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Diario - Comune di Budrio

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Storie <strong>di</strong> Terra | il paesaggio Enzo Bertol<strong>di</strong>1


Il SindacoStorie <strong>di</strong> Terra | il Sindaco2Carlo CastelliStorie <strong>di</strong> Terra10 anni, 10 ritrattiPenso che ogni sindaco consideriil proprio <strong>Comune</strong> come il più bello. Così,per me, <strong>Budrio</strong>, è indubbiamente un bel paese.Perché è ricco <strong>di</strong> storia, e perché ha unabella campagna che in questi anni abbiamovalorizzato e salvaguardato. Chi parla<strong>di</strong> “<strong>Budrio</strong> cementificata” non conosce larealtà: in questi <strong>di</strong>eci anni abbiamo invece<strong>di</strong>feso il <strong>Comune</strong> e le sue <strong>di</strong>eci frazioni. <strong>Budrio</strong>è un paese grande come <strong>di</strong>mensione -120 chilometri quadrati non sono pochi - equesta sua estensione la si vede ad esempionelle chiese, che possiedono dei patrimoni<strong>di</strong> grande significato, e nel centro storico,dove troviamo un concentrato <strong>di</strong> “gioiellini”,a me piace chiamarli così, dal teatro, aimusei, alla pinacoteca, agli e<strong>di</strong>fici storici,in gran parte <strong>di</strong> proprietà ecclesiastica;ma anche lo stesso Palazzo comunale. Unaricchezza, penso ad esempio alle ocarine <strong>di</strong><strong>Budrio</strong> che sono <strong>di</strong>ventate ormai un simbolointernazionale, che si muove su due livellie ha fatto del nostro <strong>Comune</strong> un punto<strong>di</strong> riferimento: il primo, quello territoriale,artistico, culturale, che abbiamo promossoanche in anni <strong>di</strong>fficili <strong>di</strong> tagli agli entilocali; il secondo, ancora più importante,che parla <strong>di</strong> una ricchezza fatta da chi ciabita, da chi ci stu<strong>di</strong>a, da chi ci lavora, dachi vive a <strong>Budrio</strong> ma lavora altrove. Unaricchezza che è stata incrementata dagliinvestimenti che abbiamo fatto nei servizieducativi e sociali, con tante iniziative <strong>di</strong>sostegno alle associazioni <strong>di</strong> volontariato,che hanno portato al rafforzamento dellacoesione sociale e a concepirci ancora comeuna comunità. Questa è la grande risorsa<strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>: la gente che ci abita. Personegenerose, solidali, abituate ad aiutare chiè più in <strong>di</strong>fficoltà. Qui a <strong>Budrio</strong> non abbiamoil petrolio, ma abbiamo delle risorseimmateriali ben più importanti e uniche,che sono quelle che vengono dall’intelligenzadelle persone.


In questa pubblicazione sono raccolte <strong>di</strong>ecitestimonianze <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>, o<strong>di</strong> chi vuol bene a <strong>Budrio</strong> come citta<strong>di</strong>noadottivo - penso a Matteo Belli, ad esempio,che non è residente qui ma che a <strong>Budrio</strong>viene spesso -: storie <strong>di</strong> impren<strong>di</strong>tori,volontari, educatori, sportivi, intellettuali.Tra tutte, quella che più mi ha colpito èla testimonianza della “dada Roberta”perché tra tutte queste storie, che non sonosolo storie in<strong>di</strong>viduali ma raccontanoun percorso <strong>di</strong> comunità, contribuisce adare l’immagine più completa del nostro<strong>Comune</strong>.“Dada Roberta” è quella che all’asilo nidoaccoglie i bambini, li abitua alla vita, liprotegge, e sono gli stessi bambini figli deibimbi che lei, trent’anni fa, già accoglievanell’asilo.È un simbolo, questo. Il simbolo<strong>di</strong> una civiltà che va avanti, <strong>di</strong>un’amministrazione che mette in valore,per il futuro, ciò che serve a creare deibuoni citta<strong>di</strong>ni: la scuola, l’educazione cheparte dai più piccoli.Ho citato “dada Roberta”, ma mi verrebbevoglia <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> tutte le 10 storie chetrovate in questo libro, perché conosco lepersone che le raccontano. Mi permettosolo una seconda eccezione, che riguardaun impren<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>, MorenoMarchesini, che opera nel campo dellaprotesica. Supportato anche da una rete<strong>di</strong> aziende che abbiamo qui a <strong>Budrio</strong>, sì èaffacciato al mercato cinese. Un’aziendanon <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, che da sola nonpoteva certo proporsi <strong>di</strong> misurarsi con lesfide del mercato globale, ma che insiemead altre imprese, con l’aiuto del sistemasanitario e del nostro <strong>Comune</strong>, che ha acuore l’eccellenza <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>, si è proiettatosui mercati orientali.È un segnale importante: perché esistonocerto la comunità, l’educazione, la scuola,il sociale, ma c’è anche il dato non menosignificativo che riguarda un sistemaimpren<strong>di</strong>toriale fatto <strong>di</strong> piccole e me<strong>di</strong>eimprese che - non <strong>di</strong>co non abbiano pauradella crisi, perché la crisi fa paura anche aipiccoli impren<strong>di</strong>tori, non solo agli operai- ma che cerca <strong>di</strong> reagire affrontando sfidenuove. Deve essere questa l’attitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>una comunità, no?Una comunità, quella budriese, dove lagente non solo si conosce, ma non si ignora.C’è un proverbio africano, che <strong>di</strong>ce: perchéun bambino cresca, deve crescere tutto ilvillaggio.È un proverbio che mi è sempre moltopiaciuto, perché dà l’idea <strong>di</strong> questacoesione, <strong>di</strong> questo dato culturale che poi<strong>di</strong>venta anche dato economico.Dà l’idea del progresso, <strong>di</strong> quello buono,positivo, non delle multinazionali o dellegran<strong>di</strong> finanziarie. Ecco, <strong>Budrio</strong> ha questacifra. Io penso che non sia l’unico <strong>Comune</strong>a muoversi in questa <strong>di</strong>rezione e in Italia cisono tanti esempi <strong>di</strong> città che hanno questecaratteristiche.Però, come <strong>di</strong>co sempre ai miei amici,quando si parla <strong>di</strong> geografia mon<strong>di</strong>ale, perme il mondo è fatto così: c’è prima <strong>Budrio</strong>,poi vengono New York, Tokyo, Pechino,Londra, Parigi, Roma…È la visione <strong>di</strong> un sindaco innamorato delproprio paese.Storie <strong>di</strong> Terra | il Sindaco3


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Matteo BelliIl palcoscenicola sua storia, il futuroStorie <strong>di</strong> Terra | il teatro Matteo Belli8ilteatroMatteo Belli e il teatro.Matteo Belli e il teatro <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>. Unastoria d’amore: “Dove si sceglie e si è scelti.In un rapporto biunivoco”.Un teatro che è anche una casa, uno spaziofisico <strong>di</strong> riferimento, un luogo ospitale dacon<strong>di</strong>videre con gli altri. Belli ha scelto <strong>Budrio</strong>come terra d’adozione, e vede nel suoteatro un valore simbolico, un bene architettonicocome componente della culturaitaliana. Una cultura che oggi è in pericolo.Dice: “Il teatro ha una sua funzione checonta 400 anni <strong>di</strong> storia. Dove al valoretestimoniale va affiancato il lavoro degliuomini. Qui a <strong>Budrio</strong>, noi, l’associazioneCa’ Rossa (il Centro teatrale per l’oralità),abbiamo trovato ascolto, risposte, collaborazione”.Attore, autore, regista, giullare e poeta,Matteo Belli nasce a Bologna nel 1964, masceglie <strong>Budrio</strong> e il suo teatro come palestraartistica. Un luogo dove “la provincia èsempre con la ‘p’ maiuscola, contenitore delpossibile – racconta – dove la provincia è laculla dell’esperienza: gli spettacoli nasconoin provincia, si provano in provincia, tral’albergo e il teatro, attraversando piccolestrade. In paesi silenziosi come questo.Sono spazi unici, lontani dal caos dellecittà”.È dal 1999 che Matteo Belli calpesta il palcoscenicodel Teatro <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>, un lavoroche dà il senso <strong>di</strong> una storia che si se<strong>di</strong>menta.Di un rapporto solido, che continuanel tempo e si alimenta giorno per giorno.“Ogni volta che vengo qui, in questo teatro,che mi affaccio su questo palcoscenico,vivo momenti carichi, densi <strong>di</strong> una grandeconcentrazione <strong>di</strong> vita…Una sensazione che mi dà l’idea <strong>di</strong> un tramando,<strong>di</strong> un filo, <strong>di</strong> una reciproca voglia<strong>di</strong> donarsi. Della voglia <strong>di</strong> trasmettereun’esperienza”.Il teatro <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>, eccolo. Un luogo unico,


“Il teatro è uno deimestieri più antichie necessari all’uomoper tramandare unacultura: ci sarà semprebisogno <strong>di</strong> un essereumano che <strong>di</strong>ca‘c’era una volta…”.Storie <strong>di</strong> Terra | il teatro Matteo Belli9non replicabile, “appena entro qui dentro,respiro, e sento il suono della mia voce”. Ilracconto <strong>di</strong> Belli si fa appassionato, infarcito<strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> e <strong>di</strong> storie. Di momenti magicie tragici: “Il teatro è uno dei mestieri piùantichi e necessari all’uomo per tramandareuna cultura: ci sarà sempre bisogno<strong>di</strong> un essere umano che <strong>di</strong>ca ‘c’era unavolta…”. Come ci sarà sempre bisogno <strong>di</strong>una comunicazione bella, e come è bello illinguaggio espressivo del teatro. Certo, sipuò recitare ovunque, si può anche uscireda questi posti. Ma qui, qui a <strong>Budrio</strong>, è<strong>di</strong>verso” .L’allarme è noto. La cultura teatrale è inpericolo, mancano gli investimenti, i taglirendono fragili strutture che hanno secolie secoli <strong>di</strong> vita. Belli lo sa e, come uomo <strong>di</strong>spettacolo, è molto preoccupato: “La mianatura emotiva mi porta lontano dall’amministrazione,ma sento che parlare oggi,in questo luogo, sa <strong>di</strong> prezioso: se per<strong>di</strong>amoquesto privilegio <strong>di</strong> recitare da questoproscenio, se per<strong>di</strong>amo il senso <strong>di</strong> comequeste esperienze abbiano la capacità <strong>di</strong>trasformare i linguaggi, i pensieri, le emozionidegli esseri umani, per<strong>di</strong>amo davveroqualcosa <strong>di</strong> fondamentale”. Non tralascia lapolitica Belli, e lo fa a ragion veduta: “Nonsi può guardare soltanto alla contingenza<strong>di</strong> un bilancio, vedere se i conti tornanoo non tornano. Tante volte si è parlato,con la mia associazione, <strong>di</strong> fare nascerequi una cosa più importante ma, da essereumano, capisco il perché non ci siamoriusciti. Così come non posso <strong>di</strong>menticarela fatica dell’amministrazione nel cercare <strong>di</strong>dare maggiore impulso ai progetti. Questoteatro va avanti con della sofferenza, comeusa <strong>di</strong>re il sindaco Castelli. Ma va avanti. Ilteatro è un luogo antico e futuro. Si tratta<strong>di</strong> spazi che sono sopravvissuti alle guerre,possono sopravvivere anche alla crisieconomica”.


Clau<strong>di</strong>a CocchiLe Torri dell’acquae le ra<strong>di</strong>ci<strong>di</strong> un territorioStorie <strong>di</strong> Terra | le arti Clau<strong>di</strong>a Cocchi10leartiEntrando a <strong>Budrio</strong>, perchi viene da Bologna, si vedono subito.Le Torri dell’acqua sono state costruitenel 1912, e nel 2009 hanno subito unimportante restauro: non più per <strong>di</strong>stribuirel’acqua ai budriesi, ma per ospitareconcerti e spettacoli. Un vero e propriocentro polifunzionale. L’ufficio <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>aCocchi, figlia dell’artista Giorgio Cocchi,cui è de<strong>di</strong>cata la Fondazione che gestiscele Torri, è sistemato proprio al piano <strong>di</strong>sotto della struttura, e da lì coor<strong>di</strong>na leattività. Una serie <strong>di</strong> iniziative importanti,dalla lirica al jazz, all’intrattenimento, allaconvegnistica. Sempre negli stessi localitrova spazio anche il coor<strong>di</strong>namento dellaneonata associazione “Torri dell’acqua perla protesica” che ha esteso il suo interesseal mondo della <strong>di</strong>sabilità in generale. “Ilnostro impegno – racconta Cocchi mentresale le scale che portano al grande terrazzo- è trovare collegamenti con il territorioper creare momenti <strong>di</strong> aggregazione conil paese e dare valore a quello che ci circonda.Ad esempio le mostre promossecon il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong> sono inserite nelprogramma <strong>di</strong> ‘Arte Fiera off’ <strong>di</strong> Bolognamentre con la ‘Dino Gavina’, azienda delpioniere del design, abbiamo organizzatolaboratori per la costruzione <strong>di</strong> mobili”.La torre più antica è il vero tempio dellamusica budriese. Uno spazio che in unprimo momento ha avuto qualche problema<strong>di</strong> acustica, ma sul quale il <strong>Comune</strong>è intervenuto installando dei pannellifonoassorbenti. Stretta è anche la collaborazionedelle Torri con il Teatro consorzialee l’associazione “Amici del Consorziale”,dalla quale è nata una rete <strong>di</strong> relazioni el’organizzazione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> importanticoncerti: “Con il passare degli anni – continuaCocchi – abbiamo fatto crescere unnostro pubblico, e lo abbiamo invogliato avenire ai concerti.


“Con il passare deglianni abbiamo fattocrescere un nostropubblico, e lo abbiamoinvogliato a venireai concerti”.Storie <strong>di</strong> Terra | le arti Clau<strong>di</strong>a Cocchi11Significativo è il fatto che siamo anche riusciti a creare unprogramma <strong>di</strong> eventi specifico”.Nel tempo le Torri sono state utilizzate per <strong>di</strong>verse attività,e in questo senso il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong> non moltianni fa ha visto lontano. “Con una certa lungimiranza– continua Cocchi - l’amministrazione ha partecipato aun concorso nazionale per la ristrutturazione <strong>di</strong> luoghi<strong>di</strong> particolare pregio: quello dell’architetto Andrea Olivo<strong>di</strong> Reggio Emilia era un progetto non tra<strong>di</strong>zionale, chemanteneva le ra<strong>di</strong>ci del luogo e la sua speciale suggestionema che prevedeva anche l’inserimento <strong>di</strong> un mix <strong>di</strong> nuovimateriali (vetro, legno, ferro, cemento a nudo) e la realizzazione<strong>di</strong> un volume nuovo: per questo le Torri dell’acquasono oggi un luogo <strong>di</strong> grande attrazione per artisti e architetti:questo per noi è un fatto molto positivo”.Entrando nella sala ottagonale, che è il serbatoio più antico,sembra <strong>di</strong> essere in un piccolo Pantheon. Non <strong>di</strong>stantec’è la reception, l’antica sala macchine da dove si può arrivareovunque in modo autonomo, quasi come scivolandonelle varie zone.Salendo si arriva in una specie <strong>di</strong> “strada sopraelevata”, dadove si vede la terrazza che portava al serbatoio aereo, edove c’era anche una scala a chiocciola: ecco un altro luogoper le attività estive, dotato <strong>di</strong> un particolare riverberosonoro.La Fondazione Cocchi nasce per promuovere l’attivitàartistica <strong>di</strong> Giorgio Cocchi, artista budriese da sempreanimato da una profonda passione e curiosità per ognitipo <strong>di</strong> espressione che avesse a che fare con l’arte. Ma nonè solo questo: “Quando il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong> ci propose <strong>di</strong>collaborare – conclude Clau<strong>di</strong>a Cocchi – abbiamo subitopensato che si poteva affiancare a una programmazionepiù culturale, anche una parte più legata alla vita <strong>di</strong> lavorodel territorio budriese, alle sue eccellenze.Per questo abbiamo pensato alla ‘protesica’, cercando unacollaborazione con le imprese del territorio: l’associazione‘Torri dell’acqua per la protesica’ nasce proprio per questoe oggi, oltre alle aziende del circondario, aderiscono ancheil <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong> e l’Istituto Ortope<strong>di</strong>co Rizzoli”.


“Cosa c’è <strong>di</strong> meglio chestare all’aria aperta,senza un padrone, senzaorari particolari, chedare una mano comevolontario alla puliziadei parchi della miafrazione?”.Storie <strong>di</strong> Terra | il volontariato Gianfranco Fantini13comune: “Lavoro sia d’estate che d’inverno, ma è ovvio chenei mesi estivi c’è più da fare. Mi alzo la mattina verso le 7,e la prima cosa che faccio è andare a pulire i bagni pubblici.Poi passo al verde: d’estate ci sono da svuotare i portacarte,e c’è sempre un po’ da fare.Ma mio compito è anche mantenere le siepi, tre o quattrofalciature d’erba, e una volta mettevamo anche i fiori dentrole scuole dove c’erano dei terrapieni: piantavamo delleziglie, gli astri, qualche tulipano, ma pochi però, perchésfiorivano in fretta e duravano pochissimo”. D’inverno, sista più tranquilli. Se nevica ci sono da fare i sentieri dentrole scuole, e poco altro. Restano i bagni, ma per il restoil lavoro del “volontario verde” Franco Fantini è un po’ piùriposante.“Oltre a me – racconta – a Mezzolara ci sono altri tre volontariimpegnati a Villa Rusconi, tutti pensionati.Loro hanno attrezzature più moderne delle mie, e forseanche una <strong>di</strong>versa mentalità. Ma io ho adattato un carrellinoal mio tagliaerba a tre ruote, un vecchio Cbs che invece<strong>di</strong> avere un pettine ha due rotori con i coltelli per segarel’erba, e me la cavo bene lo stesso: fa un gran rumore, masi sopporta”.C’è una domanda che in questi anni gli hanno fatto intanti: Franco, ma chi te lo fa fare? “Ecco, io ho avuto lafortuna <strong>di</strong> avere un buon lavoro nella vita e questo mi harisolto tanti problemi visto che avevo la certezza dello stipen<strong>di</strong>oa fine mese, cosa che non succede a tanti giovani <strong>di</strong>oggi. Avendo avuto fortuna <strong>di</strong> andare in pensione presto,mi sono buttato sul volontariato, tutto qui.È un’ attività che si fa all’aperto ed è in<strong>di</strong>pendente, chenon è cosa da poco. Poi, certo, oggi bisogna anche tenereconto dell’età: usare il decespugliatore ad esempio è unlavoro faticoso… Non si può fare per sempre”.


Dino FariselliVent’anni <strong>di</strong> vitaal circolo duglioleseStorie <strong>di</strong> Terra | il civismo Dino Fariselli14ilcivismo“A essere giovanis’impara da vecchi” <strong>di</strong>ce un vecchio dettopopolare. E la storia <strong>di</strong> Dino Fariselli,idraulico in pensione e vicepresidente delcircolo ricreativo <strong>di</strong> Dugliolo, si può davveroriassumere così. Come il racconto <strong>di</strong> unapassione autentica, <strong>di</strong> un sogno <strong>di</strong>venutorealtà: il “suo” circolo oggi è una struttura<strong>di</strong> 330 metri quadrati, due sale ricreative,una palestra attrezzata e due bei campisportivi. “Era l’aprile del 1991, lo ricordobene. Quel giorno eravamo solamentein quattro per la nostra prima riunioneufficiale… Ma abbiamo insistito, e la voltadopo eravamo già in cinquanta”, raccontaorgoglioso.Dugliolo, meno <strong>di</strong> 700 abitanti a 11 chilometrida <strong>Budrio</strong>. Qui la vivacità del circoloricreativo incontra il consenso non solo deglianziani, ma anche dei più giovani. “Unospazio <strong>di</strong> ritrovo ideale” lo chiama Fariselliche, con un po’ <strong>di</strong> nostalgia, racconta comeè nato e cresciuto il circolo negli ultimivent’anni. “Cene sociali, incontri culturali,ma anche tombole, serate <strong>di</strong>alettali e torneisportivi - queste sono le nostre attivitàprincipali. Ci siamo costruiti il nostropassatempo. Per me il contatto con la genteè fondamentale, altrimenti si muore <strong>di</strong>ecianni prima!”. Una sala dove leggere i giornalie giocare a carte il pomeriggio al piano<strong>di</strong> sopra, un piccolo ritrovo a<strong>di</strong>bito essenzialmenteai giovani, tra i 15 e i 30 anni, alpiano <strong>di</strong> sotto. Su un totale <strong>di</strong> trecento tesserati,sono circa una cinquantina gli under30. “Questa sala l’abbiamo creata due annidopo la nascita ufficiale del circolo. È tuttaopera dei volontari dugliolesi. Qui i ragazzigiocano a biliardo e a biliar<strong>di</strong>no, guardanole partite e trascorrono insieme il pomeriggio:lo scambio tra generazioni è continuo”.A<strong>di</strong>acente alla saletta del piano <strong>di</strong> sottosi trova la palestra del circolo. Una salaattrezzi dove non sembra mancare nul-


Storie <strong>di</strong> Terra | il civismo Dino Fariselli15“Qui iragazzigiocano abiliardo e abiliar<strong>di</strong>no,guardanole partite etrascorronoinsieme ilpomeriggio:lo scambiotragenerazioniè continuo”.la: tapis roulant, cyclette,panche reclinabili e attrezzaturespecifiche per ilsollevamento pesi. E spessoviene anche un istruttoreche segue i soci durantel’attività sportiva.“Questo è un paese ancorabuono - racconta Fariselli -.I dugliolesi? Sono bravagente. Tutti!” riba<strong>di</strong>sce piùvolte. “La partecipazione ela collaborazione degli associatinon manca. Qua siamotutti volontari. La nostraassociazione non è a scopo<strong>di</strong> lucro. Man<strong>di</strong>amo avantiil circolo grazie al contributodel <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong> ealle tessere degli iscritti…Questo è un circolo apolitico,devo <strong>di</strong>rlo, non siamoaffiliati a nessun partito.Qui riunioni politiche nonse ne fanno e non se nefaranno mai”.Numerose fotografie decoranola saletta al piano<strong>di</strong> sotto. Sono quelle deiragazzi che frequentano ilcircolo: “Siamo contenti delnostro operato. Non abbiamocresciuto una melamarcia! Tutti <strong>di</strong>plomati,laureati e lavoratori - raccontacome un padre cheguarda i propri figli ormaiun po’ troppo cresciuti -.Mi vogliono un gran bene.Collaborano per mantenereil circolo in vita. Un lavoro,quello al circolo dugliolese,che impegna Dino Fariselliper almeno metà della giornata.“Stare insieme è bello.Finché la salute ci assiste.Io non mi muovo da qui,ve lo <strong>di</strong>co sinceramente -conclude – sarò l’ultimo adarrendermi: questo postol’ho visto nascere.Sono vent’anni <strong>di</strong> vita,mica un giorno!”.


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Fabio GallianiIl museo, la musical’OrienteStorie <strong>di</strong> Terra | l’ocarina Fabio Galliani18l’ ocarinaFabio Galliani ha 44 anni. A<strong>Budrio</strong> lo conoscono tutti, perché ha unalibreria (l’unica) ma soprattutto perché èun apprezzato maestro e stu<strong>di</strong>oso d’ocarina.Per questo è stato scelto dal <strong>Comune</strong> comeanima scientifica e tecnica del Museo dell’ocarina,incarico <strong>di</strong> cui va orgoglioso. E nonlo nasconde.Girando per i due piani del Museo, Gallianis’appassiona: racconta <strong>di</strong> Giuseppe Donatiche nel 1853 inventò l’ormai famoso strumentoa fiato mentre accenna un ‘ballo saltatodell’Appennino’ con la prima ocarinache gli capita fra le mani.Ricorda Cesare Vicinelli, considerato loStra<strong>di</strong>vari nel suo campo.Parla <strong>di</strong> Bellini, Ver<strong>di</strong>, Rossini, racconta deigruppi, i famosi “settimini” che proponevanoarrangiamenti <strong>di</strong> arie liriche, e mentrespiega ha già cambiato ocarina e sfiora conle <strong>di</strong>ta un enorme esemplare coreano… “unottava sotto la nostra do7, ocarina numero9” detta a memoria.Se deve definirsi, non fa fatica a vedersicome “un innamorato dell’ocarina”, e delsuo suono.Ma il suo progetto, oltre che romantico, èanche molto concreto. Un progetto, quello<strong>di</strong> Galliani, che punta tutto sull’unicità<strong>di</strong> <strong>Budrio</strong> e delle sue ocarine che, grazieall’Amministrazione comunale che ha deciso<strong>di</strong> investirci, può continuare a guardareavanti con orizzonti internazionali. “Il museodell’ocarina a <strong>Budrio</strong> – racconta - esistedall’inizio degli anni novanta, l’allestimento<strong>di</strong> oggi è invece datato 2004.Vi si trova una sezione storica dei gran<strong>di</strong>costruttori, mentre c’è anche la storia dei‘gruppi’: è proprio grazie a loro che l’ocarinasi è <strong>di</strong>ffusa in Europa”.Molto spazio – al piano <strong>di</strong> sopra – vienedato agli strumenti esotici, quelli che hannofatto circolare il nome <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong> in tuttoil mondo.


“Negli anni ottanta enovanta l’ocarina si è<strong>di</strong>ffusa in Cina, Corea,Giappone, Taiwan, perquesto il nostro obiettivooggi deve essere quello<strong>di</strong> legare il nomedell’ocarina a <strong>Budrio</strong>,perché in tanti ancoranon lo sanno”.Storie <strong>di</strong> Terra | l’ocarina Fabio Galliani19“Negli anni ottanta enovanta – continua Galliani– l’ocarina si è <strong>di</strong>ffusain Cina, Corea, Giappone,Taiwan, per questo il nostroobiettivo oggi deve esserequello <strong>di</strong> legare il nomedell’ocarina a <strong>Budrio</strong>, perchéin tanti ancora non losanno.Non sanno che l’ocarina èuno strumento italiano!”.A <strong>Budrio</strong> funziona unascuola d’ocarina (oggi hauna trentina <strong>di</strong> allievi),finanziata dal <strong>Comune</strong> sindall’inizio degli anni ottanta,corsi gratuiti, in collaborazionecon l’associazione“Diapason”: sono un buonsegno per le giovani generazioni,e un buon inve-stimento per il futuro delpaese “Oggi tutti sono allaricerca <strong>di</strong> un marchio, <strong>di</strong>qualcosa che <strong>di</strong>a riconoscibilità:<strong>Budrio</strong> ha la fortuna<strong>di</strong> averne uno ben riconoscibilee preciso da oltre 150anni – continua -. È l’unicostrumento musicale <strong>di</strong> cuisi sa quando è nato e dove ènato. È un fatto documentatostoricamente”.Il richiamo dell’ocarinaha poi un suo importanteaspetto turistico. I Festivala <strong>Budrio</strong> hanno cadenzabiennale, e le “Masterclass”,corsi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o per studentistranieri a <strong>Budrio</strong>, e per ibudriesi all’estero, riscuotonoun buon successo.“Sono stato tre volte inGiappone – continuaGalliani - per conferenze econcerti. Lì è molto <strong>di</strong>versorispetto agli altri paesidell’Asia: ci sono incentivida parte del governo, esistonocori <strong>di</strong> ocarine e sonomolte le persone anzianeche la suonano.Ma in generale, quelladell’ocarina, è una moda<strong>di</strong>ffusa da tempo in tuttol’oriente”. L’appuntamentopiù vicino è a maggio, inCorea, nel 2013.Ma c’è ancora tempo.Galliani non ferma il suoracconto, e apre una nuovateca del Museo: ocarina aquattro buchi, costruita aGiarre, provincia <strong>di</strong> Catania.Vicino ci sono quelle‘doppie e triple’: le più versatili– e <strong>di</strong>fficili da suonare– che passano velocementedai toni più alti a quelli piùbassi.Mentre saluta accenna unmotivetto <strong>di</strong> Barattoni,compositore <strong>di</strong> musica daballo ben noto in città:anche questi sono suoni daesportazione.


Adel KoukbiSul ring controle <strong>di</strong>fferenzeStorie <strong>di</strong> Terra | lo sport Adel Koukbi20losportAdel arriva un po’ inritardo all’appuntamento in palestra. Eraal lavoro, da qualche mese fa l’elettricista,monta impianti industriali e civili, neicantieri, con il caldo e con il freddo. Nongli <strong>di</strong>spiace quel mestiere che lo mette incontatto con tante persone, anche se è unpo’ faticoso e lo <strong>di</strong>strae dalla sua preghieraquoti<strong>di</strong>ana: la boxe. Allenamento quattrovolte alle settimana, attrezzi, sacco, e poiancora corsa, addominali, corda, pugni epugni. A <strong>Budrio</strong> è già un campione tra i<strong>di</strong>lettanti, 19 anni, nato in Tunisia, arrivatoin regione nel 2003 e oggi con la citta<strong>di</strong>nanzaitaliana, Adel Koukbi ha già vintomolte gare. E altrettante potrebbe vincerne.Il suo allenatore, Franco Di Bella, 54anni, impiegato <strong>di</strong> Mezzolara e da una vitacon la passionaccia del ring, non si sbilancia:“Adel è bravo, ha tutte le caratteristicheper andare avanti, la velocità, la tecnica, laforza <strong>di</strong> volontà: staremo a vedere, intantol’importante è che continui a tenersi informa, poi si vedrà”.Alle sette <strong>di</strong> sera nella palestra della “Boxe<strong>Budrio</strong>”, orgoglio dei pugili della zona, c’èun mondo che tira pugni. Lo spazio non ègrande, il pavimento, soprattutto d’inverno,è scivoloso (lo ripetono in tanti, e in <strong>Comune</strong>hanno preso nota per cercare <strong>di</strong> correreai ripari), ma l’aria che si respira è quella<strong>di</strong> una grande palestra. Anche RobertaBentivogli, una giovane pugile, cerca <strong>di</strong>farsi largo tra guantoni e corde, mentreAdel si attarda ancora nello spogliatoio.Ha scelto una canottiera azzurra, quella<strong>di</strong> un match importante, sa che vogliamoparlare con lui. Si siede per terra: “Hocominciato grazie a un suggerimento <strong>di</strong>mio padre, quasi per gioco, ma non ho maiamato fare combattimenti o altro. Avevo11 anni, esattamente sette anni fa. I primisono stati mesi soprattutto <strong>di</strong> gioco, poi hoproseguito facendo esperienza e piano pia-


“Ho cominciato grazie aun suggerimento <strong>di</strong> miopadre, quasi per gioco,ma non ho mai amatofare combattimenti oaltro. Avevo 11 anni,esattamente sette annifa”.Storie <strong>di</strong> Terra | lo sport Adel Koukbi21no ho cominciato a fare dei match. I primisono stati negativi poi, lentamente, sonocresciuto, ho fatto più incontri, l’esperienzaè aumentata e sono <strong>di</strong>ventato bravo. Così<strong>di</strong>cono, almeno”.A <strong>Budrio</strong> Adel si trova bene. La sera quandonon si allena resta a casa a guardare unfilm oppure esce con gli amici del paese.È un posto tranquillo, racconta. Mi sonotrovato sempre bene. Il colore della suapelle non è un problema, qui: “Qualchevolta mi è capitato <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere con qualcheamico, ma niente <strong>di</strong> grave… Adesso vivonotanti ragazzi stranieri a <strong>Budrio</strong>, ma quandosono arrivato io nei primi tempi noneravamo così tanti. Mi guardavano un po’tutti strano, ma è durato poco. Adesso mitrovo bene con tutti i ragazzi, ho rispetto esono rispettato”.Il suo idolo è Muhammad Ali (CassiusClay, il suo vero nome), storico pugileamericano campione mon<strong>di</strong>ale dei pesimassimi, oggi gravemente malato: “Hasempre avuto una grande professionalità,mi piace come pugile, come testa, comeparla… E anche un po’ perché è nero maci sono anche tanti pugili bianchi moltobravi che mi piacciono”.Con una qualifica da perito meccanico intasca, Adel ha abbandonato ora le scuolesuperiori. Ma non sta perdendo tempo.Oltre al lavoro, e alla palestra, gli rimaneben poco: “Quando vengo qui mi sembra <strong>di</strong>stare in famiglia e non penso più a niente,sono tutto concentrato a allenarmi. Solouna cosa, però: migliorerei la grandezza,vorrei una palestra più grande. Sì, il doppio<strong>di</strong> questa”.


Roberta LambertiniUna “dada” peri più piccoli<strong>di</strong> ieri e <strong>di</strong> oggiStorie <strong>di</strong> Terra | i bambini Roberta Lambertini22ibambini“Il genitore consegnanelle mani delle educatrici la cosa piùpreziosa che ha: suo figlio. Per questo, noi‘dade’ dobbiamo saper ascoltare empaticamente,dare risposte personalizzate <strong>di</strong> frontea emozioni molto forti e legate al primo<strong>di</strong>stacco tra genitori e figli. Per far sì cheil bambino si inserisca nel nido, bisognasaper accogliere la famiglia intera”. Parola<strong>di</strong> Roberta Lambertini, o meglio <strong>di</strong> “dadaRoberta”, come è conosciuta da ormai duegenerazioni <strong>di</strong> budriesi. Da 31 anni educatricedel servizio nido comunale, oggiRoberta accoglie all’asilo i figli <strong>di</strong> quelli chefurono i suoi primi allievi. “È una sod<strong>di</strong>sfazione,i genitori portano i bambini e me liaffidano avendo fiducia in me, racconta.Grazie ai tre decenni <strong>di</strong> carriera a contattocon i più giovani, Roberta offre un punto <strong>di</strong>vista privilegiato sui cambiamenti avvenutinelle famiglie, in seguito all’arrivo <strong>di</strong> nuoviresidenti e grazie all’evoluzione delle politicheeducative. Negli ultimi <strong>di</strong>eci anni, lapopolazione <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong> è cresciuta del 17%e anche il servizio nido offerto dal <strong>Comune</strong>si è adeguato per accogliere le nuove leve:i bambini iscritti sono passati da 76 nel2002 a 127 nel 2011. Dentro e fuori la scuola,i più piccoli hanno spazi loro de<strong>di</strong>catigrazie all’allestimento da parte dell’amministrazione<strong>di</strong> alcuni parchi e giar<strong>di</strong>ni congiochi e aree de<strong>di</strong>cate. Al nido, ogni educatricesegue un gruppo <strong>di</strong> sette piccoli, acui deve fare un po’ da insegnante e un po’da mamma. “La giornata <strong>di</strong> lavoro è moltointensa – spiega – si passa dai momenti<strong>di</strong> maternage e accu<strong>di</strong>mento dei bambini,durante l’accoglienza, il pasto e il sonno,ai momenti <strong>di</strong> attività guidate e <strong>di</strong> giocolibero. Sicuramente la parte più importantedel nostro lavoro è la prima, perché è nelmaternage che l’educatrice ha una relazionemaggiore con il bambino”. Per i piccoliche arrivano al nido “siamo come seconde


“La giornata <strong>di</strong> lavoro è moltointensa, si passa dai momenti <strong>di</strong>maternage e accu<strong>di</strong>mento deibambini, durante l’accoglienza, ilpasto e il sonno, ai momenti <strong>di</strong> attivitàguidate e <strong>di</strong> gioco libero”.Storie <strong>di</strong> Terra | i bambini Roberta Lambertini23mamme – <strong>di</strong>ce Roberta –. Ogni bambino ha le proprie esigenze affettive, e noi dobbiamo essere pronte adarvi risposta”. Un impegno che inizia con la fase più <strong>di</strong>fficile e delicata, quella dell’inserimento dei neoarrivati: “Anni fa si prestava meno attenzione alle esigenze del bambino ed era quest’ultimo a doversiadattare all’ambiente. Ora, invece, l’inserimento si fa insieme al genitore, che vive all’interno del nido perdue o tre settimane e dà al piccolo il tempo <strong>di</strong> ambientarsi. Certo – spiega l’educatrice – questo significa,per il bimbo, anche avere la possibilità <strong>di</strong> lasciarsi andare, <strong>di</strong> piangere. Ma il pianto, in questo caso, nonè dovuto all’angoscia e alla paura dell’abbandono, ma alla rabbia per il <strong>di</strong>stacco dal genitore: anche unbambino <strong>di</strong> un anno, se reso consapevole della cosa, non ha paura perché capisce che il genitore tornerà”.Insieme ad ogni bambino, arriva all’asilo una famiglia che chiede <strong>di</strong> potersi affidare all’esperienza e allecapacità delle educatrici. “Quando iniziai la mia carriera – racconta Lambertini – le famiglie erano <strong>di</strong>tipo patriarcale: i nuovi genitori potevano trovare appoggio nei nonni, e ad occuparsi dei bambini eranoprevalentemente le donne. Oggi i nuclei sono più ristretti, spesso hanno un solo figlio mentre i nonnisono lontani.I genitori hanno un grado d’istruzione più elevato e molti <strong>di</strong> loro scelgono il nido con l’intento consapevole<strong>di</strong> favorire la socializzazione e l’educazione del bambino: partecipano attivamente alle attività scolastichedei piccoli e chiedono consigli. In una parola, si affidano al servizio”. Tra le famiglie <strong>di</strong> budriesi,anche una nuova generazione che comprende giovani genitori e bambini <strong>di</strong> origine straniera. L’asilo nido,in questo caso, oltre a luogo <strong>di</strong> educazione e <strong>di</strong>vertimento <strong>di</strong>venta a <strong>Budrio</strong> anche culla dell’integrazione.“All’inizio i piccolo stranieri faticano un po’ anche perché spesso non conoscono la lingua. Tuttavia – conclude‘dada Roberta’ – i bambini così piccoli imparano davvero in fretta: un bimbo arrivato all’età <strong>di</strong> dueanni e mezzo e senza conoscere una parola <strong>di</strong> italiano, dopo due mesi passati al nido mi ha detto: dada,voglio un tovagliolo arancione…”.


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Moreno MarchesiniImpresa, le ra<strong>di</strong>cinel territorioStorie <strong>di</strong> Terra | il lavoro Moreno Marchesini26illavoroTutto comincia nel 1987. Isoci sono Giampaolo Rimon<strong>di</strong>ni, FrancoTedeschi e Moreno Marchesini, dunqueper il nome è un gioco da ragazzi: Rtm.Tre giovani incoscienti ma preparati,che hanno avuto la fortuna <strong>di</strong> lavorare alcentro protesi Inail <strong>di</strong> Vigorso <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>e che decidono <strong>di</strong> mettersi in proprio. Ilmercato certamente è un po’ particolare:mani, braccia, gambe. Soprattutto gambe,o meglio, arti inferiori, come si usa <strong>di</strong>renel linguaggio asettico della protesica. Quia <strong>Budrio</strong> l’ortope<strong>di</strong>a è <strong>di</strong> casa, non soloperche a Vigorso è nato l’Istituto dell’Inailfondato dal suo padre più nobile, il professorHannes Schmidl, ma anche perchéattorno a quella struttura si è sviluppatanegli anni una galassia <strong>di</strong> imprese chehanno puntato ciascuna su aspetti particolariper la realizzazione e l’adattamentopersonalizzato <strong>di</strong> protesi.“Non abbiamo fatto altro che trasferireciò che avevamo imparato all’Inail, nellanostra azienda – racconta Moreno Marchesini- . Poi, con un po’ <strong>di</strong> fortuna e unpo’ <strong>di</strong> volontà, siamo riusciti a decollare:oggi siamo 42 tecnici per una produzioneche ha un raggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione europea”.Tutti budriesi, s’intende, chi lavora allaRtm vive a <strong>Budrio</strong> e <strong>di</strong>ntorni. Tutti fieri <strong>di</strong>fare parte <strong>di</strong> quel comparto dell’ortope<strong>di</strong>ache trova un suo spazio importante all’internodell’associazione “Torri dell’acquaper lo sviluppo della tecnologia e delleprassi riabilitative” promossa dal <strong>Comune</strong><strong>di</strong> <strong>Budrio</strong> e che raccoglie le più importantiimprese del territorio. Un mestiere che inquesti anni è profondamente cambiato inmeglio. Solo fino a non molti anni fa infatti,era il 1975, le protesi si facevano ancorain legno. Poi, con gli anni, i materiali sisono evoluti: oggi le protesi sono fatte <strong>di</strong>titanio, <strong>di</strong> carbonio, vedono un forte usodell’elettronica e… tutto a vantaggio <strong>di</strong> chi


“Contemporaneamenteè cambiato anche ilnostro modo <strong>di</strong> lavorare.Anni fa l’officinaortope<strong>di</strong>carappresentava solo lamanovalanza, il luogodove si realizzava ilprodotto, la protesi, ogginon è più così…”.le deve indossare. “Contemporaneamenteè cambiatoanche il nostro modo<strong>di</strong> lavorare - continua Marchesini-. Anni fa l’officinaortope<strong>di</strong>ca rappresentavasolo la manovalanza, illuogo dove si realizzava ilprodotto, la protesi, ogginon è più così: l’officina habisogno <strong>di</strong> essere affiancatada un gruppo <strong>di</strong> lavoro, <strong>di</strong>un’équipe con un me<strong>di</strong>co,un fisioterapista, chirurghie tecnici ortope<strong>di</strong>ci”.Non solo: Rtm, grazie allacollaborazione con unastruttura <strong>di</strong> accoglienza neipressi <strong>di</strong> Loiano, riesce daqualche tempo a ospitaresul territorio bolognese chiha necessità <strong>di</strong> riabilitazio-ne restando nelle vicinanzedell’officina ortope<strong>di</strong>ca.Rtm vuol <strong>di</strong>re anche solidarietà.Ogni anno, percolpa <strong>di</strong> malattie, incidenti,guerre, tanti bambini sitrovano a dover reinventarela loro vita a causa dellaper<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> uno o più arti. Equesto non solo in Africa onella ex Jugoslavia, ma anchenel nostro paese, giustofuori dalla porta <strong>di</strong> casa.È qui che nasce l’idea <strong>di</strong>“Bimbingamba”, un progettocreato da SergioCampo assieme ad AlexZanar<strong>di</strong> - a cui partecipaattivamente Rtm - chesfrutta tutte le conoscenzetecniche e umane acquisitedal pilota durante lasua riabilitazione per nonlasciare soli bambini efamiglie che non hanno lapossibilità economica perrisolvere il problema dellamancanza <strong>di</strong> un arto.Quattro milioni e mezzo<strong>di</strong> euro <strong>di</strong> fatturato peruna numero che oscillatra le 900 e le 1000 protesiall’anno, non è poco.Ma Marchesini tiene aprecisare che gran partedell’attività <strong>di</strong> Rtm è lavoro<strong>di</strong> manodopera dove ilcomponente, il materialeutilizzato per la sua fabbricazione,ha un’incidenzasolo del 30-40% sul prodottofinale.Partiti con una specializzazioneparticolare per l’artoinferiore, oggi in Rtm èstata sviluppata anche lalavorazione dell’arto superiore,mentre importantipassi avanti sono stati fattinella ricerca per ricoprirele protesi con uno specialesilicone che produce uneffetto molto naturale.“Una caratteristica della nostraazienda è che abbiamosempre cercato <strong>di</strong> crearetutto dall’interno – concludeMarchesini -. Quello cheesce da Rtm viene fatto qui,a <strong>Budrio</strong>.Questo comporta unenorme sforzo performare le persone, perchépreparare un buon tecnicooggi richiede 5 o 6 anni<strong>di</strong> lavoro, ma ugualmenteabbiamo deciso <strong>di</strong> investiresui giovanissimi.Oggi hanno poco più <strong>di</strong>vent’anni, e sono tutti moltovali<strong>di</strong>: sono loro la nostraforza, sono loro il nostrodomani”.Storie <strong>di</strong> Terra | il lavoro Moreno Marchesini27


Francesco SartiLa terraha un futuro<strong>di</strong> qualitàStorie <strong>di</strong> Terra | l’agricoltura Francesco Sarti28l’agricoltura“Voglio essere sicurodella qualità del prodotto che offro al consumatore,perché io stesso ho dei bambini:questo è il minimo che posso fare per la miafamiglia, per la natura e per le generazioniche verranno”. Nonostante la sua giovaneetà, Francesco Sarti sa perfettamente ciò chevuole. Nato in una famiglia <strong>di</strong> agricoltori,Francesco ha lasciato la scuola quando eraancora adolescente per seguire le orme <strong>di</strong>suo padre e <strong>di</strong> suo nonno e prendere le re<strong>di</strong>nidell’azienda agricola <strong>di</strong> famiglia.Così, dal suo angolo <strong>di</strong> para<strong>di</strong>so nella campagnaalle porte <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>, dove vive con lamoglie e i due figli, si è trovato ad affrontarele sfide globali legate ai mutamenti degli ultimianni, con l’arrivo sul mercato <strong>di</strong> nuovie agguerriti concorrenti d’oltreconfine, <strong>di</strong>prodotti a basso costo (e spesso anche <strong>di</strong>bassa qualità) e <strong>di</strong> una nuova generazione<strong>di</strong> agricoltori, braccianti e citta<strong>di</strong>ni.Per rendere competitiva la propria azienda,Francesco ha scelto <strong>di</strong> fare un salto versol’alto e puntare tutto sulla qualità e latipicità, con prodotti a provenienza controllatae meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> coltivazione certificati.“L’agricoltura italiana non può puntaresulle gran<strong>di</strong> produzioni, ma è in grado <strong>di</strong>produrre ortaggi <strong>di</strong> elevata qualità – spiega–. Noi abbiamo cercato <strong>di</strong> intagliarci dellenicchie <strong>di</strong> mercato e ci siamo messi a fiancodel consumatore nella ricerca <strong>di</strong> prodottigenuini. Così, a partire dal 1999 – racconta– abbiamo intrapreso la <strong>di</strong>versificazionedelle colture e abbiamo iniziato a puntaresu prodotti <strong>di</strong> alta qualità: patate, cipolla,aglio e, dall’anno scorso, anche scalogno.Si tratta <strong>di</strong> ortaggi tipici e coltivati tra<strong>di</strong>zionalmentesul nostro territorio”. A fareda apripista in questa strada è stata lapatata al selenio, che nel 2010 ha ottenutoil marchio ‘dop’: “<strong>Budrio</strong> è stato pronto araccogliere le esigenze del settore agricoloe, grazie al riconoscimento e alla certifi-


cazione della qualità delle patate, si sonoaperte <strong>di</strong>verse opportunità per noi agricoltori”racconta. Nell’arco degli ultimi 10anni, il <strong>Comune</strong> ha investito molto per sostenerel’agricoltura, e non solo: le colture‘dop’ sono state anche valorizzate inserendoquesti prodotti nei ban<strong>di</strong> per la refezionescolastica, valorizzando un forte legame traservizi e territorio. Iniziative come la fieraAgribù, poi, che si svolge in autunno, o ilmercatino biologico ed erboristico che sitiene ogni settimana, promuovono i prodottitipici e la filiera corta tra i budriesi e itanti visitatori.Se le sfide globali hanno spinto l’agricolturaa prendere strade nuove, resta inveceimmutata l’essenza del lavoro nei campicon le sue lunghe giornate sotto il sole: “Lagiornata-tipo dell’agricoltore inizia allamattina alle 7. Dopo avere raccolto gli or<strong>di</strong>nidei clienti, e se la stagione lo permette,si va a lavorare nei campi. La giornata durain genere fino alle 19 o le 20”. Al lavoro or<strong>di</strong>nariosi affiancano poi tutti quei compitisupplementari che il <strong>Comune</strong>, attraversospecifiche convenzioni, assegna agli agricoltoridel paese: “Si va dallo sfalcio deifossi alla manutenzione delle strade bianche,agli interventi in caso <strong>di</strong> neve – spiegaFrancesco – . Si tratta <strong>di</strong> lavori che permettono<strong>di</strong> arrotondare le entrate facendoqualcosa <strong>di</strong> utile per tutta la citta<strong>di</strong>nanza.Spesso, grazie ad essi, si creano ancherapporti <strong>di</strong> collaborazione e rispetto con glialtri citta<strong>di</strong>ni” .Più <strong>di</strong> altri, gli agricoltori sono stati protagonistidell’incontro con i residenti stranieri,che sono ormai l’8% della popolazionebudriese. “Buona parte dei nostri <strong>di</strong>pendentiè <strong>di</strong> origine straniera – conclude Francesco– <strong>Budrio</strong> è un paese aperto ed accogliente ei nuovi citta<strong>di</strong>ni sono anche potenziali nuoviclienti. Anche tra agricoltori i rapporti sonocambiati: noi ci troviamo a collaborare, aconfrontarci su più temi, ad avere attrezziin comune per cercare <strong>di</strong> combattere i costisempre più elevati.L’unione fa la forza, e noi cerchiamo <strong>di</strong>essere coesi”.“Così, a partiredal 1999 abbiamointrapreso la<strong>di</strong>versificazionedelle colture eabbiamo iniziatoa puntare suprodotti <strong>di</strong> altaqualità: patate,cipolla, aglio e,dall’anno scorso,anche scalogno”.Storie <strong>di</strong> Terra | l’agricoltura Francesco Sarti29


Giovanni VaiIl circolo virtuosodella cooperazionesocialeStorie <strong>di</strong> Terra | la solidarietà Giovanni Vai30la solidarietàTecnologia e impegno sociale.La storia professionale <strong>di</strong> Giovanni Vai,che le spalle se le è fatte all’istituto agrario“Serpieri” <strong>di</strong> Bologna, punta molto su unbinomio tutt’altro che scontato. E con luila cooperativa Pictor: cento addetti, <strong>di</strong> cuiottanta soci, 2 milioni e 400 mila euro<strong>di</strong> fatturato e attività che spaziano dallamanutenzione del verde alla refezionescolastica, dalle pulizie al nuovo settoredell’energia pulita. I numeri <strong>di</strong> Pictor,importante cooperativa sociale budriese<strong>di</strong> cui Vai è il presidente, ha una mission:“dare un lavoro ‘vero’ a persone in situazione<strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio sociale”.Nata vent’anni fa dalle ceneri dell’istitutopsichiatrico San Gaetano come collettore<strong>di</strong> lavoro per gli ex pazienti, oggi Pictorpuò vantare una crescita del fatturato incontrotendenza rispetto alla crisi e guardaall’apertura a nuovi settori e mercati, tracui quello del privato.“La nostra sfida negli anni – racconta Vai– è stata quella <strong>di</strong> dare <strong>di</strong>gnità lavorativaa persone che in paese erano considerate imatti”. Oggi, con i primi soci ormai prossimialla pensione, i volti dei protagonisti<strong>di</strong> quest’avventura sono cambiati: “Ognigiorno impieghiamo circa 70 persone insituazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio sociale.Tra loro – spiega – ci sono molti giovanicon problemi <strong>di</strong> salute mentale, tossico<strong>di</strong>pendenzao alcolismo”. Ma non solo,perché negli ultimi anni la cooperativa “hasviluppato una forte collaborazione con il<strong>di</strong>stretto ‘Pianura est’ sulla gestione dellacrisi economica e offre tirocini per soggettinormodotati espulsi dal mercato”.Donne (soprattutto straniere) e uominitra i 45 e i 50 anni, che trovano una nuovaoccupazione nei servizi che la cooperativaoffre alle pubbliche amministrazioni.La forza <strong>di</strong> Pictor, spiega, sta proprio nelsuo legame con il settore pubblico bu-


“Negli ultimi 10 anniil <strong>Comune</strong> ha investitosulla cooperazionesociale e la cooperativaha potuto assumere14 citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>in situazione <strong>di</strong>svantaggio”.Storie <strong>di</strong> Terra | la solidarietà Giovanni Vai31driese. “Sin dall’anno della sua nascita, la cooperativa èstata sostenuta dal <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>, a cui si sono prestoaffiancati quelli <strong>di</strong> Castenaso e <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina”.Dai servizi offerti alle amministrazioni, Pictor trae fino al70% del proprio fatturato. “Questo – spiega Vai – ha comportatoun fortissimo legame con il territorio.I Comuni e l’azienda Usl sono da un lato le strutture da cuiprovengono i nostri lavoratori e, dall’altro, i nostri clienti”.In Pictor dal 1996, Vai racconta che “all’inizio la sfida èstata quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare agli amministratori che i nostri‘due prodotti’, le assunzioni <strong>di</strong> persone svantaggiate e iservizi offerti alla collettività, fossero entrambi <strong>di</strong> qualità”.Sfida vinta: “Negli ultimi 10 anni il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong> hainvestito sulla cooperazione sociale e la cooperativa hapotuto assumere 14 citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong> in situazione <strong>di</strong>svantaggio”.Altri hanno trovato lavoro in Pictor grazie al ‘tavolo dellasussi<strong>di</strong>arietà’, “un organismo inaugurato dal <strong>Comune</strong> aglialbori della crisi per mettere insieme realtà come Pictor,Caritas, la Consulta delle donne e l’Asp, nella realizzazione<strong>di</strong> progetti per contrastare gli effetti della congiunturaeconomica”.Dopo gli esor<strong>di</strong> nel ramodelle pulizie, la cooperativaha negli anni ampliato i settorid’intervento con attività<strong>di</strong> manutenzione del verde,<strong>di</strong>stribuzione dei pasti nellescuole, gestione dei rifiuti,delle stazioni ecologiche edella raccolta <strong>di</strong>fferenziataporta a porta.Un lavoro che ha trovatoterreno e incoraggiamentonelle politiche sociali avviatedal <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Budrio</strong>. Daquattro anni è arrivato ancheil settore dell’energia: “Conun’altra cooperativa abbiamofondato una società, Solaresociale, per l’installazione <strong>di</strong>impianti fotovoltaici – continuaVai –.È stata una svolta chenell’anno appena trascorsoci ha portato un fatturatoda un milione e mezzo <strong>di</strong>euro”. Il passaggio segna ilsalto verso una più spiccataimpren<strong>di</strong>torialità, dove iclienti sono prevalentementeprivati.L’occhio <strong>di</strong> riguardo è peròsempre al settore pubblico:“Stiamo mettendo a puntodei progetti <strong>di</strong> pubblica illuminazionea led, che offronoun risparmio energeticopari fino all’80%, <strong>di</strong> cuipotrà godere tutta la collettività.Questa – concludeVai – è la filosofia che cianima: cerchiamo <strong>di</strong> creareun prodotto sociale anchequando lavoriamo in campitecnologicamente avanzati”.


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