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ILMESSAGGEROSARDOPaesi di <strong>Sardegna</strong>21PERDAXIUSTracce di presenza umanache risalgono al NeoliticoNel territorio del paese del Basso Sulcis testimonianze su insediamenti antichissimiChi, scendendo da Siliqua per la statale 293,diretto a Carbonia, in pieno Basso Sulcis,devia a destra appena superato il Rio Mannu,incontra prima il paese di Narcao e dopo quattrochilometri Perdaxius, all’incrocio delle strade chevanno una a Carbonia e una a Tratalias. In fondoalla vallata delimitata intorno dalle alture di MonteSan Michele Arenas e Monte Narcao, il paesello diPerdaxius (1467 abitanti, al 2004, e metri 98 dialtitudine), è proprio sul fiume Mont’e s’Orchi, unodei più importanti del Basso Sulcis, collettore dinumerosi corsi d’acqua e rigagnoli a regimestagionale che sfociano poi nel lago artificiale diMonte Pranu. Altre vene e fresche fonti irrigano ilversante orientale del Monte Narcao. Ed è propriosu questo monte che sono rintracciabili letestimonianze della presenza umana (riferibile alNeolitico recente) nel territorio di 29,55 chilometriquadrati che costituisce l’area comunale diPerdaxius: tombe a cista litica, monoliti e menhir,purtroppo non ben conservati, zoccoli murari ealtri resti non chiaramente databili, sommersialcuni dalla vegetazione. Il paese, il cui nomeprimario era Petrarium, sorse nel Medioevo sulpiccolo rilievo che si innalza per circa 100 metrisulla piana alluvionale del rio Mont’e s’Orchi.Appartenuto al giudicato di Cagliari, curatoria diSols, fu incluso, dopo il 1257 nei feudi dei DellaGheradesca, ramo del “dantesco” conte Ugolino.Dopo la sanguinosa guerra tra i figli del conte,che volevano vendicare la morte per fame delpadre, e Pisa, alla fine del XIII secolo, il piccolocentro fu amministrato dal comune pisano.Con l’avvento degli Aragonesi fu incluso, nel 1384,nei feudi di Pietro de Açen. In seguito, al tempodella terribile peste del 1384, e durante la guerratra Aragona e Arborea si spopolò quasi del tutto,rimanendo sotto l’occupazione delle truppearborensi, fino alla battaglia di Sanluri.Dopo il 1409 il borgo risulta spopolatocompletamente e incluso nel feudo dei Montbuy.Nel 1471 fu donato a Giacomo Aragall.Passò in seguito ai Bellit, ai Gualbes, ai Brondoe alla fine ai Bou Crespi. Incluso nel 1821 nellaprovincia di Iglesias, entrò a far parte nel 1848nella divisione amministrativa di Cagliari.Nel 1958 Perdaxius è diventato comune autonomodella provincia di Carbonia-Iglesias. Confina anord e a est con Narcao, a sud con Villaperuccio,a ovest con Tratalias e Carbonia.Oggi il paese (1.465 abitanti al 2004) vive diagricoltura (cerealicoltura, frutticoltura eviticoltura) e di allevamento bovino, ovino epollame. Ultimamente si avvertono sviluppiincoraggianti di attività industriale legata allaproduzione agroalimentare e all’edilizia.Per quanto riguarda il patrimonio archeologico,oltre ai resti di civiltà cui si è già accennato, sipuò dire che il suo punto di forza sono i nuraghi.Per citarne alcuni: Achenza, Camboni, Entu,Pitzienti, Porcus, sa Idda, Santus, Sessini,Simplicio, Su Porcili, Tanca Manna, Tronu.Forse il più importante è il nuraghe Camboni,alto su un rilievo vicino all’abitato;ha struttura polilobata, diensione imponenteed è ancora abbastanza in buono stato.Il patrimonio artistico e culturale è rappresentatopiù segnatamente dalla chiesa di san Giacomodalle linee romaniche, con facciata animata da uncampaniletto a vela, databile al XIII secolo.Restaurata da qualche decennio è attualmentechiusa al culto. Anche la chiesa di San Leonardo,dello stesso periodo, si oppone al logorio del tempocon la sua facciata in cantoni di trachite,anch’essa con il suo campaniletto a vela.Una statua lignea del XVII secolo e un armadiodecorato dello stesso periodo ne impreziosisconol’interno. La chiesa è meta di un pellegrinaggioguidato dalla statua del santo seguitada una processione; e intorno vi si approntauna festa campestre organizzata dalla Pro-Locodel borgo e dall’associazione “Pantagus”.A chi arriva a Perdaxius si consigliano almenotre siti da visitare: i ruderi della chiesadi san Michele sull’omonimo rilievo, nella frazionedi Pesus, vicino al paese; il monastero fortificatodei Benedettini, sorto nel XIII secolo;e, in zona Mitza-Justa, la villa settecentescadel cavalier Angioy, nobile di Iglesias,costruita sui resti di una villa romana.Perdaxius è celebre nei dintorni per lemanifestazioni di carattere comunitario chearricchiscono la già significativa vitalità degliabitanti. Fra queste è meritevole ricordare alvisitatore che si interessa di costumi e usanzetradizionali, la “Sagra della pecora” organizzatanella seconda quindicina di giugno, dai pastorilocali e culminante in un’abbondanzadegustazione (che diventa solenne “mangiata”)di carne di pecora offerta a tutti i presenti.Si dice, ma non è accertato, che per questaoccasione, i pastori più giovani scegliessero, oscelgano ancora, su ’agariu, o “bagariu”, cioè lepecore che non avevano ancora figliato, in onoredella gente venuta da ogni dove. Franco FresiPOSADALa favola del castello della FavaBaluardo del Giudicato di Gallura contro le invasioni barbarescheA chi segue la statale 125 Orientale Sarda lungo la costadella Baronia, o la vicina superstrada, non può sfuggire,allungando lo sguardo verso la costa, la linea slanciatadella torre che resta del Castello di Posada; solo dopo,guardando più attentamente, scorgerà subito sotto,lungo le pendici di un colle non molto elevato ma erto, lecase della parte più antica del paese.L’abitato si è esteso ultimamente anche più in basso, ed èproprio qui che passa la statale: nel punto detto SaTravessa la si lascia per dirigersi verso il centro. Megliolasciare l’auto, subito dopo, per percorrere a piedi lestradine ripide e strette lungo le quali si notano le traccedell’antica comunità agro-pastorale: i bambini chegiocano all’aperto; gli anziani che conversano a piccoligruppi seduti sulle pietre sistemate lungo le facciate; ledonne intente in qualche piccolo lavoro.A fianco della chiesa parrocchiale s’imbocca il sentieroche, salendo tra le rocce, conduce ai piedi della torre. Èquel che resta, insieme a qualche tratto delle cortineesterne, di un importante fortilizio costruito dai giudicidi Gallura nel XIII secolo. Era noto anche come Castellodella Fava perché, si dice, una volta i nemici che loassediavano se ne andarono scoraggiati dopo che glioccupanti avevano dimostrato di non essere a corto diprovviste gettando dall’alto alcuni baccelli delle fave cheerano riusciti a far crescere tra gli spalti.Restaurata e ben tenuta, la torre ha all’interno dellescale e dei soppalchi di legno che permettono diraggiungere la terrazza sulla sommità. La vista è quipiacevole, ampia, e permette di “leggere” la realtànaturale e umana che sta tutt’intorno.Subito sotto è il paese nel quale si nota la distinzione trala parte vecchia e la nuova, che si estende con leabitazioni e alcune strutture di servizio, come il Comunee le scuole, lungo e oltre la statale. Verso settentrione lapiana tagliata dal Rio di Posada è coltivata a orti efrutteti, tutti irrigui e segnati quindi da diverse tonalitàdi verde. Mentre le colline verso l’interno, verdiin inverno e gialle in estate, vengono utilizzateper il pascolo. Dalla parte opposta è la costa marina,con i nuovi insediamenti sui quali anche Posadaconta per rinnovare la propria economia.Mano mano che le condizioni migliorano, il paese sembrapoter lentamente tornare a rivestire il ruolo importanteche ha avuto in epoca già molto antica. Qui sorgevainfatti Feronia, città costruita in età punica,fiorente al periodo della dominazione romana,ma che poi decadde a causa delle incursioni degli Arabi.Sulle sue rovine sorse più tardi Posada, che al tempodei giudicati era capoluogo di una curatoria che facevaparte del giudicato di Gallura, ed alla quale dava il nome.Fu in quel periodo che, a sottolineare l’importanzadel centro abitato e della sua posizione, i giudicivi eressero il castello.La decadenza venne più tardi, quando, subentratain tutta l’isola la dominazione aragonese,Posada conobbe alternativamente la prepotenza el’abbandono dei feudatari; e, ormai sguarnitadell’antica difesa, dovette subire ripetute incursionida parte dei corsari barbareschi, tra le qualiuna particolarmente grave e devastante nel 1514.Altri feudatari si succedettero, alternando periodi diimpegno con altri di disinteresse, tanto che il villaggiocontinuò a decadere e a spopolarsi, fino a quando la capitaledel feudo venne trasferita nel vicino paese di Siniscola.Verso la metà dell’Ottocento, quando ormai la <strong>Sardegna</strong>era libera dal regime feudale, Posada non arrivava a 600abitanti; la maggior parte viveva dal lavoro dei campi,messo continuamente a rischio dai capricci del fiume chescorre nella piana; mentre nessuno era in grado disfruttare le risorse del mare, che pure era pescosissimo.L’economia è rimasta modesta per la prima metàdel Novecento, dopo di che Posada ha conosciuto,come la maggior parte dei centri dell’isola,il fenomeno dell’emigrazione.L’in<strong>versione</strong> della tendenza è arrivata finalmentecon lo sviluppo del turismo balneare, che fa levasulla bellezza del tratto costiero e sul fascino cheil centro storico esercita sui forestieri. E la popolazioneha ripreso finalmente a crescere: al censimentodel 2001 Posada contava 2.302 abitanti, e nel 2008erano già saliti a 2.771.Salvatore Tola

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