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Nr 54 Marzo 2008 - Diocesi di Roma

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gato che cosa significa “vita”: “Questa èla vita eterna: che conoscano te, l’unicovero Dio, e colui che ha mandato, GesùCristo” (Gv 17,3). La pienezza della vita,anche quando è segnata dalla malattia e dallasofferenza, è relazione con Colui che è lasorgente della vita vera, perché ha vinto lamorte ed è risorto. Se siamo in relazione conLui che non muore più, siamo dentro la vitaeterna, nonostante la precarietà.L’Essere in comunione con Gesù risorto vuol<strong>di</strong>re essere per gli altri.La vita <strong>di</strong> comunione con Gesù ci impegnaad essere per gli altri, soprattutto per quelliche sono sulla croce del dolore.Vivere la Pasqua vuol <strong>di</strong>re partecipare allabontà <strong>di</strong> Dio. Questo deve spingerci a sentirela responsabilità per gli altri. La speranzaper la vita dopo la morte non ci allontanadagli impegni del quoti<strong>di</strong>ano, anzici spinge ancora <strong>di</strong> più a rendere presentein ogni momento e in ogni angolo della terrala vita nuova che Cristo ha portato con lasua Pasqua. E’ in virtù <strong>di</strong> questa speranzapasquale che dobbiamo pro<strong>di</strong>garci per gliammalati e i sofferenti, per i familiari, pertutti coloro che sono segnati dal dolore.Dio nostra speranza, è colui che si è manifestatocome il Dio <strong>di</strong> carità in Gesù Cristomorto e risorto per noi. Il regno da lui instauratonella Pasqua del Signore ha bisogno<strong>di</strong> essere esplicato anche attraverso il nostropiccolo o grande contributo d’amore. Il suoamore per noi è la garanzia che la nostra speranzapoggia su solide basi e che noi possiamodonarlo agli altri.Gesù ritiene fatto a se ciò che noi facciamoal più piccolo dei fratelli. E in questo noiren<strong>di</strong>amo cre<strong>di</strong>bile la sua Pasqua <strong>di</strong> dono ed’amore.Illuminati da questo meraviglioso eventoviviamo la responsabilità della nostra vitacome impegno <strong>di</strong> speranza, portando la paceche Cristo ha comunicato la sera <strong>di</strong> Pasquaai suoi <strong>di</strong>scepoli e che continuamente<strong>di</strong>spensa a coloro che hanno il cuore apertoalla buona novella il Vangelo della vita.Buona Pasqua. Armando BrambillaVescovo Ausiliare <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>Delegato per la Pastorale SanitariaSanto CranioOtre vecchio, quante generazioni <strong>di</strong> cellulenel tuo corpo mortale?Quante nazioni istologiche a <strong>di</strong>fesa dellatua unità strutturale?Veste vecchia, quante le regioni scapolaried i colli che tengono ancora separatii volti dalle mani?Quanti i cammini clau<strong>di</strong>canti e quanti idolori che affliggono le tue stanche regionivertebrali?Uomo vecchio, perché continui a riempirei tuoi otri <strong>di</strong> vino secolare?Perché spalanchi le porte alte del tuo capoai cinque sensi mortali?Perché preferisci la prigione e il ministerodel male?Perché cuci e ricuci, con rattoppi semprenuovi la tua presunta integrità tessutale?Dimmi ancora, perché non riesci ad inginocchiartiumilmente <strong>di</strong>nanzi a tuo PA-DRE?Perché sei restio ad aprire la porta dellatua bocca al suo Verbo e Signore?Perché non ti vuoi comunicare al suo sangueed al suo pane?Uomo nuovo, sta attento poi a non arrestartial banchetto nuziale.Rammenta che dopo cena passa il calicedel vino.Non fare come gli un<strong>di</strong>ci che, per tra<strong>di</strong>mentoo per paura, non videro lo stagno<strong>di</strong>ventare fiume, la morte vita ed il sanguecadaverico mare.Uomo redento, ora sai che sei mistero <strong>di</strong>luna, sei luna, che sul suo corpo riflettela grande luce solare della risurrezione.Dott. Lio4


Perirono nell’erba che non ne serba segnol’occhio non trova il luogo,ma Dio, con il suo libro irrevocabile, richiamerà ogni volto(E. Dickinson)1. Il senso globale dei salmi del malatoIl salterio biblico mostra la possibilità <strong>di</strong>“<strong>di</strong>re” una situazione <strong>di</strong> sofferenza umananelle sue molteplici forme investigate in modoapprofon<strong>di</strong>to dalla ricerca psicologicacontemporanea, sulla scia della celebre analisi<strong>di</strong> Elisabeth Kübler Ross che, come noto,ha <strong>di</strong>stinto, nella reazione del malato allasua grave patologia e all’approssimarsiLA MALATTIANELLOSPECCHIODEISALMIdella morte, alcune fasi:il rifiuto della propria con<strong>di</strong>zione e l’isolamento,la collera, la trattativa e il patteggiamento,la depressione, l’accettazione,la pace.Posto a confronto con il fenomeno della cadutadel linguaggio e della parola che non<strong>di</strong> rado si sperimenta accanto al malato,spesso con sintomo <strong>di</strong> reale partecipazioneaffettiva da parte <strong>di</strong> chi gli è accanto e <strong>di</strong>rispetto del suo patire, e dello spaesamentonella stessa persona sofferente, privatadel senso e dei valori sui quali ha costruitola sua vita nella piena attività ed integritàfisico-psichica, la raccolta dei Salmi attestauna certa “affabilità” dell’esperienzadel soffrire. Nelle antiche preghiere <strong>di</strong>Israele, a più riprese, il malato racconta <strong>di</strong>sé a se stesso, agli altri e a Dio. Come affermalucidamente Luciano Manicar<strong>di</strong>, “<strong>di</strong>fronte alla modernissima incapacità <strong>di</strong>esprimere i propri sentimenti nella malattiae all’avvicinarsi della morte, e allarimozione del pensiero stesso dellamorte che fa irruzione nella vita <strong>di</strong> una5persona tramite la malattia, rimozioneche <strong>di</strong>viene assenza <strong>di</strong> parole o menzognao ingannevole e illusoria consolazionein coloro che sono vicini al malato, iSalmi sanno far accedere alla <strong>di</strong>gnità dellinguaggio la sofferenza della malattia el’esperienza del lutto”.L’ipotesi <strong>di</strong> lettura che guida la presente ricercasi propone <strong>di</strong> assumere l’evocazioneche un corretto approccio alla peculiare “lingua”e “co<strong>di</strong>ce simbolico” del salterio, puòrilanciare all’uomo contemporaneo. Il tagliodel <strong>di</strong>scorso, inoltre, non vuole in primabattuta, assumere la figura <strong>di</strong> un astrattomoralismo, quanto piuttosto dell’ascolto<strong>di</strong> una testimonianza del passato nella suacapacità <strong>di</strong> interpretare il nostro presente,senza per questo inclinare verso una precipitosascoperta <strong>di</strong> un “senso biblico” o <strong>di</strong>un “senso cristiano” della malattia a montedell’accostamento con il testo che condensale voci oranti e supplici <strong>di</strong> un’umanitàlontana, ma per certi versi sorprendentementevicina alle parole dell’uomo <strong>di</strong> sempre.L’affiorare <strong>di</strong> un significato della malattia,connesso alla fede biblica e cristiana,giova ricordarlo, non è <strong>di</strong>sponibile a priori,quanto, piuttosto, avviene dentro l’esperienzadel patire <strong>di</strong> ciascuno, in cui la concretasituazione del dolente si incontra conl’azione dello Spirito Santo mai predeterminabileo programmabile. All’interno <strong>di</strong>questo percorso personale, i Salmi biblicipossono <strong>di</strong>ventare anche oggi una significativatestimonianza <strong>di</strong> come affronta-


e, nella fede, la malattia e una preziosaguida per la preghiera <strong>di</strong> chi soffre.Tentativi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione nel salterio <strong>di</strong>Salmi <strong>di</strong> malattia e guarigione sono statiprodotti nella ricerca esegetica contemporanea,anche se autorevoli stu<strong>di</strong>osi, comeClaus Westermann, hanno negato la specificità<strong>di</strong> un tale gruppo <strong>di</strong> testi, riconducendolientro lo schema generale della lamentazionein<strong>di</strong>viduale. Seguendo la <strong>di</strong>stinzione<strong>di</strong> Seybold, tuttavia, è possibile una tipologizzazionedei salmi <strong>di</strong> malattia e guarigionein tre gruppi:– Primo gruppo (con certezza testi <strong>di</strong> questotipo): Salmi 38; 41; 88– Secondo gruppo(molto probabilmente<strong>di</strong> questo tipo):Salmi 30; 39;69; 102; 103 e Is38, 9-20)– Terzo gruppo (conuna certa probabilità<strong>di</strong> questo tipo):Salmi 6; 13; 32;51; 91; ed anche:31; 35; 71; 73.Non va preventivamente<strong>di</strong>menticatoche il testo attuale <strong>di</strong>ciascun salmo, secondointerpretazioni accre<strong>di</strong>tate,è frutto <strong>di</strong>6un intervento <strong>di</strong> rimaneggiamento<strong>di</strong> materialigrezzi (forse suppliche <strong>di</strong> oranti consegnateai sacerdoti del santuario) in vistadella costruzione <strong>di</strong> prodotti stereotipi, funzionaliall’espressione della pietà in<strong>di</strong>vidualee al culto ufficiale, in cui probabilmentenon è assente anche la resa in forma“ortodossa” <strong>di</strong> temi e espressioni letterarieesterni alla fede mosaica appartenenti, piuttosto,alle “superstizioni” arcaiche della tra<strong>di</strong>zionereligiosa contestuale. Questa operazione,comunque, non occulta, il debitooriginario che i salmi possono avere conesperienze singole <strong>di</strong> malattia, ulteriormenteelaborate fino ad assumere l’aspetto <strong>di</strong>un’ermeneutica <strong>di</strong> situazioni antropologicheuniversali. I testi salmici così <strong>di</strong>vengonouna “figura simbolica” per cui la malattiaeffettiva <strong>di</strong>venta raffigurazione <strong>di</strong>aspetti ra<strong>di</strong>cali della con<strong>di</strong>zione umana incui essa non è mai vissuta come sempliceevento biologico, ma in continuità con ilsenso della vita, “più precisamente, qualemomento che minaccia quel senso dellavita che in prima battuta appariva ovvioe subito persuasivo”.Le parole della preghiera contenute nei salminon fanno semplicemente riferimento amalattie in<strong>di</strong>viduabili attraverso la sintomatologiacorporea, ma tendono ad associarequest’ultima a situazioni <strong>di</strong> peccato,<strong>di</strong> estremo pericolo che sembrano minare,in modo irreversibile,tutti gli equilibri esistenzialiprecedentementeraggiunti dall’orante,posto seriamente<strong>di</strong> fronte allamorte. “È infatti all’internodella grandepolarità mortevitache va situata lamalattia, una polaritàche fa appello aJHWH, quale unicosignore, colui chedetermina la vita ela morte”. La morte,nella visione originariadell’antro-I salmi: faro <strong>di</strong> luce per la vita.pologia biblica, è interruzionedel rapportovitale che lega l’uomo a Dio, separandolodefinitivamente da lui e relegandolonel luogo buio (She’ol) della nonrelazione,che squalifica l’esistenza dellasua qualità specifica e non solo la privadel vivere biologico. Così, in modo intuitivo,ogni realtà che interrompe, o minaccia<strong>di</strong> interrompere, la relazione vitale uomo-Dio,cade sotto la supplica dell’orantebiblico (malattia, rifiuto, prigionia, ecc.). Lapreghiera dei Salmi, nell’umano manifestarsidella parola <strong>di</strong> lamento, <strong>di</strong>venta appelloa non spegnere tale relazione, a nonrecidere, sul limitare <strong>di</strong> una drammatica possibilità,il nesso esistenziale da cui la vitadell’uomo prende senso. Parallelamente la


guarigione è vista non solo come riabilitazionedel corpo, ma più profondamente dellavita del singolo in tutte le sue relazionicostitutive. Il riacquisto della salute comportaper l’uomo biblico la reintegrazionenella trama <strong>di</strong> quei legami che significanoe qualificano la vita, a cominciareda quello con Dio, ma anche con se stesso,con gli altri, con la società, con la comunitàcultuale.La malattia nell’orante salmico, pur generandoun concitato interrogarsi fino allepieghe più profonde del cuore e un indagare– a volte minuzioso – sulla sintomatologiacorporea, in<strong>di</strong>rizza piuttosto ad unaqualità del volere umano:“vivere la malattia davantia Dio”, per riprendereil senso dell’esistenzala cui evidenza sembraormai irrime<strong>di</strong>abilmenteperduta.La parola supplice nellamalattia assume gammericchissime <strong>di</strong> possibilitàespressive, che si innestanosul co<strong>di</strong>ce fondamentaledel lamento, del gemito,del grido e del pianto:“ascolta la voce delmio pianto” (Sal 6, 9);“non essere sordo alle7mie lacrime” (Sal 39, 13).L’orante <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> “sé”, raccontadel suo caso, conricchezza <strong>di</strong> particolari; come ogni uomoavverte questo bisogno <strong>di</strong> esprimere, <strong>di</strong> rendereconsapevole a sé, agli altri, a Dio lasua particolare situazione. Non manca ancheuna forma particolare e umanissima <strong>di</strong>parola: quella che sgorga dalla rabbia e dallaprotesta, che accusa, senza ritegno nelmanifestare il suo dolore, e che si cristallizzanell’esperienza dell’essere “abbandonato”da Dio, espressione quest’ultimache sintetizza per l’uomo biblico ildolore ra<strong>di</strong>cale, la ra<strong>di</strong>ce ultima <strong>di</strong> ognidolore. Un’ulteriore modulazione del linguaggio,quasi paradossale, è anche il mutismo,il chiudersi della bocca ad ogni parola,fino a farla rimanere dentro <strong>di</strong> sé, perchéogni tentativo <strong>di</strong> espressione forse sarebbeinadeguato o incompreso, per quellaforma tipica <strong>di</strong> incomunicabilità che lasofferenza porta con sé. Il mutismo <strong>di</strong>ventauna forma <strong>di</strong> reazione nei confronti dei“nemici”, per affidarsi completamente alSignore: “Io, come un sordo, non ascolto/ e come un muto non apro la bocca”(Sal 38, 13-16).“In ogni caso, i Salmi attestano l’importanzadell’espressione dei propri sentimenti,e anzitutto la collera e la protesta,il lamento e l’accusa: <strong>di</strong> fatto, si trattagià <strong>di</strong> un momento in cui il malato recuperapotere sulla sua vita, offre una<strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> vitalità,reagisce alla malattia”.La voce dell’oranteresta, anche nella malattia,rivolta a Dio; tale voce“per quanto scandalosapossa sembrare, <strong>di</strong>vienecosì momento cheaiuta il malato a leggerese stesso e ad affrontarela malattia, e <strong>di</strong>viene anchepreghiera, cioè rispostaal messaggio insitonella malattia. Unmessaggio, <strong>di</strong>fficile dadecifrare e da ascoltare,ma che ha a che fare conCome mi è dolce navigare nel il Dio, Signore della vita,della malattia e dellatuo mare o Dio!morte”. Così nei Salmi ilgrido della preghiera può <strong>di</strong>ventare l’ultimaforma del “perdere la vita”, l’utilizzazionedelle energie residue per continuarea cercare il rapporto con Dio. Gliultimi frammenti dell’esistenza sono spesiper l’estremo dei tanti “rischi” che sonopropri del vivere: “perdere la vita nel chiederela vita, perdere la vita nello sperarela vita”. Sono grida che “hanno un valoreterapeutico ed esorcizzano la morte,per il semplice fatto che la riconoscono”nel suo potere aggressivo e <strong>di</strong>sgregante,senza censurarla e senza rimuoverlanella sua realtà, operazione quest’ultimache sembra caratterizzare, piuttosto, la culturacontemporanea.


2. Salmo 13 “Fino a quando?”Nella sua brevità il Salmo 13 è un modelloesemplare dei temi dei salmi <strong>di</strong> malattia, anchese propriamente è catalogato nella formagenerica <strong>di</strong> “lamentazione in<strong>di</strong>viduale”.Il testo mostra una stesura sobria, forsefrutto <strong>di</strong> uno sfoltimento, fino alla formulazioneessenziale, <strong>di</strong> un ampio campionario<strong>di</strong> parole e situazioni presenti nei testipiù elaborati.Ciò che colpisce imme<strong>di</strong>atamente in aperturaè la quadruplice domanda, parola lanciataa Dio, che mostra lo sfinimento del doloree la ricerca <strong>di</strong> un evento che possa interromperela sequenza del tempo <strong>di</strong> sofferenza:“Fino a quando?” (vv. 2-3).Le prime due domande sono <strong>di</strong>rette a Dio,là dove il dolore del sofferente, secondo ilsuo universo religioso, quello del teoremadella retribuzione – che lega la malattia aduna colpa o peccato particolare commesso– può avere origine: “Fino a quando, Signore,continuerai a <strong>di</strong>menticarmi?”,“mi nasconderai il tuo volto?”. Il lamentarsisgorga da una relazione, quella conDio, che per l’orante è ragione <strong>di</strong> vita, èsenso del vivere umano e dunque è il sensomesso in luce dalla sua vita precedenteche, in questo drammatico frangente, sem-Parlami ancora o Dio dal tuo monte santo.La tua parola Signore è la scalaper salire la vetta del dolore.bra definitivamente compromesso.La terza domanda, sempre rivolta a Dio, faparlare il corpo dell’uomo ammalato: “Finoa quando proverò affanni, tristezza nelcuore ogni momento?”, suggerendo il temadel rapporto che intercorre tra l’uomo ela sua patologia rivelata dai segni del corpo.La quarta domanda, “Fino a quando su <strong>di</strong>me trionferà il nemico?”, introduce unaterza categoria: il malato e gli altri, attraversola messa in scena della figura del “nemico”,un “personaggio” che copre in modopervasivo il salterio del malato.Il dolore <strong>di</strong> cui si parla in questo testo nonè solo quello sintomatico, percepito da sensiresi più acuti dall’irrompere e dal permanerenella malattia, ma come ricorda Westermannè “il <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne in un essere sano,considerato in tutto il suo insieme, chesi manifesta in primo luogo […] nei rapporti<strong>di</strong> un essere vivente: nei rapporti <strong>di</strong>colui che si lamenta con Dio, con se stessoe con gli altri”.La domanda espressa nel lamento è seguita(vv. 4-5) dall’invocazione e dalla preghiera,che colma la <strong>di</strong>stanza tra l’uomo e il suo Dio.Nello sviluppo della preghiera al v. 4 JHWHè apostrofato dall’orante, nella sua fede personalee in<strong>di</strong>viduale, come “mio Dio” – cosìin una quarantina <strong>di</strong> passi del salterio – edunque viene svelato il carattere estremo del-8


la situazione patita, che fa della preghiera unaquestione <strong>di</strong> vita o <strong>di</strong> morte, rivelando insiemeil crudo paradosso che l’attraversa: “Chi<strong>di</strong>ce “mio Dio” è stupito <strong>di</strong> come sia possibilevivere sul piano collettivo nella comunionecon Dio costituita dall’alleanza,e al tempo stesso sentirsi abbandonato daDio sul piano in<strong>di</strong>viduale”.Il v. 6 mostra un cambiamento ed innesta ilregistro della confessione <strong>di</strong> fiducia, cui faseguito una promessa. Tale cambiamentopuò essere segno <strong>di</strong> una guarigione avvenuta(e dunque è da intendere come todah,lode <strong>di</strong> ringraziamento), oppure <strong>di</strong> un interventoesterno (un oracolo sacerdotale?)<strong>di</strong> rafforzamento della coscienza dell’orantenella sua <strong>di</strong>fficile situazione.La compenetrazione <strong>di</strong> lamento e lode (nelcaso esaminato espressa solo in voto), è unacaratteristica propria <strong>di</strong> quasi tutti i salmi <strong>di</strong>malati. Essa dà ragione della verità circa lapropria vita in cui questi due registri sonoentrambi presenti. Lamento e lode insiemerestituiscono la realistica percezione dell’esistenzaumana: “il lamento è accompagnatodalla lode, la lode dal lamento.Il lamento senza la lode è la <strong>di</strong>sperazione,l’assenza <strong>di</strong> speranza; la lode senzalamento è compiacimento, arroganza”. Aquesto proposito è dunque importante mantenere,anche per l’esperienza contemporanea<strong>di</strong> preghiera, questa tensione e compenetrazione<strong>di</strong> lamento e lode, conservandone,come ricorda Paul Ricoeur, tutto il suocarattere “agonistico”: “Visto dal suo puntod’arrivo, il movimento dal lamento allalode sembra svolgersi all’interno <strong>di</strong> ununico “essere-con-Dio”. Vista invece dalpunto <strong>di</strong> partenza la preghiera è un movimentoche parte dal silenzio <strong>di</strong> Dio, senzalasciare mai il carattere <strong>di</strong> lotta per ritrovarela fiducia”.La semplice struttura <strong>di</strong> questo breve salmoarticola in modo limpido la preghiera dentrouna situazione <strong>di</strong> prova e malattia e ci pone<strong>di</strong> fronte ai protagonisti <strong>di</strong> ogni salmo <strong>di</strong> malato:l’io orante (che al v. 6 protesta la sua fedeltàe la sua fede); il Tu <strong>di</strong>vino (vv. 2-3);l’altro, il terzo (qui il “nemico”: vv. 4-5).(continua)Pier Davide GuenziLa presenza dellaChiesadove l’uomo soffreLa rapida trasformazione della società, ilconseguente rimodellamento dell'agireumano, ad<strong>di</strong>tati come le cause principalidella trasnazionalizzazione delle malattie,non hanno colto la Chiesa cattolica impreparata.Presente con le sue istituzioni sanitarienei cinque continenti, soprattutto laddovei focolai delle malattie sono più insistentie dove è più necessaria un'opera <strong>di</strong> prevenzione,essa rappresenta una realtà nellalotta contro le malattie infettive. Da una recentestatistica commissionata dal PontificioConsiglio per la Pastorale della salute si evinceche oltre il 65% delle strutture sanitariecattoliche sparse nel mondo si occupano <strong>di</strong>pazienti con malattie infettive. In questi ultimianni si è notevolmente intensificata lalotta contro la tubercolosi: 2-3 milioni <strong>di</strong> neonatiogni anno nel mondo ne sono afflitti etra gli adulti si registrano ogni anno dai 7 ai10 milioni <strong>di</strong> nuovi casi. In Africa e in Asiala situazione è drammatica, almeno il 3% dellapopolazione è tubercolotica. Se ne prendonocura in particolare Fatebenefratelli eCamilliani. Comunque il 59,9% dei centri sanitaricattolici offrono assistenza specifica.Segni preoccupanti <strong>di</strong> recrudescenza ancheper la malaria, data in crescita in Asia, ebolae virus <strong>di</strong> Nipah. La Chiesa cerca <strong>di</strong> fronteggiarequeste situazioni puntando soprattuttosulla prevenzione. Nell'82% delle strutturesi organizzano infatti corsi <strong>di</strong> formazionecon il duplice obiettivo <strong>di</strong> insegnare a riconosceretempestivamente le malattie e afare prevenzione attraverso l'igiene e i comportamentipersonali. Un'attenzione particolareviene poi data a programmi <strong>di</strong> salute peri bambini (nel <strong>54</strong>% degli istituti), per le donne(nel 41,7% degli istituti), soprattutto perquanto riguarda i rischi <strong>di</strong> gravidanza, e perlo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> problemi nutrizionali. I risultatimigliori sono stati comunque ottenuti in quel90% <strong>di</strong> centri sanitari cattolici nei quali sifronteggia l'AIDS attraverso azioni <strong>di</strong> prevenzionee sperimentazioni cliniche.9


HLa forzadella croceo passato un mese e mezzo paralizzato inun letto dell’ospedale Sant’Andrea e altrisette mesi <strong>di</strong> sofferenza, per <strong>di</strong>re forse oggi,che è passato tutto. Nella notte del 29gennaio 2007 a mezzanotte circa, mentreancora stavo nel soggiorno <strong>di</strong> casa, all’improvvisosentii una fitta in basso a sinistranella schiena, come se una spada mi penetrassedentro.Non riuscivo più a muovermi, ero paralizzato,dopo circa mezz’ora aiutandomi condei piccoli massaggi nella parte dolorante,riuscì ad alzarmi ed a fatica ad andare al piano<strong>di</strong> sopra a letto, passai tutta la notte sofferentefino alla mattina, quando all’improvvisocominciai a sentire delle scosseche dal basso della schiena si irra<strong>di</strong>avanoverso l’alto, mi sembrava <strong>di</strong> essere stato collegatoalla corrente ad alta tensione. Ognicinque minuti partivano scosse, giorno enotte, ed anche se provavo a rimanere immobile,continuavano senza sosta e nonostantefossi paralizzato con la schiena saltavoper la loro intensità, sembravano attacchiepilettici, senza sosta tutto il giorno,con le scosse saliva anche la temperaturache arrivava a 40. Dopo una settimana allettatoil giorno 3 febbraio mi recai al prontosoccorso dell’ospedale Sant’Andrea doveiniziò il nostro pellegrinaggio.In questo grande santuario ho vissutoprofonde esperienze che in passato avevocon<strong>di</strong>viso per altre persone a me care, mache mai avevo vissuto in prima persona,inoltre durante questo tempo, Dio mi ha donatodelle parole che illuminavano ogni miagiornata e che ancora oggi custo<strong>di</strong>sco nelmio cuore.Prima parola <strong>di</strong> vita: “vegliate, dunque,perché non sapete in quale giorno il Signorevostro verrà” (Mt. 24,42). Ho ripensatoa quando sono iniziati i dolori, Dio era ve-nuto a visitarmi nella notte, nel silenzio evoleva avere un incontro intimo con me.In principio l’ho sentita come una paroladura e come molto spesso mi era capitatoper altre situazioni, ho visto che questa pa-Ai pie<strong>di</strong> della29 gennaio 2007 era inverno, ma era una bellissimagiornata, faceva quasi caldo. Sembravache mio marito stesse in piena salute,ma invece stava malissimo.La vita sembrava a <strong>di</strong>r poco perfetta e scorrevafreneticamente.Dalla sera alla mattina Gianmarco si è trovatoimmobilizzato a letto ed io nel giro <strong>di</strong>poche ore mi sono trovata con il cercare affannosamenteuna soluzione per non farlosoffrire. Io che da lui sono stata sempre trattatacome una principessa, all’improvvisodovevo prendere in mano la situazione e sentivofortemente che non avevo molto tempoda perdere.Quando mi trovavo fisicamente lontano daGianmarco riuscivo a percepire quanto luistava peggio e quanto i dolori erano più forti.Ho sempre avuto una profonda comunionecon lui, ci bastava davvero uno sguardo,uno sfiorarsi per capirci.Se mi avessero detto che io avrei dovuto viveretutto quello che ho vissuto, io avrei rispostoche sarei morta e invece... invece cel’ho fatta, ma <strong>di</strong> certo non grazie alla mie piccoleforze, ma tutto è stato grazia <strong>di</strong> Dio. Hosentito una forza dentro <strong>di</strong> me che mi venivadavvero solo dal cielo. Ogni giorno, mentrepercorrevo il tragitto in salita dal parcheggioper l’auto al reparto dove stava Gianmarco,pensavo al calvario. Ogni giorno <strong>di</strong>ventavadavvero più faticoso e lungo, le gambesempre più pesanti, ma salendo pregavosilenziosamente e continuamente. Ero in comunionecon Dio così come ero in comunionecon mio marito. Chiedevo aiuto a Maria,prendevo esempio dal Suo stare ai pie<strong>di</strong>della Croce e nel fare la volontà del Padre.10


ola mi trovava in una situazione <strong>di</strong> inadeguatezza,vedevo come ancora non mi sentivopronto alla venuta <strong>di</strong> Gesù, a partecipareal suo banchetto nuziale, ero “comeuna vergine stolta”, credevo che per con-Dio mi ha fatto sempre sentire la sua tenerezzaattraverso l’amore <strong>di</strong> chi mi era accanto,compresi molti dottori e professori conosciutiin ospedale.Ogni mattina era meraviglioso ritrovare ilsorriso <strong>di</strong> Gianmarco nel suo letto <strong>di</strong> sofferenzeed io che avevo voglia <strong>di</strong> piangere sulsuo petto, come avevo sempre fatto, avevola forza invece <strong>di</strong> rispondere con un altro sorriso,<strong>di</strong> sostenerlo.Mio marito ha vissuto la malattia soffrendoed offrendo tutto a Dio, senza mai <strong>di</strong>rmelo,ma testimoniandolo con il suo esempio. Iolo guardavo e vedevo in lui un angelo.Mi sono spesso chiesta perché Dio abbia permessotutto ciò, la risposta non la posso dare,ma ho sperimentato che anche attraversola croce, può realizzarsi un bellissimo progetto<strong>di</strong> salvezza <strong>di</strong> Dio per la nostra famiglia,sentivo che Dio permetteva tutto ciò peril nostro bene.Dio ci ha fatto fermare, ci ha fatto vederedove la nostra vita stava andando, quali fosserole nostre priorità, i nostri obiettivi. Ciha donato occhi nuovi e la grazia <strong>di</strong> ricominciarea vivere per una seconda volta. Siperché io mi sento rinata e lo stesso Gianmarco.Ringrazio Dio perché mi ha dato la possibilità<strong>di</strong> capire che non ci devono essere piùfrasi non dette, abbracci e gesti non fatti orimandati... mi ha insegnato a vivere l’oggi,la vita or<strong>di</strong>naria in maniera straor<strong>di</strong>naria.Dio dandoci questo grande dolore, ci ha donatoun bellissimo regalo, magari incartatomale, ma vi assicuro un meraviglioso dono!!!Giu<strong>di</strong>tta Capra(moglie <strong>di</strong> Gianmarco)vertirmi ci sarebbe stato ancora tempo nellamia vita e invece forse era giunta l’ora.Passato il primo periodo <strong>di</strong> grande sofferenzafisica e a volte <strong>di</strong> sconforto, nel qualecon fatica riuscivo ad invocare il Signore[la forza veniva dai piccoli vasi <strong>di</strong> olio(Mt. 25,4) che avevo conservato], iniziavaun tempo <strong>di</strong> grazia in cui tutto mi parlavadell’amore <strong>di</strong> Dio e illuminava la storia cheLui voleva realizzare con me.Seconda parola <strong>di</strong> vita: “voi fratelli, nonsiete nelle tenebre, così che quel giorno possasorprendervi come un ladro: voi tutti infattisiete figli della luce e figli del giorno”(1 Ts 5,4-5). Se era giunta la mia ora, Diomi dava un tempo <strong>di</strong> purificazione, nel qualepotevo prepararmi a questo meravigliosoincontro, consapevole che Dio nella miavita aveva fatto sempre tutto bene; cominciaia vivere tutte le piccole cose della giornatacome doni <strong>di</strong> Dio; ogni giorno il Signoremi faceva tanti regali che anche prima<strong>di</strong> questo tempo mi donava, ma che nonavevo mai riconosciuto ed apprezzato.Terza parola <strong>di</strong> vita: “Se uno viene a mee non o<strong>di</strong>a suo padre, sua madre, la moglie,i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propriavita, non può essere mio <strong>di</strong>scepolo. Chinon porta la propria croce e non viene <strong>di</strong>etro<strong>di</strong> me, non può essere mio <strong>di</strong>scepolo”(Lc 15,26-27). In passato avevo potuto pregare,aderire e vedere come era vera questaparola nella mia vita, ma in quel momento<strong>di</strong> sofferenza Dio me la illuminava in maniera<strong>di</strong>versa, proprio in considerazione <strong>di</strong>quello che stavo vivendo. Il mistero dellacroce <strong>di</strong> fronte al quale tante volte anchenella con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> altri fratelli avevo abbracciatoper fede, per obbe<strong>di</strong>enza, per amore,ora mi si rivelava in maniera <strong>di</strong>versa; lacroce che inizialmente è sempre un misteroincomprensibile, quando l’abbracci, pocoa poco, ti si rivela e ti apre un mondo meraviglioso.Ma l’esperienza che ho fatto, èche la croce, è stata una via e quin<strong>di</strong> qualcosache conduce da qualche parte e noncertamente contro un muro. L’invito <strong>di</strong> Gesùè stato per me <strong>di</strong> portare la croce, e quin<strong>di</strong>a camminare e nonostante fossi paralizzatoin un letto, sdraiato, potevo avere losguardo rivolto al cielo, non certo a subirla11


È la croce la vittoria sul male.12o rimanerci sotto, schiacciato e paralizzatodal suo peso. Meraviglioso è vedere (nonostantela mia fragilità, paura ed incapacità<strong>di</strong> resistere alla sofferenza fisica) <strong>di</strong> esserecapace <strong>di</strong> portare la mia croce, avendo capitoche alla fine è la croce che mi portava.Quarta parola <strong>di</strong> vita: “Quin<strong>di</strong> se un membrosoffre, tutte le membra soffrono insieme”(1 Cor. 12,26). L’esperienza della croceè venuta a ricordarmi che nessuna relazionevera può essere costruita se non nellacon<strong>di</strong>visione dei pesi come delle gioie in unoscambio incessante e questo l’ho visto a cominciaredalla mia famiglia, chiesa domestica,in mia mogliecostantemente presente;con i miei genitorie familiari. La con<strong>di</strong>visioneha datoprofon<strong>di</strong>tà, verità,gioia, ai nostri rapporti,con l’esercizio dellapazienza, dell’impegno,della fedeltà,dell’ascolto; è stataquesta una vera viacrucis, il camminodella croce che portaalla vita. Poi la grazia<strong>di</strong> poter far parte dellaChiesa, <strong>di</strong> avere unacomunità fatta <strong>di</strong> fratelliche Dio ha chiamatoa stare insieme,non perché si sonoscelti l’uno con l’altroa proprio piacere masi sono trovati e, nonostantele fragilità emiserie <strong>di</strong> ciascuno, si sentono un solo corpo,che durante la mia sofferenza ha pregatoe ha sofferto con me e con mia moglieGiu<strong>di</strong>tta.Quinta parola <strong>di</strong> vita: “E chi <strong>di</strong> voi, perquanto si <strong>di</strong>a da fare, può aggiungere un’orasola alla sua vita? E perché vi affannateper il vestito? Osservate come crescono i giglidel campo: non lavorano e non filano”(Mt. 6,27-28). Questo tempo <strong>di</strong> sofferenzaha parlato alla mia vita <strong>di</strong> prima in cui anchese cercavo <strong>di</strong> mettere sempre Dio al primoposto, era una vita vissuta nella frenesia,correndo appresso alle cose, con<strong>di</strong>videndoquasi per nulla le cose quoti<strong>di</strong>ane, ritmi <strong>di</strong>lavoro esagerati che in fondo facevano vederecome io avevo sempre voluto essere ilDio della mia storia e non vivevo da creatura,sapendo che c’è un Padre che ha cura <strong>di</strong>me e provvede Lui a tutte le mie necessità.Oggi bene<strong>di</strong>co Dio per questo tempo <strong>di</strong> sofferenzache ho vissuto, ogni giorno ho vistopresente a fianco a me Gesù, che ha con<strong>di</strong>visoe sorretto le mie croci e non mi ha lasciatomai solo.Ringrazio Dio per il cappellano don Antoninoche ogni giornomi donava una parolae non mi lasciava senzail corpo <strong>di</strong> Gesù.Ringrazio Dio per i <strong>di</strong>versicompagni <strong>di</strong>stanza che mi ha donatotra cui Sergio,Onofrio e Mauro incui si è mostrato comeun Gesù sofferente,ma vittorioso.Ringrazio Dio per gliangeli che mi ha mandato:l’arcangelo Raffaele(Prof. D’Amelio)che il Signore lo ricolmi<strong>di</strong> beni per la generositàche ha mostratonel dare la vita per imalati e per la sua capacità<strong>di</strong> parlare alcuore delle persone;l’angelo Bruno Laganàcon la sua solarità;gli angeli Loredana e Maria infermierealla risonanza magnetica.Oggi vivo con la certezza che questa sofferenzache ho vissuto porta frutti <strong>di</strong> vitaeterna nel mio matrimonio e con la consapevolezzache “Ciò che è stoltezza <strong>di</strong> Dioè più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza<strong>di</strong> Dio è più forte degli uomini”.(1 Cor. 1,24-25).Gianmarco Capra(marito <strong>di</strong> Giu<strong>di</strong>tta)


DISPERSIONE DELLE CENERI: SÌ AL FUNERALECRISTIANO SE IL DEFUNTO È CREDENTEDice il <strong>di</strong>ritto canonico: le esequie ecclesiastiche vanno celebrate per tutti i fedeli,anche per chi chiede siano <strong>di</strong>sperse le proprie ceneri, a meno che tale scelta siaLa cremazione o incinerazione dei cadaveri èuna prassi antichissima che, con la <strong>di</strong>ffusionedel cristianesimo, decadde in favore dell’inumazionead imitazione della sepoltura<strong>di</strong> Cristo. La cremazione fu reintrodotta inItalia in epoca napoleonica per ragioni igienichee, purtroppo, assunta dall’anticlericalismoallora imperante come segno <strong>di</strong> avversionenei confronti della Chiesa e dellasua dottrina. Atteggiamento che costrinse laChiesa a negare le esequie cristiane a quantiavessero scelto la cremazione (cf Cic del1917, can. 1240, 5). Prendendo atto delle mutatecircostanze fin dal 1963 l’allora Sant’Uffizioconcede il funerale cristiano anche achi sceglie <strong>di</strong> far cremare il proprio cadaverepurché sia chiaro che tale scelta nonsia fatta contro la fede cristiana. Questaprassi è accolta dal Rito delle Esequie (1969;trad. it. 1974) pur ribadendo “la preferenzadella Chiesa per la sepoltura dei corpi, comeil Signore stesso volle essere sepolto” (n.15). Nel 2001 il Parlamento italiano ha promulgatola legge 130 con la quale permetteai familiari <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>re in casa le ceneri deiloro congiunti defunti e ne autorizza anchel’eventuale <strong>di</strong>spersione negli spazi cimiterialicome in altri spazi legalmente stabiliti.Il sussi<strong>di</strong>o pastorale pubblicato dalla Commissioneepiscopale per la liturgia nello scorsonovembre, per accompagnare il Rito delleEsequie, tra le altre proposte <strong>di</strong> preghierasubito dopo la morte, per la veglia, per lachiusura della bara e per il momento dellasepoltura al cimitero, offre anche orientamentipastorali e testi <strong>di</strong> preghiera adatti peri funerali in caso <strong>di</strong> cremazione (cf Proclamiamola tua risurrezione, pp. 113-148).Orientamenti e testi <strong>di</strong> cui si sentiva il bisognopoiché non sono previsti dal rituale attuale.Fra le novità emerge la possibilità <strong>di</strong>celebrare le esequie anche in presenza dell’urnacineraria: ciò avviene eccezionalmentequando per ragioni pratiche i riti esequialinon possono aver luogo prima della cremazione.Il gruppo <strong>di</strong> lavoro incaricato <strong>di</strong> re<strong>di</strong>-stata fatta per ragioni contrarie alla fede cristianagere il sussi<strong>di</strong>o sotto la guida della CEI si ètrovato <strong>di</strong> fronte alla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> una prassidel tutto conforme alla legge civile ma cheva oltre la semplice cremazione: la <strong>di</strong>spersionedelle ceneri. Una scelta che potrebbe“sottintendere motivazioni o mentalità panteisticheo naturalistiche”, ma che soprattuttosembra essere l’ultimo atto <strong>di</strong> quella <strong>di</strong>ffusatendenza ad occultare la morte fino adabolirne anche la memoria. “Il cristiano, peril quale deve essere familiare e sereno il pensierodella morte, non deve aderire interiormenteal fenomeno dell’intolleranza versoi morti” (Direttorio su pietà popolare e liturgia259).È soprattutto la preoccupazione <strong>di</strong> perdere illuogo comune della memoria che sta all’originedell’orientamento espresso dal sussi<strong>di</strong>o:“Avvalersi della facoltà <strong>di</strong> spargere le ceneri,<strong>di</strong> conservare l’urna cineraria in unluogo <strong>di</strong>verso dal cimitero o prassi simili,è comunemente considerato segno <strong>di</strong> unascelta compiuta per ragioni contrarie allafede cristiana e pertanto comporta la privazionedelle esequie ecclesiastiche (can.1184, § 1, 2)” (p. 117). Poiché questo testo ècontenuto in un semplice sussi<strong>di</strong>o non costituisceuna “norma” nel senso pieno <strong>di</strong> questotermine. Si tratta piuttosto <strong>di</strong> un orientamentopedagogico che cerca <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssuadereda certe scelte. Scelte che, se “comunemente”,cioè in generale, possono far supporreragioni contrarie alla fede cristiana, nei singolicasi ciò deve essere verificato per nonarrivare ad assumere posizioni che vanno benoltre la norma e le intenzioni della personadefunta.Chiarificatore è il canonico, “le esequie ecclesiastichevengono celebrate per tutti ifedeli, anche coloro che hanno scelto la <strong>di</strong>spersionedelle proprie ceneri, a meno chetale scelta sia stata fatta per ragioni contrariealla fede cristiana”.Silvano Sirboniparroco e liturgista, docente pressolo Stu<strong>di</strong>o inter<strong>di</strong>ocesano <strong>di</strong> Alessandria13


Saluto ad un cappellano che va in pensioneGrazie don Lino.Voglio iniziare con questa semplice parola, forse troppo ermetica e concisa,ma che racchiude in sé il significato profondo <strong>di</strong> questa mia lettera.Questa volta, caro Lino, non basta un semplice augurio natalizio. Dalprofondo del cuore sgorga questo accorato saluto ad un amico che si accingead andare in pensione.don Lino BrazzoVolevo anzitutto <strong>di</strong>rti grazie per la tua presenza costante e silenziosa all’Ospedale CTOfin dal 1992 che mi ha sorretto e accompagnato per tutti questi anni, sostegno forte carico<strong>di</strong> "humanitas" cristiana. Ho sempre trovato in te quell'impulso a non arrendermi mai,nella gioia della famiglia come nel lavoro quoti<strong>di</strong>ano, e a portare passo passo il fardellodella croce <strong>di</strong> Gesù. A te volgo il mio sguardo ogni giorno, quando indosso il camice biancoed entro in corsia, scorgendo un amico, un uomo umile; l'umiltà è la gioia nello svolgereil proprio lavoro, una missione che il Signore Dio ci ha affidato e che bisogna realizzarefacendo fruttare i nostri talenti.Tu ne hai tanti Lino e li hai <strong>di</strong>spensati, in maniera gratuita e generosa a tutti noi, tutti igiorni.Dio è presente, anche quando non ci pensiamo, è fedele anche quando lo ripu<strong>di</strong>amo, proprioperché è fedele a sé stesso ed al suo amore. Tu ne sei stato il testimone silenzioso efattivo, spesso <strong>di</strong>menticato, troppe volte bistrattato. Solo il Signore conosce quanti cuorihai confortato e quante lacrime hai asciugato con la tua pazienza, la tua parola e la tuapreghiera.Tu sei stato, figlio della famiglia paolina, il missionario <strong>di</strong> Cristo; e noi, che cerchiamo<strong>di</strong> esserlo, con <strong>di</strong>fficoltà ed approssimazione, de<strong>di</strong>chiamo noi stessi al prossimo con caritàe sacrificio, trovando riparo, conforto nella preghiera e nella reciproca virtù dell'amiciziapiù vera.Sei stato il mio “Virgilio” quando mi “ritrovai per una selva oscura”, faro nei momentipiù bui, più <strong>di</strong>fficili, saggio consigliere e amico fidato, mano invisibile che mi ha sempreguidato.Colgo l'occasione per augurarti, insieme alla famiglia del CTO, un tempo lieto e caricod'amore cristiano, perché il messaggio della Parola, luce <strong>di</strong> Verità, prolifichi nel terrenovivo e fecondo dei cuori.Con profonda stima ed affetto.Dott. Dante PalombiAlla III <strong>di</strong>visionedell’Ospedale CTOCiao, mi chiamo Desirè Santori, sono unaragazza <strong>di</strong> 20 anni. È trascorso l’anno dallaprima volta che ho messo piede in questoreparto.Ricordo bene quel giorno: entrai qui, nellaterza <strong>di</strong>visione, con molti dubbi e poca speranza.Avevo infatti una forte infezione al femoree i postumi <strong>di</strong> una operazione andatamale. Era passato un anno dal mio brutto incidenteun anno <strong>di</strong> dolore e preoccupazioninel quale non vedevo nessun miglioramento.Parlando con i dottori le sensazioni <strong>di</strong> abbonandoe <strong>di</strong> paura si fecero più lievi.Mi spiegarono nei dettagli la lunga strada dapercorre insieme.Grazie alla bravura del dottor Cammaranoe della sua equipe ho affrontato tre operazionie sono andate tutte a buon fine.Non mi sono mai sentita abbandonata, mihanno sempre assistito dal primo giorno finoalla guarigione avvenuta a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> unanno. Hanno saputo risolvere ogni tipo <strong>di</strong>complicazione e sono rimasta molto colpita14


Gli oratori per la terza etàIl progetto degli “Oratori per la Terza Età”continua nella sua opera. Finalmente quest’annoabbiamo raggiunto l’obiettivo checi siamo proposti sin dal principio: gli Oratoriper la Terza Età sono <strong>di</strong>venuti dei verie propri “Centri <strong>di</strong>urni per anzianifragili” nelle parrocchie dove vivono. Naticome centri <strong>di</strong>urni a favore delle sole religioseanziane, lentamente e a fatica sonostati aperti anche ai parrocchiani, con beneficioper tutti. Oggi, queste piccole esperienzerisultano ben ra<strong>di</strong>cate sia nelle comunitàreligiose sia nelle parrocchie. GliOratori per la Terza Età si trovano pressole Figlie <strong>di</strong> San Paolo alla Montagnola,nella Casa “Santa Luisa” delle Figliedella Carità, in via Pompeo Magno, nellacomunità delle Suore <strong>di</strong> Santa Doroteadella Frassinetti a Tor de’ Cenci e dalleSuore della Carità a Civitavecchia. Gli“Oratori per la Terza Età” hanno fornito assistenza<strong>di</strong>retta ad anziani (religiosi e laici)“fragili” o affetti da demenza, con programmi<strong>di</strong> riattivazione cognitiva e motoria,secondo le modalità proprie del centro<strong>di</strong>urno. Grazie al provvidenziale incontrocon la “Fondazione Amedeo Cacciò” che ciha aiutato economicamente, è stato inoltrepossibile prendere in carico venticinque anzianiin<strong>di</strong>genti con programmi <strong>di</strong> assistenzadomiciliare <strong>di</strong>retta. Questo ulteriore progettoci ha inoltre permesso <strong>di</strong> cooperare davicino con le altre associazioni, operanti nelleparrocchie, quali la Caritas, la Comunità<strong>di</strong> Sant’Egi<strong>di</strong>o e la Famiglia Vincenziana.Tutto questo tende al nostro obiettivo finale<strong>di</strong> creare una rete cattolica <strong>di</strong> aiuto esolidarietà a favore degli anziani “fragili”,secondo le tecniche e le modalità organizzativedella moderna geriatria.L’Associazione ha sostenuto tutte le speseper le attività <strong>di</strong> animazione e <strong>di</strong> riabilitazionecognitiva e motoria, fornite da personalequalificato. Tutte le attività sono stateofferte a titolo gratuito. Il Progetto si è avvalsodella collaborazione e della supervisionescientifica del Centro <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina dell’Invecchiamentodell’Università Cattolicadel Sacro Cuore.Dott. Luca CiprianiAssociazione Simeone ed Anna onlusVia Cristoforo Colombo, 43600145 <strong>Roma</strong>Telefono 06.<strong>54</strong>13756-3384483349e-mail: luca.cipriani@fastwebnet.itdalla passione che mettono nel loro lavoroe dalla precisione con la quale affrontano anchela più piccola cosa.Cara Terza <strong>di</strong>visione, ho visto con i miei occhitutti i sacrifici che avete fatto, dopo il taglio<strong>di</strong> personale e che avete subito, a cominciaredai lunghi turni <strong>di</strong> lavoro alle tanteoperazioni che affrontate nonostante il vostronumero sia <strong>di</strong>minuito.Ma io so che voi tutti siete incre<strong>di</strong>bili. Vorrei<strong>di</strong>rvi grazie ogni giorno ma soprattuttoGrazie, perché dopo 2 anni ho ritrovato lafelicità...Grazie, perché finalmente sono guarita e possoricominciare a vivere normalmente...Grazie, per avermi ridato speranza...Grazie, per tutto ma soprattutto GRAZIEDI ESISTERE!!!!!Grazie al dottor Cammarano, al dottor DeSantis, al dottor De Peppo, al dottor De Marinis,alla dottoressa Alberti, al dottor Fabiani,a suor Guglielmina e suor Anna e atutte le infermiere (non meno importanti).Vi stimo molto e non vi scorderò mai.Con affetto.<strong>Roma</strong>, novembre 2007Desirè Santori15


Riflessioni sul convegno ecclesiale <strong>di</strong> veronaall’Ospedale S. PertiniNel IV Convegno Ecclesiale Nazionale <strong>di</strong> Verona tenutosi l’ottobre dello scorso anno si è sentito il bisognodei laici <strong>di</strong> entrare a far parte con più impegno nella vita della Chiesa, non tanto nell’aiuto pratico ma nella necessità<strong>di</strong> impegnarsi in un cammino <strong>di</strong> ricerca personale e comunitaria con corsi <strong>di</strong> formazione finalizzati allaconoscenza della Parola <strong>di</strong> Dio ed esperienze interpersonali che testimoniano la concretezza della stessa.Lino LamantiaHo letto con attenzione e interesse il lungo e articolato <strong>di</strong>scorso del Papa, dal quale ho tratto due insegnamenti:il primo ci induce a riflettere sul sacrificio <strong>di</strong> Gesù per la salvezza del mondo, il secondo ci in<strong>di</strong>ca i comportamenti<strong>di</strong> ogni cristiano nella società per rendere visibile il grande dono della Fede.“...Nell’Ultima Cena Gesù ha anticipato e accettato per amore la propria morte in croce, trasformando cosìquesta morte nel dono <strong>di</strong> sè, quel dono che ci dà la vita, ci libera e ci salva”.“La nostra vocazione e il compito <strong>di</strong> cristiani consistono nel cooperare perché giunga a compimento effettivo, nellarealtà quoti<strong>di</strong>ana della nostra vita, ciò che lo Spirito Santo ha intrapreso in noi col Battesimo: siamo chiamati infattia <strong>di</strong>venire donne e uomini nuovi, per poter essere veri testimoni del Risorto e in tal modo portatori della gioiae della speranza cristiana nel mondo, in concreto, in quella comunità <strong>di</strong> uomini entro la quale viviamo”.Francesca GaetaDifficile fare una scelta tra i vari e tanti argomenti <strong>di</strong>scussi nel IV Convegno Ecclesiale <strong>di</strong> Verona ma quelloche maggiormente mi ha interessato per i suoi approfon<strong>di</strong>menti è stata la relazione sul rapporto tra culturaprogressoe fede. “La cultura deve essere in grado <strong>di</strong> afferrare, interpretare e orientare ciò che determina escan<strong>di</strong>sce l’essenziale in ogni stagione della storia. La cultura però ha anhe la funzione <strong>di</strong> definire quelle visioniche sono in<strong>di</strong>spensabili per costruire il futuro in tutti i campi dell’agire umano, in ogni ambito della realtà”.Il contributo specifico dei cristiani è quello <strong>di</strong> guardare avanti, <strong>di</strong> vivere e competere col presente nella coerenzadelle proprie convinzioni e della nostra identità.Maria Teresa Capolongo“Le gran<strong>di</strong> sfide <strong>di</strong> questi anni esigono cristiani che cerchino la santità”Si tratta pertanto <strong>di</strong> riproporre a tutti con convinzione quella misura alta della vita cristiana or<strong>di</strong>naria che è lasantità, come ci ha chiesto Giovanni Paolo II al termine del grande Giubileo, “l’unica misura secondo cui valela pena <strong>di</strong> essere cristiani, rimarcando come a questa richiesta non ci siano per noi alternative praticabili.Il cammino verso la santità non è altro che il lasciar crescere in noi quell’incontro con la persona <strong>di</strong> Cristo” chedà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la <strong>di</strong>rezione decisiva (Benedetto XVI - Deus Caritas est).Anna Maria DittaPerché l’uomo si formi nella sua pienezza è necessario che la coscienza, l’affetto e la responsabilità siano unacosa sola. La coscienza è per conoscere se stesso, per comprendere i perché, per sentirsi in unione con gli altri,per uscire dall’in<strong>di</strong>vidualismo e avere il coraggio <strong>di</strong> superare i propri limiti.L’affetto è riconoscere i sentimenti, <strong>di</strong>stinguere l’amore dalla passione, gestire la propria emotività e essere capaci<strong>di</strong> aprire il cuore agli altri. La responsabilità è la capacità dell’uomo <strong>di</strong> essere testimone <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> speranzaper le nuove generazioni. Solo unendo questi tre elementi l’uomo saràrealizzato nella sua formazione <strong>di</strong> persona.La Chiesa della speranza, ha la chiave perentrare in comunicazione con le persone<strong>di</strong> questo tempo: è quella dell’amore, conle sue infinite declinazioni esistenziali.Come <strong>di</strong>ce il Papa, i giovani possono osarel’amore, coltivare i propri talenti non soloper conquistare una posizione sociale,ma anche per aiutare gli altri a crescere, svilupparele proprie capacità non soltantoper <strong>di</strong>ventare più competitivi e produttivi,ma per essere testimoni della carità.Proprio la consapevolezza dell’amore <strong>di</strong>Dio deve indurli a vivere la loro esperienza<strong>di</strong> fede nella gioia e deve vederli impegnatia trasmettere anche agli altri la gioiadella fede.Angela TofanoMaria Teresa DominiciIl messaggio <strong>di</strong> speranza che siamo chiamati a rendere attualecon il nostro comportamento si concretizza con: l’ascolto,l’attenzione,l’incontro e il <strong>di</strong>alogo con le speranze delle donnee degli uomini del nostro tempo. Nonostante le tante delusionici sono segnali <strong>di</strong> speranza che attendono <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare realtà.L’azione dei cristiani deve orientarsi a ricercare, cogliere, valorizzare,custo<strong>di</strong>re e alimentare i luoghi della speranza.L’impegno, nella costruzione del percorso <strong>di</strong> speranza, sul pianopolitico e sociale si fonderà sul lavoro, la famiglia, il contrastoalle povertà e alle <strong>di</strong>suguaglianze, il superamento delle <strong>di</strong>versitàterritoriali.Se veramente ognuno farà la sua parte darà una forte speranzaad un mondo che attende un cambiamento vero, sano, cristiano.Tamara Di Francesco


L’occhio del volontarioSei gennaio duemilaotto. Festa dell’Epifaniadella Famiglia ospedaliera. Festa consolidatanegli anni e <strong>di</strong>venuta uno dei pilastridelle attività ricreativo-culturalidell’AssociazioneVolontariatoPastorale S. EliaProfeta (Asvep) con loslogan “L’arte a serviziodella salute” comeprevenzione, cura e riabilitazioneper la saluteglobale della personae della persona malata.Lavoro impegnativogià dalla fase <strong>di</strong> pianificazione,che coincidecon la programmazionedell’anno pastoralea settembre.Sulla carta tutto è statoprevisto e programmato... poi arriva ilgiorno fati<strong>di</strong>co. Le persone arrivano a frotte...i visi dei bambini stupiti e meravigliatiquando incontrano le befane che <strong>di</strong>stribuisconodoni... i genitori che si rilassanoascoltando musica... i malati, ospiti privilegiati,che <strong>di</strong>menticano <strong>di</strong> essere in ospedale...si respira un’aria<strong>di</strong>versa... ci si scambianobattute e sorrisi...e così via fino al termine...quando i volontaritirano il fiato. Volontariconsapevoli anchedel fatto che forse nontutto è filato liscio. Tuttoè migliorabile mal’amore con il quale èstato preparato questoevento credo traspaiadagli occhi <strong>di</strong> ogni volontario.Un piccolopeccato <strong>di</strong> orgoglio:l’aver contribuito a dareuna <strong>di</strong>versa chiave <strong>di</strong>lettura alla malattia, inparticolare al tempo del ricovero in ospedale!Luisa AngiolosantoVolontaria Asvep, Ospedale Sandro PertiniDAL 29 APRILE AL 6 MAGGIO PELLEGRINAGGIO DEGLI OPERATORI SANITARISULLE ORME DI S. PAOLO A CIPROISCRIZIONE PRESSO L’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGIVia della Pigna, 13/a – 00186 <strong>Roma</strong> – Tel. 06.69896.1 / Fax 06.6988.0513Uffici <strong>di</strong> San Pietro nel Palazzo dei PropileiPiazza Pio XII, 9 – 00193 <strong>Roma</strong> – Tel. 06.6988.5800 / Fax 06.6988.5673Uffici <strong>di</strong> San Giovanni nel Palazzo LateranensePiazza <strong>di</strong> Porta S. Giovanni, 6 – 00184 <strong>Roma</strong> – Tel. 06.6988.6295 / Fax 06.6988.6492Sito internet: www.orpnet.org – e-mail: info@orpnet.orgDomenica 18 maggio <strong>2008</strong> – ore 16,00presso il teatro della parrocchia della Natività (Via Gallia, <strong>Roma</strong>)l’11 A E<strong>di</strong>zione del Premio“IL BUON SAMARITANO”Verrà assegnato a tutti coloro che hanno operato con particolare impegno e fede cristianaa favore dei malati e dei sofferenti. Coloro che sono interessati a segnalare qualche personao famiglia meritevole, sono invitati a far giungere al Centro per la Pastorale Sanitaria(Piazza S. Giovanni in Laterano, 6 – Vicariato <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>) il nome, l’in<strong>di</strong>rizzodella persona o famiglia (e della Parrocchia <strong>di</strong> appartenenza)e una breve scheda con le motivazioni 17 per l’assegnazione del premio.


Verbale della prima riunione della nuova ConsultaOr<strong>di</strong>ne del giorno:– Attuazione del piano pastorale ( cosa è stato realizzato nelle realtà associative degliospedali);– Avviamento <strong>di</strong> una nuova indagine da parte del Centro pastorale tra i malati e gli operatorisanitari;– Possibili iniziative per la giornata mon<strong>di</strong>ale del malato (11 febbraio <strong>2008</strong>);– Varie ed eventuali.Il Presidente della Consulta, S. E. Mons. ArmandoBrambilla, <strong>di</strong>chiara aperta la riunione,dopo la preghiera comunitaria, nominaa Segretaria della Consulta Maria GiuseppinaAstorino, appartenente all’AssociazioneSanitari ACOS.Segue la presentazione dei nuovi membripresenti. Il Vescovo descrive il Vademecumper gli ambienti sanitari realizzato per l’annopastorale 2007-<strong>2008</strong>. Questo opuscolo,stilato secondo le in<strong>di</strong>cazioni del programmapastorale Diocesano, ha la finalità <strong>di</strong> annunciareGesù Cristo “Gesù il Signore dellavita, del tempo e della storia” nella pastoraledegli ambienti sanitari e <strong>di</strong> “educarealla fede, alla sequela, alla testimonianza”.Nella parte attuativa del piano pastoraleviene sottolineata la centralità dellapersona ammalata ponendo particolare attenzionealle fragilità <strong>di</strong> tipo fisico, economico,ambientale, sociale e spirituale delpaziente. A tale proposito l’impegno dellapastorale sanitaria prevede l’azione sinergicadella cappellania ospedaliera con lestrutture parrocchiali e <strong>di</strong> territorio, per realizzare,una pastorale d’ambiente.A riguardo della Consulta Diocesana <strong>di</strong> pastoralesanitaria Mons. Brambilla ritiene necessarioche i componenti della Consulta riflettanosulle con<strong>di</strong>zioni attuali della sanitàregionale e rivedano il documento “Riformasanitaria e <strong>di</strong>aconia per la salute”, giàpubblicato <strong>di</strong>eci anni orsono dalla precedenteConsulta, al fine <strong>di</strong> prepararne unanuova e<strong>di</strong>zione aggiornata che contenga ancheproposte operative <strong>di</strong>rette sia agli ambitidelle strutture sanitarie che a quelle politiche.Per questa propone che si costituiscaun gruppo ristretto <strong>di</strong> lavoro che raccolgale osservazioni <strong>di</strong> tutti e prepari unabozza da <strong>di</strong>scutere nella prossima riunione.Comunica infine che si sta per aprire un “tavolo<strong>di</strong> lavoro” cui parteciperanno tutte lestrutture sanitarie cattoliche della regione.Rappresentanti allaconsulta <strong>di</strong>ocesana dellevarie realtà sanitarieDott. Sergio MANCINELLICollaboratore Me<strong>di</strong>co del Vescovo perla Pastorale SanitariaDott.ssa Maria Giuseppina ASTORINORappresentante A.C.O.S.e Segretaria Consulta DiocesanaRappresentanti per i CappellaniDon Carlo ABBATEHospice Villa SperanzaDon Nunzio CURRAOPoliclinico Universitario Agostino GemelliDon Telesforo KOWALSKIPoliclinico Umberto I°Mons. Sergio MANGIAVACCHIOspedale OftalmicoPadre Carmelo VITRUGNOOspedale Sandro PertiniDon Epifanio DI LEONARDOPoliclinico Militare CelioMons. Franco CECEConsiglio Pastorale DiocesanoDon Emilian DIACConsiglio Pastorale DiocesanoRappresentanti per le SuoreSuor Avelina BAIOYOspedale S. Giovanni18


Diocesana della Pastorale Sanitaria 9 gennaio <strong>2008</strong>Dà quin<strong>di</strong> la parola ai presenti.Il Dott. Antonino Bagnato, Presidente delForum delle Associazioni Cattoliche Sanitarieregionali, descrive le attività del Forumin merito ai corsi <strong>di</strong> formazione ECM,effettuati negli ultimi tre anni. Invita i presentia farsi portavoce affinché tutti possanopartecipare al prossimo corso che siterrà il 6 - 7 - 8 marzo presso l’UniversitàLateranense.Don Nunzio Currao precisa che, nono-stante la grande complessità della realtà sanitariao<strong>di</strong>erna, la missione della Consultaconsiste primariamente nell’evangelizzareil mondo della sanità e nel trovare i mo<strong>di</strong>per far giungere a tutti, specialmente ai piùbisognosi, un messaggio <strong>di</strong> speranza cristiana.Nei termini operativi propone <strong>di</strong> partirecon una rilettura del documento “Riformasanitaria e <strong>di</strong>aconia per la salute”, insinergia con la base delle associazioni rappresentate.In seguito si potrà procedere conSuor Stanislaa DELL’OSBELOspedale Sant’EugenioSuor Emilia PIRONEOspedale S. CarloSuor Beatrice SANDRICasa <strong>di</strong> Cura Mater Misericor<strong>di</strong>aeSuor Ancykutty SEBASTIANCasa Suore S.O.M.Suor Conception TAVAREZOspedale San PietroRappresentanti per le Associazioni<strong>di</strong> volontariatoSig.ra Miranda ANDREINIRappresentante A.V.O.G. - AssociazioneVolontariato Ospedaliero GemelliDott.ssa Rosalia GALLUZZOdell’A.V.O.G.Sig.ra Lucia DI CHIOdell’Opera Ospedaliera S. VincenzoSig.ra Marina OGGIONIdell’A.R.V.A.S.Dott.ssa Luigia PITASCIOdell’A.V.O. - Associazione VolontariOspedalieriSig.ra Anna Maria DITTAdell’A.S.V.E.P. - Associazione VolontariOspedale Sandro PertiniSig.ra Giuseppina FIORAMONTIdel Centro Volontari SofferenzaRappresentanti per le Associazioni<strong>di</strong> categoriaDott. Antonino BAGNATOdel FORUM Associazioni SanitarieCattoliche della Regione e dell’A.M.C.I.- Associazione Me<strong>di</strong>ci Cattolici romaniDott.ssa Maria COLAMONICOdell’A.C.O.S. - Associazione CattolicaOperatori SanitariDott. Giuseppe FATTORIdell’Associazione Farmacisti Cattolici Italianie Sig. Eugenio DRAGONIFarmacisti Cattolici romaniProf. Tonino CANTELMIdell’A.I.P.P.C. - Associazione ItalianaPsicologi Psichiatri CattoliciDott. Duilio BAGNARELLI<strong>di</strong> Diaconia Me<strong>di</strong>ca MissionariaSig. Lucio CATALANOdegli InfermieriSig.ra Maria Teresa DEL PRINCIPEdell’I.P.A.S.V.I. - Scuola Infermieri CelioDott. Ciro FUSCOdei Me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> BaseDott.ssa Maria Grazia GIORDANOdell’Associazione S.O.S. AlzheimerDott. Alessandro PINNARappresentante U.N.I.T.A.L.S.I.Dott. Sergio Maria DE GIOVANNIdell’A.I.L. Associazione ItalianaLaringectomizzatiDott. Salvatore GERACIdella Caritas Diocesana <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>Dott. Ermes LUPARIAdella Sez. Sanitaria dei SalvatorianiDott. Francesco MATTIOCCOdei Diaconi permanentiSig. Corrado STILLOdell’Osservatorio Tutela e Sviluppo deiDiritti del malatoPadre Luciano SANDRINPreside Ist. Int.le <strong>di</strong> Teologia PastoraleSanitaria - Camillianum19


proposte concrete <strong>di</strong> operatività e <strong>di</strong> formazioneper realizzare sempre <strong>di</strong> più e megliol’evangelizzazione nell’ambito sanitario.Don Carlo Abbate riba<strong>di</strong>sce anche lui ilprimato dell’evangelizzazione sulla politica;considera che è persona l’embrione umanotanto quanto colui che vive (e muore), inmalattia, <strong>di</strong>sabilità, <strong>di</strong>fficoltà, povertà, abbandono,nei nosocomi e nelle case dellanostra città.La Signora Maria Colamonico apprezzamolto l’iniziativa del tavolo delle strutturesanitarie cattoliche illustrate dal Vescovo eritiene che si possa coinvolgere questo nuovoorganismo anche nella revisione del documentosulla Pastorale sanitaria.La Signora Arabella Miraglia sollecita lestrutture cattoliche a riappropriarsi del lorospecifico ruolo <strong>di</strong> sanità ispirata al Vangeloe a <strong>di</strong>ffondere lo spirito cristiano attraversogli operatori sanitari.Il Signor Corrado Stillo ritiene che la Consultapossa giocare un ruolo profetico sottolineandola centralità e la <strong>di</strong>gnità della personaammalata.Don Telesforo Kowalsky sollecita tutti icomponenti del gruppo a comunicare <strong>di</strong> piùtra loro anche attraverso telefono, fax e postaelettronica.Suor Avelina Baioy comunica l’esperienza<strong>di</strong> preghiera e <strong>di</strong> conforto ai malati chesi va sempre più <strong>di</strong>ffondendo tra gli operatorisanitari della sua struttura <strong>di</strong> appartenenza,l’Ospedale S. Giovanni.La Signora Maria Giuseppina Astorinopropone che gli appartenenti alla Consulta <strong>di</strong>Pastorale sanitaria rileggano il documento insiemeai membri delle associazioni rappresentatee propongano le mo<strong>di</strong>fiche necessarie.In tal modo si solleciterà un maggiorecoinvolgimento degli operatori <strong>di</strong> base.Si costituisce infine il gruppo <strong>di</strong> lavoro incaricatodella revisione del documento sullaPastorale sanitaria composto da: Abbate,Astorino, Bagnato, Catalano, Colamonico,Currao, Miraglia, Stillo.La riunione termina alle ore 18.20 con lapreghiera.Maria Giuseppina AstorinoLa SegretariaMadonna della salutePresso la casa <strong>di</strong>cura delle Ancelledell’Incarnazione“Salus Infirmorum”, si è festeggiatala ricorrenza della festa della Madonna dellasalute.La celebrazione Eucaristica è stata presiedutada Sua Eccellenza Mons. ArmandoBrambilla. Gli operatori sanitari presentinella struttura insieme ai malati e <strong>di</strong>rigentihanno partecipato, con viva emozione,alla funzione religiosa.Il Vescovo, testimoniando il costante impegno<strong>di</strong> pastore d’anime si è recato nei repartiper la visita ai sofferenti, per offrireuna parola <strong>di</strong> conforto, un messaggio <strong>di</strong> speranza.“Ero ammalato e siete venuti a visitarmi”:recitano le Sacre Scritture. SuaEccellenza Mons. Brambilla, con una presenzaattiva, ripercorre la strada dell’evangelizzazione,un’esempio tangibile <strong>di</strong> unareligiosità destinata a lasciare un’improntanel cuore dei presenti, sia degli operatorisanitari che dei pazienti. Una testimonianzavera <strong>di</strong> fede e spiritualità.Dott. Lanfranco LuziUn gesto <strong>di</strong> solidarietàAlla Casa <strong>di</strong> Cura Villa Fulvia và il mioringraziamento per aver scelto <strong>di</strong> donare aMe<strong>di</strong>ci Senza Frontiere la somma destinataai tra<strong>di</strong>zionali regali natalizi.Un gesto <strong>di</strong> solidarietà che potrà dare speranzaa chi non ne ha.I nostri operatori umanitari potranno curare,assistere, vaccinare, portare acqua potabile,riabilitare strutture e restituire <strong>di</strong>gnitàa queste popolazioni.Anche a nome <strong>di</strong> tutti i nostri operatori umanitari,i più sinceri auguri.D.ssa Raffaella RavinettoPresidente MSF Italia20


SOS AlzheimerViale Bruno Rizzieri, 120 - 00173 <strong>Roma</strong>www.sosalzheimer.it(presso Parrocchia SS. Gioacchino ed Anna)Info: 06.72910175 - Per le urgenze: 333.2611370Per la corrispondenza:Associazione SOS Alzheimer - Casella Postale 19078Cinecittà Est - 00173 <strong>Roma</strong>Lunedì 14 gennaio u.s., l’Associazione SOSAlzheimer e la Caritas <strong>di</strong>ocesana <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, settoreVolontariato, in collaborazione con il Centrodel Sacro Cuore <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> (Via Bardanzellu,83) hanno inaugurato il primo SalottoAlzheimer della Capitale.L’Associazione SOS Alzheimer ha inteso cosìcreare su <strong>Roma</strong> un punto <strong>di</strong> incontro per malatie familiari, dove mettere a <strong>di</strong>sposizione ilproprio know how me<strong>di</strong>co-scientifico, il propriopersonale O.M.A. - Operatore per i Malati<strong>di</strong> Alzheimer e per le demenze e dei volontari per accogliere pazienti affetti da demenza e familiariin un ambiente curato nel design e nella capacità <strong>di</strong> ospitalità.Con cadenza settimanale si ripeteranno gli incontri ogni lunedì dalle 15,30 alle 17,30 e si tratterà <strong>di</strong>appuntamenti tematici per i familiari che potranno rivolgere domande a me<strong>di</strong>ci specialisti. Nel frattempo,si sperimenteranno tecniche e strategie <strong>di</strong> riabilitazione cognitiva come la musicoterapia, la psicodanza terapia, la logope<strong>di</strong>a, la reminescence therapy sui familiari pazienti.Ad oggi, le presenze al salotto possono ritenersi importanti, soprattutto per i familiari interessati chepossono ricevere tutte quelle informazioni sulla malattia e sulle sue manifestazioni che altrove nontrovano. Lo stesso Comune <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, ha sottolineato la vali<strong>di</strong>tà dell’iniziativa, inserendo la notiziasul proprio sito istituzionale.Le famiglie interessate possono, in caso <strong>di</strong> bisogno, recarsi al Salotto Alzheimer o rivolgersi all’AssociazioneSOS Alzheimer.Maria Grazia GiordanoAssociazione SOS AlzheimerCHI SIAMOSOS Alzheimer è un’associazione <strong>di</strong> volontariatocon sede a <strong>Roma</strong> (Viale BrunoRizzieri, 120), la cui missione è: ottenere lecure adeguate per i malati affetti dal Morbo<strong>di</strong> Alzheimer e da tutte le forme <strong>di</strong> demenzesenili e degenerative e l’appropriatosostegno alle famiglie.Per raggiungere tale missione, SOS Alzheimersi proprone come interlocutore e portavocedei malati e dei loro familiari pressole Istituzioni pubbliche e private.I NOSTRI OBIETTIVI•Garantire un approccio globale ed integratoin tutte le fasi della malattia;•Qualificare ed estendere la rete nell’arearomana dei servizi, attraverso il sostegnoalle famiglie, l’assistenza domiciliare, icentri <strong>di</strong>urni, le strutture residenziali e lestrutture temporanee <strong>di</strong> sollievo;•Valorizzare e sostenere il ruolo delle famigliee delle Associazioni dei familiari,riconoscendo i bisogni specifici dei caregivers;•Dare centralità al malato e ai suoi bisogninel proprio ambiente <strong>di</strong> vita;•Formare personale specializzato (O.M.A.)in grado <strong>di</strong> supportare il malato ed il caregiver/familiare,formandolo ed informandolo.L’associazione “SOS Alzheimer” riceve ilpubblico nei giorni:dal LUNEDÌ al VENERDÌdalle 9,30 alle 12,00il MARTEDÌdalle 16,00 alle 19,00CENTRO DI ASCOLTO PISCOLOGICOcon la Dott.ssa Ivana Buccionepsicologa e psicoterapeutaI NOSTRI SERVIZI•Visite c/o il Centro UVA <strong>di</strong> zona;•Visite me<strong>di</strong>che neurologiche, geriatriche;•Visite preventive <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> base;•Si possono richiedere supporti psicologiciper i familiari dei pazienti;•Si può richiedere assistenza domiciliaree <strong>di</strong> fisioterapisti;•Consulenza legale e fiscale;•Si può richiedere l’intervento <strong>di</strong> volontariper il <strong>di</strong>sbrigo <strong>di</strong> pratiche quoti<strong>di</strong>ane;•Magazine SOS Alzheimer ed altre pubblicazionitematiche;•“Salotto Alzheimer”, in collaborazionecon Caritas romana, sezione Volontariatoe Centro del Sacro Cuore <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>(Via Bardanzellu, 83 - <strong>Roma</strong>. Tuttii lunedì dalle ore 15,30 alle 17,30).21


Dio creò l’uomo per la felicità.LA FIDUCIA IN DIO“Più grande del nostro cuore” (1 Gv 3,20)NNEL TEMPO DELLA SOFFERENZAella vita <strong>di</strong> chi soffre, come <strong>di</strong> chi gli sta afianco, ha una estrema importanza l’atteggiamentodella “fiducia”: in noi stessi, neglialtri e in Dio, ultimo fondamento <strong>di</strong> ognifiducia. La sua forza creatrice e risanantesta alla base <strong>di</strong> tutta la nostra vita in ognisua fase: vita che è cammino <strong>di</strong> maturazione<strong>di</strong> una “coscienza” che si apre alla “fiducia”.In particolare, il tempo della sofferenzafisica e morale ci spinge a lottare contro<strong>di</strong> essa per vincerla e, insieme, ci stimolaa rientrare e a raccoglierci in noi stessi: aprendere coscienza del nostro io, attraversandoi molteplici con<strong>di</strong>zionamenti interioried esteriori.COSCIENZA IN CAMMINOTutte le persone umane sono unite in profon<strong>di</strong>tàdalla “coscienza morale”, che precedeogni altra scelta, anche la stessa fondamentale“scelta religiosa”, aprendoci ad essa. Èun cammino in cui impariamo per esperienzaa <strong>di</strong>stinguere in concreto il bene dal male, comeci ricorda S. Ireneo. Il bene “morale” èciò <strong>di</strong> cui ha bisogno il nostro essere per realizzarsi,per raggiungere il suo fine veramentee adeguatamente. Da qui nasce il “dovere”,l’imperativo <strong>di</strong> compiere il bene e <strong>di</strong> progre<strong>di</strong>re“sempre più” in esso, evitando ilmale e andando verso il meglio e l’ottimo.Alla base della coscienza, unita alla libertà,c’è il nostro essere uomini capaci <strong>di</strong> aprircialla verità, all’amore, a Dio: ma allo stessotempo siamo fragili, esposti all’errore eal peccato, perché creature necessariamentelimitate e contingenti. Siamo noi a creareil peccato, o male morale – da nonconfondere con l’errore non volontario –quando non accettiamo la nostra fragilitàesistenziale e abusiamo della libertà. Ci illu<strong>di</strong>amo<strong>di</strong> realizzare noi stessi in beni apparentio parziali, mettendoci in contrad<strong>di</strong>zionecon noi stessi, con gli altri e con Dio,origine e senso ultimo del nostro essere.COSCIENZA E FIDUCIA“Devi” importi <strong>di</strong> fare il bene evitando il male.Una coscienza morale autenticamenteumana non può essere innanzitutto e solamentequesto “devi”, inteso come violenzapsicologica sulla coscienza propria e altrui.Non può essere un tribunale <strong>di</strong>spotico checostringe ad agire, senza convinzione personale,facendo e inseguendo il bene, il meglio,l’ottimo in modo alienante, ossessivoper sentirci perfetti osservanti della Legge,della Norma morale e superiori agli altri.La retta coscienza è innanzitutto “fiducia”nel lasciarsi attirare dal volto positivoe persuasivo della verità e del bene, dalla“gioia” del bene, man mano che viene sperimentatanell’“appren<strong>di</strong>stato” della vita.È un cammino, che sia pure lentamente efaticosamente, ci fa maturare come uominiche non sono schiavi o sud<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> un sovranoceleste, rna figli <strong>di</strong> Dio che è loro Padre,Madre e Amico. Essi agiscono per convinzionee liberamente (“signori <strong>di</strong> se stessi”)vivendo l’amore come dono <strong>di</strong> sè, accoglienza,servizio, seguendo Gesù Signore-Servitore (Gv 13): sotto la guida dello Spirito,che muove dal <strong>di</strong> dentro e non sotto lapressione e la costrizione della paura, dellepassioni e dell’ambiente, come ricorda S.Tommaso seguendo S. Paolo.UNA COSCIENZA RASSERENATAIl cammino della autentica religiosità e dellavera fede in Dio non nasce primariamente22


dal senso del peccato e della colpa, anchese poi interviene una esaltazione della misericor<strong>di</strong>a,che in certo modo sottovaluta lapositività della creazione, “ferita” ma non<strong>di</strong>strutta dal peccato. Il cammino nasce innanzituttodall’“apertura fiduciosa” – piùo meno consapevole – verso la verità e l’amore,unita alla esperienza della fragilitàesistenziale, che ci spinge ad andare oltrenoi stessi verso Dio. Su questa base sorgepoi l’autentico “senso del peccato”: peccatoche è soprattutto – come insegna S. Ireneo– rifiuto della nostra concreta fragilitàcreaturale (la passibilità e la corruttibilitàdella “carne”) per mancanza <strong>di</strong> fiducia nellabontà del suo Creatore.È giusto il “senso <strong>di</strong> colpa” come rimproverodella coscienza per la nostra libera sceltadel male morale. In fondo, sia l’esaltazionecome la condanna “assolute” sono espressione<strong>di</strong> megalomania (<strong>di</strong> onnipotenza) nelbene e nel male: della pretesa <strong>di</strong> rimuovereil nostro limite e la nostra complessità <strong>di</strong> creature,sia nella virtù come nel peccato (volontario)e nell’errore (non volontario).L’UNICO ASSOLUTONon ho molto da darti, mio Dio,ma vorrei che quel poco fosse tutto.Attraverso gli eventi Dio, nella storia dellasalvezza, si rivela interiormente incontrandosicon la coscienza, con il “cuore” degliuomini: ieri come oggi. L’esperienza religiosadell’umanità – culminante nell’accoglienzadella Rivelazione in Cristo – è unapprendere, un essere “educati” alla fiduciain Dio come Amore, che ci precede, cisostiene, ci accompagna, ci accoglie. UnDio che ci ama comunque, uno per uno, insieme,in tutto e nonostante tutto, incon<strong>di</strong>zionatamente.Questa fiducia (o “fede”) non annulla la nostracoscienza morale e responsabilità, checi approva per il bene e ci accusa per il male.Invece la trasforma, la pacifica, la fa come“respirare” in profon<strong>di</strong>tà, guarendoladalle pretese ossessive e utopistiche <strong>di</strong> efficienza,<strong>di</strong> perfezione a tutti i costi: a livelloetico-spirituale e, <strong>di</strong> riflesso, anche comunitarioe socio-politico. Pretese che nasconodalla illusione, sempre poi puntualmentedelusa, <strong>di</strong> crearci delle sicurezze assolute<strong>di</strong>nnanzi alla nostra essenziale vulnerabilitàumana. La tranquillizzante fiducianella bontà <strong>di</strong> Dio, nella sua Grazia, lafiduciosa audacia (la “parrhesia”) <strong>di</strong> esseresuoi figli ci liberano dalla amarezza, daun certo rancore inconscio contro noi stessi,gli altri e Dio, causato dalla delusionedelle nostre pretese.Senza farci violenza, con il dono del suo Spirito,Dio ci attira a sè, aprendoci il cuore perchéoperi il bene, liberamente, per amore:secondo la “misura” della nostra particolarecon<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> creature, uniche e irrepetibilinella concretezza della nostra storia. Comenota, con pronfonda umanità, S. Tommaso:“dobbiamo andare a Dio credendo,sperando, amando Secundum mensuramnostrae con<strong>di</strong>tionis” (S. Theol. I-II, 64, 4).Respiriamo così la fiducia della coscienzain “Dio più grande del nostro cuore, qualunquecosa esso ci rimproveri” (Gv 3,20).Possiamo allora vivere positivamente ognisituazione, anche la nostra “infermità”umana, fisica e spirituale, senza restarne prigionieri.Possiamo combattere contro il maleper vincerlo con la forza del bene, trasfornandoloin ogni caso in momento <strong>di</strong>crescita nel cammino “verso la piena maturità<strong>di</strong> Cristo” (Ef 4,13).Don Carmelo NigroCappellano Ospedale “S. Lucia”23


Per informazioni:www.finco.orgwww.giornataincontinenza.comfinco@finco.orgNumero verde: 800.050415ore 9,00 - 11,00giorni lavorativiincontinenza urinaria è un problema molto<strong>di</strong>ffuso nei paesi industrializzati ed è<strong>di</strong>fficile valutare con precisione qua-L’le sia la <strong>di</strong>mensione “reale” del problema, ilnumero delle persone coinvolte ed i costi sociali<strong>di</strong>retti e in<strong>di</strong>retti. Solo in Italia si stimache gli incontinenti siano 5 milioni, <strong>di</strong> cui 3milioni <strong>di</strong> donne.L’incapacità più o meno grave <strong>di</strong> urinare atempo e luogo ha un impatto sociale devastante,che incide pesantemente sulla qualitàdella vita della persona colpita, sia per il vissutosoggettivo che per i rapporti interpersonali.E sul piano psicologico spesso compaionodepressione e per<strong>di</strong>ta dell’autostima,cui si accompagnano apatia, senso <strong>di</strong> colpa enegazione interpersonale.Per tali motivazioni nel 1999 è nata la FederazioneItaliana Incontinenti (Finco), un’associazione<strong>di</strong> volontariato che riunisce i citta<strong>di</strong>niche soffrono <strong>di</strong> incontinenza urinaria epiù in generale dei <strong>di</strong>sturbi del pavimento pelvico,i me<strong>di</strong>ci che si interessano a tali problematiche,gli infermieri specialisti della riabilitazionedell’incontinenza, le ostetriche, i fisioterapistie i citta<strong>di</strong>ni sensibili a tali problematiche.La Finco si adopera per favorire una<strong>di</strong>agnosi precoce e il trattamento tempestivo,ad esempio eliminando nelle donne il senso<strong>di</strong> vergogna e incoraggiandole a cercare aiuto.L’Associazione fornisce gratuitamenteinformazioni socio-sanitarie, consulenze <strong>di</strong>esperti, tutela dei <strong>di</strong>ritti e collabora con le istituzionia tutti i livelli.Obiettivo della Federazione è anche sensibilizzareal problema la citta<strong>di</strong>nanza, le istituzionie i mass-me<strong>di</strong>a, e nel 2006 è riuscita a<strong>di</strong>stituire la Giornata nazionale per la prevenzionee la cura dell’incontinenza, sancita da unaDirettiva del Presidente del Consiglio dei Ministri.“L’evento, si svolge ogni anno il 28 giugnoe vede gli ambulatori accre<strong>di</strong>tati Fincoaperti ai pazienti per visite gratuite. Dal 2007la FINCO organizza “Corsi formativi (E.C.M.)per i professionisti dell’incontinenza”.24leLACRIME“Un viso lavato dalle lacrime è in<strong>di</strong>cibilmentebello”. Sant’Atanasio ricorda <strong>di</strong>sant’Antonio, eremita del deserto, che piangevasu <strong>di</strong> sé per giorni interi. La conseguenzaera che “il volto <strong>di</strong> sant’Antonio aveva unabellezza sorprendente. Egli non si agitava mai,la sua anima viveva una pace assoluta”. Inrealtà sul nostro occhio passa sempre un velo<strong>di</strong> lacrime, il cosidetto “film lacrimale”, prodottoda quattro piccole ghiandole poste ai latidegli occhi. Ma, al <strong>di</strong> là del fenomeno fisico,la lacrima ha uno straor<strong>di</strong>nario valoresimbolico dai significati molteplici. Manifesta,infatti, la sofferenza facendola quasi brillarenel suo mistero, ma esprime anche la felicitàtant’è vero che si è coniata la locuzione“piangere <strong>di</strong> gioia”. Ma, come ricordano idue testi sopra citati (la prima frase è del <strong>di</strong>scorsoascetico <strong>di</strong> S. Efrem del IV sec. e l’altraè tratta dalla vita <strong>di</strong> S. Antonio scritta daS. Atanasio nel 357), c’è anche il pianto <strong>di</strong>conversione. Il famoso scrittore ottocentescofrancese François René de Chateaubriand scrivevasemplicemente così per descrivere il suoritorno alla fede: “J’ai pleuré et j’ai cru” hopianto e ho creduto. Il pianto spesso libera, faquasi evaporare il grumo <strong>di</strong> amarezza che è innoi ed è per questo che, dopo aver versato lacrime,ci si sente un po’ sollevati. La personaha spesso vergogna <strong>di</strong> farsi vedere mentrepiange; in realtà questo è un segno <strong>di</strong> umanitàe, nel caso del pentimento, è il principio dellaliberazione dal male e del perdono, come èaccaduto in quella notte a S. Pietro, quando,dopo che i suoi occhi si erano incrociati conquelli <strong>di</strong> Gesù, aveva “pianto amaramente”. Ilnostro volto e non solo l’occhio si purifica erivela una riacquistata serenità interiore, unapace e una nuova bellezza.Gianfranco Ravasida Avvenire del 4 novembre 2007


nel 1975 il più importante settimanale illustratobrasiliano, “Manchete” <strong>di</strong> Rio de Janeiro,gli de<strong>di</strong>cò un lungo servizio intitolato:“L’uomo più buono del Brasile”, che<strong>di</strong>ceva: “Il nostro Paese è terra <strong>di</strong> conquistaper finanzieri e industriali italiani.Molti vengono da noi ad impegnare iloro capitali allo scopo <strong>di</strong> guadagnarnealtri. Marcello Can<strong>di</strong>a, ricco industrialemilanese, vive in Amazzonia da <strong>di</strong>eci anni,vi ha speso tutte le sue sostanze, conuno scopo ben <strong>di</strong>verso: per aiutare gli in<strong>di</strong>os,i caboclos, i lebbrosi, i poveri. L’abbiamoeletto l’uomo più buono del Brasileper l’anno 1975”.Marcello Can<strong>di</strong>a (1916-1983): ha <strong>di</strong>mostratocon la vita che anche un ricco può entrarenel Regno dei Cieli. Il 12 gennaio 1991, suFiglio <strong>di</strong> un industriale milanese (nato a Portici,presso Napoli), ere<strong>di</strong>tò dal padre la fabbrica<strong>di</strong> acido carbonico fondata all’iniziodel secolo e la <strong>di</strong>resse per vent’anni con successo.Ma Dio lo chiamava ad essere “l’industrialedella carità”. Fin da giovane studente(tre lauree: in chimica, biologia e farmacologia),<strong>di</strong>videva il suo tempo fra l’industriapaterna (che potenziò costruendo altristabilimenti) e le opere <strong>di</strong> carità nella suaMilano, fra le quali il “Collegio degli studentid’Oltremare” voluto dal Card. Montinie fondato in collaborazione col prof.Giuseppe Lazzati.Can<strong>di</strong>a sentiva profondamente anche lachiamata alle missioni. Dopo la II Guerramon<strong>di</strong>ale fonda la scuola <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina permissionari presso l’Università <strong>di</strong> Milano,l’Alam (Associazione in aiuto alle missioni),la rivista trimestrale “La Missione” eMarcello Can<strong>di</strong>a: un missionariolaico sulla via della santitàproposta della “Fondazione dottor MarcelloCan<strong>di</strong>a”, l’allora Arcivescovo <strong>di</strong> Milano,Card. Carlo Maria Martini, istituiva il tribunale<strong>di</strong>ocesano per la sua canonizzazionee così lo definiva: “Marcello Can<strong>di</strong>a èun modello <strong>di</strong> laico impegnato, de<strong>di</strong>to, coraggioso,capace <strong>di</strong> prendere sul serio laparola <strong>di</strong> Gesù, creativo, capace <strong>di</strong> metterela sua professionalità a servizio degliultimi. È dunque per noi un testimonestraor<strong>di</strong>nario, un cristiano esemplare<strong>di</strong> questa fine del secondo millennio, unmodello nel nome del quale vorremmoavviarci verso il terzo millennio, per incominciarlocon speranza”. L’8 febbraio1994, chiudendo il processo <strong>di</strong>ocesano, ilCar<strong>di</strong>nale Martini <strong>di</strong>ceva: “La Chiesa ambrosianaesprime ufficialmente il desiderio<strong>di</strong> poter un giorno annoverare tra isuoi santi e beati questo suo figlio”.Chi era Marcello Can<strong>di</strong>a?appoggia vari organismi <strong>di</strong> laicato missionarioche stavano nascendo in quel tempo:l’Ummi, il Cuamm, l’Afi, il Celim, l’Afmm,l’invio in Brasile dei volontari laici <strong>di</strong> GioventùStudentesca (<strong>di</strong> Don Luigi Giussani):è stato uno dei primi e più appassionati promotoridel laicato missionario in Italia.Dopo una visita a Mons. Aristide Pirovano,missionario del Pime e Vescovo <strong>di</strong> Macapàalle foci del Rio delle Amazzoni, Marcellosogna <strong>di</strong> abbandonare tutto per seguirlo inAmazzonia e fondarvi un ospedale. Nel1964, a 48 anni <strong>di</strong> età (non si era sposatoper seguire la chiamata <strong>di</strong> Dio), vende le sueindustrie e va con i missionari a Macapàspendendo i suoi averi e la sua stessa vitaper aiutare i poveri.L’attività <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>a era travolgente, l’ha consumatoanzitempo: ha avuto tre infarti e un’operazioneal cuore, è morto <strong>di</strong> cancro al fegatoper le sofferenze patite nello svolgere lasua opera in Brasile. In 18 anni <strong>di</strong> vita inAmazzonia fondò e finanziò, seguendolesempre da vicino, 14 opere <strong>di</strong> carità, <strong>di</strong> educazione,<strong>di</strong> assistenza ai più poveri, fra le25


quali il più grande ospedale dell’Amazzoniabrasiliana a Macapà (negli anni Sessanta)e anche due Carmeli <strong>di</strong> clausura, perchévoleva che tutte le sue opere fossero fondatesulla fede e la preghiera.C’è un aspetto nella vita <strong>di</strong> Marcello che lorende un modello quanto mai attuale per unmondo come il nostro. Non era un paternalista,ma nemmeno un “pauperista”. Avevaun grande rispetto del denaro, che sentiva comedono <strong>di</strong> Dio per fare del bene: ne avevae ne riceveva molto e sapeva amministrarlobene, ma lo usava tutto per gli altri, non perse stesso. Una delle sue frasi preferite era:“Chi ha ricevuto molto deve dare molto”.Il Vescovo <strong>di</strong> Macapà succeduto a Mons. Pirovano,Mons. Giuseppe Maritano, ha testimoniato:“Voleva che l’ospedale fosse peri poveri, perché questo era l’unico scopoper il quale l’aveva costruito. Diceva sempre:‘Se c’è un malato povero e uno ricco,prima ospitiamo il povero e poi, se c’e posto,il ricco, che può rivolgersi all’ospedalegovernativo’. Io voglio un ospedale missionarioper i poveri e quin<strong>di</strong> dev’essere perforza passivo. Se è in attivo vuol <strong>di</strong>re chenon è più missionario e per i poveri”.Sono stato varie volte in Amazzonia e ricordoil lebbrosario <strong>di</strong> Marituba (pressoBelém), il primo visitato da un Papa, GiovanniPaolo II, l’8 luglio 1980. Giornata memorabile,sotto un sole fulminante (48 gra<strong>di</strong>all’ombra, all’aperto). Il Papa guarda eascolta quella folla <strong>di</strong> lebbrosi e <strong>di</strong> fedelivenuti da Belém, da Macapà e da varie partidell’Amazzonia, che cantano e gridano laloro gioia; dopo un po’ chiede a Mons. AristidePirovano che gli è vicino: “Ma insomma,dov’è Marcello Can<strong>di</strong>a?”. Non erasul palco, sotto la tenda con le autorità, masotto il sole rovente, senza cappello, <strong>di</strong>etroa un uomo in carrozzella: tentava, sventolandoun ventaglio, <strong>di</strong> mitigare l’afa al suoamico Adalucio Calado, presidente della comunitàdei lebbrosi, senza mani, senza pie<strong>di</strong>e senza naso, incaricato <strong>di</strong> dare il benvenutoa Giovanni Paolo II a nome degli 800pazienti del lebbrosario.Finite le cerimonie ufficiali, il Papa scendein mezzo ai lebbrosi, li abbraccia uno peruno e quando è <strong>di</strong> fronte a Marcello lo ba-cia in fronte e gli <strong>di</strong>ce: “Ho sentito tantoparlare <strong>di</strong> lei...”. Marcello raccontava poil’incontro e ripeteva: “Quel bacio mi haportato fortuna, è stata una bene<strong>di</strong>zionedel Signore per tutte le opere <strong>di</strong> carità inAmazzonia”.Don Divo Barsotti, che ha conosciuto beneil dottor Can<strong>di</strong>a, ha detto dopo la sua morte:“Mi è sembrato un’anima senza ombre.Ho conosciuto tante anime sante, forse sarannoanche più sante <strong>di</strong> lui, però per tuttele altre qualche riserva l’ho sempre avuta,mentre non ho mai avuto riserve perMarcello Can<strong>di</strong>a, un’anima così semplice,così luminosa, così delicata... Moltil’hanno deluso, si è sentito, in fondo, non<strong>di</strong>co tra<strong>di</strong>to ma non capito. Lo si vedevacome un utopista: lo si amava, ma in fondoce se ne guardava. Non si poteva attaccarela sua limpidezza <strong>di</strong> vita, la sua vitareligiosa, la sua preghiera, ma forse sentivache gli altri lo trattavano come un bambino,lo credevano un ingenuo. Io so unacosa: che appena morto tutti hanno compresola grandezza <strong>di</strong> quest’anima... La cosache più mi meravigliava era il suo contattocon i poveri, con i lebbrosi, con i malati.Ricordo quando sono stato a Maritubacon lui, i malati non si accorgevano più<strong>di</strong> essere malati, c’era un tale spirito <strong>di</strong> serenità,<strong>di</strong> gioia nel vederlo, molto semplice,una festa tranquilla, serena, tra fratelli.La sua famiglia erano i malati, i lebbrosi:quando parlavi con lui <strong>di</strong> malati, <strong>di</strong>poveri, <strong>di</strong> lebbrosi, s’illuminava, si sentivache li teneva, nel cuore, erano una cosasola con lui”.Cos’è rimasto del dottor Can<strong>di</strong>anel Brasile dei poveri?Le trenta e più opere che la Fondazione Can<strong>di</strong>amantiene, fra le quali due conventi <strong>di</strong>clausura delle Carmelitane voluti da Marcello.Quello <strong>di</strong> Macapà è il primo nell’immensaAmazzonia brasiliana (13 volte piùgrande dell’Italia). Ma soprattutto è rimastoil ricordo vivo <strong>di</strong> un uomo buono, unmodello <strong>di</strong> vita cristiana e <strong>di</strong> amore ai poveri.Adalucio Calado prima che morisse,si commuoveva nel ricordare Marcello:26


“Il dottor Can<strong>di</strong>a non solo ci ha aiutati economicamentee con le opere sanitarie e sociali,ma ci ha voluto bene: in lui vedevamol’amore <strong>di</strong> Dio anche per noi lebbrosi,rifiutati da tutti”.Ho chiesto ad Adalucio perché gli ospiti dellacolonia <strong>di</strong> Marituba considerano MarcelloCan<strong>di</strong>a un santo. “Perché faceva tutto peramore <strong>di</strong> Dio. Non cercava nulla per sé matutto per gli altri, i poveri, gli ammalati,noi hanseniani. Era eroico nella sua donazioneal prossimo, commovente: lui ricco,colto e importante nel mondo, veniva aspendere la sua vita tra noi che non potevamodargli nulla in cambio. E non per unmotivo umano, altrimenti non avrebbe resistito,sarebbe rimasto deluso: ma solo peramore <strong>di</strong> Dio. Noi pensavamo: se lui è unuomo così buono, quanto più buonodev’essere Dio!”.Piero GheddoMese <strong>di</strong> maggio mese <strong>di</strong> MariaCREDO MARIANOCredo in Maria SS.ma madre<strong>di</strong> Cristoe perciò della chiesa.E ci credo fermamente,con tutta la mente e con il cuore.Credo nella sua maternità<strong>di</strong>vina, nella sua perpetuaVerginità, nella sua ImmacolataConcezione, nella sua missionecorredentrice, accantoal Figlio Redentore.Credo nella sua Assunzionee glorificazione celestein corpo ed anima; e in Mariaè immagine della chiesa e chedovrà avere il suo compimentonell’età futura ed eterna.Credo nella sua maternitàspirituale ed ecclesialee nella sua regalità reale,<strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a e <strong>di</strong> pace.Credo nella sua missione<strong>di</strong> Madre nella Chiesa,nella sua potente intercessione,per lo sviluppo della vitanelle anime.Credo nella sua presenza<strong>di</strong> amore accanto a ciascunacreatura, come madre,maestra <strong>di</strong> fede,ausiliatrice e me<strong>di</strong>atrice.Credo nel trionfo finaleed universale <strong>di</strong> Cristoe del Cuore Immacolato<strong>di</strong> Maria, nell’oggidella storia perchéquesta è la sua ora!La Madonnellader CantoneDecus et Presi<strong>di</strong>umIn arto, sur cantone, imporverata,d’un vicolo in quer de l’Esquilino,c’è sta ‘na madonnella addoloratae sotto ce sta scritto ner latino‘na frase ch’è mijore de ‘n sermonee che vordì: “decoro e protezione”.Tutt’è silenzio attorno, è Feragosto,è annata fora la popolazione,ner vicolo c’è sola e ha preso postodavanti a la Madonna der cantone,‘na vecchietta pe’ fa’ le devozzionirecitanno er Rosario e l’orazzioni.Poco prima ch’ariva la caciara,se sente la Madonna addoloratache <strong>di</strong>ce co ‘na voce bella e chiara,rivorta a la vecchietta, trasognata:“te ringrazio de core fija miad’avemme fatto bona compagnia”.27Elio Cesari(detto Cesaretto)LAMADONNINADER CORTILECe stà ‘n’immacolata ner tempiettoner cortile de casa, fra du’ pini,dove se po’ gioca’ puro ar carcetto;ma ‘na vorta, carcianno, i regazzini,arivò sur tempietto ‘na pallata,ruppe er vetro e sporcò l’immacolata.Scapporno i regazzini pe’ paurameno Simone, detto er piccoletto,c’annò da la Madonna e co’ gran curaer viso je pulì cor fazzolettoe <strong>di</strong>cennoje prima d’annà via:“Te chiedo scusa Madonnina mia”.Allora s’animò la Madonninapiena de luce come er Para<strong>di</strong>so,era propio der celo la regina,mosse le mani e co’ un ber soriso,fece co’ tanto amore e tenerezzasur viso de Simone ‘na carezza.Elio Cesari(detto Cesaretto)


Lo Stato Vegetativo Permanente(Aspetti Clinici e Considerazioni Etiche)Secondo le più prestigiose Associazioni ProfessionaliNordamericane, la definizionedello SVP - Stato Vegetativo Permanente -può essere così sintetizzata: “È uno stato<strong>di</strong> incoscienza ad occhi aperti, nel qualeil paziente ha perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> veglia e cicli sonno/vegliafisiologici, ma non è mai consapevole<strong>di</strong> se, nè dell’ambiente circostante”.Clinicamente è presenteuna con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> incoscienzavigile, occhi aperti,movimento masticatorionon finalizzato, attività motoriaafinalistica degli articonseguente a riflessi retrattivireattivi allo stimolo nocicettivo(doloroso). È conservatoil ciclo sonno/veglia,sono presenti riso spontaneo,movimento rotatorio oculareconseguente a stimoli sonorio ad oggetti in movimento,emissione incomprensibilevocale, movimentispastici, per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> feci eurine. Sono conservate la termoregolazione,la funzionecar<strong>di</strong>o-respiratoria, la funzionegastrointestinale macon compromissione dellamasticazione e della deglutizione(alimentazione parenterale).La <strong>di</strong>agnosi è clinicaanche se coa<strong>di</strong>uvata da indaginistrumentali (Tac, Rmn,Pet). Il prognostico è sfavorevolequando lo stato vegetativopersiste oltre i tre mesi in presenza <strong>di</strong>anossia ischemica e da do<strong>di</strong>ci mesi in presenza<strong>di</strong> trauma cranico. L’assistenza è voltaalla prevenzione dei decubiti, l’igiene personale,le infezioni, le flebiti profonde, lesintomatologie retrattive dell’apparato muscolo-scheletrico,la riabilitazione mirataper il recupero dello stato <strong>di</strong> coscienza, laemo<strong>di</strong>alisi e la ventilazione meccanica. Senella fase ospedaliera le con<strong>di</strong>zioni clinichemiglioreranno il paziente potrà tornare a casaper essere affidato alla cura dei familiariche dovrà prevedere l’igiene della personae la nutrizione enterale. A nostro avvisol’opzione clinica dovrà sempre scegliere perquesti pazienti il valore dellavita, perché essi si trovano inuna situazione stabile ma nonriescono ad alimentarsi da soli.Se vengono sospesi artificialmenteil cibo e i liqui<strong>di</strong>,muoiono, e la causa della mortenon sarà attribuibile alla malattiama unicamente alla inanizionee alla <strong>di</strong>sidratazione.La somministrazione dei cosìdetti mezzi minimali (alimentazione,idratazione ecc.)destinati a mantenere in vita,rappresentano un “mezzonaturale” e non un “attome<strong>di</strong>co”, così che il suo usoconsiderato “or<strong>di</strong>nario eproporzionato”, e in quantotale obbligatorio. In chiavelaica, la stessa giurisprudenzaprevalente italiana (Pretura,Corte d’Appello) ha semprerespinto la richiesta per la sospensionedella nutrizione edella idratazione, scorgendo inessa un atto <strong>di</strong> eutanasia, cosìassimilando la propria condottaa quella del Magisterodella Chiesa. La Congregazione per laDottrina della Fede rispondendo ai quesitiposti dalla Conferenza Episcopale Statunitensecirca l’opportunità <strong>di</strong> sospendere neipazienti in stato vegetativo permanente ilnutrimento e l’idratazione anche con l’impossibilitàcerta <strong>di</strong> recuperare la coscienza28


ancorché con il parere espresso con certezzamorale da me<strong>di</strong>ci competenti, ha formulatogiu<strong>di</strong>zio negativo con la motivazioneche “un paziente in Stato Vegetativo Permanenteè una persona, con la sua <strong>di</strong>gnitàumana fondamentale, alla quale sono perciòdovute le cure or<strong>di</strong>narie e proporzionate,che comprendono in linea <strong>di</strong> principio,la somministrazione <strong>di</strong> acqua e cibo,anche per vie artificiali”. La stessa Congregazionenon ha escluso alcune eccezioniquali: l'impossibilità <strong>di</strong> somministrare l’alimentazionee l’idratazione artificiali in regioniisolate o <strong>di</strong> estrema povertà, la liceità<strong>di</strong> interrompere l’alimentazione e l’idratazionequando “per complicazioni sopraggiunteil paziente possa non riuscire ad assimilareil cibo ed i liqui<strong>di</strong>, <strong>di</strong>ventando cosìdel tutto inutile la loro somministrazione”,la liceità della interruzione allorché“l’alimentazione e l’idratazione possonocomportare per il paziente una eccessivagravosità o un rilevante <strong>di</strong>sagio fisico legato,per esempio, a complicanze nell’uso <strong>di</strong>ausili strumentali”. In base a quanto abbiamoesposto, riteniamo del tutto pretestuosele affermazioni <strong>di</strong> non accettabilità nei confrontidei pareri espressi dal Magistero, daparte <strong>di</strong> una sigla che rappresenterebbe i me<strong>di</strong>cipubblici, in realtà esigua minoranza <strong>di</strong>fronte alla maggioranza dei me<strong>di</strong>ci italianirimasti deontologicamente fedeli al giuramentoad Ippocrate, che sempre hanno con<strong>di</strong>visoi principi etici e morali promossi dallaSocietà Civile e <strong>di</strong>fesi dal Magistero dellaChiesa Cattolica.Dr. Sergio MancinelliAntichi ospedali romani minoriL’OSPEDALE DISAN GIOVANNI BATTISTADEI GENOVESITra il XV ed il XVI secolo a <strong>Roma</strong> era tuttoun fiorire <strong>di</strong> istituzioni sanitarie, soprattuttoper iniziativa delle Confraternite,le quali identificavano nell'assistenzame<strong>di</strong>ca il modo ideale per conseguire i proprifini devozionali. Va però precisato che,salvo alcuni casi particolari, l'ospedale puressendo così denominato assumeva – piùspesso – un aspetto ed un ruolo polifunzionale:era, sì, un ospedale nel senso classico,ma nel contempo era anche ambulatoriome<strong>di</strong>co, ospizio per anziani e in<strong>di</strong>genti,ricovero per pellegrini, luogo <strong>di</strong> assistenzasociale. Oltre a ciò, tali ospedalierano magari espressione <strong>di</strong> sodalizi a caratterecosiddetto "nazionale", ossia sortiper iniziativa <strong>di</strong> comunità originarie <strong>di</strong> altrecittà italiane o <strong>di</strong> paesi stranieri. Eccoallora in <strong>Roma</strong> l'ospedale dei Lombar<strong>di</strong>ma anche quello degli Spagnoli o dei Portoghesi,e così via, nei quali principalmente– ma non sempre esclusivamente – gli assistitiappartenevano ai paesi <strong>di</strong> riferimento.In questa fattispecie ricadeva pure l'ospedale<strong>di</strong> San Giovanni Battista dei Genovesi,nei pressi del porto <strong>di</strong> Ripa Grande,del quale andremo ora a riassumere lagloriosa vicenda. Per far ciò ci avvarremo,come guida principale o fil rouge, <strong>di</strong> unprezioso quanto raro lavoro pubblicato nel2004 ma reperibile agevolmente sul web(Maria Luigia Ronco Valenti – Un angolo<strong>di</strong> Liguria nel cuore <strong>di</strong> Trastevere) ma anche<strong>di</strong> numerosi altri documenti che qui èimpossibile citare per esteso.Verso la fine del Quattrocento un facoltoso29


E in che ospedale ha praticato lei, prima <strong>di</strong> venire qui?genovese, Meliaduce Cicala, aveva ormairaggiunto altissime cariche nell'ambito dell'amministrazionepontificia, tanto che quandomorì – a soli 51 anni, nel 1481 – fu sepoltonella stessa basilica <strong>di</strong> San Pietro. Moltopiù tar<strong>di</strong> le sue spoglie vennero invece traslatepresso l'istituzione benefica che lui stessoaveva voluto e finanziato. Quale? Unospedale in grado <strong>di</strong> fornire la più ampia assistenzaai marinai della Repubblica <strong>di</strong> Genovache sbarcavano al porto <strong>di</strong> Ripa Grandee da erigersi proprio accanto alla strutturaportuale. Il papa savonese Sisto IV, però,nel rendere operative le <strong>di</strong>sposizioni testamentarie(la costruzione iniziò fra il 1482 el'83) pensò che tale luogo – ben poco salubreper vari motivi – non fosse l'ideale perun nosocomio e pertanto lo fece allogare inposizione più riparata qualche decina <strong>di</strong> metrinell'entroterra, appena <strong>di</strong>etro il complessodel monastero <strong>di</strong> S. Cecilia.Inizialmente l'erigendo ricovero venne in<strong>di</strong>catosemplicemente come Ospedale (o ancheOspizio) dei Genovesi, in seguito fu piùnoto come Ospizio <strong>di</strong> San Sisto (forse inonore <strong>di</strong> Sisto IV), ma fu solo nel 1489 –regnando un altro papa ligure, il genoveseInnocenzo VIII – che l'ospedale assunse perdecreto pontificio l'intitolazione ufficiale aSan Giovanni Battista dei Genovesi, riservandoappunto l'assistenza ai marittimi dellaRepubblica (fra i quali anche i Corsi). Tuttavia,nei limiti delle possibilità ricettive,veniva in realtà accolta tutta la gente <strong>di</strong> marebisognosa <strong>di</strong> cure, a prescindere dalla nazionalità.L'ospedale, secondo l'uso dei tempi,assicurava solo prestazioni <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cinagenerale, tuttavia era articolato in corsie nellequali si cercava <strong>di</strong> raggruppare i degentisecondo il tipo <strong>di</strong> patologia. L’ospedale potevacontare su una propria farmacia o spezieriainterna, assai fornita, ma era autosufficienteanche in alcuni approvvigionamenti<strong>di</strong> base come latte, frutta e verdura. Anzi v'èchi afferma che il meraviglioso chiostro –attribuito a Baccio Pontelli – servisse pureda orto per la coltivazione delle piante officinalinecessarie alle preparazioni. I ricoveratiavevano <strong>di</strong>ritto ad una <strong>di</strong>visa <strong>di</strong> pannoblu ed al trattamento sanitario comprendentei farmaci, le terapie, il vitto, il lettocon relativa biancheria. Non si ha notiziacerta circa i posti <strong>di</strong>sponibili, ma sembrache non dovessero essere inferiori ai trenta/quaranta.L'alimentazione si basava soprattutto su cereali,farro, semolino, latte, carne, mandorlee perfino uva passa, mentre non si trovamenzione <strong>di</strong> altri alimenti proteici come adesempio le uova. Il pesce era sempre presentein abbondanza, poiché il rifornimentoera assicurato dagli stessi compagni deimarinai ricoverati. Le bevande, oltre all'acquae le tisane, comprendevano anche il vino<strong>di</strong> Ischia. L'assistenza sanitaria era <strong>di</strong>prim'or<strong>di</strong>ne. Il me<strong>di</strong>co doveva visitare gliinfermi due volte al giorno e relazionare aisuperiori, ma anche ai familiari, circa l'andamentodelle terapie. Illustri clinici furonosempre ai vertici dell'istituzione, comead esempio Bartolomeo degli Emanuelli –archiatra <strong>di</strong> papa Innocenzo VIII e innovatoredella scienza me<strong>di</strong>ca – oppure CesareMacchiati da Fermo, primario dal 1668 al1675, che fu un celebrato docente universi-30


31tario e me<strong>di</strong>co personale della regina Cristina<strong>di</strong> Svezia. L'assistenza spirituale eracurata da un cappellano fisso, il quale dovevasomministrare ai malati i vari Sacramentie celebrare la S. Messa ogni domenicae festa comandata. In via straor<strong>di</strong>naria lacelebrazione poteva avvenire anche in giornoferiale, mentre una volta al mese venivasuffragata l'anima del benemerito fondatoreMeliaduce Cicala.Molto interessante è la parte che riguarda iltrattamento farmaceutico. Dalla monografia<strong>di</strong> M. L. Ronco Valenti traiamo alcuni passaggi,con l'aggiunta tra parentesi <strong>di</strong> alcunenostre spiegazioni circa lepreparazioni officinali.L'ospedale era dotato anche<strong>di</strong> una attrezzata "spezieria"in cui venivano preparate,secondo la prescrizione,le me<strong>di</strong>cine per gliammalati, che consistevanoin sciroppi, unguenti,olii, pillole, tra cui i famosi"troscici" (pastiglie dallaforma schiacciata) contenentile sostanze elencatenei ricettari della farmacia.In essi si leggono le seguentipreparazioni: "siropoviolato [A base <strong>di</strong> violamammola. L'infuso è <strong>di</strong>ureticoe sedativo della tosse,il decotto è per usoesterno dermatologico], siropode suco, siropo acetato,zucharo violato, zucharo de reubarbaro,pilule asaiaret, pilule agregative[Composte <strong>di</strong> vari semplici, venivano usateper i mali più svariati], pilule de aure [Detteanche auree in quanto protette da una sottilefoglia d'oro, contenevano fra l'altro larosa, il finocchio e lo zafferano], salgemma,sena <strong>di</strong> levante [Senna levantina o alessandrina,usata come lassativo], spicca nar<strong>di</strong>[Ra<strong>di</strong>ce del nardo, usata come antipiretico,<strong>di</strong>uretico, analgesico e tonico <strong>di</strong> variorgani], fior <strong>di</strong> boragine, unguento sandolino[Rinfrescante per lo stomaco, a base <strong>di</strong>sandalo], liquiritia, ollio <strong>di</strong> capari [L'olio<strong>di</strong> capperi sembra fosse usato come corroborantedella milza], sugo de cicoria, <strong>di</strong> luppolo,<strong>di</strong> rosa, <strong>di</strong> acetosa, oximele [L'ossimeleera uno sciroppo <strong>di</strong> aceto e miele fermentato],acqua <strong>di</strong> farfara [Tussilago farfara.L'infuso dei fiori si usava come sedativodella tosse], acqua <strong>di</strong> agronomia, acqua<strong>di</strong> aceto rosato, ollio <strong>di</strong> camomilla, <strong>di</strong>ruta, <strong>di</strong> asenzo [Assenzio], <strong>di</strong> menta, conserva<strong>di</strong> fumoterre [Fumaria officinalis.Pianta erbacea con proprietà <strong>di</strong>uretiche, lassative,depurative delle vie biliari]…. Dall'elenco<strong>di</strong> alcune sostanze citate nei registridella spezieria quali la cassia, la scamonea,il giulebbe, il sandalo, il luppolo, lamelissa, la cicoria, la liquirizia,gli estratti <strong>di</strong> prugna,possiamo notare come ancheoggi siano usate nell'industriafarmaceutica efacciano parte dei rime<strong>di</strong>venduti nelle moderne erboristerie.(…..) I ricettarie le sostanze usate <strong>di</strong>mostranoche le malattie <strong>di</strong> cuisoffrivano i ricoverati nonerano particolarmente gravi,e dai registri <strong>di</strong> accettazionesi nota che non venivanomai registrate le affezionida cui erano colpiti:la <strong>di</strong>agnosi generale eraquella <strong>di</strong> "febre" e le cureprincipali consistevano inStendardo della Confraternita salassi, purganti, antifebbrifughie <strong>di</strong>ete particolaridei Genovesi.per chi soffriva <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi<strong>di</strong> stomaco o era affetto da <strong>di</strong>ssenteria".Per parte nostra, possiamo notare che anchenel contiguo ospedale <strong>di</strong> S. Maria dell'Orto(ve<strong>di</strong> i numeri precedenti) la <strong>di</strong>agnosiall'entrata era quasi unicamente quella <strong>di</strong>"febre", a parte i casi dei portatori <strong>di</strong> feriteo altri danni evidenti. La circostanza confermaquin<strong>di</strong> la tendenza – negli ospedaliminori e comunque dotati <strong>di</strong> ridotte possibilità– alla forzosa sommarietà della <strong>di</strong>agnosie dei trattamenti a fronte <strong>di</strong> una altrettantagenericità dell'indagine eziologica.In altre parole, forse la carità ed il buoncuore sopravanzavano <strong>di</strong> molto l'eserciziodella scienza me<strong>di</strong>ca, nonostante tanti illu-


32La facciata dell’Ospedale <strong>di</strong> S. Giovanni Battista dei Genovesi.stri clinici: del resto, come visto, il concetto<strong>di</strong> "ospedale" a quei tempi aveva in realtàuna accezione molto più ampia rispetto adoggi.Lo stato <strong>di</strong> salute <strong>di</strong> colui che si presentavaa quella che oggi chiameremmo "accettazione"veniva esaminato dai governatoridel nosocomio, i quali se del casolo provvedevano d'un biglietto <strong>di</strong> ricoveroda presentare all'ospitalario e sul quale immancabilmenteera annotato "malato <strong>di</strong> febresecondo il solito". Il biglietto era accompagnatoda un modesto inventario deglieffetti personali (denaro, vestiti) affinchépotessero essere restituiti alla <strong>di</strong>missioneoppure, ovenon <strong>di</strong>versamente<strong>di</strong>sposto dall'interessato,in caso <strong>di</strong>decesso venivanovenduti a favoredell'ospedale o donatial personale <strong>di</strong>servizio. Fino all'avventodelle legginapoleonichedel 1809 i defuntifurono inumati inappositi locali ipogeiscavati sottol'a<strong>di</strong>acente chiesaconfraternale.Fin dalla sua fondazione,l'ospedalevenne amministratodai chierici della Camera Apostolicama, sembra, con poco successo. Tale situazione– unita al quasi prosciugamentodel lascito <strong>di</strong> Meliaduce Cicala ed alle spoliazionisubite in seguito al Sacco <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>del 1527 – portò alla forzata chiusuradel nosocomio. Fu così che nel 1553 un nipotedel fondatore (Giovanni Battista Cicala,car<strong>di</strong>nale del titolo <strong>di</strong> San Clemente),per risollevare le sorti della gloriosa istituzionesi rivolse a papa Giulio III chiedendol'istituzione <strong>di</strong> una Confraternita acui conferire l'amministrazione dei pochibeni residui e la cura della chiesa che nelfrattempo era stata eretta accanto all'ospedale.Il papa acconsentì e con la bolla "<strong>Roma</strong>nusPontifex" del 22 giugno 1553 istituìla Confraternita <strong>di</strong> San Giovanni Battistadei Genovesi. I sodali vestivano, comeancora vestono, un saio <strong>di</strong> tela biancacon cappuccio recante sul lato sinistro lostemma del Santo Precursore. Oltre ai normaliobblighi devozionali e caritativi, i confratelliavevano quello specifico <strong>di</strong> occuparsidegli ammalati, dell'assistenza ai moribon<strong>di</strong>,della sepoltura dei morti, il tuttoovviamente con particolare riferimento all'ospedale.Il confratello doveva assolverecon sollecitu<strong>di</strong>ne a tali incombenze, contribuendose necessario anche col propriodenaro o apposite questue tra i connazionali.Ripristinata la piena autonomia amministrativa,l'ospedale prosperò fino al1704, anno in cui per vari motivi cessò leattività or<strong>di</strong>narie <strong>di</strong> ricovero, pur continuandoa prestare cure <strong>di</strong> tipo ambulatorialenei casi più gravi. La Confraternita èancora attiva e operosa, continuando ad accogliere– per Statuto – "tutti i Genovesi o<strong>di</strong>scendenti da Genovesi, fino alla terzagenerazione inclusive, residenti in <strong>Roma</strong>",laddove per Genovesi si intendono anchei liguri e comunque tutti coloro che sonooriginari dei territori un tempo soggetti allaRepubblica.Domenico Rotella

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