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Nr 54 Marzo 2008 - Diocesi di Roma

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dal senso del peccato e della colpa, anchese poi interviene una esaltazione della misericor<strong>di</strong>a,che in certo modo sottovaluta lapositività della creazione, “ferita” ma non<strong>di</strong>strutta dal peccato. Il cammino nasce innanzituttodall’“apertura fiduciosa” – piùo meno consapevole – verso la verità e l’amore,unita alla esperienza della fragilitàesistenziale, che ci spinge ad andare oltrenoi stessi verso Dio. Su questa base sorgepoi l’autentico “senso del peccato”: peccatoche è soprattutto – come insegna S. Ireneo– rifiuto della nostra concreta fragilitàcreaturale (la passibilità e la corruttibilitàdella “carne”) per mancanza <strong>di</strong> fiducia nellabontà del suo Creatore.È giusto il “senso <strong>di</strong> colpa” come rimproverodella coscienza per la nostra libera sceltadel male morale. In fondo, sia l’esaltazionecome la condanna “assolute” sono espressione<strong>di</strong> megalomania (<strong>di</strong> onnipotenza) nelbene e nel male: della pretesa <strong>di</strong> rimuovereil nostro limite e la nostra complessità <strong>di</strong> creature,sia nella virtù come nel peccato (volontario)e nell’errore (non volontario).L’UNICO ASSOLUTONon ho molto da darti, mio Dio,ma vorrei che quel poco fosse tutto.Attraverso gli eventi Dio, nella storia dellasalvezza, si rivela interiormente incontrandosicon la coscienza, con il “cuore” degliuomini: ieri come oggi. L’esperienza religiosadell’umanità – culminante nell’accoglienzadella Rivelazione in Cristo – è unapprendere, un essere “educati” alla fiduciain Dio come Amore, che ci precede, cisostiene, ci accompagna, ci accoglie. UnDio che ci ama comunque, uno per uno, insieme,in tutto e nonostante tutto, incon<strong>di</strong>zionatamente.Questa fiducia (o “fede”) non annulla la nostracoscienza morale e responsabilità, checi approva per il bene e ci accusa per il male.Invece la trasforma, la pacifica, la fa come“respirare” in profon<strong>di</strong>tà, guarendoladalle pretese ossessive e utopistiche <strong>di</strong> efficienza,<strong>di</strong> perfezione a tutti i costi: a livelloetico-spirituale e, <strong>di</strong> riflesso, anche comunitarioe socio-politico. Pretese che nasconodalla illusione, sempre poi puntualmentedelusa, <strong>di</strong> crearci delle sicurezze assolute<strong>di</strong>nnanzi alla nostra essenziale vulnerabilitàumana. La tranquillizzante fiducianella bontà <strong>di</strong> Dio, nella sua Grazia, lafiduciosa audacia (la “parrhesia”) <strong>di</strong> esseresuoi figli ci liberano dalla amarezza, daun certo rancore inconscio contro noi stessi,gli altri e Dio, causato dalla delusionedelle nostre pretese.Senza farci violenza, con il dono del suo Spirito,Dio ci attira a sè, aprendoci il cuore perchéoperi il bene, liberamente, per amore:secondo la “misura” della nostra particolarecon<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> creature, uniche e irrepetibilinella concretezza della nostra storia. Comenota, con pronfonda umanità, S. Tommaso:“dobbiamo andare a Dio credendo,sperando, amando Secundum mensuramnostrae con<strong>di</strong>tionis” (S. Theol. I-II, 64, 4).Respiriamo così la fiducia della coscienzain “Dio più grande del nostro cuore, qualunquecosa esso ci rimproveri” (Gv 3,20).Possiamo allora vivere positivamente ognisituazione, anche la nostra “infermità”umana, fisica e spirituale, senza restarne prigionieri.Possiamo combattere contro il maleper vincerlo con la forza del bene, trasfornandoloin ogni caso in momento <strong>di</strong>crescita nel cammino “verso la piena maturità<strong>di</strong> Cristo” (Ef 4,13).Don Carmelo NigroCappellano Ospedale “S. Lucia”23

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