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«Impariamo a credere nell'Africa» - Il Secolo XIX

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L'AVVISATORE MARITTIMOII Giovedì 15 dicembre 2011S PECIALE A FRICAPARLA LORENZO FORCIERI, PRESIDENTE DELL’AUTORITÀ PORTUALE LA SPEZIA«Così l’Africa ha scoperto La Spezia»«Partiamo avvantaggiati dalla posizione geografica. Ma attenzione alla Francia»Missione in Algeria per il presidente ForcieriPresidente Forcieri, alla finedel mese scorso è stato peralcuni giorni in Algeria. Quale èstato il significato di questa suamissione programmata in un momentocosì delicato?«L’Algeriarappresentaunagrandeopportunità non solo per i trafficiportuali della città di Spezia ma pertutto quanto il mercato italiano, comedel resto l’intera area del NordAfrica che sta attraversando un’importantefase di trasformazione politica.Edèproprioinquestomomentoche si devono intensificare quei rapportidicollaborazionechepotrebberoportare vantaggi ad entrambe leparti. Ma non dobbiamo dimenticarciche per ottenere dei risultati concretiènecessariofaresistema,sarebbestatoinutilepresentarcicomesingoloporto ed è proprio per questomotivo che in Algeria ci siamo proposticon Rina, Cetena e Fincantieri,dimostrando che l’Italia è in gradodi competere sui mercati internazionalisenza essere seconda a nessuno».Quali sono al momento i principaliinteressi del porto spezzinoin Nord Africa?«La nostra città, come del restoanche gli altri scali liguri, ha l’enormevantaggio di avere una posizionegeografica strategica nei confrontidi queste aree. E fino al 2010, primadei fatti che tutti conosciamo, i datihanno sempre dimostrato un progressivoaumento dei traffici versoquesti territori con alcuni tra i piùimportanti operatori del settore marittimoche hanno fatto in questosensoingentiinvestimenti.Parliamosoprattutto di importazioni dall’Africaanche se nell’ultimo periodoera in costante crescita un forteapprezzamento anche per i prodottiitaliani che venivano esportati».C’è però una forte concorrenzatra chi cerca di imporsi su questimercati. Sia in Italia che all’esteroin molti hanno puntato gli occhisulle enormi possibilità di business.Ci sarà spazio per tutti?«Questo non è un mistero e la concorrenzafa parte del gioco, la Francia,ad esempio, ha degli enormiinteressi in tutta quanta l’area delI traffici verso l’Africa spesso partono dalla LiguriaMaghreb.El’Italiaavrebbebisogno,oltre che dell’iniziativa dei privatiche si stanno facendo avanti, anchedi un serio programma statale di investimentiche miri a concentraretutte le energie sui mercati esteripiù appetibili. <strong>Il</strong> porto di Spezia èsempre stato operativo in Libia, anchenei giorni più difficili, con aiutiumanitari e accordi di collaborazione.Ed in questo caso, quando tuttotornerà a funzionare regolarmente,le potenzialità di sviluppo sarannoancora maggiori rispetto a quelleprecedenti. So che altri scali italiani,come Venezia, si stanno muovendosu Bengasi ma credo che in questosecondo caso l’importante sia mantenerei traffici all’interno del nostroterritorio nazionale. E poi se dellemercidevonoraggiungerealcuneregionidel Nord, come il Piemonte,di certo avranno più convenienzaaveniredanoichenoninaltriporti».segue a pag. 5SEGUE DA PAG. 1«L’Italia ha sempre lavorato con i Paesi nordafricaniadesso è arrivato il momento di dialogare con il continente»Perché l’Italia, rispetto ad altri,dovrebbe rappresentareuncanaleprivilegiatoneirapporticon l’Africa?«Primadituttoperlasuaposizionegeografica. E poi perché il nostropassato coloniale, per quanto nonsia stata una parentesi edificante,ha avuto un periodo di vita moltolimitato.DurantetuttoilperiododellaPrimaRepubblica,l’Italiahasempreavuto un rapporto autonomo contutto il mondo arabo e questo hafavorito l’instaurarsi di ottimi rapporti.Adesso è arrivato il momentodi fare molto di più e non solo contutto il Nord Africa ma con l’interocontinente. Si potrebbero aprire deivantaggienormi,daentrambeleparti,basti pensare alle risorse naturaliche ci sono i questi territori e chenonsemprevengonovalorizzate.Miriferisco anche alla zona subsahariana,un’areaestremamentepoveramacon grandi potenzialità di sviluppoche non sono mai state sfruttate. ABrazzaville,inCongo,èstatacostruitauna nuova struttura portuale sulfiume per l’esportazione d’avorioe di caucciù, ci sono allo studio altriprogetti e questo potrebbe rappresentareunprimoincentivoversounacrescita economica. Non servonograndiinvestimentimascelteintelligentie mirate, basterebbe davveropoco».Perché un operatore italiano dovrebbedecidere di investire inAfrica e non altrove?«La difficoltà maggiore, guardandol’interocontinente,èsicuramentequella di entrare in contatto con unamentalità molto differente dalla nostrae spesso avere a che fare congoverni che soprattutto prima eranodeboli e corrotti. Poi in molte areec’èilproblemadell’energiaelettrica,spesso discontinua e che non favorisceuna corretta produzione industriale.Ma sono terre che hanno ricchezzeenormi,abbondanzadimaterieprime, con una popolazione checresce anno dopo anno e non vuolepiù vivere in una condizione di povertàe arretratezza. La manodoperacostamoltopoco,ancormenorispettoall’Est Europa. Solo in Africaci sono queste possibilità di sviluppo,margini di miglioramento enormichesipossonosoloimmaginare».L’Associazione InternazionaleItalia-Africa è nata da poco piùdi un anno, attualmente di qualiprogetti vi state occupando?«Per il momento in Italia siamoattivi nel Lazio, a Roma e prestolo saremo anche in Toscana con unanostro ufficio distaccato. <strong>Il</strong> nostroprimo obbiettivo è quello di portarela cultura dell’energia rinnovabilein Africa e proprio su questo argomentostiamo lavorando per aprireuna scuola in Nigeria, dove formaretecnici ed esperti che possano poirestare e lavorare sul territorio».

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