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Sentieri della Ricerca 4.indb - Centro di Documentazione Del Boca ...

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Le schedemento fotografico si affacciava timidamentealla ribalta degli stu<strong>di</strong>.Gli archivi erano zeppi <strong>di</strong> foto ammassatealla rinfusa, come prodottial macero, né si conoscevano consistenzae contenuti. La riscopertaè stata progressiva, a volte ancheoccasionale, come la Palma ricordanella sua premessa, ma ha trovatoillustri sostenitori e cultori,ad esempio Luigi Goglia a ragionemenzionato come colui che «hainaugurato in Italia l’indagine legataalle fonti iconografiche colonialie africaniste». Un’indagine, si ba<strong>di</strong>bene, avviata già negli anni Sessantain campo internazionale, allorchéebbero inizio i progetti relativialla Cambridge History of Africa ealla Histoire générale de l’Afrique nelpiù generale contesto del recuperodelle fonti d’archivio europee edamericane non ancora accessibili senon a pochi eletti e <strong>della</strong> valorizzazione<strong>di</strong> ogni altra fonte documentaria,oltre il documento scritto.La documentazione fotografica hafaticato molto ad entrare in questasorta <strong>di</strong> «rivoluzione documentaria»,per usare le parole <strong>della</strong> Palma.Il documento fotografico è stato ritenutoa lungo, e a torto, un «prodotto»<strong>di</strong> natura secondaria nell’indaginestorica, scarsamente affidabilein quanto soggettivo e parziale,destinato ad essere usato più che altroa fini propagan<strong>di</strong>stici, come <strong>di</strong>mostranotuttora gli usi apertamentestrumentali <strong>della</strong> fotografia. Uncambiamento <strong>di</strong> sensibilità storiograficalo si è avuto a partire dagliultimi anni ottanta, quando la fotografiaafricanistica ha tratto forzae rispetto da una serie <strong>di</strong> workshop,convegni e mostre in Italia e all’estero,pur continuando ad essereoggetto <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> singoli stu<strong>di</strong>osipiù che frutto <strong>di</strong> iniziative <strong>di</strong> ampiorespiro.In ogni caso, il cammino era tracciatoin quegli anni. La ricchezza<strong>della</strong> documentazione fotografica<strong>di</strong> molti archivi italiani cominciavaad emergere sotto l’incalzare <strong>di</strong> piùapprofon<strong>di</strong>te analisi e si proponevaautorevolmente, seppure a fatica,«come fonte <strong>di</strong> storia coloniale»,per usare una bella definizione <strong>di</strong>Giampaolo Calchi Novati. Si trattava<strong>di</strong> dare voce, per poi catalogarlo,a un materiale abbondante e destinatoalla completa rovina, comein questo caso ha fatto Silvana Palmache ha reso accessibile il fondoper l’Etiopia e l’Eritrea, già dell’exMuseo Coloniale, <strong>di</strong>pendente dalMinistero delle Colonie (poi Ministerodell’Africa Italiana), ere<strong>di</strong>tatodall’Istituto Italiano per l’Africa,quin<strong>di</strong> Istituto italo-africano e oggiIsIAO <strong>di</strong> Roma.Nella seconda parte <strong>della</strong> sua introduzione,l’autrice ricorda al lettorel’origine <strong>della</strong> collezione <strong>di</strong> cui si è315

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