22 Parliamo della <strong>Sardegna</strong>Ottobre 2009a cura di Manlio BrigagliaIl capoluogo sardoraccontato dagli scrittoriCagliari nelle pagine di Carlotto, Todde, Atzeni, Agus, Abate e NonnisSono numerose le guide turistiche, recenti e delpassato, che presentano il capoluogo isolanosotto diversi punti di vista. In certi casi gli autorierano e sono ancora oggi studiosi che hanno spesoanni per compilare queste opere di grande respiro(un nome su tutti, il canonico Giovanni Spano).I quartieri, la psicologia degli abitanti, lagastronomia, i modi di dire e il dialetto, spiccanoanche nei romanzi e nei racconti degli scrittoricagliaritani (per nascita o adozione) arrivati nellelibrerie in tempi recenti. Ma che città viene fuoridalle pagine di questi autori? In linea di massima siconfigura come un habitat inquieto, popolato dauomini e donne giovani o in là con gli anni, alleprese con intrighi di diversa matrice. Intrighifamiliari, giudiziari, amorosi o politici. Cagliarisembra una città sorniona: in realtà nascondetensioni, tenute sotto controllo o destinate a in chiesa neppure per i matrimoni. Sto sul Landmanifestarsi in forme violente.e osservo. È il mio mestiere».Quando si arriva a questi sbocchi si è alle prese Chi ha offerto una raffigurazione più vicina allacon romanzi noir in piena regola (basta pensare psicologia del popolo è stato Sergio Atzeni.a certe opere di Giorgio Todde). Gli intrecci Un po’ in tutti i suoi romanzi e libri di racconti,amorosi, non disgiunti da una vena di follia, il punto di vista è quello di chi subisce la violenzaanimano i due romanzi di ambientazionedella storia. Personaggi emarginati, umiliati ecagliaritana di Milena Agus, “Mentre dorme offesi, ai quali non manca il dono dell’ironia.il pescecane” e “Mal di pietre”. Dove la città Che anima anche le giovani figure femminiliha contorni realistici e fiabeschi, con indicazioni del romanzo “Bellas mariposas”, due adolescentiprecise di strade e edifici storici. Il successo del quartiere di Sant’Elia. Alle quali la vitadi questa autrice (soprattutto in Francia)riserva esperienze traumatiche.in larga misura dipende da una raffigurazione Il capoluogo dell’isola entra in decine di romanzisopra le righe dell’universo femminile.pubblicati negli ultimi decenni. Tra gli autoriLa Cagliari descritta da Francesco Abate (in vanno ricordati Luigi Pintor, Massimo Carlotto,particolare nel romanzo “Il cattivo cronista”) è una Giulia Clarkson, Giulio Angioni, Luciano Marrocu,città da basso impero. Il protagonista attua uno Gianni Marilotti, Flavio Soriga. Chi vuole averestrappo traumatico con la sua famiglia, che da una ricca panoramica di scrittori e opere chediverse generazioni è formata da avvocati.raffigurano Cagliari, nel bene e nel male, oggi e nelDa un lato rifiuta il perbenismo borghese,passato, soddisfa questa curiosità col primoda un altro verso è affascinato dal mondo notturno numero della rivista “Miele amaro”. Nelle treil cui epicentro sono le discoteche e chi le frequenta. premesse (di Giuseppe Pusceddu, Luciano MarrocuAbate ricorre a una scrittura sincopata,e Gianni Stocchino) si spiegano i motivi di questavicina al parlato, che spiazza il lettore tradizionale. scelta operata dalla casa editrice Cuec, il cuiIl giornalista che racconta in prima persona marchio compare nella copertina della rivista.le sue giornate dice: «Non entro. Non entro La città raccontata dagli scrittori è piena dimai in chiesa per i funerali. Non entrosorprese. Delle “delizie” innegabili del panoramaIl non facile compito di sant’Agostino: da secolipatrono della <strong>Sardegna</strong> e ora compatrono di PaviaNel 1897 il sardo mons. Efisio Serra pubblicò il volume“Una pagina d’oro della storia ecclesiastica della<strong>Sardegna</strong>”. Lo spunto all’autore era stato offerto dalla“ricognizione delle preziose reliquie di sant’Agostino inPavia” operata il 15 aprile 1884 dal vescovo paveseAgostino Riboldi. La “pagina d’oro” richiamata nel titoloè costituita dalle vicende del corpo e delle vesti disant’Agostino in <strong>Sardegna</strong>, prima e dopo la traslazionedelle spoglie a Pavia. Non mancano però diverse paginededicate al racconto della collocazione delle reliquie delsanto nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro eall’amore dei pavesi nei confronti del santo e dei suoiresti. Scrive mons. Serra: “L’affetto e la venerazione diquei cittadini verso il gran Santo e verso la monumentaleBasilica che conteneva la sacre spoglie di lui, crebbero adismisura, a tal che gli scrittori delle memorie diquell’epoca ne dicono, che allorquando i Pavesis’arresero allo Sforza, compresero fra gli altri patti illibero accesso alla loro prediletta basilica, onde attingereconforto e ritemprare le loro credenze al gloriososepolcro di S. Agostino”. Aggiunge il nostro autore:“Dicono quelle memorie come i buoni Pavesi con a capo ilComune e il Podestà, non tralasciavano di recarsiprocessionalmente ogni anno nel giorno sacroa S. Agostino a S. Pietro in Ciel d’oro, con moltistrumenti musicali in segno di festa, offrendoal Santo Dottore diversi pallii di broccato il più ricco, iquali, per averne già molti l’attiguo monastero,spiegavansi nella annuale festività ed in quella di S.Pietro cui la Basilica e il cenobio erano dedicati”. Mons.Serra descrive infine con parole di grande ammirazionel’arca che i pavesi hanno voluto erigere a glorificazioneeterna delle spoglie del santo, “impareggiabilemonumento di religione e di scultura di marmo bianco,ammirabile per la sua grandiosità ed eleganza”.Se in <strong>Sardegna</strong> furono conservate le vesti – nota peròmons. Serra – all’isola “non è rimasta la consolazione dipossedere una insigne reliquia del Santo (dal 1500 sceltocome patrono della <strong>Sardegna</strong>) dopo averne custodito ilcorpo per duecento e più anni” e per questo egli implora:“Deh, sorga dunque presto quella felice auroradall’esimio vescovo di Pavia, per benigna concessione delglorioso regnante Pontefice, una insigne reliquia delgrande Agostino, perché riposi accanto alle sacre vesti diparlano tre autori diversi tra loro comeDavid H. Lawrence, Antonio Romagnino eMassimo Carlotto. Confrontando le loro pagine(incluse nella rivista) si rimane colpiti dal fattoche Cagliari conserva la sua bellezza, malgradoscempi e degrado. Scrive Carlotto: «Quandoqualcuno mi chiede com’è Cagliari, l’immagineche si spalanca nella mente e che mi guidacon polso fermo nella risposta è la città vistadal bastione di Santa Croce».Un altro motivo che ricorre negli autori che hannocercato di capire lo spirito del capoluogo dell’isola èl’ossessione per la buona tavola. La gola, assiemealla lussuria, sarebbe uno dei suoi contrassegni.L’aveva capito Salvatore Cambosu e sulla sua scianarratori più recenti, come Giorgio Todde,Sergio Atzeni, Milena Agus, Giulia Clarksone altri. Ci sono specialità, tipiche di una cittàdi mare, dai polpi alle arselle, dai calamari alleanguille, che non passano mai di moda.Gli stranieri che hanno parlato di Cagliari nonappartengono solo al passato. Peter Gregory Jones(nato a Cardiff nel 1952) così racconta uno stranoincontro nel largo Carlo Felice: «Era inverno,ma il sole era caldo, perciò ero senza cappottoed indossavo un abito di tweed con la catenadell’orologio che pendeva sul gilet; in testa portavoun Borsalino grigio, al collo una cravatta a righe, icui colori erano quelli della mia vecchia scuola. Acompletare il mio abbigliamento c’eral’immancabile ombrello appeso al mio braccio.Mentre camminavo, sognando Pall Mall,un uomo mi fermò bruscamente con la mano.Scrutandomi da capo a piedi, disse con ariadisgustata: “E tu, chi credi di essere, uninglesino?”. “Ma io sono inglese!”, risposi».Tra gli autori che hanno dedicato un maggiornumero di opere a Cagliari spicca Nino Nonnis.Le sue rievocazioni del passato (specie nel libro“Hanno ucciso il bar ragno”), sono intrise dinostalgia e ironia. I personaggi presenti nelle suepagine, coi loro tic e il loro gergo sembrano fruttodi una fantasia allegra. Invece chi ricorda laCagliari del boom economico e degli anni successivisi è imbattuto in quelle figure, che alimentavano ilgossip citadino. Non va dimenticato Gian PaoloCaredda, saggista più che narratore, con unapropensione per la rievocazione del passato inchiave memorialistica. Specie nel suo ultimo libro,“Ritratti di città”. Dove compaiono e rivivonorappresentanti di un mondo cancellato dallamodernità, cagliaritani doc dai tratti inconfondibili.Giovanni Mamelilui che Cagliari va superba di possedere tuttora!” Il 28febbraio 2008, a Pavia, in San Pietro in Ciel d’Oro, adistanza di più di un secolo, la medesima invocazione èstata pubblicamente ripetuta da don Vincenzo Fois(rettore della Rettoria di Sant’Agostino a Cagliari,curatore nel 2003 della ristampa del libro qui citato)durante la celebrazione della messa in memoria dellatraslazione delle spoglie del santo.Nel pomeriggio del 28 agosto, a sentire, in piazzaSan Pietro in Ciel d’Oro, il complesso bandisticomusicaledi Trezzo d’Adda (MI), che ha eseguitoun buon repertorio di musiche popolari – rinverdendodi fatto la tradizione di tributare l’omaggio al santo“con molti strumenti musicali in segno di festa” –,ero l’unico spettatore sardo-pavese (gli altri eranoancora in meritata vacanza nei lidi natali).Spirava nella piazza una piacevole brezza e una signoracosì ha commentato: “Dopo venti giorni di caldosiciliano, finalmente un venticello tipico del clima sardo”.Ho sorriso tra me e me: la signora non conosceva ilproverbio sardo “Po sant’Agustinu, tirat su levantinu”(Per sant’Agostino, spira il levante) ma nessun altroevento (sia permesso il gioco di parole) avrebbe potutomeglio simboleggiare il legame simbolico tra Paviae la <strong>Sardegna</strong> nel nome di sant’Agostino, che resisteanche se Cagliari non ha ancora avuto una “insignereliquia del santo”.Paolo Pulina
ILMESSAGGEROSARDOParlando in Poesiaa cura di Salvatore Tola23I libri di FrancescoFrancesco Mura nacque a MeanaSardo nel 1929. La sua giovinezzafu rattristata da alcuni gravi lutti, lamorte di tre sorelle e del padre, mariuscì ugualmente a procedere neglistudi, vivendo nella Cagliari degli annidifficili del dopoguerra, sino alla laureain filosofia, conseguita nel 1953. Fudapprima professore a Nuoro, dove nel1959 si sposò con Teresa Romagna,quindi si trasferì in Toscana, a Massa,dove continuò a insegnare per lunghianni, apprezzato come studioso dipedagogia e molto amato dagli studenti.Dopo la sua scomparsa, avvenutaimprovvisamente nel 1995,gli è stata intitolata la Bibliotecadell’Istituto magistrale“Giovanni Pascoli” di Massa.Nel corso della cerimonia è stata lettauna sua poesia, I libri, che, aprendosicon un ricordo tenero degli annitrascorsi nel paese nativo, testimonia lasua lunga dedizione alla lettura.Riportiamo parte della composizione daalcune fotocopie che ci sono stateinviate da Dora Casula, e sono stateeseguite – sembra di capire – da unaraccolta di versi pubblicata postuma:Mura, che aveva collaborato anche alquotidiano “Il Nuovo Corriere” diFirenze, ha lasciato molti scritti inediti,non solo versi ma anche paginedi diario e racconti.I libriOra brilla di cera la mia casa.Un tempo lontanoscricchiolavano i passisu tavole grezze, sconnesse.Nella soffitta, la notte,un rotolare di noci e lunghe corse di gatti.Ma i libri mi stavano accanto.Me li trovavo, modestinella loro saggezza,tra timide gioie.Ciascuno mi insinuava una speranzapacata, una consolazione dolcecome una confidenza d’amico.Scivolavano i giorni dell’estatesenza arsura, nell’ombratacita della mia tranquilla stanza.E l’amore era ancoraintatto sentiero di timotra i sogni nascosti del cuore.Erano i soli amicii libri, da quando il soletoccava i picchi del montecon fiotto di gioia sulle grondaiefino all’ora in cui l’ombrasaliva, lenta, sui campi turchini del cielo,ed ogni suono, d’incanto,s’affievoliva...Francesco Mura(Inviata da Dora Casula)Su poberu ’etzuS’omine cando est betzigheddudiventat pius bassu de istatura,isorrogadu li ’essit su faeddue prenu de males de ogni natura.Pro camminare portat su accheddu,si no caminat a tzoppigadura.Affannosu li ’essit su respirue su zovanu lu leat puru in giru.Giovanni PalmasIn questo modo abbiamo volutoricordare ancora uno dei tanti sardi chesi sono fatti benvolere e stimare fuoridell’isola; ed entrare, allo stesso tempo,nel clima di malinconia e dirievocazione dei defunti che si instauracon l’arrivo dell’autunno, e culmina conle celebrazioni e i pelleginaggi verso icimiteri del 2 novembre. Le poesie cheaccompagnano quella del professore diMeana sono dedicate a personescomparse e al tema della vecchiaia.Edoardo Turnu parla, in un sonettoscritto nel 2004, della morte di un altroinsegnante, e si augura che la notiziagiunga attraverso il “Messaggero” agliex alunni che non vivono più nel paese,Villaurbana; Pietro Chessa rievocainvece la figura del sacerdote GrazianoMuntoni, ucciso a Orgosolo. ForicuPaba, Giovanni Palmas, LeonardoPorceddu e Peppino Atzeni sono inclinia vedere, anche a causa di esperienzedolorose che stanno vivendo, gli aspettinegativi della vecchiaia, mentreAngelino Mocci, Salvatore Corbinzolu ePasquale Corrias possono fareriferimento a vicende più fortunate.Giuseppe Tuveri, infine, ci ricorda che ilpercorso della vita è sempreun’incognita; e mentre SalvatoreAramini rimpiange il suo passato didongiovanni Tiberio Vacca si augura dicampare – bene – sin oltre i cento anni.Mastru Antoni SalisOe, bindighi de austu, sa campanasonat inoghe notas de dolore:pro te Antoni, chi guasi mazorelassas serenu custa vid’umana.T’isettat Ros’in calchi zon’arcanach’at d’eternare su giurad’amore;però unu poeta e iscrittorechi pianghet sa nadia Bidda Urbana.Sos alunnos tuos ch’in sos continentesispartos sun, s’apprenden sa notissiaden restar’affliggidos e dolentes:ammentende sas oras de delissiategus trascursas coment’istudentescreschet cun sa nostalgia sa mestissia.Edoardo TurnuMalinconiaTrista est s’anima miapro cantu solet campare.Ma chie podet tzessare,nade, sa malinconia?Già chi sa sorte comentem’at postu pena e dannu,e deo como s’affannucumbatto perennemente.Prite mi sero feriduche fera in sa campagna,dae cando sa cumpagnarutta est in s’olvidu.Su male sou est mannuchi non tenet paragone,e che feridu puzoneaffrontat su peus dannu.Malu est s’ausentuchi tenzo in domo mia,e cuddas diccias ch’aiaboladas che sun in bentu...Foricu PabaZogos de pitzinnosUnu die pasanne in domo miam’agat’inghiriad”e nepodeddos,issos faghen zirare sos carveddoscun s’issoro euforic’allegria,mi bastat a los mirare ibbiao intender de issos sos faeddospro pensare cun seriedadecando tenia sa matess’edade.Tando cun amor’e cun affettumi ponzo cun issos a zogare,a su matessi tempus isfidarecherzo sos annos mios; ma pro dispettucusta bravada mi ponet a lettue mi narat: «No torres a proare,lassa a sos pitzinnos s’allegria,godidi sa etzesa in armonia».Salvatore CorbinzoluTempus passaduCando fio in gioventurain su mezus fioremi piaghiat a currer sas bajanas,fit sa mia natura,vitziosu in s’amore,in sos momentos chi nd’aio gana.Como a s’edade maduravivo in su terroreproite mi s’e’ sichende sa funtana,pro bi pensare solumi nd’enit s’oriolucando m’ido de fronte a una giovanae nde rest’apenadu,pro custu su tempus meu est già passadu.Salvatore AraminiFrade sardu?A sa memoria de don Graziano MuntoniCust’omine a Deus cunsacradufit faru luminosu de Sardigna,de ogni sardu veru fit s’insigna,martire innotzente, isfortunadu.In televisione ap’ammiradusa cara sua semplic’e benigna,Deus perdonet sa mente malignach’at cummissu s’ignobile peccadu.Frade sardu? Degai disumanu?Su ch’as fattu no est de perdonare;ma su perdonu est de cristianu.Don Muntoni fit nadu pro amaresu mundu, su populu isolanu.Sa zente e sos sardos de Milanusun in luttu, chinados pro pregare.Pietro ChessaCumenti a setti frorisAt pesau setti fillusTrumentend’in poberesa,po issa sa ricchesafianta cuddus fruttusfattus cun is manus suas.At pesau setti filluscumenti a setti froris,mancai ispolincuse nodriaus a istentu,ma fillus nodius!...Oi is fillus mannussighend’is affannusde sa vida modernaprenus de cosa fainon tenint tempuspo attendi una mamaichi megat a si spacciai.Leonardo PorcedduPoi ’e sos chent’annosNo permitto chi mi fettas cortepro chi siat penosa custa vida,ca si arrivas tue iss’e’ finidapro fatale destinu o bona sorte.Che sorre cara a mie rest’unida,non sias ingrata, misteriosa morte,donami afficcu, allevia sos affannos,e giamami poi ’e sos chent’annos.Deus ti mandat, ch’in gruxi t’at patidu,piantu is Marias cun mant’anneridu,a mie puru dolu e’ capitadu,a caros amigos de dare s’adiu:in tale momentu, che fera feridu,a domo dolente prestu so torradu.Tiberio VaccaSa bella saludePigad’apo sos settantachimb’annosma tantu lamentare non mi potto,no seo fritturidu, su cappottolasso a riposu cun pesantes pannos.Si su tempous non mi portat ingannosin domo sua lasso su frebboto,frebba de timoria no nde notoe mai nde giutan mancu sos pius mannos.Sa bella salude a fiancu ’e pariauguro chi siat cun meguse cun totus, lu naro ’e veru coro,nemos apat bisonzu ’e los chircarica su duttore, frebbotos e meigusgià bistana bene in dom’issoro.Pasquale CorriasDomande al ventoIo ero come una rocciama di essa non c’è più traccia,ora mi trovo mal ridotto,il tempo mi ha ingannato.È legge: il tempo crea e distrugge,cancella e noncurante affligge.Ma dico: questa legge,miniera di lacrime e dolori,mamma di ogni sofferenza,odiata e sopportata,perché priva di coscienza,chi l’ha scritta?...Peppino AtzeniSa casciaSu percursu ’e sa vidae’ una cascia serrada,nudda si scidi appena cumenzada,su misteriu si scidi a fini ’e vida.De comenti est andadano si dd’a nau nisciuna mamaca nemus isci’ su fini ’e su dramafina chi ognunu dd’a terminada.A sa fini s’iscidi chie gloria o pena,cumenti e’ istada destinadacusta vida terrena.Candu sa cascia e’ serradafinit su disisperude chi mali d’a passada.Giuseppe TuveriSu ’etzu cuntentu... Mi narrer betzu non mi paret maleca pagadu l’apo a bonu pretziu,bid’apo dies d’abba e temporale,su ’entu maistrale, lu libetzu.Deo d’essi betzu so cuntentu,no nde li fatto attera pretesa,ringratzio Deus su chi mi at dadu!Si Deus a betzu mi at lassadua tottu auguro bona etzesafinas chi at a benner su momentu...Angelino Mocci