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Sentieri della Ricerca 4.indb - Centro di Documentazione Del Boca ...

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La lotta <strong>di</strong> liberazione delle donne partigianealla fine processata e rinviata al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato.Trasferita a Pavia, d’accordo con la sorella finse un attacco <strong>di</strong> appen<strong>di</strong>citee si ritrovò in una bianca stanza d’ospedale, dove la trattennero in vista<strong>di</strong> un’operazione.L’8 <strong>di</strong> ottobre <strong>di</strong> sera entrò nell’infermeria sua sorella e la fece fuggire,con la complicità <strong>di</strong> me<strong>di</strong>ci e suore. In proposito occorre affermare chemolte sono le testimonianze <strong>della</strong> complicità <strong>di</strong> suore, infermiere, me<strong>di</strong>cialle Molinette o negli ospedali <strong>di</strong> Milano, o nella clinica privata Pinna Pintorin Piemonte. E in altri ospedali.Una casa amica fu la prima tappa, la due donne si avviarono verso imonti in bicicletta, elusero i posti <strong>di</strong> blocco e videro le prime bande in formazione<strong>di</strong> cui nel suo libro <strong>di</strong> memorie Tempo dei vivi (1954) ci lascia unacolorita descrizione. Vide «uomini vestiti con strane fogge, giubbe militari,camicie rosse, giacche borghesi ornate <strong>di</strong> fazzoletti, portavano copricapid’ogni genere, dal cappello <strong>di</strong> alpino al berretto garibal<strong>di</strong>no al basco militare,molti erano giovani, parecchi ragazzi». Per il seguito del racconto hoavuto la testimonianza <strong>di</strong> Fausto Cossu, il comandante «Fausto», che daPiacenza, città dalla quale a guerra finita non si è più allontanato, nel febbraio1995 mi scrisse che la Ceva fece parte a Bobbio <strong>della</strong> sua formazione:«Fu una bella figura <strong>di</strong> patriota e <strong>di</strong> combattente, con la penna e conl’azione, e ha lasciato <strong>di</strong> sé un ottimo ricordo in quanti l’hanno conosciuta».Il comandante e Bianca si incontrarono ancora a Milano presso l’Istituto<strong>della</strong> Resistenza e dopo la scomparsa <strong>della</strong> donna il primo lamentava:«la sua scomparsa ha lasciato molto rimpianto tra gli uomini <strong>della</strong> Resistenza(BIANCA CEVA, Storia <strong>di</strong> una passione 1919-1943, Garzanti, Milano1948). Altre prigioniere furono madri o sorelle carcerate perché i loroparenti non avevano obbe<strong>di</strong>to alla leva <strong>della</strong> repubblica sociale. Con questiatti <strong>di</strong> arbitrio le autorità <strong>di</strong> Salò volevano seminare il terrore. In Umbria,ad esempio, dove la <strong>di</strong>serzione era più alta, i registri carcerari del carcerefemminile <strong>di</strong> Perugia registrarono solo nell’inverno 1943-44 ben novantaduedonne trattenute in ostaggio, molte delle quali contrassero in carceremalattie polmonari per il terribile freddo che pativano. A Perugia eranoanche Camilla Ravera e Felicita Ferrero.Di umile con<strong>di</strong>zione, le donne ostaggio, ammassate al piano alto delcarcere, si unirono tra loro e, poiché vivevano la reclusione come un violentosopruso, anche se erano tenute isolate dalle politiche, presero a o<strong>di</strong>arei fascisti e acquisirono una coscienza politica che non avevano. Usci-229

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