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Economia ambiente.pdf - La prima radice di Corrado Bevilacqua

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Francesco Martucci ClavicaAppunti <strong>di</strong> <strong>Economia</strong> dell’Ambiente


In<strong>di</strong>ce1 Dall’<strong>Economia</strong> Politica all’<strong>Economia</strong> dell’Ambiente 41.1 <strong>La</strong> dottrina economica classica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.1.1 Adam Smith . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.1.2 T. R. Malthus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.1.3 David Ricardo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.1.4 Mill e il riformismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.2 L’economia neoclassica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.3 L’economia dell’<strong>ambiente</strong> . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101.4 Il modello <strong>di</strong> bilancio dei materiali . . . . . . . . . . . . . . . . . 122 Lo sviluppo sostenibile 182.1 Il concetto <strong>di</strong> sostenibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182.2 Sistemi economici e sostenibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212.3 Misurazione dello sviluppo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222.4 Crescita e <strong>ambiente</strong>: la curva <strong>di</strong> Kuznets ambientale . . . . . . . . 243 Analisi economica ed <strong>ambiente</strong> 313.1 Il valore dei beni ambientali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 313.2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323.3 <strong>La</strong> valutazione del capitale naturale ottimale . . . . . . . . . . . . 343.4 Contabilità nazionale e contabilità ambientale . . . . . . . . . . . 353.5 Il degrado ambientale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 373.6 I meccanismi <strong>di</strong> mercato per il raggiungimento dell’inquinamentoottimale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 403.7 Tasse e inquinamento ottimale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 423.8 Standard e sussi<strong>di</strong> . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 443.9 I permessi negoziabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 454 Lo sfruttamento delle risorse 484.1 Le risorse naturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 484.2 Le risorse rinnovabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 502


4.3 Sfruttamento e fattore tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 564.4 L’estinzione delle risorse naturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 574.5 Le risorse non rinnovabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 583


Capitolo 1Dall’<strong>Economia</strong> Politicaall’<strong>Economia</strong> dell’Ambiente1.1 <strong>La</strong> dottrina economica classica<strong>La</strong> concezione dello sviluppo e del progresso espressa dalla dottrina economicanel corso della storia si è mo<strong>di</strong>ficata nel tempo secondo l’evoluzione del contestostorico dei sistemi economici. Nell’alto me<strong>di</strong>o evo l’attività produttiva e <strong>di</strong> consumosi attestava su livelli che generalmente possiamo considerare corrispondentiall’autoconsumo ed al semplice sostentamento; anche se non sono mai scomparsii commerci, l’economia feudale si basava su comunità il cui obiettivo era l’autosufficienza.Nel tardo me<strong>di</strong>o evo i traffici si sviluppano sempre <strong>di</strong> più anchesu scala internazionale, grazie alle imprese delle nascenti compagnie <strong>di</strong> commercio;un ulteriore impulso verrà della colonizzazione <strong>di</strong> territori fuori dall’Europaall’inizio dell’Era moderna.In un simile contesto, il concetto <strong>di</strong> sviluppo si determina a partire dall’analisidegli effetti del commercio sull’economia dei paesi; in pratica, lo sviluppo corrispondeall’incremento della ricchezza dovuto al surplus <strong>di</strong> bilancia commerciale;surplus che si manifesta nella variazione delle riserve auree, dato che il sistemadei pagamenti si basa sulla circolazione aurea. 1Nel <strong>di</strong>ciottesimo secolo, in Francia, si sviluppa una nuova dottrina economica,i cui promotori sono detti ”fisiocratici”; tale dottrina prende corpo da uno stu<strong>di</strong>oeseguito da François Quesnai (1694-1774). Egli era un me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> corte <strong>di</strong> LuigiXV, ma si interessava <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> economici. <strong>La</strong> sua attenzione si concentrò in parti-1 L’emissione <strong>di</strong> moneta, privilegio <strong>di</strong> varie autorità non necessariamente coincidenti con unaamministrazione statale, avveniva con il conio <strong>di</strong> oro e argento (altri metalli per monete <strong>di</strong> bassovalore). Conseguentemente, la moneta non era uno strumento <strong>di</strong> pagamento come lo inten<strong>di</strong>amocorrentemente, ma una vera e propria merce <strong>di</strong> scambio con un suo valore intrinseco dato dal suostesso contenuto metallico, che l’emittente aveva l’onere <strong>di</strong> garantire.4


colare sullo stu<strong>di</strong>o dei flussi <strong>di</strong> prodotti e <strong>di</strong> red<strong>di</strong>ti tra i vari settori economici; ilrisultato fu una descrizione (nota come ”Tableau Economique”) che raggruppavaquesti ultimi in tre gruppi, il primo comprendente il settore agricolo, il secondoquello manifatturiero, il terzo la classe dei proprietari fon<strong>di</strong>ari, percettori <strong>di</strong>ren<strong>di</strong>te. Sulla base delle sue osservazioni, Quesnai considerò che il comparto manifatturiero,eseguendo una semplice trasformazione <strong>di</strong> merci in altre merci, nonproduceva valore aggiunto; il settore agricolo, invece, era quello capace <strong>di</strong> creareun sovrappiù (evidentemente considerato in termini fisici, ed osservabile nelsemplice fatto che una data quantità <strong>di</strong> prodotto utilizzato come semente all’iniziodel ciclo produttivo, ne fornisce una molto maggiore al termine). <strong>La</strong> classe deipercettori <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta, ovviamente, non ha una funzione produttiva ma esclusivamente<strong>di</strong> consumo del sovrappiù agricolo e <strong>di</strong> sostegno alla domanda <strong>di</strong> prodottimanifatturieri.Il secolo <strong>di</strong>ciottesimo è anche quello della definita maturazione della rivoluzionescientifica, dell’approccio meccanicistico, della filosofia utilitarista, tanto chesarà ricordato con l’appellativo <strong>di</strong> “Età dei lumi”. Verso la fine <strong>di</strong> questo secolo siafferma una nuova dottrina economica, la cosiddetta economia classica, che costituiscela nascita dell’economia politica moderna. I suoi massimi esponenti furonoAdam Smith (1723-1790), seguito da Thomas Robert Malthus (1766-1834) e DavidRicardo (1772-1823) e, in ultimo, John Stuart Mill (1806-1873); oltre a KarlMarx, le cui teorie però non terremo in considerazione per esigenze <strong>di</strong> sintesi.1.1.1 Adam SmithSmith è l’antesignano del movimento; nel 1776 pubblica la sua “Ricerca sulla naturae la ricchezza delle Nazioni”. <strong>La</strong> visione fisiocratica della produzione <strong>di</strong> unsovrappiù limitata al settore agricolo è superata; il lavoro umano viene in<strong>di</strong>viduatocome l’origine della creazione <strong>di</strong> valore in ogni attività produttiva, e questo saràuna considerazione con<strong>di</strong>visa dagli altri pensatori classici, che sul lavoro tenteranno<strong>di</strong> costruire una teoria in grado <strong>di</strong> spiegare come si determina il valore <strong>di</strong> unamerce.Smith, permeato dello spirito scientifico della sua epoca, osserva la realtà della<strong>prima</strong> rivoluzione industriale, <strong>di</strong> cui colse questi importanti aspetti: la grandeaccumulazione <strong>di</strong> capitale nelle mani <strong>di</strong> privati, i capitalisti, che mettevano mezzie strumenti <strong>di</strong> produzione, in cambio <strong>di</strong> un ren<strong>di</strong>mento adeguato, a <strong>di</strong>sposizionedegli impren<strong>di</strong>tori; questi, titolari dell’attività <strong>di</strong> impresa, organizzavano nuovi epiù sofisticati processi produttivi, caratterizzati in particolar modo dalla crescentespecializzazione e <strong>di</strong>visione dei compiti. Davanti a tali mutamenti, Smith concepisceuna società che funziona come un organismo, meglio ancora come unamacchina, le cui parti si comportano seguendo delle leggi naturali. In conseguenza,i fenomeni ed i comportamenti degli in<strong>di</strong>vidui nel mondo economico vengono5


giustificati dalla presenza <strong>di</strong> siffatte leggi; in particolare l’attività <strong>di</strong> impresa, conl’obiettivo del profitto, origine della creazione <strong>di</strong> risorse che vengono reinvestite,e quin<strong>di</strong> causa dell’accumulazione <strong>di</strong> capitale in grado <strong>di</strong> espandere l’attivitàproduttiva poiché permette la <strong>di</strong>visione del lavoro e, più in generale, perché introducei benefici del progresso tecnologico. Uno dei fenomeni <strong>di</strong>scendenti dalleleggi <strong>di</strong> natura è l’in<strong>di</strong>vidualismo; scrive Smith, “non è dalla benevolenza del macellaio,del produttore <strong>di</strong> birra, del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, madal riguardo che essi prestano ai loro interessi”. Ma le già citate leggi <strong>di</strong> naturafanno sì che il raggiungimento degli interessi privati comporti il raggiungimento<strong>di</strong> interessi più generali.Nel pensiero smithiano la concezione <strong>di</strong> sviluppo come aumento dello stock<strong>di</strong> capitale e incremento del prodotto è senz’altro più coerente con un’accezionemoderna del termine; quanto alla sua durevolezza, Smith considerava che fosselimitata ad una fase transitoria, mentre il lungo periodo sarebbe stato contrad<strong>di</strong>stintodallo stato stazionario, in cui gli investimenti sarebbero serviti solo alrimpiazzo <strong>di</strong> capitali esistenti.Questa ipotesi fu sostenuta anche dai suoi successori, che però consideraronoin modo più approfon<strong>di</strong>to la presenza <strong>di</strong> vincoli allo sviluppo.1.1.2 T. R. MalthusCome si evince dall’osservazione delle date <strong>di</strong> nascita, Malthus e Ricardo appartengonoalla generazione successiva, e assistono al raggiungimento della fase <strong>di</strong>maturità della <strong>prima</strong> rivoluzione industriale, cosicché notano l’insorgere <strong>di</strong> conflittiinterni al sistema economico, in seguito al quale gli stessi giungeranno aprendere schieramenti <strong>di</strong>versi in ambito politico e dottrinario.Malthus è noto, in particolare, per il suo “Saggi sul principio della popolazione”(1798), opera che avrà una notevole <strong>di</strong>ffusione e avrà effetto anche nellescienze biologiche, recepito nel pensiero <strong>di</strong> Charles Darwin.Il punto <strong>di</strong> partenza dell’analisi malthusiana è nel ritmo <strong>di</strong> crescita della popolazione:egli in<strong>di</strong>vidua l’incremento demografico naturale, privo <strong>di</strong> limiti e vincoliesterni, crescente secondo i termini <strong>di</strong> una progressione geometrica; d’altro canto,la produzione alimentare può crescere, secondo Malthus, solo secondo unaprogressione aritmetica 2 . In questo modo, qualunque sia la situazione iniziale<strong>di</strong> popolazione e <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> risorse alimentari, si arriva per necessità ad unasituazione in cui la maggior parte della popolazione ha a <strong>di</strong>sposizione nulla piùche le risorse necessarie alla sua mera sussistenza; d’altra parte, un aumento <strong>di</strong>2 <strong>La</strong> progressione geometrica è una serie <strong>di</strong> numeri in cui è costante il rapporto tra ognuno e ilsuccessivo – es. 1, 2, 4, 8; nella progressione aritmetica è invece costante la <strong>di</strong>fferenza tra ogninumero e il precedente – es. 2, 4, 6, 8.6


isorse <strong>di</strong>sponibili per tale parte della popolazione avrà come effetto necessariola crescita della popolazione, che tale aumento stesso induce; fino ad arrivare,nuovamente, ad una situazione <strong>di</strong> risorse pro capite a livello <strong>di</strong> sussistenza. Evidentemente,crescite ulteriori della popolazione creerebbero effetti quali la fame,che innescherebbero variazioni <strong>di</strong> segno opposto, fino alla situazione <strong>di</strong> equilibriosopra descritta.Tutto ciò comporterebbe, secondo Malthus, conseguenze <strong>di</strong> natura sociale sintetizzatenella frase enunciata nell’opera sopra citata: “Le inevitabili leggi <strong>di</strong> naturadecretano che tutte le società saranno <strong>di</strong>vise in una classe <strong>di</strong> proprietari ed una <strong>di</strong>lavoratori”. In questo modo, Malthus introduce la presenza <strong>di</strong> vincoli “ambientali”allo sviluppo economico.L’analisi <strong>di</strong> Malthus introduce anche un elemento <strong>di</strong> instabilità intrinseco alsistema, nel senso che le “leggi” che regolano la crescita della popolazione possonofar sì che l’attività economica si attesti stabilmente ad un livello tale che ladomanda aggregata <strong>di</strong> merci sia stabilmente inferiore alla produzione.Come accennato nella trattazione del pensiero smithiano, l’accumulazione <strong>di</strong>capitale consente il progresso tecnologico ed in particolare la <strong>di</strong>visione dei compititra i lavoratori, con la conseguenza <strong>di</strong> un aumento della produttività e <strong>di</strong> un’elevatacrescita <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> merci; effetto collaterale è l’aumento dei red<strong>di</strong>ti edelle risorse <strong>di</strong>sponibili per la classe lavoratrice che viene seguito da un “naturale”incremento della sua numerosità, che riporta i salari al livello corrispondente allasemplice sussistenza dei lavoratori. In questo modo, dai lavoratori viene espressauna domanda <strong>di</strong> merci ridotta rispetto a quella del periodo contrassegnato daired<strong>di</strong>ti in espansione e perciò è possibile che l’offerta <strong>di</strong> merci ecceda la relativadomanda, che viene sostenuta unicamente dalla propensione al consumo dellaclasse percettrice <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>te fon<strong>di</strong>arie.Questa fosca visione dell’economia spinge Malthus a sostenere politiche economichea sostegno della classe dei proprietari terrieri, contro gli interessi deicapitalisti, ed in particolare le leggi del grano, varate nel Regno Unito agli inizidel <strong>di</strong>ciannovesimo secolo; dette leggi introducevano restrizioni e tariffe che impe<strong>di</strong>vanol’importazione <strong>di</strong> cereali che, sui mercati internazionali, avevano prezzipiù bassi rispetto a quelli della produzione britannica.L’idea <strong>di</strong> Malthus circa la possibilità <strong>di</strong> livelli <strong>di</strong> domanda <strong>di</strong> merci insufficienterispetto alla capacità produttiva fu sicuramente male argomentata, ma non erapriva <strong>di</strong> senso; essa fu sviluppata pienamente solo più <strong>di</strong> un secolo dopo, dal grandeeconomista inglese John Maynard Keynes, che suggerì le opportune misure <strong>di</strong>politica economica per risolvere il problema. All’epoca, invece, furono abilmentecontrobattute dai contemporanei, e Malthus fu superato sia sul piano dottrinarioche politico dal suo grande rivale, Ricardo.7


1.1.3 David RicardoMalthus aveva evidenziato che alcuni vincoli <strong>di</strong> natura ambientale, quali la limitatezza<strong>di</strong> terreni coltivabili, potrebbero porre un vincolo alla crescita e allosviluppo. Ricardo in<strong>di</strong>viduò il vincolo con maggior precisione, considerando ilproblema non in termini assoluti ma relativi: il problema non era solo <strong>di</strong> scarsità<strong>di</strong> suoli, ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente grado <strong>di</strong>o fertilità degli stessi. Evidentemente alcunisuoli sono più fertili <strong>di</strong> altri, ed è quin<strong>di</strong> conveniente che vengano messi a colturaper primi; man mano che aumenta la richiesta <strong>di</strong> prodotti agricoli, <strong>di</strong>venta convenientel’utilizzo <strong>di</strong> terreni via via meno fertili, e la concorrenza tra impren<strong>di</strong>toriagricoli garantirà ai proprietari <strong>di</strong> terreni più fertili ren<strong>di</strong>te più elevate rispetto aquelle percepite dai proprietari dei terreni meno fertili; questo renderà uguale ilprofitto realizzato dagli impren<strong>di</strong>tori agricoli. Con l’aumento della richiesta e l’utilizzo<strong>di</strong> terreni meno produttivi, i profitti vengono compressi fino ad annullarsi,perché per espandere la produzione gli impren<strong>di</strong>tori hanno bisogno <strong>di</strong> più terreni,ma se aumenta la richiesta <strong>di</strong> terreni aumentano le ren<strong>di</strong>te dei proprietari; d’altraparte, i salari hanno un livello minimo corrispondente a quello <strong>di</strong> sussistenza deilavoratori. Il profitto, nello stato finale del sistema economico, è quin<strong>di</strong> nullo pergli operatori del settore agricolo. Le leggi della concorrenza impongono, però,che i profitti siano uguali per i settori produttivi <strong>di</strong>versi, perché la presenza <strong>di</strong> tassi<strong>di</strong> profitto <strong>di</strong>versi comporta che alcuni operatori si sposteranno da un settoread un altro, riducendo l’offerta <strong>di</strong> merci <strong>di</strong> un settore ed aumentandone un’altra;questo porta alla riduzione dei prezzi per il settore dove la produzione aumenta el’incremento dei prezzi dove la produzione <strong>di</strong>minuisce, finché i tassi <strong>di</strong> profitto sieguagliano.<strong>La</strong> dottrina ricar<strong>di</strong>ana è notevolmente più sofisticata rispetto a quella deglialtri pensatori classici; tuttavia, gli sforzi <strong>di</strong> Ricardo <strong>di</strong> elaborare una completateoria del valore per spiegare la formazione dei prezzi non è coronata da successo;resta però il grosso sforzo per definire con maggior precisione la <strong>di</strong>stribuzionedei red<strong>di</strong>ti tra i vari operatori del sistema economico, sintetizzato da una frasecontenuta nella sua opera “Principi <strong>di</strong> economia politica e della tassazione” (Ied. 1817, II ed. 1819, III ed. 1821): “Determinare le leggi che regolano la<strong>di</strong>stribuzione è il problema principale in economia politica”.1.1.4 Mill e il riformismoJohn Stuart Mill è l’ultimo dei gran<strong>di</strong> pensatori classici. Nato dopo la morte delprecursore Smith, posteriore anche a Malthus e Ricardo, la sua visione era ottimistae riformista. Dall’evoluzione del sistema politico ed economico, Mill evinseche gli istituti giuri<strong>di</strong>ci, le convenzioni sociali, le istituzioni politiche proprie dellasua epoca storica non potevano essere considerate permanenti ed immutabili:8


“Non ci si deve aspettare che la <strong>di</strong>visione della razza umana in due classi ere<strong>di</strong>tarie,datori <strong>di</strong> lavoro e lavoratori, possa essere mantenuta per sempre” (“Principi <strong>di</strong>economia politica”, 1848). Pertanto, anche la <strong>di</strong>stribuzione dei red<strong>di</strong>ti tra salari,profitti e ren<strong>di</strong>te non è costante nel tempo, e la con<strong>di</strong>zione della classe lavoratricepuò migliorare nel tempo.Lo stato stazionario, obiettivo della fase evolutiva del sistema economico pertutti i pensatori classici, per Mill <strong>di</strong>venta una situazione che può essere desiderabile,contrassegnata dalla presenza <strong>di</strong> una quantità <strong>di</strong> capitali (macchine, infrastrutture,alloggi ecc.) sufficiente per tutti in presenza <strong>di</strong> una popolazione inequilibrio demografico e con la creazione <strong>di</strong> un sovrappiù <strong>di</strong> risorse <strong>di</strong>sponibiliper l’educazione, l’arte e, in generale, per esigenze <strong>di</strong> carattere “secondario” piùelevate.1.2 L’economia neoclassicaI pensatori classici in<strong>di</strong>viduarono, come accennato nella sintesi del pensiero <strong>di</strong>Smith, nel lavoro umano l’origine del valore delle cose, e cercarono in questa<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> sviluppare una coerente teoria dei prezzi. Pensatori dell’epoca seguenteabbandonarono questo in<strong>di</strong>rizzo e si concentrarono sull’utilità. Anche inprecedenza si era pensato <strong>di</strong> procedere in questo senso; una definizione rigorosa <strong>di</strong>utilità era già sviluppata dai filosofi del <strong>di</strong>ciottesimo secolo: “Per utilità si intendequella proprietà <strong>di</strong> un oggetto qualsiasi <strong>di</strong> produrre beneficio, vantaggio, piacere,bene o felicità [ ...] o <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re l’acca<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> pena, male o infelicità a coluidel cui interesse si tratta” (J. Bentham, 1780). Non si era però riusciti a risolvereun problema che rendeva impossibile legare utilità e valore: Adam Smith avevagià commentato il paradosso, secondo il quale l’acqua ha una utilità immensa,ma un valore basso se non nullo; il <strong>di</strong>amante, pur avendo un’utilità bassa, se nonnulla, ha un valore immenso. I pensatori successivi, in particolare Stanley Jevons(1835-1882), Carl Menger (1840-1921), chiarirono l’equivoco che generava il paradosso:l’acqua che ci serve per sod<strong>di</strong>sfare un nostro fabbisogno ha una utilitàelevata, ma ulteriori quantità <strong>di</strong> acqua <strong>di</strong>sponibili hanno una utilità bassa, oppurenulla o ad<strong>di</strong>rittura negativa. Per creare una teoria del valore, bisogna considerarel’utilità ”marginale” <strong>di</strong> incrementi successivi <strong>di</strong> ogni merce.Gli economisti neoclassici, nella costruzione della loro teoria, considerano chegli in<strong>di</strong>vidui operano, in ogni circostanza, una massimizzazione della loro utilitànel proprio esclusivo interesse; già Bentham aveva scritto, nel 1780, che “in con<strong>di</strong>zioninormali <strong>di</strong> vita, in ogni essere umano, l’interesse proprio predomina su tuttigli altri interessi messi insieme”. D’altra parte, l’azione in<strong>di</strong>viduale, con il moventerazionale della massimizzazione dell’utilità, porta ai benefici collettivi comegià in passato avevano affermato i loro predecessori; l’in<strong>di</strong>vidualismo verrà esal-9


tato, tanto da rendere preferibile la neutralità dell’autorità a qualunque intervento,anche concepito con criteri utilitaristici.Su queste basi, pubblicando le loro opere intorno al 1870, i pensatori neoclassicicostruiranno un modello teorico destinato a <strong>di</strong>ventare imme<strong>di</strong>atamente ladottrina economica dominante per quasi un secolo; ciò anche perché si rendeva<strong>di</strong>sponibile, a beneficio della classe borghese, uno strumento scientifico sofisticatoper combattere anche sul piano dottrinario la teoria marxista. Non bisogna<strong>di</strong>menticare che questi sono anni <strong>di</strong> lotte politiche e sociali, che portano anche allarealizzazione della Comune <strong>di</strong> Parigi del 1870.Con questo approccio, uno dei massimi esponenti della teoria neoclassica,Leon Walras (1834-1910) costruì un modello formalizzato con funzioni <strong>di</strong> utilitàe <strong>di</strong> produzione che, sottoposte a massimizzazione, fornivano un sistema <strong>di</strong>equazioni determinato, che aveva per soluzione una serie <strong>di</strong> prezzi e quantità <strong>di</strong>merci che rendeva simultaneamente in equilibrio tutti i mercati, vale a <strong>di</strong>re cherendeva eguali fra loro domanda e offerta per qualunque bene prodotto, o risorsaimpiegata nella produzione.L’opera walrasiana è una costruzione teorica molto ar<strong>di</strong>ta ed elegante, chesulla base <strong>di</strong> alcune ipotesi, <strong>di</strong>mostrava che il sistema capitalista aveva in se stessomeccanismi e forze <strong>di</strong> mercato tali da permettergli <strong>di</strong> raggiungere una situazione<strong>di</strong> massima efficienza nella <strong>di</strong>stribuzione dei red<strong>di</strong>ti e delle risorse.Va detto che queste ipotesi saranno oggetto <strong>di</strong> critica nel periodo successivo,ma, come detto, questa teoria riuscirà ad affermarsi, portando con sé, tra le altreconseguenze, il fatto che la teoria economica privilegerà l’aspetto dello scambiodelle risorse rispetto a quello della accumulazione; l’efficienza sarà consideratacon maggiore attenzione rispetto all’equità e alla giustizia, e minore attenzionesarà de<strong>di</strong>cata ai problemi e ai limiti dello sviluppo fino al 1970. In questi anni,infatti, saranno evidenti problemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> risorse e fenomeni <strong>di</strong> inquinamento;la risposta della teoria economica dominante sarà <strong>di</strong> considerare la crescitacome sempre realizzabile e comunque opportuna; accetterà, tutt’al più, il fatto chesia necessario rimuovere possibili ostacoli che impe<strong>di</strong>scano ai mercati <strong>di</strong> giungereautonomamente alla situazione <strong>di</strong> equilibrio, ripristinando in tal modo la lorofunzione auto-regolatrice e quin<strong>di</strong> la capacità <strong>di</strong> giungere alla massima efficienza.1.3 L’economia dell’<strong>ambiente</strong>L’ambientalismo nasce negli anni ’60 nei paesi più sviluppati; il fenomeno haorigine con la accresciuta consapevolezza dei problemi <strong>di</strong> degrado ambientale; lapossibilità stessa <strong>di</strong> una crescita economica senza limiti venne messa in <strong>di</strong>scussione,anche per effetto delle critiche mosse alla teoria economica dominante inseguito all’osservazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione persistente negli anni trenta: cosa che10


adombrava la fiducia nella capacità dei mercati <strong>di</strong> raggiungere in autonomia unasituazione <strong>di</strong> equilibrio ottimale caratterizzata dall’utilizzo e dalla <strong>di</strong>stribuzionepiù efficiente <strong>di</strong> tutte le risorse.Il <strong>di</strong>battito sulla crescita riconsidera, tra i problemi prioritari, la presenza <strong>di</strong> risorselimitate rispetto agli utilizzi possibili; fra i suoi effetti vi è la nascita, con laconferenza <strong>di</strong> Stoccolma del 1972, del Programma Ambientale delle Nazioni Unite(UNEP). In origine l’attenzione ai problemi ambientali non collegati con la sod<strong>di</strong>sfazione<strong>di</strong> bisogni <strong>prima</strong>ri è limitata ai Paesi dell’Occidente, ma negli anni seguentianche i Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo hanno iniziato a annoverare la salvaguar<strong>di</strong>adell’<strong>ambiente</strong> tra le priorità <strong>di</strong> intervento dello Stato in economia.Ancora nel 1972 accade che un gruppo <strong>di</strong> economisti, noto come club <strong>di</strong> Roma,pubblica “I limiti allo sviluppo”–[11]–, che sarà la guida <strong>di</strong> un orientamentoneo-malthusiano che nega la possibilità <strong>di</strong> sviluppo nel lungo periodo, affermandoinvece la necessità <strong>di</strong> mantenere il sistema economico in stato stazionario o,ad<strong>di</strong>rittura, <strong>di</strong> ridurre il livello <strong>di</strong> attività economica.Altre opere, in netta reazione a queste tesi estremiste in senso ecologista, assumerannoinvece un orientamento opposto, rifiutando i limiti fisici allo sviluppo,ritenendo le risorse naturali sufficienti per una crescita <strong>di</strong> lungo periodo, e soprattuttoesprimendo fiducia nei meccanismi <strong>di</strong> mercato. Un ruolo guida per questoorientamento nettamente “tecnocentrico” è assegnato all’opera “The resourcefulEarth” (J. Simon e H. Kahn, 1984).In questo lungo <strong>di</strong>battito, pertanto, si vengono a formare quattro filoni principali<strong>di</strong> pensiero, che comprenderanno le varie anime e le <strong>di</strong>verse teorie dellacosiddetta economia dell’<strong>ambiente</strong>; possiamo in<strong>di</strong>carle <strong>di</strong>videndo da un lato visioni”tecnocentriche” estreme e moderate, e dall’altro visioni ambientaliste edecologiste. Queste <strong>di</strong>fferiscono tra loro nel grado <strong>di</strong> priorità assegnato alla conservazionedelle risorse ambientali, con gli ecologisti nettamente schierati per unastretta preservazione delle stesse, con un loro utilizzo a livelli minimi; i primiassegnano ai beni ambientali un valore strumentale oltre a quello intrinseco, chei secon<strong>di</strong> valuteranno con assoluta priorità. Gli ambientalisti considerano l’<strong>ambiente</strong>naturale regolato da una fitta rete <strong>di</strong> legami tra i vari fenomeni naturali, taleda apparire come una sorta <strong>di</strong> unico essere vivente, <strong>di</strong> cui le varie parti sono legateda un rapporto organico (cosiddetta “ipotesi Gaia”); gli ecologisti spingeranno il”gaianismo” finanche a sostenere i principi della bioetica, che prevedono la presenza<strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti della natura in<strong>di</strong>pendenti dalla presenza <strong>di</strong> corrispondenti <strong>di</strong>rittidegli uomini verso altri uomini. Una descrizione schematica è raffigurata nellatabella 1.1, tratta da [18].11


1.4 Il modello <strong>di</strong> bilancio dei materialiAbbiamo visto come, negli anni 70, si sviluppa un <strong>di</strong>battito che ha come effettol’introduzione delle problematiche ambientali nell’ambito <strong>di</strong> indagine dell’economiapolitica; gli strumenti tipici <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>sciplina vengono adattati alle nuovericerche ed altri verranno introdotti. Uno dei più sofisticati è costituito dal modello<strong>di</strong> bilancio dei materiali, <strong>di</strong> cui si evidenziano schematicamente alcune caratteristiche.Tra<strong>di</strong>zionalmente, il sistema economico era considerato, in passato, comein questo schema: sono presi in esame i sottosistemi della produzione (contrassegnatocon la lettera P), che fornisce beni <strong>di</strong> consumo (lettera C) e beni <strong>di</strong> capitale(K) destinati a rientrare nel processo produttivo. I beni <strong>di</strong> consumo forniscono aiconsumatori una certa utilità, ed il loro approccio massimizzante determinerà lacomposizione dei prodotti offerti dalle imprese.Questa visione non considera l’apporto fornito dall’<strong>ambiente</strong> in termini <strong>di</strong> risorsenaturali; apporto fondamentale, invece, nell’analisi dell’economia dell’<strong>ambiente</strong>,che viene introdotto nello schema successivo, ove per maggior semplicitàtrascuriamo i beni <strong>di</strong> capitale (K): qui il flusso <strong>di</strong> attività economica ha origine nell’<strong>ambiente</strong>naturale (N), con la raccolta o l’estrazione <strong>di</strong> risorse naturali, soggettead attività <strong>di</strong> trasformazione (P) per la produzione <strong>di</strong> merci (C). A questo punto, sinota che tutte le attività in questione (estrazione/raccolta, trasformazione, consumo)hanno come fenomeno collaterale la <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> materiali ed energia, chegenericamente chiameremo la produzione <strong>di</strong> rifiuti. Nel <strong>di</strong>agramma sono in<strong>di</strong>catirispettivamente con Rn, Rp, Rc tali prodotti delle attività <strong>di</strong> raccolta/estrazione,<strong>di</strong> trasformazione, <strong>di</strong> consumo. Questa estensione introduce nell’analisi gli effetti<strong>di</strong> alcune leggi della fisica, quali la legge <strong>di</strong> conservazione della massa edell’energia, quest’ultima con le implicazioni del primo e secondo principio dellatermo<strong>di</strong>namica.12


<strong>La</strong> legge <strong>di</strong> conservazione della massa ci <strong>di</strong>ce che la materia estratta dall’<strong>ambiente</strong>ed inserita nel ciclo economico non può essere <strong>di</strong>strutta ma solamente trasformatain una massa equivalente <strong>di</strong> altra materia, e cioè - ai fini della nostraanalisi - in rifiuti; quanto all’energia, la stessa viene trasformata da una forma all’altraogni volta che viene utilizzata, ed in seguito a dette trasformazioni non èpiù <strong>di</strong>sponibile per il processo che ha determinato la trasformazione. In pratica,l’energia sprigionata, ad es. dalla combustione <strong>di</strong> un carburante nel funzionamento<strong>di</strong> un motore non è utilizzabile nuovamente, è necessario introdurre nel motoreulteriori quantità <strong>di</strong> carburante per permettere il funzionamento. Questo significache il flusso dei rifiuti (contrassegnato con R) prodotto nelle tre fasi dell’attivitàeconomica è destinato a scaricarsi nell’<strong>ambiente</strong>, a parte una certa quantità chesarà possibile riciclare: il riciclaggio, evidenziato con la lettera r, rende una partedei rifiuti nuovamente <strong>di</strong>sponibili per l’attività economica; l’aspetto è in<strong>di</strong>catonel grafico con la freccia che va da r a R, che rappresenta una riduzione dellosfruttamento delle risorse naturali. A questo proposito, evidenziamo come questepossano <strong>di</strong>vidersi tra risorse rinnovabili (RR) e non rinnovabili (RNR); queste ultimesono <strong>di</strong>sponibili in quantità più o meno scarse, ma comunque limitate: nel13


momento in cui vengono utilizzate, il loro stock è destinato alla riduzione; le risorserinnovabili, anche quando utilizzate, rimangono <strong>di</strong>sponibili grazie alla capacitàdell’<strong>ambiente</strong> <strong>di</strong> rigenerarne in tempi brevi, purché il loro utilizzo “u” sia inferioreo tutt’al più uguale al tasso <strong>di</strong> crescita “p”; in altre parole, anche se le risorse sonorinnovabili, in quanto i cicli naturali permettono loro <strong>di</strong> ricrescere, un utilizzoeccessivo può causarne l’esaurimento; ad esempio, il taglio <strong>di</strong> alberi ad un ritmopiù elevato della loro ricrescita, o la pesca <strong>di</strong> pesce in quantità maggiore del loroincremento naturale, comportano la scomparsa del bosco e del banco <strong>di</strong> pesca.Il quadro completo <strong>di</strong> tutti questi collegamenti tra economia e <strong>ambiente</strong> è descrittoin figura 1.1. L’origine del complesso delle attività è sempre in N, l’<strong>ambiente</strong>naturale, che fornisce risorse al settore della trasformazione (industria, agricoltura,artigianato), che produce i beni <strong>di</strong> consumo; un flusso <strong>di</strong> materia e <strong>di</strong> energiaha origine sia nel momento della raccolta delle risorse, sia nell’attività produttiva,sia nel consumo, R, ed ha come destinazione nuovamente l’<strong>ambiente</strong>, ora contrassegnatocon A ad in<strong>di</strong>care la sua capacità <strong>di</strong> assimilare e trasformare la materia.<strong>La</strong> capacità <strong>di</strong> assorbimento <strong>di</strong> rifiuti ha un limite; finché questi si mantengonoentro detto limite (in<strong>di</strong>cato con ¢¡¤£ ), l’<strong>ambiente</strong> riesce a smaltire una partedella materia che raccoglie, rendendola <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong>sponibile per le sue propriefunzioni (pensiamo alla trasformazione dei rifiuti organici in humus, che rendepiù fertile il suolo) e, in definitiva, accrescendo la sua capacità <strong>di</strong> fornire risorseall’attività umana; simile è l’attività svolta dall’uomo con il riciclaggio, che peròpuò esso stesso comportare proce<strong>di</strong>menti inquinanti. Il flusso R può essere invecemaggiore della capacità <strong>di</strong> assimilazione, ¥ §¦¨£©così da aumentare nel tempola quantità <strong>di</strong> materia <strong>di</strong> scarto non smaltita dall’<strong>ambiente</strong>; questo comporta undegrado delle sue funzioni, ed in definitiva un effetto negativo sulla sua stessa capacità<strong>di</strong> fornire risorse all’attività produttiva (effetto in<strong>di</strong>cato con la freccia con ilsegno negativo sul lato sinistro della figura). Possiamo introdurre anche un effetto<strong>di</strong>retto dell’<strong>ambiente</strong> sull’utilità del consumatore. Per semplicità sono consideratigli effetti che si sviluppano attraverso la bellezza del paesaggio, in altre paroleil fatto che i consumatori traggano una maggiore utilità da un <strong>ambiente</strong> incontaminatopiuttosto che da un <strong>ambiente</strong> degradato; anche altri effetti possono, però,essere considerati, per es. quelli sulla salute.14


Figura 1.1: schema dei flussi <strong>di</strong> materia ed energia tra <strong>ambiente</strong> e sistemaeconomico nell’approccio <strong>di</strong> bilancio dei materiali - mo<strong>di</strong>ficato da [14].N( − )RNRRRup( − )Rdegrado( + )( + )rAR>AR


ma può provocare anche gli effetti opposti; la crescita demografica opera nel senso<strong>di</strong> un aumento del peso dell’attività umana sull’<strong>ambiente</strong>. Il sistema, così considerato,è un sistema chiuso: esaurisce al suo interno le catene <strong>di</strong> cause ed effetti,che hanno un andamento circolare virtuoso o vizioso. Boul<strong>di</strong>ng, nel suo saggio“The spaceship Earth” del 1966, lo descrive come un’astronave, che compie unviaggio <strong>di</strong>sponendo delle solo scorte che contiene e ricevendo dall’esterno unasola risorsa, l’energia solare. <strong>La</strong> riduzione delle scorte provocherà la <strong>di</strong>minuzionedelle probabilità <strong>di</strong> sopravvivenza dell’equipaggio.Un’altra considerazione sul modello sopra descritto riguarda il flusso <strong>di</strong> materiaed energia dalle attività umane all’<strong>ambiente</strong>: non è possibile eliminare questoflusso per effetto delle citate leggi fisiche, per le quali la massa dei rifiuti è paria quella delle risorse immesse nei cicli produttivi e <strong>di</strong> consumo; ciò vale per lematerie prime, i carburanti ecc.; si può considerare la possibilità <strong>di</strong> ridurlo, attraversovarie forme <strong>di</strong> riciclaggio, ma si deve considerare che questo è esso stessoun’attività <strong>di</strong> trasformazione che richiede risorse ed energia; in particolare, il riciclaggioè maggiormente conveniente nelle fasi <strong>di</strong> trasformazione industriale, nellequali è possibile recuperare elevate quantità <strong>di</strong> materia concentrata fisicamente inun luogo coincidente con l’area delle installazioni industriali; in pratica, si tratta<strong>di</strong> un flusso <strong>di</strong> residui interno allo stesso processo produttivo che li genera; ancora,il riciclaggio può essere conveniente nella fase della <strong>di</strong>stribuzione delle merci,permettendo il recupero <strong>di</strong> un’elevata quantità <strong>di</strong> materiali da imballaggio. Diventainvece particolarmente problematico il recupero dei residui dell’attività <strong>di</strong>consumo, dato che questa è <strong>di</strong>ffusa su tutto il territorio occupato dai consumatori.In ogni caso, anche se il sistema economico fosse attrezzato per il recupero <strong>di</strong>tutta la materia trasformata e consumata, le leggi della fisica ci impe<strong>di</strong>scono unriciclaggio totale. Infatti, consideriamo che l’attività del sistema produttivo consistenell’assumere materie prime e trasformarle in prodotti, che poi <strong>di</strong>venteranno irifiuti; questo avviene impiegando energia, che viene trasformata da una forma adun’altra (es.: energia potenziale - energia cinetica - calore). Se anche fosse tecnicamentepossibile recuperare tutti i residui e trasformarli nuovamente nei materialiiniziali, questo non potrebbe avvenire con il reimpiego della stessa energia che,nella sua trasformazione, passa da uno stato caratterizzato da una maggiore utilizzabilitàad uno a bassa utilizzabilità. L’energia utilizzata, in altre parole, nonè comunque riciclabile, il recupero delle sostanze residue deve avvenire, se può,con l’impiego <strong>di</strong> ulteriori risorse. In ogni caso, che la tecnica può rendere nonconveniente questa trasformazione in termini <strong>di</strong> bilancio tra risorse necessarie alriciclaggio e risorse prodotte dal medesimo.E’ evidente, quin<strong>di</strong>, che il processo <strong>di</strong> creazione <strong>di</strong> materia <strong>di</strong> scarto e, in definitiva,<strong>di</strong> inquinamento, sia connaturato ed ineliminabile in ogni attività umana.16


Tabella 1.1: Posizioni ideologiche sull’<strong>ambiente</strong>Tecnocentrico ra<strong>di</strong>cale Tecnocentrico moderato Ecocentrico moderato Ecocentrico ra<strong>di</strong>caleCARATTE-RISTICHEVERDISfruttamento delle risorse, posizioneorientata allo sviluppoPosizione <strong>di</strong> gestione e <strong>di</strong>conservazione delle risorsePosizione <strong>di</strong> salvaguar<strong>di</strong>a dellerisorsePosizione <strong>di</strong> preservazioneestremaTIPOLOGIEECONOMICHE<strong>Economia</strong> anti-verde, mercatiliberi e non vincolati<strong>Economia</strong> verde, mercati guidatida strumenti <strong>di</strong> incentivazioneeconomica (SIE: tasse econtributi etc.)<strong>Economia</strong> profondamente verde,<strong>di</strong> stato stazionario, regolatada norme macroambientali eintegrata da SIE<strong>Economia</strong> rigorosamente verde,rigidamente vincolata perridurre al minimo il prelievodelle risorseSTRATEGIEDI GESTIONEObiettivo <strong>prima</strong>rio <strong>di</strong> politicaeconomica: massimizzarela crescita economica (es.massimizzazione del PIL)Crescita economica mo<strong>di</strong>ficata(sistema contabile “verde”mo<strong>di</strong>ficato per misurare il PIL)Crescita economica nulla; crescitadella popolazione nullaRiduzione della scala dell’economiae della popolazionePostulato della facoltà <strong>di</strong> mercatiliberi e non vincolati, unitamenteal progresso tecnico,<strong>di</strong> assicurare capacità <strong>di</strong> sostituzioneinfinite che saranno ingrado <strong>di</strong> mitigare tutti i vincoliderivanti da “scarsità/limiti”(fonti e <strong>di</strong>scariche ambientali)Distacco tra crescita e fabbisogno<strong>di</strong> risorse naturali, marifiuto della possibilità <strong>di</strong> sostituibilitàinfinita. Regola <strong>di</strong>sostenibilità: capitale costante.Necessari mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong> scalaNessun aumento <strong>di</strong> scala. Attenzionesul “sistema” - moltoimportante la salute dell’interoecosistema; ipotesi <strong>di</strong> GaiaÈ imperativa una riduzione <strong>di</strong>scala; per alcuni vale un’interpretazioneletterale <strong>di</strong> Gaia comeun’entità personalizzata cuisono dovuti obblighi moraliETICA Sostegno al ragionamento eticotra<strong>di</strong>zionale: <strong>di</strong>ritti e interessidegli esseri umani contemporanei;la natura ha un valorestrumentale (il valore cioèriconosciuto per gli uomini)Estensione del ragionamentoetico: tema della preoccupazionealtruista - equità intergenerazionalee intragenerazionale(nei riguar<strong>di</strong> cioè delle prossimegenerazioni e dei contemporaneipoveri); la natura ha unvalore strumentaleUlteriore estensione del ragionamentoetico: gli interessicollettivi hanno la precedenzasu quelli degli in<strong>di</strong>vidui; gliecosistemi hanno un valore <strong>prima</strong>rioe la componente funzionie servizi ha un valoresecondarioAccettazione della bioetica (<strong>di</strong>ritti/interessimorali conferiti atutte le specie non umane eperfino alle parti abiotiche dell’<strong>ambiente</strong>);la natura ha un valoreintrinseco (cioè in<strong>di</strong>pendentedall’esperienza umana)PARADIGMI DI SO-STENIBILITÀSostenibilità molto debole sostenibilità debole Sostenibilità forte Sostenibilità molto forte17


Capitolo 2Lo sviluppo sostenibile2.1 Il concetto <strong>di</strong> sostenibilitàDalle considerazioni precedenti sorge spontaneo il dubbio se lo sviluppo economicosia compatibile con la capacità che l’<strong>ambiente</strong> ha <strong>di</strong> sostenerlo nel lungoperiodo. Il problema è, in particolare, non tanto (o non solo) se sia garantita la sopravvivenzadel genere umano in un futuro remoto, ma se il livello <strong>di</strong> attività economicae <strong>di</strong> benessere possa essere mantenuto nel tempo e non essere condannatoad una riduzione.Varie ipotesi sono state avanzate in risposta a questo riguardo, ma una <strong>di</strong>mostrazionesulla possibilità o meno che una situazione <strong>di</strong> equilibrio del sistemaeconomico sia anche durevole non esiste.Il <strong>di</strong>battito, nel corso degli anni ’80, ha affrontato il tema della sostenibilitàdello sviluppo economico evidenziando, come abbiamo visto, posizioni molto <strong>di</strong>versetra loro, che possiamo riassumere, per semplicità, sud<strong>di</strong>videndole tra quelleche sostengono che le capacità del progresso tecnico e dell’organizzazione deimercati finiranno per prevalere sui vincoli ambientali, e quelle che in<strong>di</strong>viduano limitiseveri all’attività economica ed al processo <strong>di</strong> sviluppo. Al loro interno emergonoulteriori <strong>di</strong>fferenze. Nel primo gruppo, infatti, si trovano i sostenitori dellalibera azione delle forze <strong>di</strong> mercato, capaci <strong>di</strong> sostituire le risorse che <strong>di</strong>ventanoscarse ed economicamente non convenienti con altre più <strong>di</strong>sponibili e convenienti:chiameremo sostenibilità molto debole il criterio <strong>di</strong> valutazione dei vincoli allosviluppo connaturato a questa posizione; vi sono anche coloro che ammettonol’esistenza <strong>di</strong> fallimenti dei mercati nella loro azione <strong>di</strong> allocazione ottimale dellerisorse, che reputano necessario un intervento pubblico per rimuoverne le causeo stimolarne l’azione, ma continuano ad ammettere che la tecnica <strong>di</strong>sponibile attualmenteo in futuro consentirà, sia pure senza limiti, la sostituzione <strong>di</strong> risorsenaturali che si dovessero rendere più scarse con altre più convenienti; d’altra par-18


te, considerano anche che possa essere necessario intervenire per correggere inqualche misura il livello <strong>di</strong> attività economica per sod<strong>di</strong>sfare i vincoli imposti dauno sviluppo durevole (chiameremo sostenibilità debole il loro approccio), oppureper limitare il peso della crescita demografica. Nel secondo gruppo, invece, sischierano coloro che in<strong>di</strong>viduano nell’<strong>ambiente</strong> una serie <strong>di</strong> vincoli, tali per cuila loro sod<strong>di</strong>sfazione comporti un’interruzione del processo <strong>di</strong> crescita economica(sostenibilità forte) se non, ad<strong>di</strong>rittura, una generale riduzione rispetto all’attualelivello <strong>di</strong> attività. Con riferimento ad un <strong>di</strong>battito molto attuale, il rispetto dei limitiposti dal protocollo <strong>di</strong> Kyoto potrebbe configurarsi come un intervento cherisponde ai criteri della sostenibilità debole se fosse realizzato con un aumento degliinvestimenti in presenza <strong>di</strong> crescita della produzione; ai criteri <strong>di</strong> sostenibilitàforte qualora comportasse riduzione della crescita, ovvero della s. molto forte seimplicasse la riduzione della produzione industriale.Questa varietà <strong>di</strong> posizioni ha fornito un’analoga varietà <strong>di</strong> definizioni dellasostenibilità; tra <strong>di</strong> esse, una delle più importanti è dovuta alla Commissione Mon<strong>di</strong>aleper l’Ambiente e lo Sviluppo (W.C.E.D.) del 1987, nota anche come commissioneBrundtland, secondo la quale è sostenibile “uno sviluppo che sod<strong>di</strong>sfa leesigenze del presente senza compromettere la possibilità per le generazioni future<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare i propri bisogni”. Questa definizione implica un’attenzione ai criteri<strong>di</strong> equità, considerati sia in ambito <strong>di</strong> attualità, che nell’ottica intergenerazionale.Con riferimento alle <strong>di</strong>stinzioni sopra introdotte, si tratta <strong>di</strong> una definizionefondata su criteri <strong>di</strong> sostenibilità debole.Criteri <strong>di</strong> sostenibilità deboli o forti forniscono, ovviamente, <strong>di</strong>versi modelli<strong>di</strong> sviluppo. <strong>La</strong> sostenibilità debole, implica la possibilità <strong>di</strong> sostituzione tra risorsenaturali e capitale prodotto dall’uomo; i suoi sostenitori considerano, anzi,che le risorse naturali, come già accennato, costituiscono esse stesse una forma<strong>di</strong> capitale <strong>di</strong>sponibile per qualsiasi processo produttivo assieme ad altri input, inuna combinazione che può variare secondo la convenienza economica degli utenti.In <strong>prima</strong> approssimazione, possiamo ammettere che risorse più scarse avrannoun prezzo relativamente più elevato rispetto a quelle <strong>di</strong>sponibili, rendendo maggiormenteconvenienti queste ultime. Un aumento delle quantità <strong>di</strong> capitale “nonscarso” tale da compensare la riduzione <strong>di</strong> quello “scarso” permetterà <strong>di</strong> mantenerealmeno costante il livello <strong>di</strong> attività economica, risolve con la soluzione delcapitale costante il problema dell’equità intergenerazionale, almeno nell’ipotesiche l’incremento demografico non sia superiore all’aumento della produttività dovutoal progresso tecnico. In merito alla sostituzione tra risorse naturali e capitaleprodotto, ricor<strong>di</strong>amo che essa è effettivamente avvenuta con il progresso tecnico:con il passaggio da uno stato primor<strong>di</strong>ale, in cui l’uomo viveva <strong>di</strong> raccolta e<strong>di</strong> caccia, utilizzando come fonti <strong>di</strong> energia il sole e la combustione <strong>di</strong> sostanzevegetali rinnovabili, ed impiegando animali come mezzi <strong>di</strong> trasporto; ad uno sta<strong>di</strong>oindustriale, in cui l’energia è ricavata dai combustibili fossili o dall’uranio, e19


l’impiego <strong>di</strong> macchine in sostituzione della forza animale (ed anche umana).Al contrario, i criteri <strong>di</strong> sostenibilità forte si basano sul rifiuto della sostituibilitàtra risorse naturali e capitale prodotto, in luogo <strong>di</strong> una complementarità deglistessi; vale a <strong>di</strong>re, ove risorse naturali e macchine intervengano congiuntamente inun processo produttivo, le seconde non possono integralmente sostituire le prime;se un banco <strong>di</strong> pesca viene integralmente sfruttato, fino all’estinzione delle specieittiche, a nulla vale l’incremento del capitale sotto forma <strong>di</strong> attrezzature per lapesca. Come si può vedere da questi esempi, la sostituibilità è in realtà possibile,ma non illimitata; una maggiore o minore fiducia nella capacità della tecnica nelconseguimento della sostenibilità costituisce quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>scriminante tra le visionitecnocentriche e quelle degli ecologisti; che, d’altra parte, evidenziano la presenzadel carattere <strong>di</strong> multifunzionalità delle risorse naturali, nel senso che queste hannoun’importanza data dagli effetti nell’ecosistema oltre a quella che assumonoper l’uso umano. In conseguenza, chi adotta criteri <strong>di</strong> sostenibilità forte giungead ammettere che non basta mantenere costante lo stock <strong>di</strong> capitale aggregato (risorsenaturali e prodotte) per assicurare il mantenimento del livello <strong>di</strong> benessere,ma che occorre rispettare il vincolo più severo del mantenimento <strong>di</strong> uno stock <strong>di</strong>capitale, composto <strong>di</strong> risorse naturali, esso stesso non decrescente.Possiamo riassumere i para<strong>di</strong>gmi <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong>scendenti dai <strong>di</strong>versi criteri <strong>di</strong>sostenibilità nella figura 2.1, nella quale rappresentiamo sull’asse delle ascisse laquantità <strong>di</strong> risorse naturali (o capitale naturale Kn), ed in or<strong>di</strong>nata il livello <strong>di</strong> vitaLDV (o benessere per la popolazione). Ammettendo che non sia neanche possibilela vita in assenza <strong>di</strong> risorse naturali, sarà comunque necessaria una quantitàcritica <strong>di</strong> risorse naturali, che in<strong>di</strong>chiamo con Kmin. <strong>La</strong> sostenibilità forte è rappresentatadalla retta che passa per i punti A e B, in quanto prevede che aumentidel livello <strong>di</strong> vita sono possibili solo con più elevate <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> risorse naturali;la retta rappresenta, quin<strong>di</strong>, un sentiero <strong>di</strong> crescita in cui capitale naturale esviluppo sono complementari. <strong>La</strong> sostenibilità debole, con la sostituzione (tradeoff)tra capitale naturale e prodotto, ammetterà in ogni punto della stessa retta lapossibilità <strong>di</strong> aumentare il benessere come nel punto W, in cui è possibile muoversiverso X rinunciando a quantità <strong>di</strong> capitale naturale, sostituendole con capitaleprodotto; ciò fino ad arrivare a Z, a cui corrisponde il livello critico <strong>di</strong> risorse naturali,al <strong>di</strong> sotto del quale non è possibile scendere. Posizioni interme<strong>di</strong>e possonoessere raffigurate dall’area racchiusa tra le due rette WQ e WP, in cui è possibileconsiderare aumenti del livello <strong>di</strong> vita con <strong>di</strong>verse quantità <strong>di</strong> capitale naturale o,al limite, in costanza delle risorse naturali <strong>di</strong>sponibili (retta WP).20


&Figura 2.1: para<strong>di</strong>gmi <strong>di</strong> sostenibilità: complementarità e trade-off tra sviluppo epreservazione del capitale naturaleLDVP#+ZX$complementaritàWQ!B"0KminAY%trade−offKn−2.2 Sistemi economici e sostenibilitàCome abbiamo visto, il criterio <strong>di</strong> sostenibilità debole prevede la costanza dellostock <strong>di</strong> capitale composto da risorse naturali e prodotti (macchine, infrastruttureecc.). Come è noto, le risorse <strong>di</strong> capitale, in assenza <strong>di</strong> investimenti, non sonocostanti nel tempo, in quanto qualunque prodotto non è eterno, ma ha una duratalimitata nel tempo; per i macchinari, la durata è <strong>di</strong> alcuni cicli produttivi, ed anchee<strong>di</strong>fici, strade ed ogni tipo <strong>di</strong> infrastrutture, hanno una “vita tecnica” limitata daldegrado che presentano con il passare del tempo. E’ necessario, quin<strong>di</strong>, procederead investimenti successivi per rimpiazzare il capitale degradato, i macchinari obsoletiecc. per mantenere lo stock <strong>di</strong> capitale costante. Allo stesso modo, anchetra le risorse naturali si presentano situazioni <strong>di</strong> degrado, riduzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibilitàecc. <strong>di</strong> fronte alle quali è necessario fare “investimenti”. Pertanto, dopo averstimato la quantità <strong>di</strong> capitale che è necessario rimpiazzare in un anno, possiamo21


ipotizzare che un sistema economico sia sostenibile se la quota <strong>di</strong> prodotto nazionalelordo risparmiata sia adeguata all’investimento necessario per il reintegrocosì calcolato. Mutuando un concetto dalla contabilità aziendale, è necessario cheil sistema faccia degli ammortamenti; in caso contrario, il capitale va incontro adun deperimento fino ad esaurirsi.Nella tabella 2.1 in<strong>di</strong>chiamo per alcuni paesi la quantità <strong>di</strong> capitali e <strong>di</strong> risorsenaturali, in percentuale su prodotto nazionale lordo (PNL) che è necessario investireper contrastare il naturale deperimento; in<strong>di</strong>chiamo la misura del risparmio,in termini <strong>di</strong> PNL, che ogni paese effettua nell’anno. Il criterio <strong>di</strong> sostenibilità debole,corrispondente alla costanza dello stock <strong>di</strong> capitale aggregato, è sod<strong>di</strong>sfattose il risparmio è maggiore del deperimento del capitale. Possiamo osservare cheil criterio è riscontrabile pienamente in alcuni paesi (Giappone, Costa Rica, PaesiBassi etc.), in altri è appena sod<strong>di</strong>sfatto (USA, Polonia, Brasile) o incerto (RegnoUnito, Messico, Filippine); in tre casi non è assolutamente sod<strong>di</strong>sfatto.2.3 Misurazione dello sviluppoNel paragrafo precedente si è mostrato come si possa valutare se un sistema economicorispetti o meno il requisito della sostenibilità, ma resta aperto il problemase questo stia seguendo un sentiero <strong>di</strong> sviluppo. Ai nostri fini, per risolvere laquestione è necessaria una definizione <strong>di</strong> sviluppo. Gli economisti ricorrono generalmentead una definizione operativa attraverso in<strong>di</strong>catori, che devono mostrarsinon decrescenti nel tempo. In questo senso vengono tra<strong>di</strong>zionalmente utilizzatele misure del Prodotto interno lordo (PIL) e del Prodotto nazionale lordo (PNL),in particolare rapportato alla numerosità della popolazione. Queste due variabilisono tra loro <strong>di</strong>fferenti in quanto la <strong>prima</strong> misura i red<strong>di</strong>ti derivanti dall’attivitàproduttiva svolta sul territorio nazionale; alla sua determinazione, dal punto <strong>di</strong>vista logico, possiamo giungere considerando che acquistando un bene o un servizio,il prezzo che paghiamo serve per remunerare i fattori produttivi, cioè lavoro(a fronte del quale vengono pagati salari, stipen<strong>di</strong> etc.) e capitale (interessi e profitti),nonché altri prodotti e servizi che vengono impiegati nella produzione; perquesti viene pagato un prezzo che può essere sud<strong>di</strong>viso allo stesso modo tra red<strong>di</strong>tie prezzo <strong>di</strong> altri beni e servizi, e così via; questo meccanismo si interrompe peri beni <strong>di</strong> importazione, che costituiscono red<strong>di</strong>to prodotto all’esterno del sistemaeconomico nazionale (ovviamente, vengono invece considerate le esportazioni, icui ricavi costituiscono red<strong>di</strong>to prodotto all’interno). Pertanto, la produzione <strong>di</strong>beni e servizi implica, nella contabilità nazionale, la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> red<strong>di</strong>ti perun totale pari all’importo complessivo degli scambi <strong>di</strong> beni e servizi, al netto delleimportazioni. Il PIL è un utile in<strong>di</strong>ce del livello <strong>di</strong> attività economica, ma perestrapolare il benessere della società cui si riferisce è necessario considerare che22


Tabella 2.1: Rispetto dei criteri <strong>di</strong> sostenibilità debole in alcuni paesi(un’economiaè sostenibile se il suo risparmio è maggiore del degrado del capitale prodotto e <strong>di</strong>quello naturale)S DCu DCn ZBrasile 20 7 10 +3Costa Rica 26 3 8 +15Cecoslovacchia 30 10 7 13Germania 26 12 4 +10Ungheria 26 10 5 +11Giappone 33 14 2 +17Paesi Bassi 25 10 1 +14Polonia 30 11 3 +3USA 18 12 3 +3Zimbabwe 24 10 5 +9Messico 24 12 12 0Filippine 15 11 4 0Regno Unito 18 12 6 0Etiopia 3 1 9 -7Indonesia 20 5 17 -2Mali -4 4 6 -14S=risparmio in percentuale sul PNL; DCu=degrado del capitale prodotto (percentualesul PNL); DCn=stima del degrado del capitale naturale (percentuale sul PNL); Z=test<strong>di</strong> sostenibilità (sostenibilità rispettata se maggiore <strong>di</strong> zero). Per la Germania il calcolo èlimitato al territorio della ex R.F.T.(World Bank, 1995, Monitoring Environmental Progress, Washington DC: World Bank)parte <strong>di</strong> questi red<strong>di</strong>ti viene percepito da stranieri (lavoratori transfrontalieri, maanche investitori che, per i loro capitali impiegati nel Paese percepiscono profittie interessi); così come soggetti residenti (lavoratori e investitori) possono percepirered<strong>di</strong>ti prodotti all’estero. Se dal PIL sottraiamo i red<strong>di</strong>ti in vario modo<strong>di</strong>stribuiti all’estero ed aggiungiamo quelli percepiti dall’estero, in <strong>prima</strong> approssimazionericaviamo il PNL, che costituisce un in<strong>di</strong>catore dello sviluppo più utiledel precedente, soprattutto se rapportato alla numerosità della popolazione.D’altra parte, il concetto può essere esteso con il riferimento ad in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong>versi,quali l’istruzione, la salute o misure del grado <strong>di</strong> libertà delle persone. Quest’orientamentoviene seguito nella definizione dell’in<strong>di</strong>ce dello sviluppo umano(HDI) del Programma <strong>di</strong> Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). Questo in<strong>di</strong>ceviene calcolato considerando il raggiungimento <strong>di</strong> una combinazione <strong>di</strong> obiettivi<strong>di</strong>versi, come il tasso <strong>di</strong> alfabetizzazione, la vita me<strong>di</strong>a, il PNL pro capite, e23


non dà luogo a una misura car<strong>di</strong>nale (passibile <strong>di</strong> operazioni quali il rapporto tradue valori) ma or<strong>di</strong>nale: in pratica, si tratta <strong>di</strong> una graduatoria in cui <strong>di</strong>versi paesivengono inseriti, mostrando che una nazione può aver raggiunto uno sviluppomaggiore rispetto ad un’altra, ma senza la possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>re quanto.<strong>La</strong> tabella 2.2 mostra alcuni in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> sviluppo per il periodo 1990 - 1995(fonte: OCSE, 1992).Tabella 2.2: In<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> sviluppo1990 1991 1992 1993 1994 19951 Giappone Giappone Canada Giappone Canada Canada2 Svezia Canada Giappone Canada Svizzera USA3 Svizzera Islanda Norvegia Norvegia Giappone Giappone4 P. Bassi Svezia Svizzera Svizzera Svezia P. Bassi5 Canada Svizzera Svezia Svezia Norvegia Finlan<strong>di</strong>a6 Norvegia Norvegia USA USA Francia Islanda7 Australia USA Australia Australia Australia Norvegia8 Francia P. Bassi Francia Francia USA Francia9 Danimarca Australia P. Bassi P. Bassi P. Bassi Spagna10 R. Unito Francia R. Unito R. Unito R. Unito Svezia14 Italia16 Spagna18 Italia20 Spagna Italia22 Italia2.4 Crescita e <strong>ambiente</strong>: la curva <strong>di</strong> Kuznets ambientaleIn tema <strong>di</strong> sostenibilità dello sviluppo, ed in particolare della relazione tra sviluppoeconomico e degrado ambientale, ha trovato ampio spazio il <strong>di</strong>battito su unapproccio fondato sull’ipotesi che, in una <strong>prima</strong> fase dello sviluppo economico(contrad<strong>di</strong>stinta dai più bassi livelli <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to pro capite) la crescita si accompagnaad un forte impatto ambientale, perché gli in<strong>di</strong>vidui ritengono fondamentaleil bisogno <strong>di</strong> posti <strong>di</strong> lavoro e red<strong>di</strong>ti più elevati, e le risorse <strong>di</strong>sponibili per laprotezione dell’<strong>ambiente</strong> sono insufficienti: <strong>di</strong> conseguenza, le regolamentazioniin materia <strong>di</strong> <strong>ambiente</strong> sono deboli. Tuttavia, l’ipotesi <strong>di</strong> fondo prevede anche chesuccessivamente, quando il livello del red<strong>di</strong>to raggiunge una certa soglia, lo stesso24


inquinamento tende a <strong>di</strong>minuire. In presenza della crescita del red<strong>di</strong>to <strong>di</strong>sponibile,l’utilità marginale del consumo è costante o decrescente; invece la <strong>di</strong>sutilitàmarginale dell’inquinamento è crescente, così come l’entità del suo danno marginaleed il costo marginale della riduzione dell’inquinamento; inoltre, i settoriindustriali chiave tendono ad essere più “puliti”, le preferenze per la salvaguar<strong>di</strong>adell’<strong>ambiente</strong> aumentano e le regolamentazioni si fanno più vincolanti. Questeipotesi possono essere rappresentate graficamente con una curva a forma <strong>di</strong> campana,cioè crescente fino al raggiungimento del suo massimo (in corrispondenzadel valore soglia del red<strong>di</strong>to pro capite) e quin<strong>di</strong> decrescente per livelli <strong>di</strong> red<strong>di</strong>tocrescenti. Data la sua somiglianza alla curva introdotta in uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Kuznetsdel 1955, che descrive un analogo andamento dell’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> concentrazione delred<strong>di</strong>to in corrispondenza dei <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to pro capite, la funzione èstata battezzata EKC - environmental Kuznets curve. <strong>La</strong> EKC è stata sviluppataoriginariamente da Grossman e Krueger (1991), nell’ambito delle ricerche suglieffetti potenziali del NAFTA (north american free trade association). Tuttavia,l’idea che la crescita economica fosse necessaria al mantenimento o al miglioramentodelle risorse ambientali è contenuta nell’idea <strong>di</strong> sviluppo sostenibile giàpromulgata dalla WCED in “Our Common Future” (1987). <strong>La</strong> EKC è stata resapopolare dalla Banca Mon<strong>di</strong>ale attraverso il World Development Report del 1992.In quella sede si sosteneva che “L’opinione che una accresciuta attività economicainevitabilmente danneggia l’<strong>ambiente</strong> è basata su ipotesi statiche sulla tecnologia,i gusti dei consumatori e sugli investimenti per l’<strong>ambiente</strong>” 1 e “All’aumentare deired<strong>di</strong>ti, la domanda <strong>di</strong> miglioramenti nella qualità dell’<strong>ambiente</strong> crescerà, così comele risorse <strong>di</strong>sponibili per i relativi investimenti” 2 . All’inizio degli anni ’90 altriautori sostenevano una visione più ra<strong>di</strong>cale, secondo la quale l’unico modo perproteggere l’<strong>ambiente</strong>, nella maggior parte dei Paesi, sarebbe il perseguimento <strong>di</strong>un veloce sviluppo economico, sebbene la <strong>prima</strong> fase della crescita sia riconosciutadannosa per l’<strong>ambiente</strong> (Beckerman, 1992)' “there is clear evidence that,although economic growth usually leads to environmental degradation in the earlystages of the process, in the end the best - and probably the only - way to attaina decent environment in most countries is to become rich.”; questa posizione èriassunta dalla massima “grow first, clean up later” (<strong>prima</strong> cresci, poi fai pulizia).Tuttavia, se il modello è corretto, le prospettive ambientali dei Paesi in via <strong>di</strong> svilupposono tutt’altro che serene, visto che, secondo la Banca Mon<strong>di</strong>ale, il red<strong>di</strong>toannuo pro capite in 59 Paesi a basso red<strong>di</strong>to era <strong>di</strong> soli 449 dollari, mentre in 52Paesi a red<strong>di</strong>to me<strong>di</strong>o-basso era <strong>di</strong> 1.786 dollari. Questi paesi sarebbero piuttostolontani dalla soglia (generalmente compresa in una fascia tra i 5.000 e gli 8.0001 “The view that greater economic activity inevitably hurts the environment is based on staticassumptions about technology, tastes and environmental investments” (p. 38).2 “As incomes rise, the demand for improvements in environmental quality will increase, aswill the resources available for investment” (p. 39).25


dollari) del massimo inquinamento. Secondo il modello dell’EKC, questi Paesisarebbero esposti ad aumento dell’inquinamento e del degrado ambientale per <strong>di</strong>versidecenni, sebbene essi sopportino costi da inquinamento già alti; tuttavia, unfilone critico “ottimista” sostiene che la EKC starebbe progressivamente appiattendosie spostando il suo massimo verso sinistra (vale a <strong>di</strong>re in corrispondenza<strong>di</strong> livelli <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to meno elevati). <strong>La</strong> figura 2.2 rappresenta una EKC stimataper le emissioni <strong>di</strong> anidride solforosa in 55 Paesi sviluppati ed in via <strong>di</strong> sviluppoe mostra come, relativamente a tali Paesi, le emissioni crescano con lo sviluppodell’economia, almeno fino a quanto i red<strong>di</strong>ti pro capite non arrivano a circa 3 miladollari. Successivamente, le emissioni pro capite decrescono al raggiungimento<strong>di</strong> red<strong>di</strong>ti più elevati.Figura 2.2: EKC stimata per le emissioni <strong>di</strong> biossido <strong>di</strong> zolfoIn ascisse: red<strong>di</strong>to nazionale lordo pro capite in dollari; in or<strong>di</strong>nate: emissioni in kg pro capite.Fonte: Panayotou, 1993Figura EKC Nota: in ascisse: red<strong>di</strong>to nazionale lordo pro capite in dollari; inor<strong>di</strong>nate: emissioni in kg pro capite. Fonte: Panayotou, T., 1993.In assenza <strong>di</strong> cambiamenti nelle tecnologie <strong>di</strong>sponibili, un mero aumento <strong>di</strong>26


scala <strong>di</strong> attività economica avrebbe come risultato un aumento proporzionale dell’inquinamentoe <strong>di</strong> altri impatti ambientali: ciò è chiamato effetto <strong>di</strong> scala. L’opinionetra<strong>di</strong>zionale che considera crescita e protezione ambientale due obiettiviincompatibili farebbe riferimento, secondo i sostenitori del modello EKC, al soloeffetto <strong>di</strong> scala; tuttavia, essi affermano, per alti livelli <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to, cambiamentistrutturali verso industrie information intensive e servizi, accoppiati con maggioripreoccupazioni per l’<strong>ambiente</strong>, regolamentazioni, migliori tecnologie e più elevatespese per protezione ambientale hanno, come risultato, un livellamento eduna riduzione graduale del degrado ambientale. Pertanto, la EKC è “spiegata” daquesti fattori:1. scala <strong>di</strong> produzione (per date tecnologie e combinazioni <strong>di</strong> input e output);2. le varie industrie hanno <strong>di</strong>verso impatto ambientale e, con la crescita, variala combinazione <strong>di</strong> output;3. cambiamenti negli input comportano la sostituzione <strong>di</strong> input ad alto impattoambientale con altri ad impatto più contenuto;4. il progresso tecnologico comporta due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> cambiamenti:(a) aumento dell’efficienza (minore quantità <strong>di</strong> input per realizzare la stessaquantità <strong>di</strong> output);(b) riduzione delle emissioni <strong>di</strong> sostanze inquinanti nei <strong>di</strong>versi processiproduttivi.Variazioni in questi fattori possono essere indotte da mo<strong>di</strong>fiche che lo sviluppoeconomico comporta su altre variabili: la regolamentazione ambientale, lasensibilità verso i problemi ambientali, educazione. Molte critiche sono state rivoltealla EKC: in effetti, le sue applicazioni empiriche hanno prodotto risultatiche hanno ottenuto tutt’altro che l’accordo degli economisti. Diversi stu<strong>di</strong>, infatti,hanno sviluppato modelli teorici che, sulla base <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti ipotesi semplificative,avevano come risultato una funzione che lega varie forme <strong>di</strong> inquinamento elivelli <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to, rappresentabile graficamente con una curva a forma <strong>di</strong> campana.Tuttavia, tale risultato non risulta necessario, ma <strong>di</strong>pendente dalle ipotesi inizialie dal valore attribuito a determinati parametri. Alcuni risultati empirici hannoevidenziato la possibilità <strong>di</strong> descrivere la funzione con la forma della EKC, masolo per particolari sostanze inquinanti, generalmente caratterizzate da un impattolocale e non globale. Ciò è compatibile con la teoria economica, in quanto l’impattolocale viene internalizzato in una singola economia o regione, dando luogo ainterventi del mercato o dell’autorità in or<strong>di</strong>ne alla sua riduzione; perché un simile27


scita economica dei Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo semplicemente incontrerà maggiori<strong>di</strong>fficoltà a ridurre le concentrazioni e le emissioni <strong>di</strong> sostanze inquinanti, perché -ad un certo punto - non sarà più possibile procedere attraverso l’outsourcing delleproduzioni ad elevato impatto ambientale. Infine, alcuni autori (Dasgupta et al.,2002) hanno stimato un modello che considera come variabili esplicative, oltre allivello del red<strong>di</strong>to, anche misure <strong>di</strong> governance in materia ambientale, con<strong>di</strong>zioni<strong>di</strong> natura geografiche e climatiche che determinano la sensibilità rispetto ai fattoriinquinanti, la densità <strong>di</strong> popolazione ed il livello <strong>di</strong> attività economica in settori adalto impatto ambientale. I risultati mostrano che, in questo caso, il red<strong>di</strong>to risultaavere un effetto variabile, mentre fattori quali la governance e le con<strong>di</strong>zioni geoclimatichehanno effetti molto meno ambigui. Nelle simulazioni, il modello mostrache questi due fattori sarebbero già sufficienti, anche escludendo il red<strong>di</strong>to procapite, per spiegare l’alto livello <strong>di</strong> inquinamento dell’aria in molte città dei Paesiin via <strong>di</strong> sviluppo con popolazione oltre i centomila abitanti; e, inoltre, spiegherebberopure come alcune <strong>di</strong> esse mostrino invece una qualità dell’aria comparabilecon quelle dei Paesi OCSE. Questo approccio considera che i miglioramenti ambientalisiano possibili anche in Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo; in effetti, in alcuni <strong>di</strong> essisono state riscontrate una certa attenzione ed efficacia delle politiche ambientali,che i ricercatori della Banca Mon<strong>di</strong>ale misurano in livelli crescenti da 1 a 6 (per134 Paesi a basso e me<strong>di</strong>o red<strong>di</strong>to, cfr. tabella). Secondo gli stessi autori, sebbenela regolamentazione delle risorse ambientali cresca con l’aumentare del red<strong>di</strong>topro capite, tuttavia l’incremento maggiore si avrebbe per livelli <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to ancorabassi mentre, al margine, ulteriori restrizioni sarebbero più modeste. Importante èanche la riduzione dei sussi<strong>di</strong> a produzioni ad alto impatto ambientale, in seguitoalla liberalizzazione <strong>di</strong> settori economici; è da notare che si trovano anche esempi<strong>di</strong> regolamentazione informale o decentralizzata (che rappresentano applicazionidel teorema <strong>di</strong> Coase). Sembra, pertanto, errato l’assunto secondo il quale i Paesiin via <strong>di</strong> sviluppo siano privi <strong>di</strong> capacità <strong>di</strong> regolamentazione in materia ambientale.Ulteriori segnali emersi nei più recenti stu<strong>di</strong> sembrano in<strong>di</strong>viduare in fattoritime related quali i progressi tecnologici, ed in particolare quelli <strong>di</strong>retti specificamentealla riduzione delle emissioni, che si verificano tanto nei Paesi sviluppatiche in quelli in via <strong>di</strong> sviluppo; questo anche se le innovazioni sono introdotte inanticipo nei primi, e dagli altri con un ritardo relativamente breve. Per esempio,la Cina sta adottando gli standard dell’Unione Europea per l’inquinamento automobilisticocon un ritardo <strong>di</strong> circa 10 anni, a fronte <strong>di</strong> un ritardo molto superiorenel red<strong>di</strong>to pro capite (Gallagher, 2003); inoltre, lo stesso Paese avrebbe ridotto leemissioni <strong>di</strong> SOx e CO2 in anni recenti (Diesendorf, 2003).Per quanto detto finora, il modello EKC non sembra costituire una relazionecausale tale da fornire il fondamento per una politica economica. Destinare tuttele risorse alla crescita, in altre parole, potrebbe non essere affatto una scelta ottimale.Il raggiungimento del punto <strong>di</strong> svolta nella curva, infatti, potrebbe avvenire29


Tabella 2.3: Rating della capacità istituzionale della World Bank e classi <strong>di</strong> red<strong>di</strong>toclasse <strong>di</strong> ratingfascia <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to n.ro Paesi me<strong>di</strong>a 1 2,5 3 3,5 4 4,5 5 6percentuale paesi per classe <strong>di</strong> ratingbasso 58 2,89 5 29 43 19 2 2 0 0me<strong>di</strong>o basso 49 3,41 0 10 27 39 20 4 0 0me<strong>di</strong>o alto 27 4,24 0 4 15 15 26 7 19 15Totale 134 3,35 2 17 31 25 13 4 4 3Fonte: Dasgupta (et al.), 2004.solo dopo la realizzazione <strong>di</strong> danni irreversibili; <strong>di</strong> ciò si dovrebbe tenere contosoprattutto in considerazione del fatto che le con<strong>di</strong>zioni globali in cui avviene lacrescita dei Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo non coincide affatto con quelle in cui si è verificatala crescita dei Paesi sviluppati. Ad esempio, la concentrazione <strong>di</strong> gas serra èmolto più elevata oggi che nel periodo in cui si è avviata l’industrializzazione deiPaesi sviluppati. In questo senso, inoltre, è criticabile la scelta (contenuta anchenei protocolli <strong>di</strong> Kyoto) <strong>di</strong> lasciare i Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo “liberi <strong>di</strong> inquinare”mantenendo il peso della riduzione delle emissioni sui soli Paesi sviluppati;tanto più per la presenza <strong>di</strong> esternalità su larga scala geografica. <strong>La</strong> sostenibilitàdovrebbe essere invece un obiettivo <strong>di</strong> politica economica a tutti i livelli <strong>di</strong>sviluppo.30


Capitolo 3Analisi economica ed <strong>ambiente</strong>3.1 Il valore dei beni ambientaliIl benessere <strong>di</strong> una società può ragionevolmente essere considerato <strong>di</strong>pendente,oltre che dalle variabili economiche e sociali in precedenza osservate, dal livello<strong>di</strong> conservazione o <strong>di</strong> degrado dell’<strong>ambiente</strong> in cui vivono, sia esso urbano chenaturale. <strong>La</strong> misurazione <strong>di</strong> queste variabili pone livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà crescenti passandodall’ambito economico a quello sociale ed, infine, a quello ambientale; conriferimento all’analisi economica, il problema principale è costituito dalla determinazionedel valore. In effetti, il concetto <strong>di</strong> valore è <strong>di</strong>fficilmente collegatoanche in astratto all’<strong>ambiente</strong> ed alle sue risorse; non siamo abituati a ragionarein termini <strong>di</strong> prezzo considerando aspetti quali la bellezza dei paesaggi, dellespecie animali, della bio<strong>di</strong>versità, della natura in generale; più semplice è quantificarei fenomeni in termini fisici, il che però presenta limitata utilità se dobbiamoprocedere ad una valutazione dei costi e dei benefici tra preservazione ed utilizzialternativi <strong>di</strong> risorse naturali; in questo caso, infatti, dobbiamo <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> unità <strong>di</strong>misura omogenee perché siano tra loro confrontabili.Il ragionamento in termini <strong>di</strong> valore monetario è una risposta a questa necessità;d’altra parte, questa si scontra con l’assenza <strong>di</strong> mercati, per la gran partedelle risorse naturali, che consentano <strong>di</strong> misurare un prezzo e <strong>di</strong> calcolare unadomanda. Allo stesso modo dovremo procedere per la misurazione del degradoambientale; il fatto che un’attività produttiva possa aumentare la quantità <strong>di</strong> agentiinquinanti nell’acqua non ci basta a stabilire a priori se sia preferibile avviare taleattività, o rinunciare ai benefici economici che essa comporterebbe, o se sia preferibilerinunciare ai benefici <strong>di</strong> un’attività in corso per ottenere un minore degradoambientale.Constatata la necessità <strong>di</strong> determinare il valore economico delle risorse naturalie dei beni ambientali in generale, notiamo che questo <strong>di</strong>pende da varie com-31


ponenti. Il valore economico totale (VET) comprende, in primis, un valore d’usoreale, legato quin<strong>di</strong> ad un utilizzo effettivo della risorsa o del bene ambientale; inbuona parte dei casi è quello più semplice da misurare, proprio grazie al rapportomanifesto tra l’in<strong>di</strong>viduo e l’oggetto.Una seconda componente è costituita dal valore <strong>di</strong> opzione: questo è legatoalla possibilità che un in<strong>di</strong>viduo tragga beneficio da un eventuale utilizzo futuro,proprio o da parte <strong>di</strong> altri in<strong>di</strong>vidui–ciò corrisponde alla volontà <strong>di</strong> lasciareun’ere<strong>di</strong>tà, oppure al sentimento altruistico che fa valutare favorevolmente la sod<strong>di</strong>sfazione<strong>di</strong> necessità altrui (ad esempio, la sensibilità <strong>di</strong>mostrata nei confronti <strong>di</strong>popolazioni lontane come in<strong>di</strong>os amazzonici, maori, eskimesi o delle tribù noma<strong>di</strong>dell’Africa).Una terza componente non è legata ad alcun tipo <strong>di</strong> fruizione <strong>di</strong> qualsiasi in<strong>di</strong>viduo:chiameremo tale componente “valore intrinseco”. L’importanza <strong>di</strong> questacomponente risulta dal fatto che gli in<strong>di</strong>vidui spesso desiderano che specie animalied ecosistemi siano preservati sic et simpliciter, ciascuno <strong>di</strong> noi può considerareopportuno che sopravvivano i panda giganti ed i gorilla, anche se non si aspetta <strong>di</strong>vederne mai uno in libertà nel suo <strong>ambiente</strong> naturale (a maggior ragione quandotale sopravvivenza è con<strong>di</strong>zionata all’esclusione <strong>di</strong> una fruizione).3.2 I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> valutazionePer i beni oggetto <strong>di</strong> scambio sul mercato è facile assistere alla determinazionedel prezzo ed è possibile anche la definizione della relativa domanda, sotto forma<strong>di</strong> funzione del prezzo stesso; quest’ultima costituisce, a sua volta, una descrizioneapprossimativa della funzione <strong>di</strong> utilità, per gli in<strong>di</strong>vidui, del bene stesso. Inassenza <strong>di</strong> tali mercati, misurare tale domanda (e tale utilità) è molto complesso.In molti casi gli in<strong>di</strong>vidui potrebbero essi stessi non conoscere l’utilità <strong>di</strong> un bene;per esempio, buona parte delle sostanze inquinanti è sconosciuta ai più, così comelo sono i loro effetti sul nostro organismo. È verosimile, quin<strong>di</strong>, che noi possiamonon essere in grado <strong>di</strong> valutare quanto sia utile, per noi, un abbattimento <strong>di</strong>una certa percentuale della quantità <strong>di</strong> benzene nell’aria; conoscendo il rapportofunzionale tra tale variabile ed il numero <strong>di</strong> casi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui colpiti da malattie adessa collegate, la valutazione <strong>di</strong> tale utilità <strong>di</strong>venta più semplice. In questo caso,possiamo misurare sperimentalmente l’utilità collegata alla riduzione del numerodei malati, o, in altre parole, il valore della prevenzione dalle malattie; oppuretentare <strong>di</strong> stimare <strong>di</strong>rettamente l’utilità (il valore) della riduzione dell’agente inquinante.In generale, il primo dei due approcci costituisce un metodo in<strong>di</strong>retto <strong>di</strong>valutazione dei beni ambientali, il secondo un metodo <strong>di</strong>retto.Definito come sopra accennato il metodo <strong>di</strong> valutazione, gli economisti utilizzanodue <strong>di</strong>versi approcci; il primo porta alla misurazione della variabile attra-32


verso una funzione <strong>di</strong> domanda, il secondo, invece, non è legato ad una funzione<strong>di</strong> domanda. Gli approcci attraverso la funzione <strong>di</strong> domanda fanno ricorso allepreferenze espresse o rivelate. Le prime sono ricostruite con meto<strong>di</strong> sperimentali,che consistono praticamente in interviste mirate a far rivelare una misurazionedell’utilità che permette <strong>di</strong> compilare una scheda <strong>di</strong> richiesta <strong>di</strong> un certo bene;dall’aggregazione <strong>di</strong> dette schede si risale ad una curva <strong>di</strong> domanda.Le preferenze rivelate vengono misurate nei cosiddetti mercati surrogati. L’utilità<strong>di</strong> un bene, per esempio, può riflettersi in quella <strong>di</strong> un altro bene; se entrambisono oggetto <strong>di</strong> scambio, questo può far sorgere fenomeni <strong>di</strong> complementaritào <strong>di</strong> trade-off tra la domanda <strong>di</strong> un bene e quella dell’altro. In caso uno deidue non sia, invece, scambiabile su un mercato, il secondo potrà mostrare, nelladeterminazione del prezzo, l’effetto dell’utilità del primo.Le tecniche <strong>di</strong> misurazione del valore utilizzate sono quelle della valutazionecontingente, del prezzo edonistico, dei costi <strong>di</strong> spostamento. <strong>La</strong> valutazione contingenteè il metodo analitico che sfrutta le preferenze espresse. Gli intervistatidevono <strong>di</strong>chiarare la loro <strong>di</strong>sponibilità a pagare per evitare un certo fenomeno <strong>di</strong>degrado, o per conservare un certo <strong>ambiente</strong> naturale; in alternativa, può essererichiesta la loro <strong>di</strong>sponibilità a ricevere un indennizzo per accettare un certodegrado ambientale.Le preferenze rivelate vengono misurate con le altre due tecniche; il prezzoedonistico, in particolare, fa riferimento al mercato surrogato. Un esempio caratteristicoè quello del valore dei beni ambientali misurato attraverso il prezzo degliimmobili; questo, infatti, risente <strong>di</strong> vari elementi quali la presenza <strong>di</strong> riserve naturalio parchi, o <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> degrado; l’effetto <strong>di</strong> tali variabili si manifesta <strong>di</strong>fferenziandoil prezzo <strong>di</strong> immobili equivalenti. Tramite una regressione statistica èpossibile stimare il valore attribuito a tali elementi.L’analisi dei costi <strong>di</strong> spostamento inferisce il valore attribuito ai beni ambientalisulla spesa effettuata per la loro fruizione: ad es., il valore <strong>di</strong> una riservanaturale può essere stimato sulla base dei costi sostenuti per la loro visita.Approcci senza funzione <strong>di</strong> domanda si basano su fenomeni quali:risposta alla dose: corrisponde all’esempio precedente degli effetti <strong>di</strong> variazioni<strong>di</strong> un agente patogeno sulla salute degli in<strong>di</strong>vidui. È necessario che sianonote le relazioni quantitative sottostanti, a livello fisico, chimico e biologico;quando ciò si verifica, è possibile dare un valore alla variazione <strong>di</strong> dettoagente in base agli effetti economici che questo induce. In altre parole, se<strong>di</strong>sponiamo <strong>di</strong> una stima dei casi <strong>di</strong> una certa malattia in funzione <strong>di</strong> una certadose della sostanza che la causa, il valore della variazione <strong>di</strong> quest’ultimacorrisponde alla variazione della spesa sanitaria corrispondente.costi <strong>di</strong> sostituzione: Il valore <strong>di</strong> una risorsa ambientale, quale può essere unariserva naturale in una zona umida, può essere approssimato al costo della33


ealizzazione <strong>di</strong> analoghe con<strong>di</strong>zioni in un altro sito. In pratica, destinandouna certa area ad una data attività, si viene a perdere un certo habitat; questopotrebbe essere ricreato altrove, ma ciò comporterebbe un costo;costi <strong>di</strong> opportunità: il mantenimento delle con<strong>di</strong>zioni in cui si trova una certaarea comporta la rinuncia ai benefici economici degli utilizzi alternativi;comportamento riduttivo: in presenza <strong>di</strong> un elemento degradante gli in<strong>di</strong>viduimettono in atto comportamenti tendenti a limitarne gli effetti, che hanno uncosto; per esempio, se non si può eliminare una fonte <strong>di</strong> rumore, è necessarial’installazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi che aumentino l’isolamento acustico.3.3 <strong>La</strong> valutazione del capitale naturale ottimaleL’attribuzione <strong>di</strong> un valore ai beni ambientali permette <strong>di</strong> considerarli all’interno<strong>di</strong> un approccio ottimizzante; ad esempio, meto<strong>di</strong> analitici tra<strong>di</strong>zionali possonoessere utilizzati per valutare quale sia lo stock ottimale <strong>di</strong> capitale naturale. Nelcapitolo precedente si è visto che il capitale naturale debba essere conservato (secondoil criterio della sostenibilità forte) o tutt’al più ridotto in misura non superioreall’incremento <strong>di</strong> capitale prodotto. Ora <strong>di</strong>venta concettualmente possibiledefinire la quantità ottimale a prescindere dallo stock effettivamente esistente.Il metodo analitico in questione appartiene alla dottrina marginalista neoclassica,che in<strong>di</strong>vidua il punto <strong>di</strong> ottimo nella situazione in cui un incremento marginale<strong>di</strong> capitale naturale produce benefici marginali inferiori ai costi (marginali),ed è descritto in figura 3.1, in cui sono rappresentati sull’asse delle ascisse lo stock<strong>di</strong> capitale naturale Kn, sulle or<strong>di</strong>nate il valore economico totale (VET) e i costi C(costi opportunità legati alla rinuncia ai benefici dovuti ad utilizzi alternativi dellerisorse naturali).<strong>La</strong> curva che descrive il VET è crescente al crescere <strong>di</strong> Kn, ma la sua pendenzasi riduce: questo riflette il principio dell’utilità marginale decrescente; in altreparole, il valore attribuito ad una unità iniziale <strong>di</strong> Kn è elevato, ma aggiungendovia via altre quantità, il valore attribuito all’incremento al margine <strong>di</strong> Kn è semprepiù ridotto.L’andamento della curva che rappresenta il costo C del mantenimento dellostock <strong>di</strong> Kn è opposto, in quanto la curva cresce con una pendenza sempre maggioreperché in corrispondenza del massimo stock <strong>di</strong> Kn una sua riduzione per unimpiego alternativo può comportare un certo ren<strong>di</strong>mento, ma successivi utilizzialternativi avranno ren<strong>di</strong>menti via via più bassi.Il punto <strong>di</strong> equilibrio è in<strong>di</strong>cato con K*n ed è caratterizzato da un uguale incremento<strong>di</strong> C e VET per una variazione infinitesimale <strong>di</strong> Kn; questo significa chea sinistra <strong>di</strong> K*n c’è convenienza a incrementare lo stock esistente, dal momento34


)*C, VETFigura 3.1: determinazione dello stock <strong>di</strong> capitale ottimaleC(VETK n*Knche l’aumento dei benefici sarà superiore a quello dei costi; a destra <strong>di</strong> K*n ci troveremoin una situazione in cui troveremo preferibile sacrificare capitale naturaleper avere benefici alternativi <strong>di</strong> entità superiore.3.4 Contabilità nazionale e contabilità ambientaleCome accennato nel capitolo precedente, gli in<strong>di</strong>catori tra<strong>di</strong>zionalmente in usoper approssimare il livello <strong>di</strong> benessere sono il PIL e il PNL pro capite. Molti economistifanno notare che se, da una parte, la creazione <strong>di</strong> valore <strong>di</strong>stribuito sottoforma <strong>di</strong> red<strong>di</strong>ti può avere un effetto positivo sul benessere, dall’altra abbiamocreazioni o <strong>di</strong>struzioni <strong>di</strong> valore che non vengono misurate, ma hanno anche esseeffetto sul benessere degli in<strong>di</strong>vidui.Un aspetto complesso della questione è legato anche al problema della <strong>di</strong>stribuzionedei red<strong>di</strong>ti: è verosimile la considerazione che la creazione <strong>di</strong> red<strong>di</strong>ti nonè correlata alla misura in cui gli in<strong>di</strong>vidui subiscono la <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> valore <strong>di</strong> be-35


ni e servizi non compresi nella contabilità nazionale. Un esempio <strong>di</strong> ciò potrebbeessere il cambio <strong>di</strong> destinazione d’uso <strong>di</strong> un’area da bene comune, ove sia possibilela raccolta <strong>di</strong> frutti e prodotti vari, o il pascolo, a terreno agricolo. <strong>La</strong> comunitàche in un primo momento usufruisce <strong>di</strong> beni e servizi gratuiti, deve acquistarlisul mercato; questo significa che la contabilità nazionale rileva un aumento degliscambi, ma il benessere della comunità in questione non è necessariamente aumentato(se i red<strong>di</strong>ti generati vengono <strong>di</strong>stribuiti anche al suo esterno, il benesseresarà probabilmente ridotto).Più in generale, gli interventi dell’uomo che riguardano l’<strong>ambiente</strong> naturalesono valutati in modo <strong>di</strong>storto se si utilizzano esclusivamente i criteri della contabilitànazionale. Alcuni economisti si preoccupano <strong>di</strong> verificare se attività chehanno un elevato impatto ambientale creino o meno ricchezza una volta che siconsideri anche il valore dei beni e dei servizi forniti dall’<strong>ambiente</strong> naturale. Alriguardo, un’analisi ( [2]) è stata condotta su stu<strong>di</strong> sul valore marginale <strong>di</strong> benie servizi forniti da vari biomi ragionevolmente intatti, nonché sui beni e serviziprodotti dalla conversione delle stesse aree; fra essi sono stati selezionati quellirelativi a 5 biomi, corrispondenti alle foreste tropicali in Malesia e nel Camerun,le <strong>di</strong>stese <strong>di</strong> mangrovie in Tailan<strong>di</strong>a, la barriera corallina nelle Filippine e le zoneumide in Canada. Nel primo caso, il VET dell’<strong>ambiente</strong> naturale intatto apparesuperiore del 14% rispetto al valore degli stessi suoli sottoposti a deforestazione;per quanto riguarda l’economia dell’area del monte Camerun, gli stu<strong>di</strong> evidenziavanola convenienza, per i privati, alla conversione dei suoli a<strong>di</strong>biti al taglio dellegname (condotto con limitato impatto ambientale) all’attività agricola su piccolascala; il VET, comprendente i benefici considerati in modo più esteso, è peròsuperiore del 18% nel primo caso; quanto ad attività ad alto impatto ambientale,quale la deforestazione per la messa a coltura <strong>di</strong> palme da olio, si è visto che ired<strong>di</strong>ti prodotti <strong>di</strong>pendevano da <strong>di</strong>storsioni del mercato. <strong>La</strong> sostituzione delle acquacolturealle mangrovie sembra sia giustificata solamente da benefici privati e<strong>di</strong> breve periodo, ma per la comunità nel complesso si manifestano costi che limiterebberoin grande misura i guadagni; ciò per la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> legname e carbonevegetale, raccolta <strong>di</strong> frutti, pesca, protezione dalle tempeste. Il VET del biomaintatto supererebbe del 70% quello delle analoghe aree convertite ad allevamento<strong>di</strong> gamberi (USD 60.400 contro USD 16.700 per ettaro). Nelle Filippine lapesca condotta con tecniche <strong>di</strong>struttive porta vantaggi in<strong>di</strong>viduali imme<strong>di</strong>ati, main breve tempo anche questi si riducono fino ad essere inferiori a quelli prodottida tecniche sostenibili. Considerando anche gli effetti collaterali del degrado deifondali, quali la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> protezione delle coste e <strong>di</strong> attrattive turistiche, il VETdell’area sottoposta ad attività a basso impatto ambientale supera del 75% quellocorrispondente dell’area sottoposta ad attività degradante. In Canada si è evidenziatoche la bonifica <strong>di</strong> zone umide, pur fornendo aree ad alta produttività agricola,porta a benefici privati largamente <strong>di</strong>pendenti dai sussi<strong>di</strong> forniti per la bonifica ed36


il VET appare più elevato <strong>di</strong> circa il 60%.Dall’analisi sopra delineata, appare chiaro che per eseguire il confronto tra<strong>ambiente</strong> naturale intatto ed aree sottoposte a conversione abbiamo scarsi datiempirici <strong>di</strong>sponibili, tanto che solo quattro biomi sono stati presi in considerazione,ed al loro interno solo aree limitate sono state descritte. Nei casi presiin considerazione, d’altra parte, sembrerebbe che la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> beni e servizi nonscambiabili sul mercato superi abbondantemente i benefici economici forniti dallemerci prodotte in modo + insostenibile, . Questo non vuol <strong>di</strong>re che in generale sianecessariamente vero che la preservazione dell’<strong>ambiente</strong> naturale sia conveniente;probabilmente è stato vero il contrario in passato, ma la sia pur scarsa rappresentativitàdei casi descritti fa pensare che spesso la conversione degli habitat rimastinon sia non conveniente in ottica <strong>di</strong> sostenibilità.D’altra parte, la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> superfici <strong>di</strong> ambienti naturali intatti, nonostante ibenefici globali che essi comportano, prosegue; ciò per vari motivi, tra i quali:1. scarsità <strong>di</strong> informazioni; manca una valutazione <strong>di</strong> come l’<strong>ambiente</strong> forniscamolti beni e servizi, come pure <strong>di</strong> come essi cambino in seguito all’azione umana;2. i fallimenti del mercato, che esclude quei fattori non soggetti a transazionecommerciale, ma che generalmente rivestono una grande utilità per la società, siasu scala locale che globale, mentre possono avere effetto limitato o nullo sui soggettiche traggono beneficio dalla conversione dell’<strong>ambiente</strong> naturale; 3. interventi<strong>di</strong>storsivi dell’autorità <strong>di</strong> politica economica, che portano alla crescita artificiosadei benefici dell’attività ad alto impatto ambientale; una stima <strong>di</strong> tali interventi suscala globale, mostrano un effetto perverso sia sul piano economico che ecologico,porta a valutarne l’importo complessivo tra i 950 e i 1.950 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> dollariper anno ( [3], e [12]). Per conservare riserve naturali, la spesa globale in dollariUSA del 2000 è <strong>di</strong> 6,5 miliar<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui il 50% nei soli Stati Uniti.3.5 Il degrado ambientaleNell’analisi economica, l’inquinamento ed il degrado ambientale in generale <strong>di</strong>pendonosia da qualunque effetto fisico, chimico e biologico sull’<strong>ambiente</strong>, cheda una sua conseguenza sull’uomo, che si configura in una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> benessere.Tale per<strong>di</strong>ta rappresenta, per gli in<strong>di</strong>vidui e per la società, un particolare tipo <strong>di</strong>costo che può gravare in tutto o in parte su soggetti estranei alla causa <strong>di</strong> tale fenomeno:in particolare ciò accade nell’ambito dell’attività produttiva. L’emissione<strong>di</strong> sostanze inquinanti, per esempio, si configura come lo sfruttamento <strong>di</strong> un fattoreproduttivo non retribuito:, ciò in quanto l’<strong>ambiente</strong> fornisce un servizio conil suo assorbimento <strong>di</strong> tali emissioni. Se queste avvengono in misura eccessivarispetto alla capacità <strong>di</strong> smaltimento, si verifica un fenomeno <strong>di</strong> degrado che puòavere effetti <strong>di</strong> vario tipo: alcuni strettamente economici, quali danni ad altre at-37


tività produttive (pensiamo al caso <strong>di</strong> scarichi in acque necessarie ad usi civili oagricoli o all’itticoltura). In questo caso, si <strong>di</strong>ce che l’attività inquinante genera<strong>di</strong>seconomie esterne o esternalità negative. Al contrario, l’impiego <strong>di</strong> un suolo perla riforestazione destinata al taglio sostenibile del legname può produrre beneficialla collettività, collegati alla <strong>di</strong>fesa dall’erosione dei suoli, riduzione degli ossi<strong>di</strong><strong>di</strong> carbonio, aumento della fauna, incremento della produzione apicola: in questicasi si hanno ecomie esterne o esternalità positive.Dal punto <strong>di</strong> vista economico, quin<strong>di</strong>, si prendono in considerazione i casiin cui si verificano esternalità, e queste non vengono compensate. In astratto, èpossibile infatti che le <strong>di</strong>seconomie esterne possano essere indennizzate da parte<strong>di</strong> chi le genera, il che comporta che il costo viene internalizzato.Nella descrizione del modello <strong>di</strong> bilancio dei materiali si è evidenziato comequalunque tipo <strong>di</strong> attività, dalla raccolta alla trasformazione ed al consumo, producanoun rilascio <strong>di</strong> materia ed energia nell’<strong>ambiente</strong> e come ciò sia inevitabileper limiti imposti dalla fisica; pertanto, possiamo affermare che sia impossibileeliminare tali esternalità: possiamo però interrogarci su quali siano i loro livelliottimali da un punto <strong>di</strong> vista economico.L’approccio analitico è analogo a quello utilizzato per la valutazione del livelloottimale dello stock <strong>di</strong> capitale naturale; in figura 3.2 è in<strong>di</strong>cato sull’asse delleascisse il livello <strong>di</strong> attività economica, espresso in quantità <strong>di</strong> output; in or<strong>di</strong>nata,costi e benefici corrispondenti. <strong>La</strong> retta CME in<strong>di</strong>ca il costo aggiuntivo relativoalle <strong>di</strong>seconomie esterne procurate da una variazione incrementale della produzione;in questo esempio, è crescente al crescere <strong>di</strong> Q, il che sottintende che il costototale delle <strong>di</strong>seconomie esterne cresce in misura più che proporzionale rispettoall’aumento del livello della produzione che le genera. Questo non è necessariamentelegato ad un aumento più che proporzionale delle emissioni in termini fisici;in altre parole, possiamo immaginare che raddoppiando il prodotto <strong>di</strong> un’attivitàindustriale, le emissioni inquinanti crescano in misura anche inferiore al doppio;d’altra parte, le accresciute emissioni <strong>di</strong> sostanze inquinanti possono invece indurreeffetti in misura superiore al doppio. Ciò può facilmente verificarsi qualora visia il superamento <strong>di</strong> soglie; il rilascio <strong>di</strong> sostanze nocive al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> una certovalore soglia può provocare un certo numero <strong>di</strong> casi <strong>di</strong> reazione patologica, ma ilsuo superamento verosimilmente comporterà un aumento <strong>di</strong> detti casi eccedentel’incremento delle sostanze inquinanti.<strong>La</strong> retta PM in<strong>di</strong>ca invece il profitto marginale per il privato che esercita l’attivitàin questione: vale a <strong>di</strong>re, un’unità aggiuntiva <strong>di</strong> prodotto procurerà un certoprofitto, ma un’ulteriore variazione ne assicurerà uno inferiore. Ciò consegue adalcuni assunti tra<strong>di</strong>zionalmente accolti dalla teoria economica neoclassica, la cuitrattazione esula dagli obiettivi <strong>di</strong> questo corso. 11 si può comunque considerare che la curva <strong>di</strong> domanda aggregata <strong>di</strong> un certo prodotto è de-38


./0Costi,beneficiFigura 3.2: Il livello <strong>di</strong> inquinamento ottimale.CMEPMADBCQQ-2Q 31Agendo secondo la logica <strong>di</strong> massimizzare il profitto, il soggetto produttoresceglierà <strong>di</strong> aumentare il suo output fino a che il profitto marginale sia maggiore <strong>di</strong>zero; oltre non avrà convenienza, perché l’effetto <strong>di</strong> un incremento ulteriore sarà <strong>di</strong>ridurre i profitti totali; <strong>prima</strong>, invece, non si troverebbe in una con<strong>di</strong>zione ottimale,perché ulteriori incrementi porterebbero ad un aumento dei profitti. In figura 3.2la scelta del produttore è in<strong>di</strong>cata con Q1. Questa rappresenta una situazione <strong>di</strong>ottimo nel caso non ci siano <strong>di</strong>seconomie esterne, come invece accade nel casoche stiamo esaminando.<strong>La</strong> società nel complesso, infatti, sta sostenendo dei costi legati all’attività <strong>di</strong>produzione <strong>di</strong> Q. Se questi vengono presi in considerazione, l’obiettivo della massimizzazione<strong>di</strong>venta la <strong>di</strong>fferenza tra i profitti ed i costi da <strong>di</strong>seconomie esterne.crescente rispetto al prezzo, maggiori quantità <strong>di</strong> prodotto vengono richieste solo ad un prezzoinferiore, il che significa che un aumento dell’offerta provoca la <strong>di</strong>minuzione del prezzo <strong>di</strong> mercato,che si applica a tutte le unità <strong>di</strong> prodotto offerte. Questo significa che i ricavi pxQ aumenterannocon l’aumentare <strong>di</strong> Q, ma solo finché l’effetto della riduzione <strong>di</strong> p <strong>di</strong>venterà preponderante. Perapprofon<strong>di</strong>menti, si rimanda ai manuali <strong>di</strong> economia politica, fra i quali [19].39


A livello intuitivo, se in Q = 0 abbiamo che il profitto <strong>di</strong> un’unità <strong>di</strong> Q supera ilcosto esterno, ci sarà convenienza a produrre quella unità; e, ancora, se una ulterioreunità <strong>di</strong> prodotto assicura un profitto marginale superiore al corrispondentecosto marginale, si manterrà la convenienza ad espandere la produzione; ciò finoal punto in cui si avrà che un’unità aggiuntiva <strong>di</strong> prodotto porterà ad un incrementoal margine del profitto inferiore a quello del costo esterno. Da questo momentoin poi, la <strong>di</strong>fferenza tra costi e profitti inizierà a <strong>di</strong>minuire 2 .Graficamente, ciò è rappresentato dalla <strong>di</strong>fferenza tra l’area compresa tra ledue rispettive curve e l’asse delle ascisse. Nel punto <strong>di</strong> ottimo Q2 si ha la massima<strong>di</strong>fferenza tra profitti e costi, <strong>di</strong>fferenza corrispondente alla superficie del triangolocontrassegnato con A, essendo B il triangolo la cui superficie misura i costi totaliesterni.In figura 3.2, aumentando l’offerta da Q2 a Q3 il costo totale delle esternalitàaumenta in misura pari alla superficie del trapezio C + D, mentre i profitti totaliaumentano solamente <strong>di</strong> C.L’analisi sopra descritta ci ha mostrato come si possa in<strong>di</strong>viduare un livello<strong>di</strong> produzione corrispondente a una quantità <strong>di</strong> esternalità negative ottimali da unpunto <strong>di</strong> vista economico. <strong>La</strong> questione è, ora, <strong>di</strong> capire come il sistema economicopossa raggiungere tale livello ottimale. Gli economisti hanno in<strong>di</strong>viduato variesoluzioni, corrispondenti a meccanismi <strong>di</strong> mercato o ad interventi dell’autorità.3.6 I meccanismi <strong>di</strong> mercato per il raggiungimentodell’inquinamento ottimale<strong>La</strong> <strong>prima</strong> risposta al quesito precedente si deve ad un saggio <strong>di</strong> Ronald Coase del1960. Coase sostenne che, se è vero che i mercati possono non garantire il raggiungimentodel livello ottimale <strong>di</strong> <strong>di</strong>seconomie esterne, essi possono comunqueesservi spinti senza che si renda necessaria una regolamentazione attiva degli stessida parte dell’autorità <strong>di</strong> politica economica, corrispondente agli interventi chesaranno esaminati nei paragrafi successivi.<strong>La</strong> soluzione proposta da Coase per <strong>di</strong>mostrare questo teorema consiste nellaintroduzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> proprietà. In altre parole, possiamo immaginare che isoggetti colpiti dalle <strong>di</strong>seconomie esterne siano titolari <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> proprietà suqualche bene, <strong>di</strong>ritto che viene leso dalla creazione delle esternalità negative, allostesso modo in cui il titolare <strong>di</strong> una concessione per l’impiego itticolo o balneare<strong>di</strong> un area viene danneggiato da chi vi immette scarichi inquinanti.In questo caso, il danneggiato ha il <strong>di</strong>ritto ad ottenere dalla controparte che2 Ciò nell’ipotesi che le curve <strong>di</strong> profitto e <strong>di</strong> costo siano monotone, cioè abbiano nel primocaso una pendenza sempre decrescente, e nel secondo caso sempre crescente.40


essa elimini il danno, oppure lo rifonda in modo congruo. Sfruttando i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong>proprietà, i danneggiati possono esigere un risarcimento, che, se corrisposto, hal’effetto <strong>di</strong> internalizzare le <strong>di</strong>seconomie, integrandole all’interno della funzione<strong>di</strong> produzione.Il proce<strong>di</strong>mento massimizzante analizzato nel paragrafo precedente, pertanto,viene effettivamente svolto dal soggetto produttore: nel programmare il livello<strong>di</strong> output dell’impresa, terrà in considerazione il costo degli indennizzi, pari aquello sostenuto dalla collettività per effetto delle <strong>di</strong>seconomie esterne, fissandola produzione al livello Q2 della figura 3.2.Possiamo immaginare anche il caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> proprietà la cui titolarità appartieneall’inquinatore: in questo caso, chi subisce l’inquinamento avrà convenienza,dal punto <strong>di</strong> vista economico, a procedere ad una transazione con l’inquinatore,spingendolo a rinunciare ad una quota dell’attività produttiva, compensandola conseguente per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> profitto. In altre parole, se il produttore ha interesse afissare la produzione al livello Q1 in<strong>di</strong>cato in figura 3.3, la collettività ha interessea ottenere la riduzione fino al punto q, pagando un indennizzo i; questo perché allivello q il costo marginale sostenuto è più elevato, essendo pari a c. D’altra parte,questo vale per indennizzi corrispondenti ad ulteriori rinunce <strong>di</strong> produzione,fino a che non si arriva al livello Q2, a sinistra del quale il costo marginale delle<strong>di</strong>seconomie esterne è superato dal costo della compensazione a cui il produttoreavrebbe <strong>di</strong>ritto.Il risparmio per la collettività è dato dall’area del triangolo contrassegnato conlettera R, in quanto grazie alla compensazione essa perde costi da <strong>di</strong>seconomienegative pari all’area del quadrilatero compreso tra l’asse delle ascisse, la curvaCME ed i segmenti che hanno origine in Q1 e Q2, mentre i costi effettivamente sostenuticorrispondono alla minore superficie del triangolo compreso tra le ascisse,la curva PM ed il segmento con origine in Q2 (che corrisponde al profitto globalea cui rinuncia il produttore passando da Q1 a Q2.Si può osservare che, nella realtà, questo tipo <strong>di</strong> transazione avviene raramente.I sostenitori dell’in<strong>di</strong>pendenza del mercato spiegano questa circostanza coni cosiddetti costi <strong>di</strong> transazione; procedere ad una compensazione <strong>di</strong> questo tipocomporterebbe dei costi, perciò questa si verifica solo se si ha convenienza adsostenerli. Le transazioni non avvengono perché il risparmio R è inferiore ai costi<strong>di</strong> transazione, perciò –secondo questi economisti– il sistema si trova in unaposizione ottimale anche in loro assenza. Di fatto, proprio la presenza <strong>di</strong> costi<strong>di</strong> transazione elevati può spiegare la necessità <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong>retti dello Stato sulmercato.Altre ragioni per tale intervento hanno origine dalla <strong>di</strong>fficoltà ad in<strong>di</strong>viduarele parti interessate; ciò per <strong>di</strong>verse ragioni, quali: 1. mancanza <strong>di</strong> informazioni:gli in<strong>di</strong>vidui possono non essere al corrente delle cause che originano le esternalità,anche perché spesso è effettivamente <strong>di</strong>fficile stabilire le relazioni causali41


./Costi,beneficiFigura 3.3: la compensazione ed il livello ottimale <strong>di</strong> esternalità.CMEc1PMRiQqQ-21sottostanti a livello fisico, chimico e biologico; 2. gli effetti possono riversarsi sullegenerazioni future, che possono non essere adeguatamente rappresentate allostato attuale; 3. proprietà comuni: gli in<strong>di</strong>vidui potrebbero non essere titolari dei<strong>di</strong>ritti se non a livello collettivo. In questo caso possono originarsi comportamenticompetitivi che portano ad un risultato non ottimale; 4. le minacce <strong>di</strong> ingresso:alcuni soggetti potrebbero entrare sul mercato, minacciando <strong>di</strong> avviare un’attività,al solo scopo <strong>di</strong> ottenere una compensazione a fronte <strong>di</strong> una rinuncia fittizia.3.7 Tasse e inquinamento ottimaleUna seconda risposta al quesito su come arrivare ai livelli economicamente ottimali<strong>di</strong> inquinamento, o più in generale <strong>di</strong> degrado, prevede l’intervento <strong>di</strong>retto delloStato nel fissare un obiettivo e costringere il mercato a raggiungerlo attraverso lostrumento fiscale.42


./Costi,beneficiFigura 3.4: tasse e livello ottimale <strong>di</strong> inquinamento.CME1PM2tQQ-21PM−tTale soluzione è stata fornita nel 1920 da Arthur C. Pigou (1877-1959), e lostrumento proposto prende da lui il nome <strong>di</strong> tassa pigouviana.A livello teorico (nella realtà il meccanismo vene adottato in maniera semplificatarispetto a quello ideale), l’autorità potrebbe fissare una tassa t in modo daridurre il profitto marginale, che dalla <strong>di</strong>fferenza tra prezzo e costo marginali <strong>di</strong>ventala <strong>di</strong>fferenza tra prezzo e somma <strong>di</strong> costi e tassa. In figura 3.4 questo vienedescritto con uno spostamento della curva PM verso sinistra e verso il basso.<strong>La</strong> tassa ottimale t viene fissata ad un livello pari al costo marginale esternoin corrispondenza della quantità <strong>di</strong> output ottimale, Q2; in questo modo, in corrispondenza<strong>di</strong> tale livello, si annulla il profitto marginale e il produttore non haconvenienza a spingersi oltre.Anche questo meccanismo presenta delle <strong>di</strong>fficoltà: l’autorità dovrebbe essereal corrente, per intervenire in modo efficiente, sia della funzione <strong>di</strong> costo delle<strong>di</strong>seconomie esterne, sia della funzione <strong>di</strong> profitto (o, nel caso i soggetti inquinantinon siano imprese, della corrispondente funzione <strong>di</strong> domanda –o in generale <strong>di</strong>43


./0Costi,beneficiFigura 3.5: standard e inquinamento ottimale.CMEPMmm 1SQQQ2- 31beneficio– <strong>di</strong> beni o servizi che generano le esternalità da ridurre) in modo dapoter fissare con precisione il livello t della tassa ottimale.Inoltre, ragionando in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> proprietà, la tassa potrebbe colpirei titolari <strong>di</strong> tali <strong>di</strong>ritti, i quali avrebbero piuttosto <strong>di</strong>ritto ad un risarcimento incambio della riduzione <strong>di</strong> produzione.Infine, la tassa impone un costo che potrebbe superare quello delle esternalità.Nel caso della figura 3.4, infatti, il costo dell’imposizione sul produttore delleesternalità è pari all’area del rettangolo che ha la base in 0, Q2, e l’altezza pari at, mentre il costo totale delle esternalità è pari alla minore area del triangolo conpari base ed altezza.3.8 Standard e sussi<strong>di</strong><strong>La</strong> fissazione <strong>di</strong> uno standard <strong>di</strong> inquinamento è un intervento alternativo per lalimitazione delle emissioni <strong>di</strong> sostanze inquinanti; avviene me<strong>di</strong>ante la definizione44


<strong>di</strong> un limite fisico alle stesse, per esempio in<strong>di</strong>cando la quantità massima <strong>di</strong> unasostanza per metro cubo <strong>di</strong> aria o acqua, o <strong>di</strong> decibel <strong>di</strong> rumore etc.Per funzionare, il meccanismo (descritto in figura 3.5) deve prevedere un’opera<strong>di</strong> controllo del rispetto dello standard, nonché una sanzione in caso <strong>di</strong> inosservanza;inoltre, perché questo sia fissato ad un livello ottimale, sono necessariele stesse informazioni richieste per la definizione della tassa pigouviana ottimale;altrimenti, il risultato sarà solo casualmente corrispondente al livello ottimale.<strong>La</strong> sanzione deve essere tale da non rendere conveniente il superamento dellasoglia contrad<strong>di</strong>stinta con S; d’altra parte, l’imposizione della sanzione è aleatoria,perciò la probabilità matematica della multa stessa (l’importo della sanzione moltiplicatoper la sua probabilità) potrebbe essere pari a m1 e quin<strong>di</strong> insufficiente, econvincere il produttore a spingersi fino al livello Q3.Il costo <strong>di</strong> funzionamento del meccanismo, dovuto all’attività <strong>di</strong> controllo ed aquella amministrativa o giu<strong>di</strong>ziaria relativa alla sanzione, potrebbero non <strong>di</strong>fferiresostanzialmente dal caso della tassa pigouviana. Lo standard è però insostituibilenel caso della proibizione totale. Definire una tassa per un’attività che non deveessere svolta, infatti, non ha senso.<strong>La</strong> riduzione dell’inquinamento potrebbe avvenire anche attraverso sussi<strong>di</strong> miratialla sostituzione <strong>di</strong> tecnologie ad alto impatto con altre a minore impatto ambientale;un effetto collaterale del sussi<strong>di</strong>o, però, è quello <strong>di</strong> ridurre il prezzo <strong>di</strong>offerta del prodotto, il che può comportare un’espansione della produzione persod<strong>di</strong>sfare una domanda più elevata. <strong>La</strong> conseguenza potrebbe quin<strong>di</strong> essere unaumento dell’attività inquinante che più che compensi la riduzione <strong>di</strong> emissioniottenuta con l’impiego <strong>di</strong> tecnologie più efficienti.3.9 I permessi negoziabiliI permessi <strong>di</strong> inquinamento sono stati teorizzati nel 1968 da J. H. Dales; il funzionamento<strong>di</strong> questo strumento è simile a quello dello standard, in quanto l’autoritàpolitica deve in<strong>di</strong>viduare una quantità ottimale <strong>di</strong> emissioni, il cui raggiungimentoviene ottenuto con il rilascio <strong>di</strong> permessi <strong>di</strong> inquinamento, per i quali esiste <strong>di</strong> fattoun mercato in cui possono essere acquistati e venduti. Il livello ottimale <strong>di</strong> inquinamentopuò essere in<strong>di</strong>viduato, con il metodo già descritto nel presente capitolo,nel punto in cui il profitto marginale del produttore ed il costo marginale delle<strong>di</strong>seconomie esterne sono uguali. Possiamo però introdurre un’estensione: puòessere che in alternativa alla rinuncia ad una quota dell’output, il produttore possaadottare delle misure per la rimozione delle esternalità, che siano economicamenteconvenienti.In altre parole, per ridurre la quantità <strong>di</strong> sostanze inquinanti da Q1 a Q2 il45


CostiFigura 3.6: i permessi negoziabili3CMEcCRQ4pQ Q 12produttore pagherà un prezzo che potrà essere la rinuncia al profitto collegato allaquantità <strong>di</strong> prodotti corrispondenti a Q1, oppure il costo degli interventi alternativi.In figura 3.6 la curva CR costituisce, quin<strong>di</strong>, la meno onerosa tra le due alternativeper la riduzione unitaria marginale <strong>di</strong> sostanza inquinante. Essa rappresenta,inoltre, la <strong>di</strong>sponibilità a pagare per avere l’autorizzazione ad emettere una certaquantità <strong>di</strong> sostanze inquinanti: infatti, per ottenere il permesso <strong>di</strong> produrre finoal livello Qp il produttore è <strong>di</strong>sposto a pagare il prezzo c; un prezzo maggiorerenderebbe meno conveniente acquistare le autorizzazioni, in quanto il profittomarginale associato sarebbe inferiore (o, in alternativa, il produttore potrebbe intervenirecon misure alternative <strong>di</strong> riduzione meno costose). Ad un prezzo piùbasso <strong>di</strong> c, invece, il produttore desidererebbe acquistare una maggiore quantità<strong>di</strong> permessi, per espandere la produzione fino al punto in cui il profitto marginaleuguaglia tale prezzo.Il sistema dei permessi negoziabili, associato ad un meccanismo <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>taall’asta degli stessi, garantisce almeno a livello teorico la fissazione <strong>di</strong> un prezzoefficiente degli stessi; la possibilità <strong>di</strong> scambio premia gli operatori dotati <strong>di</strong>46


tecnologia più efficiente, che possono cedere i permessi sul mercato ad un prezzosuperiore al costo della riduzione delle emissioni; l’asta competitiva annullerebbegli effetti dell’inflazione sul prezzo dei permessi.Contrariamente alla tassa pigouviana, questo strumento permette <strong>di</strong> correlarela quantità <strong>di</strong> emissioni alla potenzialità dei recettori; in altre parole, in zone nellequali l’<strong>ambiente</strong> garantisce una maggior capacità <strong>di</strong> smaltimento sarà possibilerilasciare una maggior quantità <strong>di</strong> permessi e, d’altra parte, questi potranno esserelimitati dalla presenza eccessiva <strong>di</strong> altre sostanze inquinanti. Inoltre, il meccanismoconsente la definizione chiara delle alternative <strong>di</strong> costo per il soggetto produttore,chiamato ad assumere decisioni sulle strategie da seguire per la riduzionedelle sostanze inquinanti.Nella realtà esistono <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> permessi negoziabili:Ambient Permit System: i permessi definiscono la quantità <strong>di</strong> sostanze inquinantiche possono essere presenti in corrispondenza <strong>di</strong> determinate areericettrici e della relativa necessità <strong>di</strong> abbattimento, non necessariamenteuguale ovunque;Emission Permit System: i permessi vengono emessi in relazione alla fonte <strong>di</strong>emissioni e non strettamente collegati con gli effetti prodotti sulle areericettrici;Pollution Offset: i permessi definiscono un limite alle emissioni e valgono perun’area definita.Gli APS permettono una sintonia fine tra obiettivi e strumenti, nel senso che inogni zona possono essere autorizzate emissioni in modo da raggiungere risultati<strong>di</strong>versificati; d’altra parte, il mercato dei permessi può <strong>di</strong>ventare eccessivamentefrazionato, ed anche la gestione dei permessi può <strong>di</strong>ventare eccessivamentecomplicata per l’autorità politica.Gli EPS sono più semplici da gestire e la loro omogeneità rende unico il mercatode permessi; d’altra parte <strong>di</strong>fficilmente possono aver efficacia in microzonein cui si concentrano maggiormente le fonti <strong>di</strong> emissione, che determinano livelli<strong>di</strong> concentrazione elevati in rapporto alle capacità <strong>di</strong> assorbimento dell’<strong>ambiente</strong>.Nella realtà, l’APS è praticamente irrealizzabile; l’EPS è effettivamente impiegato,ma gli stu<strong>di</strong> sui confronti con gli strumenti alternativi forniscono in<strong>di</strong>cazionicontrastanti. Per i sistemi PO non sono state ancora <strong>di</strong>ffuse verifiche empiriche.47


Capitolo 4Lo sfruttamento delle risorse4.1 Le risorse naturaliLe risorse naturali sono beni e servizi che l’<strong>ambiente</strong> fornisce all’attività umana;normalmente, siamo abituati ad un punto <strong>di</strong> vista –piuttosto riduttivo, comesi vedrà in seguito– che si limita a prendere in considerazione quelle oggetto <strong>di</strong>scambio sui mercati e che entrano nel processo <strong>di</strong> produzione in qualità <strong>di</strong> materieprime. Le risorse naturali possono essere rinnovabili o non rinnovabili.Le risorse rinnovabili sono caratterizzate dalla capacità intrinseca <strong>di</strong> accrescimento,propria del mondo animale e vegetale; un esempio particolarmente semplice<strong>di</strong> risorsa rinnovabile è dato dal patrimonio ittico. Se, allo stato attuale, è<strong>di</strong>sponibile un dato numero <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> unità, l’attività <strong>di</strong> pesca indurrà una riduzione<strong>di</strong> questo numero, con un effetto contrapposto a quello delle nascite. Ilrisultato potrebbe essere quello <strong>di</strong> un’aumento, <strong>di</strong> una <strong>di</strong>minuzione o anche dellastazionarietà della <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> pesce nell’anno successivo.Generalmente vengono incluse tra le risorse rinnovabili anche quelle appartenentiad un altro tipo, caratterizzato invece da un flusso continuo (energia solare,eolica, geotermica, correnti marine ecc.), sottintendendo che lo stock <strong>di</strong>sponibilecorrisponde al flusso in un’unità <strong>di</strong> tempo (per esempio, kilowatt/ora). <strong>La</strong> peculiarità<strong>di</strong> queste ultime è che generalmente l’intervento dell’uomo in un dato momentopuò essere considerato ininfluente sulla <strong>di</strong>sponibilità della risorsa in un periodosuccessivo, anche se questo non significa che il maggiore o minore grado <strong>di</strong>sfruttamento non abbia effetti sull’<strong>ambiente</strong>: un impianto per la produzione fotoelettricacostituirà comunque un elemento <strong>di</strong> perturbazione dell’<strong>ambiente</strong> naturale.Semplicemente, stiamo prendendo in considerazione il fatto che la <strong>di</strong>sponibilitàin un dato momento è in<strong>di</strong>pendente dall’utilizzo nei perio<strong>di</strong> precedenti.Per le risorse rinnovabili, questo non è vero: il grado <strong>di</strong> sfruttamento incidesullo stock esistente, sul flusso che questo è in grado <strong>di</strong> generare ed, infine, sulla48


<strong>di</strong>sponibilità nei perio<strong>di</strong> successivi. Mentre le risorse a flusso continuo possonoessere considerate inesauribili nell’orizzonte temporale dell’attività umana, lerisorse rinnovabili possono essere esaurite, anche nel breve termine.Le risorse non rinnovabili presentano invece la caratteristica della <strong>di</strong>sponibilitàdecrescente in seguito all’utilizzo: è il caso delle risorse minerarie.Nell’analisi economica, un aspetto fondamentale relativo alle risorse naturaliè costituito dalla scarsità. Il problema, come abbiamo visto nel primo capitolo,si è posto già agli albori della teoria economica. Il punto <strong>di</strong> vista più ra<strong>di</strong>cale,consistente con la visione malthusiana, lo considera in termini assoluti, comemancanza <strong>di</strong> risorse tale da indurre una riduzione della popolazione fino al livellosostenibile. Un approccio neomalthusiano ipotizza che il livello <strong>di</strong> sfruttamentodelle risorse naturali possa introdurre un tale livello <strong>di</strong> degrado ambientale daprovocare lo stesso effetto.Un punto <strong>di</strong> vista ricar<strong>di</strong>ano, invece, considera l’effetto della scarsità <strong>di</strong> unarisorsa nell’aumento del suo prezzo <strong>di</strong> mercato, che induce effetti <strong>di</strong> sostituzionedella risorsa scarsa con altre più abbondanti, oltre a rendere più convenientel’attività <strong>di</strong> recupero e riciclaggio.Secondo i punti <strong>di</strong> vista, gli approcci alla valutazione della scarsità possonoessere ricondotti alla misurazione in termini fisici o in termini economici. Unesempio del primo caso è costituito dall’opera <strong>di</strong> Meadows, a cui si devono lestime riportate nella tabella 4.1, tratta da [18].In tabella 4.1, sono riportati, in corrispondenza <strong>di</strong> ciascun materiale, la stimadegli anni necessari al suo esaurimento, sulla base delle proiezioni dei consumi inbase ai dati storici e delle riserve R allora conosciute, nonché <strong>di</strong> ipotetiche risorsepari a 5 volte tale valore. È evidente che, se tali stime fossero state corrette, molte<strong>di</strong> queste riserve sarebbero già esaurite. Stu<strong>di</strong> e previsioni che hanno seguito que-Tabella 4.1: in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> esaurimento in anni (R=riserve note)R 5xR R 5xRAlluminio 31 55 Molibdeno 34 45Cromo 94 154 Gas naturale 22 49Carbone 111 150 Nickel 53 96Cobalto 60 148 Petrolio 20 50Rame 21 48 Platino 47 85Oro 9 29 Argento 13 42Ferro 93 173 Stagno 15 61Piombo 21 64 Tungsteno 28 72Manganese 46 94 Zinco 18 50Fonte: [11], tratto da [18].49


sto approccio sono stati confutati dall’accrescimento delle riserve <strong>di</strong>sponibili inseguito alle esplorazioni; inoltre, spesso gli stessi consumi hanno avuto nel tempoincrementi minori <strong>di</strong> quelli simulati con le proiezioni a partire da dati storici.Gli approcci basati sul prezzo e sul costo mirano ad in<strong>di</strong>viduare la scarsitànell’aumento dei prezzi <strong>di</strong> mercato reali (al netto degli incrementi dovuti ad inflazione)o nell’aumento dei costi reali <strong>di</strong> estrazione o raccolta. Tal stu<strong>di</strong> non hanno,finora, dato responsi concor<strong>di</strong> sull’aumento della scarsità delle risorse.4.2 Le risorse rinnovabiliLe risorse naturali, anche avendo capacità <strong>di</strong> rigenerazione, non possono accrescersiall’infinito; arriveranno ad un livello massimo compatibile con l’<strong>ambiente</strong>che le ospita (il loro habitat) e successivamente le variazioni in aumento sarannosolo tali da compensare quelle in <strong>di</strong>minuzione, vale a <strong>di</strong>re che nasceranno nuoveunità in quantità pari a quelle che muoiono nello stesso periodo <strong>di</strong> tempo. Senzaalterazioni dell’habitat il livello della risorsa si manterrà in equilibrio statico.D’altra parte, possiamo considerare che generalmente esiste anche un limiteinferiore allo stock delle risorse rinnovabili, al <strong>di</strong> sotto del quale le stessenon saranno in grado <strong>di</strong> assicurare un tasso <strong>di</strong> riproduzione tale da permetterel’accrescimento dello stock, che anzi tenderà all’estinzione.L’andamento dello stock <strong>di</strong> una risorsa rinnovabile è rappresentato dalla figura4.1.In figura 4.1 è rappresentato in asse delle ascisse il tempo; nelle or<strong>di</strong>nate, illivello N dello stock <strong>di</strong> una risorsa rinnovabile; Nmin rappresenta il livello critico,al <strong>di</strong> sotto del quale questa tenderà all’estinzione (sentiero descritto dalla curva decrescentecon origine in Nmin); al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> tale livello, invece, verosimilmenteinizierà a crescere a tassi crescenti fino a che non inizierà ad essere più restrittivoil vincolo costituito dalla competizione nello sfruttamento <strong>di</strong> un habitat da parte <strong>di</strong>altre risorse, e quin<strong>di</strong> il tasso <strong>di</strong> crescita inizierà a calare: la pendenza della curvainizia a <strong>di</strong>minuire, fino ad assestarsi in corrispondenza della retta che ha originein Nmax.<strong>La</strong> capacità <strong>di</strong> riprodursi implica che lo sfruttamento della risorsa, entro certilimiti, è compatibile con il suo mantenimento nel lungo periodo; se l’andamentodello stock nel tempo è effettivamente quello descritto in figura 4.1, ad<strong>di</strong>rittura unariduzione dello stock rispetto al suo livello massimo è associato a un più elevatotasso <strong>di</strong> crescita, perciò dopo una iniziale riduzione, il livello si mantiene stabile.Ciò è quanto può accadere, ad esempio, nello sfruttamento <strong>di</strong> un banco <strong>di</strong> pesca:con lo sfruttamento, la quantità <strong>di</strong> pesce si riduce, ma la minore competizioneper la sussistenza all’interno dei branchi permette un maggior tasso <strong>di</strong> sopravvivenzaalle singole unità, e questo permette il mantenimento della produttività; in50


Figura 4.1: Evoluzione delle risorse rinnovabiliNmaxNmin0tpresenza <strong>di</strong> uno sfruttamento eccessivo, il banco <strong>di</strong> pesca può depauperarsi finoa che il numero <strong>di</strong> unità cala ad un livello tale da procurare danni irreparabili albanco.L’andamento del tasso <strong>di</strong> crescita della risorsa, se vale l’ipotesi sottostante allafigura 4.1, è rappresentato dalla figura 4.2, che evidenzia come un livello inferioreal limite imposto dall’<strong>ambiente</strong> sia associato ad un tasso <strong>di</strong> crescita massimo, cherappresenta la massima produttività “compatibile” della risorsa.Questo vuol <strong>di</strong>re che, a quel dato livello, la raccolta massima sostenibile neltempo corrisponde, in percentuale sulla <strong>di</strong>sponibilità globale, esattamente al tasso<strong>di</strong> crescita A: la raccolta della risorsa eguaglia il suo accrescimento nell’unità <strong>di</strong>tempo, e lo stock si mantiene costante.Lo sfruttamento della risorsa viene rappresentato dalla figura 4.3, in cui il fascio<strong>di</strong> rette che partono dall’origine rappresentano le possibilità <strong>di</strong> raccolta con51


Figura 4.2: andamento del tasso <strong>di</strong> crescitaA0NminNmax<strong>di</strong>fferente grado <strong>di</strong> intensità. Per semplicità, consideriamo che il processo produttivoimpieghi, oltre la risorsa naturale, soltanto il lavoro, e che la funzione <strong>di</strong>produzione possa essere rappresentata dal prodotto tra la quantità <strong>di</strong> lavoro e larisorsa naturale <strong>di</strong>sponibile, e che tale prodotto sia costante: questo permette <strong>di</strong>rappresentare la funzione con una retta, il cui coefficiente angolare consiste con laquantità <strong>di</strong> lavoro l; l’output corrisponde al valore in or<strong>di</strong>nata in corrispondenzadel dato stock <strong>di</strong> risorsa naturale.Nella figura 4.3 una quantità <strong>di</strong> lavoro l1 porta alla riduzione della risorsa allivello N1, e produce una quantità <strong>di</strong> output R1; la raccolta R è compatibile con ilmantenimento dello stock nel tempo, perché eguaglia la ricrescita A. Aumentandola quantità <strong>di</strong> lavoro impiegata, lo stock si riduce al livello N2, che permette unaproduzione più elevata anche con il vincolo della sostenibilità, perché la ricrescita52


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Figura 4.4: sfruttamento della risorsaR, ARL L L L L L1 2 3 4 5 6Lvoro superiori al l6, in corrispondenza delle quali la curva R si mantiene superiorea quella che rappresenta la capacità <strong>di</strong> ricrescita A.Infine, consideriamo cosa accade in conseguenza ai comportamenti massimizzantiil profitto. Nel nostro esempio, oltre alla risorsa naturale la produzione impiegalavoro; la funzione <strong>di</strong> costo sarà costituita dal prodotto tra il salario w e laquantità <strong>di</strong> lavoro l; possiamo assumere w costante, in quanto dovuto a forze <strong>di</strong>mercato che interessano anche altri settori <strong>di</strong> produzione; in questo caso, la rappresentazionedella funzione consisterà in una retta crescente dall’origine degli assicartesiani. Il ricavo G sarà dato dal prodotto tra il prezzo p e la quantità raccolta;se, per semplicità, consideriamo costante anche p, la funzione dei ricavi sarà unasemplice trasformata lineare <strong>di</strong> R, come precedentemente descritta in figura 4.4.In figura 4.5 abbiamo la rappresentazione delle curve <strong>di</strong> costo e <strong>di</strong> ricavo. Ilcomportamento ottimizzante dei soggetti produttori porta a <strong>di</strong>versi risultati. Supponiamoche i salari siano fissati a w1; in caso <strong>di</strong> monopolio, o comunque in54


??>Figura 4.5: sfruttamento, costi e ricaviR, Aw1Rw2LL1 2LL3 4Lpresenza <strong>di</strong> restrizioni all’ingresso <strong>di</strong> nuovi operatori nel settore produttivo, lamassimizzazione del profitto limiterebbe la produzione all’impiego <strong>di</strong> quantità <strong>di</strong>lavoro pari a l1, perché un ulteriore, piccolo incremento della produzione sarà piùche compensato dall’incremento dei costi. In regime <strong>di</strong> concorrenza perfetta, nuovioperatori potrebbero entrare nel settore, finché tutti i ricavi vengono <strong>di</strong>stribuiticome salari (si ricor<strong>di</strong> che in questo esempio semplificato, non ci sono altri fattorida remunerare), così che si giunga al livello l2.Se il salario scende ad un livello w2, si ha una <strong>di</strong>minuzione dei costi con lacreazione <strong>di</strong> nuovi profitti; in regime <strong>di</strong> concorrenza perfetta si avrebbe un ulterioreingresso <strong>di</strong> nuovi produttori, ed il lavoro impiegato potrebbe salire a l4, che èsuperiore a quello corrispondente al massimo livello compatibile. Un basso costo<strong>di</strong> sfruttamento, in relazione al prezzo dei prodotti ottenuti dalla risorsa in questione,spinge quin<strong>di</strong> ad uno sfruttamento insostenibile della stessa. In questo caso, ènecessario un rime<strong>di</strong>o: 1. si può ipotizzare che il mercato sia talmente efficienteda incorporare nel prezzo le aspettative circa la futura riduzione della risorsa; al55


contrario, si può immaginare che le aspettative abbiano un effetto opposto, spingendoa comportamenti <strong>di</strong> accaparramento; 2. si può assumere l’intervento delloStato, con strumenti simili a quelli descritti nel capitolo precedente, per ridurre losfruttamento entro limiti sostenibili.4.3 Sfruttamento e fattore tempoL’analisi svolta nel paragrafo precedente si limita alla statica comparata, non descrive,cioè, il sentiero <strong>di</strong> assestamento da una posizione <strong>di</strong> equilibrio ad unanuova (o la transizione dall’equilibrio allo sfruttamento insostenibile e, quin<strong>di</strong>,all’esaurimento della risorsa.In modo semplificato, il tempo può essere introdotto facendo alcune precisazionicirca l’esempio dello sfruttamento delle riserve ittiche.Immaginiamo che l’accrescimento A della riserva allo stato attuale sia pari, inpercentuale, al tasso a; una quantità @ <strong>di</strong> pesce attualmente <strong>di</strong>sponibile darebbeluogo, grazie alla riproduzione e crescita, ad una quantità R1 data da:BADCE F@ ¥HGJILK ©Il valore <strong>di</strong> BA , nell’anno successivo, è ottenuto moltiplicando MA per il prezzocorrente nel periodo, a sua volta pari al prezzo attuale oltre una variazione chepuò essere positiva, negativa o nulla.BAPCQ ¥RGSITK ¥RGSITW ©NAO F@ ©UV@Il valore <strong>di</strong> rappresenta il montante, nell’anno successivo, del valore dellaquantità <strong>di</strong> pesce . Nel periodo attuale, i pescatori, scegliendo <strong>di</strong> produrre ilvalore XAO , BA sostengono un costo <strong>di</strong> opportunità, vale a <strong>di</strong>re la rinuncia al valore@ BAnel periodo successivo; tale decisione conviene se il valore attuale <strong>di</strong> èZAR [A XAOminore V@Y <strong>di</strong> F@ ; l’in<strong>di</strong>fferenza tra le due possibilità si avrà in caso <strong>di</strong> uguaglianza,che rappresenta quin<strong>di</strong> la situazione ottimale nella scelta temporale (limitatamenteal punto <strong>di</strong> vista del produttore).Imponendo tale uguaglianza, la precedente <strong>di</strong>ventaF@ \@]F@`C ¥RGSITK ©UV@ ¥RGSITW ©^@_ F@GJIbada cui, <strong>di</strong>videndo entrambi i membri dell’equazione per e moltiplicandoliper (1+s) si ottienec@_ F@ ¥HGdITW \© ¥HGJILK © C GSI<strong>La</strong>e quin<strong>di</strong>C GdITKITW ITKBedW Mf Ga56


che <strong>di</strong>ventaC e[¥HGSILK © ILK (4.1)a W<strong>La</strong> precedente equazione <strong>di</strong>ce che, in equilibrio, il tasso <strong>di</strong> sconto, al quale vieneattualizzato il valore futuro dello stock della risorsa, deve eguagliare la somma algebricatra l’incremento del valore dello daW e\¥RGgIhK ©stock –dato – e l’incrementonaturale a della risorsa.Tassi <strong>di</strong> sconto più elevati comporterebbero un minor valore attuale <strong>di</strong> equin<strong>di</strong> una maggior convenienza allo sfruttamento imme<strong>di</strong>ato.Questo significa che, introdotto un certo tasso <strong>di</strong> sconto, dato dai ren<strong>di</strong>menti<strong>di</strong> attività alternative, se una risorsa naturale ha un tasso <strong>di</strong> riproduzione relativamentebasso, le forze <strong>di</strong> mercato spingeranno comunque verso uno sfruttamentoZAR BAeccessivo, con tendenza all’esaurimento della risorsa.D’altra parte, l’equazione 4.1 non ci mostra, nel tasso <strong>di</strong> sconto, uno strumentoper l’intervento a salvaguar<strong>di</strong>a della risorsa, nel senso che tassi <strong>di</strong> scontomeno elevati possono essere uno stimolo ad investire per aumentare la capacitàproduttiva ed accelerare il processo <strong>di</strong> esaurimento della risorsa stessa.L’intervento dell’autorità, in presenza del fallimento del mercato, dovrebbeseguire gli schemi già noti della fissazione <strong>di</strong> standard <strong>di</strong> salvaguar<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> imposteetc. che, nella 4.1 si manifesterebbero attraverso gli effetti su dp.4.4 L’estinzione delle risorse naturaliIn seguito a quanto detto finora, l’estinzione delle risorse naturali è riconducibilea: 1. le risorse possono essere raccolte ad un costo relativamente basso, comeaccade nel caso del bracconaggio; 2. lo sconto applicato nelle decisioni <strong>di</strong> sfruttamentoè elevato; 3. la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> libero accesso alle risorse può accentuare illoro sfruttamento; 4. le risorse naturali rinnovabili presentano un grado <strong>di</strong> inter<strong>di</strong>pendenza,perciò lo sfruttamento <strong>di</strong> una può influire negativamente su un’altrae causarne l’estinzione; 5. sebbene molte specie abbiano un prezzo pari a zero,e quin<strong>di</strong> non siano sfruttate <strong>di</strong>rettamente, accade che venga invece sottoposto aconversione per usi alternativi il loro habitat: la deforestazione per il taglio dellegname e l’impiego agricolo o zootecnico del suolo comporta la riduzione ed ilpericolo <strong>di</strong> estinzione <strong>di</strong> varie specie; 6. nell’analisi delle decisioni <strong>di</strong> sfruttamento,il prezzo <strong>di</strong> riferimento –il prezzo <strong>di</strong> mercato– corrisponde a quello espressoin corrispondenza della richiesta <strong>di</strong> consumo <strong>di</strong> una certa quantità della risorsa, enon al valore assegnato alla sua conservazione (valore <strong>di</strong> opzione o intrinseco).Come si vede, solo alcune cause sono riconducibili ad una decisione <strong>di</strong> massimizzazionedel profitto nello sfruttamento <strong>di</strong> una risorsa; altre sono invece da ricollegarsiad esternalità negative, in quanto lo sfruttamento <strong>di</strong> una risorsa produceuna riduzione <strong>di</strong> altre per le quali non viene pagato un prezzo.57


L’allarme lanciato dagli ambientalisti <strong>di</strong>pende dal fatto che non si conoscel’effetto dell’esaurimento delle risorse naturali sui trend evolutivi; se pure si puòammettere che la scelta <strong>di</strong> rinunciare ad una risorsa naturale possa essere opportunaall’interno <strong>di</strong> un’analisi economica ottimizzante, le riserve su tale opportunitàsorgono quando si prende in considerazione valori <strong>di</strong> opzione o intrinseci, e qualorasi ammettano le nostre lacune sulle conseguenze <strong>di</strong> natura biologica; questeultime possono avere un notevole rilievo dal punto <strong>di</strong> vista economico per <strong>di</strong>versimotivi: 1. la per<strong>di</strong>ta potrebbe riguardare specie vegetali o animali da cui siapossibile ricavare sostanze e materiali utili per l’uomo; 2. la bio<strong>di</strong>versità ha unvalore aggiunto nell’attività agricola e zootecnica; l’impoverimento del patrimoniogenetico comporta danni all’attività economica a causa <strong>di</strong> malattie e cali <strong>di</strong>ren<strong>di</strong>mento; 3. le varie specie viventi, nel rapporto organico del complesso ecosistema,svolgono una funzione <strong>di</strong> sostegno alla vita; molta parte <strong>di</strong> questa funzionesi svolge attraverso meccanismi non ancora noti.Sebbene sia possibile concepire, a livello logico, che la sostituzione delle risorsenaturali con capitale prodotto possa ovviare a questi problemi, una buonaragione per indurre alla cautela è data dall’irreversibilità dei fenomeni <strong>di</strong> estinzione.4.5 Le risorse non rinnovabiliPer le risorse non rinnovabili, non esiste una capacità <strong>di</strong> riproduzione, in quantoo l’orizzonte temporale non è compatibile con l’azione dell’uomo, o perché lerisorse si sono formate durante il raffreddamento della crosta terrestre e quin<strong>di</strong> lafase <strong>di</strong> produzione è definitivamente chiusa.L’equazione 4.1, in questo caso, <strong>di</strong>ventaiC a (4.2)Wche significa che lo sfruttamento delle risorse deve essere tale da rendere la variazionedel suo prezzo pari al tasso <strong>di</strong> sconto; in altre parole, se il tasso <strong>di</strong> riferimentoè dell’8<strong>La</strong> 4.2 è chiamata “regola <strong>di</strong> Hotelling” dal nome dell’economista HaroldHotelling, che la enunciò nel 1931 dopo aver effettuato stu<strong>di</strong> sull’economia delsettore minerario.Si noti che nella 4.1, come nella 4.2, sono trascurati i costi <strong>di</strong> raccolta/estrazione;qualora questi vengano presi in considerazione, il prezzo della risorsa è datodal prezzo <strong>di</strong> mercato del prodotto estratto, meno il costo <strong>di</strong> estrazione:jkClmfon58


e la 4.2 <strong>di</strong>ventajhC a (4.3)W<strong>La</strong> <strong>di</strong>fferenza tra prezzo <strong>di</strong> mercato e costo <strong>di</strong> estrazione viene chiamata royaltycon riferimento al <strong>di</strong>ritto del sovrano al pagamento <strong>di</strong> una ren<strong>di</strong>ta per lo sfruttamentodelle risorse minerarie. Il valore della royalty tende a crescere in virtùdell’aumentata scarsità della risorsa; il processo <strong>di</strong> estrazione, che riduce la <strong>di</strong>sponibilità<strong>di</strong> quest’ultima, deve essere tale da implicare una W jvariazione chesod<strong>di</strong>sfi la 4.3.Come già notato a proposito dello sfruttamento delle risorse rinnovabili, la 4.3non introduce uno strumento, ma segnala un sentiero ottimale <strong>di</strong> variazione delleriserve; <strong>di</strong>minuzioni del tasso <strong>di</strong> sconto potrebbero aver effetti incerti, in quanto lapolitica <strong>di</strong> prezzo della risorsa viene controbilanciata dal possibile aumento dellarichiesta.Possiamo chiederci, ora, come si ponga il problema della esauribilità delle risorsecon la sostenibilità del sistema economico. Un’economia basata su risorsenon rinnovabili dovrebbe apparire insostenibile. Tuttavia, ciò non è necessariamentevero: R. Solow (1974) e Stiglitz (1979) hanno <strong>di</strong>mostrato che è possibileche il livello dei consumi, in termini reali, restino costanti nel tempo se sonosod<strong>di</strong>sfatte, alternativamente, le seguenti con<strong>di</strong>zioni:1. l’elasticità <strong>di</strong> sostituzione 1 tra il capitale naturale (le risorse naturali utilizzatenella funzione <strong>di</strong> produzione) ed il capitale prodotto dall’uomo siamaggiore <strong>di</strong> uno, oppure2. l’elasticità <strong>di</strong> sostituzione è pari all’unità, e la quota <strong>di</strong> capitale prodottoimpiegato nella produzione del PNL è maggiore della quota <strong>di</strong> capitalenaturale; oppure3. l’innovazione tecnologica è tale da bilanciare l’effetto del tasso <strong>di</strong> sconto.Un’altra proposta, consistente nell’investimento delle ren<strong>di</strong>te dovute allo sfruttamentodella risorsa non rinnovabile in accumulazione <strong>di</strong> capitale, sotto certe con<strong>di</strong>zioniè possibile che si generi un livello <strong>di</strong> consumi pro capite costante, sempreche la popolazione non cresca nel tempo (Hartwick, 1977). Questo corrispondeal criterio debole della sostenibilità, che impone uno stock <strong>di</strong> capitale costante(al netto degli effetti del progresso tecnico, che ne riduce il fabbisogno, e dellacrescita demografica, che lo aumenta). Va detto che le <strong>di</strong>mostrazioni si reggonosul presupposto che siano sod<strong>di</strong>sfatte con<strong>di</strong>zioni piuttosto restrittive, fra le qualiquelle sulla elasticità <strong>di</strong> sostituzione tra capitale naturale e capitale prodotto.1 L’elasticità <strong>di</strong> sostituzione consiste nella variazione percentuale <strong>di</strong> un fattore necessaria percompensare una variazione percentuale unitaria <strong>di</strong> un altro fattore; tale valore <strong>di</strong>pende dallafunzione <strong>di</strong> produzione e dall’attuale composizione degli input utilizzati59


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