300 quotidiani on-lineIl tribunale di Voghera dice sì allaregistrazione delle testate telematicheMilano, 28 gennaio - Il presidente del tribunaledi Voghera, Bruno Stellario, ha disposto,con ordinanza motivata, la registrazionedi una testata giornalistica settimanale diffusatramite il “sistema telematico Internet”presso la cancelleria del tribunale medesimo.Il presidente ha ritenuto che “il luogo ditrasmissione debba essere equiparato alluogo di pubblicazione”.“Dopo le ordinanze <strong>dei</strong> presidenti <strong>dei</strong> tribunalidi Milano, Napoli e Roma - ha dichiaratoFranco Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> della Lombardia - questaanaloga ordinanza del presidente del tribunaledi Voghera consolida un indirizzo chedà cittadinanza piena nel mondo multimedialeai periodici e ai quotidiani diffusi tramite larete Internet.Per i giornalisti è un successo e anche unapossibilità di lavoro regolamentato dallalegge sulla professione e dal contratto nazionaledi categoria Fnsi-Fieg. Secondo unaparte della dottrina, gli editori di periodici equotidiani, trasmessi a mezzo rete telefonicain formato digitale con i protocolli tecnici dellarete Internet, non hanno l’obbligo della regi-strazione delle testate on-line in tribunalebensì quello di segnalarne l’esistenza soltantoall’Autorità garante nelle telecomunicazioniin base alla legge n. 249/1997.Spetta anche a questa Autorità “registrare” ilnome delle testate giornalistiche (radiotv, sucarta, on-line), utilizzando a tal fine il Registrodegli operatori di comunicazione (cheassorbe il Registro nazionale della stampa eil Registro nazionale delle imprese radiotelevisivedi cui alla legge 416/1981). Il presidentedel tribunale di Voghera, come i suoi colleghidi Milano, Napoli e Roma, ritenendo,invece, che esista nello stesso tempo purel’obbligo di registrazione “giudiziaria” delletestate on-line, ha provveduto di conseguenza.Va detto che la registrazione delle testategiornalistiche presso le cancellerie <strong>dei</strong> tribunalirisponde a esigenze di giustizia, perchéla stessa consente di individuare gli autori dieventuali delitti contro l’identità e la dignitàdelle persone, beni costituzionalmenteprotetti.Le previsioni - conclude Abruzzo - diconoche nel prossimo biennio nasceranno in Italiaben 300 quotidiani on-line”.Questa l’ordinanza del presidente del tribunale di VogheraIl Presidente del Tribunale penale e civile di VogheraVISTA la richiesta del Sig. GIOVANNI ZACCARIA n. OSTU-NI il 9/01/1960, depositata in Cancelleria il 21/12/1999,relativa alla registrazione ai sensi dell’art. 5 della Legge8/2/1948 n. 47, del periodico “SETTIMANALE SPORTIVOTUTTA LA C” trasmesso da Voghera a mezzo rete telefonicain formato digitale con i protocolli tecnici della reteINTERNET;VISTA la nota del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni- D.G. Concessioni e Autorizzazioni - Divisione IV/I del24 giugno 1997, da cui si evince:1. che il sistema telematico INTERNET è un sistema mistodi reti che permette ad un utente di collegarsi ad un altroutente e dialogare con esso, trasmettere e copiare file,consultare database presenti su altri computer ecc. Per cuiINTERNET può considerarsi una sorta di ragnatelamondiale di cavi, la quale non ha né un proprietario né unsistema di controllo centralizzato; cresce o si evolve peraggregazioni spontanee anche tramite società commercialidenominate “Service Provider”, le quali, attraverso unaserie di propri apparati, permettono, dietro pagamento diun canone, l’accesso al servizio;2. che per l’accesso ad “INTERNET” occorre avere unalinea telefonica commutata o diretta, un computer, unascheda elettronica denominata “modem” (modulatore/demodulatore,il quale consente di convertire i segnalidigitali del computer in impulsi analoghi compatibili con lalinea telefonica e viceversa, per accedere al servizio desiderato)e naturalmente abbonarsi al servizio con una delletante sopracitate società di “SERVICE PROVIDER”;ORDINE 2 <strong>2000</strong>3. che i fornitori di accesso alla rete INTERNET (ServiceProvider) devono rendere una dichiarazione o fare unadomanda di autorizzazione sulla base del titolo di rete utilizzataper fornire ai clienti l’accesso, cioè la rete pubblicacommutata (fino all’1/1/1998 ancora gestiti in regime dimonopolio da Telecom Italia) o collegamenti diretti;RILEVATO che un periodico telematico può beneficiaredella tutela rappresentata dalla registrazione, in quantopossiede sia il requisito ontologico, sia quello finalistico relativoalla diffusione delle notizie, pur con una tecnica di diffusionediversa dalla stampa;CONSIDERATO che le nozioni di periodico, quotidiano eagenzia di stampa sono sempre state intese in modo estremamenteampio, proprio allo scopo di evitare forme disindacato o di controllo sui contenuti stessi;CONSIDERATO che la Suprema Corte di Cassazione haavuto modo di affermare che nel concetto di periodico varicompresa ogni pubblicazione programmaticamenteperiodica “quale ne sia il contenuto informativo e ne siastata o no prestabilita la conclusione del piano di pubblicazione.Né a fondare l’esclusione della tipologia puòvalere il fatto che il messaggio di cui è portatrice siatrasmesso in tutto o in parte con mezzi diversi dalla stampatradizionale”;CONSIDERATO che in queste espressioni si coglie l’intendimentodi ampliare la tradizionale nozione di periodicoonde adeguarla alle forme di diffusione più moderne,che, in tale linea di tendenza, la compatibilità delle nuovetecniche editoriali con la vigente normativa trova rispostapositiva;VISTA la nota del Ministero di Grazia e Giustizia - DirezioneCentrale degli Affari Civili e delle Libere Professioni -Ufficio VII - Prot. n. 7/38002/8094 del 26 ottobre 1995, dacui si evince che i cosiddetti “giornali telematici” (videotel,televideo, audiotel, ecc.) non rientrano nella previsione dicui all’art.26 della Legge n. 69 del 3 <strong>febbraio</strong> 1963 (checonsente a coloro che non esercitano la professione di giornalistadi essere iscritti nell’Elenco Speciale quali direttoriresponsabili di periodici a carattere tecnico, professionale escientifico) e, pertanto oltre ad essere sottoposti all’obbligodella registrazione di cui all’art. 5 della Legge 8 <strong>febbraio</strong>1948, n.47, devono essere diretti esclusivamente da ungiornalista iscritto all’Albo (professionista o pubblicista);RILEVATO che nel caso che ci occupa lo ZACCARIA èiscritto all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti (Tessera n.079834);RITENUTO che nel caso di specie, il periodico di cui si chiedela registrazione è trasmesso da un sito INTERNETubicato nel territorio sul quale ha competenza il Tribunale diVoghera;RITENUTO che il luogo di trasmissione deve essere equiparatoal luogo di pubblicazione;P.Q.M.Disponela registrazione del periodico telematico “SETTIMANALESPORTIVO TUTTA LA C”, trasmesso a mezzo rete telefonica,in formato digitale con i protocolli tecnici della reteINTERNET, dal “Service Provider” A. Z. Service, sito inVoghera, Via F.lli Rosselli, 25.Il giornalista licenziato per anzianità anagraficaha diritto al preavviso o all’indennità sostitutivaL’articolo 33 del CCNLG, secondo cui l’editore“può” risolvere il rapporto di lavoro con ilgiornalista che abbia raggiunto il sessantacinquesimoanno di età, non esonera dall’obbligodel preavviso e, conseguentemente,non libera l’“azienda” editoriale dall’oneredell’indennità sostitutiva, se tale obbligo nonsia stato adempiuto. È quanto si deduce consicura fondatezza da un principio interpretativoche la Corte di cassazione va ripetutamenteenunciando, in non poche pronunce esoprattutto a partire dalla sentenza 7 agosto1998, n. 7755, resa a sezioni unite.A queste conclusioni la Corte regolatrice deldiritto è gradualmente pervenuta fino a negare,senza più alcuna eccezione, che nelrapporto di lavoro di natura privatistica possaoperare l’automaticità del collocamento ariposo in relazione ai raggiunti limiti di anzianitàanagrafica, come avviene nell’ambito delpubblico impiego. Ne deriva quindi l’inderogabilitàdel preavviso, “ai sensi e per gli effettidegli articoli 2118 e 2119 del codice civile”,nell’ipotesi di risoluzione del rapporto per ilmotivo in questione, ben anche consentitadalla contrattazione collettiva.Tutto ciò perché, così come hanno chiarito igiudici di legittimità le cause in cui il rapportodi lavoro privato può cessare sono state giàindividuate dal codice civile, dalla legge604/66, sui licenziamenti individuali, oltre chedallo statuto <strong>dei</strong> lavoratori. Di qui l’affermata,assoluta assenza di spazio per l’autonomiaprivata nell’individuazione di altre cause estindiGiuseppe De Dominicistive del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.In altre parole, essendo stata riservataalla legge la disciplina delle cause estintive ditale rapporto, “si deve escludere” che possaconsiderarsi “demandata alla contrattazionecollettiva la regolamentazione di ipotesi dicessazione”, pur se collegate a prospettive ditrattamenti pensionistici e tuttavia tali dacomprimere fortemente, “se non da vanificare,nella generalità <strong>dei</strong> casi, l’ambito di applicazione”delle regole poste dal legislatore.Nel rispetto di queste regole, anche il rapportodi lavoro giornalistico può quindi risolversisolo per licenziamento (ovviamente legittimo),per dimissioni, per mutuo consenso odissenso e quando il giornalista, licenziato epoi reintegrato con sentenza, non abbia ripresoil servizio, entro trenta giorni dal ricevimentodell’invito dell’editore oppure nonabbia chiesto, sempre entro trenta giorni dallacomunicazione di deposito della sentenza, ilpagamento dell’indennità sostitutiva.Dunque, il potere del datore di lavoro di risolvereil rapporto quando il lavoratore abbiaraggiunto l’età anagrafica prevista dalcontratto collettivo, di là dall’esclusione esplicita- e, come tale, nulla ai sensi dell’articolo1418 del codice civile - o implicita del preavviso,si ricollega a un atto di volontà dellostesso datore di lavoro e rientra perciò nelloschema legale del legittimo recesso.Se così non fosse, se, cioè, fosse giuridicamentecorretto ammettere fattispecie diestinzione del rapporto di lavoro non sottopostealle regole generali del sistema legale<strong>dei</strong> licenziamenti, si finirebbe, secondo lesezioni unite della Corte di cassazione, col“ridurre arbitrariamente”, i limiti di operativitàdi tale sistema.In ogni caso la clausola contrattuale collettivache preveda la risoluzione automatica delrapporto di lavoro per raggiunti limiti di età,come la stessa Corte aveva avuto già occasionedi affermare con la sentenza 27 maggio1995, n. 5997, può valere a rendere inapplicabilela legge sui licenziamenti del 1966,non anche gli articoli 2118 e 2119 del codicecivile. Non può valere, cioè, a rendere inoperantel’obbligo del preavviso e, in assenza diquesto adempimento, a esonerare dal pagamentodell’indennità equivalente all’importodella retribuzione che sarebbe spettata allavoratore per il periodo di preavviso.Va rilevato che gli indirizzi giurisprudenzialifin qui riassunti sono stati enunciati dallaCorte regolatrice in controversie riguardanticlausole pattizie di risoluzione del rapporto,con espresso esonero dal preavviso alraggiungimento della massima anzianitàcontributiva del lavoratore. Clausole, queste,che i giudici di legittimità non hanno esitato adichiarare nulle.Non si potrebbe, perciò, minimamente dubitaredell’applicabilità degli stessi indirizzigiurisprudenziali al CCNLG, il cui articolo 33si limita a prevedere non l’automaticità dellarisoluzione, ma la sola possibilità per “l’azienda”di risolvere il rapporto al raggiungimentodell’anzianità anagrafica del giornalista.C’è da chiedersi, a questo punto, qual è iltermine entro cui il preavviso va comunicato equal è la misura dell’indennità dovuta, in particolare,al giornalista nel caso in cui dellafacoltà di recesso consentita dal contrattocollettivo l’editore si avvalga senza preavviso.Al primo quesito i giudici di legittimità, dopoiniziali oscillazioni interpretative, hanno giàdato ragionevole e ormai pacifica risposta,chiarendo che il termine in questione non puònon coincidere con l’avverarsi dell’eventoprevisto dal contratto collettivo e quindi con laraggiunta anzianità anagrafica da parte dellavoratore. Una qualsivoglia anticipazione didecorrenza del termine si risolverebbe, delresto, in una mera, antigiuridica formalità.Quanto all’indennità sembra sufficienteconsiderare che la risoluzione del rapporto,se “non determinata”, come prevede l’articolo27 del contratto collettivo, “per fatto o percolpa del giornalista così grave da nonconsentire la prosecuzione anche provvisoriadel rapporto”, in eventuale coincidenzacon la raggiunta anzianità anagrafica, nonpotrebbe non rientrare fra quelle per le qualilo stesso articolo prevede l’indennità sostitutivadel preavviso, nelle varie misure stabilitein relazione alle "gerarchie" redazionali. Eoccorre pure ricordarsi che, per i giornalistiaventi un’anzianità di servizio superiore aventi anni, le stesse misure vanno aumentatedi una mensilità.Non si vede, d’altronde, in quale altro schemalegale o contrattuale la risoluzione medesimapotrebbe collocarsi, ricollegata, com’èe come già detto, non a un obbligo, ma a unatto di volontà dell’editore, a una facoltà legittimamenteesercitata in un ordinamentogiuridico “inequivocabilmente favorevole”,però, come pure hanno rilevato le sezioniunite della Corte di cassazione, “alla protrazionedel rapporto di lavoro”.9


DELIBERAZIONEDISCIPLINAREDEL CONSIGLIO NAZIONALESanzionato Paolo Occhipintiper pubblicità redazionale(Il Consiglio nazionale ha confermato la decisione dell’<strong>Ordine</strong>della Lombardia, che teneva conto anche di un provvedimentodell’Antitrust. Avvertimento anche per Caterina Vezzani)IL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTIriunito a Roma nella propria sede di Lungotevetre de’ Cencin.8 i giorni 3 e 4 novembre 1999, con la presenza dellamaggioranza <strong>dei</strong> suoi componenti a norma dell’art. 23 dellalegge 3.2.1963 n. 69, ha adottato la seguenteDECISIONEsul ricorso presentato il 18.10.1996 dal sig. Paolo OCCHI-PINTI, nato Milano il 23.8.1939 ed elettivamente domiciliatopresso lo studio degli avv. Maurizio Fusi, Paolina Testa ePierluigi Cottafavi in Milano - Via Lattuada 20avversola sanzione disciplinare dell’avvertimento deliberata dalConsiglio regionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> della Lombardiain data 9.9.1996 e notificata il 18.9.1996.Il giornalista professionista Paolo Occhipinti, direttore delsettimanale “Oggi”, ha presentato ricorso avverso la sanzionedisciplinare dell’avvertimento scritto inflitta a lui e alla giornalistaprofessionista Caterina Vezzani, collaboratrice dellostesso settimanale, dal Consiglio regionale dell’<strong>Ordine</strong> dellaLombardia perché - dice la delibera - “si sono resi entrambi,sia pure su piani diversi per le diverse mansioni, colpevoli diun fatto tale da compromettere la loro reputazione e la stessadignità dell’<strong>Ordine</strong>. ... Il Consiglio richiama Paolo Occhipintie Caterina Vezzani all’osservanza <strong>dei</strong> doveri impostidagli articoli 2 e 48 della legge professionale”.All’origine del provvedimento sta il fatto che Paolo Occhipinti,nella sua qualità di direttore di “Oggi”, “ha disposto la pubblicazione(sul numero 41 dell’11 ottobre 1995), nell’ambito diquella parte del settimanale identificata dal titolo «Oggi infamiglia» (pagg.112-133) e in particolare nel contesto (pag.116) della rubrica «Bellezza», di due articoli (“E lavarsi i dentidiventa un gioco”; “C’è anche il dentifricio alla propoli”) checostituiscono una fattispecie di c.d. pubblicità redazionale (afavore di prodotti della linea orale Mentadent di cui uno perbambini riprodotto in fotografia) censurata il 15 <strong>febbraio</strong> 1995dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato comepubblicità ingannevole (in base agli articoli 1, comma 2, e 2,lettera b, del Decreto legislativo n. 74/1992). Si tratta di unaforma di pubblicità redazionale, secondo l’Antitrust, “sostanzialmenteindirizzata, nonostante il proprio aspetto informativo,a promozionare il prodotto in esso descritto”.Il Consiglio richiama e riporta nella delibera quanto scrive l’AutoritàGarante, la quale sottolinea che: “Appurata in via preventivala finalità promozionale dell’inserto oggetto di denuncia, sievidenzia, tuttavia, che tale finalità non risulta in alcun modoriconoscibile da parte <strong>dei</strong> comuni lettori, considerato non soloche il suddetto inserto è stampato con caratteri e modalitàgrafiche tipiche degli articoli informativi, ma anche che l’insertomedesimo è inserito nell’ambito di una sotto-rubrica fissa(“Bellezza”), a sua volta ricompresa nella più ampia rubrica“Salute’’, periodicamente pubblicata sul settimanale “Oggi”.“In ogni caso - dicono il Garante e l’<strong>Ordine</strong> - ai fini di tale riconoscibilità,non risulta di per sé sufficiente la presenza di unbordo colorato a pallini; tale caratterizzazione grafica, peraltrocostantemente utilizzata nell’ambito della sotto-rubrica“Bellezza”, non è affatto percepibile da parte del lettore comesegno distintivo della natura pubblicitaria dell’inserto, ma,piuttosto, come un semplice elemento decorativo dellasuddetta rubrica”.Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia ha ravvisato in ciòuna violazione dell’art.2 della legge professionale nella partein cui impegna i giornalisti (e gli editori) “a promuovere la fiduciatra la stampa e i lettori”.Nelle valutazioni conclusive, il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> dellaLombardia sottolinea la responsabilità del direttore sull’interocontenuto della pubblicazione da lui diretta quale (leggen.633/1941) “autore dell’opera collettiva dell’ingegno” (percui a nulla vale la sua difesa secondo la quale l’articolocensurato dall’Autorità Garante “non è stato pubblicato perfinalità promozionali, ma è invece frutto della libera iniziativadella giornalista” che ha “completa autonomia nei rapporticon il direttore”) e contesta alla Vezzani il suo “convincimentodi operare secondo la legge (o consuetudine da oltre vent’anni,come dice la giornalista nella sua memoria difensiva)”,perché ciò potrebbe significare scarsa professionalità. Cosìcome aver trattato in cinque anni, come afferma la Vezzani,10, 20, 30 e più case di produzione, non vuol dire che non siè fatta promozione o pubblicità per tutte e ciascuna di esse.Né è valida - rileva ancora il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> dellaLombardia - la circostanza indicata dalla difesa della Vezzanisecondo la quale “generalmente la norma viene violata”.Che poi il c.d. “giornalismo di servizio” sia divenuto una“necessità per i lettori”, che vogliono conoscere le novità delmercato, i prezzi, i luoghi, le caratteristiche <strong>dei</strong> prodotto ecc. eche “rischia di uscire dal mercato la rivista che non si adegui”(così sostiene la difesa della Vezzani), viene contestatodall’<strong>Ordine</strong> della Lombardia, che riconosce l’esistenza dell’interesseper le ‘’notizie commerciali”, ma che settimanali e rivistein genere non vengono acquistati per quello, ma per avere“le notizie”, accettando che nelle pagine siano anche eventualicomunicati commerciali, ma ben distinti graficamente.“L’obbligo della verità sostanziale <strong>dei</strong> fatti - spiega nella sualunga delibera il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia - conl’osservanza <strong>dei</strong> doveri di lealtà e di buona fede, si sostanziaanche in un comportamento del giornalista che, oltre ad essere,deve anche apparire conforme a tale regola, perché su diessa si fonda il rapporto di fiducia tra i lettori e la stampa.Come il magistrato deve essere e deve apparire indipendente,così il giornalista deve essere e deve apparire corretto”.“Se io penso - spiega a questo punto il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong>deliberante - che un giornalista sia serio, la notizia da lui dataavrà per me una sua credibilità; se io penso che un giornalistasia un ‘pubblicitario mascherato’, la stessa notizia saràda me vissuta come ‘tutta pubblicità’”.“Anche l’apparire corretto - chiarisce ancora in una lungainterpretazione deontologica l’<strong>Ordine</strong> della Lombardia - haun suo significato per il professionista, che concepisce il giornalismocome informazione critica”.-“Nel campo etico - prosegue - anche le apparenze possonoassumere un peso negativo”. Da qui deriva il provvedimentodisciplinare nei confronti della Vezzani, autrice degli articoliincriminati, e di Occhipinti, in quanto, come direttore, è responsabiledi tutto ciò che appare sul quotidiano o sul periodico.Il direttore ha l’obbligo di controllare tutto ciò che appare sulgiornale, comprese le lettere <strong>dei</strong> lettori e le inserzioni pubblicitarie.“Occhipinti non poteva ignorare, inoltre, quanto MirellaPallotti, all’epoca direttrice di ‘Anna’, dichiarò a ‘PrimaComunicazione’: ... tutto il mercato italiano <strong>dei</strong> periodici ècondizionato dalla pubblicità ... Nessun stilista si permette didire a un giornale francese o americano: «Io ti faccio 10 paginema ne voglio altrettante di servizio»...”Il difensore di Occhipinti, nel chiedere l’annullamento delprovvedimento e il proscioglimento dell’incolpato perché gliaddebiti contestati sono insussistenti, irrilevanti e comunquenon contrastano con le regole deontologiche, rileva che ilvizio più evidente della decisione impugnata è quello di nonaver tenuto in alcun conto i risultati della istruttoria, limitandosiessa alla “mera enunciazione di una serie di principi chenon vengono mai confrontati con la fattispecie su cui il Consigliodoveva decidere, senza fornire quindi una spiegazionedel perché essi siano stati applicati al caso esaminato”.In particolare, rileva il ricorrente, l’Autorità Garante (sulla cuipronuncia fonda l’intervento del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> dellaLombardia) aveva preso in considerazione e “condannato”uno solo <strong>dei</strong> due articoli citati invece dall’<strong>Ordine</strong> dellaLombardia, quello dal titolo “E lavarsi i denti diventa ungioco”, emettendo la decisione nei confronti del supposto“inserzionista occulto” e dell’editore del periodico, senza valutazionealcuna sul comportamento <strong>dei</strong> giornalisti.Le conclusioni dell’Autorità del Garante, prosegue il ricorrenteOcchipinti, venivano poste come presupposti, nel capo diimputazione, nella violazione delle norme deontologiche dicui agli artt. 2 e 48 della legge professionale, ma nel corsodella istruttoria non emergeva alcuna conferma, nemmenoindiziaria, di una collusione tra l’editore della testata e leaziende citate nei box contestati, e tantomeno di un comportamentoattivo o passivo della giornalista autrice <strong>dei</strong> pezzie/o del direttore del periodico nel favorire, al di fuori del legittimoesercizio del diritto di cronaca, la menzione <strong>dei</strong> prodotti.Rileva la difesa che l’articoletto intitolato “C’è anche il dentifricioalla propoli” (che l’autorità Garante non aveva né esaminatoné giudicato) forniva una breve descrizione di sei diversiprodotti tra loro direttamente concorrenti, senza esprimerepreferenze; che lo spazzolino per bambini segnalato nel box“E lavarsi i denti diventa un gioco” costituiva, al momentodell’articolo, l’unico spazzolino commercializzato in Italiaavente le particolarità morfologiche evidenziate anche nellafoto di corredo al pezzo (cioè la forma di omino, con gambe ebraccia) e che tale caratteristica e la connessa utilità eranostati il motivo della segnalazione del prodotto unicamente alfatto che si trattava di una novità per il mercato.La difesa sostiene ancora che la Vezzani non è sottoposta a.pressioni di alcuno ed è libera di scegliere se tra i prodotti (osegnalazioni) ve ne siano taluni degni di interesse per il lettore.Sostiene, altresì, che il direttore Occhipinti non interferiscesulla scelta della Vezzani circa i prodotti da trattare nellarubrica “Bellezza”, limitandosi a discutere con lei esclusivamentela scaletta degli argomenti.La difesa osserva poi che la testimonianza della MirellaPallotti (ex direttrice del settimanale “Anna”) sul comportamentonei confronti della pubblicità di molte pubblicazioniperiodiche quasi costrette dai pubblicitari a trattare con particolareattenzione determinati prodotti e di ignorarne altri cherifiutano gli inserti, non ha mai menzionato Occhipinti o laVezzani né mai ha citato la testata Oggi come coinvolti inquella consuetudine. Eppure la testimonianza della Pallottiritenuta fondamentale - rileva la difesa - ai fini del provvedimentoemesso.Non c’è poi motivo “per ritenere - sostiene la difesa - che ogniarticolo che informi i lettori sulla esistenza di prodotticommerciali sia, perciò solo, un inquinamento pubblicitario e,soprattutto, che tale inquinamento si sia verificato nel casoche il Consiglio doveva valutare”.Lamenta poi il ricorrente la non rispondenza tra il capo diincolpazione e il motivo del provvedimento sanzionatorio inquanto il procedimento sarebbe stato aperto perché ilmessaggio giornalistico era, in realtà, un messaggio pubblicitariomentre nel provvedimento finale si afferma che l’assenzadi finalità promozionali è irrilevante nel caso di specie,posto che i lettori giudicano su ciò che vedono.Sostiene, poi, che il Consiglio basa la sua motivazione sulprincipio dell’apparire (non avrebbe perciò rilevanza l’intentodoloso del giornalista che volutamente spaccia per informazioneciò che ha finalità promozionali, ma solo quello che“appare” al pubblico). Ma tale principio, fa presente, è estraneoa ogni norma deontologica. Nella motivazione, proseguela difesa, non si chiarisce mai perché i box pubblicati nellarubrica “Bellezza” costituirebbero un “tradimento” della fiducia<strong>dei</strong> lettori.Nel sottolineare, poi, come la pronuncia impugnata abbiacompletamente omesso una valutazione del comportamentodegli incolpati e degli articoli incriminati, osservato che ilConsiglio ha omesso anche un esame complessivo dellatestata in questione, la quale non costituisce affatto un“contenitore di pubblicità” e sostenuta infine la preminentefunzione di servizio della rubrica “Bellezza”, la difesa diOcchipinti conclude affermando che né la legge professionalené la Carta <strong>dei</strong> Doveri e nemmeno il contratto collettivo <strong>dei</strong>giornalisti vietano in alcun modo di fornire ai lettori informazionisu prodotti o servizi, limitandosi a sanzionare i messaggipubblicitari non riconoscibili come tali.Chiede pertanto il ricorrente l’annullamento del provvedimentoimpugnato.********Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.Innanzitutto è infondato quanto dichiarato dal ricorrente circal’insussistenza e l’irrilevanza dell’addebito e la non corrispondenzatra capo di incolpazione e provvedimento sanzionatorio.Il Consiglio regionale, infatti, ha ben spiegato, nel provvedimentofinale, anche se in parte per relationem richiamandola motivazione del provvedimento dell’Autorità Garantenonché quanto contenuto nell’atto di incolpazione, perché ilcomportamento del ricorrente abbia incrinato il rapporto difiducia tra lettore e stampa.Da tali richiami per relationem si evince che il Consiglio regionaleha considerato tutti gli elementi (impaginazione, foto,didascalie, testo) necessari per individuare se un determinatoservizio giornalistico sia o meno un “pubbli-redazionale”,abbia cioè in realtà una natura promozionale: il Consiglioregionale, fatte proprie le conclusioni dell’Antitrust circa lepresuntive finalità promozionali dell’inserto oggetto di denuncia,ha ravvisato nel comportamento del ricorrente (l’averconsentito la pubblicazione di un messaggio giornalistico cheè, invece, pubblicitario) una violazione deontologica attesa lasua qualità di direttore responsabile.E ben spiega il Consiglio regionale, appurato che trattasi dimessaggio pubblicitario, che il ricorrente, in quanto direttoreresponsabile, avrebbe dovuto controllare quanto apparso sulgiornale.Quanto alle altre lamentele, si osserva che la dichiarazionedella Pallotti non è stata il motivo fondamentale del provvedimentoemesso, ma è servita a ribadire le responsabilità diun direttore.Si osserva poi che c’è perfetta rispondenza tra il capo diincolpazione e il motivo del provvedimento. Il Consiglio regionale,infatti, non ha detto al par. 2 delle valutazioni conclusiveche non è rilevante l’assenza di finalità promozionali nel casodi specie, ma che “non appare rilevante l’affermazione delladifesa di Occhipinti che recita: «... l’articolo ... non è statopubblicato per finalità promozionali» ...”Va poi osservato che nella delibera di incolpazione si diceespressamente che “Il Consiglio ravvisa nel complesso delfatto addebitato una possibile lesione della norma deontolo-10 ORDINE 2 <strong>2000</strong>


Telegiornali: autocritica di Di Bella e LiguoroConegliano, 24 ottobre - Il condirettore del Tg della terzarete Rai Antonio Di Bella e il giornalista della stessa testataMimmo Liguoro lanciano pesanti accuse e fanno autocriticasu come vengono confezionati i telegiornali. “In Italia - haaffermato Di Bella, nella giornata conclusiva di Antennacinema,in corso a Conegliano - c’è un concetto di informazionenon solo romanocentrico, ma da centro storico di Roma. Inostri telegiornali sono ancora molto indietro rispetto ad unformato moderno ed europeo, in grado di soddisfare pienamenteil telespettatore. O riusciamo a migliorare il modo difare i telegiornali o in Europa saremo sempre gli ultimi”.Per Mimmo Liguoro l’informazione italiana non fa fino infondo il suo dovere. “In Italia - ha detto Liguoro - non c’è maistata una stampa intesa come contropotere. Sono necessarieuna emancipazione e un’autonomia vere e profonde inquesto settore.Serve un patto tra i telespettatori e gli autori <strong>dei</strong> telegiornaliper individuare le cose che non fanno, patto che potrebbeproprio partire da questi incontri di Antennacinema”.Liguoro e Marzio Quaglino, redattore de “Il Fatto” di EnzoBiagi, hanno rivolto un appello al pubblico di Antennacinemaaffinché vengano segnalate ai direttori di testata e ai giornalistile cose che non sono gradite all’interno <strong>dei</strong> telegiornali.Antonio Di Bella ha poi sostenuto che “la confezione <strong>dei</strong> telegiornaliviene fatta in modo tale da coprire tutti i settoridell’informazione, dalla politica, alla cronaca, ai cosiddetti‘esteri’, allo sport, e che questo è il principale limite dellastruttura del Tg”.Ha poi sostenuto che le poche notizie dall’estero <strong>dei</strong> Tg sonoquasi tutte di tipo ‘istituzionale’ e riguardano, per la maggiorparte, avvenimenti di tipo politico.gica calata nell’art. 2 della legge n.69/63 nella parte in cui siintende, il giornalista e gli editori, promuovere la fiducia tra lastampa e i lettori”.Ed è proprio questa fiducia che si spiega nel provvedimentofinale essere stata lesa.Altrettanto infondata è la lagnanza secondo cui il provvedimentosarebbe carente di motivazione perché basato sul“principio dell’apparire” giacché, come appresso si dirà, ilricorrente ha omesso il controllo sui contenuti del giornaledovuto in virtù della particolare qualificazione professionaleda lui rivestita.Trattasi dunque di un “fatto” e non di un “apparire”. E questoben lo ha evidenziato il Consiglio regionale che nelle propriemotivazioni individua esattamente quella che è stata lamancanza (e, quindi il comportamento deontologicamentescorretto) del ricorrente.In buona sostanza la motivazione risulta completa ed esaurienteperché in essa si sottolinea che il ricorrente ha mancatoad un dovere morale e professionale - c.d. culpa in vigilando- violando l’impegno <strong>dei</strong> giornalisti (e a maggior ragione diun direttore) di promuovere la fiducia tra la stampa e i lettori(art.2 L. 69/63).Questo Consiglio Nazionale condivide quanto enunciato dalConsiglio regionale circa il ruolo e i compiti di un direttoreresponsabile. Il direttore ha la funzione di imprimere al giornalequella che di esso può definirsi l’impostazione complessivae di evitare sbandamenti al di fuori del campo non solodel diritto positivo, ma anche di quello ben più ampio delcorrente costume professionale.Il direttore è sempre il punto di riferimento professionale eanche morale per i suoi redattori. E proprio per questo motivo,nonostante la sua sia un’attività caratterizzata dall’immediatezza,dalla corsa continua alla notizia (è insomma unacorsa col tempo), gli fanno capo una serie di doveri tra cui inprimo luogo quello di esercitare le prerogative di tale figurae, in particolare, quella della vigilanza, indispensabile pergarantire quella libertà di informazione e di critica che lalegge vuole assicurare come necessario fondamento di unalibera stampa.E che nel caso in esame il ricorrente abbia omesso il controllodel contenuto della pagina in oggetto (che ad avviso diquesto Consiglio Nazionale presenta indubbiamente unmessaggio pubblicitario come appresso si dirà) risultaevidente sia dalle dichiarazioni rilasciate dalla Vezzani e dallostesso ricorrente innanzi al Consiglio regionale lombardo siada quanto emerso in sede di audizione del sig. Occhipintiinnanzi a questo Consiglio Nazionale. “Si produce (doc. 5) ladichiarazione rilasciata dalla suddetta giornalista, la signoraCaterina Vezzani (omissis) da cui si desume in primo luogola completa autonomia della giornalista nei rapporti con ildirettore del periodico” si legge a pag.6 della delibera delConsiglio regionale.Ed ancora ha dichiarato Occhipinti a questo Consiglio Nazionale:“Aggiungo poi che, se anche in qualche caso un collaboratore,un responsabile di rubrica non interpretasse ...questo concetto rimane poi il problema dell’autonomia delprofessionista che cura questa rubrica. Nel momento in cuisi obietta che avrei dovuto intervenire, mi si dice che avreidovuto entrare nel merito delle scelte che sono state fatteliberamente da un collega ... Pensate se io dovessi fare unesercizio di questo genere ... nei confronti di tutti i giornalistiche fanno giornalismo di servizio”.Dunque lo stesso Occhipinti ammette la sua culpa in vigilando.E ciò trova conferma nelle dichiarazioni rese dalla Vezzaniinnanzi a questo Consiglio Nazionale laddove dice: “Ad uncerto punto ho cominciato a godere della fiducia <strong>dei</strong> mieidirettori e ho sempre avuto la responsabilità diretta del miosettore. ... tutti i testi sono fatti da me, anche quelli non firmatiperché la pagina è mia. Io due volte all’anno vedo Occhipintie gli comunico di cosa parlerò, indipendentemente poidal fatto se dovesse succedere qualcosa di particolare legatoall’attualità gli do un’idea di massima degli argomenti dicui parlerò ...” Viene dunque ribadito che il direttore la Vezzanisi vedono una o due volte l’anno: troppo poco. Sicuramentepoco serio - dal punto di vista professionale - questocontatto sporadico tra i due stante, appunto, il dovere di undirettore responsabile di controllare i contenuti del giornale (ilche necessariamente comporta un continuo, costanteORDINE 2 <strong>2000</strong>Secondo il prof. Giorgio Simonelli, della Scuola di Specializzazionein Analisi e Gestione della Comunicazione dell’UniversitàCattolica di Milano, “i Tg si stanno conformandosempre più con il calderone dello spettacolo. Si assomiglianotutti e per questo non soddisfano il pubblico. Ora non èpiù il colore politico della testata a selezionare i telespettatori,ma la confezione del telegiornale”.Studio aperto è il tg che manda in onda il maggior numero diimmagini autoprodotte, mentre Tg4 e Tg5, con un 37 % e un36 %, hanno un alto numero di scene da studio, a confermarela dilagante tendenza di quello che viene chiamato infotainment.La maggior parte delle immagini autoprodotte dalTg1, un 32,9 %, è dedicata alla cronaca, mentre il Tg2, oltrea impegnarsi molto nella cronaca con un 35,6 %, è quelladelle reti Rai che dedica la più alta percentuale di servizi autoprodotti(un 34,5 %), a cultura, spettacolo e sport. Sono alcuni<strong>dei</strong> dati emersi dalla ricerca sui tg condotta dal prof. GiorgioSimonelli, della Cattolica di Milano, e presentata oggi adAntennacinema. Complessivamente è stata registrata unascarsa capacità di autoproduzione delle immagini. Allapresentazione è intervenuto Sandro Petrone, del Tg2. “Latelevisione in Italia - ha commentato - è stata fatta prendendola gente dalle segreterie <strong>dei</strong> partiti o chiamando i colleghidella carta stampata. Nei tg alle immagini si incollano le parole,per esempio quando si mostra il politico che parla senzaaudio o la solita facciata del palazzo di giustizia. Ma l’informazionein tv non si fa così, ci sono regole e tecniche ben preciseda seguire, e sono quelle indicate nei manuali della BBC.In Italia non si programma nulla. Siamo l’unico Paese almondo dove si vede il giornalista con il telefono in mano chedice ‘Scusate, chiedo alla regia’”.(ANSA)contatto con i redattori/collaboratori e un concordare i contenuti<strong>dei</strong> pezzi).Occhipinti ha anche dichiarato, innanzi a questo ConsiglioNazionale, che a differenza di quanto accade su altre testatesulla rivista “Oggi” viene distinta la pubblicità con la locuzione“informazione pubblicitaria” oppure “pubblicità”. Invero,però, questo Consiglio Nazionale ha osservato che nellapagina in questione non è inserita alcuna delle diciture soprariportate, pur essendoci un messaggio pubblicitario celatodietro un messaggio giornalistico.E che di pubblicità si tratti è evidente. Si rinvia in proposito atutto quanto detto nella decisione relativa alla giornalistaCaterina Vezzani che di seguito si riporta:“Il Consiglio Nazionale ha innanzitutto valutato la paginaincriminata, la 116 del n. 41 dell’ 11 ottobre 1995 di “Oggi”,dove ha sede la rubrica “Bellezza” nell’ambito della parte piùampia del settimanale identificata dal titolo “Oggi in famiglia”che, comprendendo appunto la rubrica “Bellezza”, va da pag.112 a pag.133.“Apre” un pezzo generale di informazione su “I quattro segretidella perfetta igiene orale”, dove si spiega l’importanzadella igiene orale, e ciò che occorre per mantenerla: filo interdentale,collutorio, scovolino. Non si citano prodotti, case,ecc. La firma è della Vezzani e la foto mostra in primo pianoil volto di una fanciulla che si lava i denti. Tutto regolare, chiaroe trasparente.Spalla-colonnino dal titolo: “C’è anche il dentifricio alla propoli”,di 40 righe, dove si segnalano sei dentifrici di tipi, marche,case, componenti e prezzi diversi, a seconda delle esigenzee delle necessità. “Sono - spiega l’articolo - fra i dentifrici piùnuovi”. Niente di particolare e tutto pare ben chiaro: dovrebbetrattarsi di “giornalismo di servizio”, perché informa, inuna rubrica di “Bellezza”, quali sono “i più nuovi” dentifrici,alla propoli, al bicarbonato, allo zinco citrato antibatterico,quello per i più piccini e per chi ha problemi di gengive. Tale“pezzo”, infatti, l’Autorità Garante non lo ha proprio preso inconsiderazione sebbene anche in relazione ad esso non sipuò non notare che l’articolo considera solo alcuni fra i dentifricipiù nuovi e non i sei nuovi prodotti e che trattasi di unamera elencazione senza alcun raffronto oggettivo tra essi oalcuna indicazione delle ragioni dell’apprezzamento espresso,cosa che invece dovrebbe caratterizzare una correttainformazione di servizio.In basso a sinistra poi, a fondo pagina, vi è un tamburinocontornato da pallini, con 19 righe di scritto ed una foto chemostra tre spazzolini da denti a forma di ometti che stannoin piedi e due uguali tubetti di dentifricio Mentadent, uno <strong>dei</strong>quali posato orizzontalmente con la scritta ben evidente“Mentadent”.È lampante che in tal caso trattasi di pubblicità. L’ “articolo”che, a detta anche della ricorrente, avrebbe dovuto parlaredello “spazzolino che sta in piedi”, novità assoluta sul mercato,viene corredato da una foto che oltre allo spazzolino (lacui marca Mentadent viene bene evidenziata) mette in primopiano (attraverso il dentifricio che, per inciso, nulla avrebbedovuto avere a che fare con la “novità del prodotto”) la scrittaMentadent più dello stesso spazzolino. In pratica lo “spazzolinoche sta in piedi” è messo in secondo piano e in primopiano c’è il dentifricio Mentadent.Orbene, se una cosa di questo tipo non venisse consideratapubblicità allora davvero non si capirebbe cosa potrebbeessere pubblicità. È lampante, nel caso in esame, la pubblicità.La ricorrente si difende sostenendo che l’intento dell’articolo“per i più piccini” era quello di spiegare che è bene che unbambino si lavi i denti dopo aver mangiato una caramella eche sul mercato è stata introdotta una novità, uno spazzolinoche sta in piedi e che potrebbe indurre il bambino piùfacilmente a lavarsi i denti.Ma se tali erano gli scopi (e non quelli pubblicitari), vienespontaneo osservare: perché mettere in evidenza il dentifriciocon la scritta Mentadent? Perché citare tutta la lineaMentadent se obiettivo è divulgare solo la notizia di un nuovotipo di spazzolino? Perché non c’è traccia nell’articolo dellospazzolino che sta in piedi (visibile solo in foto)?La Vezzani sostiene di aver accertato che nessuna casaproduttrice, eccetto la Mentadent, aveva allora immesso sulmercato uno spazzolino davvero diverso. “Adesso ce nesono dieci, allora era il primo che offriva questa possibilità”ha dichiarato la ricorrente innanzi a questo Consiglio Nazionale.Ma allora perché scrivere nel box: “Poi, un bel giorno,regalategli il SUO spazzolino e il SUO dentifricio, per esempiodella linea Mentadent ... “ senza citare lo “spazzolino chesta in piedi” come la novità?“Per esempio”, si dice. Vuol dire allora che ne esistevano giàallora di altre case? E comunque, anche a voler considerarevera l’affermazione della Vezzani (cioè che la Mentadent eraallora l’unico produttore), a maggior ragione si dovrebbedesumere che non c’era bisogno di sottolineare la LineaMentadent per fare “informazione”: il lettore che avesse volutoprovare la novità avrebbe trovato sul mercato solo quellospazzolino.E comunque non si può non osservare che se l’intento fossestato quello di informazione si sarebbero potute illustrare lecaratteristiche dell’oggetto e pubblicare la fato senza indicazionedella marca Mentadent e a maggior ragione degli altriprodotti della medesima linea.E che la collega fosse consapevole di tutto ciò risulta palesein atti, atteso che la stessa ha personalmente fornito la fotografiache è lampante pubblicità. “La foto l’ho fornita io, percui sapevo benissimo che sarebbe comparsa” ha dichiaratola ricorrente anche innanzi a questo Consiglio Nazionale.La Vezzani ha altresì dichiarato che tutta l’intera pagina èstata fatta da lei, per cui ella ben conosceva il posizionamentodi quell’articolo “per i più piccini” corredato della relativafoto. E si sa, nell’ambiente giornalistico, che la pubblicità verava messa non in apertura delle pagine, ma si tende semprea metterla in basso. Il fatto, poi, che sia racchiusa tra pallini,sta a indicare al lettore che non fa parte del pezzo che c’èsopra, mentre la Vezzani ha sostenuto che trattasi di untutt’uno, di un completamento.Tutto ciò considerato e valutato pertanto il messaggio giornalisticoin realtà come messaggio pubblicitario, palese lascorrettezza deontologica della Vezzani, ben evidenziata dalConsiglio regionale lombardo.È noto che questo Consiglio Nazionale da tempo condannala commistione tra informazione e pubblicità ribadendo chela pubblicità deve essere chiara, palese, esplicita, riconoscibilee separata dall’informazione giornalistica. Questo perchéla lealtà verso il lettore impone che il lavoro giornalistico equello pubblicitario rimangano separati e inconfondibili.Tentativi di mescolanza diventano un inganno per il lettore evanno combattuti e respinti perché degenerativi della qualitàdell’informazione. Tali principi figurano ora anche nel contrattonazionale di lavoro giornalistico nonché nell’accordo stipulatotra l’AssAP, Aisscom, Assorel, Ferpi, FNSI, <strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><strong>Giornalisti</strong>, Otep e TP relativo alla “Informazione e pubblicità”che espressamente stabilisce che “le attività economiche,i beni (prodotti e servizi) e le opinioni di singoli enti egruppi possono essere soggetto di messaggio pubblicitario,di attività di relazioni pubbliche o di informazione giornalistica,senza alcuna limitazione o censura né reciproco condizionamento,nel solo rispetto delle leggi vigenti o delle normedi autodisciplina. Ma il ‘tipo’ di messaggio deve essere riconoscibilee la collocazione di messaggi di natura diversadeve essere distinta”.Ma soprattutto rilevante è quanto contenuto nella Carta <strong>dei</strong>Doveri del giornalista che nel capo relativo a “Informazione epubblicità” stabilisce che “I cittadini hanno il diritto di ricevereun’informazione corretta, sempre distinta dal messaggiopubblicitario e non lesiva degli interessi <strong>dei</strong> singoli. I messaggipubblicitari devono essere sempre e comunque distinguibilidai testi giornalistici attraverso chiare indicazioni. Il giornalistaè tenuto all’osservanza <strong>dei</strong> principi fissati dal Protocollod’intesa sulla trasparenza dell’informazione e dalContratto nazionale di lavoro giornalistico; deve semprerendere riconoscibile l’informazione pubblicitaria e devecomunque porre il pubblico in grado di riconoscere il lavorogiornalistico del messaggio promozionale”.Nel caso in esame, invece, si è di fronte ad una ipotesi di“pubblicità non trasparente” che viola la credibilità del giornalee lo stesso rapporto di fiducia con il lettore che devepresiedere la pubblicazione di ogni rivista ed in particolare diun settimanale così rilevante quale è “Oggi”.Nel caso in esame si è, in sostanza, in presenza di una situazioneche assume sicura rilevanza deontologica giacché siviene a ledere quel principio di lealtà nell’informazione cui,ex artt. 2 e 48 L. n.69/63, devono essere improntati i comportamentidel giornalista e ancor più del direttore”.P.Q.M.Il Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>, visto il fascicolodegli atti, udito il consigliere relatore, sentito l’interessatoassistito dall’avv. Paolina Testa in data 17.3.1999, a scrutiniosegreto decide di respingere il ricorso del sig. PaoloOcchipinti.Così deciso in Roma il 3.11.1999.Le decisioni del Consiglio nazionale, pronunziate sui ricorsiin materia di iscrizione nell’albo, negli elenchi o nel registro edi cancellazione, nonché in materia disciplinare ed elettorale“possono essere impugnate”, nel termine di 30 giorni dallanotifica, innanzi al tribunale del capoluogo del distretto in cuiha sede il Consiglio regionale o interregionale presso cui ilgiornalista è iscritto od ove l’elezione contestata si è svolta”... “Possono proporre reclamo all’Autorità giudiziaria sia l’interessatosia il procuratore della Repubblica e il procuratoregenerale competenti per territorio” (art.63 L.69/63).IL CONSIGLIERE SEGRETARIO IL PRESIDENTE(Gianni Ambrosino)(Mario Petrina)-----------------------Nella stessa seduta, il Consiglio nazionale ha confermato lasanzione dell’avvertimento anche nei riguardi di CaterinaVezzani.11


MOSTREMauro GalliganiI “tempidell’Est”Mauro Galligani,Tempi dell’Est,a cura di Laura Leonelli.Testi di Alberto Baini,Francesco Bigazzi,Toni Capuozzo,Laura Leonelli,Gualtiero Strano.In collaborazionecon Aem.Silvana Editoriale,pagine 312,lire 70.000.Mauro Galligani,Uno sguardo discreto.Storie di un reporter,a cura di Laura Leonelli.Edizioni Leonardo Arte,pagine 312,lire 120.000di Gino Banterla«Io sono prima giornalista, poi fotografo». Lapuntualizzazione di Mauro Galligani si fa piùevidente davanti ai suoi reportage fotograficiche raccontano i “tempi dell’Est”, ossia letrasformazioni politiche e sociali <strong>dei</strong> Paesi excomunisti negli ultimi due decenni. Questeimmagini, a volte struggenti, a volte drammatiche,“parlano” da sole, sia pure con l’inevitabilecarico di ambiguità proprio della fotografia.“Tempi dell’Est” è il titolo della mostra con laquale Galligani ha salutato, al palazzo delleStelline di Milano, il passaggio all’anno <strong>2000</strong>:un momento simbolico diventato occasionedi riflessione su grandi eventi storici chehanno sconvolto la geografia politica di uncontinente e, insieme, bilancio d’oltretrent’anni di giornalismo scanditi giorno pergiorno da migliaia di “clic” della macchinafotografica.Prima di Milano era stata Siena, sua cittànatale, a rendere omaggio a questo fotografodi razza «in lotta con l’età» (scherza così pernon rivelare la data di nascita), che esordìnel 1964 a “Il Giorno” come responsabile delsettore fotografico.Galligani usciva dalla scuola di cinematografiadi Roma e da un’esperienza all’agenziaItalia. Nel quotidiano milanese diretto da ItaloPietra trovò l’ambiente ideale per far valereprofessionalità e sensibilità, in sintonia con ilvicedirettore Angelo Rozzoni, che consideravala fotografia elemento fondamentale persvecchiare la polverosa formula <strong>dei</strong> quotidiani.«Una foto su due colonne non è una fotografia»,era solito dire Rozzoni.Dopo la felice stagione de “Il Giorno”, nel1970 Galligani passò alla Mondadori e dal1976 fece parte della mitica squadra fotograficadi “Epoca”, contribuendo al successo diun giornale che non ha avuto uguali nellastampa italiana. «Oggi purtroppo non esisteun settimanale analogo», lamenta ricordandoquell’esperienza durata due decenni. Di“Epoca” Galligani curò per un lungo periodol’immagine in qualità di picture editor.Sono gli anni durante i quali matura in lui l’interesseper l’est europeo, sull’onda di eventiche si sono succeduti a ritmo incalzante. Eaccanto alle immagini delle trasformazioni diquei Paesi, come in un grande affresco,compaiono le testimonianze degli avvenimentistorici e delle cronache di ogni giornoprovenienti dal resto d’Europa, dall’Africa,dal Medio Oriente e naturalmente dall’Italia.«Nei trent’anni di lavoro di Mauro Galliganigli Stati Uniti sono assenti», scrive LauraLeonelli, curatrice della mostra milanese edel volume che l’accompagna. «Nonostantegli appuntamenti della cronaca e lo spettacolodegli orizzonti aperti, il cuore e la mente,nella teoria <strong>dei</strong> sentimenti che animano legrandi immagini, sono altrove. Nel resto delmondo che in questo secolo si è disteso econtratto, portando con sé, sotto il nome diUnione delle Repubbliche socialiste sovietiche,e poi di ex Unione, il destino di milioni diuomini, in gruppo, soli, in fila, contro».Ed ecco le immagini di quel mondo tormentato:da Berlino prima e dopo il Muro allaCecoslovacchia 1989, dal dissolvimentodell’Urss alla disgregazione della Jugoslavia,dal dramma di Cernobyl all’Albania <strong>dei</strong> primianni Novanta. Fotografie in bianco e nero ea colori che raccontano la Storia vista attraversotante piccole storie, mettendo in uncerto senso sullo stesso piano i grandipersonaggi, siano essi positivi o negativi(Woityla, Gorbaciov, Walesa, Eltsin, Ceausescu,Milosevic e tanti altri) e le masse digiovani e anziani, di madri, bambini, soldati,protagonisti spesso inconsapevoli di eventideterminati dalle scelte <strong>dei</strong> potenti. È,potremmo dire, la democrazia della fotografia.L’uomo, sia esso il potente o l’anonimocittadino che vive ai margini della società,viene ritratto da Galligani con il suo caricosimbolico. E a volte nella sua immensa solitudine.Mosca 1980: un mosaico umano multicoloreanima lo stadio Lenin per l’apertura <strong>dei</strong> XXIIGiochi olimpici. Leningrado 1987: si canta esi balla per la festa della marina sventolandola bandiera con falce, martello e stella rossa;Ucraina 1999: orgoglio comunista a un radunodi nostalgici di Stalin; Berlino 1976: leimmagini del muro che ha diviso in due laGermania; Polonia 1979: festa di popolo peril primo ritorno a casa di Giovanni Paolo II.E ancora: Bucarest 1986: la rivoluzione cheportò alla fine della dittatura di Nicolae Ceausescu;Mosca 1999: diseredati e nuovi ricchi,le violente contraddizioni di un Paese chenon riesce a superare la crisi del dopocomunismo;Albania 1990-1992: ultime manifestazionidi regime e inizio del disastro economico;Jugoslavia 1980-1992: dai solenni funeralidi Tito alla tragedia di una «guerra senzamorale» nel cuore dell’Europa; Cecoslovacchia1989: il film della rivoluzione di velluto.Galligani accorre negli epicentri degli eventiarmato della macchina fotografica e di un’onestàintellettuale che impedisce ogni facilestrumentalizzazione di quanto viene documentatosulla pellicola, affrontando con nervisaldi i rischi del mestiere che talvolta drammaticamentesi presentano. Come quellocorso nel 1997 in Cecenia. «Ero appena arrivatoa Grozny», ricorda. «Stavo seguendouna manifestazione islamica per conto di“Panorama”. Alla fine della manifestazionefui rapito da un commando armato. Una verae propria operazione militare». Trascorserocinquanta terribili giorni di prigionia prima delrilascio.Lo sguardo dall’Est europeo si allarga ad altriorizzonti, per esempio al Vietnam a 13 annidalla fine della guerra con gli Stati Uniti. Oalla Cina anni 1975-1993: malinconichesequenze del passaggio dall’utopia maoistaallo stile di vita del mondo globale.L’obiettivo della macchina fotografica di Galliganiscandaglia con discrezione questomondo in fermento cogliendone particolari econtraddizioni, senza abbandonarsi acompiacimenti estetici e senza dare chiavi dilettura. Lo stile è asciutto, mai enfatico.«Faccio semplicemente fotografie che sonoracconto, non una ricerca estetica», spiegaGalligani. «Cerco di vedere l’avvenimentodietro le quinte e di utilizzare l’immaginecome momento di informazione e di riflessione».Sono i volti e i gesti a raccontare le storie equindi le tante verità con le quali il lettorespettatoreè indotto a confrontarsi. Con laconsapevolezza che la fotografia è sì documentoragionevolmente oggettivo, ma anche- come osservava Roland Barthes - «unaforma di allucinazione: falsa a livello dellapercezione, vera a livello del tempo».Budapest 1986Dito tesoe stella rossa.L’addio punk allacompostezzadel comunismo.Auschwitz 1979Karol Wojtylain preghieradavanti al murodelle fucilazioni.12 ORDINE 2 <strong>2000</strong>


Sebastopoli, Ucraina, 1999Orgoglio veterocomunistadi una fedelissima di Stalin.Bosnia 1992Il capo degli Hos,le milizie estremiste croate,piange la morte del fratello.“Trasformazionie contraddizioni<strong>dei</strong> Paesipost-comunistiraccontateda un grandefotogiornalista”Su Zhu 1975 e Pechino 1993Dalla divisa grigioverdeallo stile occidentale,dall’utopia maoistaalla globalizzazione.Bucarest 1989Dopo 25 anni di dittaturadi Nicolae Ceausescula rivoluzione ha vinto.ORDINE 2 <strong>2000</strong>13


PER I GIORNALISTI SCIENTIFICIBorse di studio Ugis eFondazione HarwardL’UGIS, Unione <strong>Giornalisti</strong> Italiani Scientifici,nell’ambito delle numerose iniziative per l’aggiornamentoprofessionale <strong>dei</strong> suoi soci,bandisce la terza edizione delle borse distudio “Ugo e Laura Bellometti” per giovanigiornalisti scientifici. Possono presentaredomanda, entro il 29 <strong>febbraio</strong> <strong>2000</strong>, tutti icolleghi professionisti, praticanti, pubblicisti eallievi della Scuola di Giornalismo che nonhanno superato i 35 anni d’età. Le borsedisponibili quest’anno sono 10 e hanno unvalore compreso fra 10 e 20 milioni di lireognuna.Copia del bando e della domanda di partecipazionepotranno essere richieste via Internetal sito: http://www.ugis.it. oppure allaSegreteria Tecnica UGIS - via Leopardi 26,20123 Milano - telefono 0248007356, fax0248195367.Fondata nel 1996 con lo scopo di promuoveree stimolare la divulgazione scientificaattraverso i media, l’UGIS ammette tra i socisoltanto i giornalisti professionisti o pubblicistiregolarmente iscritti all’<strong>Ordine</strong> che, nelloro ambito professionale, svolgono divulgazionescientifica e tecnica attraverso quotidiani,periodici, radio e televisione.Altro obiettivo dell’Unione è favorire, con unaserie di iniziative e incontri, l’aggiornamentoprofessionale <strong>dei</strong> soci e quindi una correttainformazione scientifica. In questo contestonascono le borse di studio, intitolate al socioBellometti, che con un generoso lascito haconsentito la realizzazione di questo progetto.“Correttezza dell’informazione e competenza<strong>dei</strong> divulgatori restano, anche nel contestodella globalizzazione della informazione,- afferma Paola De Paoli, presidente dell’U-GIS - il fondamento dell’operare del giornalismoscientifico che deve rispondere allecrescenti esigenze della società di conoscerevantaggi e rapporti costi/benefici <strong>dei</strong> qualiil progresso scientifico e tecnologico è portatore.Etica e diffusione <strong>dei</strong> progressi acquisiti sonoalla base della divulgazione scientifica chedeve soddisfare bisogni crescenti di sapereda parte della società, in particolare in vistadella nuova Società della informazione e inconsiderazione <strong>dei</strong> significativi traguardiraggiunti dalla ricerca scientifica e tecnologica”.Nella precedente edizione i vincitori delleborse di studio sono stati: Francesca Capellicon il progetto “Applicazioni delle biotecnologiealla medicina”, Chiara Palmerini con“Le news della scienza: meccanismi e logichedelle notizie scientifiche; Monica Rubinocon “La sindrome da eccesso di informazione”;Andrea MariaVico con “L’editoriascientifica multimediale”e GiuseppeGiulio Leocon “Inquinamentoambientale:nuove tecnologie,apparecchi e sistemidi prevenzione, controlloe repressione”.Altre due borse distudio riservate aigiovani giornalistiscientifici sono statebandite dalla GiovanniArmenise-HarwardFoundation di Bostoncon il patrocinio dell’U-GIS. Le borse sarannodestinate a giovanigiornalisti che lavorano in Italia, con unabuona conoscenza della lingua inglese e unaprecedente esperienza di preparazione siadi articoli scientifici sia di copertura di notizieriguardanti la ricerca di base.I giornalisti che lavorano presso gruppi editorialidovranno avere il permesso <strong>dei</strong> loroeditori di scrivere sull’argomento della ricercadi base in modo generico, non necessariamentesulla Harward Medical School. Ivincitori parteciperanno a un soggiornostudiodi due settimane presso l’HarwardMedical School di Boston, nel periodogiugno-luglio <strong>2000</strong>.I colleghi che intendono partecipare possonorichiedere il modulo, entro il primo marzo<strong>2000</strong>, al Comitato per la selezione Borsa diStudio Fondazione Giovanni Armenise-Harward e UGIS telefono 0226952104, fax0226926018, e-mail daveri@tin.it.I candidati dovranno inviare: la richiesta dipartecipazione con allegato il curriculum inlingua inglese; una pagina in cui spiegarecome questa borsa di studio potrebbe contribuireallo sviluppo professionale della lorocarriera e due articoli già pubblicati comeesempi rilevanti del loro lavoro, che dimostrinole proprie competenze nel comunicare lascienza al largo pubblico. Gli articoli devonoessere in lingua italiana.Le domande saranno giudicate da una giuriacomposta da esponenti dell’UGIS e dellaHarward Medical School e saranno inoltresottomesse all’approvazione del Comitato<strong>dei</strong> Garanti della Fondazione. I candidatisaranno avvisati della decisione della giuriaentro maggio <strong>2000</strong>.Ida SconzoRegolamento UGIS -borse di studio“Ugo e Laura Bellometti”Art. 1Il Consiglio Direttivo dell’Unione <strong>Giornalisti</strong>Italiani Scientifici, UGIS, in ottemperanza aipropri indirizzi programmatici e statutari ein esecuzione delle volontà testamentariedel socio ingegner Ugo Belletti, indice perl’anno <strong>2000</strong> un concorso per dieci borse distudio della durata di un anno destinato agiornalisti/e (professionisti, praticanti epubblicisti o allievi delle scuole di giornalismo)che intendano specializzarsi nelcampo della divulgazione scientifica.L’ammontare di ogni borsa, compreso fra10 e 20 milioni di lire e definito dal Consigliodirettivo - è inteso a copertura di ognispesa inerente l’utilizzazione della borsastessa. Trattandosi di redditi soggetti adIRPEF sulle somme erogate saranno effettuatele prescritte ritenute alla fonte.La borsa sarà corrisposta in due rate, laprima all’atto dell’assegnazione, la secondaalla fine del periodo previsto per il godimentodella stessa dietro presentazione di unarelazione sull’attività svolta, firmata dalborsista e vistata dal tutor sotto la cui direzionela borsa è stata utilizzata.Art. 2Le borse non sono cumulabili con altreborse di studio, né con assegni o sovvenzionidi analoga natura e la loro fruizione èincompatibile con la frequenza di corsi didottorato di ricerca universitari con o senzaassegni.Art. 3Possono partecipare al concorso i cittadiniitaliani e <strong>dei</strong> Paesi dell’Unione Europea chealla data di scadenza del presente bando:a) non abbiano superato il trentacinquesimoanno di età;b) siano residenti in Italia.Art. 4La domanda di ammissione al concorso,allegata al presente bando, deve esserecontrofirmata da un socio UGIS che si fagarante del/la candidato/a assumendo lafunzione di tutor. Deve essere inviata allasegreteria tecnica UGIS, via Leopardi 2620123 Milano, non oltre il sessantesimogiorno successivo alla pubblicazione delbando. Per pubblicazione s’intende lacomunicazione che ne sarà fatta ai socidell’UGIS.Il concorrente deve indicare con chiarezzae precisione:a) nome e cognome, luogo e data di nascita;b) residenza;c) codice fiscale;d) indirizzo dove desidera che siano fattepervenire le comunicazioni relative alconcorso, qualora sia diverso da quello delluogo di residenza, specificando il numerodi codice postale;e) il titolo di studio conseguito, data e luogodel conseguimento e votazione riportatanell’esame finale;f) lingue straniere delle quali abbia unaconoscenza tale da consentirgli di usufruireutilmente della borsa;g) testata giornalistica o Istituzione pressola quale intende svolgere l’attività di studioe di ricerca e nome del direttore della testatao del direttore dell’istituzione;h) titolo della ricerca e durata della borsa.Il/la candidato/a deve inoltre dichiarare nelladomanda, sotto la sua personale responsabilità:i) di essere in possesso della cittadinanzaitaliana o di quella di uno <strong>dei</strong> Paesi facentiparte dell’Unione Europea;l) di non aver riportato condanne.Alla domanda devono essere allegati iseguenti documenti:Assegnato il Premio “Giornalista del mese”Milano, 20 gennaio - Nella sede di Palazzo Visconti è stato assegnato il Premio “Giornalista del mese”. Nato 40 anni fa con il nome diPremiolino, questo ambito riconoscimento sponsorizzato da Parmalat, ha lo scopo di premiare un giornalista al mese che, secondo lagiuria composta da giornalisti, si è particolarmente distinto per l’originalità di articoli scritti, di servizi televisivi o per pregi professionali. IlPremio, che consiste in un assegno di tre milioni di lire e di un diploma con il tradizionale disegno di Riccardo Manzi, è stato attribuito nelcorso di questa edizione per i mesi da luglio a dicembre.Luglio 1999 Misna - Missionary Service News AgencyLà dove le grandi agenzie internazionali spesso non figurano, la Misna, formata appuntoda missionari, “copre” vasti settori del Sud del mondo portando su Internet voci, problemi,inquietudini di quei Paesi. Diventando così in soli due anni fonte preziosa per molti media.Agosto 1999 Marina Forti - Il ManifestoPer la rubrica “terra terra” del quotidiano “Il Manifesto” dove, alternandosi con altri colleghi,dà con continuità notizie di fonte ineccepibile sul degrado ambientale del nostropianeta, quasi sempre trascurate dagli altri giornali.Settembre 1999 Marina Ricci - Canale 5A Marina Ricci che segue da anni in tutto il mondo la missione di pace e di bontà diGiovanni Paolo II riferendo su Canale 5 con profonda competenza ecclesiale, semplicitàdi linguaggio e appassionata partecipazione umana.Ottobre 1999 L’Arena di Verona (Il Supplemento)Per l’inserto sulle nuove schiavitù pubblicato in ottobre: un panorama sullo sfruttamento<strong>dei</strong> più deboli con corrispondenze e servizi da vari Paesi. Uno sforzo editoriale che dimostral’impegno di uno storico quotidiano di provincia nel dosare una cronaca cittadinapuntuale con progetti ambiziosi e di alto profilo.Novembre 1999 Fabrizio Del Noce - Rai 1Per l’esemplare nettezza delle sue corrispondenze, accompagnata da una rara vivacità digiudizio. In particolare per i servizi, carichi di umana partecipazione, sul dramma di TimorEst.Dicembre 1999 RadiopopolareIl 12 dicembre ’99, trent’anni dopo la tragica giornata di piazza Fontana, la storica emittentemilanese ha voluto riproporre, in un’originale formula, il clima di quel giorno celebrandocosì, con un taglio giornalistico particolarissimo, quella terribile giornata che èancora viva nella coscienza degli italiani.14 ORDINE 2 <strong>2000</strong>


PER I GIORNALISTI ISCRITTI ALL’ORDINE1) certificato di studio in carta libera;2) autocertificazione di residenza in Italia;3) almeno un lavoro pubblicato o dattiloscrittoal quale l’aspirante può aggiungerequalsiasi altro titolo che ritenga utile presentare;4) esplicita dichiarazione, in originale, deldirettore della testata o dell’istituzione di cuialla lettera g) del presente articolo, dallaquale risulti l’accettazione del/la candidato/ae l’indicazione dell’anno cui questo siriferisce;5) programma particolareggiato di studioe/o di ricerca che il/la candidato/a intendesvolgere;6) curriculum vitae dettagliato.Art. 5Le domande saranno esaminate da unComitato nominato dal Presidente dell’U-GIS. I/le candidati/e potranno essere chiamatia sostenere un colloquio con preavvisodi almeno 15 giorni.Ai fini del giudizio di merito il Comitato terràconto del curriculum vitae, del programmadi studio e/o di ricerca presentato, del risultatodell’eventuale colloquio, valutando sial’attitudine del/la candidato/a a svolgere l’attivitàdi divulgazione scientifica, sia lapreparazione nel campo specifico delprogetto/ricerca proposto.Art. 6Al termine <strong>dei</strong> lavori il Comitato presenteràal Consiglio Direttivo dell’UGIS, che decideràinappellabilmente l’attribuzione delleborse, una relazione contenente il giudiziosu ciascun concorrente e la graduatoria<strong>dei</strong>/delle candidati/e giudicati meritevolidelle borse.I risultati saranno comunicati agli/alle interessati/ee ai soci UGIS presentatori del/lacandidato/a.Art. 7Gli assegnatari delle borse sono tenuti ainviare una dichiarazione di accettazionesenza riserve della borsa entro 15 giornidalla data di ricezione della comunicazione.Nel caso in cui gli assegnatari intendesserorinunciare dovranno darne comunicazionescritta entro il termine sopra indicato.Gli assegnatari che nel terminestabilito non ottemperino a quanto richiestosaranno dichiarati decaduti.L’UGIS non assume alcuna responsabilitàin caso di eventuale dispersione di comunicazionidipendente da inesatta o non chiaratrascrizione <strong>dei</strong> dati anagrafici e del recapitoda parte <strong>dei</strong> concorrenti, o da mancataoppure tardiva comunicazione del cambiamentodell’indirizzo indicato nella domanda,né per eventuali disguidi postali.Art. 8Lo/la assegnatario/a, che dopo aver iniziatol’attività di ricerca in programma non laprosegue o che si renda responsabile digravi mancanze, decade dall’ulteriore utilizzazionedella borsa ed è tenuto alla restituzioneimmediata delle somme percepite.Art. 9Entro i due mesi successivi alla scadenzadella borsa, lo/la assegnatario/a dovràtrasmettere all’UGIS una esaustiva relazionesul lavoro svolto e un elaborato in formadi articolo giornalistico della lunghezzamassima di due cartelle (600 parole circa).Sia la relazione sia l’articolo dovrannoessere corredati da una dichiarazione deltutor con una propria valutazione. Relazionee articolo potranno essere pubblicati odiffusi dall’UGIS senza alcun compensoall’autore.Art. 10Ai sensi dell’art. 10, 1 comma, della legge31 dicembre 1996 n.675, i dati personaliforniti dai/dalle candidati/e saranno raccoltidall’UGIS per le finalità di gestione delconcorso e <strong>dei</strong> rapporti conseguenti alconcorso stesso.Il conferimento di tali dati è obbligatorio aifini della valutazione <strong>dei</strong> requisiti di partecipazione,pena l’esclusione dal concorso.L’interessato gode <strong>dei</strong> diritti di cui all’art. 13della citata legge, tra i quali figura quello diaccesso ai dati che lo riguardano, nonchéalcuni diritti complementari tra cui il diritto direttificare, di aggiornare, di completare o dicancellare i dati erronei, incompleti, oraccolti in termini non conformi alla legge,nonché il diritto di opporsi al loro trattamento,per motivi legittimi.Tali diritti potranno essere fatti valere neiconfronti dell’UGIS.“Neuroscienze <strong>2000</strong>”Premio Arin-Onlusdi Ida Sconzo“Neuroscienze <strong>2000</strong>” è un nuovo Premio giornalisticoistituito da ARIN Onlus (Associazioneper la Promozione delle Ricerche Neurologiche)riservato ai giornalisti professionistiiscritti all’<strong>Ordine</strong>. L’ARIN è un Ente Morale diDiritto Privato, iscritto al Registro delle Onlus,fondato nel 1979. Diretto da professionisti eimprenditori, che prestano la loro opera a titoloesclusivamente volontaristico, promuove daoltre vent’anni la ricerca nel settore delleneuroscienze presso Istituti italiani e stranieri,prestando particolare attenzione ai giovaniricercatori. L’ARIN opera in campo nazionalee internazionale per la raccolta di finanziamentidestinati alla ricerca e agli studi sullemalattie neurologiche, rappresentando unpunto d’incontro tra la scienza e il mondo delmanagement e dell’economia.“Il Premio giornalistico ‘Neuroscienze <strong>2000</strong>’-spiega il presidente di ARIN, GiuseppeBarranco - nasce dal fatto che la nostra associazioneè particolarmente sensibile al ruolodell’informazione e della comunicazionepoiché la comunicazione, attraverso i media,rappresenta il primo importante elemento ditrasmissione delle notizie sulla ricerca. Proprioper questo intendiamo avvicinarsi al mondodell’informazione e ai giornalisti scientifici checon il loro lavoro fanno conoscere al grandepubblico non soltanto i risultati delle ricerche,ma anche gli sforzi e i sacrifici che i ricercatoriitaliani affrontano nell’interesse della comunità.La ricerca sta svolgendo un lavoro importante,anche nel campo delle neuroscienze, per lasalute della nostra generazione e di quellefuture. Il Premio - conclude Barranco - vuoleincentivare e promuovere la comunicazionescientifica attraverso un rapporto sempre piùdiretto con i giornalisti che collaborano alladivulgazione delle complesse tematicheconnesse alla prevenzione e allo studio dellemalattie neurologiche”.ARIN Onlus, tra le numerose iniziative intrapresenella lotta contro le malattie neurologiche,ha istituito “La valigia dell’intelletto” borsadi studio che ha lo scopo di sostenere i medicipiù meritevoli impegnati nella ricerca.Ha inoltre sviluppato ricerche presso l’IstitutoCarlo Besta di Milano, la Columbia Universitydi New York, l’ICRR San Raffaele di Milano el’Università degli Studi di Milano. Il suo Comitatoscientifico è composto da alcuni tra i massimiesponenti delle neuroscienze italiane.Modalità di partecipazione a “Neuroscienze <strong>2000</strong>”Il Premio, che consiste in un riconoscimento in denaro di cinque milioni di lire, è riservatoagli autori di articoli o servizi televisivi pubblicati o trasmessi su quotidiani, periodici, emittentiradiotelevisive di taglio informativo e divulgativo sulle tematiche della prevenzione edelle ricerche in neuroscienze effettuate in Italia.Possono concorrere tutti i giornalisti professionisti regolarmente iscritti all’<strong>Ordine</strong> Professionale.Tutti gli articoli e gli elaborati radiotelevisivi pubblicati tra il 1° gennaio e il 30 novembre<strong>2000</strong>, dovranno pervenire in tre copie alla Segreteria del Premio presso il Direttore IFGvia F. Filzi 17, 20124 Milano, entro e non oltre il 30 dicembre <strong>2000</strong>.I giornalisti concorrenti dovranno inoltre precisare:- nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico, numero del tesserino rilasciato dall’<strong>Ordine</strong>e codice fiscale;- elenco del materiale inviato:- il materiale televisivo dovrà pervenire su cassetta VHS e quello radiofonico su audiocassetta.Tutto il materiale pervenuto non sarà restituito.Le decisioni della Giuria sono insindacabili e, per la loro validità è necessaria una maggioranzadi almeno due terzi <strong>dei</strong> componenti presenti.La consegna del Premio al vincitore avverrà nel luogo e nella data che saranno tempestivamenteresi noti dalla Segreteria del Premio.La Giuria può - in presenza di peculiari elaborati - acquisire d’ufficio i testi o i servizi diautori non concorrenti. In via eccezionale la Giuria potrà eventualmente decidere di ripartireil Premio ex aequo. Presidente del Premio è il dottor Rodolfo Pizzi, presidente onorarioe fondatore di ARIN. La Giuria sarà presieduta dal dottor Franco Abruzzo (Presidentedell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> lombardi) e composta da:- Dottor Mario Nola, vice Presidente ARIN Onlus;- Prof. Cesare Fieschi, Direttore della 1 a cattedra di Clinica Neurologica Università LaSapienza di Roma e Presidente del Comitato Scientifico ARIN;- Dottoressa Gabriella Ballestra Robiglio, industriale;- Dottor Vittorio Mangili, giornalista.Borsa di studio “Carlo Villa” per allievi IfgLa Società Concorde Europea Audit (revisori <strong>dei</strong> conti e consulenti)ha indetto un bando di concorso, riservato agli allievi del XII biennioIfg, per l’assegnazione di una borsa di studio dell’importo di diecimilioni di lire (al lordo di ritenute fiscali) intitolata alla memoria deldottor Carlo Villa, che fino al giorno della sua scomparsa (26 aprile1998) ne è stato Direttore Generale.Carlo Villa fu assunto dalla Società, con la qualifica di revisore, nel1972. Pochi anni dopo fu nominato responsabile del settore revisione.Dal 1980 diresse anche il settore auditing. A giugno dello stessoanno diventò Audit Manager della Concorde Europea Audit, gestendoil controllo presso gli stabilimenti siderurgici italiani. Carlo Villa,negli ultimi vent’anni di attività, era responsabile della revisione dellatiratura e diffusione di quotidiani e periodici ai fini ADS.Professionista dotato di grande cultura e sensibilità, Carlo Villa hacostantemente sviluppato la sua opera professionale nell’ambitodelle aziende editoriali.Per ricordarne la figura, nel campo in cui si era maggiormente impegnato,la Società ha ritenuto opportuno offrire un contributo allaformazione professionale <strong>dei</strong> giornalisti.Modalità di partecipazioneGli allievi dell’Ifg che intendono partecipare al concorso per l’assegnazione della borsa distudio devono documentare l’effettivo bisogno economico con la presentazione della dichiarazione<strong>dei</strong> redditi, propria o famigliare, relativa all’anno 1998.A questa dovranno allegare un certificato di stato di famiglia e una dichiarazione autografa,nella quale dovranno riassumere gli elementi essenziali della propria situazione economica,autorizzando quindi l’Ifg a farne prendere visione all’apposita commissione.Gli organizzatori garantiscono la massima tutela della privacy, in armonia con le leggivigenti.Potranno partecipare all’assegnazione della borsa di studio gli allievi che non superano laseguente soglia massima di reddito:- L. 30.000.000 (trenta milioni) annui lordi in caso di reddito personale- L. 100.000.000 (cento milioni) annui lordi in caso di reddito familiareI candidati che rientrano in queste fasce saranno quindi ammessi al concorso che consistenell’elaborazione di un testo, svolto su un tema libero di carattere economico-societariofiscale,che non dovrà superare le 3/4 cartelle (60 battute per ogni riga per un massimo di5.400/7.200 caratteri).I lavori dovranno essere presentati alla direzione dell’Ifg entro il 10 aprile <strong>2000</strong>, in bustachiusa, con la relativa documentazione. La scelta del vincitore sarà effettuata, con giudizioinsindacabile, da una Commissione così composta:- Franco Abruzzo, Presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> lombardi;- Bruno Ambrosio, Presidente dell’Afg;- Gigi Speroni Direttore Ifg;- Giuseppe Barranco, Presidente Società Concorde Europea Audit;- Maria Cristina Villa.Nella scelta del vincitore la Commissione si atterrà unicamente al criterio della professionalitàgiornalistica, essendo già stato valutato, in fase di ammissione al concorso, l’aspettoeconomico.L’assegnazione della borsa di studio avverrà il 14 giugno <strong>2000</strong> alle ore 17, al Circolo dellaStampa, Sala degli Arazzi. Il lavoro scelto per la premiazione sarà pubblicato su “<strong>Ordine</strong>Tabloid” e, tradotto in inglese, sui siti Internet della Concorde Europea Audit e dell’Ifg.(I.S.)ORDINE 2 <strong>2000</strong>15


Ne “La stecca del coro” documentate tutte le tappe di quella vittoriosa battagliaLa raccolta degli editoriali ci fa rivivere avvenimentiche nel ventennio 1974-1994 ebbero un’importanzadeterminante e comunque una grande risonanzain Italia e all’estero. “Di queste chiose - ha scritto Montanellinel decidere la pubblicazione del volume -non ce n’è una di cui debba pentirmi”. Ma c’è una steccanella “stecca”: il troppo remissivo abbandono del “Giornale”da parte del suo fondatore, il 12 gennaio 1994.Montanelli col suo “Giornale”la faziosità dominante negli adi Hermes Gagliardi“La stecca nel coro” (Rizzoli 1999, p. 535, L.36.000) è la raccolta degli editoriali piùimportanti di Indro Montanelli apparsi invent’anni sul “Giornale”. Il sottotitolo è: 1974-1994 una battaglia contro il mio tempo”.Nella prefazione (presentata nel volumecome “Poscritto”) Montanelli scrive che gliepisodi decisivi della sua “avventura” deglianni settanta e ottanta “in questa raccolta cisono tutti, chiosati. E di queste chiose hol’immodestia di dire che non ce n’è una di cuidebba pentirmi”. E precisa che si è trattatodell’avventura più bella di tutta la sua lungacarriera di giornalista, di una battaglia chetuttora non sa se è stata vinta o persa.Affermazione quest’ultima che non può nondestare stupore. In linea generale la battagliaè stata sicuramente vinta: basta pensareal crollo del comunismo e del muro di Berlino,alle regole che ispirano e disciplinanol’Unione Europea e, più terra terra, alledichiarazioni fatte dal segretario WalterVeltroni al recente congresso ds di Torino.Diversa è la conclusione se ci si riferisceall’avventura personale di Montanelli - e lovedremo nell’esaminare l’ultimo editoriale del12 gennaio 1994 -; qui c’è stata da parte deldirettore e fondatore del “Giornale” una resaingiustificata.Per “La stecca nel coro” non ci pare valga lapena di aggiungere nel complesso altreriflessioni. Dei vari scritti in essa ripresi nericorderemo diversi, per il tema trattato o perla chiosa di Montanelli. Senza dubbio un’analisipiù precisa richiederebbe anche laricerca degli editoriali che non sono statiraccolti nel volume. Erano davvero i menointeressanti? Non ci giureremmo. Uno diquelli pubblicati, dal titolo “Uomini e no”, del14 ottobre 1985, si riferisce al sequestrodella nave Achille Lauro da parte di quattroterroristi palestinesi e all’assassinio delpasseggero americano Leon Klinghoffer,nonché all’intercettazione di un aereo di linea(a bordo del quale si trovavano i dirottatori eil loro capo Abu Abbas) da parte di cacciastatunitensi che lo costrinsero ad atterrare aSigonella (Siracusa). Dopo di che si ebberola richiesta di consegna <strong>dei</strong> terroristi da partedel presidente Reagan e il sostanziale rifiutodell’allora presidente del consiglio Craxi, checon un espediente consentì ad Abu Abbas eai suoi uomini di lasciare l’Italia. Allo stessoargomento Montanelli aveva dedicato almenoun altro articolo, in cui parlava di Craxi - aproposito di quella circostanza - come di unmagliaro e di un protervo. E questo articoloera più concreto e meritevole di inserimentonel volume di quanto non fosse quello pubblicato.Così nacque “il Giornale”:una rivolta e una sfidaDegli editoriali pubblicati merita di esseresegnalato già il primo, che è del 25 giugno1974 e inizia con le parole: “Questo quotidianonasce da una rivolta e da una sfida. Larivolta è contro uno stato di fatto che esponei giornalisti a ogni sorta di condizionamentipadronali e corporativi. La sfida è alla ineluttabilitàdi questa situazione”. In America, aRichard Nixon, travolto dallo scandalo Watergate,succede Gerald Ford, suo “vice”.Montanelli scrive, il 10 agosto: “Non crediamoche, quanto a manipolazioni elettorali,Roosevelt sia stato meno disinvolto di Nixon.Ma le costellava di versetti biblici, e quandolo sorprendevano con la carta falsa nel polsino,protestava ch’era stato Dio a infilarcela,come Disraeli diceva di Gladstone. E nondimentichiamo un piccolo particolare: checon tutta la sua Bibbia, la diplomazia diRoosevelt si concluse a Yalta”. (Questo, dettocon riferimento alla diplomazia di Nixon cheinvece aveva ottenuto risultati molto positivisia nel Vietnam, sia con Mosca, sia nelMedio Oriente).“L’eretico al rogo” è il titolo con cui “il Giornale”prende posizione, il 19 luglio 1975 , controil linciaggio politico che l’“intellighenzia” disinistra cerca di porre in atto contro lo storicoRenzo De Felice, accusato di “revisionismo”.Le violente repressioni a Budapest e Praga.“Vent’anni fa - scrive Montanelli il 23 ottobre1976 - scoppiava la rivolta ungherese, e cisembra giusto ricordarla anche a scopo diriparazione. Sebbene infinitamente più drammatichee sanguinose, le giornate di Budapestsono rimaste nella memoria della gentemeno a lungo di quelle di Praga, nelle qualis’incarna il sorpruso imperiale sovietico;sebbene vivo, Dubcek fa più vittima del fucilatoNagy”. (Forse però sarebbe valsa lapena di ricordare che la rivolta unghereseaveva avuto contraccolpi fra i comunisti italiani,di cui diversi lasciarono il partito o divenneromolto tiepidi mentre gli altri - la maggioranza- furono definiti i “carristi”, i sostenitoria oltranza <strong>dei</strong> carri armati sovietici).Per molti anni i colleghi che facevano “il Giornale”furono definiti fascisti dalla sinistra e ilsabotaggio del loro quotidiano si manifestavain molti modi diversi, non esclusa in diversicasi l’intimidazione <strong>dei</strong> suoi lettori. Quandonell’aprile 1977 Montanelli fu invitato daMaurio Costanzo a “Bontà loro”, “la Repubblica”di Eugenio Scalfari chiese minacciosamentealla Rai come mai ciò avesse potutoIl primo numero de “il Giornale” di Montanelli del 26 giugno 1974avvenire. L’editoriale osserva che uno stranieroavrebbe potuto chiedersi: “Ma chi èquesto Montanelli? È un criminale di guerra?Un rapinatore? Un mostro di Dusseldorf?Andate un po’ a spiegargli, a questo straniero,che Montanelli è soltanto un giornalista ilquale ha il torto di dire delle cose chedispiacciono ai tenori della sinistra libertaria,progressista, delatrice e censoria”.Appena uscitodalla sala operatoriaIl 3 giugno 1977 l’editoriale è eccezionalmentebreve. Montanelli lo ha dettato appenauscito dalla sala operatoria dopo che dueterroristi della colonna Alasia delle Brigaterosse lo avevano ferito (il fatto è avvenuto il2) in via Manin. “Se questi aggressori credonodi tappare la bocca al “Giornale” sisbagliano proprio di grosso perché, anchese mi facessero fuori, rimane “il Giornale”.Non c’è uno del “Giornale” che si arrende aquesta tattica... Che cerchino di eliminarmiperché sono un avversario, questo lo possoanche capire; ma perché - a quanto mi riferiscono- hanno detto che io sono un servodelle multinazionali, allora questo sta a dimostrarela confusione di idee di questi poverettiche, evidentemente, non sanno che cosasono le multinazionali”.17 marzo 1978. Il giorno prima in via Faniviene sequestrato dalle Brigate rosse il presidentedella Dc, Aldo Moro e vengonomassacrati i cinque uomini della scorta. “Perquanto grande sia il livello del personaggio -16 ORDINE 2 <strong>2000</strong>


(dal “Corriere della Sera” del 29 novembre 1999)” sbaragliòanni ’70I quotidiani diventerannocome le posate d’argentoCaro Montanelli,ormai siamo sommersi dalle informazioni: i servizigiornalistici delle Tv trasmettono le notizie in direttae le pagine <strong>dei</strong> maggiori quotidiani sono consultabilivia computer senza dovere uscire dalla propria abitazione.Vorrei sapere cosa pensa lei circa il futuro delgiornale di carta stampata, strozzato com’è tra la televisionee la sua filiazione informatica in rete. Sopravviverà?Io mi auguro di sì. E lei?Marco Maddalo, marco.maddalo@usa.net------------------------------------------------------------------------Caro Maddalo,la sua seconda domanda è retorica, nel senso che leiconosce la risposta (è ovvio ch’io mi auguri la sopravvivenza<strong>dei</strong> giornali di carta: sono stati, e sono, la mia vita).Alla prima domanda - quella sul futuro - i giornalisti devonoinvece rispondere, e in fretta: ne va della sopravvivenzaprofessionale.Penso soprattutto ai giovani. Alla “stanza” arrivano un’infinitàdi lettere che raccontano di collaborazioni malpagate,di piccole umiliazioni, di inseguimenti a posti che nonci sono. Molti di questi ragazzi mostrano un’incoscienzasuperiore a quella, naturale, dell’età. È per loro che tentouna previsione, un genere che di solito non amo frequentare.Sopravviveranno i giornali di carta? Penso di sì. Il quotidianotradizionale è un’invenzione a suo modo perfetta:si piega, si trasporta, si legge, si butta. Non credo saràfacile inventare uno schermo con le stessecaratteristiche, e gli stessi costi. I quotidianicome li conosciamo diventeranno però l’abitudine di unaminoranza, ancora più ristretta di quella attuale. Il motivo?La concorrenza, sostanzialmente. Sessant’anni fa,quand’ero inviato speciale, l’Italia aspettava i miei articoli,per sapere cosa stava accadendo in Finlandia. Oggi qualsiasiavvenimento è “coperto”, come si dice in gergo, datelevisione, radio, quotidiani nazionali e locali, agenzie,settimanali, mensili, Internet e quant’altro.Questo bombardamento di informazioni equivale, spesso,a nessuna informazione.Sono sicuro che se chiedessimo a lettori e telespettatoricosa ricordano del recente vertice di Firenze, risponderebbero:la signora Blair aspetta un altro figlio, eppurenon è più tanto giovane.Vuole sapere se sono amareggiato? No, rassegnato. Iquotidiani, ho l’impressione, diventeranno un segno didistinzione come i libri, i congiuntivi e le posate d’argento.Verranno molto copiati, molto citati e letti poco. Alcuneinformazioni specilizzate arriveranno via internet, se hocapito cos’è. La massa guarderà un televisore, giocheràcon un computer, infilerà una cassetta nel videoregistratore.Non mi stupirei perciò se l’offerta di questi media,sempre in caccia <strong>dei</strong> grandi numeri, scendesse ancora dilivello. Guardi quello che sta accadendo in televisione. Iprogrammi di successo sono, di solito, i più beceri. Iprodotti dignitosi piacciono a pochi. Proprio come i giornali,ammesso (e non concesso) che si facciano bene.Perché se si fanno male, non avremo nemmeno quelpremio di consolazione.scrive Montanelli - per quanto grande ilrispetto che nutriamo per lui, nemmeno lasua testa vale la capitolazione dello Stato...Lo Stato italiano non può chiedere fermezzaai cittadini, se non ne dà esso stesso l’esempio.Spietatamente, quando occorre. E inquesto caso occorre”.Il 19 aprile, dopo che è stato diffuso uncomunicato delle Br che annuncia falsamentel’avvenuta uccisione di Moro (che saràcompiuta il 9 maggio), l’editoriale dice:“Lasciamo volentieri ai padri Turoldo... l’ambiguoprivilegio di vedere anche in questiepisodi un inizio di redenzione dal delitto euna sollecitazione all’intesa con chi lo hacommesso. Noi preferiamo attenerci al piùterreste consiglio di Leonardo: ‘Chi non punisceil male, comanda che si faccia’”.Dobbiamo ricredercisulla pena di morte?Dimissioni del presidente della RepubblicaGiovanni Leone. Il 16 giugno Montanelliosserva: “Quando le prime ombre dell’affareLockheed cominciarono a lambire la figuradel capo dello Stato, questo giornale fu ilprimo a prospettare l’opportunità delle suedimissioni”. La premessa all’editoriale (ognieditoriale della raccolta ha una premessache illustra le situazioni a cui si riferiscono lechiose di Montanelli: si tratta di note introduttivescritte per il volume “La stecca del coro”dal collega Eugenio Melani) riferisce cheLeone negò ogni sua responsabilità e chesuccessivamente i fatti gli dettero ragione.Per la strage alla stazione di Bologna,Montanelli si sente indotto a dire, il 3 agosto1980: “Dobbiamo rassegnarci a ritrattare unprincipio per il quale ci siamo sempre battuti:il rifiuto della pena di morte... Questi nonsono uomini. Sono belve. E come belvevanno trattati. Di qualunque colore siano”.Il 12 giugno 1984 “Il carissimo nemico”. Ilsegretario del Pci Enrico Berlinguer muoreper una emorragia cerebrale che lo avevacolpito tre giorni prima durante un comizio aPadova. “Se è vero - come è vero - che unbuon nemico è ancora più prezioso di unbuon amico, dovremo piangere e rimpiangereEnrico Berlinguer: un nemico come lui, suquella sponda, non lo troveremo più”.Strage allo stadio Heysel di Bruxelles durantela finale della Coppa <strong>dei</strong> campioni fraJuventus e Liverpool. Quaranta morti, <strong>dei</strong>quali 31 italiani. Due giorni dopo, il 31maggio 1985: “Avremmo preferito che igiocatori della Juve esultassero meno vistosamenteper la loro vittoria tappezzata dimorti (ma poi ci hanno spiegato che ignoravanol’entità della strage). L’unica umiliazionece l’hanno procurata le manifestazioni digiubilo che si sono svolte con clackson efischietti nelle nostre città, dove si sapevatutto”.11 dicembre 1987. “Del permesso accordatoa Maria Josè di rientrare in Italia, stupisceuna cosa sola: che glielo abbiano concessocosì tardi... Moglie negletta e madre negligente,aveva però altissimo il concetto dellasua professionalità di regina, e lo conservòanche quando ebbe perso ogni speranza -semmai l’aveva nutrita - di diventarlo... Non èvero, come qualcuno ha detto, che il 2giugno votò per la repubblica. Votò per lamonarchia per lealtà verso l’istituzione, masenza illusioni”.Parole in difesadi Palmiro Togliatti“Tutto pensavo che potesse capitarmi -queste parole sono del 3 marzo 1988 - fuorchédi essere tentato un giorno di spenderequalche parola in difesa di Togliatti... Era unmostro di cinismo. Ma se non lo fosse stato,non sarebbe sopravvissuto agli anni di piombodell’Hotel Lux e il partito comunista italianoavrebbe perso l’unico capo in grado didargli una guida e una ‘linea’”. L’editorialesottolinea più volte che Togliatti avrebbepotuto più di una volta far precipitare l’Italianel caos. Rileggere certe riflessioni di Montanelli,a tanti anni di distanza, suggerisceinterpretazioni della storia che a suo temposarebbero state inimmaginabili. Se Togliattiavesse preso le redini del potere in Italiafinché era vivo Stalin, verosimilmente il dittatoresovietico avrebbe cercato di costringerloa una obbedienza che avrebbe avuto conseguenzefuneste per tutto il popolo italiano.Anche Nilde Jotti in diverse occasioni fececapire la stessa cosa. Togliatti non volle fareil proconsole di Stalin in Italia, benché al suosbarco a Salerno a fine guerra probabilmenteistruzioni per la moderazione gliele avessedate lo stesso tiranno moscovita. (Qualchegiorno prima di questo editoriale, si badibene, Montanelli ne aveva scritto un altro checommentava il libro di Renato Mieli, “Togliatti1937”, in cui sono documentate in manierainequivocabile le responsabilità del segretariodel Pci nello sterminio <strong>dei</strong> capi del partitocomunista polacco, compreso il fondatore diesso Warski).Muore Egisto Corradi, un grande inviatospeciale, anzi un maestro, com’è scritto indata 26 maggio 1990. “Sui fatti di guerra, enon soltanto di guerra, cui aveva partecipato,Corradi era la corte di cassazione: losapevano e lo riconoscevano tutti i giornalistidi tutto il mondo. Tutti, meno Corradi. La suaumiltà superava anche la bravura...”.“Chi ha tradito Craxi” è il titolo dell’editorialedel 5 <strong>febbraio</strong> 1993. Dopo la condanna adalcuni anni di carcere, il segretario del Psi siaccinge a ritirarsi ad Hammamet. Il commentodi Montanelli sembra scritto ieri. “Di tutti inemici di Craxi, il più traditore e rovinoso perlui è stato Bettino”.Un mezzobustochiese le mie dimissioni8 gennaio 1994. Montanelli parla delleelezioni che si terranno a marzo. “Forsedilungandomi ho deluso molti lettori, cheprobabilmente si aspettavano da me unareplica alle stravaganze di un mezzobustodella tv, che ha chiesto le mie dimissioni dal“Giornale” in nome non si sa bene di che, nédi chi. Mi dispiace. Ma il disprezzo - dicevaChateaubriand - va usato con parsimonia inun mondo così pieno di bisognosi”.E siamo arrivati al 12 gennaio. Sotto il titolo“‘Giornale’ addio!” Montanelli scrive: “Questoè l’ultimo articolo che compare a mia firmasul giornale da me fondato e diretto... Sentodi dovere una spiegazione ai lettori coi qualimi ero impegnato a restare al mio posto‘finché morte sopravvenga’... Sia chiara unacosa: nessuno mi ha scacciato. Sono io chemi ritiro...”. Dopo di che descrive i rapportiche ci sono stati con Silvio Berlusconi. “ Manon posso sorvolare sull’ultima e più graveprovocazione: la promessa alla redazione,alla mia redazione, di cospicui benefici se sifosse adeguata ai suoi gusti e desideri...”.Ora, questa promessa di Berlusconi allaredazione era la dimostrazione lampanteche l’editore era Silvio e non Paolo Berlusconi,al quale “il Giornale” era stato “ufficialmente”girato in base a un preciso obbligo dilegge. Montanelli non aveva nessun obbligodi andarsene. E doveva anzi non esporre igiornalisti che lo seguirono a “la Voce” alrischio di trovarsi disoccupati. La promessadi restare al suo posto “finché morte sopravvenga”doveva essere mantenuta con benaltra determinazione. Se è vero - come hascritto il 18 gennaio scorso sul “Corriere dellaSera” ( e come aveva già in parte scritto nellibro “La mia Voce) - che l’avvocato GianniAgnelli gli aveva offerto la direzione del giornaledi via Solferino e che lui non l’avevaaccettata per paura di perdere la faccia(perché si sarebbe potuto pensare che avesserotto con Berlusconi perché aveva già intasca questa offerta), avrebbe dovuto coltivarela stessa paura anche nell’andarsenedal “Giornale” senza colpo ferire.ORDINE 2 <strong>2000</strong>17


GALASSIA GUTENBERGGLI AVVENIMENTI DI GENNAIO <strong>2000</strong>Ciaoweb:Donelli direttoreTorino, 17 gennaio - Il giornalista MassimoDonelli è stato nominato Chief Content Officer(responsabile <strong>dei</strong> contenuti) di Ciaoweb, ilportale Internet che fa capo a Ciaoholding(50% Fiat, 50% Ifil). Quarantasei anni, Donelli,che entrerà in carica il 1° <strong>febbraio</strong>, lasceràquindi la condirezione di Panorama; in precedenza,ha lavorato in numerose testate <strong>dei</strong>principali gruppi editoriali italiani.(ANSA)“Il Giorno”si rafforza nel Nord OvestBologna, 18 gennaio - Dal prossimo 2<strong>febbraio</strong> “Il Giorno”, il quotidiano nazionaleedito dal Gruppo Monrif e diretto da VittorioFeltri, rafforzerà la propria presenza inPiemonte, Valle d’ Aosta e Liguria. È statoraggiunto un accordo fra l’ Editrice Il Giornoe la Media Servizi per la vendita in edicoladel quotidiano milanese in abbinata ai settimanali“La Vallee”, “Il Canavese”, “NuovaPeriferia”, “La Nuova” e “La Riviera”. “Il Giorno”,spiega una nota della Monrif, offrirà inoltreai lettori del Piemonte, della Valle d’Aostae della Liguria pagine quotidiane di cronaca,inchieste e servizi locali.Inizia così, prosegue il comunicato, unaimportante collaborazione tra la PoligraficiEditoriale (Il Giorno, La Nazione e Il Restodel Carlino) e la Media Servizi, che nel settore<strong>dei</strong> settimanali locali occupa una rilevanteposizione a livello nazionale ed una leadershipindiscussa in Piemonte, Valle d’ Aosta eLiguria. La Spe (Società Pubblicità Editoriale,concessionaria di pubblicità per i quotidianidel Gruppo Poligrafici Editoriale) grazie aquesto accordo gestirà dall’1° <strong>febbraio</strong> laraccolta della pubblicità <strong>dei</strong> periodici (“LaVallee”, “Il Canavese”, “Nuova Periferia”, “LaNuova” e “La Riviera”) continuando la suapolitica di espansione.(ANSA)Claretta Mucidirettore di “Topolino”In Francia aumentala fiducia nei giornaliParigi, 26 gennaio - Aumenta la fiducia <strong>dei</strong>francesi nella stampa scritta, ma restano idubbi sull’indipendenza <strong>dei</strong> giornalisti. Èquanto scaturisce dalla 13 a edizione del barometroannuale sulla credibilità <strong>dei</strong> media,pubblicato oggi da “La Croix”, quotidianocattolico. La stampa scritta ottiene il migliortasso di credibilità mai registrato: il 58% <strong>dei</strong>francesi le credono, il 9% in più dell’annoscorso. Come negli anni scorsi, la radio restail media che merita maggiore fiducia: 63%, il7% in più che nel 1998. La tv è quest’annoalla pari con la stampa scritta (8% in più). Èla prima volta da cinque anni che tutti i mezzid’informazione superano la soglia del 50% diGianni Riottadirettore di “Global”fiducia, ma ciò non impedisce a una largamaggioranza di francesi (il 60%) di dubitaredell’indipendenza <strong>dei</strong> giornalisti, rispetto alpotere sia economico che politico. Capitaanche che i francesi si sentano saturi d’informazione:due i temi che nel 1999 li hanno“stufati”, l’eclisse di sole dell’11 agosto e ilMillennium Bug. Settore per settore, Tf1, lamaggiore rete televisiva privata, è giudicatadi gran lunga la più credibile (38%), davanti aFrance2, la maggiore rete televisiva pubblica(21%).Fra le radio, le posizioni sono piùraggruppate: France Info, Rtl e France-Intersono tutte tra il 19 e il 18%.(ANSA)Milano, 19 gennaio - Claretta Muci è statanominata direttore del settimanale “Topolino”.Muci sarà anche responsabile della direzionedell’Area Editoriale cui fanno capo,oltre a Topolino, testate quali I Classici, IGrandi Classici, Paperinik, MM, PK, e ZioPaperone.Milanese, 41 anni, laureata in lingue, ClarettaMuci ha iniziato la carriera giornalistica nel1990 come redattrice di “Vera”; nel 1995 èdiventata capo redattore di “Bella” e successivamentevicedirettore. “Topolino” - informauna nota della Walt Disney Company Italiaspa - vende ogni settimana circa 400.000copie. I lettori settimanali tra i 5 e i 12 annisono 936.000 (dati Junior 99) mentre su unperiodo di tre mesi sono 3.174.000. “Topolino”è letto ogni settimana da 3 milioni di lettoridi tutte le età.(ANSA)Massimo Jevolelladirettore di “Meridiani”Roma, 19 gennaio - È Massimo Jevolella ilnuovo direttore di “Meridiani”, la rivista monograficadi turismo colto che dedicherà al Venetoil numero in uscita nei prossimi giorni. Jevolellaè nato a Milano nel 1950, laureato in filosofiaha collaborato con “Epoca”, ha lavoratoal “Giornale”, scritto per “Panorama”, “Historia”,“Millelibri”. Studioso di cultura islamica hapubblicato diversi libri sul tema. Il nuovo direttoresubentra a Giovanna Mazzocchi, succedutaad Andreina Vanni che aveva guidato larivista dal primo numero uscito nel settembredell ’88. Da dati Audipress sono oltre 4 milionile copie vendute da “Meridiani”, con 150 milalettori ogni numero.(ANSA)Roma, 26 gennaio - Una rivista che tratti lapolitica estera “come politica di casa nostra”,attenta cioè “agli interessi della gente”.Questo secondo Gianni Riotta, che ne è ildirettore, intende essere “Global”, il cui primonumero è stato presentato oggi nella sededella “Stampa estera”, a Roma.Un giornale, secondo l’ambasciatore BorisBiancheri, che nasce con “l’obiettivo di farsileggere con facilità e dare risposte agli interrogatividi tutti”. Bimestrale, articoli brevi scritticon il linguaggio chiaro e diretto <strong>dei</strong> quotidiani,“Global” è il frutto di una iniziativacomune dell’ Editrice La Stampa e di due trai più importanti centri studi di politica estera -l’Istituto Affari Internazionale (IAI) e l’Istitutoper gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) -in collegamento con la rivista americana“Foreign Policy”.Apprezzamento per un giornale “che va ariempire un vuoto” in un Paese dove la stampadedica spazio soprattutto alla politicainterna è stato espresso da diplomatici stranieri(dal rappresentante dell’Onu Staffan DeMistura all’ambasciatore egiziano, all’incaricatod’affari iracheno) e personalità italiane,tra cui il presidente della Commissione esteridel Senato, Gian Giacomo Migone, intervenutialla presentazione Migone, in particolare,ha auspicato che “costruisca ponti traglobalità e interessi” <strong>dei</strong> singoli cittadini.Per Biancheri - che è il presidente dell’ISPI edell’ANSA e che, con il presidente dell’IAICesare Merlini ha avuto l’idea della rivista -“Global” va appunto in questa direzione,perché è un giornale “sull’interdipendenzatra i Paesi, tra aree geografiche”, che ècresciuta negli ultimi tempi a dismisura inparallelo con lo sviluppo della globalizzazione.In risposta ad alcune domande, tra cui quelladel diplomatico iracheno (che riferendosial rapporto tra “Global” e “Foreign Policy” hachiesto se la rivista debba essere considerataun riflesso della politica estera degli StatiUniti), Biancheri ha affermato che il nuovogiornale “è indipendente, nel senso chevuole raccogliere ed esprimere opinionidiverse”. Quanto a “Foreign Policy”, ha precisato,“possiamo raccoglierne <strong>dei</strong> contributi,ma non qualsiasi contributo”.Nel primo numero, ponendosi la domanda“Chi comanda nel <strong>2000</strong>?”, “Global” pubblicatra gli altri servizi di Gianni Riotta, StefanoSilvestri, Carlo Bastasin, Francesco Sisci,Fabrizio Saccomanni, Lorenzo Bini Smaghi,Martin Libicki, Thomas Friedman, IgnacioRamonet e Valentino Parlato. Gli editorialisono di Biancheri e Merlini. Alla presentazioneè intervenuto anche il sottosegretario agliesteri Rino Serri.(ANSA)Svezia: quotidiano gratuitova alla conquista degli UsaFirenze: osservatorio“giovani-editori”Stoccolma, 25 gennaio - È nato a Stoccolmae ha già conquistato una mezza dozzinadi paesi: “Metro” quotidiano gratuito che 640mila persone leggono ogni giorno nella capitalesvedese approda ora negli Stati Uniti,dove sarà distribuito, in 150mila copie al giorno,sui treni della regione di Filadelfia.Lo ha annunciato oggi il gruppo multimedialesvedese Modern Times Group, che dacinque anni pubblica il giornale. “Metro”, cheha l’ambizione e l’impostazione di un veroquotidiano, con notizie internazionali diagenzia e cronache locali curate da unaredazione (quindici persone a Stoccolma),ha avuto un successo immediato: dopo Stoccolmaè stato subito adottato nelle altre principalicittà svedesi, poi in Olanda, quindi aHelsinki, Praga e Budapest. Da qualche giornoè sbarcato anche a Santiago del Cile e aNewcastle in Gran Bretagna, e dopo gli Usasarebbe in preparazione il lancio in Svizzera,a Zurigo.Di formato tabloid su 24 pagine, il giornale èpensato per essere letto in venti minuti,durante un tragitto medio in metropolitana.Cinque o sei pagine di pubblicità gli assicuranouna massa di introiti che hanno consentitoalla società editrice di presentare in bilanciouna crescita degli utili del 257 per cento,con un aumento del giro d’affari del 25 percento.(ANSA)Firenze, 26 gennaio - Dai risultati di unsondaggio condotto tra coloro che hanno trai 16 ed i 30 anni emerge che il 43% preferiscela Tv, il 21% la radio e solo il 19% i quotidianiai quali dedica non più di dieci minuti algiorno. Per capire meglio il motivo di questadisaffezione e dare indicazioni utili per superarlonascerà a Firenze, su iniziativa diProgetto Città, associazione di giovaniguidata da Andrea Ceccherini, l’ “Osservatoriogiovani-editori”. E da domani, a Villa Cora,a Firenze, inizierà un convegno di tre giornisu “Giovani e quotidiani”. In questa occasionenascerà ufficialmente l’ Osservatorio conla firma di un protocollo d’intesa tra AndreaCeccherini e gli editori Cesare Romiti, presidenteRcs, e Andrea Riffeser Monti, amministratoredelegato Poligrafici Editoriale. In<strong>febbraio</strong>, il protocollo sarà firmato anche daCarlo De Benedetti per il gruppo L’ Espresso.Una volta all’ anno l’ Osservatorioprodurrà un libro bianco; a discutere i risultatisaranno chiamati tutti gli editori ed i direttoridi quotidiani; Firenze diventerà in sostanzauna “Cernobbio” dell’editoria. Al convegnopartecipano Romiti, Riffeser, Ferruccio DeBortoli e Vittorio Feltri, Pierferdinando Casini,Vincenzo Vita, Franco Frattini, LapoPistelli, il coordinatore del dipartimento editoriadella presidenza del Consiglio MauroMasi, i docenti universitari Maurizio Boldrinie Aligi Cioni. Tra i moderatori Paolo Graldi,Pietro Calabrese, Sandra Bonsanti.(ANSA)18 ORDINE 2 <strong>2000</strong>


La buona notizia arriva alla vigilia delle ripresa delle trattative Fnsi-FiegGiornali: cresce la pubblicità,ma la tv resta ancora lontanaRoma, 26 gennaio - Aumenta la raccolta pubblicitaria della carta stampata (+11,8%nel ’98) ma la televisione rimane ancora lontana, con una percentuale del mercatoche ha superato il 56% nel 1998. Un’anomalia unica al mondo, è stato sottolineatodalla Federazione degli editori in occasione della presentazione dell’indagine annualesulla stampa italiana. “L’espansione del fatturato pubblicitario rappresenta la notapiù positiva nel quadro dell’andamento complessivo dell’editoria giornalistica. Un’indicazione- spiega la Fieg - che vale tanto per i quotidiani che per i periodici”. Per isoli quotidiani, i ricavi da pubblicità nel ’98 sono stati di oltre 2.393 miliardi.Gli editori hanno sottolineato che “nel ’99, dopo anni di continua erosione, la stampanel suo complesso è riuscita a recuperare quote di mercato nei confronti della televisionepassando dal 36,6% del periodo gennaio-ottobre ’98 al 37,7% dello stessoperiodo del ’99”, avvicinandosi secondo le ultime stime al 38%. La tv, “anche a seguitodel processo di saturazione degli spazi, ha subito invece una contrazione della suaquota dal 56,8% al 55,5%”. Sulle prospettive del mercato pubblicitario della cartastampata rimangono comunque le incognite proprie di tutto il settore: l’unica certezzaè che i giornali saranno sempre più legati all’andamento dell’economia.Un anno di crescita per la carta stampataUn anno in calo per la televisionegiornali36,6%televisione56,8%giornali37,7%televisione55,5%gennaio - ottobre 98 gennaio - ottobre 99Troppo altoil costo lavoronei giornaliL’andamento del costo del lavoro nei giornalicontinua a destare preoccupazione tra glieditori. I dati della Fieg sottolineano comel’espansione <strong>dei</strong> costi per servizi (+8%) - incui confluiscono voci ad alto valore aggiuntocome le spese per lavorazioni presso terzi, lecollaborazioni giornalistiche, i servizi di agenzia- concorra a determinare il costo complessivodel lavoro.Nel 1998 il costo del lavoro dipendente èaumentato dell’1,7%, un tasso inferiore allealtre voci di costo e in ulteriore decelerazionerispetto al ’97. “È un dato che potrebbe indurrea conclusioni parziali e incomplete - osservala Fieg - se l’analisi non fosse integrataconsiderando alcuni fenomeni rappresentatidalla riduzione della popolazione poligrafica,dall’avvicendamento generazionale nellastruttura dell’occupazione con conseguenteabbassamento del livello delle retribuzioni, dalcrescente ricorso all’outsourcing confermatodalla crescente incidenza delle spese per iservizi esterni. In realtà, se il costo del lavoroviene rapportato al numero <strong>dei</strong> dipendenti, leindicazioni che si ricavano sono molto diverse.Nel ’98, infatti, il costo per addetto è cresciutodel 6,7% e ha raggiunto la punta più elevata(+10,4%) nelle imprese editrici di testate contirature oltre le 200.000 copie”.ORDINE 2 <strong>2000</strong>Ciancio sul contratto:“C’è un maredi scogli”Sulla strada del rinnovo del contratto di lavoro<strong>dei</strong> giornalisti non c’è un’unica difficoltà ma“un mare di scogli”. Lo ha affermato il presidentedella Federazione degli Editori, MarioCiancio Sanfilippo a margine della presentazionedell’indagine della Fieg sulla stampaitaliana. Ricordando che la trattativa con ilsindacato <strong>dei</strong> giornalisti riprenderà venerdì,Ciancio ha affermato che, dopo le diverseposizioni emerse nei mesi scorsi, “c’è unricompattamento all’interno della Fieg, peraffrontare uniti il confronto con il sindacato,confronto che sarà amichevole ma fermo”.Ciancio ha parlato anche del disegno di leggedi riforma del sistema radiotelvisivo (n. 1138)che porterà una ricaduta sicuramente positivacon le nuove regole per gli affollamenti pubblicitaridi Rai e Mediaset. Altro punto fondamentaleper superare la crisi delle vendite èsecondo Ciancio il “progetto di legge per lascuola, perché dobbiamo incominciare aseminare proprio dalle scuole: se tutti i ragazzicrescono con una educazione da Internet,evidentemente la carta stampata perde. InUsa le tv per i ragazzi sono in difficoltà per laraccolta pubblicitaria, una crisi dovuta adInternet che però non ha scalfito la vendita <strong>dei</strong>giornali”.Serventi:“Accetto avvisoa naviganti”“Non pensavamo di fare un’allegra gita inbarca quando abbiamo stilato la nostra piattaforma”.Così il segretario della Fnsi, PaoloServenti Longhi ha risposto al presidente dellaFieg, Mario Ciancio Sanfilippo, in merito alrinnovo del contratto di lavoro <strong>dei</strong> giornalisti.“Eravamo e siamo coscienti - ha detto ServentiLonghi - della difficoltà del passaggiocontrattuale in un momento di estrema trasformazionedel sistema informativo del nostropaese. Se siamo o no, come dice il presidenteCiancio, in ‘un mare di scogli’ francamentenon lo so. Ma accettiamo l’avviso ai navigantie indossiamo il salvagente”.Felice Lioy, direttore generale Upa:la pubblicità sui giornali ha un futuroRoma, 26 gennaio - La pubblicità sulla carta stampata cresceràancora nei prossimi anni.È il commento di Felice Lioy, direttore generale dell’Upa, l’associazionedelle imprese che investono in pubblicità, commentando i risultati<strong>dei</strong> bilanci delle imprese editrici.“La pubblicità televisiva, al contrario di quella della carta stampata, èinficiata dai limiti di affollamento e, quindi, in tv più che una crescitadegli spazi si ha una crescita <strong>dei</strong> prezzi.La stampa - prosegue Lioy - è cresciuta in media del 12%: questo èdovuto alla totale assenza di limiti di affollamento; per gli editori quindiè possibile aumentare la foliazione <strong>dei</strong> giornali infarcendoli di unmix di pubblicità e informazione che, chiaramente, va a beneficio delconto economico a fine anno”.“Il boom della carta stampata - ha aggiunto Lioy - è da ascriversiall’aumento delle aziende di servizio che, in virtù del loro prodotto,hanno bisogno di spiegare in maniera dettagliata i servizi che offrono,possibilità che in televisione è ampiamente negata. Lo sviluppo<strong>dei</strong> servizi legati a Internet, alle telecomunicazioni e ai servizi finanziariè stato un eccellente volano per l’incremento degli investimentiin carta stampata e ho ragione di credere che nei prossimi anni itassi di sviluppo subiranno un’ulteriore crescita”.(ANSA)Aumentano le vendite<strong>dei</strong> giornali, marimangono i problemiSegnali positivi dall’editoria italiana, dove perònon mancano problemi ed elementi di fortetrasformazione: è quanto emerge dagli studidella Federazione Editori Giornali e dellaDeloitte e Touche, resi noti a Roma dal presidentedella Fieg, Mario Ciancio Sanfilippo.Aumentano le vendite <strong>dei</strong> quotidiani (+0,1%pari a 5,889 milioni di copie nel ’98, con un+1% di proiezioni per il ’99 verso il traguardodi sei milioni di copie), migliora la gestioneaziendale, ma permane la tendenza al ripiegamentoper i settimanali (-2,5%), compensatidall’aumento <strong>dei</strong> mensili (+2,7%). I dati, cheriguardano il periodo 1996-1998, mettono inrilievo le differenze Nord/Sud e l’aumento <strong>dei</strong>costi di materie prime (+6,9%) e servizi(+8,7%), con un tasso inferiore di crescita, peri costi del lavoro dipendente (+1,7%). Aumentanoi ricavi (+7,6%): bene la pubblicità(+11,8%) che ha compensato il declino <strong>dei</strong>ricavi delle vendite (-6,5%). La Fieg, comunque,si attende per il <strong>2000</strong> i benefici cheverranno dalla legge 109 del ’99 sui puntivendita alternativi.“Elementi problematici e di trasformazionesegnano la fase che attraversa il settore.Elementi che non derivano soltanto daprocessi interni al settore - ha detto CiancioSanfilippo - ma anche da fattori esterni digrande rilievo, quali la rapida evoluzione delletecnologie di comunicazione e, in particolare,Internet che costringe l’editoria giornalistica aconfrontarsi con il nuovo modo di comunicare”.“Confronto - ha aggiunto Ciancio - chepotrà risolversi in nuove occasioni di crescitase le imprese editrici potranno utilizzare ilnuovo mezzo senza i vincoli e le pastoie chesono presenti nei mezzi tradizionali”.Un elemento che viene sottolineato è il miglioramentodella gestione delle editrici <strong>dei</strong> quotidianinel loro insieme. L’utile di esercizio delle66 imprese, editrici di 78 quotidiani, è passatodai 45 miliardi del ’96 ai 261 miliardi del ’98.Un dato da approfondire per evitare conclusioniaffrettate: il settore nel suo complessoproduce utili, ma non in tutte le componenti.Permangono situazioni di difficoltà, anche diordine congiuturale, legate alla debolezzadella domanda interna e ad una dinamicadelle vendite sostanzialmente stagnante.Per quanto riguarda la diffusione <strong>dei</strong> quotidiani,l’Italia rimane alle ultime posizioni nellaclassifica mondiale con 102 copie ogni milleabitanti, molto lontana da Norvegia (588) eGiappone (577), ma anche da Gran Bretagna(317) e Germania (303). Una situazione conun forte squilibrio tra Nord (132 copie) Centro(122) e Sud (55 copie per mille abitanti). È ilTrentino Alto Adige la regione dove si vendonopiù quotidiani (183 ogni mille abitanti), conla Sardegna (124 copie) nettamente al disopra della media nazionale, ma con il Sudche continua ad occupare le ultime posizioni,con la Basilicata con 39 copie ogni milleabitanti.(ANSA)19


I NOSTRI LUTTIdi Sandro Rizzi“È morto Arnaldo Giuliani”. La notizia m’è arrivatamentre, nell’aula dell’Istituto per la formazioneal giornalismo, stavo spiegando comefunziona la “cucina” di un quotidiano. Me l’haportata Bruno Ambrosi, presidente dell’Ifg,entrando discretamente e chiamandomi indisparte. Lo ha fatto d’istinto, da giornalista,interrompendo, perché la regola è che certenotizie non possono aspettare, liete o tristi chesiano. Altrettanto istintiva è stata la mia reazione:ho avvertito il Corriere della Sera, chiamandoil direttore e la segreteria. Poi, con ungroppo in gola, ho raccontato ai giovani futuricolleghi chi era il giornalista Arnaldo Giuliani,classe 1931.E ora lo faccio per “Tabloid”. Certo, quando miha chiamato per chiedermi il pezzo, FrancoAbruzzo non sapeva che la parola “tabloid”era, fra Arnaldo e me, oggetto di una ricorrentegag legata alla nostra non elevata statura.Ci “consolavamo” quindi creando l’organigrammadi una redazione “formato... tabloid”,preclusa ai più alti di un metro e 60 (centimetropiù, centimetro meno), della quale l’indiscussodirettore doveva essere Ettore Mo. Eraquesta capacità di sorridere che, di Arnaldo,mi è sempre piaciuta. Perché segno di unaserenità, qualche volta magari sofferta, tantopiù ammirevole se caratteristica di un uomoche nella vita ha avuto mazzate che lasciano ilsegno. Era una serenità contagiosa, chetraspariva dai suoi articoli, che si trasmettevaa quanti avevano occasione di lavorare con lui,“Arnaldino” Giuliani, grandecronista della Milano violentaanche nei momenti più difficili e di maggioretensione.Conobbi la firma “Arnaldo Giuliani” alla finedegli anni ’50 quando, in provincia, apprendistadel mestiere, leggevo la cronaca milanesedel “Corriere” come un libro di testo da studiaree sottolineare. Imparavo come si racconta,come si aiuta il lettore a capire e anche a vedere:perché soltanto allora i giornali cominciavanoa sfruttare le fotografie e la televisione eraancora paludata nell’ufficialità. Alla fine dellaguerra erano comparsi i giornali della sera, cheurlavano scoop e titoloni di cronaca nera, mala svolta innovatrice venne nel 1956 con lanascita del Giorno di Gaetano Baldacci eAngelo Rozzoni: impaginazione ispirata aiquotidiani inglesi, grandi fotografie, articolibrevi, titolazione aggressiva.Una sferzata per il “Corriere”, non abituato auna concorrenza così agguerrita proprio nellasua “piazza”. Ferruccio Lanfranchi, il capocronista,e Franco Di Bella, capo della “nera”,scatenarono le nuove leve: lacrime e sangueera il motto e i cronisti, spesso stimolati allacompetizione tra di loro, realizzarono colpimemorabili per riconfermare il primato di viaSolferino. Di notte lunghe partite a carte trattenevanotutti fuori orario, così se succedeva unfattaccio c’era sempre qualcuno pronto a scattare.Allora l’ultima edizione chiudeva ben dopole 3. Fabio Mantica, uno degli ultimi protagonistidi quella stagione, ricorda le corse con leprime autoradio, i bivacchi in questura, leconfidenze <strong>dei</strong> boss nei bar della mala - l’ultimamala “romantica” -, e ricorda l’amico-rivaleArnaldo, di cui una volta riuscì a rincorrere e astrappare una lettera di dimissioni poco primache il commesso la portasse al direttore:“Chissà per quale motivo s’era arrabbiato.Non aveva detto niente, come al solito nonaveva fatto scene, né si era lamentato: perfortuna intercettai la busta e tutto finì. Spessosi inalberava per un nonnulla, ma non lo davaa vedere. E tornava a scherzare”.Arnaldo aveva dovuto cominciare a lavoraremolto presto, raccogliendo in eredità la passionedel padre, Sandro, con Mussolini uno <strong>dei</strong>fondatori del “Popolo d’Italia” e redattore capofino al 1936, quando il Duce lo volle ad un altroEppure era accaduto qualcosa all’indomanidel 25 aprile 1945, era sorto ungiornalismo nuovo, spigliato, fresco, nelquale si consumavano tante suole di scarpe(“l’unico modo per trovare le notizie” comeinsegnava il vecchio Barzini) e nel quale nonsi aveva paura di pubblicare notizie non ufficiali,purché fossero controllate da cronisticapaci e responsabili.Il “Corriere Lombardo”, l’“Italia Libera”, l’“Italiadel Popolo”, “Milano Sera”, avevano apportatoun soffio nuovo in una professione che il fascismoaveva tarpato nell’indipendenza e nellafantasia. Gli schemi consuetudinari che duravanoda trent’anni vennero sconvolti, l’impaginazionefu rivoluzionata, la titolazione provocòil cardiopalma ai lettori del ventennio. “Fecepepè e morì” (titolo sulla notizia di un nototrombettista americano colto da infarto mentreprovava per un concerto); “Rubato il salmone”(titolo a nove colonne per il trafugamento delcadavere di Benito Mussolini dal cimitero diMusocco). La cronaca nera ebbe, per la primavolta dopo trent’anni, l’onore delle prime pagine.I cronisti e la polizia cercarono per mesi il“Beri Beri”, luogo fantastico di delizie eroticheche si diceva fosse nato clandestinamentefuori Milano, frutto esotico del clima disordinatodel dopoguerra, e per settimane e settimanenon si contarono irruzioni e perquisizioni incastelli, ostelli, pensioni, alberghetti, mansarde,cascine, cascinotti e roccoli della Brianzae del Pavese. Il primo reportage sulla stragedi Villarbasse, dove un manipolo di “picciotti”affrontava il plotone d’esecuzione della poliziaausiliaria degli alleati al grido di “viva la Sicilia”,e il delitto di Rina Fort a Milano, che avevasterminato a martellate la famiglia (madre etre figlioletti) del suo amante siculo, GiuseppeRicciardi, scolvolsero l’Italia. Per le strade, oltrealla borsa nera, fioriva il commercio dellecartoline riproducenti l’esposizione <strong>dei</strong> cadaveridi Mussolini, Claretta Petacci e <strong>dei</strong> gerarchiin piazzale Loreto. In quelle cupe giornatematurava la sua adolescenza un ragazzo chesarebbe poi divenuto uno <strong>dei</strong> migliori cadettidel giornalismo del dopoguerra, ArnaldoGiuliani, figlio di Sandro Giuliani, redattorecapo del “Popolo d’Italia” dalla fondazione delgiornale al 1936. Sandro Giuliani, un mantovanodi origini socialiste divenuto poi amico diBenito e di Arnaldo Mussolini, aveva trascorsoi suoi ultimi mesi di vita, a Milano, senza occuparsiattivamente di politica, ma dedicandosi asalvare la vita di coloro, ebrei o antifascisti, chela ferocia della Gestapo e lo stolido spiritoimitativo di brigate nere o SS italiane minacciavanonel lugubre crepuscolo della repubblicadi Salò. “In quell’aprile 1945 io avevo quattordicianni, racconta Arnaldo Giuliani, cieravamo trasferiti, mio padre, mia madre ed ioda via Massena 4 a via Monteleone 7, in casadella Locatelli, la cui figlia avrebbe poi sposatoMax David. Mio padre aveva detto a miamadre, riferendosi a Mussolini: ‘Tutti lo hannoabbandonato, per questo voglio stare con lui’.Continuava periodicamente a parlare conMussolini, lo aveva fatto del resto anche dopoil 1936 quando aveva ceduto il posto di redattorecapo del ‘Popolo d’Italia’ a Giorgio Pini.Era quasi presagio del suo destino, matenne il suo ruolo con grande dignità.Una volta, in quei giorni di Salò, AmaliaFoggia, la dottoressa Amal della “Domenicadel Corriere”, che aveva ricavato una stanzasegreta nella sua casa di via Sandro Sandri,lo chiamò chiedendogli di aiutare un giovaneche voleva sottrarsi al bando <strong>dei</strong> repubblichinie passare in Svizzera. Ricordo il colloquio,c’ero anchio: ‘Cosa vuole?’ chiese mio padreal giovanotto. ‘Dei documenti falsi e un po’ didenaro per andare in Svizzera.’ ‘Va bene,rispose mio padre, le farò avere documentifalsi e denaro, ma lei non andrà in Svizzera.Andrà in montagna a combattere, perché aincarico nel partito. Alla fine di aprile del ’45,Sandro Giuliani aveva pagato con la vita,davanti a un raffazzonato, esitante plotoned’esecuzione, la sua unica “colpa”: esserestato fino all’ultimo fedele all’amico e al capo.E i partigiani lo avevano trovato tranquillo incasa, perché, nulla avendo da rimproverarsi(anzi, quante persone erano state da lui salvateo aiutate in quella stagione di odio), avevalasciato cadere ogni invito a nascondersi finoa che la bufera non fosse passata. Al quattordicenneArnaldo - come raccontò con grandeaffetto Franco Di Bella nel suo “Corriere segreto”- toccò di andarsi a riprendere con uncarrettino il corpo del padre. Con nel cuorequesta ferita, confortato dalla madre che loesortava a dimenticare, affrontò la vita. Il suoprimo maestro, al “Tempo” di Milano, fu AngeloRozzoni, uno <strong>dei</strong> mitici capi redattori dell’epoca,e l’allievo, con la sua scrittura arrotondata,vivace, ricca di immagini, accattivante, fu tantobravo che dal “Corriere” lo chiamarono nelnovembre del 1956 (la proprietà - i Crespi -,non aveva dimenticato le buone “dritte” cheSandro Giuliani, sempre in contatto diretto conMussolini, aveva saputo dare, da amico esenza gelosie di concorrenza, al direttore divia Solferino, Aldo Borelli, consentendoglispesso di aggirare le “veline” senza incorrerenegli strali <strong>dei</strong> vertici del regime). Con la squadradi Franco Di Bella - c’erano Vittorio Notarnicola,Enzo Passanisi, Vincenzo Buonassisi -il giovane Arnaldo fu lanciato sui grandi fattimilanesi: la rapina di via Osoppo, con la catturadelle “tute blu”, poi qualche anno più tardi leimprese della banda Cavallero (e per queiservizi vinse il Premiolino nel 1967, con unamotivazione che ricordava anche il lavoro deglialtri cronisti), e ancora il rapimento di CristinaMazzotti. Alla “firma” Giuliani diedi finalmente ilvolto di Arnaldo nell’aprile 1971 arrivando al“Corriere”: lui era già un inviato speciale,sempre in prima linea e non più soltanto nell’areamilanese. Quando Di Bella divenne direttore,proprio perché gli era amico, continuò anon dargli tregua. Nei giornali sembra chedirettori, capi redattori e capi servizio ignorinola geografia quando devono muovere un inviato.Succede qualcosa e si cerca la persona piùRaccontò solo a Franco Di Bella (autore del“Corriere segreto”) la fine straziante del padre“vicina” all’evento e parte l’ordine: “Già che seilì... vai subito...”. Ricordo che una mattina - fineanni ’70 - ci fu un disastro in porto a Palermo eGiuliani era... a Cagliari. Alla sera arrivòpuntualmente il servizio dalla Sicilia. Giravacon una trottola, Arnaldo, ma non diceva maidi no. Fu anche minacciato, come molti altri,nei giorni del terrorismo.Per proteggerlo, Di Bella lo dirottò prima acurare la pagina della Lombardia, poi comeredattore capo all’“Occhio” (il tabloid popolareche non riuscì a decollare e che fu chiuso,con il “Corriere d’Informazione”, alla finedell’81 in seguito alla crisi della Rizzoli per loscandalo P2).Ma fu un’esperienza fugace: bastò che ungiovane neo assunto, a un suo garbato richiamoper uno svarione, replicasse qualcosacome “Devo essere libero di gestire i miei errori”che partì la replica: “E io devo essere liberodi mandare a quel paese te, il direttore e tuttigli altri...” seguita da immediata lettera di dimissioni(e stavolta non ci fu un Mantica a intercettarla).Poi, brevi parentesi a FamigliaCristiana e alla Domus, quindi il rientro in viaSolferino, nell’84, come capocronista, in unmomento difficile di divisioni e scontri di fazioni:cercò di mediare, di smussare le asperità,un compito ingrato per lui, abituato all’entusiasmodel lavoro d’équipe. Nell’87 accettò ladirezione del “Corriere Adriatico”, il quotidianodella sua terra di origine, le Marche, ma nonrimase a lungo, per contrasti con l’editore. Nelfrattempo morì la moglie Gabriella, la cara“Pallina”, e restò solo. Tornò a Milano, redattorecapo a “Chi”.Da qualche tempo si era ritirato in campagnaa Civitanova Marche, con l’affetto della nuovacompagna, Bianca, e una bella inedita barba.Bianca e gli amici lo esortavano a fare un librosul “Corriere”, sui mille episodi che spessoevocava con tanto umorismo, ma lui aveva unasorta di pudore a scrivere di se stesso. I traumidella sua giovinezza li ha sempre tenuti nelcuore, confidandosi soltanto con pochissimi,così come nascondeva le amarezze. E all’ultimo,quando il male l’ha aggredito, non ha volutofarsi vedere sofferente. L’“Arnaldino” Giulianidobbiamo ricordarlo con il suo sorriso.vent’anni non si scappa a Lugano’. Il 18 o il 19aprile Amalia Foggia, anch’essa mantovana,Franca Rocca, moglie di Gino Rocca, giornalistae critico del ‘Popolo d’Italia’ e segretariodell’Associazione lombarda <strong>dei</strong> giornalisti (suofiglio Guido Rocca sarebbe stato anch’egligiornalista di vaglia negli anni ‘50, NdR) e ilsocialista mantovano Dugoni consigliarono amio padre di cambiare casa e di trovarsi unrifugio prima della bufera. Mio padre non volle,scrisse invece una lettera col suo testamentospirituale: ‘L’essere stato fascista per me nonha mai significato venire meno ai doveri moraliverso la patria e verso la famiglia’. Il 23 aprile1945 Mussolini, appena arrivato in prefetturada Salò, chiamò mio padre ed ebbe con lui uncolloquio di tre ore. Poi gli affidò una cassa didocumenti e segnò sul diario di quel giornoun’annotazione che significò la condanna amorte per Sandro Giuliani: l’appunto è ancoraconservato ed esposto nel Museo della resistenzaa Milano. Quella cassa doveva poi finirea Brunate.”“Mio padre attese la sua ora in casa, in viaMonteleone 7; alle 14 del 29 aprile la portinaiascampanellò a lungo, quasi per volerci metterein allarme, salirono quattro o cinque partigianiche gli chiesero di seguirli, lo portaronoin via Pelizza da Volpedo, poi lo trasferironoalle scuole di piazza Sicilia. Fu celebrato unrapido processo, lui non negò niente del suopassato, aggiunse anzi alcuni episodi cheerano stati dimenticati. I tre membri del tribunalerimasero alquanto imbarazzati. Nonconosco i loro nomi: mia madre li sapeva, manon volle rivelarmeli nemmeno in punto dimorte, diceva che era corso troppo sangue,che dovevo dimenticare.Un sacerdote che fu testimone delprocesso e di quanto avvenne dopo,sentì qualcuno del tribunale che chiamavaal telefono il comando del Cln. La comunicazionerimase in sospeso per una decinadi minuti e la risposta alfine fu: ‘Trattarlosenz’altro come quelli di Dongo’.” (Secondouna testimonianza postuma del giornalistaCarlo Silvestri la decisione sarebbe stataprovocata dall’annotazione trovata tra le cartedi Mussolini, che parlava della famosa cassadi documenti. NdR).Arnaldo Giuliani così prosegue: “Glicomunicarono la notizia della condannaa morte e lo portarono nel cortiledelle scuole di piazza Sicilia. Rimase alcuniminuti davanti al plotone d’esecuzione perchéi partigiani erano incerti, la folla attorno eraammutolita all’annuncio: ‘Tra poco verrà fucilatoil gerarca fascista Sandro Giuliani’, molti traquelli sapevano quanta gente era stata salvatada mio padre, <strong>dei</strong> suoi interventi col comandotedesco, con la Muti e le brigate nere. L’intoppodell’esecuzione era forse legato ancheal fatto che stava arrivando Franca Rocca conun gruppo di partigiani ‘bianchi’, cioè monarchici:le riuscì difatti di salvare l’ex podestà diMilano Mario Colombo, che doveva esseregiustiziato dopo mio padre. Quando vide imitra puntati su mio padre esclamò soltanto:‘Quanti giovani per uccidere un vecchio, vival’Italia’. Erano le 18 del 29 aprile”.“All’imbrunire bussò alla porta una signora,doveva essere la vedova di un altro fucilato.Mia madre comprese subito e parve impazzitadal dolore, per mezz’ora ebbe una crisi condeliquio e urla disperate, non connetteva più.L’indomani mattina, il 30 aprile 1945, andai aprendere il cadavere di mio padre, accompagnatodalla ‘tata’, Ines Massolini. C’erano ottoo nove cadaveri di fucilati ammonticchiati nellapalestra della scuola, trovammo mio padre elo tirammo fuori. La ‘tata’ s’era procurata uncarretto a mano, di quelli da ambulanti: caricammosopra il corpo e lo coprimmo con untelo, spingemmo il carretto sino a casa e20 ORDINE 2 <strong>2000</strong>


D’Ettorre:“Scopritoredi giovanitalenti”Ancona, 17 gennaio - L’ex capocronistadel “Corriere della Sera” e giàdirettore del “Corriere Adriatico”,Arnaldo Guliani, è morto stamane aMilano, all’età di 69 anni, stroncato daun tumore al fegato.Il giornalista era ricoverato all’ospedaleSan Raffaele e aveva subito dueinterventi chirurgici.“Grande cronista e scopritore digiovani talenti”, così lo ricorda il presidentedell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti delleMarche Carlo D’Ettorre, ArnaldoGiuliani era nato a Milano ma eraoriginario di Civitanova Marche perparte di madre, e qui era tornato avivere dopo aver lasciato la professione.Giuliani fu assunto il primo aprile1995 come praticante al “Tempo diMilano”, poi passò al Corriere dellaSera, dove fu inviato e capo cronista,apprezzato da tutti per la sua capacitàdi scovare e approfondire storiedi cronaca nera.Alla fine degli anni ’80 si trasferì adAncona per dirigere il quotidiano“Corriere Adriatico”: un incaricoabbandonato nello spazio di tre anniper contrasti con l’editore. Quindi ilritorno a Milano e una nuova esperienzacon il settimanale “Chi”, affiancatada altre collaborazioni e pubblicazioni,una delle ultime dedicata alterremoto nelle Marche. Giuliani erastato consigliere nazionale dell’<strong>Ordine</strong>:“Un collega leale, disponibile euno <strong>dei</strong> pochi ad occuparsi conpassione di formare i colleghi piùgiovani”. Vedovo, senza figli, lascia lacompagna Bianca.(ANSA)improvvisammo una camera ardente. Dei tantiamici ne vennero solo due, la Franca Rocca eun vecchio amico di papà, un socialista, GiorgioNegri. Ma non ci diedero il permesso per ifunerali, cose di quei giorni: lo diedero solodopo che accettammo che nel dato anagraficodelle cause della morte risultasse ‘vittimacivile di guerra’.Forse farlo risultare come giustiziato davafastidio anche a loro. Così il primo maggio ciprocurammo il furgone di un idraulico e loportammo a Musocco, c’erano anche mio zioPiero, mia madre e la ‘tata’, ma non ci stavamotutti, noi e la cassa da morto, sul furgone,per cui la ‘tata’ andò al cimitero in tram, colnumero 14.Lo portammo al campo 10 e mentre stavanofinendo di seppellirlo, ci sorprese come lamusica di un’orchestrina o qualcosa del genere.”“Io”, ricorda Arnaldo Giuliani “avevo alloraquattordici anni, ero in uno stato emozionaleche non mi aveva ancora permesso di capiretutto quanto, ma in quel momento mi venne lacuriosità di sapere cos’era mai quella musica.Così scappai a mia madre e, seguendoil ballabile, arrivai al campo sedici, doveassistetti, un po’ attonito, alla danza dialcune decine di persone di gruppo. Ballavano,uomini e donne, al suono di una fisarmonica,sulle tombe di Mussolini, della Petacci, e<strong>dei</strong> gerarchi giustiziati a Dongo.Ma le tombe, in realtà, non si vedevano, c’erasoltanto una striscia di terra battuta e brulla:una delle donne a un certo momento allargòle gambe e orinò tra gli applausi <strong>dei</strong> presenti.Io non capivo ancora bene, corsi via, stupito espaventato.”Nel 1948 Arnaldo Giuliani cominciò a fare ilcronista, per vivere e mantenere la madre. Èstato ed è uno <strong>dei</strong> migliori giornalisti della suagenerazione. Non nutre rancori: di fronte aquegli avvenimenti che pure devono avereprofondamente inciso nel suo caratteremantiene tuttora una serenità e un distaccoammirevoli; per la prima volta in trent’anni miha raccontato pudicamente la sua avventuradi adolescente che s’affacciava alla vita,mentre la sua famiglia, il paese e il giornalismovoltavano pagina.(da Franco Di Bella, “Corriere segreto”,Rizzoli 1982, pagg. 434)ORDINE 2 <strong>2000</strong>Maurizio Acquarone,il mastino della “nera”di Franco PresicciLa notizia è arrivata come un poderoso cazzottoal cuore: Maurizio Acquarone, un mastinodella “nera” di un’età mitica, non c’era più:abbattuto da un “killer” così spietato che lagente ha paura persino di chiamare per nome.Dice semplicemente “male incurabile”. Qualcuno,tra gli amici, sapeva che Maurizio erastato vigliaccamente aggredito dal tumore, mafaceva fatica a credere che lui, così forte nelcorpo e nello spirito, così combattivo, gliel’avrebbedata vinta. Non si fermava davanti anulla, Maurizio, affrontava chiunque a visoaperto, guardandolo fisso negli occhi, a voltespavaldo, altre volte soltanto fermo, deciso,determinato. Soprattutto quando si trattava didifendere il risultato del suo lavoro che sapevafrutto esclusivo guadagnato con sacrificio epazienza.Era un cavallo di razza la cui fattrice non è piùin circolazione. Uno di quei cronisti per i quali iltelefono non era stato ancora inventato, preferendola strada, la polvere, l’assedio agli investigatori,le lunghe attese dietro una porta perpoter catturare la notizia giusta da portare algiornale con orgoglio contenuto, senza spargerepaglia fumante, come purtroppo fannooggi tante reclute della “nera”.Era buono senza darlo a vedere; mai lecchino;anzi, se gli facevano perdere le staffe arrivavaall’insulto senza guardare ai gradi; era violentonella parola con chi si attribuiva meriti che nonaveva, con chi predicava male e razzolavapeggio e con quelli che accendevano ceri nelsantuario del potere. Negli ultimi anni trascorsial giornale era diventato ancora più burbero,notando che il modo di lavorare era radicalmentemutato. Nelle redazioni il mestiere delcacciatore andava perdendo seguaci: mira ecartucce non erano più considerate doti e strumentiindispensabili. A 55 anni Maurizio era unsuperstite; e, fra rabbia e delusione, se neandò in pensione. E quando qualcuno gli chiedevail motivo di questa decisione presa in etàcosì giovane, rispondeva che non era riuscitoad andare d’accordo con il computer. E inparte era vero: lui aveva sempre snobbatoquesto diabolico simbolo del progresso tecnologico,introdotto al “Giorno” già in via Fava; eaveva continuato imperterrito a usare lamacchina per scrivere.Ora Maurizio non c’è più: si è spento il 12gennaio, a 62 anni, in una stanza della clinica“Pio X”, a Milano. E chi gli ha voluto bene, loha stimato nononostante qualche sua intemperanzasia pure non di rado giustificata, loricorda con commozione. Di lui Giulio Giuzzi,caporedattore del “Giorno”, dice che era “ilcronista <strong>dei</strong> particolari. Su un particolare, chemagari gli era costato ore e ore di appostamentosotto un palazzo, in un corridoio dellaquestura, nel cortile di una caserma <strong>dei</strong> carabinieri,sapeva, scrivere un pezzo. Non mollavamai la preda, era instancabile”.Ed Enzo Magrì, che fu capocronista al “Giorno”per tre anni sino al luglio del ’79: “Volevobene ad Acquarone anche perché avevaumanità. Era un cronista eccellente, sempresugli avvenimenti importanti, a Milano e inLombardia. Uno di quei mastini che non mollavanomai l’osso, che stavano giornate interedietro la notizia senza mai preoccuparsi dell’orario.Io gli affidai inchieste di notevole spessoresulla malavita organizzata e sulla mafia cheGiorgio Voghi,un uomo buonodi Guido ReC’era una volta un uomo buono. Viveva aMilano e tifava Milan. Faceva il giornalista...Un giorno, non appena l’età gli consentirà dicapire, comincerò così a raccontare al nipotinoMatteo l’avventura umana di GiorgioVoghi, il caro amico e valoroso collega checi ha lasciato il 25 gennaio, dopo ventun giornidi agonia: stroncato dalle complicazioni diun ictus che l’ha folgorato di notte. L’indomaniavrebbe festeggiato i 67 anni.Ci eravamo sentiti al telefono pochi giorniprima, per scambiarci gli auguri. E poi, inchiusura, ritornello abituale: “Ci sononovità?”. Teneva a essere sempre aggiornatosu ogni fronte professionale e sindacale e,da ultimo, soprattutto sugli sviluppi di unapenosa vicenda che ha colpito il GruppoLombardo <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> Pensionati, di cuiera tesoriere.Già perché l’incarico di presidente, che glisarebbe legittimamente spettato per “dirittodi voti” (ne aveva presi moltissimi, primo deglieletti), chiese che venisse affidato a me, chelo seguivo in graduatoria di qualche lunghezza.Sul momento, quel giorno, non riuscii a capireil motivo della rinuncia. Ma lui era fattocosì: non amava mettersi in mostra, né parlavavolentieri in pubblico. Preferiva ascoltaree fare. Concreto e pragmatico sempre. Efaceva molto bene, dando una mano a tutti:amici veri e amici che gli si dicevano tali soloperché in quel momento avevano bisogno dilui. Dimenticava subito sgarbi e cattiverie, evia, roba passata, non pensiamoci più.Un uomo buono, appunto. Anche per questoraccoglieva messe di voti ogni volta cheaccettava una candidatura nelle elezionidegli organi di categoria: Consiglio Nazionaledell’<strong>Ordine</strong>, Casagit, Associazione Lombarda,Unione Nazionale <strong>Giornalisti</strong> Pensionati,di cui era revisore <strong>dei</strong> conti e alla cuirifondazione ha dato un contributo importante.Un impegno sindacale a tutto campo, il suo:serio, puntuale, disinteressato, veramente aservizio <strong>dei</strong> colleghi. Svolto in silenzio,discreto, senza grancassa per richiamarel’attenzione delle platee.Figlio d’arte (il padre Martino fu un noto giornalistasportivo, pioniere del basket nelnostro Paese) ha avuto un lungo e variegatopercorso professionale: il quotidiano (“MilanoSera”, all’inizio degli anni Cinquanta, “il Giorno”,“Corriere d’Informazione” e, nel ’79, conMaurizio Costanzo a lanciare “l’Occhio”, “laStampa” di Giorgio Fattori due anni dopo, perimpostare la prima sistemazione informatizzatadel centro di documentazione), il settimanale(“L’Europeo”, “Oggi”, “Annabella”,“Novella <strong>2000</strong>”, “Grazia”, “Sorrisi e Canzoni”),il mensile (“Taxi”), le opere a dispense(una infinità, di botanica e giardinaggio, lasua vera passione che fino all’ultimo ha coltivatocollaborando con Benedetto Mosca allafattura di un piacevole mensile).Sui fiori ha scritto articoli dappertutto, eanche un bel libro (Piante e fiori in casa)uscito nel ’97 per i “tipi” dell’editore Xenia: unvolumone di oltre 500 pagine, che volle dedicare“a chi ama la natura”.L’ho conosciuto negli anni Ottanta e l’hoapprezzato subito sotto i due aspetti che locaratterizzavano: la straordinaria umanità ela serietà professionale.Dirigevo allora “Atlante”, il mensile “storico”della De Agostini, ero senza capo redattoree lo proposi all’ingegner Boroli. Mi dispiacquemolto che non se fece nulla. Sarebbestato un braccio destro ideale.Qualche anno fa aveva superato un bruttoperiodo di grave malattia. Si era ripresoprendeva piede a Milano, e lui fece sempre unlavoro rispettabile, intelligente, meritandorichiami in prima pagina. E io non gli lesinavole lodi, che gli erano dovute. Aveva tra l’altroun grande intuito”. Intuito che la sera del 14maggio ’72, di fronte al corpo martoriato dauna carica di esplosivo sotto un traliccio ad altatensione a Segrate, suggerì ai carabinieriaccorsi (il tenente colonnello Guido Petrini e ilmaggiore Pietro Rossi, comandanti del Gruppodi Milano, l’uno, e del nucleo operativo, l’altro):“Mettetegli i baffi: per me è l’editore GiangiacomoFeltrinelli”. Le indagini gli detteroragione.Ranieri Orlandi, egregio nerista di via Solferino:“Maurizio era un cronista che batteva imarciapiedi, come si diceva una volta per indicarechi viveva la notizia in prima persona: tragli investigatori, in mezzo alla gente, di notte edi giorno. L’orologio lo guardava solo per vederequanto tempo ancora aveva per dettare ilpezzo al giornale. Era un ‘reporter’ che fiutavala notizia”. Ranieri lo conobbe negli anni ’70.“Io un pivello, lui smaliziato e generoso con igiovani purché avessero la sua stessa passionenel cercare la notizia. Mi viene in mente unsabato del ’78, nel cortile della caserma <strong>dei</strong>carabinieri di via Moscova”. Stavano seguendole indagini sul rapimento di Erika Ratti, 24anni, la figlia del “re” della seta. “A mezzogiorno,come sempre, ci trovammo con altri colleghiin sala stampa, dove c’era una stranaagitazione. Uscendo, Maurizio mi disse in unorecchio: ‘Qualcosa di grosso bolle in pentola.Io torno nel pomeriggio’. Conoscevo il suofiuto, il consiglio era chiaro: dovevo tornareanch’io”. Alle 17 i due colleghi ricomparvero invia Moscova, tentarono di smuovere qualcheufficiale, ma la risposta era sempre la stessa:“Non possiamo dirvi nulla, comunque per oggistate tranquilli, vi conviene andare a casa,tanto è sabato”. Queste parole per il grandeAcquarone erano come il fuoco sotto la cenere:dunque non bisognava muoversi di lì.“Verso le 20.30 - continua Ranieri - andammoal bar della caserma per prendere un caffè evi incontrammo il maggiore Franco Delfino,continua a pag. 22abbastanza bene, mettendoci una grinta damastino, quale in fondo era dietro quel suofare garbato e schivo, privo di fronzoli e diparole inutili.E aveva ripreso a trottare come sempre, conla sua immancabile cartella piena di fogli, gliocchiali a penzoloni sullo stomaco, uncappellaccio scuro d’altri tempi.Vigile e attento a scrutare sottecchi se nelgrigiore dell’inverno milanese spuntasse uncolore, un colore qualsiasi che potesse ricordargliun fiore. E allora il discorso cambiavasubito, e mi raccontava di gardenie, rose erododendri.21


I NOSTRI LUTTILIBRERIA DI TABLOIDAcquarone/segue da pag. 21che guidava il nucleo operativo. ‘Siete ancoraqui? Allora, se mi date la vostra parola d’onoreche non dite niente ai vostri giornali, vi raccontoche cosa sta succedendo: abbiamo arrestatoil boss della ’ndrangheta Antonino Scopelliti,lui sa dov’è tenuta prigioniera Erika Ratti. Seesce la notizia dell’arresto, i suoi complicitrasferiscono l’ostaggio. Datemi un paio di giornie lo faremo parlare. In cambio vi promettoche a qualsiasi ora libereremo la Ratti sarete iprimi ad essere informati’. Io e Maurizio ciguardammo negli occhi senza parlare: avremmorispettato il patto”. Alle 5.30 di domenicasquillò il telefono e mezz’ora dopo Maurizio eRanieri erano di fronte a Erika Ratti, per l’intervista.Giorgio Guaiti, in passato nerista al “Giorno”(oggi impegnato nelle cronache della Scuola):“Maurizio aveva un modo di fare duro a difesadella sua personalità. Ma grande reporter: lesue notizie erano di prima mano, sicure, spessoin esclusiva. Aveva una grande passioneper il mestiere e per la nera in particolare”.Piero Lotito, anche lui del “Giorno” e con unbrillante curriculum di nerista (attualmente sioccupa di cronache e inchieste culturali):“Maurizio aveva grande professionalità e scrivevamolto bene, con un linguaggio di scabramodernità. Lo ricordo come uomo sanguigno,ma sincero e generoso. Mi dispiaceva negliultimi tempi della sua carriera attiva constatarecome si fosse lasciato mettere da parte,dimenticando il proprio talento e il propriosapere di giornalista”.Anche Achille Serra, prefetto di Firenze, eFrancesco Colucci, questore di Genova, ricordanoMaurizio con ammirazione. Serra:“Acquarone era un ottimo giornalista. Con luiho vissuto pagine bellissime e drammatichedella storia di Milano. Lo apprezzavo per il suoimpegno professionale, per la grande capacitàdi arrivare alla notizia, caratteristica straordinaria<strong>dei</strong> cronisti di un volta. Seguì da vicino ebene il sequestro del piccolo Alemagna, e levicende della banda Vallanzasca. Perdiamouno <strong>dei</strong> grandi della stampa degli anni ’70”. EColucci: “Ricordo il grande giornalista da strada,sempre con la sigaretta sulle labbra, ascovare notizie. Aveva anche qualità di investigatore,e anche un alto spessore umano.Amico fraterno, avevo per lui tanta stima”.Una stima riscossa sul campo. “Una notte delsettembre ’70 - riferisce un poliziotto che vuolerimanere anonimo - mi trovavo in questuraquando un vicecommissario avvertì il brigadiere:‘Attento, è la quarta volta in mezz’ora chequel rompiscatole di Acquarone mi telefona,mi sa che ha già captato la notizia di quell’arresto.Confermo che deve rimanere riservataalmeno per due giorni. Macché riservata, ilmattino dopo era già spiattellata sull’“Avvenire”.Acquarone era un mago”. Prima che algiornale cattolico aveva lavorato all’AgenziaItalia, a “Stasera”, a “l’Avanti”, approdando infineal quotidiano di via Fava.Quanta cronaca nera attraversata, senza mairisparmiarsi. I sequestri di persona erano all’ordinedel giorno: tra le vittime, Cristina Mazzotti,1 luglio ’75; l’architetto Aldo Cannavale, 22novembre ’73; l’industriale Carlo Lavezzari, 18aprile ’78 (fu trascinato fuori da un taxi da treindividui, di cui uno travestito da poliziotto);Tullia Kauten, 5 marzo ’81 (fu presa mentre siaccingeva a salire sulla sua auto, trasportata aSavona e data in custodia al clan <strong>dei</strong> calabresiLeo, Giuseppe e Francesca Morabito);Emanuela Trapani, figlia del titolare della HelenCurtis, 13 dicembre ’76, con la quale RenatoVallanzasca inaugurò il suo nuovo “business”,quello appunto <strong>dei</strong> rapimenti. Maurizio Acquaroneera insancabile nel portare acqua al giornale.Instancabile anche nel cercare primizie inoccasione delle sparatorie tra bande rivali perle strade della città. Come quella, furibonda, inviale Piave, a Milano, nel gennaio ’80, durantela quale la polizia catturò Gaetano Mirabella,infagottato in un giubbotto antiproiettile, e FrancescoDi Paolo, poi intrappolato anche nelleindagini sulla strage di Moncucco. Maurizio fuil primo ad accorrere, il 13 maggio ’80, in vialeArgonne, a Milano, dove al semaforo le armiavevano bucherellato Buccheri e Leonardi,autisti di Luciano Liggio, andatisi poi a schiantarecon l’auto contro un palo in ferro dellaluce.All’epoca del terrorismo Maurizio chiese eottenne il porto d’armi. Erano anni di tensione,di paura. I brigatisti miravano anche ai rappresentantidella carta stampata. Il primo ad essereferito fu il direttore del “Secolo XIX, VittorioBruno, il 1° giugno ’77 a Genova. Il giornodopo a Milano, verso le 10 del mattino, uncommando attese vicino a piazza CavourIndro Montanelli, direttore de “Il GiornaleNuovo”, appena uscito dall’Hotel Manin, e glisparò alle gambe (una foto consegna allastoria il leone ferito con un’espressione piùfurente che dolorante). Il 7 maggio ’80 le pistolevennero puntate contro il giornalista di“Repubblica” Guido Passalacqua, azione,questa, rivendicata dalla brigata XXVIII Marzo.Tre colleghi del “Giorno” erano entrati nella listadelle Br, che però non riuscirono ad eseguirele sentenze. Uno di loro, alle 11 di sera,telefonò a un collega con il quale il giorno dopoavrebbe dovuto seguire una conferenza-stampasu una grande operazione antidroga <strong>dei</strong>carabinieri. “Non vengo con te domani - glidisse - mi ha telefonato un terrorista pentito inpartenza per l’estero e mi ha detto di stare inguardia, perché sono un obiettivo. Andrò aparlare con Dalla Chiesa”.“Gambizzazioni”, omicidi, sequestri cosiddettivolanti e sequestri prolungati. Il 3 marzo ‘72le Br aprirono la lista <strong>dei</strong> rapimenti tenendo inostaggio per alcune ore il dirigente della SitSiemens Idalgo Macchiarini: lo processaronoa bordo di un furgone e lo rilasciarono dopoaverlo fotografato. Cadde l’orefice Torreggiani,il 19 maggio ’76; caddero poliziotti penitenziari(il maresciallo De Cataldo, 20 aprile’78); magistrati (Alessandrini, il 29 gennaio’79), studenti (Waccher, 7 <strong>febbraio</strong> ’80); poliziotti(Tatulli, Cestari, Santoro, 8 gennaio ’80,sotto il ponte di via Schievano); le forzedell’ordine scoprirono covi pieni di armi,munizioni, schede con biografie, movimenti,orari e frequentazioni delle persone da colpire(via Negroli 30/2, nel capoluogo lombardo).In pista, per la cronaca del “Giorno”,anche Maurizio Acquarone. E sempre lui futra i primi ad arrivare in piazza Fontana, il 12dicembre ’69, nella Banca Nazionale dell’Agricolturadevastata da una bomba “nera” (16morti e 87 feriti); e in via Cherubini 5, il 17maggio ’72, giorno dell’assassinio del commissariocapo Luigi Calabresi.Maurizio aveva anche slanci di magnanimità.Un’estate andò per tre giorni a Lampedusa,dove conobbe Domenico Modugno, convalescentedopo l’ictus che lo aveva colpito in unostudio di Mediaset durante la registrazione diun programma. Mister Volare lo prese in simpatiae Maurizio si offrì di aiutarlo a fare il bagnoin mare. Quando tornò al giornale, il suo primopensiero fu quello di scrivere un pezzo su quell’incontro.Infilò il foglio tra le labbra della suaOlivetti e cominciò a picchiare sui tasti. Poiandò nell’ufficio del compianto Guido Gerosa,che con il suo solito sorriso ieratico si impegnònella lettura. “Bellissimo questo tuo pezzo, -commentò alla fine - Lo metto in pagina domani”.Maurizio tornò in cronaca tutto contento.Anche se non lo dava a vedere, gli facevapiacere sentirsi dire che era bravo. E bravo sirivelò anche nel pronto soccorso redazionale.Un giorno Giancarlo Botti - al quale erano affidatianche i resoconti delle vicende della curiamilanese - trangugiando un’albicocca per lafretta di correre ad un appuntamento, si ritrovòin gola il nocciolo rischiando di soffocare. Maurizio,che era seduto alla scrivania vicina, feceun balzo, afferrò il collega in pericolo, lo rovesciòtenendolo per i piedi e gli assestò un colpoallo stomaco costringendo il corpo estraneo ariemergere. Ripresosi dal trauma, Botti, ancorapallido, poté scherzare: era più temibile la bottadi Maurizio o il nocciolo intrufolatosi nel suoesofago?Era molto legato alla sua famiglia, alla moglieColette, ai figli Paola e Andrea: ne era orgoglioso.Spesso, il mattino, arrivava in cronacacon una copia del “Giornale Nuovo” e al nerista,che lo aveva preceduto, e solo a lui,domandava: “Hai letto il pezzo di Andrea?”.“Sì,l’ho letto, è scritto molto bene”. Replica: “Lo so,non c’è bisogno che me lo dica tu”, e scendevaal primo piano, per bere una birra al barettointerno. Maurizio era fatto così. Oggi asproanche con le persone che stimava; il giornodopo gentile ma con parsimonia e magari peruna frazione di secondo soltanto.Povero Maurizio, stroncato a 62 anni da unmale carogna. Lo rivedo pensieroso, la sigarettafumigante fra le dita, il volto scuro. Ormaisvuotato, senza più alcuna emozione perquesto mestiere capace di dispensare gioie edolori, illusioni e frustrazioni, carriere ingiustee salti meritati. “Quando arriverà per me il giornodella pensione - sognava - me ne andrò avivere in un ‘kibbutz’. Accennando ai suoisoggiorni nella terra di Davide, lasciava trasparirela sua fede ebraica.Maurizio, ti ricordo con affetto.Franco PresicciDomenico BellantoniLesione <strong>dei</strong> diritti della personaprefazione di Giuseppe Francopresidente aggiunto onorariodella Corte di CassazioneL’opera del professor DomenicoBellantoni, eminente avvocatodel Foro milanese enoto docente universitario, èuna esemplare trattazionedella cruciale tematica <strong>dei</strong>danni alla persona e dell’apparatogiuridico penale e civile,esistente nel diritto positivoper la protezione e riparazione<strong>dei</strong> diritti fatti oggetto diiniuria.L’Autore, con ammirevolesubtilitas giuridica, esprimendosi- direi cartesianamente -in forma chiara e distinta, haorganizzato la sua ricerca(contrassegnata, nel contempo,da un elevato valorescientifico e dalla idoneità dellavoro ad essere proficuamenteutilizzato, quotidianamente,dall’operatore del diritto)in tre capitoli.Ognuno di questi è strutturatoin numerosi paragraficorredati dall’opportuno preambolocostituito dai referentilegislativi e bibliografici;successivamente è espostala vera e propria disamina delsingolo argomento, affrontatoe discusso dal Bellantoni,in modo critico e funditus, nelcontesto dottrinale più validoed aggiornato ed infine riguardatonel quadro delleultime decisioni (penali o civili)<strong>dei</strong> giudici di legittimità e dimerito.Il primo capitolo del volumeconcerne il pregiudizio all’onoreed alla riservatezza,studiato dal Bellantoni sotto ilprofilo giuridico dell’illecitopenale. In proposito, mi limito(per ovvie ragioni di brevità)a segnalare per il loro rilievo,anche ai fini dell’impiego delvolume nell’attività professionale,i paragrafi sui reati d’ingiuria,diffamazione, calunniae di interferenze illecite nellavita privata (legge n. 78 del1974, art. 615-bis c.p. ecc.).Vale la pena di evidenziareche in tema di calunnia è statanettamente contestata dalprof. Bellantoni la configurazionedi questo reato comedelitto contro l’Amministrazionedella giustizia, proponendola definizione della calunniain relazione alla violazione<strong>dei</strong> diritti inviolabili dellapersona garantiti dalla Costituzionerepubblicana.Per il Bellantoni, quindi, ildelitto di calunnia deve essereinserito tra i delitti contro lapersona, ed egli si augurache un legislatore costituzionalmenteilluminato soddisfitale esigenza senza indugi esenza remore di sorta.Del resto, come l’illustre Autorerileva, sia nel giure romanoche in alcuni codicidegli Stati Italiani preunitari,la calunnia era punita inmodo esemplarmente rigoroso,in quanto esponeva aingiuste sanzioni penali ilcalunniato: sicché il calunniatorepoteva esserecondannato (sostanzialmente)alla stessa pena cheaveva auspicato callidamenteper la vittima.Il secondo capitolo è attinentealla materia della lesioneall’onore ed alla riservatezza,questa volta consideratasotto l’aspetto civile.L’analisi delle varie forme,che può assumere l’offesaalla persona dal punto divista civilistico, ha necessariamentedeterminato l’Autorea condurre un esame attentoed approfondito deglispecifici diritti della personaassunti come violati (dirittoall’immagine, diritto al nome,diritto morale dell’autore, dirittoalla reputazione economicaed al marchio d’impresa,diritto all’identità personaleed infine diritto alla riservatezza- ampio spazio è statoqui dedicato alla legge 31dicembre 1996 n. 675 sullaprivacy).Ogni questione, lo si ribadisce,è stata preceduta dacongrui riferimenti alla legislazionein vigore e da citazioniprecise ed efficaci dicarattere bibliografico; èseguita poi da un pregevolelavoro critico (che il Bellantoni,con una modestia rarache va a suo merito, definisce“note di dottrina”) ed èinfine completata da unminuzioso rapporto sui responsidella giurisprudenzain materia.Il terzo ed ultimo capitolo dellibro riguarda il risarcimentodel danno. Questa parte èquella in cui il Bellantoni hasaputo efficacemente dimostrarela profondità critica el’originalità del suo pensaregiuridico. Qui si manifesta,nella massima misura, lavolontà e l’impegno delloscrittore di non acquietarsi inuna compilazione di routine oGianni BorsaGiovanni Marcora.Un politico “concreto”dalla Resistenza all’Europadi Marcello StaglienoSe ci fu un vero tecnico, sulpiano nazionale e internazionale,nel campo dell’agricoltura,questi fu senzadubbio Giovanni Marcora.Fu, soprattutto, un uomopolitico di primissimo piano,animato fin da giovane dauna profonda ispirazionecattolica che - dopo un’attivapartecipazione nella Resistenza,in cui si distinse conil nome di “Albertino” a fiancodi Eugenio Cefis tra l’Ossolae il Milanese - l’avevaspinto nel dopoguerra aiscriversi alla Democraziacristiana, impegnandosinella campagna elettoraledel 18 aprile 1948. Dopoaver lavorato, grazie al diplomadi geometra, in unapropria impresa di costruzionisia per privati sia nell’ambitodell’Eni di Enrico Mattei,Marcora - nato a Inverunonel 1922 e prematuramentescomparso nel 1983 - percorseun cursus honorum inpolitica che è oggi oggetto diun breve quanto appassionatosaggio del giornalitaGianni Borsa, appena editopresso il Centro Ambrosianonella collana “Protagonistidel nostro tempo”.Nella propria analisi Borsa -che ha al proprio attivo numerosepubblicazioni sull’economialombarda e sullastoria del movimento cattolicospecie relativamente alprocesso d’integrazione e-uropea (Alle radici dell’Unioneeuropea,1997) - prendele mosse dall’esordio diMarcora. Per l’esattezza dalconvegno da lui promosso aBelgirate il 27 settembre1953, con l’appoggio diMattei, promuovendo lanascita della corrente di“Base” (e dell’omonima rivistaquindicinale), destinatanegli anni successivi adiventare una delle componentiessenziali della sinistrademocristiana.Auspicava, Marcora, una Dcmaggiormente attenta aiproblemi sociali, in eventualecollaborazione con il Psiper strapparlo soprattuttodall’alleanza con il Pci. Nellanuova corrente confluironogiovani attivisti democristianitra cui Carlo Donat-Cattin,Gian Aldo Arnaud, LucioMagri, Ciriaco De Mita,Riccardo Misasi e GerardoBianco. Marcora li indirizzòad appoggiare le iniziative22 ORDINE 2 <strong>2000</strong>


LIBRERIA DI TABLOIDDomenico Bellantoni,avvocato e giornalistapubblicistanel rassicurante déjà vu. Eciò ha particolare valore in unperiodo nel quale, nellanostra letteratura giuridica, simoltiplicano quegli scritti formati“per assemblaggio”(computer permettendo) o inon rari frutti di un affrettatolavoro di gruppo, di frequenteprivi di coesione, di uno stileunitario ed affetti dalla piagadell’oscurità del linguaggio.Lasciamo al lettore il piacereed il gusto di comprendere escoprire da sé con quantaerudizione, spirito critico evivacità espressiva il Bellantoniha scritto sul confrontofra illecito e responsabilitàcivile, da una parte, e responsabilitàpenale dall’altraparte; nonché sul danno risarcibile,sul danno patrimoniale,su quello non patrimonialeoppure sulle funzioni eriparazione del danno allapersona, nonché sui criteri diliquidazione e sul risarcimentoin forma specifica.Credo doveroso invece soffermarmiin questa prefazione(ancorché brevemente)sulle novità radicali o megliosulle posizioni dottrinali completamenteoriginali e grandementevalide che il prof.Bellantoni ha proposto, discutendosulla nozione didanno biologico e tracciandole linee del c.d. “dannoesistenziale ”.L’impostazione consueta deldanno biologico come risultatoautomatico della eterointegrazionedella norma civilisticadell’articolo 2043 codicecivile con l’art. 32 dellaCostituzione è stata nettamentecontestata dall’Autore.Anzitutto il Bellantoni hafilosocialiste di Fanfani, chenel congresso della Dc riunitoa Vallombrosa, cooptò (14luglio 1957) la “Base” nelladirezione del partito.La nomina (aprile 1958) asegretario regionale dellaDc lombarda mise in luce leeccellenti qualità politiche eorganizzative di Marcora,con cinque obiettivi: prepararei “quadri” dirigenti delpartito sul piano locale enazionale, per farne vericommis d’Etat; promuoverela collaborazione concretacon il Psi; attivare l’ attuazionedella Carta costituzionaledel 1948 specie sull’istitutodelle Regioni; attivare ilgoverno sia per una razionaleprogrammazione economicasia per l’applicazione<strong>dei</strong> contratti collettivi di lavoro;spingere l’Italia ad accen-osservato che una letturaprivatistica dell’articolo 32della Costituzione è infondata,perché la portata del precettoin parole è “di naturaprettamente pubblicistica”.La norma dell’articolo 32 èintesa dall’Autore, alla lucedella interpretazione logico-sistematicadel primo edel secondo comma delladisposizione citata, comevolta a “proclamare il dirittodell’individuo ed il corrispondentedovere di tutela dellasalute del cittadino unicamentenei confronti dell’ordinamentostatuale ”.In altri termini, per l’insignegiurista, il diritto alla salute èconsiderato nell’articolo 32della Carta Costituzionalenon come prerogativa dell’uomoin quanto tale, ma uticivis, ovverosia quale componentedi un apparato socialeche si prefigge di garantirela tutela della salute delsingolo, onde realizzare latutela della salute della collettività.Sul punto, il tenace considerevolesforzo ermeneutico delBellantoni si estende allaesegesi <strong>dei</strong> lavori preparatoridell’Assemblea Costituente, iquali confermano inequivocabilmentela conclusioneche l’articolo 32 configura latutela della salute come uno<strong>dei</strong> compiti istituzionali delloStato: con l’effetto che essonon impinge nei rapporti fraprivati.Di qui il Bellantoni trae un’ulterioreconseguenza: l’articolo32 della Costituzionenon è idoneo a giustificaregiuridicamente la risarcibilitàdel danno biologico. Quindil’Autore ha elaborato ilconcetto giuridico di dannobiologico rinvenendone ilfondamento nell’articolo 2della Costituzione relativo aidiritti inviolabili dell’uomo (neiquali si colloca indubbiamenteanche il diritto allasalute). Ha applicato poi allaviolazione di siffatti diritti latuare la collaborazione congli altri Paesi continentali invista dell’Unione europea. Diforte temperamento, coraggiosoe a un tempo prudentenei rapporti con gli esponentidel suo e degli altripartiti, poteva apparire uomonon facile. E per molti aspettilo era. Ma con una generositàche lo spingeva a farclausola generale risarcitoriaenunciata nell’articolo 2043codice civile.Vale la pena di notare che loscrittore circoscrive, in positivo,il danno biologico (dicui è un aspetto altresì ildanno psichico, accuratamentedifferenziato dall’autorerispetto al danno moralesubiettivo) alla sola lesionefisiologica, riscontrabileoggettivamente medianteun’appropriata indagine medico-legale.Ma la riflessione del giuristaBellantoni procede ben oltrela ristretta problematica suldanno biologico e si cimentabrillantemente con l’impegnativaelaborazione dellacategoria del “danno esistenziale”o “personale”. A questotipo di danno il Bellantoni, inbuona sostanza, attribuisceun ruolo centrale di sintesi<strong>dei</strong> molteplici pregiudizi aidiritti inviolabili garantiti dall’articolo2 della Costituzione.Il danno esistenziale è disegnatocome species autonomadi danno; è inoltre interpretatopure come categoriacomprensiva (o, se si vuole,assorbente) di ogni possibilevoce di danno alla persona(compreso quello biologico).Ogni volta che una posizionegiuridica soggettiva protettadall’art. 2 della Costituzioneviene vulnerata, l’individuosubisce un’alterazione inpeius del suo modo di essereal mondo (weltanschaung,direbbero i moderni filosofitedeschi), cioè un pregiudizioalla vita medesima delsoggetto leso. Tanto si verificaa causa dell’incidenzadella menomazione, patitadall’individuo, sulla sua integritàfisica, psichica, intellettuale,morale e persino sentimentale.La valenza giuridica del“danno esistenziale” definitodal Bellantoni risiede nell’inserimento,in questa categoriagiuridica, di tutti queipregiudizi atti a generarenell’uomo offeso una illecitademinutio <strong>dei</strong> fondamentidiritti dell’individuo. In talguisa, all’evidenza, trovanocollocazione nel dannoesistenziale: il danno alla vitadi relazione, la lesione reputazione,il danno per la mortedi un familiare, ecc.Giustamente il Bellantonicompleta l’excursus suldanno esistenziale, riconoscendola legittimazione all’azionerisarcitoria ex articolo2043 codice civile per siffattodanno, non solo in capo agliindividui, bensì anche in favoredelle persone giuridiche,degli enti ed associazioni,sull’indefettibile presuppostoche questi ultimi siano titolaridi un diritto all’onore, allareputazione, all’identitàpersonale.Concludo, osservando che ilBellantoni, con il suo preziosovolume, ha aperto allamateria giuridica risarcitorianuovi orizzonti di ricerca e diapplicazione, praticando varchiinediti e utilissimi nelmuro delle opinioni tradizionali.Il successo editoriale diquesto libro appare sicuro;auspico però che esso valgacome fermento giuridicopositivo nella palude dottrinalesovente dominante e chepossa suscitare ulterioriproblematiche, ancora nuovericerche e discussioni indottrina ed in giurisprudenza.Domenico Bellantoni,“Lesioni <strong>dei</strong> dirittidella persona(tutela penale-tutela civilee risarcimento del danno.Ingiuria, diffamazione,calunnia, tuteladella privacy,danno patrimoniale,danno non patrimoniale,danno biologico,danno esistenziale)”,Cedam <strong>2000</strong>,pagg. 423,£ 60.000.“crescere” attornoa sé nonpochi giovani capaci(per esempioRoberto Mazzotta),all’insegnadi una perspicaciache glifece affrontare itemi essenziali, atutt’oggi in parteirrisolti, della vitapolitica nazionalee internazionale.Difficile riassumere qui letappe più significative dellasua vita, a cominciare dalprimo centro-sinistra realizzatonella giunta comunalea Milano (21 gennaio 1961).Senatore nel 1968 (rielettonel 1972,1976 e 1979),dopo essere diventato nel1973 il “vice” di Fanfani nellasegreteria Dc fu ininterrottamente,dal 1974 al 1981 inpiù governi, ministro dell’agricoltura:con una competenzae una forza “decisionista”che gli vennero riconosciuteanche all’estero. Giàvicino ad Aldo Moro nel ritenerecredibile Berlinguer,durante la tragica odisseadello statista democristianorapito dalle Brigate rosseaveva sostenuto la “lineadella fermezza”, da più particriticata. Ma anche questesue convinzioni muovevanoda una specchiata onestà,che illumina l’intero suooperato.Ministro dell’Industria conSpadolini (1981-1982), vennecolpito da grave malattia,spegnendosi nella sua Inverunoil 5 <strong>febbraio</strong> 1983.Conlui scompariva uno degliuomini più capaci, e onesti,della prima Repubblica.Gianni Borsa,Giovanni Marcora.Un politico “concreto”dalla Resistenzaall’Europa, Ed.Centro Ambrosiano,pp.104, £ 10.000Paolo Di StefanoIl grande pontedi Gian Luigi FalabrinoÈ molto raro che un grandedolore produca un’operaartistica, valida in sé e pertutti i lettori, e non solo comeconsolazione di chi l’ha scritta.Di solito, anzi, resta neldiario, nello sfogo sentimentaleche non si sublima nellacreazione artistica.Proprio il contrario di ciò èavvenuto a Paolo Di Stefanoche, in questo “Il grandeponte”, ha trasformato il suodolore personale e grandissimo(ha perso improvvisamentel’unica figlia, ventisettenne)in un messaggiomolto originale di fede esperanza, modulato con iritmi della poesia e dellamusica. Come dice monsignorBuzzi nella prefazione,“La ferina crudeltà non èaddomesticabile e le sueferite non sono curabili, senon da chi crede soprattuttoalla vita”. E infatti l’allegoriadi Di Stefano è, paradossalmente,un inno alla vita e,più, un inno alla gioia.Alessandra si è laureata inarchitettura, e poco dopo, èandata a Parigi a lavorarenello studio di Alain Spielmann,grande progettista diponti. Al concetto di ponteAlessandra aveva dedicatola tesi di laurea; e il ponte, il“Grande Ponte di Ale” diventaper Paolo Di Stefano unametafora della vita e dellamorte, del passaggio fra lavita e la post-vita, in unaparola, una metafora delParadiso.Senza scomodare la grandeombra di Dante, sono peròquasi certo che la letteraturaitaliana non aveva più conosciutouna visione cristianadell’aldilà, dai tempi <strong>dei</strong>mistici medievali. La visioneè fecondata da elementi direaltà, da ricordi dell’infanziae della giovinezza di Alessandra:la corsa sul ponte diBrooklyn, la visita a Mont-Saint-Michel, gli studi, ilbreve soggiorno a Parigi. Madiventa una visione autonomadi fantasia, retta da unalogica interna e da un ritmomusicale: il grande ponte diAle è invisibile, è ricco digiardini, ognuno è dedicatoad un’arte e in ciascuno cisono i “luoghi della libertà”.Il Grande Ponte è un Cantiere,e questa è un’intuizionemolto originale: il paradisovisto non come l’immobilefelicità della contemplazione,secondo la tradizione,ma come opera di costruzionecontinua nel quale siviene “assunti”, a discrezione,per lavorarvi. Il Cantiereè tutto, anche la realizzazione<strong>dei</strong> sogni, e quindi fabbricaogni cosa, anche l’inimmaginabile.Ha un’Alta Direzionee una commissioneselezionatrice, tre membri lacui identità rimane segreta(evidentemente è il misterodella Trinità), e che probabilmentecoincide con l’AltaDirezione. Lasciamo al lettoredi penetrare nell’architetturacomplessa e logica <strong>dei</strong>molti particolari che caratterizzanoil Cantiere (l’apprendistato,le raccomandazioni,cioè le preghiere all’AltaDirezione e al “personale”più vicino ad essa, la “forzavendita”, cioè i preti, le festeper i nuovi assunti, tuttediverse tra loro ma con l’unicoscopo di creare felicità).E restiamo alla maggioreoriginalità della visione: ilCantiere come lavoro eproduzione: di idee, d’ispirazione,di musica; è un pontefatto di musica, fede, giustizia,di solidarietà.Tutti debbono e possonoconcorrere alla costruzionedel ponte, per analogia,forse, con ciò che aveva giàdetto Jean Delannoy, “Dioha bisogno degli uomini”.Quando il Ponte sarà terminato,il Cantiere darà unafesta, la più grande di tutte:un concerto che si apriràcon lo strumento solista ilquale canterà il dolore degliesclusi, di coloro che sonorimasti: ma dopo il solista,l’orchestra farà il miracolo ditrasformare il dolore in gioia.Questi accenni non possonodare che una pallida idea delmodernissimo Paradisoscritto da Di Stefano in unostile piano e essenziale, nelquale si alternano le prosepoetiche e le prose apparentementepiù razionali: tutteaccomunate dai sottotitolimusicali, che ne fanno una“partitura” analogica.Dove il contrappunto è fra ildolore per la morte e lacertezza che “l’architettosarà lì ad accogliere quelvecchio che lei non ricorda,che vede animato di un inarrestabileflusso d’amore eche dice di essere stato suopadre”.Chi non ha la fede di DiStefano si chiede perché Dionon gli abbia dato la grazia,ed è tentato di mettere ilGiudice Supremo sul bancodegli accusati, come fa IndroMontanelli che vorrebbechiedergli: “Perché non mihai dato la fede?” “Perché –se Dio esiste – dà la lucedella fede solo ad alcuni?”(nell’intervista a “L’Express”del 20 gennaio). Chi non hala fede di Di Stefano invidiala speranza, invidia la capacitàletteraria di esprimerlacon tanta fantasia e, insieme,con tanta logica: un libroche è una scoperta letteraria,da leggere e meditare.Paolo Di Stefano,“Il grande ponte”,Marietti 1820, 1999,£ 30.000L’ECODELLA STAMPAECO STAMPAMEDIA MONITOR S.R.L.Via Compagnoni 28,20129 MilanoTel. 02 74 81 131Fax. 02 76 11 03 46ORDINE 2 <strong>2000</strong>23


A voler individuare, in questo fin di secolo,uno degli aspetti più significativi — e cheavrà maggiori ripercussioni nel futuro —dell’evoluzione della professione giornalistica,esso è rappresentato dal progressivosgretolamento dello schema tradizionale diinquadramento professionale, l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><strong>Giornalisti</strong>, con conseguente monopoliosull’esercizio dell’attività informativa esull’applicazione del contratto collettivo dilavoro. Ciò è dovuto, per un verso, all’espansionedell’area informativa attraversomezzi tradizionali, per altro verso all’emersionedelle nuove tecnologie.Sul primo versante si va ingigantendo l’attivitàdi informazione specializzata: si pensialla moda, al tempo libero, agli sport, allacasa, agli animali, all’arte, oggetto di pubblicazionio trasmissioni apposite per le qualii soggetti coinvolti tendono sempre meno aessere iscritti all’Albo professionale. Equesto fenomeno non tocca solo i periodici,ma penetra all’interno della roccafortedel sistema — la stampa quotidiana — laquale sempre più fornisce “inserti” specialisticiredatti da non iscritti all’Albo. È evidenteche in questo fenomeno giocano unruolo non trascurabile esigenze di contenimentodi costi, con conseguente fuga dallerigidità contrattuali e previdenziali connessealle figure professionali tradizionali. Maè proprio in questo modo che nasconocategorie nuove.BOTTA E RISPOSTASU «IL SOLE 24 ORE»Ma Internetscardineràl’Albo chiusoSul secondo versante, la diffusione di Internet,oltre che consentire a chiunque direalizzare un prodotto informativo, incide inmaniera profonda su quest’ultimo. Labrevità, l’uso dell’inglese come lingua franca,l’influenza della grafica, la possibilitànecessitàdi collegamenti (i links), la necessitàdi adattamento per consentire il reperimentodell’informazione sulla rete sono tuttifattori che cambiano il modo di informare,con un’impronta fortemente tecnologica.L’evoluzione non finisce qui, perché, se è(e rimane) vero il principale teorema diMcLuhan (il mezzo è il messaggio), ci sidi Vincenzo Zeno-Zencovich*avvede facilmente della profonda differenzafra un messaggio che viene fruito attraversola stampa o la televisione e uno che,invece, viene fruito tramite monitor.Nel momento, dunque, in cui l’informazionenon è più appannaggio esclusivo di unacategoria professionale dotata di forteconnotazione formale (l’iscrizione a un<strong>Ordine</strong>), ed è in maniera significativa svoltada soggetti diversi, con diverse “professionalità”,e in un ambiente di lavoro diversodalla tradizionale redazione, la sussistenzadell’<strong>Ordine</strong>, come finora inteso, non ha piùsenso, così come non avrebbe senso un<strong>Ordine</strong> degli avvocati se gran parte dell’attivitàlegale venisse svolta da non iscritti.E, al tempo stesso, si spiega il tentativo —pienamente giustificabile dal suo peculiarepunto di vista — del sindacato <strong>dei</strong> giornalistidi portare sotto la propria egida le nuovefigure professionali di operatori dell’informazione.Sono però sotto gli occhi di tuttinon solo le resistenze degli editori, masoprattutto le tendenze centrifughe volte ascardinare la realtà del “sindacato unico”<strong>dei</strong> giornalisti e a costituire nuovi sindacati(o, almeno, un nuovo sindacato) concorrenzialirispetto alla Fnsi.Tali evoluzioni vanno viste con favore. Quelche invece desta preoccupazione è lamancanza di una visione complessiva dellasituazione da parte di molti <strong>dei</strong> protagonisti.Se l’informazione è diventata la piùimportante (dal punto di vista sia economicoche strategico) commodity delle societàmoderne, la cui circolazione, per la suanaturale immaterialità, è facilmente globalizzata,non c’è da meravigliarsi che cambi,e in modo radicale, la professione di chiproduce e diffonde informazione. Certamenteci si può arroccare nel difendere ilfortino, sull’esempio delle compagnieportuali. Ma le “merci” (le notizie, i dati, lapubblicità) prenderanno inesorabilmenteun’altra strada.* da “Il Sole 24 Ore”del 31 dicembre 1999<strong>Giornalisti</strong>, futuro da “yes-man” se sparisce l’Albodi Franco Abruzzo*Vincenzo Zeno-Zencovich dipinge (“Il Sole 24 Ore” del 31dicembre 1999) un quadro pessimistico della professionegiornalistica, che rappresenta, però, una realtà onirica dell’anticodifensore del “Comitato promotore del referendum sullaprofessione giornalistica” (“Il Sole 24 Ore” dell’8 gennaio1997). In breve, dice Zeno Zencovich, l’espansione <strong>dei</strong> mezzitradizionali di informazione (i quotidiani) e le nuove tecnologie(Internet) stanno progressivamente sgretolando “lo schematradizionale di inquadramento professionale” e rendendosuperflua la “sussistenza” dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>.I fatti smentiscono Zeno-Zencovich: i mezzi tradizionali diinformazione (i quotidiani) non sono affatto in espansione(avendo perso 900mila copie negli ultimi 10 anni), mentre igiornali telematici si stanno rivelando un serbatoio di opportunitàdi lavoro per i giornalisti: si pensi alle redazioni costituitead hoc per le versioni on-line <strong>dei</strong> grandi fogli nazionali. Leriviste specializzate (moda, tempo libero, sport, casa, animali,arte) sono create, organizzate e “governate” da redattoriregolarmente assunti. Sono in aumento, invece, i collaboratoriliberi o free lance. Oggi l’Inpgi (l’Istituto di previdenzadella categoria) ha 11.500 iscritti (circa), cifra statica da unpaio di anni, mentre l’Inpgi-2 (la cassa <strong>dei</strong> free lance), associando8mila giornalisti, fa segnare un piccolo boom. Anchein Italia, quindi, sta avvenendo quel che accade nel restodell’Europa: stabilità del numero <strong>dei</strong> redattori utilizzati atempo pieno, crescita impetuosa <strong>dei</strong> giornalisti liberi professionisti.Il sindacato unitario (Fnsi), impegnato in una trattativadifficile con gli editori (Fieg), insegue la stesura di unprotocollo per i liberi professionisti. Questi ultimi non possonoaspirare a un contratto, che farebbe a pugni con la loroveste di prestatori autonomi d’opera intellettuale.La circostanza che, come annota Zeno-Zencovich, centinaiae centinaia di cittadini collaborino con quotidiani, periodici, tge radiogiornali dimostra che l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> non è unacorporazione e che la legge professionale “non tocca il dirittoche a ‘tutti’ l’articolo 21 della Costituzione riconosce: questosarebbe certo violato se solo gli iscritti all’Albo fossero legittimatia scrivere sui giornali, ma è da escludere che una siffattaconseguenza derivi dalla legge” (sentenza n. 11/1968 dellaCorte costituzionale).Il legislatore frattanto ha dato nuova legittimità agli Ordini e aiCollegi esistenti con il Dlgs n. 300/1999 sul riordino <strong>dei</strong> ministeri.Le novità sono due: Ordini e Collegi rimarranno sotto lavigilanza del ministero di Giustizia (“il ministero delle regole”),mentre il ministero dell’Università (d’intesa con quellodella Giustizia) curerà l’accesso alle professioni e quindianche alla professione giornalistica. Gli Ordini e i Collegipossono sopravvivere, occupandosi esclusivamente di deontologiae formazione. L’esame di Stato rientrerà nella sferadelle Università.Quella del giornalista è una professione complessa, cherichiede una preparazione profonda e vasta. Il giornalistacrea il giornale come “opera collettiva dell’ingegno”, lo studiagraficamente, elabora intellettualmente i fatti trasformandolida materiale grezzo in notizie, sceglie le fotografie, titola,svolge il lavoro di “cucina” redazionale in un legame simbioticocon la realtà della cronaca locale, nazionale e internazionaleche muta di ora in ora. Il giornalista non ha l’aiuto delcompasso (ingegneri e architetti), <strong>dei</strong> codici (avvocati, giudicie commercialisti) e della tac (medici). È un uomo solo davantiai fatti e agli accadimenti, che deve avere anche capacitàdi colloquiare con la gente e le fonti nonché di scrivere “sultamburo” 100 righe o realizzare un servizio televisivo di 3minuti. Chi lavora al desk deve possedere flessibilità di fronteal succedersi degli avvenimenti, reimpostando all’occorrenzail giornale o intere pagine in tempi ristretti. Gli editori sannobene che il giornalista non è un operatore generico e che c’èbisogno di buoni giornalisti per dare credibilità e successoalle testate.Zeno Zencovich, invece, sperando in incredibili rivincite antistoriche,vuole togliere ai giornalisti lo strumento giuridico (lalegge professionale) che ne tutela l’autonomia e l’indipendenza,dimenticando l’importanza strategica per una societàdemocratica del nuovo diritto fondamentale <strong>dei</strong> cittadiniall’informazione (“corretta e completa”), costruito dalla Cortecostituzionale. Questo nuovo diritto fondamentale presupponela presenza e l’attività di giornalisti vincolati a una deontologiaspecifica e a un giudice disciplinare nonché a un esamedi Stato, che ne accerti la preparazione come prevede l’articolo33 della Costituzione.L’eventuale abrogazione della legge n. 69/1963 sull’ordinamentodella professione giornalistica comporterà questirischi:● quella <strong>dei</strong> giornalisti non sarà più una professione intellettualericonosciuta e tutelata dalla legge;● risulterà abolita l’etica professionale;● cadrà per giornalisti (ed editori) la norma che impone ilrispetto del “segreto professionale sulla fonte delle notizie”;● l’imprenditore (o chi per lui) potrà scavalcare il direttore eimpartire direttamente disposizioni ai redattori sui contenutidel giornale. Direttori e redattori saranno degli impiegatidi redazione vincolati soltanto da due articoli (2104 e 2105)del Codice civile che riguardano gli obblighi di diligenza efedeltà;● oggi il giornalista, se crede e se vuole, può dire molti no;domani, privato dello scudo della legge professionale,dovrà dire molti sì a meno che non voglia correre il rischiodel licenziamento per non essere fedele e diligente versoil suo editore. Eliminato l’<strong>Ordine</strong>, rimarranno soltanto gliordini degli editori.*presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> della Lombardia(da “Il Sole 24 Ore” del 5 gennaio <strong>2000</strong>)ORDINE - TABLOIDperiodico ufficiale del Consigliodell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della LombardiaMensile / Spedizione in a. p. (45%)Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96 -Filiale di Milano - Anno XXXI - Numero 2, <strong>febbraio</strong> <strong>2000</strong>Direttore responsabile FRANCO ABRUZZOCondirettore BRUNO AMBROSIDirezione, redazione, amministrazioneVia Appiani, 2 - 20121 MilanoTel. 02/ 63.61.171 - Telefax 02/ 65.54.307Segretaria di redazioneTeresa RiséConsiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della LombardiaFranco Abruzzo, presidente;Brunello Tanzi, vicepresidente;Gabriele Moroni, consigliere segretario,Sergio D’Asnasch, consigliere tesoriere.<strong>Ordine</strong>/TabloidConsiglieri:Bruno Ambrosi, Annibale Carenzo, Letizia Gonzales,Cosma Damiano Nigro, Domenico Tedeschi.Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> contiAldo Borta SchianniniDavide Colombo, Rino Felappi (presidente);Coordinamento grafico di <strong>Ordine</strong> - TabloidFranco MalagutiStampa Stem Editoriale S.p.A.Via Brescia, 2220063 Cernusco sul Naviglio (Mi)Iscritto al n. 983/ 1983 del Registro nazionale della StampaComunicazione e PubblicitàComunicazioni giornalistiche AdvercoopVia G.C.Venini, 46 - 20127 MilanoTel. 02/ 261.49.005 - Fax 02/ 289.34.08La tiratura di questo numero è stata di 20.100 copieChiuso in redazione il 31 gennaio <strong>2000</strong>AttenzioneCorsi all’IFGdi giornalismomultimedialee comunicazione pubblicaSono aperte le iscrizioni ai corsi di “giornalismo multimediale” e di“comunicazione pubblica” organizzati dall’Associazione “WalterTobagi” per la formazione al giornalismo (Afg) d’intesa conl’Associazione lombarda <strong>dei</strong> giornalisti con il contributo finanziariodella Regione Lombardia. I posti a disposizione sono 20 per ciascuncorso. Le domande dovranno pervenire entro il 10 marzo<strong>2000</strong> alla segreteria dell’Afg - via F. Filzi 17, 20124 Milano, tel. 0267 49 871.L’ammissione ai corsi avverrà mediante una graduatoria compilatain base alla documentazione presentata e agli esiti di un colloquiocon un’apposita commissione.Nelle graduatorie avranno precedenza i giornalisti professionistiiscritti nelle liste di disoccupazione, i giornalisti inoccupati, i freelance e i pubblicisti.I corsi si inizieranno rispettivamente il 27 e il 28 marzo e terminerannoil 30 e il 29 giugno e si terranno nella sede di via Filzi dalle14 alle 17, il lunedì, mercoledì e venerdì (multimediale) e il martedìe giovedì (comunicazione pubblica).La frequenza è obbligatoria.24 ORDINE 2 <strong>2000</strong>

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!