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Sentieri della Ricerca 4.indb - Centro di Documentazione Del Boca ...

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Gianmaria Ottolinila sequenza si interrompe <strong>di</strong> colpo per lasciar spazio a domande ed a considerazionipiù profonde, esistenziali e morali prima ancora che politiche.In alcuni casi la <strong>di</strong>mensione è corale laddove Peppo dà voce, magari perinterposta persona, ai sentimenti collettivi come quando, dalle lacrime <strong>di</strong>Nord <strong>di</strong> fronte al rogo dell’Albergo del Pian Cavallone, emerge un ad<strong>di</strong>ocollettivo <strong>di</strong> rimpianto non rassegnato, oppure quando le molteplici personalitàe le <strong>di</strong>sparate motivazioni dei sopravvissuti al rastrellamento, concentratisialla Rocca, si fondono in una volontà comune <strong>di</strong> ricostituzione.Ma sono soprattutto le domande, le considerazioni personali, talvolta idubbi quelli che emergono.Le responsabilità che chi comanda porta nei confronti del suo gruppo<strong>di</strong> uomini, <strong>di</strong> come mantenerlo coeso, <strong>di</strong> come anche un legame <strong>di</strong> amiciziaprivilegiato, quello con Tucci, possa incrinare il rapporto <strong>di</strong> fiduciacon gli altri; <strong>di</strong> come fare in modo che un gruppo solidale e coeso sia ancheaperto e franco nello scambiarsi le reciproche opinioni, valutazioni edesideri. Quanto vi deve essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione democratica e <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visionedegli or<strong>di</strong>ni senza che questo degeneri in in<strong>di</strong>vidualismo. E soprattuttoil carico <strong>di</strong> responsabilità <strong>di</strong> chi porta altri a rischiare la vita e deve, <strong>di</strong> voltain volta, in<strong>di</strong>viduare il giusto <strong>di</strong>scrimine fra avventatezza ed atten<strong>di</strong>smo.Chi siamo noi e chi sono loro. Solo la consapevolezza continua <strong>della</strong><strong>di</strong>fferenza ra<strong>di</strong>cale con il nemico può impe<strong>di</strong>re che la logica <strong>della</strong> guerraci renda uguali. Loro bruciano le baite e noi siamo aiutati dalla popolazione;loro se la prendono con chi non c’entra, paesani o famigliari; lorofanno scempio dei cadaveri. La loro è una logica <strong>di</strong> morte, i loro corpi sono<strong>di</strong>ventati un’appen<strong>di</strong>ce delle loro armi. La nostra è una logica <strong>di</strong> vita.Non solo nel combattimento ma nei comportamenti quoti<strong>di</strong>ani, nel modo<strong>di</strong> camminare fra la gente, nel cantare. Il tema <strong>della</strong> ra<strong>di</strong>cale <strong>di</strong>fferenzafra i canti partigiani e quelli fascisti torna più volte; i loro non sono «i nostricanti popolari nostalgici e solenni, non sono le canzonette allegre e melanconiche»ma «canti fred<strong>di</strong>, duri, scan<strong>di</strong>ti»; loro «cantano perché o<strong>di</strong>ano»e, mentre con il passare dei mesi le canzoni partigiane <strong>di</strong>ventano semprepiù canzoni <strong>di</strong> speranza, le loro si incupiscono, piene <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo, <strong>di</strong>rancore e <strong>di</strong> animosità.Ma la domanda centrale e ricorrente è soprattutto una: come far guerrain o<strong>di</strong>o alla guerra, senza lasciarsi plasmare dalla logica e dalla cultura delcombattimento. Perché «la guerra perde soltanto <strong>di</strong> fronte a chi la o<strong>di</strong>a».A Chiovini non basta la certezza <strong>di</strong> essere dalla parte giusta; è consapevo-96

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