Nr 54 Marzo 2008 - Diocesi di Roma

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12.07.2015 Views

quali il più grande ospedale dell’Amazzoniabrasiliana a Macapà (negli anni Sessanta)e anche due Carmeli di clausura, perchévoleva che tutte le sue opere fossero fondatesulla fede e la preghiera.C’è un aspetto nella vita di Marcello che lorende un modello quanto mai attuale per unmondo come il nostro. Non era un paternalista,ma nemmeno un “pauperista”. Avevaun grande rispetto del denaro, che sentiva comedono di Dio per fare del bene: ne avevae ne riceveva molto e sapeva amministrarlobene, ma lo usava tutto per gli altri, non perse stesso. Una delle sue frasi preferite era:“Chi ha ricevuto molto deve dare molto”.Il Vescovo di Macapà succeduto a Mons. Pirovano,Mons. Giuseppe Maritano, ha testimoniato:“Voleva che l’ospedale fosse peri poveri, perché questo era l’unico scopoper il quale l’aveva costruito. Diceva sempre:‘Se c’è un malato povero e uno ricco,prima ospitiamo il povero e poi, se c’e posto,il ricco, che può rivolgersi all’ospedalegovernativo’. Io voglio un ospedale missionarioper i poveri e quindi dev’essere perforza passivo. Se è in attivo vuol dire chenon è più missionario e per i poveri”.Sono stato varie volte in Amazzonia e ricordoil lebbrosario di Marituba (pressoBelém), il primo visitato da un Papa, GiovanniPaolo II, l’8 luglio 1980. Giornata memorabile,sotto un sole fulminante (48 gradiall’ombra, all’aperto). Il Papa guarda eascolta quella folla di lebbrosi e di fedelivenuti da Belém, da Macapà e da varie partidell’Amazzonia, che cantano e gridano laloro gioia; dopo un po’ chiede a Mons. AristidePirovano che gli è vicino: “Ma insomma,dov’è Marcello Candia?”. Non erasul palco, sotto la tenda con le autorità, masotto il sole rovente, senza cappello, dietroa un uomo in carrozzella: tentava, sventolandoun ventaglio, di mitigare l’afa al suoamico Adalucio Calado, presidente della comunitàdei lebbrosi, senza mani, senza piedie senza naso, incaricato di dare il benvenutoa Giovanni Paolo II a nome degli 800pazienti del lebbrosario.Finite le cerimonie ufficiali, il Papa scendein mezzo ai lebbrosi, li abbraccia uno peruno e quando è di fronte a Marcello lo ba-cia in fronte e gli dice: “Ho sentito tantoparlare di lei...”. Marcello raccontava poil’incontro e ripeteva: “Quel bacio mi haportato fortuna, è stata una benedizionedel Signore per tutte le opere di carità inAmazzonia”.Don Divo Barsotti, che ha conosciuto beneil dottor Candia, ha detto dopo la sua morte:“Mi è sembrato un’anima senza ombre.Ho conosciuto tante anime sante, forse sarannoanche più sante di lui, però per tuttele altre qualche riserva l’ho sempre avuta,mentre non ho mai avuto riserve perMarcello Candia, un’anima così semplice,così luminosa, così delicata... Moltil’hanno deluso, si è sentito, in fondo, nondico tradito ma non capito. Lo si vedevacome un utopista: lo si amava, ma in fondoce se ne guardava. Non si poteva attaccarela sua limpidezza di vita, la sua vitareligiosa, la sua preghiera, ma forse sentivache gli altri lo trattavano come un bambino,lo credevano un ingenuo. Io so unacosa: che appena morto tutti hanno compresola grandezza di quest’anima... La cosache più mi meravigliava era il suo contattocon i poveri, con i lebbrosi, con i malati.Ricordo quando sono stato a Maritubacon lui, i malati non si accorgevano piùdi essere malati, c’era un tale spirito di serenità,di gioia nel vederlo, molto semplice,una festa tranquilla, serena, tra fratelli.La sua famiglia erano i malati, i lebbrosi:quando parlavi con lui di malati, dipoveri, di lebbrosi, s’illuminava, si sentivache li teneva, nel cuore, erano una cosasola con lui”.Cos’è rimasto del dottor Candianel Brasile dei poveri?Le trenta e più opere che la Fondazione Candiamantiene, fra le quali due conventi diclausura delle Carmelitane voluti da Marcello.Quello di Macapà è il primo nell’immensaAmazzonia brasiliana (13 volte piùgrande dell’Italia). Ma soprattutto è rimastoil ricordo vivo di un uomo buono, unmodello di vita cristiana e di amore ai poveri.Adalucio Calado prima che morisse,si commuoveva nel ricordare Marcello:26

“Il dottor Candia non solo ci ha aiutati economicamentee con le opere sanitarie e sociali,ma ci ha voluto bene: in lui vedevamol’amore di Dio anche per noi lebbrosi,rifiutati da tutti”.Ho chiesto ad Adalucio perché gli ospiti dellacolonia di Marituba considerano MarcelloCandia un santo. “Perché faceva tutto peramore di Dio. Non cercava nulla per sé matutto per gli altri, i poveri, gli ammalati,noi hanseniani. Era eroico nella sua donazioneal prossimo, commovente: lui ricco,colto e importante nel mondo, veniva aspendere la sua vita tra noi che non potevamodargli nulla in cambio. E non per unmotivo umano, altrimenti non avrebbe resistito,sarebbe rimasto deluso: ma solo peramore di Dio. Noi pensavamo: se lui è unuomo così buono, quanto più buonodev’essere Dio!”.Piero GheddoMese di maggio mese di MariaCREDO MARIANOCredo in Maria SS.ma madredi Cristoe perciò della chiesa.E ci credo fermamente,con tutta la mente e con il cuore.Credo nella sua maternitàdivina, nella sua perpetuaVerginità, nella sua ImmacolataConcezione, nella sua missionecorredentrice, accantoal Figlio Redentore.Credo nella sua Assunzionee glorificazione celestein corpo ed anima; e in Mariaè immagine della chiesa e chedovrà avere il suo compimentonell’età futura ed eterna.Credo nella sua maternitàspirituale ed ecclesialee nella sua regalità reale,di misericordia e di pace.Credo nella sua missionedi Madre nella Chiesa,nella sua potente intercessione,per lo sviluppo della vitanelle anime.Credo nella sua presenzadi amore accanto a ciascunacreatura, come madre,maestra di fede,ausiliatrice e mediatrice.Credo nel trionfo finaleed universale di Cristoe del Cuore Immacolatodi Maria, nell’oggidella storia perchéquesta è la sua ora!La Madonnellader CantoneDecus et PresidiumIn arto, sur cantone, imporverata,d’un vicolo in quer de l’Esquilino,c’è sta ‘na madonnella addoloratae sotto ce sta scritto ner latino‘na frase ch’è mijore de ‘n sermonee che vordì: “decoro e protezione”.Tutt’è silenzio attorno, è Feragosto,è annata fora la popolazione,ner vicolo c’è sola e ha preso postodavanti a la Madonna der cantone,‘na vecchietta pe’ fa’ le devozzionirecitanno er Rosario e l’orazzioni.Poco prima ch’ariva la caciara,se sente la Madonna addoloratache dice co ‘na voce bella e chiara,rivorta a la vecchietta, trasognata:“te ringrazio de core fija miad’avemme fatto bona compagnia”.27Elio Cesari(detto Cesaretto)LAMADONNINADER CORTILECe stà ‘n’immacolata ner tempiettoner cortile de casa, fra du’ pini,dove se po’ gioca’ puro ar carcetto;ma ‘na vorta, carcianno, i regazzini,arivò sur tempietto ‘na pallata,ruppe er vetro e sporcò l’immacolata.Scapporno i regazzini pe’ paurameno Simone, detto er piccoletto,c’annò da la Madonna e co’ gran curaer viso je pulì cor fazzolettoe dicennoje prima d’annà via:“Te chiedo scusa Madonnina mia”.Allora s’animò la Madonninapiena de luce come er Paradiso,era propio der celo la regina,mosse le mani e co’ un ber soriso,fece co’ tanto amore e tenerezzasur viso de Simone ‘na carezza.Elio Cesari(detto Cesaretto)

quali il più grande ospedale dell’Amazzoniabrasiliana a Macapà (negli anni Sessanta)e anche due Carmeli <strong>di</strong> clausura, perchévoleva che tutte le sue opere fossero fondatesulla fede e la preghiera.C’è un aspetto nella vita <strong>di</strong> Marcello che lorende un modello quanto mai attuale per unmondo come il nostro. Non era un paternalista,ma nemmeno un “pauperista”. Avevaun grande rispetto del denaro, che sentiva comedono <strong>di</strong> Dio per fare del bene: ne avevae ne riceveva molto e sapeva amministrarlobene, ma lo usava tutto per gli altri, non perse stesso. Una delle sue frasi preferite era:“Chi ha ricevuto molto deve dare molto”.Il Vescovo <strong>di</strong> Macapà succeduto a Mons. Pirovano,Mons. Giuseppe Maritano, ha testimoniato:“Voleva che l’ospedale fosse peri poveri, perché questo era l’unico scopoper il quale l’aveva costruito. Diceva sempre:‘Se c’è un malato povero e uno ricco,prima ospitiamo il povero e poi, se c’e posto,il ricco, che può rivolgersi all’ospedalegovernativo’. Io voglio un ospedale missionarioper i poveri e quin<strong>di</strong> dev’essere perforza passivo. Se è in attivo vuol <strong>di</strong>re chenon è più missionario e per i poveri”.Sono stato varie volte in Amazzonia e ricordoil lebbrosario <strong>di</strong> Marituba (pressoBelém), il primo visitato da un Papa, GiovanniPaolo II, l’8 luglio 1980. Giornata memorabile,sotto un sole fulminante (48 gra<strong>di</strong>all’ombra, all’aperto). Il Papa guarda eascolta quella folla <strong>di</strong> lebbrosi e <strong>di</strong> fedelivenuti da Belém, da Macapà e da varie partidell’Amazzonia, che cantano e gridano laloro gioia; dopo un po’ chiede a Mons. AristidePirovano che gli è vicino: “Ma insomma,dov’è Marcello Can<strong>di</strong>a?”. Non erasul palco, sotto la tenda con le autorità, masotto il sole rovente, senza cappello, <strong>di</strong>etroa un uomo in carrozzella: tentava, sventolandoun ventaglio, <strong>di</strong> mitigare l’afa al suoamico Adalucio Calado, presidente della comunitàdei lebbrosi, senza mani, senza pie<strong>di</strong>e senza naso, incaricato <strong>di</strong> dare il benvenutoa Giovanni Paolo II a nome degli 800pazienti del lebbrosario.Finite le cerimonie ufficiali, il Papa scendein mezzo ai lebbrosi, li abbraccia uno peruno e quando è <strong>di</strong> fronte a Marcello lo ba-cia in fronte e gli <strong>di</strong>ce: “Ho sentito tantoparlare <strong>di</strong> lei...”. Marcello raccontava poil’incontro e ripeteva: “Quel bacio mi haportato fortuna, è stata una bene<strong>di</strong>zionedel Signore per tutte le opere <strong>di</strong> carità inAmazzonia”.Don Divo Barsotti, che ha conosciuto beneil dottor Can<strong>di</strong>a, ha detto dopo la sua morte:“Mi è sembrato un’anima senza ombre.Ho conosciuto tante anime sante, forse sarannoanche più sante <strong>di</strong> lui, però per tuttele altre qualche riserva l’ho sempre avuta,mentre non ho mai avuto riserve perMarcello Can<strong>di</strong>a, un’anima così semplice,così luminosa, così delicata... Moltil’hanno deluso, si è sentito, in fondo, non<strong>di</strong>co tra<strong>di</strong>to ma non capito. Lo si vedevacome un utopista: lo si amava, ma in fondoce se ne guardava. Non si poteva attaccarela sua limpidezza <strong>di</strong> vita, la sua vitareligiosa, la sua preghiera, ma forse sentivache gli altri lo trattavano come un bambino,lo credevano un ingenuo. Io so unacosa: che appena morto tutti hanno compresola grandezza <strong>di</strong> quest’anima... La cosache più mi meravigliava era il suo contattocon i poveri, con i lebbrosi, con i malati.Ricordo quando sono stato a Maritubacon lui, i malati non si accorgevano più<strong>di</strong> essere malati, c’era un tale spirito <strong>di</strong> serenità,<strong>di</strong> gioia nel vederlo, molto semplice,una festa tranquilla, serena, tra fratelli.La sua famiglia erano i malati, i lebbrosi:quando parlavi con lui <strong>di</strong> malati, <strong>di</strong>poveri, <strong>di</strong> lebbrosi, s’illuminava, si sentivache li teneva, nel cuore, erano una cosasola con lui”.Cos’è rimasto del dottor Can<strong>di</strong>anel Brasile dei poveri?Le trenta e più opere che la Fondazione Can<strong>di</strong>amantiene, fra le quali due conventi <strong>di</strong>clausura delle Carmelitane voluti da Marcello.Quello <strong>di</strong> Macapà è il primo nell’immensaAmazzonia brasiliana (13 volte piùgrande dell’Italia). Ma soprattutto è rimastoil ricordo vivo <strong>di</strong> un uomo buono, unmodello <strong>di</strong> vita cristiana e <strong>di</strong> amore ai poveri.Adalucio Calado prima che morisse,si commuoveva nel ricordare Marcello:26

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