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Sentieri della Ricerca 4.indb - Centro di Documentazione Del Boca ...

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Davide Venturastro da parte <strong>di</strong> una squadra <strong>di</strong> fascisti locali. Alla fine del 1942, dopo aver svolto <strong>di</strong>versi lavori,viene chiamato alle armi e imbarcato a Venezia sul cacciatorpe<strong>di</strong>niere Alpino. Rimane feritoin seguito all’affondamento dell’imbarcazione a La Spezia nel maggio del 1943 e, nonostantele con<strong>di</strong>zioni fisiche precarie, viene destinato ad una nave-officina ma il perdurare delleferite subite gli fanno ottenere un prolungamento <strong>della</strong> convalescenza a casa. L’8 settembredel 1943 Rossi decide che è giunto il momento <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>care il padre e <strong>di</strong> cominciare a lottare.Alfonso Ventura, comandante <strong>di</strong> battaglione nella brigata Stella Rossa, nasce a San BenedettoVal <strong>di</strong> Sembro nel 1923 da una famiglia <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni, ed è proprio per fuggire da questomondo che si arruola nell’esercito <strong>di</strong>ventando sottufficiale istruttore alla scuola <strong>di</strong> cavalleria<strong>di</strong> Pinerolo. Le notizie che arrivano dal fronte lo convincono che la guerra è ormai persae che nemmeno a Pinerolo si può combattere alla pari con i tedeschi. Con l’armistizio e lasuccessiva incertezza sul da farsi matura la decisione <strong>di</strong> tornare a casa e <strong>di</strong> intraprendere la lottaarmata contro fascisti e tedeschi. Giunto a Marzabotto il 16-17 Settembre 1943, riesce a liberarsidai Carabinieri che lo cercavano e nei giorni successivi conosce Mario Musolesi, GianniRossi e Umberto Crisali<strong>di</strong>.22Si veda, ad esempio, il lungo <strong>di</strong>battito interno tra i due centri <strong>di</strong>rigenti del PCI sulla gestione<strong>della</strong> lotta partigiana in LUIGI LONGO, I centri <strong>di</strong>rigenti del PCI nella Resistenza, E<strong>di</strong>tori Riuniti,Roma 1973.23ELENA AGA-ROSSI La politica anglo-americana verso la Resistenza italiana in L’Italia nella SecondaGuerra Mon<strong>di</strong>ale e nella Resistenza, a cura <strong>di</strong> Francesca Ferrantini Tosi, Gaetano Grassi,Massimo Legnani, Franco Angeli, Milano 1988, p.14224Per un quadro dei <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong> esistenti all’interno dello schieramento partigiano riman<strong>di</strong>amo aMIRCO DONDI, La Resistenza tra unità e conflitto. Vicende parallele tra <strong>di</strong>mensione nazionale erealtà piacentina, Mondatori, Milano 2004.25Data <strong>della</strong> trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Marzabotto.26Le motivazioni che stavano alla base <strong>di</strong> questo giu<strong>di</strong>zio erano: «1° conformazioni geografichedelle nostre montagne. Non si prestano all’esistenza <strong>di</strong> forti bande, perché le nostre montagnehanno un retroterra profondo; sono invece messe come una schiena d’asino e da un crinale all’altrovi sono pochi chilometri, per cui solo esigui gruppi potrebbero resistervi; 2° le nostremontagne sono completamente sprovviste <strong>di</strong> boschi, eccettuato qualche castagneto, che d’invernocon la caduta delle foglie non serve a nulla; 3° da qui l’impossibilità: ciò che rappresentaun vantaggio enorme per l’avversario che può arrivare sulle cime dei monti con gli automezzi,impe<strong>di</strong>sce ai partigiani <strong>di</strong> potersi garantire le spalle. La sola tattica possibile è quella <strong>della</strong> grandemobilità e <strong>di</strong> restare fortemente <strong>di</strong>visi gli uni dagli altri. Ciò presuppone però l’aiuto effettivo<strong>della</strong> popolazione montana; 4° mentre per contro la situazione politica nella zona <strong>di</strong> montagna<strong>della</strong> nostra provincia è ancora fortemente arretrata, sul resto <strong>della</strong> provincia il fascismoha potuto imporsi <strong>di</strong> nuovo ed è in montagna ove conta le sue maggiori forze. Da parte dellemasse <strong>della</strong> montagna non vi è stata nessuna reazione politica, né agli avvenimenti del 25 luglioné dopo all’8 settembre, per cui si può concludere che la pressione del vecchio fascismo èrimasta intera e tale da terrorizzare quelle popolazioni. Qui non è la paura <strong>di</strong> un singolo, ma èuna forma <strong>di</strong> terrore, <strong>di</strong> panico collettivo per cui era impossibile poter trovare quell’aiuto perla vita dei partigiani; 5° l’estrema povertà delle zone montane fa sì che quelle popolazioni temevanola presenza dei partigiani in quanto esse avevano timore che dovessero mantenerli; 6°infine la presenza <strong>di</strong> importanti forze tedesche sulle montagne; poiché dai primi giorni i nostriAppennini sono <strong>di</strong>ventati una base <strong>di</strong> probabile resistenza per i tedeschi i quali presi<strong>di</strong>ano tuttigli sbocchi, li fortificano rendendo la circolazione, e quin<strong>di</strong> un rifornimento, estremamente<strong>di</strong>fficile.» (Da «Bologna. Rapporto del Triangolo dal settembre al <strong>di</strong>cembre 1943», in PIETRO SEC-CHIA, Il Partito comunista italiano e la guerra <strong>di</strong> Liberazione 1943-1945.Ricor<strong>di</strong>, documenti ine-222

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