Lo Stato Vegetativo Permanente(Aspetti Clinici e Considerazioni Etiche)Secondo le più prestigiose Associazioni ProfessionaliNordamericane, la definizionedello SVP - Stato Vegetativo Permanente -può essere così sintetizzata: “È uno stato<strong>di</strong> incoscienza ad occhi aperti, nel qualeil paziente ha perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> veglia e cicli sonno/vegliafisiologici, ma non è mai consapevole<strong>di</strong> se, nè dell’ambiente circostante”.Clinicamente è presenteuna con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> incoscienzavigile, occhi aperti,movimento masticatorionon finalizzato, attività motoriaafinalistica degli articonseguente a riflessi retrattivireattivi allo stimolo nocicettivo(doloroso). È conservatoil ciclo sonno/veglia,sono presenti riso spontaneo,movimento rotatorio oculareconseguente a stimoli sonorio ad oggetti in movimento,emissione incomprensibilevocale, movimentispastici, per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> feci eurine. Sono conservate la termoregolazione,la funzionecar<strong>di</strong>o-respiratoria, la funzionegastrointestinale macon compromissione dellamasticazione e della deglutizione(alimentazione parenterale).La <strong>di</strong>agnosi è clinicaanche se coa<strong>di</strong>uvata da indaginistrumentali (Tac, Rmn,Pet). Il prognostico è sfavorevolequando lo stato vegetativopersiste oltre i tre mesi in presenza <strong>di</strong>anossia ischemica e da do<strong>di</strong>ci mesi in presenza<strong>di</strong> trauma cranico. L’assistenza è voltaalla prevenzione dei decubiti, l’igiene personale,le infezioni, le flebiti profonde, lesintomatologie retrattive dell’apparato muscolo-scheletrico,la riabilitazione mirataper il recupero dello stato <strong>di</strong> coscienza, laemo<strong>di</strong>alisi e la ventilazione meccanica. Senella fase ospedaliera le con<strong>di</strong>zioni clinichemiglioreranno il paziente potrà tornare a casaper essere affidato alla cura dei familiariche dovrà prevedere l’igiene della personae la nutrizione enterale. A nostro avvisol’opzione clinica dovrà sempre scegliere perquesti pazienti il valore dellavita, perché essi si trovano inuna situazione stabile ma nonriescono ad alimentarsi da soli.Se vengono sospesi artificialmenteil cibo e i liqui<strong>di</strong>,muoiono, e la causa della mortenon sarà attribuibile alla malattiama unicamente alla inanizionee alla <strong>di</strong>sidratazione.La somministrazione dei cosìdetti mezzi minimali (alimentazione,idratazione ecc.)destinati a mantenere in vita,rappresentano un “mezzonaturale” e non un “attome<strong>di</strong>co”, così che il suo usoconsiderato “or<strong>di</strong>nario eproporzionato”, e in quantotale obbligatorio. In chiavelaica, la stessa giurisprudenzaprevalente italiana (Pretura,Corte d’Appello) ha semprerespinto la richiesta per la sospensionedella nutrizione edella idratazione, scorgendo inessa un atto <strong>di</strong> eutanasia, cosìassimilando la propria condottaa quella del Magisterodella Chiesa. La Congregazione per laDottrina della Fede rispondendo ai quesitiposti dalla Conferenza Episcopale Statunitensecirca l’opportunità <strong>di</strong> sospendere neipazienti in stato vegetativo permanente ilnutrimento e l’idratazione anche con l’impossibilitàcerta <strong>di</strong> recuperare la coscienza28
ancorché con il parere espresso con certezzamorale da me<strong>di</strong>ci competenti, ha formulatogiu<strong>di</strong>zio negativo con la motivazioneche “un paziente in Stato Vegetativo Permanenteè una persona, con la sua <strong>di</strong>gnitàumana fondamentale, alla quale sono perciòdovute le cure or<strong>di</strong>narie e proporzionate,che comprendono in linea <strong>di</strong> principio,la somministrazione <strong>di</strong> acqua e cibo,anche per vie artificiali”. La stessa Congregazionenon ha escluso alcune eccezioniquali: l'impossibilità <strong>di</strong> somministrare l’alimentazionee l’idratazione artificiali in regioniisolate o <strong>di</strong> estrema povertà, la liceità<strong>di</strong> interrompere l’alimentazione e l’idratazionequando “per complicazioni sopraggiunteil paziente possa non riuscire ad assimilareil cibo ed i liqui<strong>di</strong>, <strong>di</strong>ventando cosìdel tutto inutile la loro somministrazione”,la liceità della interruzione allorché“l’alimentazione e l’idratazione possonocomportare per il paziente una eccessivagravosità o un rilevante <strong>di</strong>sagio fisico legato,per esempio, a complicanze nell’uso <strong>di</strong>ausili strumentali”. In base a quanto abbiamoesposto, riteniamo del tutto pretestuosele affermazioni <strong>di</strong> non accettabilità nei confrontidei pareri espressi dal Magistero, daparte <strong>di</strong> una sigla che rappresenterebbe i me<strong>di</strong>cipubblici, in realtà esigua minoranza <strong>di</strong>fronte alla maggioranza dei me<strong>di</strong>ci italianirimasti deontologicamente fedeli al giuramentoad Ippocrate, che sempre hanno con<strong>di</strong>visoi principi etici e morali promossi dallaSocietà Civile e <strong>di</strong>fesi dal Magistero dellaChiesa Cattolica.Dr. Sergio MancinelliAntichi ospedali romani minoriL’OSPEDALE DISAN GIOVANNI BATTISTADEI GENOVESITra il XV ed il XVI secolo a <strong>Roma</strong> era tuttoun fiorire <strong>di</strong> istituzioni sanitarie, soprattuttoper iniziativa delle Confraternite,le quali identificavano nell'assistenzame<strong>di</strong>ca il modo ideale per conseguire i proprifini devozionali. Va però precisato che,salvo alcuni casi particolari, l'ospedale puressendo così denominato assumeva – piùspesso – un aspetto ed un ruolo polifunzionale:era, sì, un ospedale nel senso classico,ma nel contempo era anche ambulatoriome<strong>di</strong>co, ospizio per anziani e in<strong>di</strong>genti,ricovero per pellegrini, luogo <strong>di</strong> assistenzasociale. Oltre a ciò, tali ospedalierano magari espressione <strong>di</strong> sodalizi a caratterecosiddetto "nazionale", ossia sortiper iniziativa <strong>di</strong> comunità originarie <strong>di</strong> altrecittà italiane o <strong>di</strong> paesi stranieri. Eccoallora in <strong>Roma</strong> l'ospedale dei Lombar<strong>di</strong>ma anche quello degli Spagnoli o dei Portoghesi,e così via, nei quali principalmente– ma non sempre esclusivamente – gli assistitiappartenevano ai paesi <strong>di</strong> riferimento.In questa fattispecie ricadeva pure l'ospedale<strong>di</strong> San Giovanni Battista dei Genovesi,nei pressi del porto <strong>di</strong> Ripa Grande,del quale andremo ora a riassumere lagloriosa vicenda. Per far ciò ci avvarremo,come guida principale o fil rouge, <strong>di</strong> unprezioso quanto raro lavoro pubblicato nel2004 ma reperibile agevolmente sul web(Maria Luigia Ronco Valenti – Un angolo<strong>di</strong> Liguria nel cuore <strong>di</strong> Trastevere) ma anche<strong>di</strong> numerosi altri documenti che qui èimpossibile citare per esteso.Verso la fine del Quattrocento un facoltoso29