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RISVEM: D3 - REVISIONE CRITICA DELLO STATO DELL’ARTE DELLA RICERCA Data: 31/03/2004Documento: RS_01_D3-1.1 Pagina 224 di 238Non tutti i processi partecipativi si concludono con i risultati attesi. Anche se unprocesso si chiude con un nulla di fatto sotto l’aspetto operativo, ciò non significa chel’esperienza non rappresenti un successo dal punto di vista comunicativo, ciò accadeogni qual volta i partecipanti al processo giungono a comprendere le ragioni deiproblemi discussi, le reciproche posizioni e le possibili prospettive della situazionedibattuta. L’incremento di comprensione coincide con un aumento delle possibiliforme di comunicazione, prerogativa fondamentale di qualsiasi processo partecipativo(Chambers, 1994 a, b, c) che, fallito in un dato momento, potrebbe comunque essereriattivato con successo a distanza di qualche tempo facendo tesoro dell’esperienza giàmaturata. Dal panorama presentato nelle pagine precedenti si possono evidenziarediversi aspetti critici relativi a quanto finora promosso e realizzato in Italia nell’ambitodella ricerca-azione su metodologie partecipative e analisi delle preferenze e dellepercezioni in relazione al verde urbano. La prima considerazione è che vi sia unascarsa tendenza a “sperimentare” procedure e azioni che vadano al di là dell’approccioquantitativo classico. I tentativi di attivare ricerche secondo i criteri della ricercaqualitativa sono pochi e piuttosto recenti. Ciò è probabilmente determinato da dueaspetti particolari: A. la ricerca sulle relazioni fra società e verde urbano è piuttostogiovane in Italia e le esperienze finora condotte sono frutto di azioni di ricerca spessoepisodiche e di interesse pressoché esclusivo (se non in rari casi come, ad esempio,negli studi di psicologia ambientale legati alla pianificazione del verde a Roma) delmondo tecnico-scientifico di agronomi, forestali e architetti; manca, in sostanza, lacapacità di attivare progetti di più ampio respiro che si fondino su un approcciointerdisciplinare positivo e propositivo. B. vi è una certa diffidenza e una sorta diimpasse di attivazione sia da parte dei decisori (e quindi dei potenziali finanziatori diprogetti e ricerche) che dei ricercatori nell’affrontare la partecipazione “in campo” purutilizzando frequentemente il termine in numerosi documenti di ogni genere e grado. Ilimiti appena ricordati pongono un’ulteriore stratificazione di problemi, primo fra tuttiquello terminologico e linguistico. In seconda battuta manca una visione di insiemedelle buone pratiche attivate, se non in Italia perlomeno in ambito europeo, e unaanalisi ragionata degli strumenti e degli approcci utilizzabili per le ricerche-azioni supartecipazione, preferenze e partecipazione. Gli strumenti maggiormente utilizzati per

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