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Parte 2 - Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia

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G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S75-S78I reimpianti con cotili a stelo iliacoAcetabular reconstruction with stemmed cups in prosthesis revisionsG. Zanotti, A. Martini, C. FontanaRIASSUNTOGli autori presentano la loro esperienza nel campo delle revisioniacetabolari con <strong>di</strong>fferenti sistemi cotiloidei che utilizzano la tecnica<strong>di</strong> fissazione con stelo iliaco.Lo stu<strong>di</strong>o riguarda in primo luogo un sistema protesico modularecomposto da due componenti <strong>di</strong>stinte (coppa e stelo iliaco) assemblateme<strong>di</strong>ante cono Morse (Procotyl Z).Viene inoltre presentata una nuova evoluzione della meto<strong>di</strong>cache aggiunge gran<strong>di</strong> caratteristiche <strong>di</strong> modularità alla tecnica(OMNIA).Si tratta <strong>di</strong> una coppa emisferica provvista <strong>di</strong> 8 fori sulla sua superficie,<strong>di</strong>sposti a varia <strong>di</strong>stanza rispetto al polo, ai quali possonoessere connessi due <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> steli:1. Steli conici <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro maggiore posizionati in sede iliacaprima dellʼimpianto della coppa; la scelta tra i <strong>di</strong>versi foricotiloidei consente la regolazione dellʼinclinazione acetabolare,mentre la rotazione della coppa sul perno <strong>di</strong> ogni stelo permette<strong>di</strong> scegliere in maniera accurata lʼanti-retroversione, prima delbloccaggio del sistema.2. Steli conici <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro minore (pegs) infissi <strong>di</strong>rettamente dallʼinterno,dopo lʼimpianto della coppa.La versatilità del sistema con la possibilità <strong>di</strong> realizzare vari tipi<strong>di</strong> ancoraggio associati tra loro, unitamente alla conformazioneemisferica della coppa (effetto press-fit quando possibile), rendonopreve<strong>di</strong>bile il futuro utilizzo della meto<strong>di</strong>ca in tutti i tipi <strong>di</strong> revisioniacetabolari.Parole chiave: revisione acetabolare protesi dʼanca, cotile modularecon steli iliaci, innesti osseiSUMMARYThe authors describe their experience on acetabular revision using<strong>di</strong>fferent prosthesis systems with stemmed cups.The study mainly regards a modular acetabular system composedof two <strong>di</strong>fferent units (cup and iliac stem) linked through a Morsecone (Procotyl Z).The authors subsequently presents an evolution of the methodthrough a new stemmed cup which adds characteristics of greatmodularity to the system (OMNIA). It consists of a hemisphericAzienda USL <strong>di</strong> Ravenna, U.O. <strong>di</strong> Ortope<strong>di</strong>a, P.O. <strong>di</strong> Lugocup provided with 8 holes along its surface at <strong>di</strong>fferent <strong>di</strong>stancesfrom the pole. These holes can receive in<strong>di</strong>fferently two kinds ofstems:1. Conic iliac stems with larger <strong>di</strong>ameter set before the implantationof the cup. The choice among the <strong>di</strong>fferent holes allows amodulation of the acetabular inclination, whereas the rotation ofthe cup regulates the rotation exactly.2. Conic stems with a smaller <strong>di</strong>ameter (pegs) set from the insideafter the implantation of the cup.The versatility of this system, which offers the possibility to effectvarious types of assemblages associated among them, and thehemispheric shape of the cup (press-fit action is obtained whenis possible) suggest a wider application of this method to all theacetabular revisions in the future.Key words: acetabular cup revision, modular stemmed cup, bonegraftINTRODUZIONELa sostituzione della componente acetabolare rappresenta un tempochirurgico pressoché costante negli interventi <strong>di</strong> revisione delleartroprotesi dʼanca. Negli ultimi anni si è verificata unʼestensionedelle in<strong>di</strong>cazioni al reintervento in fasi relativamente precoci al fine<strong>di</strong> impiegare quando possibile gli stessi modelli protesici utilizzatinegli interventi <strong>di</strong> primo impianto. Ciononostante la maggior partedei <strong>di</strong>fetti ossei acetabolari presentano complessità tali da richiedereuna scelta tra i numerosi design commercializzati specificatamentecome “cotili da revisione”.I centri che come il nostro eseguono frequentemente questo tipo<strong>di</strong> chirurgia hanno progressivamente costruito la loro esperienzame<strong>di</strong>ante lʼutilizzo <strong>di</strong> prodotti con concezioni <strong>di</strong>verse in tema <strong>di</strong>fissazione e ricostruzione acetabolare.La tipologia dei casi che siamo soliti affrontare comporta la necessità<strong>di</strong> trattare <strong>di</strong>fetti acetabolari molto gravi derivanti abitualmentedalla mobilizzazione <strong>di</strong> una particolare tipologia <strong>di</strong> cotili noncementati, estesamente utilizzati in passato, che presentava unʼampiafenestratura circolare posteriore: lʼevoluzione costantementeriscontrata è caratterizzata dalla formazione <strong>di</strong> estese osteolisi prevalentementeretrocotiloidee originate dal debridement del polietilene(backside wear); quadri clinici spesso scarsamente sintomaticisi contrappongono ad aspetti ra<strong>di</strong>ografici estremamente gravi, conosteolisi iliache che per la loro estensione possono presentareimmagini “similneoplastiche”.S75


Reimpianti con cotili a stelo iliacoMATERIALI E METODIIn relazione alla complessità della nostra casistica, la scelta èprogressivamente ricaduta verso sistemi che prevedono la tecnicadella fissazione cotiloidea con stelo iliaco: lʼesperienza, iniziatacon il cotile McMinn 1 si è successivamente evoluta con lʼimpiego<strong>di</strong> un cotile modulare costituito da due componenti <strong>di</strong>stinte (steloe coppa) assemblate me<strong>di</strong>ante cono Morse, denominato Procotyl Z(Wright) (Fig. 1).Lo stelo acetabolare, <strong>di</strong> forma conica e <strong>di</strong>sponibile in 4 <strong>di</strong>fferentilunghezze, è dotato <strong>di</strong> alette ra<strong>di</strong>ali che ben si oppongono alle sollecitazioniin senso rotazionale.La coppa acetabolare è <strong>di</strong>sponibile in 4 <strong>di</strong>ametri (46, 48, 52 e 56);può accogliere inserti in polietilene, metallo o ceramica, rendendoperciò possibile tutti i tipi <strong>di</strong> accoppiamento.Dal 2002 al 2006 sono state effettuate 130 revisioni acetabolari,99 delle quali con impianto <strong>di</strong> cotile a stelo iliaco Procotyl Z: in124 casi si trattava <strong>di</strong> mobilizzazioni <strong>di</strong> tipo asettico mentre in 6casi lʼimpianto ha costituito il secondo tempo chirurgico dopo unamobilizzazione <strong>di</strong> tipo settico.Seguendo la classificazione delle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> sostanza proposta daPaprosky 2 , abbiamo evidenziato 19 casi <strong>di</strong> grado 2, 62 casi <strong>di</strong>grado 3 e 49 casi <strong>di</strong> grado 4.La revisione della componente femorale è stata effettuata in soli 66<strong>di</strong> questi 130 casi; lʼanomalia <strong>di</strong> questo rapporto rispetto a quantoriportato dalle più frequenti casistiche risiede proprio nel costantefallimento precoce della tipologia <strong>di</strong> cotile sopramenzionato (Fig. 2).Lʼetà me<strong>di</strong>a dei pazienti è stata <strong>di</strong> 76 anni, il follow-up me<strong>di</strong>o <strong>di</strong>30 mesi (6-54 mesi).In tutti i casi sono stati utilizzati innesti ossei omologhi corticospongiosiprovenienti dalla banca del tessuto muscolo-scheletricodellʼIstituto Rizzoli <strong>di</strong> Bologna.Fig. 2. Paziente <strong>di</strong> 78 anni: A destra, esiti <strong>di</strong> revisione acetabolare con cotile Procotyl Z eseguita nel2002; si apprezza l’avvenuta ricostituzione della massa ossea con riabitazione degli innesti. A sinistramobilizzazione cotiloidea asintomatica, con grave osteolisi retrocotiloidea (backside wear).È stato sempre utilizzato lʼapproccio postero-laterale con il pazientein decubito laterale; riteniamo infatti che questa via offra alchirurgo un accesso più facile durante il posizionamento del filoguida; questo tempo definisce lʼinclinazione dello stelo iliaco erappresenta pertanto il passaggio car<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tutto lʼintervento.La valutazione intraoperatorio del posizionamento del filo guida èstata sempre controllata me<strong>di</strong>ante amplificatore <strong>di</strong> brillanza nellasola proiezione anteroposteriore; il successivo utilizzo <strong>di</strong> un palpatoresmusso sul tipo <strong>di</strong> quello utilizzato in chirurgia vertebrale perle stabilizzazioni peduncolari è sempre sufficiente per un sicuroaccertamento <strong>di</strong> parete dei due tavolati dellʼosso iliaco.La possibilità <strong>di</strong> impiantare le due componenti in successioneseparata ha comportato una semplificazione della tecnica chirurgica,con capacità <strong>di</strong> regolare in maniera precisa lʼanti-retroversionecotiloidea dopo avere impiantato lo stelo iliaco.Dopo lʼinserimento dello stelo si è <strong>di</strong>mostrata inoltre più precisala ricostruzione dei <strong>di</strong>fetti acetabolari me<strong>di</strong>ante una accurata compattazionedegli innesti ossei nella spongiosa che circonda lo steloprima dellʼimpianto definitivo della coppa.Lʼimpianto in due passaggi separati <strong>di</strong> stelo ilaco e coppa è statoutilizzato in 79 casi e rappresenta la regola nei casi più complessiIl protocollo riabilitativo postoperatorio ha previsto lo scaricototale dellʼanca per 30 gg e successivamente un carico progressivoassistito per altri 2 mesi.RISULTATI E CONSIDERAZIONIFig. 1. Stemmed cup modulare Procotyl Z (Wright).Abbiamo ricontrollato 88 pazienti, tutti operati con il sistemaProcotyl Z.Allo stato attuale è stata eseguita unʼunica revisione (precoce)<strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> cotile, che esula oltretutto da questa casisticain quanto si trattava <strong>di</strong> un caso <strong>di</strong> primo impianto in esiti traumaticiacetabolari con <strong>di</strong>sgiunzione pelvica; abbiamo verificatolʼesattezza <strong>di</strong> questi dati avvalendoci delle informazioni fornitedal Registro <strong>di</strong> Implantologia Protesica Ortope<strong>di</strong>ca della RegioneEmilia Romagna (RIPO).S76


G. Zanotti et al.In un caso <strong>di</strong> successiva infezione dello stelo protesico precedentementelasciato in situ (madreporico tipo Lord), abbiamo procedutoad un reimpianto in due tempi senza rimuovere la stemmed cup,in quanto assolutamente stabile. Il paziente non presenta segni <strong>di</strong>reci<strong>di</strong>va dellʼinfezione a 18 mesi dallʼultimo intervento.Sono stati registrati 3 casi <strong>di</strong> lussazione, tutti avvenuti dopointerventi <strong>di</strong> revisione che hanno previsto il reimpianto della solacomponente acetabolare.Il sistema si è <strong>di</strong>mostrato estremamente affidabile dal punto <strong>di</strong>vista meccanico ed ha consentito la risoluzione <strong>di</strong> casi ad estremacomplessità locale.La grande stabilità primaria dellʼimpianto conferita dalla fissazioneiliaca determina una <strong>di</strong>minuzione assoluta delle sollecitazioni meccanichesulla parete me<strong>di</strong>ale dellʼacetabolo: questa affermazione èconvalidata dalla costante evidenza ra<strong>di</strong>ografica <strong>di</strong> riabilitazionedegli innesti con ricostituzione <strong>di</strong> tessuto osseo strutturato periprotesico.Lʼutilizzo complementare <strong>di</strong> osso omologo ha consentito lʼimpiego<strong>di</strong> coppe <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro relativamente piccolo anche in presenza <strong>di</strong>gravissimi <strong>di</strong>fetti acetabolari, ottenendo a guarigione avvenutaevidenti incrementi della massa ossea a carico del bacino.NUOVA EVOLUZIONE DELLA METODICA: IL COTILE OMNIAFig. 3. Immagine del cotile modulare OMNIA (Adler Ortho). Due esempi <strong>di</strong> modalità <strong>di</strong> posizionamentodei <strong>di</strong>versi steli iliaci.Fig. 4. Esempio <strong>di</strong> revisione acetabolare bilaterale con stemmed cups. A destra cotile OMNIA stabilizzatocon stelo iliaco e peg supplementare; si apprezza il risparmio <strong>di</strong> tessuto osseo consentito dallaconformazione emisferica della coppa.Sulla base <strong>di</strong> tale esperienza da noi giu<strong>di</strong>cata come estremamentepositiva, viene presentata unʼevoluzione della meto<strong>di</strong>ca che puòessere definita a tutti gli effetti come un nuovo sistema <strong>di</strong> revisioneacetabolare, denominato OMNIA (Adler Ortho).La meto<strong>di</strong>ca consente <strong>di</strong> scegliere tra <strong>di</strong>versi sistemi <strong>di</strong> fissazioneiliaca (isolati o variamente associati tra loro), per cui si proponecome utilizzabile in tutti i tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti ossei (Fig. 3).Oltre ad implementare le caratteristiche <strong>di</strong> modularità, il design dellʼimpiantoconsente un risparmio <strong>di</strong> tessuto osseo acetabolare nettamentesuperiore rispetto ai <strong>di</strong>versi modelli in commercio (Fig. 4).Si tratta <strong>di</strong> una coppa emisferica costruita in titanio e rivestita <strong>di</strong>idrossiapatite; <strong>di</strong>sponibile in 10 <strong>di</strong>ametri (da 48 a 66 mm), è dotata<strong>di</strong> 8 fori (<strong>di</strong>am. 9 mm) che si svolgono lungo la sua superficie avaria <strong>di</strong>stanza angolare rispetto al polo. Questi fori possono accoglierein<strong>di</strong>fferentemente 2 <strong>di</strong>versi sistemi <strong>di</strong> steli utilizzabili perlʼancoraggio iliaco:1. Steli conici <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro maggiore (14 mm alla base) posizionatidallʼesterno prima dellʼimpianto della coppa: la scelta tra i<strong>di</strong>versi fori cotiloidei consente la modulazione dellʼinclinazioneacetabolare, con successive variazioni <strong>di</strong> 5°, mentre la rotazionedella coppa sul perno <strong>di</strong> ogni stelo permette <strong>di</strong> variare inmaniera accurata lʼanti-retroversione, prima del bloccaggio delsistema.2. Steli conici (pegs) <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro minore (9 mm alla loro base)infissi <strong>di</strong>rettamente dallʼinterno, dopo lʼimpianto della coppa.Entrambi i tipi <strong>di</strong> steli, <strong>di</strong>sponibili in varie misure (da 15 a 70 mm),sono dotati <strong>di</strong> alette ra<strong>di</strong>ali ad effetto antirotazionale e sono dotati<strong>di</strong> una vite <strong>di</strong> serraggio che assicura la loro stabilizzazione angolarealla coppaLa meto<strong>di</strong>ca prevede inoltre in alternativa la possibilità <strong>di</strong> fissazionedella coppa me<strong>di</strong>ante viti che <strong>di</strong>spongono anchʼesse <strong>di</strong> unsistema <strong>di</strong> bloccaggio a stabilizzazione angolare rispetto al cotile.I vantaggi teorici che si possono in<strong>di</strong>viduare sono numerosi:– A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto avviene negli altri sistemi analoghi,risulta possibile una fine regolazione <strong>di</strong> tutti i parametri <strong>di</strong>impianto della coppa (inclinazione e antiversione) anche dopoavere effettuato la scelta della sede <strong>di</strong> alloggiamento dello steloiliaco. Imperfezioni <strong>di</strong> inclinazione nel posizionamento dellostelo possono pertanto essere agevolmente compensate me<strong>di</strong>antela scelta del foro utilizzato per assemblare il cotile.– La fissazione iliaca può essere implementata a piacere a secondadella complessità del caso in oggetto.– È possibile utilizzare steli iliaci <strong>di</strong> minori <strong>di</strong>mensioni (pegs)posizionati <strong>di</strong>rettamente dallʼinterno della coppa.– La conformazione emisferica della coppa e la <strong>di</strong>sponibilità intutti i <strong>di</strong>ametri permette quando possibile un effetto press-fit.Lʼimpianto a press-fit completato da pegs <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioniconferiscono al sistema aspetti ra<strong>di</strong>ografici sovrapponibili ad unmontaggio primary (Fig. 5).– I pegs possono essere impiegati anche per fissazioni ausiliarie inregione pubica e/o ischiatica.S77


Reimpianti con cotili a stelo iliacoCONCLUSIONILa revisione acetabolare con fissazione iliaca rappresenta secondola nostra esperienza una scelta assai affidabile e dotata <strong>di</strong> una brevecurva <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento.La stabilità primaria ottenibile anche nei casi <strong>di</strong> gravissimi <strong>di</strong>fettiossei non è assolutamente paragonabile a quella <strong>di</strong> altri sistemi.Non abbiamo mai osservato formazione <strong>di</strong> zone <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>olucenza neltessuto osseo a<strong>di</strong>acente allo stelo iliaco: ciò rappresenta a nostroavviso la migliore in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> stabilità dellʼimpianto.Ci sembra possibile affermare che lʼintroduzione delle descrittecaratteristiche <strong>di</strong> modularità abbiano notevolmente semplificato latecnica della fissazione iliaca nelle revisioni acetabolari. Riteniamoche le numerose opzioni <strong>di</strong> scelta del sistema OMNIA possanocontribuire ad estendere lʼapplicazione <strong>di</strong> tale meto<strong>di</strong>ca, a torto inpassato etichettata come “pericolosa, <strong>di</strong>fficile e invasiva” 4 .Fig. 5. Esempio <strong>di</strong> impianto del cotile OMNIA con 2 steli iliaci <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro minore (pegs) applicatidall’interno dopo il posizionamento della coppa acetabolare.RingraziamentiSusanna Stea e Barbara Bor<strong>di</strong>ni: Registro <strong>di</strong> Implantologia ProtesicaOrtope<strong>di</strong>ca della Regione Emilia Romagna (RIPO).– La procedura <strong>di</strong> impaction grafting 3 risulta oltremodo miglioratadalla possibilità <strong>di</strong> essere eseguita anche dopo lʼimpiantodella coppa, semplicemente rimuovendo dallʼinterno i tappi chechiudono i fori da 9 mm presenti.Il nuovo sistema OMNIA è stato introdotto nellʼanno in corso e<strong>di</strong>mpiegato fino ad oggi in 25 casi.BIBLIOGRAFIA1McMinn Dj, Griorgis P, Roberts P. A stemmed acetabular cup for complexhip arthroplasty. J Bone Joint Surgery Br 1993;75(Suppl.2):123-7.2Paprosky WG, Perona PG, Lawrence JM. Acetabular defefct classificationand surgical reconstruction in revision arthroplasty. J Athroplasty1994;9:33-44.3Paprosky WG, Magnus RE. Principles of bone grafting in revision hiparthroplasty. Clin Orthop 1994;298:147-55.4Eisler T, Svensson O, Muren C, et al. Early loosening of stemmed McMinncup. J Arthroplasty 2001;16;871-6.S78


G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S79-S84Allotrapianti nella chirurgia <strong>di</strong> revisione del cotileAllogenic bone graft for acetabular reconstruction in revision hip arthroplastyA. Causero, P. Di Benedetto, A. Beltrame, P. MenossoRIASSUNTONonostante gli interventi chirurgici <strong>di</strong> artroprotesi dʼanca raggiunganorisultati eccellenti nel 90% dei casi, un aumento del numero <strong>di</strong>primi impianti porta inevitabilmente ad un incremento <strong>di</strong> interventi<strong>di</strong> revisione.Lʼincidenza delle revisioni <strong>di</strong> protesi totali <strong>di</strong> anca (PTA) varia,dal 8% secondo il Registro Svedese al 18% secondo dati statisticistatunitensi.La chirurgia <strong>di</strong> revisione della componente acetabolare è una sfidaper il chirurgo, soprattutto quando è complicata da una per<strong>di</strong>ta delbone stock.Le comuni in<strong>di</strong>cazioni alla revisione acetabolare sono la mobilizzazioneasettica, lʼinfezione, lʼosteolisi periprotesica, lʼusura elʼinstabilità. La scelta corretta del tipo <strong>di</strong> innesto osseo <strong>di</strong>pendedallʼentità del <strong>di</strong>fetto, dalla sua localizzazione e dalle proprietàbiologiche dellʼinnesto prescelto.Dal febbraio 2001 al gennaio 2006 sono stati sottoposti ad interventochirurgico <strong>di</strong> revisione della componente acetabolare 40 pazienti,utilizzando osso morcellizzato o innesto osseo strutturale e unacomponente acetabolare o un anello <strong>di</strong> rinforzo non cementati.I dati emersi dallʼultimo follow-up hanno evidenziato un tasso <strong>di</strong>successo del 92,5% dal punto <strong>di</strong> vista sia clinico sia ra<strong>di</strong>ografico.Lʼutilizzo <strong>di</strong> alloinnesti, sia <strong>di</strong> osso morcellizato sia strutturali, e <strong>di</strong>componenti acetabolari non cementate nelle revisioni <strong>di</strong> cotile condeficit osseo garantiscono un elevato tasso <strong>di</strong> successo con buonrisultato sia clinico sia ra<strong>di</strong>ografico.Parole chiave: revisione, componente acetabolare, allograft, morcellizzato,innesto strutturaleSUMMARYAlthough total hip arthroplasty is successful in about 90% ofpatients, revision surgery is becoming more common. The prevalenceof revision hip arthroplasty is 18% in the United States and8% in the Swe<strong>di</strong>sh registry. The surgical strategy for revision of theacetabular component is determined by available host bone stock.Clinica Ortope<strong>di</strong>ca e Traumatologica, Università <strong>di</strong> U<strong>di</strong>neIn<strong>di</strong>rizzo per la corrispondenza:Prof. Araldo Causero, Azienda Ospedaliero-Universitaria <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne, Clinica Ortope<strong>di</strong>ca eTraumatologica, Università <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne, p.le S.M. della Misericor<strong>di</strong>a 15, 33100 U<strong>di</strong>ne. Tel.+39 432 559464; fax: +39 432 559298; e-mail: araldo.causero@med.uniud.itThe in<strong>di</strong>cations for acetabular revision include symptomatic asepticloosening, failure of fixation, infection, wear, osteolysis an<strong>di</strong>nstability. The selection of an appropriate bone graft is influencedby the size of the bone defect, the location, the biology of the bonegraft, and whether the graft is required for structural support. Allpatients had been evaluated clinically and ra<strong>di</strong>ographically (Rxstandard and Computed Tomography) prior to the revision surgery.Failure of total hip arthroplasty with acetabular deficiency occurre<strong>di</strong>n 40 patients and was treated with acetabular revision usingmorselized allograft or bulk structural allograft and cementlessacetabular component between February 2001 and January 2006.At the latest follow-up examination, 92,5% of the hips were successfulboth clinically and ra<strong>di</strong>ologically. Performance of a revisiontotal hip arthroplasty with a cementless acetabular componentand allograft to treat acetabular bone loss can provide a durablesolution with good clinical results.Key words: revision hip surgery, acetabular, allograft, morselized,sructural graftINTRODUZIONENegli ultimi anni stiamo assistendo ad un aumento progressivodel numero <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> artroprotesi dʼanca che ha portato apiù <strong>di</strong> 600.000 impianti allʼanno in Europa 1 . Naturalmente questoincremento <strong>di</strong> primi impianti, associato ad un allargamentodelle in<strong>di</strong>cazioni alla chirurgica protesica, compresa unʼetà piùbassa dei pazienti, porta inevitabilmente ad un incremento delnumero <strong>di</strong> revisioni, che negli USA si stima raddoppierà nel 2026.Attualmente lʼincidenza <strong>di</strong> revisioni delle PTA varia a seconda dellecasistiche dal 8% (Registro Svedese) 2 3 al 18% (USA) 4 . La chirurgia<strong>di</strong> revisione della componente acetabolare è per il chirurgouna vera e propria sfida, in particolar modo quando vi è associataunʼimportante per<strong>di</strong>ta del bone stock. La per<strong>di</strong>ta del bone stock è unproblema crescente soprattutto in quei pazienti che vanno incontroa più interventi <strong>di</strong> revisione. La mobilizzazione asettica è la causapiù comune <strong>di</strong> fallimento delle protesi dʼanca sia cementate sia noncementate ed in particolare lʼosteolisi periprotesica è la causa piùfrequente <strong>di</strong> mobilizzazione asettica. Infatti lʼusura dei materialiprotesici esita nella formazione <strong>di</strong> numerose particelle <strong>di</strong> detritiche superano la capacità <strong>di</strong> clereance articolare dei vasi linfatici,causando, quin<strong>di</strong>, una risposta biologica complessa che coinvolgelʼattivazione <strong>di</strong> cellule infiammatorie comprese quelle macrofagiche.In particolare i macrofagi attivati rilasciano me<strong>di</strong>atori comelʼinterleuchina 1 e 6, TNF e prostaglan<strong>di</strong>na E2 che inducono ilriassorbimento osseo da parte degli osteoclasti. Bisogna peròS79


Allotrapianti nella chirurgia <strong>di</strong> revisione del cotilericordare che lʼattivazione macrofagica <strong>di</strong>pende dalla <strong>di</strong>mensione,concentrazione e composizione delle particelle. Infatti, particelledelle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> 7 μm non posso essere fagocitate dai macrofagimentre particelle <strong>di</strong> minori <strong>di</strong>mensioni inducono più facilmente unarisposta citochimica con osteolisi periprotesica. Per quanto riguardai materiali è stato <strong>di</strong>mostrato che il cromo-cobalto a <strong>di</strong>fferenzadel titanio e del polietilene non causa una risposta macrofagica. Leparticelle <strong>di</strong> detriti posso essere <strong>di</strong> metallo, polietilene e polimetilmetacrilatoe derivano dai macromovimenti a livello delle superficiarticolari e dai micromovimenti che si verificano allʼinterfacciametallo-osso, metallo-cemento e cemento-osso 5 .Il fallimento della componente acetabolare nelle artroprotesi totali<strong>di</strong> anca è frequentemente associato a lesioni osteolitiche. I <strong>di</strong>fettiossei che ne risultano possono quin<strong>di</strong> non garantire il necessariosupporto strutturale alla nuova componente acetabolare inficiandonela stabilità. Il tasso <strong>di</strong> fallimento meccanico con lʼuso <strong>di</strong> coppeacetabolari cementate nella chirurgia <strong>di</strong> revisione è decisamenteelevato, variando a seconda delle casistiche e del follow-up dal17% al 93% 6 . Tuttavia anche lʼutilizzo <strong>di</strong> componenti acetabolariavvitate o bipolari non garantisce risultati sod<strong>di</strong>sfacenti. Negliultimi 10 anni lʼinnesto <strong>di</strong> osso allogenico è <strong>di</strong>ventato una praticacomune tra le tecniche <strong>di</strong> ricostruzione dellʼacetabolo nellachirurgia <strong>di</strong> revisione dellʼanca. Innesti strutturali possono essereutilizzati in caso <strong>di</strong> deficit del bordo acetabolare che non consentonounʼadeguata contenzione della coppa allʼinterno della cavitàcotiloidea. Al contrario, la presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti cavitari con bordoacetabolare conservato prevede lʼutilizzo <strong>di</strong> osso morcellizzato.Lʼobiettivo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare il risultato siaclinico sia ra<strong>di</strong>ografico dellʼutilizzo <strong>di</strong> componenti acetabolari noncementate associate ad innesto osseo allogenico nelle revisioni delcotile, prendendo in considerazione anche eventuali complicanzeintraoperatorie e postoperatorie.CLASSIFICAZIONE DEI DIFETTI OSSEI ACETABOLARIQuando ci si trova a dover revisionare un cotile non bisogna consideraresolo il tipo <strong>di</strong> impianto che si va a revisionare. Il chirurgodeve esaminare molto attentamente le cause che hanno determinatoil fallimento dellʼimpianto, con particolare riguardo allʼosteolisi ealla migrazione della componente acetabolare e, quin<strong>di</strong>, cercare <strong>di</strong>costruirsi una visione tri<strong>di</strong>mensionale dei <strong>di</strong>fetti ossei che si possonoriscontrare in quel tipo <strong>di</strong> fallimento. Un <strong>di</strong>fetto cavitario alivello dellʼileo superiore solitamente è un <strong>di</strong>fetto osseo contenutocon margine del cotile conservato e stabile. Mentre una componenteacetabolare che è migrata o si è <strong>di</strong>slocata solitamente si associaad importante osteolisi con deficit del bordo cotiloideo superiore eposteriore. Naturalmente questi <strong>di</strong>fetti ossei richiedono trattamenti<strong>di</strong>versi e <strong>di</strong>versi innesti allogenici. Sia lʼAmerican Academy ofOrthopae<strong>di</strong>c Surgeonsʼ Classification of Acetabular Defects 7 siail sistema <strong>di</strong> classificazione proposto da Paprosky 8 che la classificazioneproposta dal GIR 9 offrono un utile sta<strong>di</strong>azione dei <strong>di</strong>fettiossei con relativa in<strong>di</strong>cazione alla strategia <strong>di</strong> revisione. La classificazionedellʼAAOS raggruppa i <strong>di</strong>fetti ossei per tipo e localizzazione,ma non ne quantifica lʼentità. Sono, quin<strong>di</strong>, classificati come<strong>di</strong>fetti contenuti, segmentali, combinati (contenuti e segmentali) e<strong>di</strong>scontinuità pelvica. Questo tipo <strong>di</strong> classificazione è la più <strong>di</strong>ffusatra i lavori pubblicati in letteratura. La classificazione <strong>di</strong> Paprosky,al contrario, è basata sullʼentità del <strong>di</strong>fetto osseo e sulla possibilità<strong>di</strong> ottenere una fissazione non cementata per un determinato tipo<strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto osseo. Il punto car<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> questo sistema classificativosta nel determinare la capacità del bone stock residuo <strong>di</strong> garantirela stabilità iniziale dellʼimpianto. Un <strong>di</strong>fetto tipo I è caratterizzatoda assenza <strong>di</strong> alterazioni del bordo cotiloideo. Un <strong>di</strong>fetto tipo II daalterazioni del bordo cotiloideo che appare comunque intatto, mentreun <strong>di</strong>fetto tipo III presenta un bordo cotiloideo incontinente. Peril corretto inquadramento dei <strong>di</strong>fetti sono necessarie alcune tecniche<strong>di</strong> imaging a nostra <strong>di</strong>sposizione. Una tomografia computerizzata,eventualmente con ricostruzione 3D, e stu<strong>di</strong>o ra<strong>di</strong>ografico in proiezioneantero-posteriore, assiale ed eventuali oblique permettono alchirurgo <strong>di</strong> pianificare lʼintervento. Gli elementi ra<strong>di</strong>ografici che cipossono aiutare a quantificare e classificare il <strong>di</strong>fetto osseo sono:la migrazione superiore del centro <strong>di</strong> rotazione dellʼanca; lʼosteolisia livello dellʼischio: lʼosteolisi della lacrima; la posizione dellʼimpiantorispetto alla linea <strong>di</strong> Kohler. La migrazione superiore in<strong>di</strong>caun <strong>di</strong>fetto osseo del tetto dellʼacetabolo che coinvolge le colonneanteriore e posteriore. Se la migrazione superiore è laterale è presentemaggior interessamento della colonna posteriore, se me<strong>di</strong>ale<strong>di</strong> quella anteriore. Questa <strong>di</strong>stanza viene calcolata in millimetririspetto alla linea otturatoria superiore. Lʼosteolisi ischiatica in<strong>di</strong>cauna per<strong>di</strong>ta dʼosso della porzione inferiore della colonna posteriorecompresa la parete posteriore. È calcolata misurando la <strong>di</strong>stanza frala porzione più inferiore dellʼarea osteolitica e la linea otturatoriasuperiore. Lʼosteolisi della lacrima in<strong>di</strong>ca un coinvolgimento dellaporzione inferiore e me<strong>di</strong>ale dellʼacetabolo. La migrazione me<strong>di</strong>aledella componente acetabolare rispetto alla linea <strong>di</strong> Kohler in<strong>di</strong>ca uninteressamento della colonna anteriore. In base a queste caratteristichepossiamo quin<strong>di</strong> classificare il <strong>di</strong>fetto acetabolare in: tipo I;tipo II A-B-C; tipo III A-B (Tab. I).Tab. I. Classificazione <strong>di</strong> Paprosky dei <strong>di</strong>fetti ossei acetabolari.Tipo Relazione tra componente e linea <strong>di</strong> Kohler Migrazione verticale Lisi ischiatica LacrimaI Laterale Minima Minima IntattaIIa Laterale Minima Minima IntattaIIb Laterale < 3 cm Minima IntattaIIc Me<strong>di</strong>ale Minima Minima InteressataIIIa Laterale > 3 cm Me<strong>di</strong>a/moderata IntattaIIIb Linea <strong>di</strong> Kohler interessata > 3 cm Severa InteressataS80


A. Causero et al.MATERIALI E METODIAbbiamo controllato una serie <strong>di</strong> 40 pazienti che avevano subitointervento <strong>di</strong> protesi totale dʼanca e che tra il 2001 e il 2005 sono statisottoposti a revisione della componente acetabolare. Tutti i pazientisono stati valutati preoperatoriamente con esame clinico ed indaginistrumentali che prevedevano RX bacino per anche, TC, Scintigrafiaossea, esame emocromocitometrico con formula, VES e PCR.Dei 40 pazienti 9 sono maschi e 31 femmine con età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 75,4anni (57-88 anni) al momento della revisione. In 24 pazienti è statarevisionata la THA destra, in 16 quella sinistra. Le in<strong>di</strong>cazioni allarevisione sono state: mobilizzazione asettica in 37 casi e infezioneperiprotesica in 3 casi. Lʼintervallo <strong>di</strong> tempo me<strong>di</strong>o tra il primoimpianto e la nostra revisione è stato 8,9 anni (1-16 anni).I <strong>di</strong>fetti ossei acetabolari durante la revisione sono stati classificatiin accordo con la classificazione <strong>di</strong> Paproski. In 30 pazienti è statoriscontrato un <strong>di</strong>fetto osseo acetabolare tipo II (18 tipo IIa e 12 tipoIIb) e in 10 tipo III (9 tipo IIIa e 1 tipo IIIb).Nei casi <strong>di</strong> mobilizzazione settica (3 casi, 7,5%) il micro-organismoresponsabile è stato riconosciuto nelllo Staphylococcuscoagulasi negativo in 2 casi e nel Proteus mirabilis ESBL produttorenel terzo. Tutti i tre casi <strong>di</strong> infezione sono stati trattati conuna procedura in 2 tempi. Il primo tempo chirurgico è consistitonella rimozione dellʼimpianto ed asportazione dei tessuti necroticicon posizionamento <strong>di</strong> uno spaziatore antibiotato. Durante questaprocedura sono stati eseguiti prelievi bioptici per esame istologicoe microbiologico. Successivamente è stato impostato trattamentoantibiotico parenterale per un periodo compreso tra le 4 e le 6settimane e, quin<strong>di</strong>, trattamento antibiotico per os per ulteriori 6settimane e comunque fino alla normalizzazione degli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>flogosi (VES e PCR). Solo dopo risoluzione clinica e laboratoristicadellʼinfezione si è proceduto con lʼintervento <strong>di</strong> revisione dellaTHA. Lʼintervallo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tempo tra la rimozione dellʼimpianto ela riprotesizzazione è stato <strong>di</strong> circa 5 mesi.Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico indecubito supino con accesso laterale allʼanca. In 8 casi è stata revisionataanche la componente femorale. Si è deciso <strong>di</strong> trattare tuttii <strong>di</strong>fetti ossei <strong>di</strong> tipo II A e II B con innesto <strong>di</strong> osso morcellizzato(Fig. 1a) non irra<strong>di</strong>ato crioconservato e componente acetabolarenon cementata, tutti i <strong>di</strong>fetti ossei tipo III A con innesto strutturalenon irra<strong>di</strong>ato crioconservato (Fig. 1b) e componente acetabolarenon cementata, mentre il paziente con <strong>di</strong>fetto osseo tipo III B coninnesto morcellizzato e coppa acetabolare con fittone.Tutti i pazienti hanno ricevuto profilasi antibiotica con teicoplanina1 ora prima dellʼintervento e profilassi anti-trombotica con EBPMdal postintervento fino alla 35 a giornata p.o. Nei 3 casi <strong>di</strong> fallimentosettico dellʼimpianto primario è stato adottato schema terapeuticocon levofloxacina e rifampicina in associazione nel postoperatorioper tre settimane. È stato concesso carico parziale e progressivocon utilizzo <strong>di</strong> 2 bastoni canadesi dalla seconda giornata postoperatoriafino a carico completo senza ausilio <strong>di</strong> bastoni entro unmassimo <strong>di</strong> 3 mesi e, comunque, in relazione alla stabilità primariadellʼimpianto.Valutazione clinica e ra<strong>di</strong>ologica.Tutti i pazienti sono stati valutati clinicamente e ra<strong>di</strong>ograficamentenel preoperatorio e nel postoperatorio ed il follow-up me<strong>di</strong>oè stato <strong>di</strong> 48 mesi (18-72 mesi). Per la valutazione clinica cisiamo avvalsi del Harris Hip Score e del Western Ontario andMcMaster Universities (WOMAC) Osteoarthritis Index. I pazientisono stati valutati clinicamente e ra<strong>di</strong>ograficamente a 1, 3, 6 mesidalla revisione e successivamente ogni anno. Ad ogni controlloeseguivano RX in proiezione antero-posteriore e assiale dellʼanca.Lʼinterfaccia osso-impianto e lʼeventuale migrazione dellʼimpiantoè stata valutata comparando le ra<strong>di</strong>ografie effettuate nellʼimme<strong>di</strong>atopostoperatorio e quelle dellʼultimo follow-up. Abbiamo ritenutomobilizzati gli impianti in caso <strong>di</strong> migrazione dellʼacetabolo siaverticale che orizzontale maggiore o uguale a 4 mm, in caso variazionedellʼangolo <strong>di</strong> inclinazione dello stesso oltre i 5° ed in caso<strong>di</strong> linee <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>olucenza <strong>di</strong> più <strong>di</strong> 1 mm come descritto da DeLeee Charnley, o in caso <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> una vite. Lʼintegrazione dellʼallograftè stata definita tale quando la sua densità ed architetturaFig. 1. Preparazione del cotile con innesto morcellizzato (a) e con innesto strutturato (b).S81


Allotrapianti nella chirurgia <strong>di</strong> revisione del cotileera uguale a quella dellʼosso circostante con pattern trabecolarecontinuo.RISULTATITutti i 40 pazienti sono stati rivalutati ad un follow-up minimo<strong>di</strong> 18 mesi. Sono stati <strong>di</strong>visi in 2 gruppi: nel gruppo A sono statiinseriti i 30 pazienti tipo II sec. Paprosky trattati con osso morcellizzato;nel gruppo B i 9 pazienti tipo III trattati con innestostrutturale.Risultati cliniciIl punteggio complessivo (40 pz) me<strong>di</strong>o allʼHarris Hip Score èpassato da 20,8 preoperatorio a 69,2 a 48 mesi <strong>di</strong> follow-up me<strong>di</strong>o.Analizzando i singoli gruppi sono emersi questi risultati: gruppo Ada 19,7 a 68,2; gruppo B da 25,3 a 72,6.Il punteggio me<strong>di</strong>o complessivo secondo lʼin<strong>di</strong>ce WOMAC èstato <strong>di</strong> 54,7/120, così sud<strong>di</strong>viso: 57,1/120 per il gruppo A contro46,2/120 per il gruppo B. Ricor<strong>di</strong>amo che il risultato migliore <strong>di</strong>questo sistema <strong>di</strong> valutazione soggettiva è 24/120 e che il peggioreè 120/120.Revisione della componente acetabolareDue pazienti, entrambi del gruppo A, sono andati incontro ad unnuovo intervento <strong>di</strong> revisione del cotile per mobilizzazione asetticaa 2 e 3 anni dal precedente intervento.In entrambi i casi le componenti acetabolari sono state revisionatecon innesto <strong>di</strong> osso morcellizato ed innesto strutturale sempre concomponente non cementata. A causa del follow-up troppo breve (1e 3 mesi) abbiamo escluso queste revisioni dallo stu<strong>di</strong>o.Risultati ra<strong>di</strong>ologiciNel gruppo A abbiamo riscontrato una migrazione superiore ome<strong>di</strong>ale della componente compresa tra 5 e 10 mm in 2 casi (6,7%)e maggiore <strong>di</strong> 10 mm in nessun caso. Nel gruppo B una migrazionemaggiore <strong>di</strong> 10 mm in 1 caso (10%).Linee <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>olucenza superiori al millimetro sono state riscontratecon maggior frequenza nel gruppo B, con ra<strong>di</strong>olucenza che interessavameno del 33% dellʼinterfaccia osso-protesi in 4 casi.Infine per quanto riguarda il pattern trabecolare allʼinterfacciainnesto-osso ospite, ha <strong>di</strong>mostrato la raggiunta consolidazione inFig. 2 (a) Paziente maschio <strong>di</strong> 79 anni, mobilizzazione asettica del cotile dopo 15 anni; (b) Revisionedel cotile con innesto osseo morcellizzato controllo ra<strong>di</strong>ografico a un anno.Fig. 3. (a) Paziente femmina <strong>di</strong> 65 anni, mobilizzazione asettica del cotile dopo 10 anni; (b) Revisionedel cotile con innesto osseo strutturato controllo ra<strong>di</strong>ografico a 1 mese; (c) Controllo a 2 anni.circa 6 mesi nel gruppo A (Fig. 2) contro i 9 mesi dei pazientigruppo B (Fig. 3), con avvenuta integrazione a circa 12 mesi nel96% dei pazienti <strong>di</strong> entrambi i gruppi.ComplicazioniIn nessuno dei 40 pazienti si è verificata trasmissione <strong>di</strong> agentiinfettivi con lʼinnesto allogenico non irra<strong>di</strong>ato. In un paziente siè verificata un embolia polmonare post-operatoria che si è risoltafavorevolmente. Non abbiamo riscontrato altre complicazioniintra- e post-operatorie.DISCUSSIONEIl principale problema che si incontra nelle revisioni del cotile èla per<strong>di</strong>ta del bone stock, che spesso compromette la stabilità delnuovo impianto. Numerosi lavori in letteratura sottolineano comelʼutilizzo <strong>di</strong> componenti cementate non sia la scelta corretta inquesti casi. Infatti la mancanza <strong>di</strong> un adeguato supporto meccanico,lʼosso sclerotico o comunque non trabecolare che ritroviamo alivello dei <strong>di</strong>fetti ossei non è una con<strong>di</strong>zione adatta per la cementazione.Kavanagh et al. riportano un tasso <strong>di</strong> fallimento del 53%su 166 revisioni con follow-up me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 4,5 anni. Ad<strong>di</strong>rittura vienesottolineato come in caso <strong>di</strong> revisioni multiple il tasso <strong>di</strong> fallimentoraggiunga il 100%. Altri autori hanno ottenuto risultati simili con lacementazione come scelta <strong>di</strong> trattamento con tassi <strong>di</strong> fallimento chevanno dal 17% al 93% a seconda delle casistiche e della lunghezzadel follow-up. Stesso <strong>di</strong>scorso vale per le componenti acetabolariavvitate che presentano dei tassi <strong>di</strong> fallimento elevati, e per lecomponenti bipolari che hanno <strong>di</strong>mostrato risultati insod<strong>di</strong>sfacentia breve termine.Un altro problema da non sottovalutare, visto lʼaumento del numero<strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> revisione e lʼetà più giovane dei primi impianti,è la possibilità <strong>di</strong> ricreare il bone stock. Infatti, come ha sottolineatoKavanagh, i tassi <strong>di</strong> fallimento con componente cementata nellerevisioni sono molto elevati, con probabile ulteriore osteolisi econseguente ulteriore per<strong>di</strong>ta del bone stock residuo che non garantisceunʼadeguata stabilità iniziale dellʼimpianto. Nonostante visiano <strong>di</strong>verse meto<strong>di</strong>che e impianti che possono offrire una buonastabilità della componente acetabolare, si è visto come solo lʼinnesto<strong>di</strong> osso permetta <strong>di</strong> colmare i <strong>di</strong>fetti ossei e <strong>di</strong> ripristinare unadeguato bone stock. Lʼintroduzione degli allotrapianti in questotipo <strong>di</strong> revisione sta <strong>di</strong>ventando <strong>di</strong> pratica comune nella gestionedei <strong>di</strong>fetti ossei. In letteratura sono descritti buoni risultati ottenutiS82


A. Causero et al.Tab. II. Incorporazione dell’innesto e tasso infettivo in letteratura.Autori Area dell’innesto Tipo <strong>di</strong> innesto N. <strong>di</strong> innesti Tasso <strong>di</strong> incorporazione Infezione postoperatoria (%)Mehendale et al. Acetabolo Non irra<strong>di</strong>ato 226 87% con 34% 4,8<strong>di</strong> rimodellamentotrabecolareSloof et al. Acetabolo Fresco crioconservato non irra<strong>di</strong>ato 88 88% 2,4Schreurs et al. Acetabolo Fresco crioconservato non irra<strong>di</strong>ato 62 80% 6,9Winter et al. Acetabolo Crioconservato non irra<strong>di</strong>ato 38 100% 2,6Deakin et al. Acetabolo Irra<strong>di</strong>ato + midollo autologo 51 96% 3,5sia con lʼinnesto <strong>di</strong> osso morcellizzato sia con innesto strutturalea me<strong>di</strong>o termine, naturalmente in relazione al bone stock residuo.Sono pochi i lavori pubblicati che hanno analizzato lʼutilizzo <strong>di</strong>innesti strutturali nella revisione del cotile con follow-up a lungotermine. Uno <strong>di</strong> questi è quello <strong>di</strong> Harris. che ha ottenuto un tasso<strong>di</strong> successo del 68% a 6 anni per scendere poi al 53% a 10 anni <strong>di</strong>follow-up. Per contro Paprosky e Morsi 10 hanno ottenuto tassi <strong>di</strong>successo decisamente migliori con il 96% a 6 anni e lʼ86% a 7 annirispettivamente. Morsi inoltre afferma che per un miglior risultatosono fondamentali alcuni accorgimenti tecnici come la fissazionedellʼinnesto, che deve essere ottenuta con viti a compressione con<strong>di</strong>rezione da obliqua a verticale, e la posizione dello stesso chedeve garantire la maggior superficie <strong>di</strong> contatto possibile. Per quantoriguarda lʼinnesto <strong>di</strong> osso morcellizzato è interessante il lavoro<strong>di</strong> Kligman che ha confrontato due gruppi <strong>di</strong> pazienti revisionaticon osso morcellizzato spongioso e corticale ed ha notato unmiglior risultato clinico e ra<strong>di</strong>ografico seppur a me<strong>di</strong>o termine nelgruppo trattato con osso corticale morcellizzato 11 . Il razionale <strong>di</strong>questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> limitare i micromovimenti tra componentee innesto utilizzando appunto lʼosso corticale, garantendo, quin<strong>di</strong>,una maggior stabilità dellʼimpianto nel periodo <strong>di</strong> rimodellamento,fondamentale per lʼosteointegrazione. In un recente lavoro Deakin12sottolinea come vi siano delle <strong>di</strong>fferenze osteoinduttive degliallografts dovute alla preparazione cui vengono sottoposti. Infattitra osso <strong>di</strong> banca irra<strong>di</strong>ato e non irra<strong>di</strong>ato per quanto riguardalʼincorporazione dellʼinnesto si passa dal 40% al 90% <strong>di</strong> tasso <strong>di</strong>incorporazione rispettivamente. Certo, il trattamento ra<strong>di</strong>ante negarantisce maggior sterilità e pressoché nulla trasmissione infettiva(1% trasmissione HIV negli USA) contro un tasso <strong>di</strong> trasmissioneinfettiva del 4% degli innesti non irra<strong>di</strong>ati (sempre casistica USA).A fronte <strong>di</strong> questa minor potenzialità infettiva il trattamento ra<strong>di</strong>antene pregiu<strong>di</strong>ca la capacità osteoinduttiva, riducendo in manieraconsiderevole lʼosteointegrazione dellʼinnesto. Deakin nel suolavoro ha proposto lʼassociazione <strong>di</strong> midollo autologo allʼinnesto <strong>di</strong>osso allogenico irra<strong>di</strong>ato con buoni risultati (Tab. II). Diversi autoriaffermano come il risultato clinico e ra<strong>di</strong>ografico sia comparabiletra innesto strutturale e osso morcellizzato 13 . Piert ha stu<strong>di</strong>atolʼattività metabolica a livello degli innesti allogenici morcellizzati,con la Tomografia ad emissione <strong>di</strong> positroni (PET) <strong>di</strong>versi annidopo lʼintervento <strong>di</strong> revisione con innesto allogenico, riscontrandolʼevidenza della vascolarizzazione a tale livello con, quin<strong>di</strong>, chiarisegni <strong>di</strong> vitalità dellʼosso innestato 14 . Nel nostro lavoro abbiamo<strong>di</strong>stinto in due gruppi i pazienti in base al tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto osseo e<strong>di</strong> innesto utilizzato. I risultati sono stati sod<strong>di</strong>sfacenti in entrambii gruppi, con una fissazione stabile e duratura della componenteacetabolare in entrambi i casi. Un dato che si evince da questostu<strong>di</strong>o, comparabile a quelli riscontrati in letteratura, è il vantaggiodellʼosso morcellizzato <strong>di</strong> consolidare in me<strong>di</strong>a circa 3 mesi primadellʼinnesto strutturale, che comunque raggiunge lʼosteointegrazionea 12 mesi nel 96% dei casi come lʼosso morcellizzato. Sia irisultati clinici sia quelli ra<strong>di</strong>ografici sono del tutto sovrapponibili aquelli riscontrati in letteratura con il 92,5% <strong>di</strong> risultati buoni e solo3 casi <strong>di</strong> fallimento della revisione.In definitiva, garantire la stabilità dellʼimpianto e ripristinare ilbone stock sono le due componenti essenziali del successo <strong>di</strong> unintervento <strong>di</strong> revisione <strong>di</strong> cotile.Il raggiungimento del primo obiettivo è legato alla possibilità <strong>di</strong>ricreare la più ampia possibile superficie <strong>di</strong> appoggio al nuovoimpianto. Ciò è relativamente semplice quando la qualità dellʼossoresiduo è buona e la sua quantità è sufficiente per modellare unanuova cavità acetabolare più ampia potendo contare su componentiproteiche <strong>di</strong> maggior <strong>di</strong>ametro. Tale evenienza, particolarmentefavorevole, è, purtroppo, piuttosto rara nella nostra esperienza.La frequente presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti ossei importanti richiederebbeinfatti lʼutilizzo <strong>di</strong> componenti protesiche la cui forma consenta<strong>di</strong> colmare i <strong>di</strong>fetti ossei non regolarizzabili. Ciò, ovviamente,comprometterebbe ogni possibilità <strong>di</strong> ripristino della massa osseae renderebbe particolarmente complesso unʼeventuale, possibilitànon remota, nuovo intervento <strong>di</strong> revisione protesica.È per tale motivo che il nostro obiettivo primario rimane il ripristinodel bone stock. Lʼutilizzo <strong>di</strong> allotrapianti è, a nostro parere,necessario in ogni caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto osseo significativo (secondoe terzo tipo <strong>di</strong> Paprosky). Quasi sempre lʼuso <strong>di</strong> trapianti ossei,frammentati o strutturali, richiede il contemporaneo ricorso acomponenti protesiche speciali che consentono <strong>di</strong> ottenere lapresa su osso sano dellʼospite. Ciò può essere necessario al fine<strong>di</strong> non sottoporre a carico lʼallotrapianto favorendone lʼintegrazione.Lʼutilizzo, in associazione agli allotrapianti ossei, <strong>di</strong> fattori<strong>di</strong> crescita potrebbe costituire unʼulteriore aiuto al processo <strong>di</strong>osteointegrazione tuttavia la nostra esperienza in tal senso è ancoratroppo breve.Non utilizziamo allotrapianti irra<strong>di</strong>ati potendo contare su una bancadei tessuti che ci fornisce materiale crioconservato le cui qualitàmeccaniche sono eccellenti, la cui antigenicità, anche su trapiantiS83


Allotrapianti nella chirurgia <strong>di</strong> revisione del cotilemassivi, è trascurabile e la cui sicurezza biologica è massima graziealle procedure <strong>di</strong> selezione e processazione dei tessuti 15 . I risultatiottenuti confermano che il recupero dei <strong>di</strong>fetti ossei è quasi costantementeottimo e ciò ci consente <strong>di</strong> poter essere ottimisti circa lapossibilità <strong>di</strong> più semplice re-revisione quando necessario.Bisogna ovviamente attendere risultati a maggiore <strong>di</strong>stanza perpoter esprimere un giu<strong>di</strong>zio definitivo.BIBLIOGRAFIA1Eingartner C. Current trends in total hip arthroplasty. Ortop TraumatolRehabil 2007;9:8-14.2Soderman P, Malchau H, Herberts P, et al. Outcome after total hip arthroplasty:Part II. Disease-specific follow-up and the Swe<strong>di</strong>sh National TotalHip Arthroplasty Register. Acta Orthop Scand 2001;72:113-9.3Puolakka TJ, Pajamaki KJ, Halonen PJ, et al. The Finnish ArthroplastyRegister: report of the hip register. Acta Orthop Scand 2001;72:433-41.4Kurtz S, Mowat F, Ong K, et al. Prevalence of primary and revision totalhip arthroplasty in the United States from 1990 through 2002. J Bone JointSurg Am 2005;87:1487-97.5Blom AW, Heal J, Learmonth ID. Restoration of bone stock loss at revisiontotal hip arthroplasty using allograft and bone substitutes. Curr Orthop2002;16:411-9.6Deakin DE, Bannister GC. Graft incorporation after acetabular andfemoral impaction grafting with washed irra<strong>di</strong>ated allograft and autologousmarrow. J Arthroplasty 2007;22:89-94.7DʼAntonio JA, Capello WN, Borden LS, et al. Classification and managementof acetabular abnormalities in total hip arthroplasty. Clin Orthop1989;243:126.8Paprosky WG, Perona PG, Lawrence JM. Acetabular defect classificationand surgical reconstruction in revision arthroplasty: a 6-year follow-upevaluation. J Arthroplasty 1994;9:33.9Pipino F, Molfetta L. GIR classification of acetabular and femoral bone lossin revision hip arthroplasty surgery. J Orthopaed Traumatol 2000;2:69-77.10Garbuz D, Morsi E, Gross AE. Revision of the acetabular component ofa total hip arthroplasty with a massive structural allograft. Study with aminimum five-year follow-up. J Bone Joint Surg Am 1996;78:693-7.11Klingam M, Padgett DE, Vered R, Roffman M. Cortical and cancellousmorselized allograft in acetabular revison total hip arthroplasty. JArthroplasty 2003;18:907-12.12Deakin DE, Bannister GC. Graft incorporation after acetabular andfemoral impaction grafting with washed irra<strong>di</strong>ated allograft and autologousmarrow. J Arthroplasty 2007;22:89-93.13Winter E, Piert M, Volkmann R, et al. Allogenic cancellous bone graft anda burch-schneider ring for acetabular reconstruction in revision hip arthroplasty.J Bone Joint Surg Am 2001;83:862-7.14Piert M, Winter E, Becker GA, et al. Allogenic bone graft viability afterhip revision arthroplasty by dynamic [18-F] fluoride ion positron emissiontomography. Eur J Nucl Med 1999;26:615-22.15Causero A, Beltrame A, Campailla E. Introduzione e generalità suitrapianti omoplastici nella chirurgia ricostruttiva del ginocchio. GIOT2005;31(Suppl.2):566-73.S84


G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S85-S87Selezione dell’impiantoThe implant selectionA. Montano, F. Miele, F. TroianiRIASSUNTOLa chirurgia sostitutiva dellʼarticolazione del ginocchio permetteoggi <strong>di</strong> affrontare anche gravi deformità. La modularità dei sistemiprotesici offre numerose opzioni a tale scopo. Di fronte ad unadeformità artrosica il chirurgo deve porsi alcuni interrogativi:cementare o non cementare, eseguire una protesi CR o PS, usare unpiatto fisso o mobile, se usare degli spessori per colmare le deformitàe scegliere se usare una protesi dotata <strong>di</strong> vincolo maggiore.Solo ponendosi tali interrogativi si potrà giungere ad un impiantolongevo.SUMMARYTo day the surgical substitution of the knee allows to resolve alsosevere deformity. The modularity of the knee implants offers a lotof solutions to this problem. The problems to resolve are the following:to use or not to use the cement, CR or PS prosthesis, fixedor mobile platform, to use or not the wedges to compensate thedeformity and what kind of constraint to have in the implant. Onlyin this way it is possible to increase le longevity of the implants.La moderna chirurgia <strong>di</strong> sostituzione dellʼarticolazione <strong>di</strong> ginocchiosi avvale, ormai, <strong>di</strong> protesi che non sono più “monoblocco”come avveniva nelle prime esperienze <strong>di</strong> sostituzione del ginocchio.Oggi tutte le protesi in commercio sono ormai dei veri e proprisistemi protesici che possono non solo sod<strong>di</strong>sfare le abitu<strong>di</strong>nidel chirurgo, ma, grazie alla loro modularità, offrono le opzioni piùsvariate per affrontare deformità sempre più gravi.Un aspetto estremamente importante in un planning preoperatorioè la valutazione accurata del caso in esame, e cioè delle <strong>di</strong>fficoltàche esso potrà proporre; infatti questo permette <strong>di</strong> programmarei tempi dellʼintervento e <strong>di</strong> valutare lʼadeguamento dellʼimpiantoalla deformità del ginocchio.Le variabili possibili possono essere elencate nel modo seguente:– cementazione o non cementazione;– conservazione o sostituzione del LCP;– piatto fisso o piatto mobile;– lʼuso <strong>di</strong> spessori o trapianti ossei;– lʼuso degli steli;– la variabilità del vincolo della protesi.Casa <strong>di</strong> Cura “S. Camillo”, Forte dei Marmi (Lucca)CEMENTAZIONE O NON CEMENTAZIONEDa sempre le protesi <strong>di</strong> anca e <strong>di</strong> ginocchio hanno suscitato<strong>di</strong>battiti sulla cementazione o non cementazione. I sostenitoridella non cementazione si affidano a particolari <strong>di</strong>segni dellesuperfici che si affrontano verso lʼosso; si tratta <strong>di</strong> particolarisuperfici rugose che permettono, in teoria, la crescita dellʼossonegli anfratti del materiale <strong>di</strong> superficie. Il <strong>di</strong>segno più comune erappresentato dalle superfici microporose <strong>di</strong> aspetto madreporicocon <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 0,40 μm, ma sono comuni anche le superfici tipoSulmesh anchʼesse dotate <strong>di</strong> microporosità. Si è valutato che lacrescita ossea a livello delle superfici microporose avviene con<strong>di</strong>fficoltà e che la fissazione della protesi avviene attraverso untessuto fibroso. Tali superfici, per ottenere la fissazione secondariada parte dellʼosso necessiterebbero <strong>di</strong> una stabilità primaria,ma questa è spesso <strong>di</strong>fficile da ottenere specialmente sul piattotibiale. Per migliorare la crescita dellʼosso sulle superfici protesichesi è aggiunto anche un rivestimento in idrossiapatite, chemigliora questo aspetto della fissazione. Infatti la non cementazionepotrebbe essere il sistema ideale per la componente femorale,dotato <strong>di</strong> intrinseca stabilità, ma nella tibia il movimento<strong>di</strong> altalena che si effettua alternativamente sui due piatti creamicromovimento che tende a progressiva mobilizzazione dellacomponente. Pertanto se per il femore sono valide le due opzionicemento o non cemento, per il piatto tibiale la cementazioneappare essere la soluzione migliore e pertanto quella da attuare.Molti autori rivolgono le loro preferenze a protesi cosiddette“ibride” che presentano una componente femorale non cementataed una tibiale cementata.CONSERVAZIONE O SOSTITUZIONE DELL’LCPUna delle scelte primarie è quella tra conservazione e sacrificio delLCP seguita, naturalmente, dalla sua sostituzione.I chirurghi ortope<strong>di</strong>ci sono da sempre <strong>di</strong>visi tra queste due posizioni,quelli che <strong>di</strong>fendono la tesi della conservazione adduconoa favore <strong>di</strong> questa che la conservazione del LCP mantenga lapropriocettività articolare e che, pertanto, migliori lʼabilità nelsalire le scale e nellʼalzarsi da sedere, inoltre, mantenere lʼLCPtrasferirebbe i carichi alla tibia attraverso lʼinserzione del crociatostesso scaricando il piatto tibiale.Al contrario i sostenitori della necessità <strong>di</strong> sostituire il LCP affermanoche il LCP sia sempre alterato nella sua struttura in caso <strong>di</strong>processo artrosico e che pertanto il legamento si comporti comeuna forza deformante che si oppone ad un bilanciamento legamentoso.Inoltre il LCP creerebbe un movimento paradosso nellaS85


Selezione dell’impiantoflessione rappresentato da un anteriorizzazione del femore rispettoalla tibia.Ma esistono sicuramente della con<strong>di</strong>zione nelle quali il LCP vasicuramente sostituito, ad esempio nella gravi deformità in varo enel grave ginocchio flesso, in queste due situazioni lʼLCP è sicuramenteretratto e rappresenta un elemento nella contrattura legamentosadella parte concava della deformità, nel ginocchio valgo gravelʼLCP subisce un allugamento e pertanto <strong>di</strong>venta incompetente e vasostituito, negli esiti <strong>di</strong> osteotomia valgizzante la linea osteotomicaincide sullʼinserzione <strong>di</strong>stale dellʼLCP e ne crea una retrazione,negli esiti <strong>di</strong> patellectomia è necessario sostituire lʼLCP perché tendead usurarsi nel tempo in quanto sovraccaricato, portando ad unaprogressiva instabilità posteriore (Fig. 1), nellʼartrite reumatoide onelle gravi malattie sinoviali il LCP subisce sicuramente alterazioniimportanti che ne indeboliscono la funzione ed è pertanto logicosostituirlo.Le linee guida potrebbero essere le seguenti: minime deformità(deformità combinata < 30°, es. contrattura in flessione + deformitàvaro/valgo), artrosi non infiammatoria con apparato estensoreintatto: conservazione LCP (protesi CR), deformità artrosica combinata> 30°, <strong>di</strong>sfunzione dellʼapparato estensore (patellectomia,sindromi neuro-muscolari ecc.), malattie sinoviali gravi: sostituzionedellʼLCP (protesi PS).PIATTO FISSO O PIATTO MOBILEQuesta opzione è sicuramente figlia delle esperienze degli anni piùrecenti. Si deve sicuramente al sistema LCS lʼintroduzione <strong>di</strong> questavariante nella costruzione del piatto tibiale. Buechel ha riportatoil 95,1% <strong>di</strong> buoni ed ottimi risultati a <strong>di</strong>eci anni 1 . Il concettodella piattaforma mobile che è oggi la forma <strong>di</strong> piatto mobile piùrappresentata è stata <strong>di</strong>segnata con lo scopo <strong>di</strong> aumentare le aree<strong>di</strong> contatto tra femore ed inserto tibiale <strong>di</strong>minuendo in tal modolʼusura del polietilene a tale livello. Lʼusura tra piatto tibiale e<strong>di</strong>nserto, definito “backside wear” 2 non raggiunge mai livelli elevatie preoccupanti e pertanto lʼopzione del piatto mobile <strong>di</strong>minuiscelʼusura del polietilene in generale. Lʼopzione del piatto mobileviene consigliata in pazienti giovani ed attivi poiché consentendoal ginocchio un grado <strong>di</strong> rotazione migliorale performances articolari e pertanto lʼesecuzione<strong>di</strong> una blanda attività sportiva. Daconsiderare che lʼuso <strong>di</strong> piatto mobile nonè scevro da complicanze quali la lussazionedellʼinserto.oltre che a <strong>di</strong>minuire il bone stock, portano lʼappoggio della protesisu <strong>di</strong> un osso meno valido meccanicamente, è, infatti, noto che laresistenza dellʼosso <strong>di</strong>minuisce a mano a mano che ci allontanadalla linea articolare. In questi casi si dovrà giungere al tavolooperatorio sapendo <strong>di</strong> dover colmare tali <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong>fferentemente. Itrapianti ossei ricavati dalle superfici <strong>di</strong> taglio o <strong>di</strong> derivazione dallabanca dellʼosso possono essere una soluzione ottimale a questoproblema, ma necessitano <strong>di</strong> un periodo, più o meno variabile, perlʼintegrazione del trapianto stesso. La meto<strong>di</strong>ca oggi più sempliceè quella <strong>di</strong> sostituire le per<strong>di</strong>te osse con cunei o parallelepipe<strong>di</strong>(Fig. 2) da abbinare <strong>di</strong>rettamente alle componenti protesiche,tali aggiunte vengono <strong>di</strong> solito fissate alla componente con viti ocemento. Nellʼutilizzo <strong>di</strong> queste opzioni della protesi è buona normaaggiungere anche uno stelo per rendere più stabile lʼimpianto.L’USO DEGLI STELINello spirito della modularità della protesi gli steli sono sicuramenteun concetto <strong>di</strong> chiara derivazione dalle protesi <strong>di</strong> revisione.Infatti in queste ultime gli steli sono nati per affrontare le problematiche<strong>di</strong> stabilità che presentano le componenti delle protesi darevisione. Gli steli scaricano lungo lʼasse delle due <strong>di</strong>afisi le forze<strong>di</strong> taglio che si creano a livello delle componenti protesiche. Eccoche anche negli impianti primari si rende necessario, talvolta, lʼuso<strong>di</strong> queste estensioni <strong>di</strong>afisarie 3 ; in caso <strong>di</strong> accentuata osteoporosio <strong>di</strong> debolezza dellʼapparato legamentoso o <strong>di</strong> scarsa con<strong>di</strong>zionedellʼapparato muscolare o nei pazienti con in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> massa corporeaelevato 4 aggiungere uno stelo specialmente alla componentetibiale dà una garanzia in più per ottenere una protesi più longeva.Anche in presenza <strong>di</strong> cunei o parallelepipe<strong>di</strong> lʼuso degli steli apparefortemente corretto.Gli steli, specialmente se <strong>di</strong> lunghezza elevata, hanno spesso <strong>di</strong>fficoltàa confrontarsi con il canale <strong>di</strong>afisario in quanto vincolati dallacomponente protesica; per ovviare a tale inconveniente è necessarioaggiungere tra protesi e stelo una componente <strong>di</strong> grandezzavariabile e <strong>di</strong> variabile orientamento (offset) che permetta allo stelouna perfetta centralizzazione con il canale <strong>di</strong>afisario senza impingmentcon le corticali.L’USO DI SPESSORI O TRAPIANTI OSSEINella programmazione dellʼimpianto ilchirurgo deve esaminare attentamente ira<strong>di</strong>ogrammi e capire se lʼusura <strong>di</strong> uno deidue capi articolari, spesso la tibia, raggiungaentità importanti. Infatti le gran<strong>di</strong> usurenon possono essere compensate con lasola resezione in quanto, per fare ciò, si ècostretti a profonde asportazioni ossee che,Fig. 1. Esito <strong>di</strong> patellectomia. L’esecuzione <strong>di</strong> una protesi CR ha portato a progressiva usura del LCP. La sostituzione con impianto PS ha risoltoil problema.S86


A. Montano et al.Fig. 2. La grave usura e deformità del piatto tibiale interno viene compensata con l’utilizzo <strong>di</strong> unparallelepipedo da 10 mm che viene cementato al <strong>di</strong> sotto del piatto.LA VARIABILITÀ DEL VINCOLONella programmazione della scelta dellʼimpianto un grosso capitoloè rappresentato dal grado <strong>di</strong> vincolo da attribuire alla protesi. Inun ginocchio senza gravi deformità una protesi standard senza unvincolo intrinseco spiccato può essere la protesi <strong>di</strong> scelta, infatti intali casi lʼapparato legamentoso è integro e la muscolatura validada consentire al chirurgo un bilanciamento ed una ricostruzionedellʼarticolazione in modo adeguato. La necessità <strong>di</strong> aumentare ilvincolo della protesi scaturisce dallʼanalisi <strong>di</strong> alcuni aspetti correlaticon lʼarticolazione in esame e con il paziente.Lʼincertezza sulla possibilità <strong>di</strong> eseguire un valido bilancio articolareche fornisca una stabilità al ginocchio nei vari gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> movimentoè la ragione principale che spinge il chirurgo allʼutilizzo <strong>di</strong>una protesi maggiormente vincolata. Il maggior vincolo è ottenutome<strong>di</strong>ante lʼaumento delle <strong>di</strong>mensioni del sistema <strong>di</strong> postero-stabilizzazionee con lʼaumento della congruenza articolare. In caso<strong>di</strong> gravi deformità, specialmente in valgismo, la retrazione deicomponenti del versante esterno ed il conseguente allungamentodellʼapparato legamentoso me<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> fatto non consentono con isoli tagli ossei ed il rilasciamento del versante contratto <strong>di</strong> giungeread un impianto stabile durante tutto lʼarco <strong>di</strong> movimento; in questicasi lʼuso <strong>di</strong> un post più ampio o un aumento della congruenzasono spesso la soluzione al problema. È logico che lʼaumento delvincolo ha i suoi aspetti negativi rappresentati dallʼincremento dellʼusuradel polietilene del post che costretto da un box con contattipiù stretti aumenta tale tipo <strong>di</strong> usura.Unʼaltra situazione in cui si richieda un aumento del vincolointerno della protesi e rappresentato da una deficienza dellʼapparatomuscolare. Sono situazioni rappresentate da esiti <strong>di</strong> malattieneurologiche non completamente paralizzanti, ma che comunqueesitano in una riduzione della forza muscolare. Questa categoria <strong>di</strong>protesi maggiormente vincolate vengono denominate semivincolate,termine che sta a delineare un aumento parziale del vincolo. Neicasi in cui vi sia lʼimpossibilità <strong>di</strong> ottenere un bilanciamento ligamentoso,come ad esempio la rottura LCM la scelta ricade su unacategoria <strong>di</strong> protesi dette vincolate. Esse sono protesi dotate <strong>di</strong> unacerniera che si oppone ai movimenti paradossi varo-valgo e chesuppliscono alla deficienza dellʼapparato ligamentoso periferico.I modelli attuali <strong>di</strong> protesi vincolate, in contrapposizione a quelle<strong>di</strong> molti anni fa dotate <strong>di</strong> cerniera fissa, permettono una rotazioneintrinseca tra tibia e femore che è concessa dal <strong>di</strong>segno propriodella cerniera che si avvale spesso <strong>di</strong> piatto rotante.Le protesi vincolate, anche quelle <strong>di</strong> ultima generazione, sonodotate <strong>di</strong> stelo tibiale e femorale. La necessità <strong>di</strong> unʼestensione <strong>di</strong>afisariaè dettata dallʼaumento del vincolo che scarica forze <strong>di</strong> taglioallʼinterfaccia osso protesi. Gli steli scaricano, infatti, lungo lʼasse<strong>di</strong>afisario <strong>di</strong> femore e tibia tali forze destabilizzanti opponendosialla precoce mobilizzazione dellʼimpianto.CONCLUSIONILa protesi del ginocchio è ormai chirurgia affidabile e collaudata.La modularità ormai appannaggio <strong>di</strong> tutti i sistemi moderni fornisceal chirurgo le opzioni che coprono ogni tipo <strong>di</strong> deformità.La programmazione ed il planning preoperatorio consentono <strong>di</strong>sfruttare appieno le caratteristiche degli impianti nellʼottica dellasoluzione dei problemi più importanti.BIBLIOGRAFIA1Buechel FF, Pappas MJ. New Jersey low contact stress knee replacementsystem te year evaluation of meniscal bearings. Orthop Clin North Am1989;20:147-77.2Harman MK; Banks SA, Hodge WA. Backside damage correspon<strong>di</strong>ng toarticular damage in retrieved tibial polyethylene inserts. 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G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S88-S90Protesi <strong>di</strong> ginocchio a piatto mobileMobile bearing knee replacementP. Aglietti, R. Buzzi, P. Cuomo, F. Giron, A. CiardulloRIASSUNTOIl piatto mobile nelle protesi <strong>di</strong> ginocchio è stato inizialmente introdottocon lʼobiettivo <strong>di</strong> migliorare la fissazione. Nonostante non siamai stato <strong>di</strong>mostrato un vantaggio definitivo del piatto mobile rispettoal fisso in termini <strong>di</strong> fissazione, altri vantaggi teorici sono stati ipotizzatiper giustificare lʼutilizzo <strong>di</strong> impianti mobili, particolarmente intermini <strong>di</strong> aree <strong>di</strong> contatto, usura, cinematica, flessione e allineamentorotatorio. In questa revisione saranno <strong>di</strong>scussi i punti elencati sopra esarà spiegato il razionale per lʼimpiego <strong>di</strong> protesi mobili oggigiorno.SUMMARYMobile bearing knee replacement has been initially introduced withthe aim to protect and enhance implant fixation to bone. Despitean enhanced fixation has never been definitely demonstrated inmobile rather fixed knees other theoretical advantages have beenadvocated to justify the use of mobile implant, particularly in termsof contact area, wear, kinematics, flexion and rotatory alignment.In this review article we will <strong>di</strong>scuss the above points and explainthe rationale to use mobile implants nowadays.INTRODUZIONELʼutilità del piatto mobile nella protesi totale <strong>di</strong> ginocchio (PTG) è<strong>di</strong>battuta ed i vantaggi teorici che ne hanno portato allʼintroduzionee alla <strong>di</strong>ffusione sono stati solo in parte <strong>di</strong>mostrati. Il suo utilizzoè <strong>di</strong>verso nelle varie parti del mondo, essendo più popolare inEuropa che negli altri continenti 1 ; questa <strong>di</strong>stribuzione geograficaeterogenea sta cambiando perché i regolamenti che ne limitanolʼuso, in particolare negli USA, sono stati mitigati. In questoarticolo <strong>di</strong>scuteremo gli obbiettivi del piatto mobile ed i principiche ne giustificano lʼutilizzo, in termini <strong>di</strong> 1) fissazione, 2) area <strong>di</strong>contatto e stress, 3) usura, 4) rotazioni e cinematica, 5) flessione,6) allineamento rotatorio, 7) risultati clinici.FISSAZIONELa presenza <strong>di</strong> un piatto mobile dovrebbe teoricamente <strong>di</strong>minuirela trasmissione delle forze allʼinterfaccia osso-piatto tibiale e cosìmigliorare la fissazione dellʼimpianto, come ipotizzato dai primiintroduttori del piatto mobile LCS 2 . Tuttavia stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> confronto invivo, effettuati con tecniche ra<strong>di</strong>ostereometriche (RSA), non hannoevidenziato vantaggi col piatto mobile rispetto a quello fisso inPrima Clinica Ortope<strong>di</strong>ca, Università <strong>di</strong> Firenzetermini <strong>di</strong> micromovimento nelle protesi cementate 3-5 . Inoltre inuno stu<strong>di</strong>o su protesi non cementate e mobili 6 è stato riportato undeficit <strong>di</strong> osteointegrazione.AREA DI CONTATTO E STRESSIl grado <strong>di</strong> conformità <strong>di</strong> una superficie articolare è espresso dallʼarea<strong>di</strong> contatto tra le due superfici. Nelle protesi a piatto fissolʼarea <strong>di</strong> contatto femore-polietilene è solitamente inferiore a 250mm 2 mentre in quelle mobili è molto maggiore. Allʼaumentaredellʼarea <strong>di</strong> contatto, e quin<strong>di</strong> della conformità dellʼimpianto, glistress <strong>di</strong> contatto sono minori 7 . Protesi dello stesso modello, prodottesia nella variante a piatto fisso che mobile, hanno maggiorearea <strong>di</strong> contatto e meno stress <strong>di</strong> superficie nella variante mobile 1 .Inoltre lʼaumento <strong>di</strong> conformità, insieme alla mobilità dellʼinserto,<strong>di</strong>minuiscono gli stress registrati sotto lʼapplicazione <strong>di</strong> carichirotatori 8 .Lʼaumentata conformità sul piano sagittale porta ad una riduzionedegli stress <strong>di</strong> taglio in quanto <strong>di</strong>minuisce lo scivolamento anterioreparadosso del femore sulla tibia. Lʼaumentata conformità sul pianofrontale, invece, determina una riduzione degli stress periferici<strong>di</strong> contatto che si registrano durante il lift-off della componentefemorale.Nel complesso, la <strong>di</strong>minuzione degli stress ottenuti con lʼaumentodella conformità, porta ad una riduzione della usura volumetrica inlaboratorio 9 .USURALʼesistenza <strong>di</strong> due superfici articolanti come avviene nel piattomobile (una tra polietilene e con<strong>di</strong>li femorali e lʼaltra tra polietilenee piatto tibiale), potrebbe teoricamente aumentare lʼusuraglobale del polietilene. Al contrario, due superfici molto conformie con bassi stress, si usurano meno <strong>di</strong> una unica superficie pococonforme 1 . McEwen et al. 10 hanno misurato in laboratorio lʼusuratotale dopo 6 milioni <strong>di</strong> cicli nel piatto fisso e nel piatto mobile ehanno registrato una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> peso inferiore del 94% nelle protesia piatto mobile.La riduzione dellʼusura globale è il risultato del <strong>di</strong>saccoppiamento <strong>di</strong>movimenti multi<strong>di</strong>rezionali in movimenti uni<strong>di</strong>rezionali che avvengonolungo lʼasse <strong>di</strong> orientamento delle molecole <strong>di</strong> polietilene 10 . Inquesta maniera nella articolazione polietilene-femore, lʼaumentataconformità <strong>di</strong>minuisce i movimenti multi<strong>di</strong>rezionali, rotatori e <strong>di</strong>taglio 11 , che favoriscono lʼusura. Nellʼarticolazione polietilenepiattotibiale, grazie alla superficie metallica lucidata a specchio(Ra < 0,05 μ), lʼusura che si registra con movimento uni<strong>di</strong>rezionaleè <strong>di</strong>eci volte inferiore a quella registrata con movimento multi<strong>di</strong>re-S88


P. Aglietti et al.zionale per milione <strong>di</strong> cicli 11 . È molto importante che la tolleranzadel movimento nella superficie inferiore sia molto bassa, sia nellevarianti solo rotanti che in quelle rotanti e traslanti. Movimentiabnormi conferiti da tolleranze <strong>di</strong>verse potrebbero essere negative eprodurre un effetto <strong>di</strong> pompaggio sul liquido articolare.È noto tuttavia, che le particelle <strong>di</strong> usura prodotte nelle protesi apiatto mobile sono <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro inferiore a quelle prodotte nelle protesia piatto fisso 12 13 . Particelle <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro minore sono più attiveda un punto <strong>di</strong> vista biologico e pertanto determinano più osteolisi<strong>di</strong> quelle gran<strong>di</strong>. Nel complesso, tuttavia, il potenziale osteoliticofunzionale delle protesi mobili, che comunque liberano un minimonumero <strong>di</strong> particelle seppur biologicamente attive, è comparabile aquello delle protesi a piatto fisso 14 .CINEMATICAEsperimenti su cadavere <strong>di</strong> confronto tra impianto fisso e mobiledello stesso <strong>di</strong>segno (Zimmer LPS-Flex) hanno evidenziato rotazionipiù naturali e miglior roll-back con la protesi mobile rispettoa quella fissa 15 .Pochi stu<strong>di</strong> hanno analizzato la cinematica in vivo <strong>di</strong> protesi fisse emobili dello stesso <strong>di</strong>segno 16 17. Delport et al. 16 hanno stu<strong>di</strong>ato 31pazienti a cui era stata impiantata una protesi dello stesso <strong>di</strong>segnonella variante a piatto fisso (posterostabilizzata o a ritenzione delcrociato posteriore) o mobile posterostabilizzata. I pazienti conimpianti fissi a ritenzione del posteriore avevano spesso una cinematicaabnorme caratterizzata da scivolamento paradosso anterioredel femore sulla tibia. Le protesi posterostabilizzate, nelle variantifissa e mobile, hanno una cinematica più preve<strong>di</strong>bile con scivolamentoposteriore del femore in flessione.La rotazione interna che fisiologicamente avviene in flessionenel ginocchio sano è meglio replicata nelle protesi a piattaformamobile che in quella fissa 16 17 . Mentre nelle protesi a piatto fissola rotazione avviene tra con<strong>di</strong>li femorali e polietilene, nel piattomobile essa avviene quasi esclusivamente a livello dellʼarticolazionepiatto tibiale-polietilene. In questa maniera nel piatto mobilei movimenti combinati <strong>di</strong> rotazione interna e scivolamento posterioreche avvengono con la flessione, risultano <strong>di</strong>saccoppiati in duemovimenti uni<strong>di</strong>rezionali: uno traslatorio, tra con<strong>di</strong>li femorali esuperficie prossimale del polietilene, ed uno rotatorio, tra superficie<strong>di</strong>stale del polietilene e piatto tibiale. Movimenti uni<strong>di</strong>rezionaliin articolazioni molto conformi porterebbero, come prima <strong>di</strong>scusso,ad unʼimportante riduzione dellʼusura.FLESSIONETra<strong>di</strong>zionalmente le protesi a piatto mobile non hanno impressionatoper la flessione massima, soprattutto quella passiva 2 18-22 .Casistiche più recenti che hanno analizzato la flessione massimaattiva, confrontando piatto mobile e fisso, hanno evidenziato comecon il piatto mobile sarebbe possibile raggiungere flessioni più elevate.Tre centri 23-25 hanno confrontato in vivo la flessione massimaattiva in gruppi <strong>di</strong> pazienti a cui era stata impiantata una protesiPFC a piatto fisso o mobile. Uno dei tre stu<strong>di</strong> 23 ha riscontratocome la variante mobile consente <strong>di</strong> raggiungere gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> flessionepiù elevati. Con un impianto <strong>di</strong>verso (Performance, Biomet), altriautori 16 hanno misurato una flessione attiva sotto carico <strong>di</strong> 15°maggiore negli impianti mobili rispetto ai fissi.Gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> flessione maggiore sono raggiunti anche dalle variantimobili delle protesi “flex” <strong>di</strong> ultima generazione <strong>di</strong>segnate percoloro che hanno necessità <strong>di</strong> flettere molto il ginocchio 26 . In talipazienti inoltre la presenza <strong>di</strong> un piatto mobile costituisce unavalvola <strong>di</strong> sicurezza contro la sublussazione posteriore del femoreai gra<strong>di</strong> estremi della flessione, favorendola soprattutto nei pazientime<strong>di</strong>o-orientali che per motivi religiosi o sociali sono abituati adusare elevate flessioni 27 .ALLINEAMENTO ROTATORIOIl posizionamento rotatorio della componente tibiale è critico.Malposizionamenti in rotazione interna o esterna sono responsabili<strong>di</strong> problemi femoro-rotulei (dolore, malscorrimento, instabilità),femoro-tibiali (usura) o <strong>di</strong> alterazioni del passo.Tra<strong>di</strong>zionalmente la componente tibiale viene allineata al terzome<strong>di</strong>ale della tuberosità tibiale oppure viene fatta allineare automaticamentealla componente femorale in estensione. Con entrambi imeto<strong>di</strong> un malallineamento rispetto alla componente femorale èatteso in almeno il 12% dei casi 24 27 .Le protesi a piatto mobile sono più tolleranti nei confronti <strong>di</strong>malposizionamenti rotatori <strong>di</strong> lieve entità, risultando in stressinferiori sul polietilene 24 28 29 . Huang et al. hanno riscontrato minorusura da malrotazione col piatto mobile 12 . La libertà rotatoria dellʼinserto,<strong>di</strong> solito entro i 10° ma in alcuni casi anche 20° 11 sarebbe<strong>di</strong> ulteriore vantaggio nelle protesi posterostabilizzate, in cui sonostati descritti fenomeni <strong>di</strong> impingement della spina sulle pareti dellagola con conseguente possibile usura 16 . Il piatto rotante, per questaragione, è stato introdotto anche in impianti ad alto vincolo in cuigli stress sulla spina sono particolarmente elevati.Restano dubbi, e ancora da provare, i vantaggi del piatto mobile18 25sullo scorrimento rotuleo. Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> confronto col piatto fisso29non hanno registrato un miglior scorrimento col piatto mobilesebbene alcuni autori abbiano riportato una ridotta incidenza <strong>di</strong>lateral release 30 . La possibilità <strong>di</strong> malscorrimento in flessione,infine, esiste anche nel piatto mobile 31 .RISULTATILa maggior parte degli stu<strong>di</strong> clinici <strong>di</strong> confronto prospettici randomizzati18 25 29 32 tra piatto fisso e mobile, compreso quattro stu<strong>di</strong>bilaterali, non ha evidenziato a breve e me<strong>di</strong>o termine <strong>di</strong>fferenzetra piatto fisso e mobile in termini <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione del paziente,<strong>di</strong> risultati clinici obbiettivi e <strong>di</strong> sopravvivenza. Un unico stu<strong>di</strong>o 33 ,multicentrico e a un anno <strong>di</strong> follow-up, ha riportato migliori punteggisoggettivi e obbiettivi nei pazienti a cui era stata impiantatauna protesi a piatto mobile.DISCUSSIONELa PTG è un intervento largamente basato sul trattamento ebilanciamento dei tessuti molli e una protesi mobile espone piùS89


Protesi <strong>di</strong> ginocchio a piatto mobile<strong>di</strong> una fissa a <strong>di</strong>fficoltà tecniche e a possibili insuccessi basati suinstabilità. Sono stati infatti descritti casi <strong>di</strong> instabilità fino allalussazione dellʼinserto plastico mobile quando questo equilibrionon era perfettamente raggiunto 34 35 (Bert). È necessaria unʼattenzioneparticolare alla stabilità soprattutto in flessione per evitarequeste complicazioni. Nelle protesi mobili a ritenzione del crociatoposteriore è necessario che il crociato posteriore sia né troppo tesoné troppo lasso. Spin-out del polietilene è stato descritto in casi <strong>di</strong>legamento posteriore troppo teso. In questi casi è necessario unrelease parziale 18 . È possibile quin<strong>di</strong> che le in<strong>di</strong>cazioni per le protesimobili non siano del tutto sovrapponibili a quelle fisse.Oggigiorno il la protesi a piatto mobile, con i dovuti accorgimentitecnici, sembra in<strong>di</strong>cata nelle seguenti situazioni:1. pazienti giovani e attivi per ridurre gli stress sul polietilene;2. nel <strong>di</strong>segno posterostabilizzato per ridurre gli stress sulla spina;3. nelle protesi da revisione ad alto vincolo per proteggere la fissazionee lʼinterfaccia.In conclusione degli obiettivi delle protesi mobili, cioè migliorarela fissazione, migliorare la conformità, ridurre gli stress e lʼusura,migliorare flessione e cinematica, non tutti sono stati chiaramente<strong>di</strong>mostrati e comunque risultano <strong>di</strong>fficilmente valutabili clinicamente,tuttavia la scienza <strong>di</strong> base è in supporto a questa ideaaffascinante e il tempo <strong>di</strong>rà il suo verdetto.BIBLIOGRAFIA1Greenwald SA. Mobile bearing knee replacement. AAOS annual meeting2007.2Buechel FF, Pappas MJ. New Jersey low contact stress knee replacementsystem. Ten-year evaluation of meniscal bearings. Orthop Clin North Am1989;20:147-77.3Garling EH, Valstar ER, Nelissen RG. Comparison of micromotion inmobile bearing and posterior stabilized total knee prostheses: a randomizedRSA study of 40 knees followed for 2 years. Acta Orthop 2005;76:353-61.4Hansson U, Toksvig-Larsen S, Jorn LP, et al. Mobile vs. fixed meniscalbearing in total knee replacement: a randomised ra<strong>di</strong>ostereometric study.Knee 2005;12:414-8.5Henricson A, Dalen T, Nilsson KG. Mobile bearings do not improve fixation incemented total knee arthroplasty. Clin Orthop Relat Res 2006;(448):114-21.6Barrack RL, Nakamura SJ, Hopkins SG, Rosenzweig S. Early failureof cementless mobile-bearing total knee arthroplasty. J Arthroplasty2004;19(Suppl.2):101-6.7Rullkoetter PJ. Society for Technology in Arthoplasty (ISTA) Annual meeting1998.8DʼLima DD, Chen PC, Colwell CW Jr. Polyethylene contact stresses, articularcongruity, and knee alignment. Clin Orthop Relat Res 2001;(392):232-8.9Rose R, Ra<strong>di</strong>n E. Wear of Polyethylene in the Total Hip Prosthesis. ClinOrthop Relat Res 1982;(170):107-15.10McEwen HM, Barnett PI, Bell CJ, et al. The influence of design, materialsand kinematics on the in vitro wear of total knee replacements. J Biomech2005;38:357-65.11Komistek RD, Dennis DA, Mahfouz MR, et al. In vivo polyethylene bearingmobility is maintained in posterior stabilized total knee arthroplasty. ClinOrthop Relat Res 2004;(428):207-13.12Huang CH, Ma HM, Liau JJ, et al. Osteolysis in failed total knee arthroplasty:a comparison of mobile-bearing and fixed-bearing knees. J BoneJoint Surg Am 2002;84-A(12):2224-9.13Minoda Y, Kobayashi A, Iwaki H, et al. 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Clin Orthop Relat Res2005;(440):101-6.25Ranawat AS, Rossi R, Loreti I, et al. Comparison of the PFC Sigma fixedbearingand rotating-platform total knee arthroplasty in the same patient:short-term results. J Arthroplasty 2004;19:35-9.26Argenson JN, Scuderi GR, Komistek RD, et al. In vivo kinematic evaluationand design considerations related to high flexion in total knee arthroplasty.J Biomech 2005;38:277-84.27Uehara K, Kadoya Y, Kobayashi A, et al. Bone anatomy and rotationalalignment in total knee arthroplasty. Clin Orthop Relat Res2002;(402):196-201.28Matsuda S, White SE, Williams VG, et al. Contact stress analysis in meniscalbearing total knee arthroplasty. J Arthroplasty 1998;13:699-706.29Pagnano MW, Trousdale RT, Stuart MJ, et al. Rotating platform knees <strong>di</strong>dnot improve patellar tracking: a prospective, randomized study of 240 primarytotal knee arthroplasties. Clin Orthop Relat Res 2004;(428):221-7.30Fantozzi S, Lear<strong>di</strong>ni A, Banks SA, et al. Dynamic in-vivo tibio-femoral andbearing motions in mobile bearing knee arthroplasty. Knee Surg SportsTraumatol Arthrosc 2004;12:144-51.31Chowdhury EA, Porter ML. A study of the effect of tibial tray rotationon a specific mobile bearing total knee arthroplasty. J Arthroplasty2005;20:793-7.32Kim YH, Kim JS. Comparison of anterior-posterior-glide and rotatingplatformlow contact stress mobile-bearing total knee arthroplasties. J BoneJoint Surg Am 2004;86-A(6):1239-47.33Price AJ, Rees JL, Beard D, et al. A mobile-bearing total knee prosthesiscompared with a fixed-bearing prosthesis. A multicentre single-blind randomisedcontrolled trial. J Bone Joint Surg Br 2003;85:62-7.34Bert JM. Dislocation/subluxation of meniscal bearing elements after NewJersey low-contact stress total knee arthroplasty. Clin Orthop Relat Res1990;(254):211-5.35Huang CH, Ma HM, Liau JJ, et al. Late <strong>di</strong>slocation of rotating platformin New Jersey Low-Contact Stress knee prosthesis. Clin Orthop Relat Res2002;(405):189-94.36Buechel FF Sr. Long-term followup after mobile-bearing total knee replacement.Clin Orthop Relat Res 2002;(404):40-50.37Nakayama K, Matsuda S, Miura H, et al. Contact stress at the post-cammechanism in posterior-stabilised total knee arthroplasty. J Bone Joint SurgBr 2005;87:483-8.S90


G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S91-S95La protesizzazione della rotulaPatellar replacementA. Schiavone Panni, M. Tartarone, S. Cerciello, D. Santaiti, C. Mazzotta, D. BelliniRIASSUNTOLa gestione della rotula in corso <strong>di</strong> artroprotesi <strong>di</strong> ginocchio è unascelta che ancora oggi si fonda su criteri incerti. Lʼin<strong>di</strong>cazione allaprotesizzazione della rotula si basa sullʼevidenza <strong>di</strong> una patologiainfiammatoria, <strong>di</strong> una cartilagine particolarmente danneggiata e <strong>di</strong>un eccessivo peso corporeo. In questi casi vanno osservati alcuniaccorgimenti tecnici: resezione ossea parallela alla superficiefemorale anteriore con uno spessore osseo residuo <strong>di</strong> circa 15 mm.La componente in polietilene va impiantata in posizione superome<strong>di</strong>ale. Lʼintra-rotazione delle componenti femorale e tibiale, ilsovra<strong>di</strong>mensionamento della componente femorale, la variazione<strong>di</strong> altezza dellʼinterlinea sono fattori che vanno evitati.Qualora non sia presente una patologia infiammatoria, lo stato dellacartilagine rotulea risulti accettabile, e il paziente non sia obeso, sipuò optare per la conservazione della rotula originaria. In questicasi vanno tenute presente le considerazioni precedenti. Gestiad<strong>di</strong>zionali quali la denervazione, la cheiloplastica, e la resezionetangenziale sono stati proposti per ridurre lʼinsorgenza del doloreanteriore, per migliorare la congruenza femoro-rotulea e per ridurrelo spessore della rotula stessa. Alla luce dellʼanalisi della letteraturache <strong>di</strong>mostra risultati clinici me<strong>di</strong>amente sovrapponibili tra le dueopzioni, riteniamo che la scelta risieda ancora sulla esperienza delchirurgo e sulla sua confidenza con lʼesecuzione tecnica che laprotesizzazione rotulea impone.Parole chiave: rotula, artroprotesi totale <strong>di</strong> ginocchio, denervazione,resezione tangenzialeSUMMARYPatellar management in total knee arthroplasty is a <strong>di</strong>fficult choiceas no general consensus is present on this issue. Patellar replacementis in<strong>di</strong>cated in case of inflammatory arthritis, of severelydamaged cartilage or in case of obese patients. In this case, surgicaldetails such as: bony resection parallel to the anterior femoralcortex and patellar thickness after osteotomy of at least 15mm, areessential. Patellar button must be implanted in a supero-me<strong>di</strong>alposition. Internal rotation of tibial and femoral component, jointline variation, and femoral component oversizing should beavoided. If no inflammatory arthritis is present, patellar cartilageis not severely damaged and patient is not obese retention of thenative patella is in<strong>di</strong>cated. Previous surgical tips are essential butad<strong>di</strong>tional procedures may be performed. Denervation, osteophytesremoval, and tangential resection have been proposed to reduceanterior knee pain, to improve patello-femoral congruence and toavoid overstuffing. Clinical reports in literature show comparableresults between the two groups. Thus we believe the choice mustbe adapted to the surgeonʼs experience and to his confidence withthe surgical technique, which needs <strong>di</strong>fferent considerations in caseof patellar replacement.Key words: patella, total knee arthroplasty, denervation, tangentialresectionINTRODUZIONELa decisione se protesizzare o meno la rotula in corso <strong>di</strong> artroprotesitotale <strong>di</strong> ginocchio non è sicuramente facile poiché ancoraoggi, <strong>di</strong>versi lavori in letteratura <strong>di</strong>mostrano come le problematichefemoro-rotulee siano responsabili <strong>di</strong> una elevata percentuale <strong>di</strong>reinterventi 1 . Cʼè da <strong>di</strong>re che negli anni 60 e 70 i primi impiantiprotesici non prevedevano la protesizzazione della rotula, che quin<strong>di</strong>scorreva su una superficie metallica. Solo alla fine degli anni 70sono stati effettuati i primi impianti rotulei che prevedevano unacomponente infossata nel contesto osseo. È con la commercializzazionedella protesi total condylar che sono stati eseguiti stu<strong>di</strong>più accurati sullʼarticolazione femoro-rotulea al fine <strong>di</strong> migliorarnela funzione. Anche recentemente, nonostante i progressi tecnicie culturali, le problematiche femoro-rotulee sono responsabili <strong>di</strong>insuccessi clinici o conducono a reintervento il 18% dei pazienticosì da rappresentare la seconda eziologia per percentuale, dopole mobilizzazioni asettiche e prima delle rigi<strong>di</strong>tà e delle instabilità2. Più precisamente Scott riporta una percentuale <strong>di</strong> reinterventiper problematiche rotulee del 10% qualora al momento del primoimpianto si fosse scelto <strong>di</strong> non protesizzare la rotula 3 .Tale percentuale sembra decrescere in caso <strong>di</strong> protesizzazione dellarotula. Munzinger riporta una percentuale del 3% descrivendo,quali complicanze correlate alla protesizzazione rotulea, lʼusuradella componente, la mobilizzazione della stessa, le rotture dellʼinsertoe le fratture della rotula 4 .Wood riferisce una percentuale <strong>di</strong> reinterventi per problematichefemoro-rotulee del 10% in caso <strong>di</strong> rotule precedentemente protesizzatee del 12% in caso <strong>di</strong> rotule non protesizzate 5 .Dipartimento <strong>di</strong> Scienze della Salute, Università del MoliseS91


La protesizzazione della rotulaPROTESIZZARE LA ROTULA: QUANDO E COMEAttualmente non esistono in<strong>di</strong>cazioni assolute alla scelta dellaopzione da impiegare. La protesizzazione della rotula andrebbeeseguita in caso <strong>di</strong> patologie infiammatorie, <strong>di</strong> alterata cinematicafemoro-rotulea, e <strong>di</strong> gravi artrosi femoro-rotulee (Fig. 1).Qualora si decida <strong>di</strong> protesizzare la rotula vanno tenuti presentialcuni concetti quali lʼentità della resezione ossea e il posizionamentodella componente rotulea.La resezione ossea deve essere valutata accuratamente, dovrebbeessere parallela alla corticale femorale anteriore in quanto una resezioneasimmetrica pre<strong>di</strong>spone ad una possibile instabilità rotulea.Lo spessore finale della rotula e della componente dovrebbe essereuguale o inferiore a quello della rotula nativa (in me<strong>di</strong>a 26 mm negliuomini e 23 mm nelle donne). Infatti una resezione insufficiente comportauna eccessiva tensione sui retinacoli interno ed esterno e puòcomportare limitazioni in flessione e dolore anteriore <strong>di</strong> ginocchio.Daluga ha mostrato che lʼaumento dello spessore rotuleo sia correlatoad una maggiore incidenza <strong>di</strong> mobilizzazioni in narcosi postoperatorieper rigi<strong>di</strong>tà 6 . Oishi e Starr in uno stu<strong>di</strong>o su cadavere hanno sottolineatocome un aumento <strong>di</strong> 5mm dello spessore rotuleo provochi unaumento del 30% degli stress <strong>di</strong> contatto a partire dai 40° <strong>di</strong> flessione7 8. Al contrario, riducendo lo spessore della rotula si avvicina la componenterotulea al centro <strong>di</strong> rotazione del ginocchio, <strong>di</strong>minuendo glistress <strong>di</strong> contatto a livello della componente stessa con una riduzionedel rischio <strong>di</strong> fratture e <strong>di</strong> usura del polietilene. È altresì vero che unaeccessiva <strong>di</strong>minuzione dello spessore osseo finisce invece per aumentareil rischio <strong>di</strong> fratture. Al fine <strong>di</strong> evitare problemi tecnici in caso <strong>di</strong>una eventuale revisione è in<strong>di</strong>cato mantenere il suo spessore <strong>di</strong> almeno15 mm. Attualmente gli strumentari in commercio permettono <strong>di</strong>eseguire una resezione parallela e della entità desiderata.Riguardo al posizionamento della componente rotulea, <strong>di</strong>versistu<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrano che lʼimpianto andrebbe posto in sede e me<strong>di</strong>alee superiore 9 (Fig. 2). La componente femorale andrebbe lateralizzatae posta in extrarotazione così come quella tibiale (in mododa me<strong>di</strong>alizzare il più possibile la tuberosità tibiale anteriore e<strong>di</strong>minuire così lʼangolo Q)Dovrebbero essere evitati in modo particolare lʼintrarotazionedelle componenti femorale o tibiale, il posizionamento anteriore oFig. 1. La sostituzione protesica risulta in<strong>di</strong>spensabile in caso <strong>di</strong> una rotula gravemente degenerata.Fig. 2. Il posizionamento supero-me<strong>di</strong>ale della componente rotulea garantisce una migliore stabilitàdell’impianto.la flessione della componente femorale e lʼaumento del <strong>di</strong>ametroanteroposteriore della porzione <strong>di</strong>stale del femore (componentefemorale sovra<strong>di</strong>mensionata). La rotazione delle componenti tibialee soprattutto femorale sembra essere un elemento chiave nel garantireuna cinematica femoro-rotulea corretta. Berger ha <strong>di</strong>mostratocome in caso <strong>di</strong> rotazione interna combinata (delle due componenti)compresa fra 1° e 4° si assista ad una sintomatologia dolorosa;quando tale rotazione sia compresa fra 3° e 8° compaia una sublussazionerotulea esterna, mentre qualora sia superiore agli 8° si possaincorrere nella mobilizzazione della componente o nella lussazionedella rotula 10 . Infine la variazione dellʼinterlinea protesica influiscesulla cinematica femoro-rotulea. Un abbassamento dellʼinterlineaprovoca una elevazione relativa della rotula con tensionamentoeccessivo dei retinacoli, causa possibile <strong>di</strong> dolore e limitazione dellaflessione. Al contrario un innalzamento dellʼinterlinea comporta unarotula bassa con rischio <strong>di</strong> impingement tra la stessa e lʼinserto inpolietilene. Figgie comunque ha <strong>di</strong>mostrato come uno spostamentodellʼinterlinea inferiore a 8mm non abbia alcuna influenza sul risultatopostoperatorio 11 . Qualora i punti tecnici precedenti siano statirispettati scrupolosamente si dovrebbe ottenere un tracking ottimalee non si dovrebbe ricorrere alla lisi del retinacolo laterale. Talegesto andrebbe limitato ai casi in cui durante la flesso estensione,seguendo la regola del no thumbs la rotula tenda alla sublussazioneesterna; tale evenienza è comunque la spia che uno o più dei puntitecnici precedenti non sia stato eseguito correttamente 12 .Un <strong>di</strong>scorso a parte merita il design delle componenti protesiche.Un punto chiave sembra essere la forma della troclea femorale chedeve riprodurre il più possibile lʼasimmetria della troclea osto-cartilagineanormale. Il fondo della troclea deve essere poco prominente,deve essere lateralizzato rispetto al punto centrale della componente,deve essere orientato obliquamente verso lʼalto e lʼesterno<strong>di</strong> circa 7° ed il muro laterale deve essere più pronunciato rispetto aquello me<strong>di</strong>ale. Petersilge ha <strong>di</strong>mostrato che una gola trocleare piùprofonda riduce lo scivolamento me<strong>di</strong>o-laterale della componenterotulea 13 . Andriacchi, impiegando una componente con una golatrocleare più profonda, che riproduceva più da vicino il raggio <strong>di</strong>curvatura femorale, ha mostrato un miglioramento statisticamentesignificativo nellʼandatura in piano e nel salire le scale 14 . Il miglioramentodel design ha interessato anche la componente rotulea;S92


A. Schiavone Panni et al.attualmente le forme sono meglio congruenti con la componentefemorale e lʼimpiego <strong>di</strong> tre piccoli fittoni invece <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> maggiori<strong>di</strong>mensioni (come avveniva in passato) ha permesso <strong>di</strong> aumentarela stabilità dellʼimpianto riducendo il rischio <strong>di</strong> fratture.Infine lʼimpiego <strong>di</strong> impianti a piatto mobile permette una autocorrezione<strong>di</strong> eventuali errori rotazionali femorali e tibiali chepotrebbero avere ripercussioni sul bilanciamento femoro-tibiale esul tracking femoro-rotuleo. Pertanto tali impianti, a prescinderedalla scelta se protesizzare o meno la rotula, sembrerebbero essereparticolarmente in<strong>di</strong>cati in in<strong>di</strong>vidui giovani e con elevate richiestefunzionali 15 .NON PROTESIZZARE LA ROTULA: QUANDO E COMELa scelta <strong>di</strong> non protesizzare la rotula si basa, il più delle volte,sulla valutazione clinica preoperatoria ed su quella intraoperatoria.La conservazione della rotula originaria è in<strong>di</strong>cata in caso <strong>di</strong>pazienti giovani e non obesi, in assenza <strong>di</strong> patologie infiammatorie,in presenza <strong>di</strong> una rotula <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, con superficie cartilaginea<strong>di</strong>scretamente conservata, in caso <strong>di</strong> cinematica femororotuleanormale e rotula centrata ed in caso <strong>di</strong> buona compatibilitàtra anatomia della rotula e design protesico.Molti chirurghi, nei suddetti casi, preferiscono tale opzione, anchealla luce della maggior gravità delle complicanze nei casi <strong>di</strong> rotulaprotesizzata rispetto a quella non protesizzata.È <strong>di</strong>mostrato che la percentuale <strong>di</strong> complicanze femoro-rotulee incaso <strong>di</strong> protesizzazione della rotula è inferiore alla percentuale <strong>di</strong>pazienti non protesizzati che hanno dovuto subire un reinterventoper protesizzazare la rotula. Barrack, a tal proposito, in uno stu<strong>di</strong>orandomizzato su 89 pazienti, mostra risultati sovrapponibili sia intermini <strong>di</strong> risultato funzionale che <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione soggettiva, mariporta una percentuale <strong>di</strong> reinterventi per protesizzare una rotulanon protesizzata al momento del primo impianto del 10% 16 . Sideve però ricordare che le cause che portano ad un reintervento acausa <strong>di</strong> una rotula precedentemente non protesizzata sono essenzialmenteil dolore anteriore, visto che i casi <strong>di</strong> usura sono eccezionalie limitati ad in<strong>di</strong>cazioni forzate come riportato da Kajino incaso <strong>di</strong> artrite reumatoide 17 .In caso <strong>di</strong> precedente protesizzazione rotulea la revisione <strong>di</strong>vienesenza dubbio, tecnicamente più <strong>di</strong>fficile.Bonnin afferma che la resezione ossea rotulea insufficiente oasimmetrica è causa <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà e successiva revisione nel 5% deicasi 18 . Le mobilizzazioni asettiche sono relativamente rare in caso<strong>di</strong> componenti all poly, con una incidenza del 4% per Wood 7 , masono molto più frequenti in caso <strong>di</strong> componenti rotulee metal back(fino al 15%). Sembrerebbero essere favorite dalla <strong>di</strong>minuzionedella superficie <strong>di</strong> contatto femoro-rotulea e quin<strong>di</strong> dallʼaumentodelle forze <strong>di</strong> contatto e <strong>di</strong> taglio a livello della rotula protesizzatarispetto a quello non protesizzata, come <strong>di</strong>mostrato da Matsuda eBenjamin 19, 20 .La complicanza più temibile rimane però la frattura della rotula.Tale complicanza, secondo Berend, ha una frequenza del 3% epuò insorgere al momento del primo impianto o essere tar<strong>di</strong>vain un quadro <strong>di</strong> una mobilizzazione della componente 21 . Sembrafavorita dalla devascolarizzazione, dal depauperamento dello stockosseo, dalla demineralizzazione, dalla chirurgia ripetuta e da errori<strong>di</strong> allineamento. Tuttavia, in questi casi, sebbene la revisione siatecnicamente <strong>di</strong>fficile e i risulti clinici non ottimali, le nuove rotulein tantalio poroso permettono <strong>di</strong> trattare anche i casi più <strong>di</strong>fficili econ bone stock virtualmente assente.Qualora si sia deciso <strong>di</strong> non protesizzare la rotula i punti tecniciprecedentemente descritti, ovvero il corretto allineamento frontale,sagittale ed assiale delle componenti femorale e tibiale, il rispettodella corretta altezza dellʼinterlinea protesica vanno comunquesempre scrupolosamente rispettati. Sono possibili una serie <strong>di</strong> gestiad<strong>di</strong>zionali a livello della rotula quali la denervazione, la cheiloplasticae la resezione tangenziale. La denervazione è tuttora unatecnica <strong>di</strong>scussa che sembra fornire un certo miglioramento dellasintomatologia algica (Fig. 3) 22, 23 . La cheiloplastica permette larimozione degli osteofiti in modo da evitare possibili fenomeni <strong>di</strong>impingement con le componenti protesiche (Fig. 4); la resezionetangenziale permette una riduzione dello spessore, <strong>di</strong>minuendo lepressioni <strong>di</strong> contatto che a livello dellʼarticolazione femoro-rotuleaprotesica possono arrivare a 8 volte il peso del corpo (Fig. 5).ANALISI DELLA LETTERATURA E DISCUSSIONEDallʼanalisi della letteratura, i risultati clinici non sembranomostrare <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative a favore dellʼunaFig. 3. Denervazione in caso <strong>di</strong> degenerazione modesta.Fig. 4. In caso <strong>di</strong> pronunciata osteofitosi la denervazione si associa alla cheilectomia.S93


La protesizzazione della rotulaFig. 5. Controllo Rx dopo resezione tangenziale della rotula.o dellʼaltra opzione anche se sembra emergere una migliore qualitàdei risultati degli impianti a rotula protesizzata.Burnett in uno stu<strong>di</strong>o su 90 pazienti con un follow-up minimo <strong>di</strong>10 anni riporta risultati sovrapponibili nei due gruppi, in termini<strong>di</strong> percentuali <strong>di</strong> revisione, risultati clinici (Knee Society Score),risultati ra<strong>di</strong>ografici e dolore anteriore 24 . Tale dato sembra confermatoda Masri per il quale la mancata protesizzazione rotulea nonsembra influenzare il dolore, la funzione o il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazionepostoperatoria 25 . Ogon riporta risultati clinici sovrapponibili tra idue gruppi, con knee e function score rispettivamente 85,3 e 70,3nel gruppo delle rotule protesizzate e 82,7 e 71,7 nel gruppo dellerotule non protesizzate. Tuttavia egli ha riscontrato una maggiorepercentuale <strong>di</strong> complicanze (20,5%) nel gruppo delle rotule protesizzaterispetto a quello delle rotule non protesizzate (9,6%) 26 .Risultati analoghi sono stati riscontrati da Feller con punteggiallʼHospital for Special Surgery score e patellar score <strong>di</strong> 83 e 26nel gruppo delle rotule protesizzate e <strong>di</strong> 89 e 28 in quello dellerotule non protesizzate 27 .In termini <strong>di</strong> articolarità postoperatoria non sembrano esservi<strong>di</strong>fferenze significative come <strong>di</strong>mostrato da Myles in uno stu<strong>di</strong>oin elettrogoniometria 28 . Altri autori riportano risultati leggermentemigliori in caso <strong>di</strong> rotule protesizzate.Mayman ha riportato una maggiore prevalenza <strong>di</strong> dolore anteriorealla deambulazione o alla <strong>di</strong>scesa e alla salita delle scale in caso <strong>di</strong>impianti con rotula non protesizzata. Lʼ80% dei pazienti con rotulaprotesizzata si è <strong>di</strong>chiarato estremamente sod<strong>di</strong>sfatto, mentre ciò siè verificato nel 48% dei casi non protesizzati 29 .Parvizi in un recente lavoro <strong>di</strong> meta-analisi riporta come la percentuale<strong>di</strong> reinterventi per dolore anteriore in pazienti precedentementenon sottoposti a sostituzione protesica della rotula sia del 8,7%.Lʼautore non riporta <strong>di</strong>fferenze in termini <strong>di</strong> complicanze o risultaticlinici nei due gruppi 30 .Cʼè però da ricordare che Barrack afferma che la presenza <strong>di</strong> undolore anteriore postoperatorio sia da correlarsi al design dellʼimpiantoprotesico od a fattori chirurgici quali la rotazione delle componentipiuttosto che alla scelta se protesizzare o meno la rotula 31 .Wood in uno stu<strong>di</strong>o su 220 pazienti riporta risultati superiori nelgruppo delle rotule protesizzate in termini <strong>di</strong> dolore anteriore e <strong>di</strong>scesadelle scale. Inoltre la percentuale <strong>di</strong> reinterventi per problematichefemoro-rotulee nel gruppo delle rotule protesizzate è stata del 10%,mentre in quello delle rotule non protesizzate è stata del 12%. Infinea suo avviso un fattore fondamentale nello sviluppo del dolore anteriorein caso <strong>di</strong> rotule non protesizzate sarebbe il peso e non il BMIsuggerendo che il ruolo preponderante sarebbe svolto dal carico alivello dellʼarticolazione piuttosto che dallʼobesità in sé 5 .Al momento non esistono risultati certi che <strong>di</strong>mostrino la superioritàevidente <strong>di</strong> una meto<strong>di</strong>ca sullʼaltra. A nostro avviso la scelta,tenute presente le in<strong>di</strong>cazioni già citate, dovrebbe soprattuttobasarsi sulle capacità e lʼesperienza del chirurgo. Una tecnica chirurgicaaccurata, volta a ottenere un corretto allineamento dellecomponenti protesiche nei tre piani dello spazio, una scelta precisadelle <strong>di</strong>mensioni delle componenti, un rispetto dellʼaltezza dellʼinterlineae una esecuzione meticolosa degli eventuali gesti <strong>di</strong> lisidelle parti molli sono le chiavi per un successo clinico molto più<strong>di</strong> quanto non lo sia la scelta se protesizzare o meno la rotula. Vacomunque tenuto presente che la protesizzazione della rotula è ungesto solo apparentemente semplice, ma che nasconde numeroseinsi<strong>di</strong>e e che può comportare, se non eseguito correttamente, conseguenzemolto invalidanti per il paziente.BIBLIOGRAFIA1Clyburn TA, Weitz-Marshall A, Ambrose CM, et al. Outcomes of patellofemoralreplacement in total knee arthroplasty using meticulous techniques.Orthope<strong>di</strong>cs 2007;30:111-5.2Beaufils P. Les complications des prothèses totales du genou liée à lʼappareilextenseur. Diagnostic, traitement, prévention. In: Bonnin M, ChambatP, eds. La gonartrose. Paris: Springer 2003: 472-90.3Scott WN, Clarke HD. Routine patellar resurfacing: a viable option.Orthope<strong>di</strong>cs 2003;26:684-6.4Munzinger UK, Petrich J, Boldt JG. Patella resurfacing in total kneearthroplasty using metal-backed rotating bearing components: a 2- to10-year follow-up evaluation. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc.2001;9(Suppl.1):34-42.5Wood DJ, Smith AJ, Collopy D, et al. Patellar resurfacing in total kneearthroplasty: a prospective, randomized trial. J Bone Joint Surg Am2002;84A:187-93.6Daluga D, Lombar<strong>di</strong> AV, Mallory TH, et al. Knee manipulation followingtotal knee arthroplasty. Analysis of prognostic variables. J Arthroplasty1991;6:119-28.7Oishi CS, Kaufman KR, Irby SE, et al. Effects of patellar thickness on compressionand shear forces in total knee arthroplasty. Clin Orthop Relat Res1996;(331):283-90.8Star MJ, Kaufman KR, Irby SE, et al. 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A. Schiavone Panni et al.10Berger RA, Crossett LS, Jacobs JJ, et al. Malrotation causing patellofemoralcomplications after total knee arthroplasty. Clin Orthop Relat Res1998;(356):144-53.11Figgie HE, Goldberg VM, Heiple KG, et al. The influence of tibial-patellarlocation on function of the knee in patients with posterior stabilized condylarknee prosthesis. J Bone Joint Surg 1986;68A:1035-40.12Ewald FC. Leg-lift technique for simultaneous femoral, tibial, and patellarprosthetic cementing, “rule of no thumb” for patellar tracking, and steel rodrule for ligament tension. Techniques Orthop 1991;6:44-6.13Petersilge WJ, Oishi CS, Kaufman KR, et al. The effect of trochlear designon patellofemoral shear and compressive forces in total knee arthroplasty.Clin Orthop 1994;309:124-30.14Andriacchi TP, Yoder D, Conley A, et al. Patellofemoral design influencesfunction following total knee arthroplasty. J Arthroplasty 1997;12:243-9.15Kelly MA. Patellofemoral complications following total knee arthroplasty.Instr Course Lect 2001;50:403-7.16Barrack RL, Wolfe MW, Waldman DA, et al. Resurfacing of the patella intotal knee arthroplasty. A prospective, randomized, double-blind study. JBone Joint Surg Am 1997;79:1121-31.17Kajino A, Yoshino S, Kameyama S, et al. Comparison of the resultsof bilateral total knee arthroplasty with and without patellar replacementfor rheumatoid arthritis. A follow-up note. J Bone Joint Surg Am1997;79:570-4.18Bonnin M, Deschamps G, Neyret P, et al. Revision in non-infected totalknee arthroplasty: an analysis of 69 consecutive cases. Rev Chir OrthopReparatrice Appar Mot 2000;86:694-706.19Matsuda S, Ishinishi T, White SE, et al. Patellofemoral joint after totalknee arthroplasty: Effect on contact area and contact stress. J Arthroplasty1997;12:790-7.20Benjamin JB, Szivek JA, Hammond AS, et al. Contact areas and pressuresbetween native patellae and prosthetic femoral components. Orthop Trans1998-1999;22:18.21Berend ME, Ritter MA, Keating EM, et al. The failure of all-polyethylenepatellar components in total knee replacement. Clin Orthop Relat Res2001;(388):105-11.22Moller BN, Helmig O. Patellar pain treated by neurotomy. Arch OrthopTrauma Surg 1984;103:137-9.23Vega J, Golanò P, Pérez-Carro L. Electrosurgical arthroscopic patellardenervation. Arthroscopy 2006;22:1028.e1-3.24Burnett RS, Haydon CM, Rorabeck CH, et al. Patella resurfacing versusnonresurfacing in total knee arthroplasty: results of a randomized controlledclinical trial at a minimum of 10 yearsʼ follow-up. Clin Orthop Relat Res2004;(428):12-25.25Masri BA, Meek RM, Greidanus NV, et al. Effect of retaining a patellarprosthesis on pain, functional, and satisfaction outcomes after revision totalknee arthroplasty. J Arthroplasty 2006;21:1169-74.26Ogon M, Hartig F, Bach C, et al. Patella resurfacing: no benefit for thelong-term outcome of total knee arthroplasty. A 10- to 16.3-year follow-up.Arch Orthop Trauma Surg 2002;122:229-34.27Feller JA, Bartlett RJ, Lang DM. Patellar resurfacing versus retention intotal knee arthroplasty. J Bone Joint Surg Br 1996;78:226-8.28Myles CM, Rowe PJ, Nutton RW, et al. The effect of patella resurfacing intotal knee arthroplasty on functional range of movement measured by flexibleelectrogoniometry. Clin Biomech (Bristol, Avon) 2006;21:733-9.29Mayman D, Bourne RB, Rorabeck CH, et al. Resurfacing versus notresurfacing the patella in total knee arthroplasty: 8- to 10-year results. JArthroplasty 2003;18:541-5.30Parvizi J, Rapuri VR, Saleh KJ, Kuskowski MA, Sharkey PF, Mont MA.Failure to resurface the patella during total knee arthroplasty may resultin more knee pain and secondary surgery. Clin Orthop Relat Res. 2005Sep;438:191-6.31Barrack RL, Bertot AJ, Wolfe MW, et al. Patellar resurfacing in total kneearthroplasty. A prospective, randomized, double-blind study with five toseven years of follow-up. J Bone Joint Surg Am 2001;83A:1376-81.S95


G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S96-S101Le artroprotesi modulari <strong>di</strong> ginocchio nella chirurgia oncologicaKnee megaprostheses in the musculoskeletal oncology surgeryM. Mercuri, C. Errani, M. De Paolis, N. Fabbri, P. Ruggieri, A. ToscanoRIASSUNTOLa chirurgia ricostruttiva è <strong>di</strong>venuta il trattamento <strong>di</strong> scelta nellacura dei tumori ossei. Il femore <strong>di</strong>stale e la tibia prossimale sonole se<strong>di</strong> più coinvolte. Il più comune tumore primitivo malignoin questa sede è lʼosteosarcoma, ma anche altre lesioni maligne,come il sarcoma <strong>di</strong> Ewing ed il condrosarcoma, possono insorgerenella tibia prossimale e nel femore <strong>di</strong>stale. I tipi <strong>di</strong> ricostruzionecomprendono lʼartrodesi, le endoprotesi modulari, gli innesti osseimassivi e le protesi composite. Le opzioni per la ricostruzionescheletrica del ginocchio si basano su <strong>di</strong>versi fattori, come: la sededel tumore, la sta<strong>di</strong>azione della malattia, lʼetà del paziente, la prognosi,lʼassociazione <strong>di</strong> terapie a<strong>di</strong>uvanti, lʼattività e le aspettativedel paziente, lʼesperienza del chirurgo. La ricostruzione protesica èutilizzata routinariamente per il femore <strong>di</strong>stale e la tibia prossimale.La ricostruzione articolare con protesi modulare è una tecnica relativamentesemplice, dotata <strong>di</strong> una flessibilità intraoperatoria chepermette al chirurgo <strong>di</strong> ricostruire <strong>di</strong>fetti ossei <strong>di</strong> ogni entità conun minimo planning preoperatorio. Altri vantaggi sono la breveospedalizzazione ed il più semplice trattamento delle eventualicomplicazioni. La sopravvivenza degli impianti protesici doporicostruzione <strong>di</strong> ampi segmenti scheletrici è approssimativamentedel 90% a 10 anni. I bambini tra i 10 e 14 anni possono esseretrattati come gli adulti. In quelli tra 7 e 10 anni possono essereimpiegate le protesi allungabili.Parole chiave: protesi modulari, ginocchio, oncologia muscoloscheletrica,chirurgiaSUMMARYLimb salvage has become an accepted treatment for bone tumors.Distal femur and proximal tibia are the most common location forall bone tumors. The most common malignant neoplasm in thesesites is osteosarcoma, but other malignant lesions, such as Ewingʼssarcoma and chondrosarcoma occur in the tibia and in the <strong>di</strong>stalfemur. Reconstruction of the residual defect after wide resection inthe lower limb can be restored by using an arthrodesis, an osteoarticular-allograft,an endoprosthesis or an allograft-prosthesis composite.Reconstructive options for skeletal defects, depend on thesite and staging of the tumor, age of the patient, patient prognosis,Dipartimento <strong>di</strong> Oncologia Muscoloscheletrica, V Divisione, Istituti Ortope<strong>di</strong>ciRizzoli, Bolognaadjuvant therapy, functional demand and the orthopae<strong>di</strong>c surgeonʼsexpertise. Prosthetic reconstruction is routinely performed for the<strong>di</strong>stal femur and proximal tibia. A major advantage of a modularendoprosthetic system is a simpler procedure with an intraoperativeflexibility; it enables the surgeon to reconstruct defects of any sizewith a minimal planning. Other advantages are: fast recovery andeasier management of complications. Overall survival analysis oflarge segmental replacement is approximately 90% at 10 years.Children over the age of 10-14 years can be treated as adults, bystandard modular prosthesis. In children between the ages of 7 and10 years expandable implants can be used.Key words: megaprostheses, knee, musculoskeletal oncology, surgeryINTRODUZIONENegli ultimi 20 anni grazie allʼavvento della chemioterapia neoa<strong>di</strong>uvante,<strong>di</strong> nuove indagini strumentali (TAC e RMN), <strong>di</strong> sofisticatiesami <strong>di</strong> immunoistochimica e dei progressi della chirurgiaricostruttiva protesica e biologica, la prognosi ed il trattamento deisarcomi ossei degli arti ha subito enormi cambiamenti. Nel passatoqueste neoplasie venivano trattate nel 80-90% dei casi con unachirurgia demolitiva. Nellʼultimo ventennio il ricorso allʼamputazioneè <strong>di</strong>minuito progressivamente, ed una percentuale semprepiù numerosa <strong>di</strong> pazienti è stata trattata con la resezione locale e laricostruzione funzionale dellʼarto (90%).Il ginocchio è la sede più frequentemente coinvolta nei tumoriprimitivi dello scheletro (60%), soprattutto a livello del femore<strong>di</strong>stale. Lʼosteosarcoma, il sarcoma <strong>di</strong> Ewing ed il condrosarcoma,sono le neoplasie maligne primitive più comuni in questa sede. Trale lesioni benigne ricor<strong>di</strong>amo il tumore a cellule giganti, la cistianeurismatica ed il condroblastoma. Lʼetà più colpita è quella degliadolescenti e dei giovani-adulti.Le opzioni per la ricostruzione scheletrica del ginocchio si basanosu <strong>di</strong>versi fattori, come: lʼetà del paziente, la sta<strong>di</strong>azione dellamalattia, lʼassociazione <strong>di</strong> terapie a<strong>di</strong>uvanti (chemio e ra<strong>di</strong>oterapia),lʼattività e le aspettative del paziente. I tipi <strong>di</strong> ricostruzionecomprendono le endoprotesi modulari, gli innesti ossei massivi, leprotesi composite e lʼartrodesi.Nella maggior parte dei casi, dopo la resezione del femore <strong>di</strong>stalee/o della tibia prossimale, per ricostruire un segmento articolareo raramente un intero segmento scheletrico, si usano le protesimodulari. Queste sono <strong>di</strong>sponibili in <strong>di</strong>verse misure e assemblabilisecondo lʼentità della resezione ossea (Fig. 1).S96


M. Mercuri et al.La ricostruzione articolare con protesi modulare è una tecnica relativamentesemplice, permette <strong>di</strong> iniziare il programma riabilitativoimme<strong>di</strong>atamente dopo lʼintervento e consente una buona articolaritàed il carico precocemente. Rispetto allʼimpiego dʼinnesti osseiomologhi, la ricostruzione protesica evita il rischio <strong>di</strong> trasmissione<strong>di</strong> malattie infettive e reazioni immunitarie.I problemi maggiori <strong>di</strong> questi impianti sono correlati alla <strong>di</strong>fficoltà<strong>di</strong> riattaccare i tessuti molli alle componenti metalliche della protesinella ricostruzione della tibia prossimale (ten<strong>di</strong>ne rotuleo) ed allanon trascurabile percentuale dʼinfezioni e fallimenti meccanici.CENNI DI CHIRURGIA ONCOLOGICALa resezione del femore <strong>di</strong>stale e/o della tibia prossimale è in<strong>di</strong>catanei sarcomi ossei a basso ed alto grado <strong>di</strong> malignità, in casi selezionati<strong>di</strong> lesioni benigne allo sta<strong>di</strong>o 3 (estesa <strong>di</strong>struzione ossea) edoccasionalmente nelle lesioni metastatiche.Questa tecnica <strong>di</strong> ricostruzione è in<strong>di</strong>cata nei pazienti adulti e negliadolescenti che stanno terminando lʼaccrescimento scheletrico; inquesti ultimi, nelle ricostruzioni del femore <strong>di</strong>stale, viene utilizzatauna componente tibiale a stelo liscio per ridurre i danni alla cartilagine<strong>di</strong> accrescimento tibiale e permetterne un parziale sviluppo(Fig. 2). Nei pazienti, invece, tra i 7 ed i 12 anni <strong>di</strong> età è in<strong>di</strong>catousare protesi allungabili per minimizzare la <strong>di</strong>smetria degli arti afine crescita (Fig. 3).Il chirurgo deve attenersi strettamente ai principi della chirurgiaoncologica ed eseguire le <strong>di</strong>ssezioni secondo piani liberi da neoplasia(resezione con margini ampi). A questo scopo le immaginistrumentali (Rx, TC e RMN) sono essenziali per identificarelʼesatta estensione della lesione (Fig. 4), il rapporto con le struttureneurovascolari principali e quin<strong>di</strong> per la precisa pianificazionedellʼintervento.Quando il tumore non invade la cavità articolare è in<strong>di</strong>cata unaresezione intrarticolare; in caso contrario sideve eseguire una resezione extrarticolare(Fig. 4).Usualmente viene eseguita unʼincisionelongitu<strong>di</strong>nale che rimuova completamenteil tramite bioptico e consenta lʼaccesso alfascio neurovascolare principale. Lʼaccessochirurgico può essere me<strong>di</strong>ale o laterale peril femore <strong>di</strong>stale, quasi sempre me<strong>di</strong>ale perla resezione della tibia prossimale. Lʼentitàdella resezione è me<strong>di</strong>amente <strong>di</strong> 15-20cm e la neoplasia viene asportata semprein blocco, avvolta da uno strato <strong>di</strong> tessutisani. Generalmente, nelle resezioni delfemore <strong>di</strong>stale, viene sacrificato parte delmuscolo vasto laterale e <strong>di</strong> quello me<strong>di</strong>alee tutto il muscolo vasto interme<strong>di</strong>o, mentreviene conservato il muscolo retto femorale.Nelle resezioni della tibia prossimale vienesempre sacrificato il muscolo popliteo, parte dei muscoli estensorie <strong>di</strong> quelli flessori, mentre il ten<strong>di</strong>ne rotuleo deve essere necessariamentesezionato allʼinserzione <strong>di</strong>stale. La ricostruzione necessitaspesso <strong>di</strong> trasposizioni muscolari, generalmente il muscolo gemelloFig. 1. Protesi modulare del femore <strong>di</strong>stale <strong>di</strong>sponibile in <strong>di</strong>verse misure, 1983 (Howme<strong>di</strong>ca-LimerickIrlanda).Fig. 2. Fotografia degli steli tibiali lisci in <strong>di</strong>verse misure, usati nei pazienti in accrescimento (a); Rx in A-P (b). La crescita tibiale è simmetrica aquella del perone, nonostante un leggero affondamento della protesi. La freccia in<strong>di</strong>ca il fronte <strong>di</strong> crescita ossea metafisaria.me<strong>di</strong>ale, per fornire unʼadeguata copertura della protesi con tessutimolli sani, prevenire complicazioni precoci della ferita, ripristinarela continuità dellʼapparato estensore e assicurare la fissazione delten<strong>di</strong>ne rotuleo in buona posizione al fine <strong>di</strong> evitare una rotula altaS97


Le artroprotesi modulari <strong>di</strong> ginocchio nella chirurgia oncologicaFig. 3. Rx in A-P <strong>di</strong> un femore <strong>di</strong>stale e del ginocchio <strong>di</strong> un paziente <strong>di</strong> anni 10, affetto da osteosarcoma(a); protesi allungabile custom made (Wright-Arlington, TN-USA) (b); controllo ra<strong>di</strong>ograficopostoperatorio in A-P dopo resezione ampia e ricostruzione con protesi allungabile (c).o bassa e quin<strong>di</strong> non compromettere il risultato funzionale. Inoltre,particolare attenzione deve essere fatta allʼallineamento dellʼapparatoestensore residuo, per evitare la sub-lussazione della rotula.ENDOPROTESIIl primo caso <strong>di</strong> ricostruzione protesica risale al 1940, anno in cuiAustin Moore e Harold Bohlman 1 sostituirono il femore prossimale<strong>di</strong> un paziente affetto da reci<strong>di</strong>va <strong>di</strong> tumore a cellule giganti utilizzandoun impianto metallico (vitallium). Nel 1947 Delitala 2 presentavai primi risultati delle ricostruzioni scheletriche con endoprotesidopo resezione segmentale.La prima vera protesi modulare fu <strong>di</strong>segnata nel 1973 ed impiantatadal professor M. Campanacci per la ricostruzione dellʼomeroprossimale 3 .Lʼesperienza della Clinica Ortope<strong>di</strong>ca dellʼIstituto Rizzoli nellʼusodelle megaprotesi dopo resezione per tumori ossei localizzati al ginocchioinizia negli anni ʼ70 con lʼimpiego <strong>di</strong> protesi custom made.È allʼinizio degli anni ʼ80, grazie al professor Kotz, che le protesimodulari non cementate vengono introdotte per la ricostruzione <strong>di</strong>qualsiasi segmento osseo.Le protesi KMFTR-HMRS (Kotz Modular Femur and TibialRecunstruction-Howme<strong>di</strong>ca Reconstruction System) rappresentanole prime generazioni <strong>di</strong> protesi modulari in Europa, e sonostate impiegate presso il nostro istituto sin dal 1983. Nellʼultimoventennio hanno subito unʼevoluzione sia in termini <strong>di</strong> “design”che <strong>di</strong> materiali, avvicinandosi sempre più alle artroprotesi convenzionali.Il sistema protesico modulare, <strong>di</strong>sponibile in <strong>di</strong>verse misure, prevedetre componenti principali: una componente articolare, uno stelo<strong>di</strong> ancoraggio ed un corpo intersegmentale, che assemblati allecomponenti minori (perno, boccola e piatto tibiale) permettono <strong>di</strong>ripristinare qualsiasi <strong>di</strong>fetto osseo.In origine le protesi modulari <strong>di</strong> ginocchio erano a cerniera semplice.Lʼalta percentuale <strong>di</strong> mobilizzazioni asettiche e <strong>di</strong> rottura dellʼimpiantoha portato allo sviluppo delle protesi a cerniera rotante(Fig. 5). Queste ultime hanno lo scopo <strong>di</strong> migliorare la <strong>di</strong>stribuzionedegli stress allʼinterfaccia osso-metallo o cemento-osso, <strong>di</strong>minuendocosì le probabilità <strong>di</strong> uno scollamento asettico e le frattureda fatica, quin<strong>di</strong> riducendo il rischio <strong>di</strong> fallimento dellʼimpianto.Consentono la flessione, estensione e rotazione mantenendo lastabilità sia sul piano frontale sia su quello sagittale.Alcune protesi modulari usate in Europa erano dotate <strong>di</strong> placcheantirotazionali, al fine <strong>di</strong> aumentare la fissazione extracorticale equin<strong>di</strong> <strong>di</strong> ridurre le probabilità <strong>di</strong> una mobilizzazione dellʼimpianto.Le protesi <strong>di</strong> ultima generazione possiedono un rivestimento porosodello stelo, al fine <strong>di</strong> indurre la crescita dellʼosso ospite e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>aumentare la fissazione della protesi stessa. In letteratura sono statidescritti dei meto<strong>di</strong> biologici <strong>di</strong> fissazione extracorticale 4 , semprecon lo scopo <strong>di</strong> aumentare la sopravvivenza dellʼimpianto. Alcuniimpianti possiedono un <strong>di</strong>segno particolare degli steli che hanno lafunzione <strong>di</strong> opporsi ai micromovimenti rotazionali.La superficie porosa <strong>di</strong> alcune componenti protesiche ha la funzione<strong>di</strong> incrementare la formazione <strong>di</strong> tessuto fibroso, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>migliorare lʼancoraggio dei tessuti molli allʼimpianto e ridurre lospazio morto periprotesico.Forma e <strong>di</strong>mensioni delle componenti articolari cercano <strong>di</strong> riprodurreil più possibile la normale anatomia del ginocchio.Lʼesperienza con lʼutilizzo delle protesi custom made ha <strong>di</strong>mostratoun rischio sostanziale <strong>di</strong> frattura dello stelo quando vengonoutilizzati steli <strong>di</strong> piccolo <strong>di</strong>ametro (< 9 mm). Il sistema protesicomodulare possiede steli <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro più grande (sino a 19 mm pergli steli a press-fit e 17 mm per gli steli cementati), <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa forma(retti e curvi) e lunghezza (125 per gli steli dritti, 150 e 200 mmper quelli curvi).La scelta della “fissazione” delle megaprotesi allʼosso ospite <strong>di</strong>pendedallʼesperienza del chirurgo. In genere in Inghilterra e negli StatiUniti sono preferite le protesi cementate, mentre in Europa è più<strong>di</strong>ffuso lʼutilizzo <strong>di</strong> protesi non cementate a press-fit, in relazionealla giovane età dei pazienti trattati.Anche i materiali sono cambiati nel tempo, si è passati da protesimodulari in cromo-cobalto a protesi con componenti in titanio.S98


M. Mercuri et al.Fig. 4. Rx A-P del femore <strong>di</strong>stale in paziente affetto da osteosarcoma della regione meta-epifisaria (a); RMN (T1-pesata): sul piano coronale si apprezza come l’estensione tumorale nei tessuti molli sia maggiore <strong>di</strong> quellaintraossea (frecce) (b): TC con finestra per osso e parti molli: estensione extracompartimentale del tumore, con invasione dell’articolazione (freccia) (c, d); Rx in A-P del pezzo operatorio: resezione extrarticolare (e); Rxin A-P postoperatoria: ricostruzione con protesi modulare a cerniera rotante (GMRS, Global Modular Replacement System, Stryker-Howme<strong>di</strong>ca, Allendale New JersEy USA) (f).COMPLICAZIONI E RISULTATIGrazie ai progressi delle tecniche chirurgiche, alla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong>nuovi materiali e <strong>di</strong>segni, la sopravvivenza delle protesi modulariè migliorata notevolmente. Henshaw et al. 5 hanno riportato unapercentuale <strong>di</strong> sopravvivenza a 10 anni del 91% nella ricostruzionecon protesi modulari del femore <strong>di</strong>stale.Le complicazioni delle ricostruzioni protesiche possono insorgereprecocemente o tar<strong>di</strong>vamente.Le complicanze precoci, possono essere correlate ad errori <strong>di</strong>tecnica intraoperatoria o dovute alla manipolazione dei tessutimolli; comprendono la necrosi cutanea, la deiscenza della ferita,lʼinfezione, la malattia tromboembolica, la neuroprassia e lʼinstabilitàarticolare. Una tecnica chirurgica attenta alla manipolazionee ricostruzione dei tessuti molli, può ridurre in modo significativola frequenza <strong>di</strong> queste problematiche.Le complicanze tar<strong>di</strong>ve includono la mobilizzazione asettica, lʼinfezioneperiprotesica, la frattura da fatica, lʼusura delle componentiin polietilene e la reci<strong>di</strong>va locale.Safran et al. 6 , in unʼampia serie <strong>di</strong> pazienti con ricostruzione protesicariportavano un 40% <strong>di</strong> complicazioni tar<strong>di</strong>ve.Lʼinfezione tar<strong>di</strong>va rappresenta la complicazione più grave. Puòpeggiorare la prognosi dei pazienti, ritardando lʼinizio delle terapiea<strong>di</strong>uvanti, e rappresenta la causa più comune <strong>di</strong> amputazionesecondaria. Viene riportata una percentuale dʼinfezione dallo 0%al 13% 7-9 .Le ricostruzioni della tibia prossimale comportano il rischio più altoin relazione alla modesta copertura da parte dei tessuti molli. Nonbisogna <strong>di</strong>menticare che i pazienti oncologici hanno un sistemaimmunitario compromesso a causa del trattamento chemioterapico.Grazie allʼintroduzione <strong>di</strong> lembi muscolari <strong>di</strong> rotazione o liberi,le percentuali dʼinfezione sono <strong>di</strong>minuite in maniera importante.Grimer et al. hanno riferito una percentuale iniziale <strong>di</strong> infezioneFig. 5. Protesi modulare <strong>di</strong> femore <strong>di</strong>stale a cerniera rotante (a); protesi modulare <strong>di</strong> tibia prossimalea cerniera rotante (GMRS, Global Modular Replacement System, Stryker-Howme<strong>di</strong>ca, Allendale NewJersEy USA) (b).S99


M. Mercuri et al.9Eckardt JJ, Yang RS, Ward WG, et al. Endoprosthetic reconstruction formalignant bone tumors and nonmalignant tumorous con<strong>di</strong>tions of bone.In: Stauffer RN, Erlich MG, Fu FH, Kostuik JP, Manske PR, Sim FH, eds.Advances in operative orthopae<strong>di</strong>cs. Vol. 3. St. Louis, MO: Mosby 1995:61-83.10Grimer RJ, Carter SR, Tillman RM, et al. Endoprosthetic replacement of theproximal tibia. J Bone Joint Surg Br 1999;81:488-94.11Unwin PS, Cannon SR, Grimer RJ, et al. Aseptic loosening in cementedcustom-made prosthetic replacements for bone tumours of the lower limb. JBone Joint Surg Br 1996;78:5-13.12Horowitz SM, Glasser DB, Lane JM, et al. Prosthetic and extremity survivorshipafter limb salvage for sarcoma: how long do the reconstructionslast? Clin Orthop 1993;293:280-6.13Mittermayer F. Long-term followup of uncemented tumor endoprosthesesfor the lower extremity. Clin Orthop 2001;388:167-77.14Choong PFM, Sim FH, Pritchard DJ, et al. Megaprostheses after resectionof <strong>di</strong>stal femoral tumours: a rotating hinge design in 30 patients followedfor 2-7 years. Acta Orthop Scand 1996;67:345-51.15Kabo JM, Yang RS, Dorey FJ, et al. In vivo rotational stability of the kinematicrotating hinge knee prosthesis. Clin Orthop 1997;336:166-76.16Renard AJ, Veth RP, Schreuder HW, et al. Function and complications afterablative and limb-salvage therapy in lower extremity sarcoma of bone. JSurg Oncol 2000;73:198-205.S101


G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S102-S106La mini-invasività delle parti molliMinimally-invasive surgery of soft tissuesF. Benazzo, L. Piovani, S. Stroppa, S. RossiRIASSUNTONegli ultimi anni si è sviluppato un progressivo interesse per letecniche mini-invasive in chirurgia ortope<strong>di</strong>ca ed in particolarenella protesica <strong>di</strong> ginocchio.Inizialmente queste tecniche hanno semplicemente rappresentatounʼevoluzione delle tra<strong>di</strong>zionali meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> impianto attraversoincisioni più piccole e strumentari <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte.Successivamente, sono stati sviluppati nuovi accessi e strumentari,espressamente de<strong>di</strong>cati.La <strong>di</strong>ffusione delle tecniche mini-invasive nella chirurgia <strong>di</strong> sostituzioneprotesica del ginocchio ha creato grande scalpore ed ungran numero <strong>di</strong> critici e detrattori.I principali approcci mini-invasivi per la chirurgia protesica <strong>di</strong>ginocchio sono:– mini midvastus snip e variante trivector;– mini subvastus;– quad sparing me<strong>di</strong>ale;– quad sparing laterale.Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è <strong>di</strong> descrivere i <strong>di</strong>versi approcci chirurgicisviluppati per la chirurgia mini-invasiva <strong>di</strong> ginocchio e <strong>di</strong>porre chiarezza circa i principi che definiscono queste tecniche esu cui esse si fondano.Parole chiave: MIS, mini-invasività, mini midvastus, subvastus,quad sparing, ginocchio <strong>di</strong>fficileSUMMARYIn the past few years a growing interest has arisen for minimallyinvasive surgical techniques in orthopae<strong>di</strong>c surgery and especiallyin total knee arhroplasty (TKA).At the beginning these techniques were simply an evolution oftra<strong>di</strong>tional techniques using smaller incisions and instruments.Afterwards, new approaches were developped as well as ad hocinstruments.The <strong>di</strong>ffusion of minimally invasive surgical techniques in total kneearthroplasty has created a lot of interest as well as a lot of criticism.The main minimally invasive approaches for TKA are:– mini midvastus snip with trivector mo<strong>di</strong>fication;– mini subvastus;Clinica Ortope<strong>di</strong>ca e Traumatologica dell’Università <strong>di</strong> Pavia, “Fondazione” IRCCS,Policlinico San Matteo– me<strong>di</strong>al quad sparing;– lateral quad sparing.Aim of this work is to describe the <strong>di</strong>fferent approaches developpedfor minimally invasive surgery in TKA and to clarify theprinciples on which these techniques are based.Key words: MIS, minimally invasive, mini midvastus, subvastus,quad sparing, <strong>di</strong>fficult kneeINTRODUZIONENel corso degli ultimi anni le tecniche mini-invasive hanno progressivamentepreso piede nel campo della chirurgia protesica e<strong>di</strong>n particolare in quella del ginocchio.La loro nascita ha creato grande scalpore nellʼambiente ortope<strong>di</strong>co,dando a<strong>di</strong>to a lunghe ed accese <strong>di</strong>scussioni circa la fattibilità, lʼutilitàe lʼefficacia <strong>di</strong> queste tecniche.Attualmente la mini-invasività rappresenta una realtà quoti<strong>di</strong>ananelle sale operatorie, in quanto riguarda non solo la chirurgiaprotesica, <strong>di</strong> ginocchio ed anca, ma anche quella traumatologica edel rachide 1-3 .Nonostante la loro progressiva <strong>di</strong>ffusione il numero <strong>di</strong> detrattori escettici nei confronti <strong>di</strong> queste tecniche è ancora molto ampio.A nostro avviso lʼelevato numero <strong>di</strong> critiche nei confronti dellamini-invasività è, almeno in parte, dovuto alla confusione creatasiintorno ai principi sui cui questa si fonda.Essi verranno chiariti in questo lavoro in cui analizzeremo criticamentele <strong>di</strong>verse vie <strong>di</strong> approccio chirurgico.CONCETTI DELLA MIS NELLA PROTESICA DI GINOCCHIOIn primo luogo è necessario chiarire il concetto fondamentale suicui si basa la MIS: il rispetto e la conservazione dei tessuti molli.Si tratta, infatti, <strong>di</strong> una chirurgia mirata alla preservazione <strong>di</strong> questitessuti (soft tissues sparing surgery) in cui il rispetto <strong>di</strong> cute, fasce,muscoli e ten<strong>di</strong>ni, viene ottenuto attraverso lʼutilizzo <strong>di</strong> vie dʼaccesso<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte.Un secondo concetto fondamentale è rappresentato dal legame inscin<strong>di</strong>bile<strong>di</strong> queste tecniche con lo strumentario de<strong>di</strong>cato: MIS è unatecnica guidata dallo strumentario (instrument driven procedure).Le tecniche chirurgiche mini-invasive possono essere raggruppatein due categorie: le tecniche tra<strong>di</strong>zionali ad approccio frontale(tra<strong>di</strong>tional mini) e le tecniche innovative ad approccio me<strong>di</strong>ale olaterale (fully innovative).S102


F. Benazzo et al.Al primo gruppo appartengono la tecnica mini midvastus snip e lamini subvastus, mentre al secondo la tecnica quad sparing nelledue varianti ad approccio me<strong>di</strong>ale e laterale.Nella tecniche MIS frontali, sia nella midvastus che nella subvastus,la filosofia e i passaggi chirurgici sono sostanzialmentesovrapponibili alle corrispettive tecniche tra<strong>di</strong>zionali.La maggior conservatività è quin<strong>di</strong> raggiunta attraverso accessichirurgici a maggior risparmio tessutale con lʼausilio in<strong>di</strong>spensabile<strong>di</strong> nuovi strumentari de<strong>di</strong>cati, che permettano cioè <strong>di</strong> operare inspazi articolari molto ridotti rispetto al passato.Al contrario nella tecnica quad sparing si ha lʼinnovazione <strong>di</strong> unnuovo approccio chirurgico, me<strong>di</strong>ale o laterale, che salvaguardarispettivamente il muscolo vasto me<strong>di</strong>ale obliquo (VMO) ed ilvasto laterale obliquo (VLO) durante tutta la procedura.Tutti i passi chirurgici negli approcci completamente me<strong>di</strong>ali olaterali risultano quin<strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficati ed i cambiamenti apportati aglistrumenti non hanno potuto tenere solamente conto delle minori<strong>di</strong>mensioni del campo chirurgico, ma hanno costretto ad adottarestrumentari specifici, non potendo più essere utilizzati quelli classicifrontali.LE TECNICHE MINI MIDVASTUS SNIP (E VARIANTE TRIVECTOR) ESUBVASTUSLʼincisione è curvilinea a concavità laterale spostata me<strong>di</strong>almenterispetto alla linea me<strong>di</strong>ana e viene eseguita a ginocchio flesso <strong>di</strong>90° per sfruttare la elasticità della cute 4-7 .In generale, inizia circa 1 centimetro prossimalmente al polosuperiore della rotula e termina me<strong>di</strong>almente alla tuberosità tibialeanteriore.La lunghezza dellʼincisione è, però, determinata dalle <strong>di</strong>mensionidel paziente in funzione della <strong>di</strong>mensione me<strong>di</strong>o-laterale dellacomponente femorale calcolata nel planning preoperatorio e dallaspostabilità della rotula. Si esegue artrotomia pararotulea me<strong>di</strong>aleiniziando dal polo superiore rotuleo e passando a circa 1/2 centimetrodalla rotula nel contesto dellʼalare interno fino ad arrivarealla TTA.Una volta esposto adeguatamente il vasto me<strong>di</strong>ale e in particolarele fibre oblique alla inserzione rotulea, se ne <strong>di</strong>ssociano le fibreper circa 1,5 cm (Fig. 1) seguendo la loro <strong>di</strong>rezione: tale atto vieneeseguito per via sottocutanea, senza aver inciso cioè la cute sovrastantele fibre muscolari stesse.A questo punto si procede allʼasportazione subtotale del corpo <strong>di</strong>Hoffa e allo scollamento per via sottoperiostea delle parti molli dallametafisi prossimale me<strong>di</strong>ale della tibia per permettere lʼottimaleesposizione dellʼemipiatto tibiale me<strong>di</strong>ale. Lo scollamento dellacapsula dalla superficie me<strong>di</strong>ale della metafisi tibiale va effettuatorispettando lʼinserzione <strong>di</strong>stale del LCM.A questo punto si procede, se necessario, allʼosteofitectomia dellarotula: spesso la presenza dellʼosteofita laterale impe<strong>di</strong>sce unadeguato spostamento e verticalizzazione della stessa e, quin<strong>di</strong>,unʼesposizione femorale ottimale. La rotula, opportunamenteverticalizzata viene preparata a <strong>di</strong>edro se non si ha intenzione <strong>di</strong>protesizzarla, o viene resecata con taglio piatto per la successivaprotesizzazione; nella maggior parte dei casi il primo taglio non èFig. 1. Split <strong>di</strong> 1-2 centimetri delle fibre del vasto me<strong>di</strong>ale obliquo.il definitivo. La rotula viene lussata lateralmente senza ribaltarla,flettendo gradualmente il ginocchio ed avendo cura <strong>di</strong> extraruotarelievemente lʼarto per <strong>di</strong>minuire la tensione sullʼinserzione <strong>di</strong>staledel ten<strong>di</strong>ne rotuleo.Si espone la regione con<strong>di</strong>lica del femore. Si incidono il legamentofemoro-patellare e le fimbrie connettivali dello sfondato e si asportanoi menischi (o i loro residui), in particolare quello me<strong>di</strong>ale, cheè più facilmente aggre<strong>di</strong>bile in questa fase, prima delle resezioniossee. È molto importante la rimozione degli osteofiti me<strong>di</strong>ali delpiatto tibiale, che possono impe<strong>di</strong>re un perfetto scollamento sottoperiostaledellʼapparato legamentoso me<strong>di</strong>ale e soprattutto falsareil bilanciamento delle parti molli; spesso, inoltre, non è necessarioeseguire lo scollamento me<strong>di</strong>ale fino alla superficie posteriore dellatibia, se gli osteofiti vengono asportati subito e completamente. Lastessa operazione va eseguita a carico della porzione posteriore deicon<strong>di</strong>li femorali, ma in questa sede lʼasportazione degli osteofitideve essere <strong>di</strong>lazionata dopo la resezione del piatto tibiale, e dopoavere eseguito i tagli femorali. Il proce<strong>di</strong>mento chirurgico proseguecon le resezioni ossee femorali guidate dallo strumentariomini-invasivo utilizzato (taglio <strong>di</strong>stale femorale [Fig. 2], o taglioanteriore, e quin<strong>di</strong> i tagli obliqui), seguite dalla resezione tibiale.Fig. 2. Posizione sottocutanea della femoral <strong>di</strong>stal cutting guide.S103


La mini-invasività delle parti molliPer quanto riguarda il taglio tibiale lʼottimizzazione dellʼaccessoviene raggiunta con lʼutilizzo <strong>di</strong> strumentari extramidollari, ma,attraverso questa incisione, anche strumenti ad allineamento endomidollarepossono essere utilizzati, senza <strong>di</strong>fficoltà, per la resezioneprossimale <strong>di</strong> tibia.Talvolta la <strong>di</strong>fficoltà durante questa fase dellʼintervento consistenellʼasportazione in toto del piatto tibiale sezionato. Tale operazionepuò essere facilitata tagliando il piatto sezionato con sega coltellareed asportandolo progressivamente in 2-3 parti (parte me<strong>di</strong>ale,isola triangolare a protezione del LCP, porzione laterale).Nella variante tecnica trivector, allʼincisione del VMO per 1,5, 2cm, si associa una incisione parapatellare del ten<strong>di</strong>ne quadricipitaleper 1 cm: lʼassociazione dei due snips aumenta ulteriormente laspostabilità della rotula, ed è quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>cata nei casi in cui la rotulaè ipomobile e <strong>di</strong> elevato spessore (Fig. 3).Nellʼapproccio subvastus, non si procede allo Snip del VMO, maalla liberazione del suo margine me<strong>di</strong>ale con successiva retrazionedello stesso, mentre la sua inserzione ten<strong>di</strong>nea viene separata dallacapsula me<strong>di</strong>ale.Questo tipo <strong>di</strong> approccio permette <strong>di</strong> non intaccare minimamentelʼapparato estensore, anche con il successivo utilizzo <strong>di</strong> uno strumentariofrontale, ma presenta quale svantaggio una maggioretensione sul VMO ed una ridotta mobilità della rotula in flessione.Per ovviare a questʼultimo problema <strong>di</strong>venta estremamente importanteun accurato release della stessa rispetto ai piani sottocutanei.Per il resto la tecnica procede analogamente a quella del minimidvastus snip.LA TECNICA QUAD SPARING AD APPROCCIO MEDIALELʼincisione è lievemente curvilinea a concavità laterale rasente ilmargine me<strong>di</strong>ale della rotula e viene eseguita a ginocchio flesso<strong>di</strong> 90° 8-10 .Inizia circa un centimetro prossimamente al polo superiore dellarotula e termina me<strong>di</strong>almente alla tuberosità tibiale anteriore.Anche qui la lunghezza dellʼincisione è determinata dalle <strong>di</strong>mensionidel paziente, in funzione della <strong>di</strong>mensione me<strong>di</strong>o-lateraledella componente femorale, calcolata nel planning preoperatorioe dalla spostabilità della rotula. Il retinacolo me<strong>di</strong>ale viene incisoseguendo lʼincisione cutanea. Si deve scollare la cute e il pianosottocutaneo dalla fascia muscolare dellʼinserzione del VMO, perguadagnare spostabilità della cute.Lʼartrotomia me<strong>di</strong>ale inizia lateralmente al bordo superiore dellarotula per terminare in corrispondenza del piatto tibiale me<strong>di</strong>almentealla TTA.Sia il ten<strong>di</strong>ne quadricipitale, che le fibre del vasto me<strong>di</strong>ale obliquorestano inviolati (Fig. 4).È possibile praticare, a questo punto, uno snip trasversale dellacapsula al terzo me<strong>di</strong>o-superiore <strong>di</strong> circa 1 cm al fine <strong>di</strong> aumentarelo spazio <strong>di</strong> accesso.Si procede allʼasportazione del corpo <strong>di</strong> Hoffa che, anche in questoapproccio, è subtotale.Lo scollamento della capsula dalla superficie me<strong>di</strong>ale della metafisitibiale va sempre effettuato, rispettando lʼinserzione <strong>di</strong>stale delLCM. È estremamente importante, in questa fase, lʼasportazionedegli osteofiti della faccia me<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> femore e tibia.Per poter guadagnare spazio ed ottimizzare i successivi steps vengonoeseguiti, a questo punto, i seguenti atti chirurgici:– La resezione della rotula, piana (in quanto la QS prevede laprotesizzazione della stessa). La rotula viene verticalizzata ed ilprimo taglio può non essere quello definitivo, perché la superficieossea può venire danneggiata nel corso dellʼintervento edun ulteriore taglio può essere eseguito prima della protesizzazione.– Il primo taglio femorale <strong>di</strong>stale, con apposito strumentario postome<strong>di</strong>almente, in senso me<strong>di</strong>ale-laterale.– La resezione del piatto tibiale sempre con strumentario me<strong>di</strong>aleed in senso me<strong>di</strong>ale-laterale. Particolare cura va posta in questopassaggio per evitare tagli obliqui del piatto tibiale.– Si possono eseguire tutti i tagli femorali prima della resezioneprossimale <strong>di</strong> tibia in ginocchia non serrate, viceversa bisognaguadagnare spazio ulteriore con il taglio della tibia (Fig. 5).Fig. 3. Variante trivector, doppio snip <strong>di</strong> VMO e quad.Fig. 4. Approccio quad sparing: sia il ten<strong>di</strong>ne quadricipitale che le fibre del VMO non vengonointerrotti.S104


F. Benazzo et al.Fig. 5. Mini cutting block per la tecnica QS.LA TECNICA QUAD SPARING AD APPROCCIO LATERALELʼincisione è lievemente curvilinea a concavità me<strong>di</strong>ale rasente ilmargine laterale della rotula e viene eseguita a ginocchio flesso <strong>di</strong>90° 11 .Inizia circa 1 centimetro prossimamente al polo superiore dellarotula e termina lateralmente alla tuberosità tibiale anteriore eme<strong>di</strong>almente al tubercolo del Gerdy.Il retinacolo laterale viene inciso in linea con lʼincisione cutanea.Come per lʼaccesso me<strong>di</strong>ale i passaggi chirurgici prevedonodapprima la resezione rotulea e femorale <strong>di</strong>stale ed in seguito laresezione tibiale, con la <strong>di</strong>fferenza che questi vengono eseguiti construmentari laterali ed in senso latero-me<strong>di</strong>ale.Secondo gli autori che hanno descritto per primi la tecnica i vantaggidellʼapproccio laterale comprendono:– risparmio totale del vasto me<strong>di</strong>ale obliquo;– mantenimento del controllo me<strong>di</strong>ale della rotula, limitandonecosì il tracking in senso laterale;– più facile accesso alle strutture capsulo-legamentose lateralinelle ginocchia valghe.DISCUSSIONELa chirurgia mini-invasiva si basa su approcci che rispettano il piùpossibile la cute e lʼintegrità dei tessuti molli, in particolare nelginocchio dellʼapparato estensore (ten<strong>di</strong>ne quadricipitale e vastome<strong>di</strong>ale). Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> un atto chirurgico eseguito con incisioneridotta <strong>di</strong> cute, fasce e muscoli rispetto alle vie tra<strong>di</strong>zionalie rappresenta nella chirurgia ortope<strong>di</strong>ca una filosofia basata sulrispetto dellʼanatomia e dei tessuti al fine <strong>di</strong> ottenere un più rapidoe preve<strong>di</strong>bile recupero funzionale da parte del paziente. Il concettoè anche molto semplice: meno si taglia, meno fa male e più rapidaè la guarigione dei tessuti e la possibilità <strong>di</strong> un loro utilizzo funzionale.Diverso è il concetto <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> tessuto osseo con protesi<strong>di</strong> rivestimento o con altre caratteristiche che <strong>di</strong>minuiscono lʼasportazionedel tessuto osseo stesso: attualmente, le incisioni necessarieper impiantarle non rispettano il concetto della mini invasività delleparti molli <strong>di</strong> cui parliamo.I <strong>di</strong>versi approcci mini-invasivi hanno in comune il concetto della“finestra mobile” o mobile window: lʼesposizione articolare è sempreparziale, non è mai possibile durante lʼintervento visualizzarelʼarticolazione in toto se non nelle fasi finali della procedura quandotutte le resezioni sono state eseguite.Inoltre, con questo tipo <strong>di</strong> accessi chirurgici, i tessuti molli vengonomessi in tensione progressiva con la flessione del ginocchio,determinando una conseguente <strong>di</strong>minuzione della visualizzazionedelle strutture articolari ed è per questo necessario, rispetto agliapprocci tra<strong>di</strong>zionali, lavorare maggiormente in estensione.Nella maggior parte dei casi la preparazione della rotula (a <strong>di</strong>edro opiatta nel caso <strong>di</strong> una successiva protesizzazione rotulea, come previstodalla tecnica QS), con lʼosteofitectomia della stessa, dovrebberappresentare il primo passo chirurgico in quanto permette <strong>di</strong>guadagnare imme<strong>di</strong>atamente spazio con una più facile verticalizzazionee sublussazione laterale della stessa, e conseguente miglioreesposizione articolare.Per quanto riguarda la tecnica QS, gli accessi me<strong>di</strong>ale e lateralepossono essere ricondotti ai tra<strong>di</strong>zionali accessi per lʼimpiantodelle protesi monocompartimentali me<strong>di</strong>ali e laterali: in effetti lacreazione <strong>di</strong> strumentari ad hoc ha permesso lʼimpianto <strong>di</strong> protesitotali attraverso questi approcci.Pagnano 12 ha criticato la definizione <strong>di</strong> QS, in quanto ha <strong>di</strong>mostratoche le fibre ten<strong>di</strong>nee del VMO arrivano al terzo me<strong>di</strong>o della rotula,per cui lʼincisione capsulare non rispetterebbe mai integralmente ilVMO nella tecnica QS me<strong>di</strong>ale, dove la capsulotomia arriva al bordosuperiore della rotula stessa; la <strong>di</strong>squisizione appare aleatoria inquanto non venendo intaccate le fibre muscolari del VMO e rimanendole fibre nastriformi del ten<strong>di</strong>ne quadricipitale inviolate, lʼincisione,in questo approccio può essere considerata esclusivamentecapsulare. La finalità delle tecniche mini-invasive ed in particolaredella QS è la conservazione dellʼapparato estensore e delle strutturefondamentali per un suo adeguato funzionamento nellʼottica <strong>di</strong> unpiù rapido recupero funzionale; obiettivo pienamente raggiunto conquesti accessi.In merito allʼapproccio QS laterale, essendo le fibre del VLOinserite a livello del polo superiore <strong>di</strong> rotula vi è la possibilità <strong>di</strong>eseguire unʼincisione più estesa della porzione fibrosa del quadricipitesenza danneggiare le fibre muscolari ed ottenendo così unapiù ampia esposizione articolare rispetto allʼapproccio me<strong>di</strong>ale.Rimane però la <strong>di</strong>fficoltà della me<strong>di</strong>alizzazione della rotula chepone maggiormente in tensione i tessuti.Nonostante vi siano autori che utilizzano questo approccio routinariamente,riteniamo <strong>di</strong> poter restringere lʼin<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> questoaccesso alle deformità in valgo superiori ai 10°, in considerazionedellʼaumentato rischio <strong>di</strong> compromettere la vascolarizzazionedel tessuto sottocutaneo laterale, anche a fronte dellʼinnegabilevantaggio che si trae nel bilanciamento legamentoso del compartoesterno.Le tecniche chirurgiche mini-invasive richiedono unʼadeguatacurva <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento che si basa su una progressiva conoscenzasia delle vie dʼaccesso che dello strumentario de<strong>di</strong>cato. La riproducibilità<strong>di</strong> queste tecniche è strettamente legata al loro quoti<strong>di</strong>anoutilizzo, che deve <strong>di</strong>ventare routinario se si vogliono ottenererisultati sovrapponibili o migliori rispetto a quelli ottenuti con lemeto<strong>di</strong>che tra<strong>di</strong>zionali.S105


La mini-invasività delle parti molliLa MIS è ricca <strong>di</strong> cosiddetti tips and trick che solo la pratica quoti<strong>di</strong>anapermette <strong>di</strong> conoscere e padroneggiare, permettendo, in questomodo, <strong>di</strong> allargare anche a ginocchia “<strong>di</strong>fficili” lʼin<strong>di</strong>cazione adun approccio mininvasivo.Le controin<strong>di</strong>cazioni assolute ad un approccio mini-invasivo nellaprotesi totale <strong>di</strong> ginocchio <strong>di</strong> primo impianto sono:– necessità <strong>di</strong> eseguire ostetomia della TTA;– impossibilità <strong>di</strong> spostare la rotula;– impossibilità <strong>di</strong> ottenere uno spazio in flessione sufficiente peril taglio <strong>di</strong>stale <strong>di</strong> femore (anchilosi fibrosa/grave flesso).In tutti gli altri casi un approccio mininvasivo anche in ginocchia“<strong>di</strong>fficili” non è da evitare in via assoluta, se si è in grado <strong>di</strong> padroneggiarecorrettamente lo strumentario adatto.Al completamento della curva <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento il chirurgo nonsi deve porre più il problema della <strong>di</strong>fficoltà del ginocchio nédel tipo <strong>di</strong> approccio da utilizzare, ma adatta le proprie scelte <strong>di</strong>accesso e strumentario allʼanatomia dellʼarticolazione su cui deveintervenire.Considerare la MIS semplicemente come una serie <strong>di</strong> tecnichechirurgiche basate sullʼutilizzo <strong>di</strong> incisioni più piccole è riduttivoed errato: il fatto <strong>di</strong> ottenere una cicatrice più piccola non rappresentalʼobiettivo, ma la conseguenza <strong>di</strong> tecniche sviluppate al fine<strong>di</strong> ottenere una maggior conservazione dei tessuti funzionalmenteimportanti.Nella sostituzione totale <strong>di</strong> ginocchio MIS significa, sostanzialmente,conservazione dellʼapparato estensore; lʼesecuzione deitagli femorali e lʼimpianto delle componenti protesiche devonoessere eseguiti con il minor danno possibile a:– vasto me<strong>di</strong>ale e ten<strong>di</strong>ne quadricipitale;– rotula, ten<strong>di</strong>ne rotuleo e loro vascolarizzazione.Il rispetto <strong>di</strong> queste strutture permette un più rapido recupero riabilitativoda parte del paziente, concetto car<strong>di</strong>ne delle tecniche MIS.Il chirurgo MIS deve conoscere ed essere in grado <strong>di</strong> padroneggiareciascuna delle tecniche a propria <strong>di</strong>sposizione adattandosiallʼanatomia del paziente e scegliendo <strong>di</strong> volta in volta lʼaccessoe gli strumenti più adeguati <strong>di</strong>menticando la rivalità tra approccimini e QS, tra strumentario frontale, me<strong>di</strong>ale e laterale, sfruttandone,anzi, le <strong>di</strong>verse caratteristiche, al fine <strong>di</strong> ottenere la miglioreesposizione articolare ed il miglior bilancio legamentoso, con ilmassimo rispetto delle strutture dellʼapparato estensore.BIBLIOGRAFIA1Berry DJ, Berger RA, Callaghan JJ, et al. Symposium: minimally invasivetotal hip arthroplasty. Development, early results and a critical analysis. JBone Joint Surg Am 2003;85:2235-46.2Krettek C, Schandelmaier P, Miclau T, et al. Minimally invasive percutaneousplate osteosynthesis (MIPPO) using the DCS in proximal and <strong>di</strong>stalfemoral fractures. Injury 1997;28(Suppl.1):20-30.3Thogtrangan I, Le H, Park J, et al. Minimally invasive spinal surgery: ahistorical perspective. Neurosurg Focus 2004;16:E13.4Laskin RS. New techniques and concepts in total knee replacement. ClinOrthop 2003;416:151-3.5Laskin RS, Beksac B, Phongjunakorn A, et al. Minimally invasive total kneereplacement through a mini-midvastus incision: an outcome study. ClinOrthop 2004;(428):74-81.6Haas SB, Cook S, Beksac B. Minimally invasive total Knee replacementthrough a mini midvastus approach. Clin Orthop 2004;(428):68-73.7Scuderi GR, Tenholder M, Capeci C. Surgical approaches in mini-incisiontotal knee arthroplasty. Clin Orthop 2004;(428):61-7.8Tria AJ Jr, Coon TM. Minimal incision total knee arthroplasty. Clin Orthop2003;(416):185-90.9Tria AJ Jr. Advancements in minimally invasive total knee arthroplasty.Orthope<strong>di</strong>cs 2003;26:S859-63.10Alan RK, Tria AJ Jr. Quadriceps-sparing total knee arthroplasty using theposterior stabilized TKA design. J Knee Surg 2006;19:71-6.11Goble ME, Justin DF. Minimally invasive total knee replacement: principlesand technique. Orthop Clin N Am 2004;35:235-45.12Pagnano MV, Meneghini RM, Trousdale RT. Anatomy of the extensormechanism in reference to quadriceps-sparing TKA. Clin Orthop2006;452:102-5.13Bonutti PM, Miller BG, Cremens MJ. Intraosseous patellar blood supplyafter me<strong>di</strong>al parapatellar arthrotomy. Clin Orthop 1998;(352):202-14.14Gunal I, Araç Ş, Şahinoğlu K, et al. The innervation of vastus me<strong>di</strong>alisobliquus. J Bone Joint Surg Br 1992;74:624.15Kayler DE, Lyttle MB. Surgical interruption of patellar blood supply bytotal knee arthroplasty. Clin Orthop 1988;229:221-7.16Vail TP. Minimally invasive knee arthroplasty. Clin Orthop 2004;428:51-2.S106


G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S107-S111Mini-incisione vs. mini-incisione computer assistita nella protesi totale del ginocchio:stu<strong>di</strong>o ra<strong>di</strong>ologico prospettico randomizzatoMini-incision vs. mini-incision computer-assisted surgery (MICA) in total knee replacement:a ra<strong>di</strong>ological prospective randomised studyN. Confalonieri 1 , A. Manzotti 1 , C. Pullen 2 , V. Ragone 3RIASSUNTOScopo del lavoro è stato quello <strong>di</strong> comparare i risultati ra<strong>di</strong>ologici <strong>di</strong>74 ginocchia sottoposte ad intervento <strong>di</strong> protesi totale <strong>di</strong> ginocchiocon tecnica “mini-invasiva”, usando, o un sistema <strong>di</strong> allineamento tra<strong>di</strong>zionale(hand-guided) (gruppo MIS) o un sistema <strong>di</strong> allineamentocomputer assistito (gruppo MICA). I pazienti sono stati assegnati randomad uno dei 2 gruppi impiantando, però, sempre la stessa protesi.A 8 mesi, post-operatoriamente, sono stati valutati ra<strong>di</strong>ologicamente:lʼangolo frontale della componente femorale (FFC), lʼangolo frontaledella componente tibiale (FTC), lʼasse meccanico dellʼarto (angoloHKA) e lʼorientamento delle 2 componenti (slopes) nel piano sagittale.Lo slope femorale e lʼangolo FTC erano statisticamente meglioallineati nel gruppo MICA (p < 0,001). Il gruppo MICA ha inoltremostrato un significativo numero minore <strong>di</strong> allineamenti “anormali”(peggiori <strong>di</strong> 3° rispetto ad un allineamento ideale). Il tempo chirurgicoè stato statisticamente più lungo nel gruppo MICA.Parole chiave: protesi totale <strong>di</strong> ginocchio, mini-incisione, navigazione,mini-invasivitàSUMMARYThe aim of this trial was to compare the ra<strong>di</strong>ological results of 74patients undergoing a mini-invasive total knee replacement (TKR)using either a tra<strong>di</strong>tional alignment guide (MIS group) or a computerassisted alignment system (MICA group). All the patients were prospectivelyrandomised to either group and the same implant was usedfor both groups. At eight months postoperatively, the frontal-femoralcomponentangle (FFC), the frontal-tibial-component angle (FTC), thehip-knee-ankle angle (HKA) and the sagittal orientation of components(slopes) were evaluated respectively. The slopes of the femoralcomponent and the FTC angle were statistically better aligned in theMICA group (p < 0,001). The MICA group showed both a significantfewer number of outliners and a significant higher number of implantswith all five ra<strong>di</strong>ological parameters ideally aligned. The operativetime was statistically longer in the computer assisted group.Key words: total knee arthroplasty, tissue sparino surgery, miniinvasivesurgery, computer assistance, navigation1I U.O. <strong>di</strong> Ortope<strong>di</strong>a e <strong>Traumatologia</strong>, Centro Traumatologico ed Ortope<strong>di</strong>co (CTO)- ICP, Milano; 2 Dipartimento <strong>di</strong> Ortope<strong>di</strong>a, Royal Melbourne Hospital, Parkville,Victoria, Australia; 3 Departimento <strong>di</strong> Ingegneria, Politecnico, MilanoINTRODUZIONEIl termine “chirurgia protesica mini-invasiva” è, recentemente,<strong>di</strong>venuto molto popolare nella chirurgia ortope<strong>di</strong>ca. I fautori <strong>di</strong>questa “innovazione” nella chirurgia protesica del ginocchio nesottolineano i vantaggi, tra cui: un recupero post-operatorio piùveloce, perite ematiche minori, degenza più breve e quin<strong>di</strong> riduzione<strong>di</strong> costi 1-5 . Molto spesso, tuttavia, questa tecnica è stataidentificata, semplicemente, con incisioni chirurgiche più corte,per poi impiantare una protesi tra<strong>di</strong>zionale, magari PS, ottenendouna chirurgia, definita dai suoi detrattori, come “chirurgia del bucodella serratura”, sottolineando come essa abbia portato a nuovecomplicanze 6-9 .In letteratura, un cattivo allineamento delle componenti proteiche,è stato descritto come causa <strong>di</strong> riduzione della longevità dellʼimpianto,con unʼusura precoce e susseguente mobilizzazione asettica10 11. Mal-allineamenti, superiori ai 3° <strong>di</strong> varo o valgo, sono statiin<strong>di</strong>viduati, infatti, come causa <strong>di</strong> fallimenti degli impianti protesici,mentre protesi correttamente allineate hanno mostrato outcomesmigliori 10 11 . Berend et al. hanno <strong>di</strong>mostrato, ad un follow-up minimo<strong>di</strong> 2 anni, un aumento <strong>di</strong> fallimenti dellʼimpianto <strong>di</strong> circa 17volte superiore, in protesi con una componente tibiale mal allineatain varo, per più <strong>di</strong> 3° 12 .Con i tra<strong>di</strong>zionali sistemi <strong>di</strong> taglio intramidollari e/o extramidollari,numerosi stu<strong>di</strong> in letteratura hanno mostrato percentuali <strong>di</strong>allineamento ottimale (180°), delle componenti protesiche, tra il73 e il 82% 13-15 . A questo proposito, sistemi computer assistitisono stati adottati, anche in ambito ortope<strong>di</strong>co, per migliorare ilposizionamento degli impianti protesici, mostrando con <strong>di</strong>versistu<strong>di</strong> clinici, unʼaffidabilità migliore rispetto a sistemi hand-guided16-21 . Rispettivamente, Bathis 17 e Sparmann 19 hanno riportatoun asse meccanico post-operatorio allineato non oltre i 3° <strong>di</strong> varoo valgo nel 96% e nel 100% dei casi analizzati. Tali ottimi risultatipotrebbero essere ipotizzati, ovviamente, anche in presenza <strong>di</strong> casi“<strong>di</strong>fficili”, come nel caso <strong>di</strong> incisione chirurgiche più ridotte.Nel 2005, Seon et al. 22 hanno evidenziato risultati clinici funzionaliassociate ad una maggiore sod<strong>di</strong>sfazione del paziente con tecnica“mini-invasiva navigata” rispettoa protesi <strong>di</strong> ginocchio impianatatecon tecnica tra<strong>di</strong>zionale.Tuttavia, in letteratura, ancora nessuno ha effettuato uno stu<strong>di</strong>otra 2 tipi <strong>di</strong> chirurgia protesica mini-invasiva nelle protesi totali<strong>di</strong> ginocchio, ossia tra meto<strong>di</strong>ca tra<strong>di</strong>zionale e computer assistita.Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o prospettico randomizzato è quello <strong>di</strong> comparare,ra<strong>di</strong>ograficamente, i risultati <strong>di</strong> 2 gruppi <strong>di</strong> protesi totale <strong>di</strong>ginocchio con tecnica “mini-invasiva” usando o un sistema <strong>di</strong> alli-S107


Mini-incisione nella protesi totale del ginocchioneamento tra<strong>di</strong>zionale (hand-guided) (gruppo MIS) o un sistema <strong>di</strong>allineamento computer assistito (gruppo MICA).MATERIALI E METODISettantaquattro pazienti in procinto <strong>di</strong> essere sottoposti ad intervento<strong>di</strong> protesi totale <strong>di</strong> ginocchio sono stati arruolati nello stu<strong>di</strong>o(Tab. I). In tutti casi era programmata una protesi a risparmio dellegamento crociato posteriore (LCP) a piatto rotante, con tecnicamini-invasiva (mini-incisione con strumentario de<strong>di</strong>cato) (GenesisII, Smith and Nephew, Memphis, USA).I criteri <strong>di</strong> inclusione sono stati: in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> massa corporea (BMI)minore a 30, non lassità combinate o del LCP, nessuna deformità inflessione e nessun precedente intervento artrotomico del ginocchio.Precedentemente, erano stati esclusi da ciascun gruppo i primi 10casi onde evitare errori da learning curve.I pazienti sono stati assegnati intra-operatoriamente ad uno dei 2gruppi aprendo una busta preparata per lo stu<strong>di</strong>o. Inoltre, tutti gliinterventi sono stati eseguiti da 2 degli autori (NC e AM), utilizzandoil medesimo accesso chirurgico. Nel gruppo MIS (37 ginocchia),è stata utilizzata una guida intramidollare, per lʼimpianto della componentefemorale, ed una guida extramidollare per la componentetibiale. Nel gruppo MICA (37 ginocchia) gli impianti sono statisempre positionati utilizzando un sistema <strong>di</strong> navigazione CT-free(Vector Vision, version 1.52, BrianLAB, Munich, Germany). Inentrambi gruppi lʼincisione longitu<strong>di</strong>nale è stata pre-<strong>di</strong>segnata sullacute a livello me<strong>di</strong>o-rotuleo onde contenerne la lunghezza tra 10cm e 12,5 cm. È sempre stata utilizzata unʼartrotomia para-rotuleame<strong>di</strong>ale estesa prossimamente al ten<strong>di</strong>ne quadricipitale, associataalla semplice <strong>di</strong>varicazione laterale della rotula, senza eversione.Un apposito strumentario, con incluse mini-mascherine <strong>di</strong> taglioè stato utilizzato in tutti casi, come una completa cementazione <strong>di</strong>entrambi le componenti. Il carico postoperatorio è stato concessonon appena tollerato dal paziente.Ad 8 mesi post-operatoriamente, ogni paziente è stato sottopostoad una ra<strong>di</strong>ografia degli arti inferiori in carico ed una ra<strong>di</strong>ografiain laterale del ginocchio utilizzando sempre lo stesso protocollostandar<strong>di</strong>zzato con la stessa meto<strong>di</strong>ca ra<strong>di</strong>ologica (rotula centrata inAP, ginocchia e caviglie incluse, 30° <strong>di</strong> flessione nella proiezionelaterale). Ogni ra<strong>di</strong>ografia, non corrispondente ai criteri assunti, èstata perciò ripetuta.Tab. I. Dati demografici dei pazienti.Gruppo MIS (n = 37) Gruppo MICA (n = 37)Me<strong>di</strong>a ± SD (range) Me<strong>di</strong>a ± SD (range)Età (anni) 72,8 ± 5,7 (64,8) 73,4 ± 5,5 (63,9)Sesso 17 maschi 18 maschi20 femmine 19 femmineAsse meccanico pre-op. (°) 172,5 ± 5,7 (166-186) 173,3 5,4 ± (168-186)BMI 27,0 ± 1,7 28,9 ± 1,3MIS = allineamento tra<strong>di</strong>zionale; MICA = allineamento computer-assistito; SD = deviazione standard;BMI = in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> massa corporea.Tutte le ra<strong>di</strong>ografie sono state quin<strong>di</strong> valutate da un collegera<strong>di</strong>ologo in<strong>di</strong>pendente a cui era sconosciuta meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> allineamento.Sono stati considerati: lʼangolo della componente protesicafemorale nel piano frontale (FFC), lʼangolo della componenteprotesica tibiale nel piano frontale (FTC), lʼasse meccanico delarto (considerando centro dellʼanca, centro del ginocchio e centrodella caviglia: HKA) e lʼorientamento <strong>di</strong> entrambe le componentinel piano sagittale (slope). Lʼangolo FFC è definito come lʼangolotra lʼasse meccanico del femore e lʼasse trasverso della componentefemorale. Lʼangolo FTC è definito come lʼangolo tra lʼassemeccanico della tibia e lʼasse trasverso della componente tibiale.Gli slopes femorali e tibiali sono stati definiti come gli angoli formatida una linea tangente ai “piatti” delle componenti protesichee rispettivamente con una linea tangente alla corticale femoraleanteriore o allʼasse meccanico tibiale. Abbiamo preventivamenteconsiderato come valori ideali un angolo FFC <strong>di</strong> 90°, un angoloFTC <strong>di</strong> 90°, un angolo HKA <strong>di</strong> 180°, uno slope femorale <strong>di</strong> 90° eduno tibiale <strong>di</strong> 87°.Per ogni singolo angolo è stato quin<strong>di</strong> calcolato il numero e lapercentuale <strong>di</strong> allineamenti non ottimali (outliners), ossia con unvalore superiore o inferiore <strong>di</strong> almeno 3° al valore ideale. Infine èstata calcolata la percentuale <strong>di</strong> pazienti con tutti e 5 i parametri,entro il range idealizzato (+3°).Lo stu<strong>di</strong>o statistico è stato effettuato utilizzando “SPSS forWindows Release 11.0” (SPSS Inc, Chicago, IL, USA). Le <strong>di</strong>fferenzetra i 2 gruppi sono state valutate utilizzando lo StudentʼsT test oppure il test non parametrico <strong>di</strong> Mann-Whitney a secondadella <strong>di</strong>stribuzione delle variabili continue. Le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> percentuali<strong>di</strong> outliners sono state valutate con il Fisher Exact Test. IlPearson Chi Square Test è stato invece utilizzato per lo stu<strong>di</strong>o dellesomme degli outliners e delle percentuali <strong>di</strong> pazienti con tutti e 5i parametri ben allineati. È stato considerato che valori minori <strong>di</strong>0,005 erano significativi per tutte le analisi effettuate.Lo stu<strong>di</strong>o della potenza del trial utilizzando come riferimento i datiriportati in letteratura, ha in<strong>di</strong>cato in 36 come il numero <strong>di</strong> pazientiminimo per gruppo affinché ci fosse una <strong>di</strong>fferenza significativanei risultati ra<strong>di</strong>ografici tra i 2 gruppi (beta = 0,8, alpha = 0,05).RISULTATILo stu<strong>di</strong>o dei dati demografici tra i 2 gruppi non ha evidenziato datistatisticamente significativi per età, sesso, BMI e deformità preoperatoria(Tab. I). Il tempo chirurgico me<strong>di</strong>o è stato <strong>di</strong> 89,4 minuti(range: 75-112) nel gruppo MICA e <strong>di</strong> 75,8 minuti (range: 48-106)nel gruppo MIS. La <strong>di</strong>fferenza era statisticamente significativa (p< 0,001) (Tab. II). Non sono state registrate alcuna complicanzaintra-operatoria tra i 2 gruppi.Lʼangolo HKA era <strong>di</strong> 179,1° (range: 177-182°) e <strong>di</strong> 178,4° (range:175-182°) rispettivamente nel gruppo MICA e nel gruppo MIS.Nel gruppo MICA lʼangolo FFC era <strong>di</strong> 89,4° (range: 86-92°) e nelgruppo MIS <strong>di</strong> 88,7° (range: 86-91°). Lʼangolo FTC era <strong>di</strong> 89,2°(range: 87-91°) nel gruppo MICA e <strong>di</strong> 88,4° (range: 84-91°) nelgruppo MIS. Lo slope della componente femorale era rispettivamente<strong>di</strong> 89,4° (range: 87-94°) e <strong>di</strong> 91,1° (range: 87-96°) nelgruppo MICA e nel gruppo MIS. Lo slope della componente tibialeS108


N. Confalonieri et al.Tab. II. Confronto dei risultati post oeratori tra i 2 gruppi.Gruppo MIS (n = 37) Gruppo MICA (n = 37) Statistical p-valueMe<strong>di</strong>a ± SD (range)Me<strong>di</strong>a ± SD (range)Tempo chirurgico (min) 75,8 ± 12,9 89,4 ± 10,5 < 0,001(48-106) (75-112)Angolo HKA post-op (°) 178,4 ± 1,8 179,1 ± 2,2 0,060(175-182) (177-182)Angolo FFC post-op (°) 88,7 ± 1,6 89,4 ± 1,4 0,070(86-91) (86-92)Angolo FTC post-op (°) 88,4 ± 1,8 89,2 ± 1,0 0,029(84-91) (87-91)Slope femorale (°) 91,1 ± 2,4 89,4 ± 1,2 < 0,001(87-96) (87-94)Slope tibiale (°) 86,8 ± 2,5 87,4 ± 1,9 0,250(82-93) (84-91)MIS = allineamento tra<strong>di</strong>zionale; MICA = allineamento computer-assistito; SD = deviazione standard; HKA = asse meccanico; FFC = angolo della componente femorale nel piano frontale; FTC = angolo dellacomponente tibiale nel piano frontale.nel gruppo MICA era <strong>di</strong> 87,4° (range: 84-91°) e nel gruppo MIS <strong>di</strong>86,8° (range: 82-93°).Lʼallineamento della componente femorale perciò nel piano sagittaleera significativamente meglio nel gruppo MICA (p < 0,001).Il confronto dellʼangolo FTC ha mostrato un allineamento statisticamentemigliore nel gruppo MICA (p < 0,029). Non cʼerano<strong>di</strong>fferenze statisticamente significative negli angoli HKA, FFC enello slope tibiale tra i 2 gruppi (Tab. II).Tutti gli impianti nel gruppo MICA avevano gli angoli HKA eFTC entro 3° da un impianto ideale mentre 31 (83,8%) impiantinel gruppo MIS avevano unʼaccuratezza. La <strong>di</strong>fferenza negliangoli HKA e FTC era statisticamente significativa (p = 0,025).Trentasei (97,3%) impianti nel gruppo MICA avevano uno slopefemorale allineato entro 3° <strong>di</strong> un impianto ideale rispetto ai 31(83,8%) impianti nel gruppo. Nel gruppo MICA 36 impianti(97,3%) avevano uno slope della componente tibiale entro unrange ideale rispetto ai 33 (86,5%) del gruppo MIS. LʼangoloFFC allineato entro 3° rispetto alla posizione ideale, è stato rispettivamenteottenuto in 35 (94,6%) ed in 32 (86,5%) dei casi nelgruppo MICA e MIS. Queste <strong>di</strong>fferenze non erano statisticamentesignificative.Una <strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa (p < 0,001) nel numerocomplessivo <strong>di</strong> outliners è stato registrata a favore del gruppoMICA (158 vs. 181). Il numero <strong>di</strong> impianti con tutti e 5 gli angoliidealmente posizionati era statisticamente più alto nel gruppoMICA (p = 0,001) con il 89,2% rispetto al 54,1% (Tab. III).DISCUSSIONEIl corretto posizionamento delle componenti protesiche è uno deifattori fondamentali per la longevità dellʼimpianto. Cattivi posizionamenti,nei <strong>di</strong>versi piani dello spazio, possono causare significativecomplicazioni. Un impianto posizionato in varo o valgo èinfatti una delle cause più frequenti <strong>di</strong> mobilizzazione. Alterazionedellʼinterlinea articolare è una delle cause più frequenti <strong>di</strong> riduzionedellʼarticolarità 10 12-14 23 . Utilizzando i più comuni sistemi <strong>di</strong>allineamento Ritter et al. 11 hanno evidenziato che la percentuale<strong>di</strong> scorretti allineamenti può aggirarsi intorno al 10% dei casi <strong>di</strong>Tab. III. Numero e percentuale <strong>di</strong> outliners ra<strong>di</strong>ografici nei 2 gruppi (outliners: allineamenti peggiori <strong>di</strong> almeno 3° rispetto all’allineamento ideale).Gruppo MIS (n = 37) Gruppo MICA (n = 37) p-valuen (%) n (%)Outliners per l’angolo HKA angle 6 (16,2) 0 (0,0) 0,025Outliners per l’angolo FFC 5 (13,5) 2 (5,4) 0,430Outliners per l’angolo FTC 6 (16,2) 0 (0,0) 0,025Outliners per lo slope femorale 6 (16,2) 1 (2,7) 0,100Outliners per lo slope tibiale 4 (10,8) 1 (2,7) 0,360Somma <strong>di</strong> tutti gli outliners 27 (73,0) 4 (10,8) < 0,001Protesi con tutti 5 parametri allineati idealmente 20 (54,1) 33 (89,2) 0,001MIS = allineamento tra<strong>di</strong>zionale; MICA = allineamento computer-assistito; HKA = asse meccanico; FFC = angolo della componente femorale nel piano frontale; FTC = angolo della componente tibiale nel pianofrontale.S109


Mini-incisione nella protesi totale del ginocchioprotesi totali <strong>di</strong> ginocchio. Lʼintroduzione <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> allineamento“navigati” ha però recentemente <strong>di</strong>mostrato un significativomiglioramento in questa problematica 16-21 .Ancora più recentemente si è assistito ad una vera e propriaesplosione <strong>di</strong> interesse verso approcci mini-invasivi, anche dellachirurgia protesica. Tuttavia ciò ha esposto i chirurghi ortope<strong>di</strong>cia maggiori rischi <strong>di</strong> protesi mal posizionate, considerando lariduzione dellʼesposizione chirurgica, con reperi anatomici menoidentificabili, una chirurgia <strong>di</strong> non facile approccio 6-9 . E così,dopo un entusiasmo iniziale, <strong>di</strong>fferenti autori in letteratura hannoraccomandato una cautela maggiore nellʼavvicinarsi a queste tecniche8 24-27 . Dalury et al. 9 hanno infatti <strong>di</strong>mostrato che una protesitotale <strong>di</strong> ginocchio impiantata con una mini-incisione, può offrirevantaggi clinici temporanei solo nellʼimme<strong>di</strong>ato post-operatorio,ma con un alto rischio <strong>di</strong> errori <strong>di</strong> posizionamento e pessimi risultatia lungo termine.Stessa cosa, nel 2006, Chen et al. 28 con il cosiddetto quad-sparinghanno ottenuto risultati ra<strong>di</strong>ologici peggiori, rispetto ad approccitra<strong>di</strong>zionali come il para-rotuleo. Inoltre, con le vie dʼaccessomidvastus e subvastus (attraverso, o stressando, il muscolo vastome<strong>di</strong>ale), per il risparmio del ten<strong>di</strong>ne del quadricipite, si percorreuna strada contrad<strong>di</strong>ttoria verso la mininvasività. Infatti, già allʼiniziodel secolo scorso, lʼistologo italiano G. Bizozzero 26 , allievo delGolgi, ha classificato i tessuti in tre categorie, mettendo al primolivello le cellule labili, riproducibili, come lʼendotelio e lʼepitelio.Al secondo posto, quelle stabili, come il mesenchima connettivale(ten<strong>di</strong>ni e legamenti), che guariscono bene, con una cicatrice. Alterzo livello, i tessuti nobili, i muscoli ed i nervi, da non toccaremai perché perenni e non riproducibili. Da qui, la contrad<strong>di</strong>zione intermini <strong>di</strong> chi vuol risparmiare la cute ed un ten<strong>di</strong>ne, danneggiandoun muscolo. La nostra via dʼaccesso è quella classica pararotuleame<strong>di</strong>ana, con unʼincisione più breve, senza evertere la rotula.Appare quin<strong>di</strong> ovvio come, lʼutilizzo <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> allineamentonavigati, possa essere <strong>di</strong> determinante aiuto per le tecniche conmini-incisione. La sua accuratezza rispetto a sistemi tra<strong>di</strong>zionali èstata più volte riportata in letteratura 16-21 .Recentemente uno stu<strong>di</strong>o prospettico randomizzato tra protesi <strong>di</strong>ginocchio impiantate con tecnica mini-invasiva navigate e tecnicatra<strong>di</strong>zionale ha riportato un sensibile minor numero <strong>di</strong> outlinersnella valutazione ra<strong>di</strong>ografica, con una riduzione del dolore nelgruppo navigato 29 .Nel nostro stu<strong>di</strong>o abbiamo comparato 2 <strong>di</strong>versi sistemi <strong>di</strong> allineamentoutilizzando in entrambi casi lo stesso approccio chirurgicomini-invasivo con strumentari de<strong>di</strong>cati. La stessa protesi è statainfatti impiantata o con sistemi tra<strong>di</strong>zionali (extramidollare per latibia ed intramidollare per il femore) (gruppo MIS) o con sistema<strong>di</strong> allineamento computer assistito (gruppo MICA). Sono stati selezionatican<strong>di</strong>dati ideali per un approccio mini-invasivo: impiantiprogrammati CR, non obesità, non deformità importanti e non esiti<strong>di</strong> pregressi interventi chirurgici artrotomici.Il confronto dei risultati ra<strong>di</strong>ologici ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong>fferenze statisticamentesignificative tra i 2 impianti, sia nel piano sagittalesia nel piano coronale. Lʼideale slope della componente femoraleè stata significativamente ottenuta, più frequentemente, con meto<strong>di</strong>canavigata così come allineamento frontale della componentetibiale. Inoltre i risultati ottenuti hanno confermato quelli giàdescritti da altri autori, ossia la riduzione nel numero <strong>di</strong> outlinersra<strong>di</strong>ografici con lʼausilio della navigazione soprattutto nellʼassemeccanico dellʼarto. La somma degli outliners <strong>di</strong> tutti e 5 i parametrira<strong>di</strong>ografici analizzati è stata significativamente maggiore nelgruppo MIS inoltre il numero <strong>di</strong> impianti con tutti e 5 i parametribene allineati era significativamente maggiore nel gruppo MICA.Nessuna particolare complicazione è stata registrata in entrambi igruppi nonostante un tempo chirurgico significamene più lungonel gruppo MICA. Questi risultati possono perciò essere riassunticome una migliore affidabilità nellʼallineamento utilizzando unameto<strong>di</strong>ca mini-invasiva navigata.Tuttavia, recentemente, Spencer et al. hanno evidenziato come, afronte <strong>di</strong> questi migliori risultati ra<strong>di</strong>ologici con tecniche computerassistite,ad oggi, non vi sia ancora un riscontro clinico a follow-upbrevi <strong>di</strong> questo fatto 30 . Ad ogni modo, scopo <strong>di</strong> questo lavoronon era certo quello <strong>di</strong> evidenziare una correlazione tra outcomeclinico e risultato ra<strong>di</strong>ografico, ribadendo, con questo, la necessità<strong>di</strong> follow-up più lunghi, onde stabilire la reale efficacia <strong>di</strong> questemeto<strong>di</strong>che.BIBLIOGRAFIA1Repicci JA. Mini-invasive knee unicompartmental arthroplasty: bone-sparingtechnique. Surg Technol Int 2003;11:282-6.2Haas SB, Cook S, Beksac B. Minimally invasive total knee replacementthrough a mini midvastus approach: a comparative study. Clin Orthop RelatRes 2004;(428):68-73.3Berger RA, Sanders S, Gerlinger T, et al. Outpatient total knee arthroplastywith a minimally invasive technique. J Arthroplasty 2005;20:33-8.4Laskin RS. Minimally invasive total knee replacement using a mini-midvastus incision technique and results. Surg Technol Int 2004;13:231-8.5Laskin RS. 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G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S112-S115Revisioni setticheThe septical revisionsG. Guido, S. Giannotti, V. Bottai, M. Ghilar<strong>di</strong>RIASSUNTOCon questo lavoro gli autori illustrano i moderni orientamenti nella<strong>di</strong>agnosi clinico-strumentale e nel trattamento delle protesi infette<strong>di</strong> ginocchio. Le infezioni nella protesica <strong>di</strong> ginocchio rappresentanounʼimportante complicanza sia in termini <strong>di</strong> costi che in termini<strong>di</strong> morbilità e <strong>di</strong> lunghezza dei tempi necessari per un idoneo trattamento.La fase <strong>di</strong>agnostica si basa su criteri clinici, su parametriematochimici, sullʼimaging ra<strong>di</strong>ografico e sullʼesame culturaledel liquido articolare. È importante tenere <strong>di</strong> conto del timing <strong>di</strong>insorgenza del processo infettivo rispetto allʼintervento <strong>di</strong> protesied è su questo che si basano le classificazioni più conosciute sullʼargomento.Sia nella fase <strong>di</strong>agnostica che in quella terapeuticalʼortope<strong>di</strong>co lavora a stretto contatto con lʼinfettivologo, le finalitàdel loro operato sono lʼera<strong>di</strong>cazione dellʼinfezione, la risoluzionedella sintomatologia e il mantenimento della funzionalità articolare.Verranno illustrati i vari tipi <strong>di</strong> trattamento proposti in letteraturasottolineando che, anche sulla base della nostra casistica, in caso<strong>di</strong> reimpianto la meto<strong>di</strong>ca two stage è quella da preferire perchégarantisce la percentuale più alta in termini bonifica dellʼinfezionee consente un ottimo recupero della funzionalità articolare.Parole chiave: ginocchio, artroplastica, infezione, two stageSUMMARYThe author illustrates in this article the modern guidelines in theclinical-instrumental <strong>di</strong>agnosis and in the treatment of the infectedknee prostheses. The infections in the knee arthroplasty representan important complication in terms of costs that in terms of morbilityand length of the necessary times for a suitable treatment.The <strong>di</strong>agnostic phase is based on clinical criteria, hematochemicalparameters, ra<strong>di</strong>ographic imaging and cultural examination of theliquid joint. It is important to consider the timing of insurgenceof the infective process regar<strong>di</strong>ng the prosthesis surgery and themore famous classifications of this argument are based on it. Asin the <strong>di</strong>agnostic phase that in that therapeutic one the orthopae<strong>di</strong>stworks to tightened contact with the infectious <strong>di</strong>seases colleague;the purposes of their acts are the era<strong>di</strong>cation of the infection,the resolution of the symptoms and the maintenance of the jointfunctionality. Several types of treatment proposed in literature willcome illustrated, emphasizing that, also basing on our casuistry, inClinica Ortope<strong>di</strong>ca, Università <strong>di</strong> Pisathe reimplant is necessary the “two stage” metho<strong>di</strong>cal is to preferbecause it guarantees the higher percentage in terms of reclamationof the infection and allows an optimal recovery of the jointfunctionality.Key words: knee, arthroplasty, infection, two stageLʼinfezione nella protesica <strong>di</strong> ginocchio rappresenta fortunatamenteuna complicanza molto rara (1-2%), i suoi effetti però possonoessere devastanti per il paziente e rappresentano una enorme spesaper il sistema sanitario 1 .È importante avere chiara una valida metodologia clinico strumentaleche consenta allʼortope<strong>di</strong>co <strong>di</strong> ottenere una più veloce edaccurata <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> infezione in questo tipo <strong>di</strong> impianti, al fine <strong>di</strong>poter pianificare il trattamento più idoneo che possa portare allarisoluzione del problema senza incorrere in ulteriori complicanze.Risulta pertanto intuibile come siano in stretta correlazione laprecoce <strong>di</strong>agnosi, le possibilità terapeutiche, il tempo intercorso trala comparsa dellʼinfezione e la protesizzazione del ginocchio, lecon<strong>di</strong>zioni generali del paziente e la stabilità dellʼimpianto.Possiamo in linea generale <strong>di</strong>stinguere infezioni periprotesichesuperficiali che ben rispondono ad una precoce ed adeguata terapiaantibiotica e le infezioni periprotesiche profonde che invece possonoavere risoluzioni decisamente più complicate e spesso portanoal fallimento dellʼimpianto protesico.In bibliografia le classificazioni che vengono più comunementeriportate ed a cui facciamo riferimento per avere delle lineeguida sono quella classica <strong>di</strong> Coventry del 1975 e mo<strong>di</strong>ficata daFitzgerald 2 3 che <strong>di</strong>stingue le infezioni periprotesiche in acute(entro 3 mesi dallʼintervento) e in croniche (dopo i 3 mesi dallʼintervento)che si basa naturalmente solo sulla variante temporale, equella più recente <strong>di</strong> Sagawa 4 che sud<strong>di</strong>vide le infezioni periprotesicheprofonde in 4 gruppi prendendo in considerazione lʼesor<strong>di</strong>oclinico, la severità della sintomatologia e la relazione temporalecon lʼimpianto protesico.Questʼultima classificazione introduce anche una linea guida sultipo <strong>di</strong> trattamento da affrontare per i quattro gruppi.In generale comunque gli elementi <strong>di</strong> base da tenere in considerazionenella fase <strong>di</strong>agnostica sono: anamnesi, valutazione clinica delginocchio, imaging ra<strong>di</strong>ografico, esame culturale del liquido articolare(artrocentesi) e alcuni parametri ematochimici che dovrannoessere monitorizzati.Per completezza, ma senza rappresentare una vera chiave <strong>di</strong> voltanellʼinquadramento <strong>di</strong>agnostico, ricor<strong>di</strong>amo la scintigrafia osseacon Tecnezio 99 e quella con leucociti marcati con In<strong>di</strong>o 111.S112


G. Guido et al.Infatti lʼesame scintigrafico è spesso caratterizzato da falsi positivied inoltre risulta atten<strong>di</strong>bile a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> mesi dallʼimpiantoprotesico.Anche il prelievo bioptico <strong>di</strong> tessuti molli periprotesici eseguibileanche durante la fase artroscopica <strong>di</strong> debridement non è una tappafondamentale per formulare lʼiniziale <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> infezione.Nelle fasi che possiamo definire “acute”, dal punto <strong>di</strong> vista clinicoil sintomo iniziale e più comune nel sospetto <strong>di</strong> infezione periprotesicaè il dolore con caratteristiche decisamente <strong>di</strong>verse da quellolegato ad un allentamento meccanico dellʼimpianto; infatti si presentanon legato al carico, persistente durante lʼarco delle 24 ore espesso è associato ad una rigi<strong>di</strong>tà articolare del ginocchio.Sempre dal punto <strong>di</strong> vista clinico la presenza <strong>di</strong> una deiscenza dellaferita chirurgica deve sempre far sospettare un problema infettivo esecondo la nostra esperienza potrebbe essere un errore sottostimarequesto elemento e non aggre<strong>di</strong>re nel trattamento queste articolazioni(debridment + lavaggio drenaggio) rischiando successivamenteil fallimento dellʼimpianto.Nelle prime fasi post operatorie, nel sospetto <strong>di</strong> unʼinfezione, èfondamentale lʼesame del liquido articolare e il monitoraggio <strong>di</strong>parametri ematochimici come la VES, la PCR ed il fibrinogeno.Pur considerando la PCR un in<strong>di</strong>ce più affidabile rispetto allaVES, per una serie <strong>di</strong> fattori che vanno dalla maggior velocità <strong>di</strong>normalizzazione dopo il classico picco in seconda-terza giornatapost operatoria ed alla sua maggiore sensibilità rispetto ad unasituazione flogistico-infettiva, questi valori dovranno essere presiin considerazione nel monitoraggio post operatorio degli impiantiprotesici.Comunque possiamo affermare che, con una PCR che progressivamentesi riduce a livelli <strong>di</strong> normalità intorno alla trentesimagiornata dopo lʼintervento siamo in grado <strong>di</strong> escludere con certezzaunʼinfezione profonda 5 .In questa fase <strong>di</strong> sospetta infezione periprotesica “acuta” non sonoelementi utili per la <strong>di</strong>agnosi sia le immagini ra<strong>di</strong>ografiche che lascintigrafia con isotopi marcati.Decisamente più numerose sono comunque le infezioni che vengono<strong>di</strong>agnosticate in fase “sub-acuta” o in fase “cronica” cioè a<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> non meno <strong>di</strong> tre mesi dallʼintervento.Di questo gruppo fanno parte le infezioni a partenza ematogena cheinteressano un impianto protesico che fino ad allora non presentavaalcuna problematica.In questa fase dovranno essere ricercati eventuali foci infettivi oprocedure che abbiano determinato un quadro clinico con doloretumefazione e limitazione articolare a livello del ginocchio protesizzatoe che trovano conferma con lʼesame culturale e citologicodel liquido articolare che viene raccolto dopo aver eseguito unaartrocentesi e che rappresenta una tappa imprescin<strong>di</strong>bile per potereseguire una <strong>di</strong>agnosi..I colleghi infettivologi, che tra lʼaltro collaborano in modo assiduocon noi in questo tipo <strong>di</strong> problematiche ortope<strong>di</strong>che, attraversolʼesame culturale potrebbero essere già in grado <strong>di</strong> isolare il germepatogeno ma comunque traggono importanti segnali anchedallʼesame citologico sul numero dei leucociti presenti e sulla predominanzadei polimorfonucleati che sono segnali indubbi <strong>di</strong> unaproblematica infettiva 6 . Il patogeno infettante che viene isolato piùfrequentemente è lo Stafilococco coagulasi negativo seguito dalloStaphylococcus aureus, dagli enterococchi e dagli streptococchi 7 .Al fine <strong>di</strong> facilitare il compito allʼinfettivologo è importante sottolineareche dobbiamo interrompere qualunque terapia antibiotica alargo spettro che il paziente potrebbe già assumere per non inquinarelʼesame batteriologico.In questo gruppo <strong>di</strong> sub-acuti trova in<strong>di</strong>cazione la valutazione delleimmagini ra<strong>di</strong>ografiche che potrebbero evidenziare linee <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>olucenza,aree <strong>di</strong> osteolisi subcondrale o ad<strong>di</strong>rittura una mobilizzazionedelle componenti come ad esempio in quei casi <strong>di</strong> infezionicroniche, inoltre assume importanza anche la valutazione con unascintigrafia con leucociti marcati e quella per osso sempre che siapassato almeno 1 anno dallʼintervento chirurgico.Anche in questa fase sono importanti gli in<strong>di</strong>ci ematochimici (VES,PCR e fibrinogeno).Pertanto dopo aver descritto lʼiter clinico strumentale per poteressere in grado <strong>di</strong> formulare una <strong>di</strong>agnosi precisa <strong>di</strong> infezione periprotesicadobbiamo sempre porci delle considerazioni prima dellascelta del trattamento:1. <strong>di</strong>stinguere una infezione superficiale da una profonda;2. il timing, cioè quanto tempo è trascorso tra lʼintervento <strong>di</strong> protesie la manifestazione dellʼinfezione;3. eventuali fattori <strong>di</strong> avversione al trattamento;4. valutazione dei tessuti molli intorno alla protesi capsulo-ligamentosae soprattutto dellʼapparato estensore;5. valutazione dellʼeventuale mobilizzazione dellʼimpianto;6. considerare le caratteristiche del germe patogeno;7. decidere dal punto <strong>di</strong> vista me<strong>di</strong>co il “giusto” trattamento;8. cosa si aspetta il paziente in termini <strong>di</strong> funzionalità 8 .Quali sono pertanto gli obiettivi da raggiungere nel trattamentodellʼinfezione periprotesica?– estirpare lʼinfezione;– risolvere la sintomatologia dolorosa;– mantenere una normale funzionalità dellʼarticolazione o dellʼartoinferiore.Le opzioni <strong>di</strong> trattamento che possono essere adottate sono:1. la terapia antibiotica;2. debridement artroscopico o a cielo aperto;3. artrodesi;4. amputazione;5. reimpianto.Il trattamento con sola terapia antibiotica soppressiva resta tra imeno sicuri e tra i meno in<strong>di</strong>cati con percentuali <strong>di</strong> risoluzionedella infezione che vanno dal 18% al 24% e che comunque nonriesce ad eliminare una infezione profonda 9 10 .Noi lo riteniamo una valida scelta nelle infezioni superficiali dagermi a bassa virulenza, in accordo con i colleghi infettivologi, perlunghi perio<strong>di</strong> tenendo ben monitorizzati i valori ematochimici e lafunzionalità epatica e renale.Il debridement può rappresentare una valida scelta <strong>di</strong> trattamento,associata al lavaggio drenaggio con antibiotico, nelle infezioniacute e nelle sub acute ematogene.Riteniamo tra i criteri <strong>di</strong> inclusione per questo trattamento unadurata breve della sintomatologia infettiva (inferiore alle due settimane),la presenza <strong>di</strong> germi Gram+ e lʼimaging negativo per mobi-S113


Revisioni settichelizzazione delle componenti e per sospetta infezione periprotesica.Lʼartrodesi era in passato considerato il gold standard nel trattamentodelle infezioni protesiche e riveste nella nostra esperienzaancora un ruolo importante particolarmente in<strong>di</strong>cata in soggettiad alta richiesta funzionale, <strong>di</strong> giovane età con affezioni dellʼapp.estensore, insufficienza dei tessuti molli periprotesici, alterazionidel sistema immunitario, o in presenza <strong>di</strong> germi resistenti alla terapiaantibiotica o che richiedono una antibiotico terapia altamentetossica.Lʼamputazione trova in<strong>di</strong>cazione secondo la nostra esperienza inuna piccola percentuale <strong>di</strong> pazienti anziani che hanno una storia<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi interventi <strong>di</strong> revisione con importanti per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> sostanzaossea.Il reimpianto rappresenta indubbiamente il trattamento preferitodal paziente che vede la possibilità <strong>di</strong> ripristinare una funzionearticolare.Dovranno comunque essere sottolineati i rischi che questa meto<strong>di</strong>caporta con se che vanno dalla possibilità <strong>di</strong> reinfezione, allanuova possibilità <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta del bone stock e alla possibilità <strong>di</strong>sviluppare microrganismi multiresistenti.Indubbiamente però, cercando <strong>di</strong> correre i rischi minori, il reimpiantoè la meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> scelta nella nostra esperienza.Il reimpianto può essere eseguito one stage oppure two stage.Noi siamo soliti eseguire la meto<strong>di</strong>ca two stage.Lo svantaggio <strong>di</strong> questa tecnica è racchiuso soprattutto nel periodoche intercorre tra lʼespianto e il reimpianto e che spesso è caratterizzatoda instabilità e dolore sotto carico, formazione <strong>di</strong> nuovotessuto cicatriziale, instabilità dellʼapparato estensore e retrazionecapsulo-ligamentosa.Queste problematiche però trovano una valida soluzione con lʼutilizzo<strong>di</strong> spacer antibiotati conformati ai capi articolari in grado <strong>di</strong>garantire una certa articolarità (Fig. 1). Gli antibiotici che <strong>di</strong> solitovengono aggiunti al cemento sono la vancomicina e la tobramicina(o in alternativa a questo la gentamicina); la posologia utilizzataprevede una dose minima <strong>di</strong> 2 g <strong>di</strong> vancomicina e 2,4 g <strong>di</strong> tobramicina(o gentamicina) mentre la dose tipica è data da 4 g <strong>di</strong> vancomicinae 4,8 g <strong>di</strong> tobramicina (o gentamicina) 8 .Durante la fase <strong>di</strong> espianto dellʼimpianto settico è importante eseguireaccuratamente il debri dei tessuti ossei e dei tessuti molli edasportare con cura il cemento residuo.ABFig. 1. Mobilizzazione settica primo stage: fase chirurgica <strong>di</strong> rimozione dell’impianto (a) e posizionamentodel cemento spaziatore antibiotato (b).Per il reimpianto, che verrà eseguito una volta che si sono normalizzatii parametri ematochimici, <strong>di</strong> solito dalla IV alla XII settimana,siamo soliti utilizzare una protesi PS o una semivincolata, mentrein casi con particolare per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> bone stock o con insufficienze deitessuti molli utilizziamo protesi vincolate.È importante sottolineare che noi preferiamo fissare il nuovoimpianto con cemento antibiotato che in alternativa al cementoA B CFig. 2. Quadro ra<strong>di</strong>ografico <strong>di</strong> mobilizzazione settica (a); dopo espianto e posizionamento <strong>di</strong> cemento spaziatore (b); reimpianto (meto<strong>di</strong>ca two stage) (c).S114


G. Guido et al.standard, come risulta dalla letteratura sullʼargomento, riduce lapercentuale <strong>di</strong> reinfezione (5% contro il 28%) 11 ; anche in questafase utilizziamo gli stessi antibiotici del primo stage con unaposologia che prevede 1 g <strong>di</strong> vancomicina e 1,2 g <strong>di</strong> tobramicina(o gentamicina) 8 .La nostra pre<strong>di</strong>lezione al reimpianto con procedura two stage (Fig.2) trova inoltre conferma anche dai dati sulla letteratura più recentein termini <strong>di</strong> successo del reimpianto rispetto alla tecnica one stagecon percentuali che vanno dallʼ88% al 92% se la fissazione avvienecon cemento antibiotato 8 10 .Dalla revisione della nostra casistica dal 1998 ad oggi, <strong>di</strong> oltre 600impianti <strong>di</strong> ginocchio abbiamo avuto 12 casi <strong>di</strong> protesi infette.Di queste 1 caso era unʼinfezione superficiale risolto dopo adeguatoperiodo <strong>di</strong> terapia antibiotica e che non ha avuto ripercussionisullʼimpianto, dei restanti casi, 9 sono stati trattati con lʼespiantoreimpiantocon meto<strong>di</strong>ca two stage e 2 sono tuttora in trattamentocon terapia antibiotica dopo debridement artroscopico.In conclusione riteniamo fondamentale, nei casi <strong>di</strong> sospettainfezione periprotesica, raggiungere precocemente una precisa<strong>di</strong>agnosi e con altrettanta celerità porre in atto il trattamento piùidoneo con la finalità <strong>di</strong> riuscire a salvare lʼimpianto protesico. Seinvece siamo certamente in presenza <strong>di</strong> unʼinstabilità dellʼimpiantola decisione <strong>di</strong> eseguire una revisione dovrà comunque esserepresa in tempi brevi perché questo consentirà <strong>di</strong> ridurre al minimolʼimpoverimento del bone stock facilitando così la successivariprotesizzazione.Inoltre vogliamo sottolineare come sia in<strong>di</strong>spensabile collaborarefianco a fianco con il collega infettivologo nellʼaffrontare dallʼinizioalla fine questa importante complicanza e riteniamo che a tuttʼoggiil trattamento <strong>di</strong> espianto reimpianto in two stage sia il goldstandard nel trattamento delle infezioni protesiche del ginocchio.BIBLIOGRAFIA1Bengtson S. Prosthetic osteomyelitis with special reference to the knee: risk,treatment and costs. Ann Med 1993;25:523-9.2Coventry MB. Treatment of infections occurring in total hip surgery.Orthop Clin N 1975;6:991-1003.3Fitzgerald RH Jr, Nolan DR, Ilstrup DM, et al. Deep wound sepsis followingtotal arthroplasty. J Bone Joint Surg Am 1977;59A:847-55.4Sagawa H, Tsukajama DT, Kjle RF, et al. Infection after total knee arthroplasty.A retrospective study of treatment of eight-one infections. J BoneJoint Surg Am 1999;81:1434-45.5Marchetti N, Rosati M. La VES e la PCR nelle infezioni <strong>di</strong> protesi dʼanca e<strong>di</strong> ginocchio. Arch Ortop Reumatol 1996;109:65-71.6Tampuz A, Hanssen AD, Osmon DR, et al. Sinovial fluid leukocyte countnd <strong>di</strong>ferntial for the <strong>di</strong>agnosis of prosthetic knee infection. Am J Med2004;117:556-62.7Phillips JE, Crane TP, Noy M, et al. The incidence of deep prosthetic infectionsin a specialist orthopae<strong>di</strong>c hospital. J Bone Joint Surg Br 2006;88:943-8.8Leone MJ, Hanssen AD. Management of infection at the site of a total kneearthroplasty. J Bone Joint Surg Am 2005;87:2335-48.9Bengston S, Knutson K. The knee arthroplasty. A 6-year follow-up of 357cases. Acta Orthop Scand 1991;62:301-11.10Hanssen AD, Rand JA. Evaluation and treatment of infection at the site oftotal hip or knee arthroplasty. Instr Course Lect 1999;48:111-22.11Hanssen AD, Rand JA, Osmon DR. Treatment of infected knee arthroplastywith insertion of another prosthesis. The effect of antibiotic-impregnatedbone cement. Clin Orthop Relat Res 1989;245:173-8.S115


G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S116-S123Le revisioni con protesi modulariModular prostheses in revisionsC. Fabbriciani, G. Gasparini, L. Deriu, V. IzzoRIASSUNTOLa modularità nella chirurgia <strong>di</strong> revisione delle artroprotesi <strong>di</strong>ginocchio offre valide soluzioni per gestire la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanzaossea e lʼinstabilità legamentosa che rappresentano le due sfide piùimportanti in questo ambito; ciò è reso possibile dallʼimpiego <strong>di</strong>blocchetti, steli endomidollari retti ed a baionetta, <strong>di</strong> coni metafisari,<strong>di</strong> impianti protesici con vari gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> vincolo, del cemento, <strong>di</strong>osso autologo o <strong>di</strong> banca. La nostra casistica comprende 105 revisioniin cui sono state impiantate 7 protesi a stabilità posteriore, 84CCK, 12 RHK, 1 protesi a cerniera. Il punteggio HSS è passato dalvalore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 31 a quello <strong>di</strong> 88 nei 59 casi asettici (sopravvivenza93%), dai 31 agli 81 punti nei 46 pazienti settici (sopravvivenza80%). Le complicazioni osservate sono: 1 lussazione, 1 lesionedellʼarteria tibiale posteriore, 1 paralisi dello SPE, 4 deiscenze<strong>di</strong> ferita, 3 infezioni superficiali, 11 infezioni profonde tar<strong>di</strong>ve,2 infezioni profonde acute. Dei 13 fallimenti, 8 sono stati ripresime<strong>di</strong>ante una nuova revisione e 5 hanno avuto esito negativo. Lostu<strong>di</strong>o ra<strong>di</strong>ografico documenta nel 25% degli impianti una o piùlinee <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>otrasparenza non progressive. Lo sviluppo <strong>di</strong> sistemimodulari ha migliorato la sopravvivenza degli impianti da revisione<strong>di</strong>mostrando la superiorità dei blocchi metallici, degli steli noncementati e dei coni metafisari in tantalio.Parole chiave: modularità, revisione, artroprotesi, ginocchioSUMMARYModularity in revision TKR has earned its acceptance by provi<strong>di</strong>ngutility in the management of a wide spectrum of situations, thatusually are <strong>di</strong>scovered only after removing previous failed implants.Bone loss and instability, the most challenging problems in revisionTKR, can be managed by off-set stems, stem extensions, variableconstraint options, modular augments, metaphyseal cones, cementfilling, autologous and allogenic bone. Our personal series included105 knee revisions; 7 PS, 84 CCK and 12 RHK and 1 hinged prostheseswere used for the knee reconstruction. Average HHS scoreimproved from 31 to 88 in 59 aseptic cases (survivorship 93%), from31 to 81 in 46 septic patients (survivorship 80%). Complicationswere: 1 <strong>di</strong>slocation, 1 tibial artery lesion, 1 peroneal nerve palsy, 4wound dehiscence, 3 superficial infections, 11 deep late infections,2 deep early infections. Out of 13 failures, 8 underwent a successfulIstituto <strong>di</strong> Clinica Ortope<strong>di</strong>ca, Università Cattolica, Romare-revision, while 5 failed. X-Ray evaluation showed not progressivera<strong>di</strong>olucencies in 25% of implants. Modular systems developmentenhance revision implant survivorship supporting the key role playedby metal augments, cementless stems and tantalum cones.Key words: modularity, revision, prosthesis, kneeINTRODUZIONEIl buon esito dellʼintervento <strong>di</strong> revisione <strong>di</strong> una artroprotesi totale<strong>di</strong> ginocchio <strong>di</strong>pende dalla corretta gestione intraoperatoria <strong>di</strong> varieproblematiche quali la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanza ossea, lʼinstabilità articolare(in termini <strong>di</strong> bilanciamento legamentoso e <strong>di</strong> bilanciamentodegli spazi in flessione ed estensione), il posizionamento delle componenti,lʼancoraggio delle stesse allʼosso residuo, la scelta dellʼimpiantoe del grado <strong>di</strong> vincolo 1 . Agli inizi degli anni ʼ90 lo sviluppo<strong>di</strong> impianti da revisione modulari ha consentito <strong>di</strong> far fronte allainnumerevole varietà <strong>di</strong> quadri intraoperatori che, a volte impreve<strong>di</strong>bilmente,si rendono manifesti dopo aver rimosso una protesifallita. Infatti, in ambito <strong>di</strong> chirurgia <strong>di</strong> revisione, la pianificazionepreoperatoria risulta spesso aleatoria. Blocchi modulari metallici <strong>di</strong>varia morfologia (a cuneo, a parallelepipedo) e <strong>di</strong>mensione (emipiattotibiale, piatto tibiale intero), camma femorale e inserto tibialecon vari gra<strong>di</strong> vincolo, steli endomidollari <strong>di</strong> varie <strong>di</strong>mensioni e lunghezze,retti o a baionetta, cementati o non, coni metallici metafisari(Fig. 1), hanno limitato notevolmente le potenziali mobilizzazionilegate allʼimpiego <strong>di</strong> impianti monoblocco a cerniera 2 .Scopo del nostro stu<strong>di</strong>o è definire lʼimpiego degli impianti modularinegli interventi <strong>di</strong> revisione <strong>di</strong> artroprotesi totali <strong>di</strong> ginocchio eriportare i risultati della nostra casistica.GESTIONE DELLE PERDITE DI SOSTANZA OSSEALa presenza <strong>di</strong> un deficit osseo caratterizza tutte le revisioni <strong>di</strong>artroprotesi <strong>di</strong> ginocchio. Talvolta il <strong>di</strong>fetto è minimo e il patrimonioosseo residuo supporta da solo le componenti protesiche; nellagran parte dei casi però i <strong>di</strong>fetti ossei sono tali da compromettere lastabilità dellʼimpianto. La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanza ossea è dovuta a varifattori: osteolisi periprotesica (specie in corso <strong>di</strong> infezione), effettomeccanico della mobilizzazione delle componenti, per<strong>di</strong>ta osseaiatrogena legata allʼespianto della protesi (particolarmente estesanei casi settici), effetto meccanico dello spaziatore in cemento neipazienti infetti trattati in due tempi 2 .Sono stati proposti numerosi sistemi classificativi per i <strong>di</strong>fetti osseiriscontrati durante la revisione <strong>di</strong> unʼartroprotesi totale <strong>di</strong> ginocchioS116


C. Fabbriciani et al.Fig. 1. Per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanza tipo F3 e T3 (a) trattata con impianto modulare a cerniera rotante (RHK)assemblato alle seguenti componenti: stelo femorale retto, stelo tibiale a baionetta, cono femoralein tantalio, blocchetti tibiali da 20 mm, blocchetti femorali <strong>di</strong>stali da 5 mm e blocchetto femoraleposteriore da 10 mm (b). Il controllo ra<strong>di</strong>ografico a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un anno documenta la stabilità globaledell’impianto e delle singole componenti modulari (c, d).con lʼintento <strong>di</strong> pianificare il miglior intervento possibile e <strong>di</strong> confrontarei risultati in base al tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto osseo trattato ed alla tecnicautilizzata. La classificazione attualmente più utilizzata è quellaelaborata dallʼAnderson Orthopae<strong>di</strong>c Research Institute (AORI) 3 .Tale classificazione, che prevede 3 <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanzain base al coinvolgimento dellʼosso metafisario femorale e tibiale,si basa su criteri ra<strong>di</strong>ografici e intra-operatori. Nei <strong>di</strong>fetti ossei <strong>di</strong> tipo1 la metafisi è intatta, la per<strong>di</strong>ta ossea è inferiore ad 1 cm³ in assenza<strong>di</strong> subsidenza della componente protesica. Nei <strong>di</strong>fetti ossei <strong>di</strong> tipo 2la metafisi è compromessa, la per<strong>di</strong>ta ossea supera 1 cm³ e la componenteprotesica manifesta una evidente subsidenza. A livello tibialela per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanza può coinvolgere rispettivamente uno (T2A) oentrambi (T2B) gli emipiatti tibiali estendendosi, <strong>di</strong>stalmente, finoalla testa del perone; a livello femorale possono essere interessatiuno (F2A) o entrambi (F2B) i con<strong>di</strong>li <strong>di</strong>stalmente agli epicon<strong>di</strong>li.Nei <strong>di</strong>fetti ossei <strong>di</strong> tipo 3 la per<strong>di</strong>ta ossea è massiva e la metafisi ènotevolmente compromessa con coinvolgimento dei tessuti molli(legamenti collaterali, ten<strong>di</strong>ne rotuleo); a livello tibiale la per<strong>di</strong>ta<strong>di</strong> sostanza interessa gran parte del piatto tibiale fino alla tuberositàtibiale, mentre a livello femorale si estende fino agli epicon<strong>di</strong>li.Unʼaltra <strong>di</strong>stinzione va fatta tra i <strong>di</strong>fetti ossei centrali o cavitari neiquali la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanza riguarda lʼosso spongioso, ma la corticalerimane integra, i <strong>di</strong>fetti ossei segmentari o periferici nei quali è interessataesclusivamente la corticale ossea, e i <strong>di</strong>fetti ossei combinatinei quali vengono ugualmente interessati lʼosso spongioso e quellocorticale 4 . Clatworthy e Gross 5 hanno proposto una classificazionealternativa <strong>di</strong>stinguendo i <strong>di</strong>fetti ossei in contenuti e non contenuti(allʼinterno della corticale), circonferenziali e non circonferenziali. I<strong>di</strong>fetti ossei <strong>di</strong> tipo 1 sono caratterizzati da metafisi intatta; nei <strong>di</strong>fettiossei <strong>di</strong> tipo 2 è interessata la metafisi ma la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanzarimane confinata ad essa; le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> sostanza <strong>di</strong> tipo 3 si estendonooltre la metafisi ma non sono circonferenziali, al contrario <strong>di</strong> quelle<strong>di</strong> tipo 4 che si estendono oltre la metafisi e sono circonferenziali.Tra le altre classificazioni ricor<strong>di</strong>amo quella proposta dallʼHospitalfor Special Surgery che include le lesioni <strong>di</strong>afisarie e tiene contodelle cause responsabili della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanza 6 e quella <strong>di</strong> Rand 7che si basa sulla simmetricità dei <strong>di</strong>fetti (simmetrici o asimmetrici) esulla loro localizzazione (femorali o tibiali, periferici o cavitari, concorticale integra ovvero interrotta).La variabilità in merito alla sede e <strong>di</strong>mensione dei <strong>di</strong>fetti ossei haportato allo sviluppo <strong>di</strong> numerose tecniche volte al ripristino delpatrimonio osseo. Non va <strong>di</strong>menticato che tali soluzioni hannoin<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong>verse anche in relazione allʼetà ed alle richieste funzionalidel paziente. Le opzioni <strong>di</strong> trattamento sono rappresentatedal cemento, dagli innesti ossei autologhi o <strong>di</strong> banca in piccoliframmenti, dai blocchetti e coni metallici, dai trapianti <strong>di</strong> bancamassivi 8 9 . Impianti a cerniera o protesi oncologiche vengonoriservati a deficit ossei massivi con gravi instabilità.CementoIl cemento (Fig. 2) dovrebbe essere riservato ai soli casi nei qualiil <strong>di</strong>fetto osseo è <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, come il tipo I secondolʼAORI. Nei <strong>di</strong>fetti ossei maggiori il suo impiego può esserecomplementato dallʼuso <strong>di</strong> viti. Ritter 10 ha utilizzato cementoassociato a stabilizzazione con viti per il trattamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti osseitibiali (9 mm <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà me<strong>di</strong>a del <strong>di</strong>fetto). Nonostante strie <strong>di</strong>ra<strong>di</strong>otrasparenza non progressive fossero un riscontro abbastanzacomune allʼinterfaccia osso-cemento, nessun impianto era fallitoS117


Le revisioni con protesi modularial controllo minimo <strong>di</strong> 3 anni. Accanto ai risultati sod<strong>di</strong>sfacenti,vanno sottolineate le scarse proprietà biomeccaniche del cementocon possibili effetti negativi sulla stabilità a lungo termine dellʼimpianto,come descritto da Lotke 11 .Innesti ossei in piccoli frammentiGli innesti ossei rappresentano unʼalternativa nel trattamento dei<strong>di</strong>fetti ossei <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni; sono caratterizzati da buonaversatilità. Dorr 12 raccomanda lʼutilizzo <strong>di</strong> innesti ossei quando lospessore <strong>di</strong> cemento al <strong>di</strong> sotto dellʼimpianto protesico è superiorea 5 mm e quando il <strong>di</strong>fetto osseo, femorale o tibiale, non superala corticale. Numerosi autori hanno riportato buoni risultati neltrattamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni me<strong>di</strong>ante innesti <strong>di</strong> ossoautologo in piccoli frammenti 8 .La tecnica dellʼimpaction grafting <strong>di</strong> osso omologo può essereapplicata a <strong>di</strong>fetti ossei <strong>di</strong> tipo I o <strong>di</strong> tipo II sia tibiali che femorali,purché contenuti. Lʼosso <strong>di</strong> banca frammentato ha il vantaggiopotenziale <strong>di</strong> integrarsi in maniera biologica allʼosso ospite epuò essere, inoltre, utilizzato con osso autologo per aggiungereproprietà osteoinduttive. Necessita, però, <strong>di</strong> strumentari chirurgiciparticolari, non sempre <strong>di</strong>sponibili al momento dellʼintervento.Whiteside riporta lʼuso <strong>di</strong> tale meto<strong>di</strong>ca in 56 pazienti sottopostiad intervento <strong>di</strong> revisione <strong>di</strong> artroprotesi totale <strong>di</strong> ginocchio 13 ;tutti gli impianti prevedevano lʼuso <strong>di</strong> steli endomidollari lunghinon cementati. Tutti gli innesti ossei mostravano un progressivoincremento della ra<strong>di</strong>opacità ad 1 e 2 anni post-operatori ed unaintegrazione stabile allʼosso ospite. Altri autori 14 riportano risultatisod<strong>di</strong>sfacenti a breve termine con lʼassociazione <strong>di</strong> steli endomidollarisia cementati che non cementati. È importante considerarecome lʼimpiego <strong>di</strong> tali meto<strong>di</strong>che richieda un carico <strong>di</strong>lazionato perconsentire unʼadeguata integrazione del trapianto. Altri autori 15prevedono lʼuso <strong>di</strong> tale tecnica associata a sintesi dellʼinnesto conreti metalliche, soprattutto per <strong>di</strong>fetti ossei non contenuti. Questaè da considerarsi, comunque, una procedura <strong>di</strong> salvataggio, i cuirisultati non sono ancora <strong>di</strong>sponibili.dei <strong>di</strong>fetti ossei, però, è elevatissima e non corrisponde alla varietà<strong>di</strong> blocchetti modulari presenti in commercio, cosicché essi devonoessere, spesso, complementati con innesti ossei o cemento, oppureè necessario aumentare la resezione ossea se il blocchetto è sovra<strong>di</strong>mensionato(Fig. 2).Se da un lato il loro ancoraggio, con o senza cemento, allʼosso sottostante,spesso sclerotico o porotico, risulta problematico, dʼaltrocanto i blocchetti offrono la possibilità <strong>di</strong> un carico completo anchenellʼimme<strong>di</strong>ato post-operatorio. Alcuni stu<strong>di</strong> con controllo a <strong>di</strong>stanzapiuttosto breve mostrano risultati sod<strong>di</strong>sfacenti dellʼuso <strong>di</strong> blocchettimodulari. Pagnano 18 riferisce in uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 28 casi primaricon deficit segmentari tibiali risultati buoni ed eccellenti nel 94%dei casi. Nonostante non siano stati riportati fallimenti, nel 50% deicasi è stata osservata una stria <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>otrasparenza non progressiva.Werle 19 riporta lʼuso <strong>di</strong> blocchetti metallici modulari <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionimaggiori <strong>di</strong> 30 mm a livello del femore <strong>di</strong>stale, con risultati sod<strong>di</strong>sfacenti.Nessun caso <strong>di</strong> revisione e nessuna evidenza ra<strong>di</strong>ografica<strong>di</strong> mobilizzazione era presente a <strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 37 mesi.Coni <strong>di</strong> riempimento metafisarioNei casi <strong>di</strong> revisioni con per<strong>di</strong>ta ossea massiva contenuta, puòessere in<strong>di</strong>spensabile un impianto protesico a riempimento metafisario20 . Negli ultimi anni il tantalio ha fornito nuove e importantisoluzioni sia per i <strong>di</strong>fetti ossei segmentari sia per quelli meta-epifisaricavitari, me<strong>di</strong>ante lo sviluppo <strong>di</strong> blocchetti e <strong>di</strong> coni. Il tantalioè un metallo biocompatibile e altamente resistente alla corrosione.In seguito alla lavorazione in forma trabecolare esso raggiungeuna <strong>di</strong>screta resistenza ed un modulo <strong>di</strong> elasticità simile a quellodellʼosso spugnoso. Inoltre la sua alta porosità (lʼ85% del suoInnesti massiviGli innesti strutturali sono riservati a per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> sostanza osseaimportanti (tipo II e III secondo la classificazione dellʼAORI); presentanoun costo relativamente basso rispetto agli impianti modulario oncologici. Esistono <strong>di</strong>verse opzioni, quali osso prelevatodalla testa femorale, ovvero segmenti <strong>di</strong> femore <strong>di</strong>stale o <strong>di</strong> tibiaprossimale assemblati allʼimpianto per costituire una cosiddetta“protesi composita” come in chirurgia oncologica 16 .Blocchetti modulariPer <strong>di</strong>fetti ossei <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a <strong>di</strong>mensione, inclusi nel tipo II dellʼAORI,i blocchetti modulari sono il trattamento <strong>di</strong> scelta attuale. Nellamaggior parte delle revisioni essi rappresentano una soluzioneparticolarmente efficace e semplice. I primi stu<strong>di</strong> riguardo allʼimpiego<strong>di</strong> blocchetti modulari per compensare <strong>di</strong>fetti ossei furonopubblicati da Brand 17 . Blocchetti modulari sono <strong>di</strong>sponibili perla gran parte degli impianti protesici attualmente presenti incommercio. Essi consentono <strong>di</strong> eseguire un taglio osseo minimoselettivamente a carico del compartimento coinvolto, lasciandointatto il patrimonio osseo del compartimento opposto. La varietàFig. 2. Fallimento <strong>di</strong> artroprotesi da revisione trattato me<strong>di</strong>ante amputazione. Difetto osseo dellaporzione anteroinferiore del con<strong>di</strong>lo me<strong>di</strong>ale colmato con cemento nella porzione anteriore e conblocchetto <strong>di</strong>stale nella porzione inferiore; a livello tibiale è stato eseguito un taglio osseo asimmetricocon posizionamento <strong>di</strong> un blocchetto me<strong>di</strong>ale da 10 mm.S118


C. Fabbriciani et al.volume è composto da pori dodecaedriciinterconnessi) consente unʼelevata osteointegrazione.I pori con le loro <strong>di</strong>mensionime<strong>di</strong>e <strong>di</strong> 550 μm favoriscono una crescita<strong>di</strong> tessuto osseo già dopo 4 settimane.Inoltre la sua superficie rugosa possiede unelevato coefficiente <strong>di</strong> frizione, elementodeterminante per una stabilità primaria incompressione-interferenza. I coni in tantaliorappresentano unʼalternativa attualeimportante rispetto agli innesti <strong>di</strong> bancamassivi 21 .Tali coni ristabiliscono la giunzione metaepifisariae offrono allʼimpianto uno stabilesupporto meccanico oltre ad assorbire etrasferire le forze compressive. Essi vengonoinseriti a pressione allʼinterno del <strong>di</strong>fettoosseo, previamente preparato con particolareattenzione a preservare il patrimonio osseo, fondamentale peruna valida stabilità primaria <strong>di</strong> tale impianto (Fig. 3). È in<strong>di</strong>spensabilea questo punto impiegare uno stelo <strong>di</strong> adeguata lunghezza chesarà cementato nel tratto che attraversa il cono, formando un bloccounico con il metallo trabecolare già stabilmente ancorato allʼossoospite e destinato alla definitiva osteointegrazione. Sebbene lepremesse riguardo allʼimpiego <strong>di</strong> coni e blocchetti in tantalio sianopromettenti, non esistono, a tuttʼoggi, a lungo termine che possanoconfermarle.GESTIONE DELL’INSTABILITÀ ARTICOLARELʼobiettivo <strong>di</strong> una revisione <strong>di</strong> artroprotesi totale <strong>di</strong> ginocchio èricreare lo stesso spazio in flessione ed in estensione 2 . Di solitociò si ottiene me<strong>di</strong>ante una lisi dei tessuti molli (compartimentome<strong>di</strong>ale, laterale e posteriore) e ricostruendo gli eventuali <strong>di</strong>fettiossei con minime resezioni tibiali e femorali, ed utilizzando isistemi <strong>di</strong> riempimento descritti nel capitolo precedente. È utilericordare che agendo sul femore <strong>di</strong>stale si mo<strong>di</strong>fica lo spazio inestensione ovvero che agendo sul femore posteriore si influenzalo spazio in flessione, mentre mo<strong>di</strong>ficando la componente tibialesi varia contemporaneamente sia lo spazio in flessione che quelloin estensione 22 .La corretta scelta della <strong>di</strong>mensione della componente femorale èuno degli elementi basilari. Una valutazione relativamente appropriatasi può ottenere attraverso una ra<strong>di</strong>ografia del femore nativoo in alternativa del femore controlaterale. Infatti dopo la rimozione<strong>di</strong> un impianto si verifica una quota variabile <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanzaossea; la scelta <strong>di</strong> una componente la cui <strong>di</strong>mensione corrispondaallʼosso femorale residuo può risultare sotto<strong>di</strong>mensionata rispettoalla reale <strong>di</strong>mensione del femore stesso. Ciò determina uno spazioin flessione più ampio compromettendo la stabilità in flessione 5 . Èconsigliabile, quin<strong>di</strong>, scegliere una componente più grande e compensareil deficit dei con<strong>di</strong>li posteriori con blocchetti appropriatiper ottenere un corretto <strong>di</strong>mensionamento dellʼimpianto, nonchéun corretto orientamento dello stesso in senso rotatorio. Se la componenterimossa risulta intrarotata, è necessario mo<strong>di</strong>ficare i tagliFig. 3. Difetto osseo tipo F3 e T3 con impiego <strong>di</strong> coni femorali e tibiali in tantalio (a). Si noti l’innesto osseo autologo posto a compressione acolmare il <strong>di</strong>fetto segmentarlo anteriore della tibia (b).ossei a livello del femore <strong>di</strong>stale antero-laterale e postero-me<strong>di</strong>ale,con posizionamento <strong>di</strong> un blocchetto postero-laterale. Tale gestochirurgico ha come riferimento gli epicon<strong>di</strong>li, <strong>di</strong> solito presentianche negli interventi <strong>di</strong> revisione, che forniscono dei reperi anatomicifissi per in<strong>di</strong>viduare lʼasse transepicon<strong>di</strong>lare (Fig. 4).Lʼobiettivo successivo è ristabilire la corretta altezza dellʼinterlineaarticolare. Anche per questo passaggio gli epicon<strong>di</strong>li femoralicostituiscono un valido riferimento; lʼinterlinea articolare, infatti, èsituata ad una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 25 mm dallʼepicon<strong>di</strong>lo laterale e 30 mmdallʼepicon<strong>di</strong>lo me<strong>di</strong>ale.Per ristabilire il bilanciamento tra spazio in flessione e spazio inestensione è fondamentale ricreare una superficie tibiale piana eperpen<strong>di</strong>colare allʼasse meccanico tibiale. Una minima resezioneossea associata è imprescin<strong>di</strong>bile; per ripristinare la corretta altezzadellʼinterlinea articolare (prendendo come riferimento il polo inferioredella rotula) si potrà aumentare lo spessore del polietilene, sesi tratta <strong>di</strong> meno <strong>di</strong> cinque millimetri, ovvero deve essere preso inconsiderazione lʼuso <strong>di</strong> due blocchetti simmetrici. In caso <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta<strong>di</strong> sostanza asimmetrica si eseguirà una resezione asimmetrica(a scalino) e si utilizzerà un solo blocchetto (Fig. 2), ovvero dueblocchetti asimmetrici.Dopo aver impiantato le componenti protesiche <strong>di</strong> prova con unospessore <strong>di</strong> polietilene minimo si valuta la stabilità dellʼimpianto inestensione completa. Le componenti <strong>di</strong> prova vengono usate comeun tensore per verificare bilanciamento e stabilità. Se lo spazioin flessione è uguale a quello in estensione, o meglio, la tensionelegamentosa è simmetrica nelle due posizioni, si può procedereallʼimpianto della protesi definitiva. Se si verifica una <strong>di</strong>screpanzatra lo spazio in flessione e quello in estensione si rendono necessariulteriori considerazioni e gesti chirurgici.Durante la fase <strong>di</strong> prova dellʼimpianto ci si può trovare <strong>di</strong> frontead una miriade <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> instabilità. Il problema che piùcomunemente si riscontra è senza dubbio la presenza <strong>di</strong> uno spazioin flessione più ampio <strong>di</strong> quello in estensione, cosicché il ginocchioappare lasso in flessione e stabile in estensione. In questo caso unacomponente femorale <strong>di</strong> taglia maggior con due blocchetti simmetriciposteriori consentirà un corretto bilanciamento degli spazi.S119


Le revisioni con protesi modulariVINCOLOÈ preferibile lʼimpiego del minimo vincolo possibile bilanciandolʼarticolazione me<strong>di</strong>ante unʼadeguata lisi dei tessuti molli 21 . Inuna piccola parte delle revisioni può essere utilizzata una protesiprimaria a stabilità posteriore; tale tipologia <strong>di</strong> impianto, per la suaintrinseca conformazione con meccanismo a camma, conferisceunʼadeguata stabilità sul piano sagittale ma non sul piano frontale.È per questa ragione che le protesi semivincolate tipo CCK hanno lapossibilità <strong>di</strong> poter aumentare il grado <strong>di</strong> vincolo in maniera del tuttoversatile, a volte soltanto con la sostituzione del polietilene oppurein altri casi mo<strong>di</strong>ficando lievemente lo scasso intercon<strong>di</strong>loideo.Spesso la scarsa vali<strong>di</strong>tà dei legamenti collaterali, lʼimpossibilitàad ottenere unʼadeguata stabilità, gravi deformità in varo-valgo,rendono necessario lʼimpianto <strong>di</strong> protesi a cerniera rotante tipoRHK. Lʼimpiego <strong>di</strong> protesi monoblocco a cerniera trova a nostroavviso in<strong>di</strong>cazioni eccezionali e solo in caso <strong>di</strong> importanti per<strong>di</strong>te<strong>di</strong> sostanza ossea, con deficit dellʼapparato estensore e gravi instabilitànon riducibili 22 .STELI ENDOMIDOLLARIFig. 4. Dopo la rimozione <strong>di</strong> un impianto femorale posizionato in intrarotazione si applica lacomponente <strong>di</strong> prova e si valuta l’entità della correzione necessaria utilizzando come riferimentol’asse transepicon<strong>di</strong>lare (a). Il corretto posizionamento rotatorio della componente definitiva saràgarantito dall’uso <strong>di</strong> un blocchetto (in questo caso in tantalio) posteriore in corrispondenza del con<strong>di</strong>lolaterale (b).Unʼeccessiva tensione in flessione ed in estensione richiede unariduzione dello spessore del polietilene. Unʼeccessiva lassità siain flessione che in estensione si corregge aumentando lo spessoredel polietilene o posizionando due blocchetti simmetrici al <strong>di</strong> sottodel piatto tibiale; se così facendo però si innalza lʼinterlinea articolaresi deve adottare una componente femorale più grande condue blocchetti simmetrici posteriori <strong>di</strong>stalizzandola me<strong>di</strong>ante dueblocchetti simmetrici. Quando il ginocchio appare teso in flessionee lasso in estensione, se la componente femorale è correttamente<strong>di</strong>mensionata, si aggiungeranno due blocchetti simmetrici al femore<strong>di</strong>stale riducendo lo spessore del polietilene. Particolare attenzionedeve essere rivolta a non <strong>di</strong>stalizzare in maniera eccessivalʼinterlinea articolare. Quando ciò si verifica una valida alternativaè prendere in considerazione una componente femorale più piccolae uno spessore <strong>di</strong> polietilene maggiore (o sollevare il piatto tibialeme<strong>di</strong>ante blocchetti simmetrici). In caso <strong>di</strong> una buona stabilità inflessione con lassità in estensione è sufficiente <strong>di</strong>stalizzare la componentefemorale me<strong>di</strong>ante blocchetti simmetrici; se così facendosi abbassa lʼinterlinea articolare sarà opportuno sotto<strong>di</strong>mensionarela componente femorale aumentando lo spessore del polietilene osollevando il piatto tibiale me<strong>di</strong>ante blocchetti simmetrici.Infine, deve essere controllata la posizione della componente femoralesul piano sagittale. Un posizionamento troppo posteriore, infatti,riduce lo spazio in flessione, mentre un posizionamento troppoanteriore lo aumenta compromettendo lo scorrimento rotuleo. Taliincongruenze possono essere corrette con lʼimpiego <strong>di</strong> uno stelomidollare a baionetta.Quali che siano lʼentità e la tipologia del <strong>di</strong>fetto osseo e la meto<strong>di</strong>ca<strong>di</strong> compensazione dello stesso, si realizzerà una interfaccia ossoimpiantopiù complessa e quin<strong>di</strong> meno resistente alle forze <strong>di</strong> compressione,taglio e rotazione. Analogamente lʼintroduzione <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>maggiori <strong>di</strong> vincolo scarica le forze che <strong>di</strong> norma sono <strong>di</strong>ssipatedai legamenti collaterali sul meccanismo centrale <strong>di</strong> perno e cammae, tramite questo, sullʼinterfaccia osso-protesi. Lʼosso residuo,inoltre, presenta alterazioni che vanno dalla sclerosi allʼosteopenia,entrambe negative nei confronti della tenuta meccanica dellʼinterfaccia.Per tali motivi nel realizzare lʼimpianto definitivo, in caso<strong>di</strong> revisione con sistemi modulari, è fondamentale impiegare deglisteli endomidollari adeguati che, scaricando una parte delle forze,proteggono lʼinterfaccia 9 . Altro compito <strong>di</strong> grande importanzaassolto dagli steli è quello <strong>di</strong> facilitare lʼallineamento delle componenti,fondamentale negli impianti ad elevato grado <strong>di</strong> vincolo.Gli steli a baionetta consentono <strong>di</strong> ottimizzare il posizionamentodelle componenti sul piano sagittale e su quello frontale. Per quantoriguarda la componente femorale possiamo mo<strong>di</strong>ficare lo spazio inflessione ovvero migliorare lo scorrimento rotuleo lateralizzando lacomponente. Sul versante tibiale è possibile adeguare la coperturadel piano <strong>di</strong> resezione ossea.Nella nostra esperienza preferiamo gli steli non cementati che sonopiù stabili <strong>di</strong> quelli cementati 9 e pongono minori problemi in caso<strong>di</strong> ulteriore revisione (Fig. 1).LA PROTESIZZAZIONE ROTULEAPochi sono i dati presenti in letteratura riguardo alla gestione delleproblematiche legate alla protesizzazione rotulea negli interventi <strong>di</strong>revisione <strong>di</strong> artroprotesi totale <strong>di</strong> ginocchio. Se la rotula è stata precedentementeprotesizzata la sua revisione può comportare notevoli<strong>di</strong>fficoltà. Di fronte ad un patrimonio osseo adeguato la rotulapuò essere revisionata con una componente protesica primaria.S120


C. Fabbriciani et al.Laskin 23 riporta un solo caso <strong>di</strong> frattura <strong>di</strong> rotula in 85 revisioni <strong>di</strong>rotula con una componente standard, rimuovendo solo 1 o 2 mm <strong>di</strong>osso. Per per<strong>di</strong>te ossee più gravi, superiori al 50%, la revisione nonè sempre possibile. In tali situazioni, lʼespianto della componenteo la patellectomia risultano le uniche alternative. Recentemente èstata descritta la tecnica dellʼinnesto osso rotuleo per ristabilireuna certa quantità <strong>di</strong> patrimonio osseo per unʼeventuale futurariprotesizzazione 24 .Di recente introduzione, la protesi rotulea in tantalio sembra esserela più valida opzione in presenza <strong>di</strong> gravi per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> sostanza ossearotulea. La componente, impiantata a pressione nellʼosso residuo,ha avuto buon esito in 17 revisioni su 20 a 2 anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza 25 .Tale impianto, però, necessita <strong>di</strong> una quantità, seppur minima,<strong>di</strong> osso residuo. Recentemente, infatti, lʼimpiego <strong>di</strong> questa componenteprotesica suturata <strong>di</strong>rettamente ai tessuti molli prerotuleiha <strong>di</strong>mostrato un elevato tasso <strong>di</strong> fallimenti e danni allʼapparatoestensore 26 .CASISTICALa nostra casistica comprende 105 revisioni con controllo a <strong>di</strong>stanzaminima <strong>di</strong> 1 anno e massima <strong>di</strong> 13 anni. Sono stati inclusi 64donne e 40 uomini; 1 caso era bilaterale. Lʼetà me<strong>di</strong>a era <strong>di</strong> 73 anni(61-90). Lʼin<strong>di</strong>cazioni alla revisione è stata posta per mobilizzazioneasettica in 41 casi, per mobilizzazione settica in 46, per causemeccaniche (instabilità, rigi<strong>di</strong>tà, malposizionamento, problematicherotulee) in 15, per fratture periprotesiche in 3. In tutti i casi <strong>di</strong>mobilizzazione settica il trattamento è stato effettuato in due (36casi) o tre tempi (10 pazienti) utilizzando lo spaziatore con cementoantibiotato fisso in 12 casi, articolato nei restanti 34. Gli impiantirimossi erano 33 protesi <strong>di</strong> primo impianto a conservazione delcrociato posteriore, 51 protesi primarie astabilità posteriore, 5 protesi monocompartimentali,14 CCK e 2 protesi monobloccoa cerniera. Sono state impiantate 7 protesia stabilità posteriore, 84 CCK, 12 RHK,1 protesi monoblocco a cerniera, tuttecementate; in un caso settico si è mantenutolo spaziatore monoblocco in cemento conterapia antibiotica soppressiva.I <strong>di</strong>fetti ossei riscontrati al momento dellaricostruzione erano: T1 (34), T2A (26),T2B (29), T3 (12), F1 (40), F2A (13),F2B (32), F3 (15). Tali <strong>di</strong>fetti sono staticolmati sul versante tibiale me<strong>di</strong>ante 3innesti <strong>di</strong> osso autologo, 18 riempimenti incemento, 10 cunei monocompartimentali,5 cunei completi, 68 blocchetti (monocompartimentaliin 43 casi, bicompartimentaliin 24) e 7 coni in tantalio; sul versantefemorale sono stati utilizzati 15 innesti <strong>di</strong>osso autologo, 21 riempimenti in cemento,75 blocchetti (singoli in 27 casi, multipli in48) e 9 coni in tantalio. Steli endomidollarinon cementati sono stati utilizzati in 97casi sia a livello femorale che tibiale; 3 impianti PS sono statiforniti <strong>di</strong> fittone solo tibiale. In 29 casi (21 <strong>di</strong> tibia ed 8 <strong>di</strong> femore)lo stelo utilizzato è stato del tipo a baionetta. In 2 pazienti conrottura dellʼapparato estensore è stata eseguita, nel primo caso, unaricostruzione con trapianto massivo tuberosità tibiale-ten<strong>di</strong>ne rotuleo-rotula-ten<strong>di</strong>nequadricipitale (Fig. 5), nellʼaltro con trapianto <strong>di</strong>ten<strong>di</strong>ne dʼAchille con apofisi calcaneare.RISULTATIIl punteggio, secondo i criteri dellʼHospital for Special Surgery, èpassato dal valore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 31 a quello <strong>di</strong> 88 nei 59 casi asettici conla seguente stratificazione: ottimi 22%, buoni 49%, me<strong>di</strong>ocri 13%,cattivi 9%, fallimenti 7%. Nei 46 pazienti settici si è registrato unincremento dai 31 agli 81 punti con la seguente stratificazione: ottimi12%, buoni 39%, me<strong>di</strong>ocri 21%, cattivi 8%, fallimenti 20%. Dalpunto <strong>di</strong> vista funzionale si è osservato lʼincremento della flessionedal valore me<strong>di</strong>o preoperatorio <strong>di</strong> 60° a quello postoperatorio <strong>di</strong>98°, mentre lʼarticolarità è passata dai 52° ai 96°; ciò significa chela contrattura me<strong>di</strong>a in flessione preoperatoria è <strong>di</strong>minuita da 8° a2°. Sette pazienti riferivano un dolore <strong>di</strong> coscia (5 casi) o <strong>di</strong> gamba(2 casi) in corrispondenza dellʼapice dello stelo.Le complicazioni osservate annoverano: 1 caso <strong>di</strong> lussazione (trattatocon successo me<strong>di</strong>ante la sostituzione dellʼinserto), 1 lesionedellʼarteria tibiale posteriore (trattata con successo me<strong>di</strong>ante bypass),1 paralisi dello SPE (non regre<strong>di</strong>ta), 4 deiscenze <strong>di</strong> ferita(trattate con successo me<strong>di</strong>ante lembi miofasciali), 3 infezionisuperficiali (trattate con successo me<strong>di</strong>ante me<strong>di</strong>cazioni locali eterapia antibiotica). Inoltre abbiamo osservato 13 fallimenti (12%):11 infezioni profonde tar<strong>di</strong>ve (trattate me<strong>di</strong>ante nuova riprotesizzazionein due tempi in 6 casi, me<strong>di</strong>ante artrodesi in 1 caso, me<strong>di</strong>anteFig. 5. Impianto modulare a cerniera rotante (RHK) associato a trapianto massivo tuberosità tibiale-ten<strong>di</strong>ne rotuleo-rotula-ten<strong>di</strong>nequadricipitale.S121


Le revisioni con protesi modulariresezione e terapia antibiotica soppressiva in 3 casi e me<strong>di</strong>anteamputazione in 1 caso) e 2 infezioni profonde acute (trattateme<strong>di</strong>ante nuova riprotesizzazione in due tempi).Lo stu<strong>di</strong>o ra<strong>di</strong>ografico, escludendo gli impianti falliti, documentanel 25% dei casi una o più linee <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>otrasparenza non progressive,<strong>di</strong> spessore inferiore ad 1 mm, già evidenti tra i 6 mesi ed 1anno dallʼintervento, soprattutto in corrispondenza dei riempimenti<strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti tipo 1 e 3 me<strong>di</strong>ante cemento. Non si è evidenziata unamaggiore incidenza <strong>di</strong> tali linee in relazione alla maggiore complessitàdellʼimpianto. Per quanto riguarda i coni in tantalio (cheabbiamo introdotto nella pratica clinica da due anni) abbiamosempre osservato la completa osteointegrazione, in assenza <strong>di</strong> subsidenza.Infine gli steli endomidollari sono risultati correttamentecentrati in entrambe le proiezioni ra<strong>di</strong>ografiche nellʼ85% dei casied apparivano correttamente <strong>di</strong>mensionati nel 68% dei pazienti;in tutti i casi con dolore <strong>di</strong> coscia o <strong>di</strong> gamba era presente unaddensamento osseo endostale, rilevabile anche in altri pazienti cheperaltro non lamentavano tale sintomatologia.DISCUSSIONELa modularità dei moderni sistemi protesici consente intraoperatoriamente<strong>di</strong> spaziare da un impianto primario a stabilitàposteriore standard, ad un impianto standard con blocchetti estelo tibiali, ad un impianto tipo CCK assemblato sul campooperatorio con opzioni <strong>di</strong> vario tipo (blocchi metallici, coni metafisarimetallici, steli retti o a baionetta), fino ad un impianto tipoRHK, anchʼesso assemblabile con le stesse opzioni (Fig. 1), inbase alle necessità del singolo caso. In tali sistemi lo strumentarioancillare stesso è modulare, così come sono <strong>di</strong>sponibili impianti<strong>di</strong> prova che coprono lʼintera gamma delle possibilità descritte. Intal modo una tecnica certamente complessa che necessita <strong>di</strong> tempichirurgici lunghi, consente <strong>di</strong> pianificare intraoperatoriamente siala ricostruzione scheletrica sia il corretto bilanciamento legamentosoe degli spazi <strong>di</strong> flessione ed estensione, sia il ripristino dellacorretta altezza dellʼinterlinea articolare. La modularità, quin<strong>di</strong>,ha migliorato i risultati <strong>di</strong> questa chirurgia in termini <strong>di</strong> sopravvivenza27 , in confronto agli impianti a cerniera monoblocco.Gli impianti oncologici, dʼaltra parte, presentano problematicheimportanti, tra cui i costi elevati e la scarsa versatilità soprattuttonel dover compensare deficit ossei non preve<strong>di</strong>bili pre-operatoriamente.La superiorità dei blocchi metallici trapezoidali nei confronti <strong>di</strong>quelli cuneiformi e, soprattutto degli innesti ossei massivi è ormaiben documentata dalla letteratura 28 , così come la necessità <strong>di</strong>proteggere lʼinterfaccia con steli endomidollari, possibilmente noncementati 29 . Infine i coni metallici, soprattutto quelli in tantalioconsentono <strong>di</strong> colmare i <strong>di</strong>fetti ossei più importanti, anche parzialmentesegmentari, purché accoppiati ad un adeguato stelo che,limitatamente alla porzione che attraversa il cono, andrà cementato.I limiti attuali sono il costo elevato e la brevità dei controlli neltempo.Nella nostra casistica la sopravvivenza è stata del 93% nei casiasettici e dellʼ80% in quelli settici. È da sottolineare come tutti ifallimenti da noi osservati siano da imputare ad una infezione periprotesica,mentre i risultati clinici e funzionali sono sod<strong>di</strong>sfacentinella maggior parte dei casi. Tali dati confermano lʼaffidabilità neltempo degli impianti modulari.Un altro aspetto va evidenziato: la chirurgia <strong>di</strong> revisione delleartroprotesi <strong>di</strong> ginocchio, specie nei casi settici, è esposta ad ungran numero <strong>di</strong> complicazioni maggiori; dei 13 fallimenti da noiregistrati, 8 sono stati ripresi me<strong>di</strong>ante una nuova revisione in duetempi e 5 hanno avuto esito negativo.CONCLUSIONII risultati clinici descritti in letteratura, cui si aggiunge la nostraesperienza, <strong>di</strong>mostrano come i sistemi modulari abbiano un ruolo10 27fondamentale nelle revisioni delle artroprotesi totali <strong>di</strong> ginocchioe come lʼimpiego <strong>di</strong> blocchetti metallici comporti numerosi vantaggirispetto allʼuso <strong>di</strong> osso autologo o <strong>di</strong> banca. Promettenti appaiono irisultati dei coni in tantalio 9 in presenza <strong>di</strong> importanti <strong>di</strong>fetti osseicavitari. Sono peraltro in<strong>di</strong>spensabili stu<strong>di</strong> clinici randomizzati concontrolli a <strong>di</strong>stanza tra i 5 ed i 10 anni. Il costante sviluppo <strong>di</strong> sistemimodulari 27 può contribuire ad aumentare la longevità degli impiantida revisione. Essi rimangono, comunque, degli strumenti la cuiefficacia potrà emergere solo se la revisione <strong>di</strong> un impianto fallitoverrà affrontata sulla base <strong>di</strong> una corretta in<strong>di</strong>cazione, <strong>di</strong> una correttatecnica chirurgica, <strong>di</strong> una corretta scelta delle componenti modulari,nel rispetto dei principi <strong>di</strong> base <strong>di</strong> questa chirurgia.BIBLIOGRAFIA1Scuderi GR, Insall JN. Revision total knee arthroplasty with cemented fixation.Tech Orthop 1993;7:96-105.2Insall JN, Dethmers DA. Revision of total knee arthroplasty. Clin Orthop1982;170:123.3Engh GA, Ammeen DJ. 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G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S124-S130Disegno e selezione dell’impianto protesico <strong>di</strong> spallaDesign and selection of shoulder arthroplastyA. Castagna, M Borroni, G. Delle Rose, L. Maradei, E. Vinci 1 , P.L. Gambrioli 2 , M. RandelliRIASSUNTOLa prima protesi <strong>di</strong> spalla fu impiantata alla fine del XIX secolocon largo anticipo rispetto al primo impianto dʼanca. La storiadellʼevoluzione <strong>di</strong> questa chirurgia ha conosciuto momenti <strong>di</strong>entusiasmo e gran<strong>di</strong> fallimenti. Lʼevoluzione del <strong>di</strong>segno dellecomponenti e delle conoscenze biomeccaniche dellʼarticolazioneprotesica <strong>di</strong> spalla è tuttora in atto ed è comunque lontana dallʼaverraggiunto risultati totalmente sod<strong>di</strong>sfacenti.Esistono ormai <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> protesi <strong>di</strong> spalla, in modo da potersimeglio adattare ai <strong>di</strong>versi quadri anatomo-patologici.Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è in<strong>di</strong>viduare quella che è stata la storiadellʼevoluzione del <strong>di</strong>segno protesico ed in<strong>di</strong>viduare ad oggi quelloche è lo “stato dellʼarte” della chirurgia protesica <strong>di</strong> spalla.Parole chiave: spalla, protesi, <strong>di</strong>segno protesicoSUMMARYFirst shoulder arthroplasty was implanted in the end of XIX century,many years before first hip arthroplasty. History of shoulderarthroplasty is made of great successes and deep <strong>di</strong>sappointments.The evolution of prosthetic design and of anatomical and biomechanicalknowledge is still in progress and itʼs far from the definitivesolution.Actually there are many prosthetic designs, in order to treat correctlythe <strong>di</strong>fferent pathologies.The aim of this work is to describe the evolution of shoulderprosthetic design and to determine the present “state of the art” ofshoulder arthroplasty.dellʼomero: pertanto si procedette ad un ampio debridement eallʼimpianto della protesi (Fig. 1).Fig. 1. Protesi <strong>di</strong> Pean.Il decorso postoperatorio fu positivo con un <strong>di</strong>screto recupero dellʼarticolarità,ma dopo due anni fu necessario procedere allʼespiantoa causa <strong>di</strong> una fistolizzazione cronica 2 .In seguito furono eseguiti altri tentativi <strong>di</strong> sostituzione protesica dellaspalla, ma con scarsi risultati 3-5 : bisogna infatti aspettare fino al 1953quando Charles Neer, il padre della moderna chirurgia della spalla,propose il suo modello <strong>di</strong> protesi (Fig. 2) per il trattamento dellefratture lussazioni della testa dellʼomero 6 con buoni risultati.Nel 1974 Neer pubblicò la sua esperienza <strong>di</strong> sostituzione protesicaanche in 48 casi <strong>di</strong> artrosi gleno-omerale 7 : <strong>di</strong> questi 47 erano sempliciendoprotesi <strong>di</strong> tipo press-fit mentre in un caso venne abbinatolʼimpianto <strong>di</strong> una glenoide cementata in polietilene.I risultati vennero definiti buoni soprattutto in relazione alla risoluzionedel dolore, mentre meno sod<strong>di</strong>sfacenti furono quelli riferitial recupero funzionale.Key words: shoulder, arthroplasty, prosthetic designLA STORIALa prima protesi <strong>di</strong> spalla fu impiantata nel 1892 dal chirurgofrancese Jules E. Pean ben 26 anni in anticipo sul primo impianto<strong>di</strong> protesi <strong>di</strong> anca 1 .Il paziente era un giovane uomo affetto da un ascesso tubercolareIRCCS Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (MI); 1 Cliniche Humanitas-Gavazzeni,Bergamo; 2 Istituto Ortope<strong>di</strong>co G. Pini, MilanoIn<strong>di</strong>rizzo per la corrispondenza:Mario Borroni, Istituto Clinico Humanitas, via Manzoni 56, Rozzano (MI).Tel. + 39 02 82244544; e-mail: mario.borroni@fastwebnet.itFig. 2. Protesi <strong>di</strong> Neer.S124


A. Castagna et al.Tab. I. Protesi <strong>di</strong> spalla <strong>di</strong>vise per caratteristiche.Non vincolate (anatomiche) Bechtol DANA NeerBipolare Kenmore Saha St GeorgCofieldMonosferica (Gristina)Semivincolate (glena con cappuccio) DANA a cappuccio Mazas St Georg a cappuccioEnglish-McNabNeer a cappuccioVincolate (a giunto sferico) Bickel Kessel ReevesFenlin Kolbel TrisfericaFloating-socket Liverpool Wheble-SkoreckiGerard Michael Reese ZippelStanmoreNeer aprì dunque una nuova via che venne rapidamente seguita danumerosi chirurghi, soprattutto sullʼonda dei buoni risultati dellesostituzioni proteiche degli altri <strong>di</strong>stretti, e, per poter migliorare lafunzionalità della spalla protesizzata si tentò <strong>di</strong> eseguire anche lasostituzione della glena, soprattutto nei casi non post traumatici.I primi impianti glenoidei con protesi in polietilene cementate <strong>di</strong>ederonumerosi problemi <strong>di</strong> fissazione e così, seguendo lʼesempiodelle protesi <strong>di</strong> cotile per lʼanca vennero <strong>di</strong>segnati <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong>impianti vincolati.Lo stesso Neer, insieme ad Averill, sviluppò un tipo <strong>di</strong> impiantoa fulcro fisso ispirato al concetto “ball-and-socket” inverso conun doppio compartimento omerale che permetteva una rotazioneassiale <strong>di</strong> uno stelo metallico allʼinterno <strong>di</strong> un involucro <strong>di</strong> polietilene,ma questa protesi <strong>di</strong>ede scarsi risultati 8 .Questa esperienza lo convinse definitivamente che una endoprotesiben posizionata e una adeguata liberazione e mobilizzazione deitessuti molli periarticolari sarebbero stati sufficienti per ottenereun buon risultato funzionale e che in casi selezionati si sarebbedovuto impiantare una protesi totale anatomica. Neer, ancora unavolta, con felice intuizione anticipava il superamento delle protesivincolate e semi-vincolate con il modello concettuale dellʼimpiantonon vincolato.Nel contempo, infatti, altri autori introdussero protesi sia vincolateche semivincolate come quella sviluppata dalla Mayo Clinic (protesiBickel 9 ), dalla clinica universitaria Stanmore <strong>di</strong> Londra 10 , esuccessivamente da Post con la protesi Michael Reese 11 .Tutte queste protesi <strong>di</strong>edero unʼalta percentuale <strong>di</strong> fallimenti dovutasoprattutto a mobilizzazione della componente glenoidea, maanche a fratture della glenoide e ad instabilità delle componentiproteiche 12 .Altri tentativi vennero portati avanti da Reeves 13 , da Kessel 14 , daGristina 15 con le loro protesi omonime, ma nessuna <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>edei risultati sperati.Si provò anche a posizionare protesi da interposizione in Silasticintrodotto da Swanson 16 , ma anche questo tipo <strong>di</strong> impianto ebbebreve durata in quanto seppure inizialmente i risultati erano buoniper dolore e funzionalità, nel me<strong>di</strong>o periodo a causa della frammentazionedel Silastic si arrivava ad avere una <strong>di</strong>struzione dellʼarticolazionegleno-omerale.Visti i non brillanti risultati ottenuti con le protesi vincolate sullabase dei lavori <strong>di</strong> Cofield 17 si provò ad impiantare protesi cosiddette“semivincolate” come la DANA sviluppata dalla UCLA 18 , laprotesi Mazas 19 e la protesi <strong>di</strong> English-McNab 20 , ma anche queste<strong>di</strong>edero problemi <strong>di</strong> instabilità e <strong>di</strong> mobilizzazione.La storia dellʼevoluzione del <strong>di</strong>segno protesico è stata tortuosa ecomplessa (Tab. I), ma verso lʼinizio degli anni ʼ80 apparve evidentecome la scelta <strong>di</strong> impianti vincolati e semivincolati non fossela migliore possibile e a causa del gran numero <strong>di</strong> insuccessi questitipi <strong>di</strong> protesi vennero abbandonati a favore <strong>di</strong> impianti anatomicinon vincolati e si arrivò al <strong>di</strong>segno che, con piccole mo<strong>di</strong>fiche,viene adottato dalle protesi presenti sul mercato attualmente.Lʼorientamento verso una sempre più accurata ricostruzione dellaanatomia fece presto comprendere come la chirurgia protesica <strong>di</strong>spalla fosse anche una chirurgia molto con<strong>di</strong>zionata nei risultatidalla qualità <strong>di</strong> trattamento anche dei tessuti molli periarticolari.Una delle principali cause dei fallimenti degli impianti protesicinon vincolati era determinato dallʼinsufficienza o dalla rotturadella cuffia dei rotatori; ciò determinava, non soltanto un deficitnella funzionalità della protesi, ma soprattutto causava la tendenzaalla risalita della componente omerale con aumento dello stress sulpolietilene, e con un irregolare carico sulla glena con conseguentesua mobilizzazione 21 .Per ovviare a questa situazione numerosi chirurghi proposerolʼimpianto <strong>di</strong> endoprotesi per non correre il rischio <strong>di</strong> avere fallimentidella componente omerale; tale soluzione non garantivacomunque un valido funzionamento dellʼarto, dal momento chemancava il “motore” della protesi, e in più anche la sintomatologiadolorosa poteva rimanere presente a causa della progressiva usuraglenoidea.A metà degli anni ʼ80 Paul Grammont ha introdotto un nuovaconcetto <strong>di</strong> protesi, detta inversa, in grado <strong>di</strong> sfruttare lʼazione deltoideaper ottenere un miglioramento dellʼarticolarità in abduzionee elevazione 21 .Questa protesi si basa su semplici concetti biomeccanici: un centro<strong>di</strong> rotazione fisso con gran<strong>di</strong> superfici articolari congruenti (unacoppa in polietilene su una sfera metallica); un centro <strong>di</strong> rotazioneme<strong>di</strong>alizzato in modo da aumentare il braccio <strong>di</strong> leva del deltoidee ridurre le forze <strong>di</strong> rotazioni a livello dellʼancoraggio glenoideo;S125


Disegno e selezione dell’impianto protesico <strong>di</strong> spallaQuesti principi dovrebbero essere applicati sia alla componenteomerale che a quella glenoidea nonché, ovviamente, essere ritrovatianche nellʼequilibrio tra queste due.Fig. 3. Protesi <strong>di</strong> Grammont.abbassare lʼomero rispetto alla glenoide per ottenere una maggioretensione deltoidea (Fig. 3).Tale protesi ha risultati ancora con follow-up a me<strong>di</strong>o termine,ma sod<strong>di</strong>sfacenti nella maggior parte dei casi e pertanto è da considerarsiattualmente lʼinnovazione più rilevante della chirurgiaprotesica <strong>di</strong> spalla 22 23 .La ricerca <strong>di</strong> una sempre maggiore anatomicità associata ad unacontenuta invasività del gesto chirurgico ha portò infine agli inizidegli anni ʼ90, allo sviluppo <strong>di</strong> protesi cosiddette “<strong>di</strong> rivestimento”fra le quali ricor<strong>di</strong>amo le precoci esperienze in Italia <strong>di</strong> M. Randelli(1992) ed in Gran Bretagna <strong>di</strong> S. Copeland 24 . In particolare lʼesperienzaed i risultati riportati da questʼultimo hanno fornito unanotevole spinta allʼuso ed alla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> impiantocaratterizzato da una cupola <strong>di</strong> rivestimento della testa omerale stabilizzatoda un piccolo fittone (senza quin<strong>di</strong> necessità <strong>di</strong> uno stelo<strong>di</strong>afisario protesico <strong>di</strong> tipo tra<strong>di</strong>zionale) cui è possibile associare,quando in<strong>di</strong>cato, una interfaccia sul versante glenoideo.Questo tipo <strong>di</strong> protesi offre dunque unʼulteriore possibilità <strong>di</strong> scelta<strong>di</strong> impianto in modo da andare incontro ai casi in cui risulta importantepreservare un quantitativo osseo sufficiente a poter garantireeventuali revisioni (come ad esempio pazienti giovani affetti daosteonecrosi).IL DISEGNO E LA FISSAZIONEIn generale le auspicabili caratteristiche ottimali <strong>di</strong> una protesi <strong>di</strong>spalla possono essere riassunte da un <strong>di</strong>segno che riproduca la normaleanatomia (restituendo i normali rapporti articolari anatomicie ripristinando la corretta biomeccanica articolare), che sopporti icarichi cui viene sottoposta, che resista allʼusura, che minimizzi lostress allʼinterfaccia osso-protesi o protesi-cemento-osso e che consentapossibilità <strong>di</strong> revisioni future le meno complesse possibili.OmeroPer quello che riguarda la componente omerale, occorre ricordarecome la prima protesi impiantata da Neer fosse composta da unalega <strong>di</strong> cromo cobalto ed era posizionata con tecnica press-fit senzacemento.Quel tipo <strong>di</strong> protesi non <strong>di</strong>ede alcuna complicanza in relazione allasua stabilità <strong>di</strong> impianto ma nel corso degli anni sono state introdottecomponenti omerali <strong>di</strong>segnate per essere cementate solo a livelloprossimale o completamente.Tuttavia tra questi ultimi due tipi <strong>di</strong> protesi non si sono verificate<strong>di</strong>fferenze in micromovimenti sia a livello assiale che a livellorotazionale 25 , mentre invece un lieve aumento del movimentorotazionale è stato <strong>di</strong>mostrato in stu<strong>di</strong> su cadavere in protesi tipopress-fit rispetto a quelle cementate 26 .Va comunque rilevato che, benché il rischio <strong>di</strong> mobilizzazionenelle protesi omerali press-fit sia teoricamente aumentato, in lavoriretrospettivi <strong>di</strong> lunga durata non si sono verificati casi <strong>di</strong> mobilizzazioneomerali sintomatiche 27 .Gli impianti <strong>di</strong> nuova generazione, con superfici ruvide o ricoperte<strong>di</strong> idrossiapatite garantiscono unʼottima stabilità soprattutto inpresenza <strong>di</strong> un ottimale fill della <strong>di</strong>afisi omerale ed è pertanto laprima scelta, almeno in pazienti con un buon bone stock, mentrein pazienti con osso <strong>di</strong> scarsa qualità o affetti da artrite reumatoideè preferibile una protesi con cementazione prossimale in mododa rendere eventualmente più agevole una revisione 28 . Per quelloche riguarda il <strong>di</strong>segno, occorre ricordare come nel corso deglianni lʼanatomia e le <strong>di</strong>mensioni dellʼomero sono state ampiamentestu<strong>di</strong>ate in modo da ottenere un <strong>di</strong>segno protesico ottimale 29 e perpoter perfettamente riempire la <strong>di</strong>afisi omerale sono stati stu<strong>di</strong>atecomponenti coniche e frangiate in modo da ottenere un perfetto filland fit del canale endomidollare e nei casi in cui ciò non è ottenibilesi può fare ricorso a protesi custom-made.Oltre alla <strong>di</strong>afisi omerale, gli aspetti da considerare sono soprattuttoil fatto che il centro <strong>di</strong> rotazione della testa omerale non coincidecon il centro della <strong>di</strong>afisi: infatti la testa omerale è spostata insenso me<strong>di</strong>ale e posteriore rispetto al canale endomidollare (offsetme<strong>di</strong>ale e offset posteriore).Le protesi <strong>di</strong> prima generazione (Neer) erano protesi monoblocco percui non ci si poteva adattare alle <strong>di</strong>verse situazioni; nelle protesi <strong>di</strong>seconda generazione (Biomet, Cofield, Global), modulari con geometriafissa dotate cioè <strong>di</strong> stelo monoblocco e testa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse misureapplicabile sullo stelo, la testa era posizionata centralmente rispettoallo stelo, e pertanto non era in grado <strong>di</strong> restare al centro dellʼosteotomiaomerale; nelle protesi <strong>di</strong> terza generazione invece è possibilevariare lʼoffset della testa omerale in modo da adattarsi al meglio eoffrire una perfetta copertura e centratura rispetto al taglio omerale.Altro aspetto da considerare è la retroversione dellʼomero prossimaleche in me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 17,9°, ma con unʼampia variabilità (da -6,7°a 47,5°) 28 : pertanto i moderni <strong>di</strong>segni devono poter provvedere aquesta ampia variabilità con strumentari precisi che consentonouna corretta osteotomia del collo omerale.S126


A. Castagna et al.Anche lʼinclinazione della parte prossimale dellʼomero è un fattoreda tenere in considerazione: la me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> tale valore è 129,6°e in questo caso il range <strong>di</strong> variabilità è più ristretto (da 123,2° a135,8°) 28 rispetto alla retroversione: anche in questo caso lʼimpiantoprotesico deve essere in grado <strong>di</strong> adattarsi a tale variabilità.Un impianto modulare con la possibilità <strong>di</strong> variare il posizionamentodella testa rispetto allo stelo consente fra lʼaltro <strong>di</strong> poter rime<strong>di</strong>are adeventuali errori nellʼesecuzione dellʼosteotomia; inoltre con la possibilità<strong>di</strong> variare la lunghezza del collo omerale è possibile ottenere uncorretto posizionamento delle tuberosità e riprodurre così la giustatensione muscolare (soprattutto nei casi post traumatici) e garantireuna maggiore stabilità e funzionalità della protesi.Ultimo aspetto da considerare è il <strong>di</strong>segno della testa omerale: il<strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> curvatura della testa omerale (DC) è <strong>di</strong>rettamente inrelazione con lo spessore della testa (ST) secondo la formula ST= 0,75 x DC 29 .GlenaPiù complessa e ancora oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione è la scelta delmiglior impianto glenoideo: le caratteristiche ideali vorrebbero unaprotesi glenoidea sottile per evitare lʼoverstuffing dellʼarticolazione,e dotati <strong>di</strong> una ottimale interfaccia protesi osso in modo da noncorrere rischi <strong>di</strong> mobilizzazioni.Per quello che riguarda la forma della protesi esistono sostanzialmentedue tipi <strong>di</strong> protesi: ovali o a forma <strong>di</strong> pera.La forma a pera è quella più anatomica e sembrerebbe produrreil vantaggio <strong>di</strong> evitare conflitti interni con lʼinserto in polietilene,ma avendo una superficie superiore più piccola rispetto a quellainferiore, <strong>di</strong>minuisce lʼarea <strong>di</strong> contatto con la testa della protesi equin<strong>di</strong> la rende potenzialmente più instabile.Tuttavia da recenti lavori pare che questo non sia un aspetto fondamentale,anche se sembrerebbero esserci migliori risultati con unimpianto ovale 30 .La superficie della protesi infine può essere piatta o concava equin<strong>di</strong> assume particolare importanza il rapporto fra il raggio <strong>di</strong>curvatura della componente glenoidea rispetto a quello della componenteomerale.A tal proposito, è stato <strong>di</strong>mostrato che un <strong>di</strong>segno con un altotasso <strong>di</strong> “conformità” tra le due componenti proteiche (raggio <strong>di</strong>curvatura omerale maggiore <strong>di</strong> quello glenoideo) crea un grado <strong>di</strong>resistenza alla traslazione maggiore <strong>di</strong> quella presente nella normalearticolazione e rende la protesi più stabile; tuttavia si genera unaumento dello stress ai bor<strong>di</strong> della glena con aumento del rischio<strong>di</strong> mobilizzazione 31 .Una protesi invece con poca “conformità” (raggio <strong>di</strong> curvaturaomerale inferiore <strong>di</strong> quello glenoideo) sembra non generare unaumento del rischio <strong>di</strong> instabilità della protesi 32 e consente unamaggiore traslazione della testa omerale.Pertanto genera meno stress sulla glena, ma concentrando la forzasu unʼarea minore genera più pressione sul polietilene aumentandonelʼusura 33 .È importante quin<strong>di</strong> avere una protesi con un mismatch glena-omeronon eccessivo.Ma lʼaspetto più delicato nella scelta dellʼimpianto glenoideo èrelativa al sistema <strong>di</strong> fissazione: le due gran<strong>di</strong> categorie <strong>di</strong> protesiglenoidee sono infatti quella delle protesi metal-back non cementatee quella delle protesi tutte in polietilene cementate.Allʼinterno <strong>di</strong> questo gruppo una ulteriore scelta deve essere fattatra protesi dotate <strong>di</strong> una chiglia centrale o <strong>di</strong> piccoli peg: teoricamenteil sistema <strong>di</strong> fissaggio basato sui peg offre una maggiorestabilità verso le forze <strong>di</strong> torsione e pertanto offre una maggioregaranzia rispetto alla mobilizzazione 34 35 .Particolare importanza nella scelta delle protesi cementate vienerivestita anche dalla tecnica <strong>di</strong> cementazione 36 : inizialmente peravere una maggiore stabilità della componente glenoidea si cercava<strong>di</strong> usare molto cemento.Ma reazioni avverse 37 hanno suggerito <strong>di</strong> trovare nuove tecniche <strong>di</strong>cementazione che consentivano <strong>di</strong> usare meno cemento 38 .Per quanto riguarda invece le protesi metal-back non cementate,sono indubbi i vantaggi legati ad una stabilizzazione press-fitottenibile senza cemento (reazioni al cemento, preservare un bonestock utile nel caso <strong>di</strong> revisioni, fissazione imme<strong>di</strong>ata).Tuttavia numerosi lavori presentati in letteratura rivelano come irischi relativi a tale impianto fossero elevati 39-41 con rischi <strong>di</strong> rotturadelle viti, mobilizzazioni, usura del polietilene dovuto a maggiorspessore della componente glenoidea (metal-back + inserto), <strong>di</strong>ssociazioneinserto-metal-back.Tuttavia nuovi <strong>di</strong>segni con soluzioni biomeccaniche <strong>di</strong>verse, nuovimateriali e nuove tecniche <strong>di</strong> preparazione e <strong>di</strong> sterilizzazione delpolietilene sembrano poter dare maggiori garanzie sulla fissazionee sulla stabilità <strong>di</strong> una glenoide metal-back 42 .INDICAZIONICome è stato illustrato precedentemente, lʼevoluzione della protesi<strong>di</strong> spalla è stata lunga e <strong>di</strong>fficoltosa, non tanto per riuscire araggiungere un buon impianto in laboratorio, ma soprattutto perpotersi adattare nel miglior modo possibile ai <strong>di</strong>versi quadri anatomo-patologici.Occorre pertanto identificare la patologia esistente e in<strong>di</strong>viduaretra i modelli presenti sul mercato quello che meglio si adatta perottenere il corretto trattamento con buoni risultati.In particolare <strong>di</strong>stinguiamo pazienti affetti da:– artrosi gleno-omerale con cuffia dei rotatori integra (artrosiconcentrica);– fratture dellʼepifisi prossimale <strong>di</strong> omero non sintetizzabile;– artrosi gleno-omerale con rottura o insufficienza della cuffia deirotatori (artrosi eccentrica);– osteonecrosi.Artrosi concentricaNeer ha descritto lʼimpiego <strong>di</strong> endoprotesi come una procedura<strong>di</strong> successo nel trattamento dellʼartrosi gleno-omerale 8 , ma, successivamentealtri autori 43 ottennero analoghi buoni risultati conprotesi totali.Da allora numerosi stu<strong>di</strong> sono comparsi in letteratura portandobuoni risultati con entrambi i tipi <strong>di</strong> protesi 44 45 , e anche lavoriin cui i <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> protesi sono stati messi a confronto nonhanno dato risultati univoci 46-48 mostrando risultati contrad<strong>di</strong>torio sovrapponibili.S127


Disegno e selezione dell’impianto protesico <strong>di</strong> spallaRisulta evidente che in caso <strong>di</strong> erosione glenoidea, il solo trattamentocon endoprotesi può far residuare una componente dolorosa,e inoltre anche in presenza <strong>di</strong> una glena in buone con<strong>di</strong>zioni, lasemplice endoprotesi non può evitare il progressivo deterioramentodella glena con conseguente per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> funzionalità o lʼinsorgenza<strong>di</strong> glenoi<strong>di</strong>ti.Tuttavia il trattamento con protesi totale è una procedura piùcomplessa che porta inevitabilmente ad un aumento dei rischi<strong>di</strong> fallimento in quanto interviene anche la variabilità legata allasostituzione glenoidea che risulta essere la causa principale <strong>di</strong>fallimento della protesi totale 49 .Pertanto la scelta deve tener conto <strong>di</strong> molti fattori, fra cui lʼetà delpaziente, le richieste funzionali, il bone stock ecc., anche se spessoil fattore determinante è la maggiore confidenza del chirurgo conun tipo <strong>di</strong> impianto rispetto allʼaltro 50 .FrattureGià nel 1970 Neer ha riportato i suoi risultati <strong>di</strong> impiego <strong>di</strong> endoprotesinel trattamento <strong>di</strong> fratture a 3-4 frammenti con <strong>di</strong>scretirisultati 51 ; purtroppo altri lavori successivi non hanno avuto glistessi brillanti risultati 52 .Sono molteplici i fattori influenzanti questi risultati: il malposizionamentodella protesi con eccessiva o scarsa altezza della componenteomerale o una alterata retroversione (errori causati dallaper<strong>di</strong>ta dei normali reperi anatomici), una inadeguata sintesi delletuberosità o un loro scorretto posizionamento.Per ovviare alla possibilità <strong>di</strong> malposizonamenti sono attualmente<strong>di</strong>sponibili strumentari che consentono <strong>di</strong> riprestinare una correttalunghezza dellʼomero e <strong>di</strong> trovare il giusto angolo <strong>di</strong> retroversione.Riguardo invece alla sintesi delle tuberosità, sono state proposte<strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong> fissaggio con lʼaggiunta <strong>di</strong> suture circolari checonsentono una maggiore stabilità e tenuta della sintesi; inoltre specialicolli protesici sono pre<strong>di</strong>sposti con appositi fori per poter alloggiaretali suture che vengono così ancorate alla stessa protesi 53 .Dal momento che la funzionalità dellʼimpianto <strong>di</strong>pende soprattuttodal ripristino <strong>di</strong> una buona funzionalità muscolo ten<strong>di</strong>nea, occorrestu<strong>di</strong>are in fase preoperatoria lo stato della cuffia dei rotatori inmodo da tenere eventualmente in considerazione la possibilità <strong>di</strong>impiantare una protesi inversa, per poter così ottenere un migliorrisultato funzionale 54 .Artrosi eccentricaNei casi in cui allʼartrosi gleno-omerale si associa una rottura massivadella cuffia dei rotatori, il quadro anatomo patologico evolveverso la cosiddetta spalala pseudoparalitica.Anche in questi casi nel corso degli anni si è tentato <strong>di</strong> eseguire untrattamento con protesi non vincolate (sia con la solo componenteomerale che con protesi totali), ma i risultati sono stati moltolimitati 55 56 .Infatti in assenza <strong>di</strong> una cuffia dei rotatori valida, le forze che normalmentecontrastano la forza sviluppata verso lʼalto dal deltoide estabilizzano il centro <strong>di</strong> rotazione della spalla sono assenti.Pertanto la contrazione del deltoide determina una risalita dellʼomerocon per<strong>di</strong>ta del normale centro <strong>di</strong> rotazione, con per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>articolarità in abduzione ed elevazione, con “acetabolarizazione”della testa omerale sullʼacromion, con progressiva usura osseadella glena (in caso <strong>di</strong> endoprotesi) o del polietilene (nel caso <strong>di</strong>protesi totale) e quin<strong>di</strong> fallimento dellʼimpianto, limitazione funzionalee dolore 57 .In questo caso la scelta deve ricadere su un impianto non anatomico,ma inverso, in cui la funzionalità della protesi è deputatoallʼazione del deltoide.Anche in questo tipo <strong>di</strong> protesi esistono comunque problematichenon ancora risolte, come la formazione dello scapular notch 58 ,cioè <strong>di</strong> unʼerosione del bordo inferiore della scapola, la persistentelimitazione della rotazione esterna, e il rischio <strong>di</strong> instabilità dellaprotesi.I risultati <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> impianto non sono ancora arrivati adavere un lungo follow-up, ma sono comunque particolarmenteincoraggianti 57 .OsteonecrosiLa necrosi avascolare della testa dellʼomero è una patologia relativamentepoco frequente, ma dalle conseguenze invalidanti severeanche in età giovanile.Ed è proprio in questo tipo <strong>di</strong> pazienti, che quin<strong>di</strong> a causa dellʼetà,possono più frequentemente andare incontro alla necessità <strong>di</strong> unarevisione protesica, che trova forse la principale in<strong>di</strong>cazione lʼimpiego<strong>di</strong> protesi <strong>di</strong> rivestimento.Tali protesi, almeno per quello che riguarda la componente omerale,si basano su una minima resezione della testa omerale, preservandoneintatte le tuberosità, con risultati pubblicati in letteraturasovrapponibili a quelli delle protesi anatomiche 59 .PROTESI MODULARIAlla luce <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>verse possibilità risulta evidente come èimportante avere a <strong>di</strong>sposizione non solo una protesi modulare, maun “sistema” che permetta <strong>di</strong> poter facilmente passare anche durantela procedura chirurgica da un tipo <strong>di</strong> protesi ad un altro.Esistono infatti sistemi protesici modulari, basati su uno steloomerale e su una protesi glenoidea metal-back su cui è possibileimpiantare un collo ed una testa omerale anatomica e un inserto inpolietilene, in modo da avere una protesi totale, piuttosto che unaglenosfera e un inserto inverso in modo da ottenere una protesiinversa, o ancora, evitando <strong>di</strong> impiantare la glenoide, ottenendouna endoprotesi (Fig. 4).Ciò rende più facile lʼadattarsi alle <strong>di</strong>verse patologie e semplificanotevolmente lʼeventuale revisione protesica 42 .CONCLUSIONI“The results of properly performed shoulder arthroplasties aresuperior to those of other joints, not only on range of motion andfunction, but also in durability” (C.S. Neer, 1990).Questa frase fu probabilmente pronunciata in un momento <strong>di</strong> entusiasmodal grande chirurgo americano.Come abbiamo visto la storia della protesi <strong>di</strong> spalla è ormai ultracentenariae enormi sono stati i progressi compiuti in particolarenegli ultimi decenni.S128


A. Castagna et al.Fig. 4. Sistema modulare SMR Lima.Lʼottimismo e la sod<strong>di</strong>sfazione sono quin<strong>di</strong> giustificati ma nondevono nascondere lʼevidenza <strong>di</strong> molti problemi ancora aperti e<strong>di</strong>rrisolti che rendono i risultati della chirurgia <strong>di</strong> protesizzazioneancora fortemente con<strong>di</strong>zionati da numerose variabili alcune legatealla con<strong>di</strong>zione patologica <strong>di</strong> partenza, altre alla tecnica chirurgica,altre ancora alle caratteristiche dellʼimpianto adottato e d infinealtre ad elementi ancora non del tutto noti e co<strong>di</strong>ficati.Lo stu<strong>di</strong>o attento e critico dei risultati deve essere quin<strong>di</strong> la guidanel procedere della ricerca finalizzata al miglioramento dei risultati,ovvero la progressiva riduzione delle complicanze tecniche (mobilizzazionedellʼimpianto, instabilità articolare, usura), dei risultaticlinici (riduzione della libertà articolare, la parziale persistenza deisintomi) e <strong>di</strong> altri rischi chirurgici correlati quali lʼinfezione.Tutti questi problemi, purtroppo, appartengono alla potenzialeesperienza <strong>di</strong> chiunque si avvicini a questa chirurgia che devepertanto essere affrontata con adeguata preparazione (tecnica e culturale),con prudenza (evitando abuso dellʼin<strong>di</strong>cazione) e cautela(informando il paziente dei limiti intrinseci a questa chirurgia).Infine la con<strong>di</strong>visione onesta delle esperienze e la stessa perseveranzache ci hanno mostrato i nostri predecessori consentiranno <strong>di</strong>proseguire nel processo <strong>di</strong> perfezionamento che trasformi quellafrase <strong>di</strong> Neer da sogno a realtà.BIBLIOGRAFIA1Pean JE. 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Disegno e selezione dell’impianto protesico <strong>di</strong> spalla38Szabo I, Buscayret F, Bradley ET, et al. Ra<strong>di</strong>ographic comparison oftwo glenoid prepapration techiniques in total shoulder arthroplasty. ClinOrthop 2005;431:104-10.39Cofield RH. Uncemented total shoulder arthroplasty. A review. Clin Orthop1994;307:86-93.40Boileau P, Avidor C, Krishnan SG, et al. Cemented polyethylene versusuncemented metal-backed glenoid components in total shoulder arthroplasty:a prospective, double-blind, randomized study. J Shoulder ElbowSurg 2002;11:351-9.41Martin SD, Zurakowsky D, Thornhill TS. Uncemented glenoid componentin total shoulder arthroplasty. Survivorship and outcomes. J Bone JointSurg Am 2005;87:1284-92.42Castagna A. Ra<strong>di</strong>ological outcomes at a mid term follow-up using a cementlessmetal-backed glenoid implant. X ICSS Sept 16-20, 2007 Costa doSauipè, Brasil.43Cofield RH. Total shoulder arthroplasty with the Neer prosthesis. J BoneJoint Surg Am 1984;66:899-906.44Wirth MA, Tapsscott RS, Southworth C, et al. Treatment of glenohumeralarthritis with a hemiarthroplasty: a minimum five-year follow-up outcomestudy. J Bone Joint Surg Am 2006;88:964-73.45Haines JF, Trail IA, Nuttall D, et al. The results of arthroplasty in osteoarthritisof the shoulder. J Bone Joint Surg Br 2006;88:496-501.46Edwards TB, Kadakia NR, Boulahia A. et al. A comparison of hemiarthroplastyand total shoulder arthroplasty in the treatment of primary glenohumerosteoarthritis: results of a multicenter study. J Shoulder Elbow Surg2003;12:207-13.47Gartsman GM, Roddey TS, Hammerman SM. Shoulder arthroplasty withor without resurfacing of the glenoid in patients who have osteoarthritis.Orthop Clin North Am 1998;29:423-34.48Sperling JW, Cofield RH, Rowland CM. Neer hemiarthroplasty and Neertotal shoulder arthroplasty in patients fifty years old or less. Long termresults. J Bone Joint Surg Am 1998;80:464-73.49Hasan SS, Leith JM, Campbell B, et al. Characteristic of unsatisfactoryshoulder arthroplasties. J Shoulder Elbow Surg 2002;11:431-4150Jain NB, Hocker S, Pietrobon R, et al. Total arthroplasty versus hemiarthroplastyfor glenohumeral osteoarthritis: role of provider volume. J ShoulderElbow Surg 2005;14:361-7.51Neer CS. Displaced proximal humeral fractures: treatment three-part andfour-part <strong>di</strong>splacement. J Bone Joint Surg 1970;52:1090-103.52Zyto K, Wallace WA, Frostick SP, et al. Outcomes after hemiarthroplastyfor three and four-part fractures of the proximal humerus. J Shoulder ElbowSurg 1998;7:85-9.53Frankle MA, Ondrovic LE, Markee BA, et al. Stability of tuberosity reattachmentin proximal humaeral hemiartroplasty. J Shoulder Elbow Surg2002;11:413-20.54Van Seymorter P, Stoffelen D, Fortems Y, et al. The reverse shoulder prosthesis(Delta III) in acute shoulder fractures: techinal considerations withrespect to stability. Acta Orthop Belg 2006;72:474-7.55Sanchez-Sotelo J, Cofield RH, Rowland CM. Shoulder hemiarthroplasty forglenohumeral arthritis associated with severe rotator cuff deficiency. J BoneJoint Surg Am 2001;83:1814-22.56Arntz CT, Jackins S, Matsen FA III. Prosthetic replacement of the shoulderfor the treatment of defects in the rotator cuff and the surface of the glenohumeraljoint. J Bone Joint Surg Am 1993;75:485-91.57Boileau P, Watkinson D, Hatzidakis AM, et al. Neer Award 2005: theGrammont reverse shoulder prosthesis: results in cuff tear arthritis, fracturesequelae, and revision arthroplasty. J Shoulder Elbow Surg 2006;15:527-40.58Simovitch RW, Zumstein MA, Lohri E, et al. Pre<strong>di</strong>ctors of scapular notchingin patients managed with the Delta III reverse total shoulder replacement.J Bone Joint Surg Am 2007;89:588-600.59Levy O, Copeland SA. Cementless surface replacement arthroplasty of theshoulder. J Bone Joint Surg Br 2001;83:213-21.S130


G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S131-S134Protesi <strong>di</strong> spalla: tecnica chirurgica e risultatiSurgical technique and results in shoulder arthroplastyG. Porcellini, G. Merolla, P. Pala<strong>di</strong>ni, F. Fauci, F. CampiRIASSUNTOLa protesi <strong>di</strong> spalla rappresenta il trattamento <strong>di</strong> scelta per le formeavanzate <strong>di</strong> artrosi gleno-omerale. Gli stu<strong>di</strong> condotti ai fini dellageometria protesica hanno permesso la messa a punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivimodulari adattabili alle <strong>di</strong>verse variabili anatomiche interin<strong>di</strong>viduali.I materiali utilizzati sono nettamente migliorati passando dalvitallium utilizzato nella prima protesi monoblocco nel 1951, altitanio, fino ai moderni modelli in metallo trabecolare che ottimizzanola osteointegrazione. In questo lavoro si descrive la tecnicachirurgica dʼimpianto della protesi anatomica <strong>di</strong> spalla cementatanellʼartrosi primaria. La via dʼaccesso utilizzata è la deltoidea-pettorale.Attraverso lʼutilizzo <strong>di</strong> uno strumentario de<strong>di</strong>cato si procededapprima alla osteotomia della testa omerale e alla preparazionedel canale midollare, segue il tempo glenoideo in cui la operazione<strong>di</strong> fresatura può richiedere la correzione <strong>di</strong> eventuali <strong>di</strong>morfismi.Valutata la stabilità con le componenti <strong>di</strong> prova, si impianta il<strong>di</strong>spositivo protesico definitivo. Descriviamo i risultati su unapopolazione <strong>di</strong> 70 pazienti ad un follow-up me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 5 anni.Parole chiave: spalla, protesi, tecnica chirurgicaSUMMARYArthroplasty is the treatment of choice for advanced osteoarthritisof the shoulder. Current stu<strong>di</strong>es on prosthetic geometry have led tothe development of modular devices which can be adapted to thevarious characteristics of the joint to be replaced. The materialsused have also changed better, from Vitallium, used in the first“monoblock” prosthesis in 1951, to titanium, and on to modernmodels, which incorporate trabecular metal (TM) to optimisebone integration. In this paper we describe the surgical techniqueof shoulder anatomical prostheses in primary gleno-humeral osteoarthritis.We use a delto-pectoral approach. Specific instrumentsallow us to perform head resection exactly in correspondence withthe anatomical neck, followed by preparation of medullary canal.U.O. Chirurgia Ortope<strong>di</strong>ca della Spalla e del Gomito, Ospedale “D. Cervesi”,Cattolica (Rimini)In<strong>di</strong>rizzo per la corrispondenza:Prof. Giuseppe Porcellini, U.O. Chirurgia Ortope<strong>di</strong>ca della Spalla e del Gomito,Ospedale “D. Cervesi”, via L. Van Beethoven 1, 47841 Cattolica (RN). Tel.: +390541 966383; fax: +39 0541 966385; e-mail: gporcellini@tin.itGlenoid procedure requires surface reamed to correct glenoid orientation.We evaluate shoulder stability using trials and then weimplant the definitive prosthetic devices. We describe the results ata minimum 5 years follow-up.Key words: shoulder, prosthesis, surgical techniqueINTRODUZIONELʼartroplastica <strong>di</strong> spalla costituisce il trattamento standard perlʼosteoartrosi avanzata. Fin dallʼoriginale descrizione della primaprotesi <strong>di</strong> spalla monoblocco impiantata da Neer 1 nel 1974numerosi passi in avanti sono stati compiuti con la messa apunto <strong>di</strong> “design” protesici con modulari adattabili nella taglia,nellʼaccoppiamento stelo-testina e con variabile morfologia delcorpo protesico. Stu<strong>di</strong> rigorosi sulla spalla rilevanti ai fini dellageometria protesica non sono cominciati prima del 1990, quando èstata <strong>di</strong>mostrata la estrema variabilità anatomica interin<strong>di</strong>viduale 2-5mentre recenti lavori <strong>di</strong>mostrano come la progressiva per<strong>di</strong>ta dellafunzione propriocettiva G/O indotta dal processo artrosico, risultanettamente migliorata dopo lʼimpianto <strong>di</strong> una protesi quale effettodel ripristino della congruità articolare 6 7 . Anche i materiali si sonoevoluti negli anni passando dal vitallium, utilizzato nella primaprotesi monoblocco nel 1951, al titanio fino ai moderni modelliche incorporano metallo trabecolare (TM) in grado <strong>di</strong> ottimizzarelʼosteointegrazione 4 . In questo lavoro descriviamo la tecnicachirurgica della protesi anatomica cementata <strong>di</strong> spalla e i risultatidel trattamento su una popolazione <strong>di</strong> 70 pazienti ad un follow-upme<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 5 anni.TECNICA CHIRURGICAVia dʼaccessoLʼintervento viene condotto col paziente in posizione beach-chairsotto anestesia generale e blocco nervoso periferico interscalenico.La via <strong>di</strong> accesso è la deltoideo-pettorale. Lʼincisione inizialateralmente allʼapice della coracoide e prosegue lungo la superficieanteriore verso lʼinserzione omerale del deltoide (Fig. 1a). Siricerca la vena cefalica che decorre nel solco deltoideo-pettorale ela si carica lateralmente assieme al deltoide (Fig. 1b) Talora puòrendersi necessario un release della porzione superiore dellʼinserzioneten<strong>di</strong>nea del gran pettorale per 1 o 2 cm allo scopo <strong>di</strong>migliorare lʼesposizione articolare. Mantenendo lʼarto in rotazioneesterna, si isola il capo lungo del bicipite e si espone il ten<strong>di</strong>ne delmuscolo sottoscapolare me<strong>di</strong>almente al solco bicipitale; si poneS131


Protesi <strong>di</strong> spalla: tecnica chirurgica e risultatiun punto <strong>di</strong> repere sul sottoscapolare e losi <strong>di</strong>stacca dalla piccola tuberosità 8 eventualmenteassociato ad una bratta ossea9, oppure sʼincide trasversalmente a tuttospessore lungo il suo ventre ten<strong>di</strong>neo aduna <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa 1 cm dallʼinserzione(Fig. 1c). Nelle manovre e nelle incisionisul ten<strong>di</strong>ne del sottoscapolare occorre fareattenzione al nervo ascellare che decorresulla superficie del muscolo e lo circondain basso, <strong>di</strong>rigendosi posteriormente attraversolo spazio quadrangolare. Il nervova identificato palpatoriamente facendoscorrere il polpastrello lungo la superficieanteriore del sottoscapolare. Completatala <strong>di</strong>ssezione della borsa S/A e della basedella coracoide, si isola la cuffia dei rotatoricon un punto <strong>di</strong> repere sul sovraspinato;rimossa accuratamente la capsula si giungeal piano articolare ove si procede a lussarela testa omerale con manovre <strong>di</strong> estensione e rotazione esterna.Fig. 1a-c. accesso deltoideo pettorale.Fase omeraleRimossi con accuratezza tutti gli osteofiti, si perfora la testaomerale con un puntale nel cosiddetto hinge point, 1 cm superome<strong>di</strong>almenteal solco bicipitale (Fig. 2a) e da qui si penetra nelcanale midollare per mezzo <strong>di</strong> una guida graduata sulla quale,successivamente, si monteranno le maschere per il taglio cheforniranno precisi riferimenti per quanto concerne lʼaltezza craniocaudaledellʼimpianto, la sua retro-antiversione e il varo-valgismo(Fig. 2b). Lʼosteotomia della testa è condotta esattamente incorrispondenza del collo anatomico, iniziando dal lato caudale.Si passa poi allʼalesaggio del canale con frese a mano <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametroprogressivamente crescente, quin<strong>di</strong>, con raspe <strong>di</strong> varia taglia si creauno scasso adatto per accogliere la componente protesica. È benevalutare opportunamente il <strong>di</strong>ametro della fresa in relazione a quellodel canale per evitare <strong>di</strong> sottoporre lʼomero ad eccessivi stresstorsionali che potrebbero portare a fratture <strong>di</strong>afisarie specialmentenel soggetto anziano e osteoporotico. Sʼinserisce lo stelo <strong>di</strong> provaosservando attentamente il grado <strong>di</strong> retroversione: con il braccio inrotazione neutra il morse taper dello stelo dovrebbe essere orientatoverso il centro della glenoide. Posizionato lo stelo si scegliela testa protesica più simile alla anatomiaomerale <strong>di</strong> partenza (<strong>di</strong>mensione e formadella testa asportata). Le protesi <strong>di</strong> ultimagenerazione sono fornite <strong>di</strong> testine conoffset variabile che consentono un adattamentoalle <strong>di</strong>verse variabili anatomiche.Inserita la testa <strong>di</strong> prova si procede allemanovre <strong>di</strong> riduzione valutando i rapportiarticolari. Infatti, se la protesi è impiantataeccessivamente bassa si rischia <strong>di</strong> creareuna abnorme prominenza relativa del trochitecon secondario conflitto sottoacromialese, viceversa, lʼimpianto risulta altosi crea un tensionamento eccessivo sul ten<strong>di</strong>ne del sovraspinatoche può dare dolore. La stabilità dellʼimpianto viene valutata conle manovre <strong>di</strong>namiche del cassetto anteriore e posteriore. Il ROMnon dovrebbe essere inferiore a 90° in intrarotazione, a 120° inelevazione e a 30° in rotazione esterna. Rimosse le componenti <strong>di</strong>prova si passa al tempo glenoideo.Fase glenoideaLa preparazione della glenoide richiede il riconoscimento e lacorrezione <strong>di</strong> eventuali <strong>di</strong>morfismi. La glenoide ha una morfologiaa pera, inclinata <strong>di</strong> 10° superiormente o inferiormente. Lʼerosioneglenoidea superiore si osserva nellʼartrite reumatoide. Nelle rotturemassive della cuffia dei rotatori la risalita della testa omerale controin<strong>di</strong>cala protesizzazione della glenoide perché il carico eccentricoche si sviluppa determina un effetto basculamento (rocking horse)10 che favorisce lo scollamento protesico. Vista sul piano assialela glenoide presenta un andamento perpen<strong>di</strong>colare allʼasse dellascapola o con lieve retroversione <strong>di</strong> circa 7°. Variabili morfologiedella glenoide sono state descritte nellʼartrosi gleno-omerale 11-13che si accompagna solitamente ad unʼusura posteriore asimmetricadella glenoide. Lʼusura glenoidea nel piano orizzontale che abbiadeterminato una retroversione superiore a 10° va corretta sempreFig. 2a, b. “hinge point” (a) e maschere <strong>di</strong> taglio per l’osteotomia della testa (b).S132


G. Porcellini et al.con alesaggi simmetrici ed asimmetrici prima<strong>di</strong> procedere allʼimpianto. Per esporrela glenoide lʼarto viene posto in abduzione<strong>di</strong> 70-90°, extrarotazione e flessioneposizionando un retrattore <strong>di</strong> Fukuda sullaglenoide per sublussare lʼomero posteriormente.Rimossa la capsula e tutto il cercinea 360°, si asportano gli osteofiti per definirelʼorientamento della superficie articolaredella glenoide ed identificare il centro dellaglena. Si realizza un primo foro <strong>di</strong> centratura(Fig. 3a) e si fresa la superficie con unalesatore per esporre lʼosso subcondrale erendere la superficie ossea omogenea permettendoun efficace legame osso-protesi(Fig. 3b). In questa fase vanno corretti ivizi <strong>di</strong> orientamento della glenoide. Conopportuno strumentario si preparano i foriper accogliere i sistemi <strong>di</strong> ancoraggio dellaglenoide protesica (chiglia o peg) (Fig. 3c).La <strong>di</strong>mensione del raggio <strong>di</strong> curvatura dellaglenoide protesica è prevista in funzionedella geometria della testa omerale scelta:occorre riprodurre la <strong>di</strong>fferenza del raggio<strong>di</strong> curvatura esistente fisiologicamente tratesta e glena (mismatch) per minimizzarela possibilità <strong>di</strong> uno scollamento tar<strong>di</strong>vodelle componenti (Fig. 3d). Giunti a questo punto, pratichiamo conuna punta da trapano <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni delle perforazioni lungotutta la superficie della glenoide per realizzare successivamenteuna buona integrazione fra osso, cemento e polietilene (Fig. 3e). Siposiziona la componente <strong>di</strong> prova scelta e si cerca <strong>di</strong> ottenere giàprima della cementazione una buona stabilità intrinseca (Fig. 3f).Assemblaggio delle componenti protesicheSi rimuove la componente <strong>di</strong> prova e si inietta il cemento nei foriper la chiglia o per i pegs (Fig. 4a). Si impatta il cemento conlʼapposito strumentario de<strong>di</strong>cato, ripetendo lʼapplicazione nei forie si impianta a pressione la protesi glenoidea attendendo il consolidamentodel cemento (Fig. 4b, c). Si posiziona la testa <strong>di</strong> provaomerale e si riduce per controllare la tensione delle parti molli, le<strong>di</strong>mensioni e lʼoffset della testa, i nuovi rapporti articolari con laprotesi <strong>di</strong> glenoide impiantata e il ROM ottenibile. La testa omeraleideale dovrebbe permettere un cassetto anteriore e posteriore nonsuperiore al 50% sotto stress, con un ritorno in giusta posizioneelastico. Si trae il sottoscapolare verso lʼinserzione ossea sul trochineper valutarne il grado <strong>di</strong> tensione. Valutati questi parametrisi rimuovono le componenti omerali provvisorie e si passano 4 o5 fili <strong>di</strong> sutura robusti attraverso il collo dellʼomero per reinserireil sottoscapolare. Se si è scelta una protesi cementata inseriamo iltappo endomidollare (che può essere a seconda dei casi riassorbibile,non riassorbibile, o ottenuto da una porzione <strong>di</strong> osso spugnoso)dopo averne valutato la <strong>di</strong>mensione corretta, poi si aspira il canalee si effettua un accurato lavaggio. Si inietta il cemento a pressionee si introduce lo stelo riproducendo la versione corretta misurataFig. 3a-f. fase <strong>di</strong> preparazione glenoidea con la componente <strong>di</strong> prova.Fig. 4a-c. cementazione (a-b) e impianto della componente glenoidea definitiva (c).in precedenza (Fig. 5a). Si attende la consolidazione del cemento,si inserisce la testa <strong>di</strong> prova nuovamente per controllare una volta<strong>di</strong> più lʼoffset, la tensione del sottoscapolare e della cuffia (Fig.5b) e il ROM. Si rimuove la prova e sʼimpianta la testa definitivafacendo attenzione a riprodurre lʼoffset valutato in precedenza (Fig.5c). Si riduce la spalla. Si chiude lʼintervallo dei rotatori alla basee si sutura il sottoscapolare (Fig. 6a, b). Si ripetono le manovre <strong>di</strong>cassetto anteriore posteriore e inferiore per valutare la stabilità dellʼimpiantoe lʼarticolarità ottenuta. La tensione della capsula è valutatasorreggendo il braccio abdotto a 90° con il gomito flesso a 90°e osservando il grado <strong>di</strong> rotazione che lʼavambraccio sospeso tendead assumere in questa posizione. Si ricontrolla lo stato del nervoascellare anteriormente, si posiziona un drenaggio sottodeltoideo esi sutura per piani posizionando il braccio in tutore antirotatorio.RISULTATIDal gennaio 2001 al <strong>di</strong>cembre 2006 presso la nostra UnitàOperativa <strong>di</strong> Chirurgia della Spalla e del Gomito, sono state eseguite198 artroplastiche <strong>di</strong> spalla. In questo stu<strong>di</strong>o abbiamo arruolato70 pazienti, 29 maschi (41,4%), 41 femmine (58,6%) con <strong>di</strong>agnosi<strong>di</strong> artrosi primaria, trattati con protesi anatomica cementata totale<strong>di</strong> spalla. I pazienti sono stati valutati con il Constant-Murlay score14e lʼASES score 15 da parte <strong>di</strong> 3 osservatori in<strong>di</strong>pendenti. Il followupme<strong>di</strong>o è stato <strong>di</strong> 60 mesi (min. 56; max. 64). Lʼanalisi statisticaè stata condotta utilizzando il test t <strong>di</strong> Student per campioni autoaccoppiatied intervalli <strong>di</strong> confidenza al 95% (IC 95%; p < 0,05). Perlʼanalisi della variabilità inter-osservatore abbiamo impiegato ilS133


Protesi <strong>di</strong> spalla: tecnica chirurgica e risultaticoefficiente <strong>di</strong> correlazione <strong>di</strong> Pearson. IlConstant-Murlay score è passato da valorime<strong>di</strong> preoperatori <strong>di</strong> 21,5 + 13,4 a valoripost-operatori <strong>di</strong> 70,2 + 11,4 (p < 0,05).Il punteggio ASES postoperatorio è incrementatoin me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 53,2 + 7,4 (p < 0,05).Il coefficiente <strong>di</strong> correlazione <strong>di</strong> Pearson hamostrato valori prossimi ad 1 in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> unastretta correlazione tra le 3 osservazioniin<strong>di</strong>pendenti.Fig. 5a-c. posizionamento dello stelo (a), testina <strong>di</strong> prova (b) e testa protesica definitiva (c).BIBLIOGRAFIA1Neer CS. Replacement arthroplasty for glenohumeralosteoarthritis. J Bone Joint Surg Am1974;56:1-13.2Ballmer FT, Romeo AA, Matsen FA. Humeralprosthetic arthroplasty: surgically relevant considerations.J Shoulder Elbow Surg 1993;2:296-304.3Parsons IM, Campbell B, Titelman RT, etal. Characterizing the effect of <strong>di</strong>agnosis onpresenting deficit and outcomes after totalshoulder arthroplasty. J Shoulder Elbow Surg2005;14:575-84.4Pearl ML. Proximal humeral anatomy in shoulderarthroplasty: Implications for prosthetic Fig. 6a, b. sutura del sottoscapolare.design and surgical technique. J ShoulderElbow Surg 2005;14:S99-104.5Haines JF, Trail IA, Nuttall D, et al. The results of arthroplasty in osteoarthritisof the shoulder. J Bone Joint Surg Br 2006;88B:496-501.6Cuomo F, Birdzell MG, Zuckerman JD. The effect of degenerative arthritisand prosthetic arthroplasty on shoulder proprioception. J Shoulder ElbowSurg 2005;14:345-8.7Walch G, Badet R, Boulahia A, et al. Morphologic study of the glenoid inprimary glenohumeral osteoarthritis. J Arthroplasty 1999;14:756-60.8Neer CS. Glenohumera! arthroplasty design. In: Shoulder reconstruction.1st ed. Philadelphia: Saunders 1990: 146-60.9Gerber C, Ghalambor N, Warner JJ. Instability of shoulder arthroplasty:balancing mobility and stability. Orthop Clin North Am 2001;32:661-70.10Walch G, Boulahia A, Boileau P, et al. Primary glenohumeral osteoarthritis:clinical and ra<strong>di</strong>ographic classification. The Aequalis Group. ActaOrthop Belg 1998;64(Suppl.2):46-52.11Boileau P, Walch G. Varus shoulder prosthesis: error or necessity? JShoulder Elbow Surg 1996;62:186.12Boileau P, Walch G. The three-<strong>di</strong>mensional geometry of the proximalhumerus: implications for surgical technique and prosthetic design. J Boneand Joint Surg 1997;75B:857-65.13Boileau P, Avidor C, Krishnan SG, et al. Cemented polyethylene versusuncemented metal-backed glenoid components in total shoulder arthroplasty:a prospective, double-blind, randomized study. J Shoulder ElbowSurg 2002;11:351-9.14Constant CR, Murley AH. A clinical method of functional assessment of theshoulder. Clin Orthop 1987;214:160-4.15Richards RR, An KN, Bigliani LU et al. American shoulder and elbow surgeons:a standar<strong>di</strong>zed method for the assessment of the shoulder function. JShoulder Elbow Surg 1994;3:347-52.S134


G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S135-S138Protesi d’anca con accoppiamento articolare in ceramicaCeramic total hip arthroplastyF. Traina, F. Giar<strong>di</strong>na, M. De Fine, E. Tassinari, F. Bion<strong>di</strong>, A. Galvani, B. Bor<strong>di</strong>ni, A. ToniRIASSUNTOPer ridurre lʼincidenza <strong>di</strong> osteolisi ed il fallimento a lungo terminedelle protesi dʼanca sono stati introdotti nuovi materiali <strong>di</strong> accoppiamentoarticolare. La ceramica per le sue proprietà tribologicheha <strong>di</strong>mostrato sperimentalmente una migliore resistenza allʼusurarispetto ad accoppiamenti metallo-polietilene. Scopo <strong>di</strong> questolavoro è analizzare retrospettivamente la nostra esperienza con protesicon accoppiamento in ceramica Biolox Forte. Dal 1995 al 2006sono state impiantate 3024 protesi con ceramica Biolox Forte. A11 anni la sopravvivenza è del 99,2%, la percentuale <strong>di</strong> fallimentidovuti a rottura delle componenti in ceramica dello 0,19%. Inoltre,lʼincidenza <strong>di</strong> lussazione reci<strong>di</strong>vante della protesi è risultata dello0,46% e solo dello 0,08% se lo stelo era <strong>di</strong> tipo modulare.In base a questi risultati riteniamo lʼaccoppiamento articolare inceramica molto affidabile e garanzia <strong>di</strong> successo a lungo termine.Parole chiave: protesi dʼanca, ceramica, risultati a lungo termineSUMMARYTo reduce the incidence of osteolysis and long term failure of totalhip arthroplasty, new hard bearing surfaces have been introduced.Experimentally, ceramic has shown a lower wear rate than metal onpolyethylene coupling. Aim of this study was to review our clinicalexperience with Biolox Forte ceramic prostheses. Between 1995and 2006, 3024 Biolox Forte ceramic hips have been implante<strong>di</strong>n our Department. At 11 years follow-up, implant survival was99.2%, failures due to ceramic fracture occurred in 0.19% of thecases. Recurrent <strong>di</strong>slocation was recoded in 0.46% of the cases, an<strong>di</strong>n 0.08% of the cases when a modular hip was used. The results ofthis study show that ceramic is a viable and successful solution ata long term follow-up.Key words: hip prosthesis, ceramic, long term outcomesPrima Divisione <strong>di</strong> Ortope<strong>di</strong>a e <strong>Traumatologia</strong>, Istituti Ortope<strong>di</strong>ci Rizzoli, BolognaIn<strong>di</strong>rizzo per la corrispondenza:Prof. Francesco Traina, Laboratorio <strong>di</strong> Tecnologia Me<strong>di</strong>ca, Prima Divisione <strong>di</strong>Ortope<strong>di</strong>a e <strong>Traumatologia</strong>, Istituti Ortope<strong>di</strong>ci Rizzoli, via <strong>di</strong> Barbiano 1/10,40136 Bologna. Tel.: +39 051 6366550; fax: +39 051 6366863; e-mail:traina@tecno.ior.itINTRODUZIONELʼaccoppiamento articolare metallo-polietilene rimane la soluzionepiù frequentemente impiegata nella chirurgia protesica dellʼanca.Ciò nonostante numerosi stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato che lʼosteolisiindotta dallʼusura del polietilene è la causa più frequente <strong>di</strong> fallimentoa lungo termine delle protesi dʼanca 1 .I materiali ceramici sono stati introdotti nella chirurgia protesicadellʼanca per risolvere il problema dellʼusura riscontrata conaccoppiamenti metallo-polietilene. Per le loro caratteristiche <strong>di</strong>durezza e bagnabilità <strong>di</strong> superficie, si pensava che le ceramichepotessero garantire dei buoni risultati clinici a lungo termine. Laprima esperienza riportata con protesi dʼanca in ceramica è quella<strong>di</strong> Boutin 2 in Francia, in Italia furono per la prima volta utilizzatepresso lʼIstituto Ortope<strong>di</strong>co Rizzoli nel 1975 3 . Le prime protesiavevano coppe <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni (più <strong>di</strong> 58 mm), in ceramicamonolitica, ed erano fissate <strong>di</strong>rettamente allʼosso senza impiego <strong>di</strong>cemento. Queste mostrarono però segni <strong>di</strong> mobilizzazione precocea causa delle scarsa propensione della ceramica allʼosteointegrazione4 .Lʼesperienza clinica presso la nostra Divisione con protesi conaccoppiamento articolare in ceramica ha avuto inizio nel 1985,con un modello protesico che avrebbe dovuto superare i problemimanifestatisi nelle esperienze precedenti. La protesi presentava unacoppa acetabolare in allumina, ricoperta da una superficie porosa<strong>di</strong> allumina 3-D ed aveva allʼequatore una filettatura in titanio perlʼintegrazione con lʼosso. Questa coppa era accoppiata con unaprotesi con testina modulare in ceramica. La prima serie era fatta <strong>di</strong>Ostalox, una ceramica che ha poi rivelato scarse proprietà biomeccaniche,la seconda serie aveva la testina in Biolox e la coppa inOstalox, infine la terza serie aveva un accoppiamento <strong>di</strong> Biolox-Biolox con una testina <strong>di</strong> 32 mm. Lʼevoluzione dei materiali avevaportato ad un miglioramento delle proprietà <strong>di</strong> resistenza alla rotturadelle componenti ceramiche, ma il cotile avvitato non riusciva agarantire dei buoni risultati <strong>di</strong> sopravvivenza a lungo termine 5 . Dal1994, lʼevoluzione delle proprietà meccaniche della ceramica hapermesso <strong>di</strong> realizzare un cotile con inserto modulare in ceramica:la coppa acetabolare poteva essere in lega <strong>di</strong> titanio, emisfericae con una fissazione allʼosso a press-fit. Lʼinserto modulare era<strong>di</strong> allumina Biolox Forte, allʼinizio accoppiato con una testina <strong>di</strong>28 mm Biolox ed in seguito con una testina <strong>di</strong> 28 mm in BioloxForte. Dal <strong>di</strong>cembre 2004, in fine, lʼevoluzione delle tecnologie <strong>di</strong>produzione ci ha permesso <strong>di</strong> utilizzare protesi con accoppiamentoarticolare in Biolox Forte o Delta con <strong>di</strong>ametri della testina <strong>di</strong> 32e 36 millimetri.S135


Protesi d’anca con accoppiamento articolare in ceramicaÈ scopo <strong>di</strong> questo lavoro presentare i nostri 11 anni <strong>di</strong> esperienzacon protesi ad accoppiamento articolare ceramica-ceramica BioloxForte.MATERIALI E METODIDa agosto 1995 a <strong>di</strong>cembre 2006, in 2741 pazienti sono stati eseguiticonsecutivamente 3024 interventi primari <strong>di</strong> protesi dʼancacon accoppiamento articolare in ceramica Biolox Forte. In 1821casi la protesi è stata impiantata in una donna (60,2%), in 1203 inuomini (39,8%). Lʼetà me<strong>di</strong>a allʼintervento era <strong>di</strong> 60,5 anni (14-93) con 238 protesi impiantate in pazienti con meno <strong>di</strong> 40 anni(7,9%). In 299 casi (9,9%) la protesi è stata impianta in pazientiobesi (BMI > 30).La <strong>di</strong>agnosi preoperatoria era coxartrosi secondaria a <strong>di</strong>splasiacongenita delle anche nel 18,7% (561) dei casi (Tab. I).In 504 casi abbiamo utilizzato una protesi con stelo monoblocco,in 2521 casi una protesi con stelo con collo modulare (Tab. II),inoltre, dal 2004 abbiamo avuto a <strong>di</strong>sposizione protesi con testine<strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro 32 mm (a partire da una coppa <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro 46) e 36 mm(per coppe <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro superiore a 50 mm) (Fig. 1).Lʼanalisi della sopravvivenza delle protesi è stata valutata secondola meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Kaplan e Meier. I risultati ottenuti con protesi modularisono stati confrontati con quelli con protesi monoblocco.RISULTATIAbbiamo registrato in corso <strong>di</strong> ricovero quattro decessi per collassocar<strong>di</strong>ovascolare nel periodo postoperatorio (0,1%). Abbiamo avuto13 complicazioni intraoperatorie (0,4%), 84 postoperatorie locali(2,8%) e 166 postoperatorie generali (5,5%) (Tab. III).In corso <strong>di</strong> ricovero sono state registrate 13 lussazioni protesiche, 5(su 504 casi pari allo 0,98%) con protesi monoblocco e le restanti8 (su 2521 casi pari allo 0,32%) con protesi a collo modulare. La<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> incidenza fra le 2 popolazioni è statisticamente significativa(p = 0,05).Ad un follow-up <strong>di</strong> 11 anni, 42 protesi su 3024 (3,2%) sono andateincontro a revisione <strong>di</strong> una delle componenti, tra queste 32 su 2521(1,2%) erano protesi modulari, 10 su 504 (2%) monoblocco.In 13 casi il fallimento è avvenuto per mobilizzazione asettica, in 3per mobilizzazione settica, in 14 casi per lussazione ricorrente (12con protesi monoblocco p < 0,05), in 6 per frattura periprotesica e<strong>di</strong>n 6 casi per rottura della ceramica (4 inserti e 2 testine).La sopravvivenza a 11 anni è 99,2% con protesi modulari e 98,9%con protesi monoblocco. La <strong>di</strong>fferenza fra le 2 popolazioni non èstatisticamente significativa (p = 0,876, test <strong>di</strong> Wicoxon) (Fig. 2).DISCUSSIONELa scelta dellʼaccoppiamento articolare migliore per la protesidʼanca è ancora molto <strong>di</strong>battuto nella comunità scientifica 6 . Ilvantaggio teorico della ceramica rispetto agli altri materiali <strong>di</strong>accoppiamento articolare, è attribuito alle sue eccezionali proprietàtribologiche <strong>di</strong> resistenza allʼusura e <strong>di</strong> bagnabilità <strong>di</strong> superficie 7 .Lʼusura lineare <strong>di</strong> un accoppiamento ceramica-ceramica è statoTab. I. Diagnosi preoperatoria della popolazione in esame. Si noti l’elevata incidenza<strong>di</strong> <strong>di</strong>splasia congenita dell’anca (DCA): 18,7%. Questo dato è particolarmentesignificativo in quanto questi pazienti giungono all’interveto <strong>di</strong> protesi d’anca ad unetà giovanile, sottoponendo la protesi e quin<strong>di</strong> l’accoppiamento articolare in ceramicaa stress maggiori rispetto a pazienti anziani con minori richieste funzionali.Diagnosi Frequenza PercentualeArtrosi primaria 1773 58,6Esiti DCA 566 18,7Artrosi post traumatica 196 6,5Necrosi testa femore 180 6,0Fratture collo femore 129 4,3Artriti reumatiche 91 3,0Esiti coxite settica 19 0,6Esiti epifisiolisi 11 0,4Esiti Perthes 11 0,4Tumori 8 0,3Altro 40 1,3Totale 3024 100Tab. II. Tabella descrittiva degli steli protesici impiantati. La popolazione èstata sud<strong>di</strong>visa in base alla presenza o assenza <strong>di</strong> modularità (collo modulare).La percentuale molto più elevata <strong>di</strong> protesi modulari rispecchia i migliori risultati<strong>di</strong> affidabilità che queste protesi hanno garantito rispetto alle protesi monoblocco,in termini <strong>di</strong> incidenza <strong>di</strong> complicazioni quali la lussazione protesica, e la rotturadella ceramica (ve<strong>di</strong> testo). Inoltre, le protesi modulari permettono <strong>di</strong> recuperarein maniera ottimale l’offset femorale, obiettivo non sempre ottenibile con protesimonoblocco.Stelo Frequenza PercentualeModulareAnca Fit Wright 1646 54,4Apta Adler 695 23,0Anca Fit Clu Wright 150 5,0Alata Acuta S Adler 29 1,0Recta Adler 1 0,03Totale modulari 2521 83,4MonobloccoAnca Cremascoli 394 13,0Conus Zimmer 84 2,8Mayo Zimmer 7 0,2AHS Cremascoli 3 0,1Alloclassic sl Zimmer 3 0,1Versys fiber metal taper Zimmer 3 0,1Cls Zimmer 2 0,1Altre (< 1) 7 0,2Totale monoblocco 504 16,6Totale 3024 100<strong>di</strong>mostrato essere 4000 volte inferiore rispetto ad un accoppiamentometallo-polietilene 8 . Questi risultati sono stati confermatianche in stu<strong>di</strong> clinici a lungo termine 9 . Inoltre, è stato <strong>di</strong>mostratoS136


F. Traina et al.che la concentrazione <strong>di</strong> particelle <strong>di</strong> usura<strong>di</strong> ceramica nei tessuti periprotesici sonoventidue volte inferiori rispetto a quelle delmetallo-polietilene 10 . In questo stu<strong>di</strong>o, ad11 anni <strong>di</strong> follow-up, la ceramica ha datorisultati <strong>di</strong> sopravvivenza molto buoni e innessun caso è stata riscontrata osteolisi dausura delle componenti.La critica principale allʼuso della ceramicanelle protesi dʼanca è basata sulla suafragilità 11 . Nel presente stu<strong>di</strong>o, su 3024impianti sono state registrate 6 fratturedella ceramica (0,19%). Questo tasso moltobasso <strong>di</strong> fallimento è confermato da quantoriportato da Hamadouche ad un followup<strong>di</strong> 18,5 anni 12 . Unʼaltra riserva legataallʼimpiego della ceramica è la più elevatapercentuale <strong>di</strong> lussazioni protesiche rispettoad accoppiamenti metallo-polietilene,questa tendenza alla lussazione sarebbedovuta alla mancanza <strong>di</strong> un labbro antilussantenellʼinserto. In questa casistica, lelussazioni in corso <strong>di</strong> ricovero sono stateal <strong>di</strong> sotto del 1%, inoltre, il fallimento perlussazione reci<strong>di</strong>vante si è verificato solonello 0,46% dei casi (14 su 3024), e nella maggioranza dei casi(12 su 14) quando è stato impiegato uno stelo monoblocco. Lalussazione reci<strong>di</strong>vante della protesi è risultata essere la prima causa<strong>di</strong> fallimento delle protesi. Ad ogni modo, le protesi con collomodulare hanno ridotto in maniera drastica, e statisticamente significativarispetto alle protesi monoblocco, lʼincidenza <strong>di</strong> lussazionireci<strong>di</strong>vanti che hanno portato a reintervento (2 casi su 2521 protesipari allo 0,08% rispetto a 12 casi su 504 paria al 2,4%). Inoltre, laTab. III. Tabella descrittiva delle complicazioni registrate in corso <strong>di</strong> ricovero.Fig. 1. Percentuale <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> testine <strong>di</strong> ceramica con <strong>di</strong>ametri <strong>di</strong>versi nel corso della nostra esperienza clinica. Si noti come la <strong>di</strong>sponibilità<strong>di</strong> testine <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro maggiore a partire dalla fine del 2004, abbia comportato un progressivo abbandono delle testine in <strong>di</strong>ametro 28 mm. La<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> inserti in ceramica per testine 32 mm anche con coppe <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro piccolo (46 mm) ha ridotto drasticamente negli ultimi mesil’impiego <strong>di</strong> testine 28 mm. Le testine con <strong>di</strong>ametro maggiore sono preferibili perché garantiscono una più elevata resistenza alla rottura e<strong>di</strong>minuiscono l’incidenza <strong>di</strong> lussazioni.possibilità <strong>di</strong> utilizzare più frequentemente testine in ceramica con<strong>di</strong>ametro maggiore (32-36 mm) (Fig. 1), dovrebbe ridurre ulteriormentelʼincidenza <strong>di</strong> lussazioni protesiche 13 .Questa scarsa incidenza <strong>di</strong> complicazioni, che dovrebbero esserecaratteristiche della ceramica rispetto ad altri accoppiamenti articolari,unita allʼottima sopravvivenza ad 11 anni ed alla completa assenzain tutti i casi <strong>di</strong> osteolisi da usura, ci fa ritenere la ceramica una sceltapiù affidabile rispetto allʼaccoppiamento metallo-polietilene.Complicazioni osservate in corso <strong>di</strong> ricoveroIntra-operatorie Post-operatorie locali Post-operatorie generaliN. % N. % N. %Frattura calcar 2 0,07 Ematoma 7 0,23 Anemizzazione 9 0,3Frattura <strong>di</strong>afisi 7 0,23 Luss. protesi 13 0,4 Iperpiressia 60 2,0Paralisi SPE 13 0,4 Genito-urinarie 18 0,6Complicazioni anestesiolog. 2 0,07 T V P 9 0,3 Gastro-intestinali 21 0,7Infezione 3 0,1 Car<strong>di</strong>ovascolari 30 1,0Fattura cotile – – Paralisi crurale 7 0,2 Embolia 3 0,1Decubito 6 0,2 Collasso 3 0,1Frattura gran trocantere – – Per<strong>di</strong>te ematiche 6 0,2 Respiratorie 10 0,3Altro 2 0,07 Altro 20 0,7 Altro 12 0,4Totale 13 0,4 Totale 84 2,8 Totale 166 5,5S137


Protesi d’anca con accoppiamento articolare in ceramicaIn caso <strong>di</strong> impiego <strong>di</strong> componenti in ceramicaè necessario attenersi ad una tecnicachirurgica particolarmente precisaed accurata, perché eventuali errori delchirurgo potrebbero indurre il fallimentodella ceramica 14 . In corso <strong>di</strong> interventochirurgico è nostra consuetu<strong>di</strong>ne pulireaccuratamente i coni Morse della protesiprima dellʼaccoppiamento con la testina econ lʼinserto in ceramica, inoltre cerchiamo<strong>di</strong> evitare il contatto fra le componenti inceramica e gli strumenti chirurgici metallici.In fine, prima della riduzione definitivadella protesi, controlliamo attentamenteche non vi sia stato un errato inserimentodelle componenti modulari (soprattuttoper quanto riguarda lʼinserto acetabolare).Seguendo queste semplici raccomandazioninon abbiamo registrato unʼinfluenzadella curva <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento del chirurgosulla sopravvivenza della ceramica.In conclusione, i risultati ottenuti con testineed inserti in ceramica Biolox Forte ciinducono a ritenere questo accoppiamento articolare molto affidabilee, in unʼunione con protesi modulari, garanzia <strong>di</strong> un successodella protesi dʼanca a lungo termine.BIBLIOGRAFIA1Willert HG, Bertram H, Buchhorn GH. Osteolysis in alloarthroplasty of thehip. The role of ultra-high molecular weight polyethylene wear particles.Clin Orthop Relat Res 1990;(258):95-107.2Boutin P, Christel P, Dorlot JM, et al. The use of dense alumina-aluminaceramic combination in total hip replacement. J Biomed Mater Res1988;22:1203-32.3Paltrinieri MTC, Chiari K, Zweimüller K. Artroprotesi <strong>di</strong> anca <strong>di</strong> materialeceramico. Chir Org Mov 1976;63:409.4Willmann G. The evolution of ceramics in total hip replacement. HipInternational 2000;10:193-203.5Toni A, Sudanese A, Ciaroni D, et al. Anatomical ceramic arthroplasty(ANCA): preliminary experience with a new cementless prosthesis. ChirOrgani Mov 1990;75:81-97.6DʼAntonio J, Capello W, Manley M, et al. New experience with aluminaon-aluminaceramic bearings for total hip arthroplasty. J Arthroplasty2002;17:390-7.Fig. 2. Curva descrittiva della sopravvivenza delle protesi modulari con accoppiamento articolare in ceramica. A 11 anni la sopravvivenza è del99,2% (IC: 96,8-94,4%).7Clarke IC. Role of ceramic implants. Design and clinical success withtotal hip prosthetic ceramic-to-ceramic bearings. Clin Orthop Relat Res1992(282):19-30.8Dorlot JM, Christel P, Meunier A. Wear analysis of retrieved alumina headsand sockets of hip prostheses. J Biomed Mater Res 1989;23(Suppl.A3):299-310.9Prudhommeaux F, Hamadouche M, Nevelos J, et al. Wear of alumina-onaluminatotal hip arthroplasties at a mean 11-year follow-up. Clin OrthopRelat Res 2000(379):113-22.10Boehler M, Plenk H, Jr, Salzer M. Alumina ceramic bearings for hip endoprostheses:the Austrian experiences. Clin Orthop Relat Res 2000(379):85-93.11Skinner HB. Ceramic bearing surfaces. Clin Orthop Relat Res 1999(369):83-91.12Hamadouche M, Boutin P, Daussange J, et al. Alumina-on-alumina total hiparthroplasty: a minimum 18.5-year follow-up study. J Bone Joint Surg Am2002;84A:69-77.13Kluess D, Martin H, Mittelmeier W, et al. Influence of femoral head size onimpingement, <strong>di</strong>slocation and stress <strong>di</strong>stribution in total hip replacement.Med Eng Phys 2007;29:465-71.14Barrack RL, Burak C, Skinner HB. Concerns about ceramics in THA. ClinOrthop Relat Res 2004(429):73-9.S138


G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S139-S143Disegno e selezione dell’impianto nella protesi totale <strong>di</strong> gomitoDesign and implant selection in total elbow arthroplastyR. Rotini, D. Antonioli, A. Marinelli, E. GuerraRIASSUNTOIl miglioramento delle conoscenze anatomiche e biomeccanicherappresenta la base fondamentale dellʼevoluzione dei <strong>di</strong>segni delleprotesi <strong>di</strong> gomito (PTGo). La classificazione aggiornata delle PTGoprevede tre gruppi principali: senza cerniera (unlinked), con cerniera(linked) e convertibili (convertible). Le protesi unlinked trovanoin<strong>di</strong>cazione in casi <strong>di</strong> artropatia degenerativa (osteoartrosi ed artritereumatoide), con buona conservazione ossea e legamentosa, inpazienti giovani. Le protesi linked, le più utilizzate in Italia e negliUSA, hanno in<strong>di</strong>cazioni più ampie. Infatti, oltre che nelle patologiedegenerative, possono essere utilizzare nelle instabilità, anchilosi,pseudoartrosi e <strong>di</strong> recente sono state proposte come valida soluzioneanche nelle fratture comminute della paletta omerale in pazienti<strong>di</strong> età avanzata. Le esperienze con modelli <strong>di</strong> seconda generazione,in particolare linked, hanno tuttavia portato alla luce alcuni puntideboli <strong>di</strong> queste protesi come il tilting anteriore dello stelo omerale,lʼusura del polietilene a livello della cerniera protesica, il fenomenodel pistoning dello stelo ulnare. Una possibile soluzione a taliproblematiche può essere fornita dai modelli <strong>di</strong> terza generazioneche sono caratterizzati da una maggiore modularità ed anatomicitàdelle componenti. Tali impianti, definiti convertibili, consentono alchirurgo <strong>di</strong> scegliere il grado <strong>di</strong> vincolo interprotesico (unlinkedlinked)e semplificano lʼeventuale intervento <strong>di</strong> revisione.The improved understan<strong>di</strong>ng in elbow anatomy and biomechanichas led to advances in prosthetic design. Currently total elbow prosthesisare classified into three main groups: un-linked, linked andconvertible. Un-liked prosthesis represents an attractive alternativein younger patients affected by osteoarthritis or reumathoid arthritiswith sufficient bone stock and capsulo-ligamentous integrity. Linkeddevices, currently the gold standard in Italy and USA, are in<strong>di</strong>cate<strong>di</strong>n primary osteoarthritis and also in instability, ankylosis and <strong>di</strong>stalhumeral non-unions in low demand patients. Moreover recentlyrevisions suggest they are an effective treatment also in comminuted<strong>di</strong>stal humeral fracture in the elderly patient. Clinical reports on2 nd generation implants, especially the linked implants, have demonstratedsome critical aspects in the mechanical behaviour of theprosthesis in mid-term follow-up like anterior tilting of the humeralstem, polyethylene wear, “pistoning” of the ulnar stem. These problemsshould be decreased by the use of 3 rd generation prosthesis, the“convertible” prosthesis, more modular in components and instrumentation.The main advantage of the “convertible” implants is thepossibility, intraoperatively, to change the constrain of the implant(unlinked-linked) simplifying also the revision procedure.Key words: elbow, prosthesis, hinge, loosening, designINTRODUZIONENonostante i primi impianti <strong>di</strong> protesi <strong>di</strong> gomito siano stati eseguitigià nei primi anni ʼ40 (1942, I. Boerema e D.J. de Waard 1 ; 1948, F.Delitala, Fig. 1a, b), le protesi totali <strong>di</strong> gomito (PTGo) hanno avutoAParole chiave: gomito, protesi, cerniera, mobilizzazione, <strong>di</strong>segnoSUMMARYBSezione B, Chirurgia Ortope<strong>di</strong>co-Traumatologica, Istituti Ortope<strong>di</strong>ci Rizzoli,BolognaFig. 1. Immagine storica <strong>di</strong> in un caso <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanza ossea da scoppio <strong>di</strong> granata (a) trattatocon protesi <strong>di</strong> gomito a vincolo totale dal prof. Delitala nel 1948 (b).S139


Disegno e selezione dell’impianto nella protesi totale <strong>di</strong> gomitoun ritardo nello sviluppo del design rispettoalle protesi dʼanca, ginocchio e spalla.Dopo lʼinsuccesso dei primi modelli a vincolototale (protesi <strong>di</strong> prima generazione)con un solo grado <strong>di</strong> libertà in flesso-estensionee gravati da unʼalta percentuale <strong>di</strong>mobilizzazione precoce delle componenti,negli anni ʼ80 sono stati introdotti modelli<strong>di</strong> seconda generazione che prevedevano<strong>di</strong>segni con un vincolo inter-protesicomeno rigido.Queste protesi <strong>di</strong> gomito venivano <strong>di</strong>stintein due gran<strong>di</strong> gruppi: protesi non-vincolate(<strong>di</strong> rivestimento) e protesi semi-vincolate.I nomi commerciali dei modelli protesicipiù utilizzati nellʼultimo ventennio sonoriportati nella Tabella I.Negli ultimi anni sono stati introdottimodelli protesici definiti <strong>di</strong> terza generazione che presentanouna maggiore modularità delle componenti omero-ulno-ra<strong>di</strong>alinel tentativo <strong>di</strong> ripristinare la fisiologica cinematica del gomito.Tali modelli offrono inoltre la possibilità, conservando le stessecomponenti, <strong>di</strong> scegliere intraoperatoriamente il grado <strong>di</strong> vincolointer-protesico o convertire lo stesso in occasione <strong>di</strong> una revisioneTab. I. Principali modelli <strong>di</strong> protesi <strong>di</strong> gomito utilizzati <strong>di</strong> seconda generazione.Protesi non vincolate o <strong>di</strong> rivestimentoCapitellocondylarLondonSouter-StrathclydeSorbie-QuestorKudoPritchardsuccessiva, semplicemente aggiungendo un <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> collegamentoomero-ulnare 2 (Fig. 2).BASI ANATOMICHE E BIOMECCANICHEFig. 2. Esempio <strong>di</strong> protesi totale <strong>di</strong> gomito <strong>di</strong> terza generazione convertibile. La cerniera protesica può essere mo<strong>di</strong>ficata da unlinked (a) in linked(c) utilizzando un elemento aggiuntivo (ulnar cap [b]) sulla componente ulnare (per gentile concessione Tornier ® ).Protesi semi-vincolateCoonrad-MorreyNorwayPritchard-WalkerArizonaGSB IIILʼasse <strong>di</strong> flesso-estensione (centro <strong>di</strong> rotazione), definito dal centrogeometrico della troclea e del con<strong>di</strong>lo omerale, è orientato sulpiano frontale (a) in valgo in me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 6° (2-9°) rispetto allʼasselongitu<strong>di</strong>nale <strong>di</strong>afisario, sul piano sagittale (b) presenta un off-setanteriore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> circa 6 mm (4-8 mm) e sul piano assiale (c) èintraruotato <strong>di</strong> 5-7° rispetto alla linea intercon<strong>di</strong>loidea (Fig. 3a-c).A livello ulnare lʼasse <strong>di</strong> flesso-estensione si trova in me<strong>di</strong>a 15 mmanteriormente mentre sul piano frontale forma un angolo <strong>di</strong> 105°rispetto allʼasse <strong>di</strong>afisario ulnare.Elementi <strong>di</strong> stabilitàIl gomito normale presenta solo pochi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> lassità in varo-valgoe in rotazione.Gli elementi <strong>di</strong> stabilità primaria sono la congruenza articolareomero-ulnare ed i legamenti collaterali, in particolare la bandaanteriore del legamento collaterale me<strong>di</strong>ale (LCM) e la componenteulnare del legamento collaterale laterale (LCL).In estensione i principali elementi <strong>di</strong> stabilità in varo sono la congruenzadelle superfici articolari (55%) e il LCL (15%), mentrein valgo gli stress meccanici sono ripartiti più uniformemente sucapsula (40%), LCM (30%) e superficie articolari (30%).Assi meccanici omero-ulnari e centro <strong>di</strong> rotazioneLʼarticolazione del gomito comprende due archi <strong>di</strong> movimento: laflesso-estensione controllata dalle articolazioni omero-ulnare edomero-ra<strong>di</strong>ale e la prono-supinazione a cui contribuisce lʼarticolazionera<strong>di</strong>o-ulnare prossimale.Lʼobiettivo della sostituzione protesica totale è riprodurre il normalemovimento <strong>di</strong> flesso-estensione che avviene per un meccanismoprincipale <strong>di</strong> scivolamento e solo ai gra<strong>di</strong> estremi con unacomponente <strong>di</strong> rotolamento. Ciò <strong>di</strong>pende dal centro istantaneo<strong>di</strong> rotazione variabile (in unʼarea <strong>di</strong> circa 2-3 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro alcentro della troclea) 3 .Principio fondamentale da rispettare nella biomeccanica protesicadel gomito è ripristinare il corretto orientamento degli assi articolarisul piano coronale, sagittale ed assiale 3 4 .Fig. 3. Orientamento anatomico dell’asse <strong>di</strong> flesso-estensione del gomito a livello dell’omero <strong>di</strong>stalesui tre piani (a, b, c).S140


R. Rotini et al.Nella posizione <strong>di</strong> flessione a 90° il contributodella geometria delle superfici articolarialla stabilità in varo sale al 75%, mentrein valgo il più importante elemento <strong>di</strong>stabilità è rappresentato dal LCM (55%).Elementi secondari <strong>di</strong> stabilità statica delgomito sono invece la capsula articolare, ilcomplesso dei muscoli flessori ed estensoridel polso e lʼarticolazione omero-ra<strong>di</strong>ale.In particolare lʼintegrità della testa ra<strong>di</strong>alerappresenta un elemento <strong>di</strong> stabilità importanteallo stress in valgo in presenza <strong>di</strong>lesione del LCM 3 .Fig. 4. Esempi <strong>di</strong> mobilizzazione asettica. Effetto “tergicristallo” dello stelo omerale in protesi unlinked (a) e linked (b). Effetto pistoning dellacomponente ulnare (c)Forze <strong>di</strong> carico articolari (stress meccanici)Lo stu<strong>di</strong>o delle forze passanti attraverso lʼarticolazione del gomitosi è rivelato per i ricercatori un compito <strong>di</strong>fficile considerando le<strong>di</strong>fferenti situazioni statiche e <strong>di</strong>namiche articolari e la variabilitàdegli stress trasmessi dalla mano durante le <strong>di</strong>verse attività svolte.Ad esempio, nel sollevamento <strong>di</strong> un peso, si producono nel gomitointense sollecitazioni, pari a 3 volte il peso corporeo, generate dallʼazionesimultanea <strong>di</strong> bicipite, brachiale e brachiora<strong>di</strong>ale (versanteanteriore) e tricipite ed anconeo (versante posteriore).Nellʼutilizzo <strong>di</strong> bastoni antibrachiali o nel sollevarsi dalla posizioneseduta con ausilio delle braccia si possono raggiungere picchi <strong>di</strong>carico pari a 6 volte il peso corporeo.Stu<strong>di</strong> eseguiti su cadavere hanno inoltre evidenziato che, a gomitoesteso, il 40% del carico assiale viene trasmesso attraverso lʼarticolazioneomero-ulnare mentre il 60% sulla omero-ra<strong>di</strong>ale.Per tale motivo nellʼanalisi del <strong>di</strong>segno protesico il gomito va consideratoalla pari <strong>di</strong> unʼarticolazione sottoposta a carico.A gomito flesso gli stress meccanici convergono in senso posterioreed in presenza <strong>di</strong> protesi provocano una spinta che genera unarotazione dello stelo contro la corticale anteriore. Il persistere <strong>di</strong>tale azione porta nel tempo allo sviluppo cosiddetto effetto “tergicristallo”(Fig. 4a, b).Sono inoltre da considerare gli stress rotazionali, elevati soprattuttonella posizione <strong>di</strong> spalla abdotta 3 .CLASSIFICAZIONE DELLE PROTESI DI GOMITOPer evitare confusione nella classificazione delle PTGo è necessariofare chiarezza sui termini normalmente utilizzati in letteratura:– protesi vincolate, semivincolate e non vincolate (constrained/semiconstrained/unconstrained);– con o senza cerniera (linked/unlinked);– <strong>di</strong> rivestimento (resurfacing/unresurfacing).Occorre infatti <strong>di</strong>stinguere i termini <strong>di</strong> cerniera e <strong>di</strong> rivestimento,che sono attributi fisici della protesi, dal concetto <strong>di</strong> vincolo dellaprotesi che è un attributo biomeccanico correlato sia alla geometriadelle superfici che al grado <strong>di</strong> tensione delle parti molli (legamentie muscoli) 5 .Alcuni modelli <strong>di</strong> protesi senza cerniera (unlinked) hanno infattiuna spiccata congruenza delle superfici a livello dellʼinterfacciaomero-ulnare che conferisce un elevato vincolo.Al contrario tutte le attuali protesi con cerniera (linked), cioè conun collegamento tra componente omerale ed ulnare conservano uncerto grado <strong>di</strong> lassità articolare in varo-valgo ed in rotazione.Attualmente non esistono più sul mercato vere e proprie protesi <strong>di</strong>rivestimento (senza stelo endomidollare) poiché sono gravate daunʼalta percentuale <strong>di</strong> insuccesso nella fissazione della componenteomerale.Sono invece stati introdotti modelli protesici che consentono al chirurgola scelta <strong>di</strong> applicare o meno una cerniera tra le componenti.Il primo esempio del genere è stata la protesi Norway 6 e recentementealtri autori hanno riproposto tale design opportunamentemo<strong>di</strong>ficato 2 .Ci sembra quin<strong>di</strong> più corretta ed attuale nella pratica comune laclassificazione delle PTGo in:– protesi senza cerniera (unlinked);– protesi con cerniera (linked);– protesi convertibili (convertible).INDICAZIONE E SELEZIONE DELL’IMPIANTOLe protesi totali (unlinked o linked) rappresentano la migliore soluzionefunzionale chirurgica negli sta<strong>di</strong> più avanzati dellʼartropatia<strong>di</strong> gomito.La in<strong>di</strong>cazione alla protesi <strong>di</strong> gomito deve essere presa in considerazionein pazienti preferibilmente <strong>di</strong> età avanzata e consevera compromissione articolare che presentino dolore, rigi<strong>di</strong>tào instabilità tali da limitare lo svolgimento delle normali funzioniquoti<strong>di</strong>ane.Tali situazioni si ritrovano più comunemente in:– osteoartrosi 7 8 ;– artrite reumatoide 9 ;– pseudoartrosi dellʼomero <strong>di</strong>stale 10 ;– instabilità cronica 11 ;– rigi<strong>di</strong>tà post-traumatiche 12 .Negli ultimi anni le PTGo sono applicate con successo anche infratture comminute dellʼepifisi <strong>di</strong>stale dellʼomero nellʼanziano incui scarsa qualità ossea e comminuzione della frattura rendonomolto alto il rischio <strong>di</strong> insuccesso sia del trattamento conservativoche della sintesi 13 .Le protesi linked sono attualmente considerate negli USA il goldstandard in tutti i casi in cui esiste una significativa per<strong>di</strong>ta osseaS141


Disegno e selezione dell’impianto nella protesi totale <strong>di</strong> gomitoo deficit legamentoso. Tale soluzione mostra però chiari limiti dalpunto <strong>di</strong> vista biomeccanico: infatti nonostante il vincolo interprotesicoconservi una relativa libertà delle componenti, gli stressmeccanici si concentrano inevitabilmente sulla cerniera, causandonel tempo usura del polietilene ed a livello degli steli endomidollari,con rischio <strong>di</strong> mobilizzazione asettica 14 15 .Questi modelli sono pertanto controin<strong>di</strong>cati in pazienti <strong>di</strong> età inferiorea 60 anni e con elevata richiesta funzionale a carico del gomito.Le protesi unlinked, sviluppate principalmente in Asia ed in alcunipaesi europei, rappresentano una valida alternativa nel pazientepiù giovane in cui è importante preservare il bone stock e ridurreal minimo fenomeni <strong>di</strong> usura nellʼottica <strong>di</strong> un futuro intervento <strong>di</strong>revisione 16 17 .Una qualità ossea insufficiente ed una eccessiva lassità capsulolegamentosacostituiscono una controin<strong>di</strong>cazione assoluta allʼimpianto<strong>di</strong> questi modelli 5 18 .EVOLUZIONE DEL DESIGN PROTESICOStu<strong>di</strong> recenti hanno <strong>di</strong>mostrato che le protesi linked nei pazienticon artrite reumatoide hanno raggiunto una percentuale <strong>di</strong> sopravvivenzadegli impianti paragonabile a quella della protesi dʼanca e<strong>di</strong> ginocchio 9 .Purtroppo non è possibile pensare <strong>di</strong> ottenere risultati simili inpazienti con maggiori richieste funzionali affetti da osteoartrosiprimitiva e soprattutto post-traumatica 7 8 18 .Lʼesperienza ottenuta con i principali modelli negli ultimi duedecenni e le aumentate conoscenze anatomiche e biomeccanichehanno consentito <strong>di</strong> analizzare criticamente i singoli elementi deidesign protesici ed in<strong>di</strong>viduarne, negli anni, punti deboli e punti<strong>di</strong> forza.Componente omeraleÈ lʼelemento della protesi <strong>di</strong> gomito dove gli stu<strong>di</strong> biomeccanicihanno raggiunto le conoscenze più significative:– Lo stelo è ritenuto in<strong>di</strong>spensabile per incrementare la resistenzaalle sollecitazioni meccaniche che si sviluppano durantela flessione del gomito. Stu<strong>di</strong> recenti sembrano in<strong>di</strong>care chenon è necessario un profilo prossimale affusolato sul pianome<strong>di</strong>o-laterale o antero-posteriore perché il <strong>di</strong>ametro del canaleme<strong>di</strong>o-<strong>di</strong>afisario si mantiene pressoché costante, mentre puòessere importante soprattutto negli steli lunghi una curvatura adapice posteriore che ricalchi la anatomica curvatura <strong>di</strong>afisariaomerale 4 .– La flangia anteriore (introdotta nel 1981 nel <strong>di</strong>segno della protesiCoonrad-Morrey) con interposizione <strong>di</strong> innesto corticaleautologo, ha ridotto significativamente i problemi dellʼeffettotergicristallo dovuto alla mobilizzazione dello stelo allʼinternodel canale omerale ed attualmente i più recenti modelli protesicipresentano questo <strong>di</strong>spositivo.– Le alette laterali assieme alla flangia anteriore rappresentanouna possibile soluzione per assorbire le sollecitazioni torsionaliendomidollari.– La possibilità <strong>di</strong> variare lʼoffset anteriore si è <strong>di</strong>mostrata importanteper ripristinare in maniera più anatomica lʼasse <strong>di</strong> flessoestensionedel gomito con un guadagno sulla funzione articolareed un ottimale bilanciamento delle forze muscolari 2 .– Il ripristino del profilo anatomico del rocchetto nelle protesiunlinked si propone come la scelta migliore per conservareuna sufficiente congruenza articolare e mantenere la funzionedei legamenti collaterali ripristinando gli elementi <strong>di</strong> stabilitàprimaria.Componente ulnareLa componente ulnare è quella più complessa da posizionare inmodo corretto a causa della scarsità <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> repere anatomiciprecisi, del ridotto <strong>di</strong>ametro del canale <strong>di</strong>afisario, del ridottospessore delle corticali e delle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> cementazione. Per tuttiquesti motivi lʼincidenza <strong>di</strong> mobilizzazione asettica è attualmentemaggiore a questo livello.Il meccanismo che più frequentemente porta alla mobilizzazioneè il pistoning della componente ulnare provocato da un “effettocavatappi” che si può creare dal contatto in flessione oltre i 90° trala coronoide ed altri elementi anteriori alla cerniera protesica comeosso eterotopico, cemento, parti molli o la stessa flangia anterioredella componente omerale, con sviluppo <strong>di</strong> forze <strong>di</strong>strattive tra lostelo ulnare ed il manto <strong>di</strong> cemento endomidollare 19 (Fig. 4c).Gli accorgimenti adottati dai design più recenti per ridurre il rischio<strong>di</strong> mobilizzazione della componente ulnare sono:– uno stelo affusolato sul piano antero-posteriore e me<strong>di</strong>o-lateraleper incrementare la stabilità meccanica seguendo la conformazioneconica del canale ulnare e per ridurre i rischi <strong>di</strong> frattureintraoperatorie 4 ;– alette longitu<strong>di</strong>nali per incrementare la resistenza in torsione;– scanalature trasversali per migliorare la fissazione con il cemento.Componente ra<strong>di</strong>aleLa possibilità <strong>di</strong> applicare una componente ra<strong>di</strong>ale è prevista soloda alcuni modelli protesici. In caso <strong>di</strong> resezione della testa, soprattuttonelle protesi unlinked, è razionale ricorrere alla sostituzioneprotesica per assorbire le forze <strong>di</strong> carico omero-ra<strong>di</strong>ali e quin<strong>di</strong>ridurre gli stress (soprattutto in valgo) sul polietilene e <strong>di</strong>minuire ilrischio <strong>di</strong> usura della componente ulnare 5 .CernieraLʼassenza <strong>di</strong> un collegamento fisico fra le due componenti nelleprotesi unlinked rappresenta una valida scelta dal punto <strong>di</strong> vistabiomeccanico perché consente una <strong>di</strong>stribuzione degli stress <strong>di</strong>carico su una superficie articolare maggiore evitando pericolosipicchi <strong>di</strong> forze sul polietilene.Le sollecitazioni meccaniche, utilizzando questi modelli, vengoparzialmente assorbite anche dalle parti molli circostanti e si riduconoa livello dellʼinterfaccia cemento-stelo protesico 2 5 16 18 .La mancanza del vincolo interprotesico espone però al rischio <strong>di</strong>instabilità sintomatica ed è la causa <strong>di</strong> maggiore incidenza <strong>di</strong> revisioneper “lussazione” della protesi nei modelli unlinked 5 18Le superfici <strong>di</strong> contatto omero-ulnari in questi modelli presentanoconformazioni molto eterogenee. In alcuni <strong>di</strong>segni riproduconoinfatti in maniera fedele le superfici articolari, mentre in altrimodelli ricercano una congruenza ottimale tra le superfici accoppiatea prescindere da un profilo anatomico 16 .S142


R. Rotini et al.Stu<strong>di</strong> biomeccanici recenti sembrano in<strong>di</strong>careche maggiore è il grado <strong>di</strong> vincoloomero-ulnare maggiore è la tendenza <strong>di</strong>queste protesi a comportarsi in vivo comeprotesi linked.Esistono comunque altri fattori che incidonosullʼusura del polietilene, come ilmalallineamento delle componenti protesiche,le severe deformità pre-esistenti, ilgrado <strong>di</strong> richiesta funzionale e <strong>di</strong> attivitàdel paziente 15 18 .Dalla revisione della letteratura sulla protesiCoonrad-Morrey, la più utilizzata frale protesi <strong>di</strong> gomito, risulta che la maggiorcausa <strong>di</strong> revisione è data dalla progressivausura delle boccole in polietilenecon formazione <strong>di</strong> particolato, successivaosteolisi e mobilizzazione asettica dellecomponenti 15 (Fig. 5a).Una soluzione a tale problema può veniredallʼaumento dello spessore del polietilene che in alcuni recentimodelli protesici raggiunge nei punti maggiormente sottoposti astress gli 8 mm (Fig. 5b).In altri modelli la cerniera è <strong>di</strong>segnata in modo da allargare le superfici<strong>di</strong> contatto del polietilene e <strong>di</strong>stribuire gli stress non sul pernocentrale ma sui con<strong>di</strong>li protesici (modello Discovery-Biomet ® ).CONCLUSIONILe migliorate conoscenze anatomiche e biomeccaniche hannoconsentito una evoluzione dei design degli impianti che conil perfezionamento delle tecniche <strong>di</strong> cementazione (sistema <strong>di</strong>cementazione retrograda Elbow Cement Restrictor - Zimmer ® ),possono incrementare significativamente la qualità dei risultati e lalongevità delle protesi <strong>di</strong> gomito.Nonostante il follow-up sia ancora troppo breve, utilizzandoprotesi modulari <strong>di</strong> ultima generazione, che offrono la possibilità<strong>di</strong> una ricostruzione maggiormente anatomica e <strong>di</strong> riprodurre unabiomeccanica più vicina a quella del gomito normale, sembra possibileridurre ulteriormente il rischio <strong>di</strong> mobilizzazione asettica e <strong>di</strong>instabilità dellʼimpianto (causa più frequente <strong>di</strong> insuccesso).La decisione in merito alla scelta del grado <strong>di</strong> vincolo della protesi(linked/unlinked) non segue comunque linee guida rigide poiché èdettata dalla preferenza ed esperienza del chirurgo oltre che dallostato dei vari elementi articolari (bone stock, legamenti collaterali,conservazione o <strong>di</strong>stacco dellʼinserzione del tricipite).In conclusione queste evoluzioni del “design” mirano a renderelʼintervento <strong>di</strong> protesi <strong>di</strong> gomito una procedura più accurata, precisae riproducibile e potrebbero permettere, come è accaduto per leprotesi dʼanca e <strong>di</strong> ginocchio, un allargamento delle in<strong>di</strong>cazioni.BIBLIOGRAFIA1Cooney WP. Elbow arthroplasty: historical perspectives and current concepts.In: Morrey BF, ed. The elbow and its <strong>di</strong>sorders. Philadelphia, PA:WB Saunders 2000: 583-601.Fig. 5. Principali se<strong>di</strong> <strong>di</strong> usura del polietilene a livello dello cerniera protesica nel modello Coonrad-Morrey - Zimmer ® con stress in varo ed invalgo (a); aumentato spessore del polietilene (8 mm) nelle se<strong>di</strong> sottoposte a maggiori sollecitazioni meccaniche nel modello Latitude (b) (pergentile concessione Tornier ® ).2Gramstad GD, King GJW, OʼDriscoll SWM, et al. Elbow arthroplasty usinga convertible implant. Tech Hand Up Extrem Surg 2005;9:153-63.3Kai-Nan A, Morrey BF. Relevant Biomechanics. In: Morrey BF, ed. Theelbow and its <strong>di</strong>sorders. Philadelphia, PA: WB Saunders 2000: 43-60.4Goldberg SH, Omid R, Nassr AN, et al. Osseous anatomy of the <strong>di</strong>stalhumerus and proximal ulna: implications for total elbow arthroplasty. 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G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S144-S150La protesi <strong>di</strong> gomito: tecniche chirurgiche e risultatiThe elbow prosthesis: surgical techniques and resultsL. Celli, A. Celli, R. LoschiRIASSUNTOLa protesi <strong>di</strong> gomito è consigliata per il trattamento del gomitoartrosico ed artritico doloroso e recentemente nelle fratture acutedel paziente anziano.Diversi modelli protesici sono presenti nel mercato, scopo delnostro lavoro è <strong>di</strong> analizzare la nostra esperienza con la protesisemivincolata Coonrad-Morrey riportando i risultati e le complicanzeosservate.In conclusione possiamo affermare come questa protesi <strong>di</strong> gomitopresenta una lunga survival rate con contenuta incidenza <strong>di</strong> revisionedellʼimpianto.Parole chiave: protesi <strong>di</strong> gomito, artrite reumatoide, fratture acute,osteoartrite, semiconstrainedSUMMARYThe total elbow arthroplasty is adviced for the treatment of thepainful arthritis elbow and recently for the acute fracture in olderpatients.Different prosthetic design are available on the marked, the aim ofthe present manuscript is to report our experience using the linkedsemiconstrined Coonrad-Morrey elbow prosthesis reporting theresult and the complications observed.In conclusion we observed as the this prosthetic elbow replacementprovide long survival rate. without implant revisions.Key Words: Elbow replacement, rheumatoid arthritis, acute fracture,osteoarthritis semiconstrainedINTRODUZIONENegli ultimi 30 anni vi è stato un interesse crescente nellʼutilizzodellʼartroprotesi negli esiti invalidanti delle patologie degenerativee post-traumatiche <strong>di</strong> gomito.Clinica Ortope<strong>di</strong>ca e Traumatologica – Policlinico <strong>di</strong> Modena – Largo del Pozzo,71 - 41100 ModenaIn<strong>di</strong>rizzo per la corrispondenza:Prof Luigi Celli, Clinica Ortope<strong>di</strong>ca e Traumatologica – Policlinico <strong>di</strong> Modena– Largo del Pozzo, 71 - 41100 Modena. Tel. +39-059-4224309. Fax +39-059-4224313. E-Mail celli.unimore.itNumerosi sono gli stu<strong>di</strong> che riportano la sopravvivenza degliimpianti a me<strong>di</strong>o e lungo periodo <strong>di</strong> tempo (>a 5 e 10 anni) 1 2 .Diversi <strong>di</strong>segni protesici sono attualmente <strong>di</strong>sponibili sul mercato,alcuni <strong>di</strong> nuova progettazione, come le protesi Combined linkedand unlinked che consentono al chirurgo <strong>di</strong> utilizzare un impiantovincolato (coupled-semiconstraint) o un impianto non vincolato(uncoupled-minimally constraint).Lʼevoluzione delle conoscenze sulla biomeccanica del gomito e<strong>di</strong>l perfezionamento delle tecniche chirurgiche, ha consentito inquesti ultimi anni <strong>di</strong> ampliare le in<strong>di</strong>cazioni allʼimpianto <strong>di</strong> protesi<strong>di</strong> gomito dalle patologie degeneratiche articolari (artriticheo osteoartrosiche) ad un largo spettro <strong>di</strong> lesioni traumatiche comprendentisia le fratture che gli esiti invalidanti.Queste in<strong>di</strong>cazioni comprendono nella nostra esperienza in or<strong>di</strong>ne<strong>di</strong> frequenza lʼartrite reumatoide nel 30,3% dei casi trattati, le fratturearticolari comminute negli anziani nel 18,5%, lʼosteoartrosiprimaria nel 3,7% e negli esiti traumatici nel 47,5%.Nella nostra casistica pertanto prevalgono gli impianti <strong>di</strong> protesi inpazienti traumatizzati con lesioni recenti e con esiti invalidanti.Questi dati si <strong>di</strong>versificano da quanto generalmente è riportato nellaletteratura straniera dove il maggior impianto <strong>di</strong> protesi avvienenei pazienti affetti da artrite reumatoide.Nellʼesperienza della Mayo Clinic dal 1982 al 2002 su 1021impianti effettuati 39% erano casi <strong>di</strong> artrite reumatoide e 29% esiti<strong>di</strong> lesioni traumatiche 3 .Nel tentativo <strong>di</strong> definire quali siano i parametri clinici che devonoessere rispettati nella selezione del paziente e quali accorgimenti<strong>di</strong> tecnica chirurgica devono essere messi in atto per ridurre gliinsuccessi e le complicanze riporteremo la nostra esperienza,nellʼutilizzo <strong>di</strong> una protesi linked semi-constrained (Coonrad-Morrey total elbow prosthesis, Zimmer Warsaw USA), confrontandoi nostri risultati con quelli descritti nella più recenteletteratura.La protesi <strong>di</strong> Coonrad-MorreyÈ una protesi vincolata ma con un giunto lasso (semiconstrained)che consente movimenti <strong>di</strong> varo-valgo e <strong>di</strong> rotazione assiale.Nel 1973 la protesi ideata da Coonrad (Tipo I) presentava nel giuntodel polietilene (bushings) ad alto peso molecolare che consentivaun gioco <strong>di</strong> soli 2°-3°. Questa limitata lassità era non sufficiente aridurre significativamente gli stress che si applicavano sullʼimpiantoa livello della sua interfaccia con lʼosso.Nel 1978 il <strong>di</strong>segno protesico fu mo<strong>di</strong>ficato in modo tale da consentireuna lassità del giunto <strong>di</strong> 7° in varo-valgo (tipo II) 4 .In una successiva evoluzione, Morrey nel 1981, aggiunse alla com-S144


L. Celli et al.Di questi pazienti ne abbiamo controllati 36, <strong>di</strong> cui:– 11 con lussazioni inveterate;– 15 con pseudoartrosi;– 10 con malconsolidazioni.Tratteremo riunendo queste 3 categorie <strong>di</strong> patologie post traumatichein una valutazione globale <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong> protesi nelle patologietraumatiche.Lʼetà me<strong>di</strong>a dei casi con esiti traumatici era <strong>di</strong> 60,6 anni (minimo28 anni massimo 80 anni). Il sesso femminile è stato prevalente con69,4% dei casi, il follow-up me<strong>di</strong>o è stato <strong>di</strong> 30,5 mesi. Il controlloclinico del MEPS è passato da un valore me<strong>di</strong>o preop. <strong>di</strong> 33 puntiad un valore me<strong>di</strong>o postop. <strong>di</strong> 89,6 punti ed in particolare:il dolore nel preoperatorio si presentava:– in 18 casi con intensità moderata o severa;– in 3 casi lieve e si accentuava con le attività manuali;– nei restanti casi il dolore era assente ma la grave limitazionefunzionale del gomito determinava mialgie alla spalla ed alrachide cervicale.Il dolore mentre era modesto o assente nelle malconsolidazioni,<strong>di</strong>veniva moderato o severo nelle lussazioni inveterate. In tutti icasi il valore me<strong>di</strong>o del dolore passava da un punteggio <strong>di</strong> 10,5ad un punteggio <strong>di</strong> 38,6. Questo dato evidenzia le possibilità chelʼimpianto protesico ha <strong>di</strong> risolvere il dolore negli esiti invalidantidelle lesioni traumatiche articolari.Lʼarco <strong>di</strong> movimentoLʼarco me<strong>di</strong>o del movimento era passato:– nellʼestensione da 17,5° nel preop. a 30,6° nel postop. con unincremento <strong>di</strong> 12,5°;– nella flessione da 65,6° nel preop. a 133,4° nel postop. con unincremento me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 68°.In tutti i nostri esiti <strong>di</strong> trauma il recupero dellʼestensione non hamai raggiunto il valore <strong>di</strong> 0° (completa estensione). Diversamentela flessione in quasi tutti i casi superava il valore <strong>di</strong> 130° raggiungendoi 145° (completa flessione) in circa il 50% delle nostreosservazioni.La stabilità articolareIn 20 pazienti il gomito era totalmente instabile nella valutazionepreoperatoria, mentre in 10 pazienti si evidenziava una instabilitàmoderata. Nei restanti 16 casi, il gomito si presentava stabile erigido. Pertanto il punteggio della stabilità è passato da un 4,2 nelpreop. ad un 9,1 nel postop. La ricostruzione accurata delle strutturelegamentose ten<strong>di</strong>nee laterali e me<strong>di</strong>ali e lʼassenza <strong>di</strong> usuradel polietilene, ci consentono <strong>di</strong> comprendere lʼottimo punteggioottenuto.Le funzioni quoti<strong>di</strong>aneNel preop. lʼabilità del paziente nellʼeseguire le comuni attivitàin<strong>di</strong>spensabili nella vita quoti<strong>di</strong>ana veniva valutata con un punteggio<strong>di</strong> 9,5 su un totale <strong>di</strong> 25 punti <strong>di</strong>sponibili. Questo dato esprimeil danno funzionale che un esito invalidante traumatico può determinarenel limitare le capacità funzionali del paziente ad eseguiredelle comuni attività manuali quoti<strong>di</strong>ane.Nel postop. lʼartroportesi ha consentito in tutti i pazienti <strong>di</strong> recuperarefunzioni utili dellʼarto valutate da un punteggio me<strong>di</strong>o <strong>di</strong>23,1.Le complicanzeHanno inciso in 5 casi (13%) con necessità <strong>di</strong> ripresa chirurgicain 3 (8%):– non abbiamo effettuato nessuna ripresa chirurgica per looseningsettico;– lʼinsufficienza tricipitale con ce<strong>di</strong>mento della risutura del ten<strong>di</strong>neallʼolecrano si è evidenziata in 2 casi (5,5%). In questi 2 casinella tecnica chirurgica era stata effettuata il triceps reflecting.In un caso è stato possibile riconoscere un evento traumaticocome causa <strong>di</strong> rottura ten<strong>di</strong>nea. La ripresa chirurgica della lesioneè stata effettuata con la tecnica della reinserzione del ten<strong>di</strong>nerinforzata con la plastica dellʼanconeo;– il loosening asettico è stato evidenziato in 3 pazienti (8,3%)ed ha interessato solo la componente ulnare in 2 casi ed in 1 lacomponente ulnare ed omerale. Tutti e 3 i casi sono stati ripresie riprotesizzati con attuale sopravvivenza dellʼimpianto;– la neurite postchirurgica dellʼulnare si è evidenziata con modesteparestesie in 2 casi. In tutti la sintomatologia si è risolta incirca 3-4 mesi.Le fratture articolari comminute degli anziani (Tab. 1)In pazienti con età superiore ai 65 anni e con basse richieste funzionaliil trattamento delle fratture comminute omerali può essere,con vantaggio, effettuata con impianto <strong>di</strong> artroprotesi vincolatasemi-constraint.Abbiamo trattato 25 pazienti con artroprotesi <strong>di</strong> gomito, in 20 <strong>di</strong>questi è stata utilizzata una protesi <strong>di</strong> Coonrad-Morrey ed in 5 laprotesi Latitude.Per questo stu<strong>di</strong>o sono stati controllati 15 pazienti trattati con laprotesi vincolata <strong>di</strong> Coonrad-Morrey. Lʼetà me<strong>di</strong>a dei pazienti era<strong>di</strong> 77,5 anni (max 91 min 58). Un terzo dei pazienti era <strong>di</strong> sessomaschile e il follow-up me<strong>di</strong>o delle nostre osservazioni è stato <strong>di</strong>34,9 mesi. Il MEPS ottenuto ha raggiunto un punteggio <strong>di</strong> 85,7ed in particolare le valutazioni cliniche effettuate al momento delcontrollo evidenziavano:– una assenza <strong>di</strong> dolorabilità con un punteggio me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 39 punti;– un recupero <strong>di</strong> movimento che nella me<strong>di</strong>a evidenziava:– una flessione <strong>di</strong> 125° ( max 145° min 90°);– una estensione <strong>di</strong> 36,7° (max 10° min 90°);– tutti i pazienti hanno recuperato la piena capacità a svolgerele attività quoti<strong>di</strong>ane previste nel MEPS con un punteggio <strong>di</strong>20,1.Le complicanze sono state caratterizzate in 2 casi da un looseningsettico che ha richiesto la rimozione dellʼimpianto con successivaartrodesi dellʼarticolazione omero-ulnare. Il primo <strong>di</strong> questi duecasi aveva subito una lesione esposta con per<strong>di</strong>ta cutanea chesuccessivamente aveva richiesta una copertura plastica con lembocutaneo peduncolato toraco-addominale. Il secondo caso, <strong>di</strong>versamente,alle non buone con<strong>di</strong>zioni generali (<strong>di</strong>abetico ed etilista)aveva sottoposto il suo gomito ad un eccessivo sovraccarico funzionale.S147


La protesi <strong>di</strong> gomito: tecniche chirurgiche e risultatiTab. 1.MEPS FOLLOW-UPPRE-OPERATORIO POST-OPERATORIO(mesi)DOLORE STABILITA FLES-EST ESTENSIONE FLESSIONE FUNZ QUOT TOT MEPS DOLORE STABILITA FLES-EST ESTENSIONE FLESSIONE FUNZ QUOT TOT MEPSPATOLOGIA N. CASIPseudoartrosi 15 12,9 3,8 9,1 20,0 69,4 8,2 34,1 40,0 9,7 17,0 36,3 129,3 24,5 92,5 31,1Lussazione 11 4,3 2,3 7,7 18,0 59,3 7,7 22,7 36,8 9,1 19,1 25,5 137,3 23,8 88,8 24,8Malconsolidazione 10 14,1 6,4 8,6 14,5 68,2 12,7 42,3 39,0 8,5 19,0 30,0 133,5 20,8 87,3 35,5ESITI DI FRATTURAARTRITE REUMATOIDE 22 5,7 4,6 10,2 39,8 94,1 7,7 28,0 37,5 9,3 18,4 24,8 127,0 23,4 88,2 50,9FRATTURE IN ACUTO 15 39,0 10,0 16,7 36,7 125,0 20,1 85,7 34,9OSTEOARTROSI 4 3,8 8,8 5,0 72,5 90,0 7,5 25,0 33,8 7,5 17,5 35,0 133,8 25,0 83,8 69,8GLOBALE 77 8,2 5,2 8,1 33,0 76,2 8,8 30,4 37,7 9,0 17,9 31,4 131,0 22,9 87,7 41,2Lʼartrosi primaria (Tab. I)Lʼosteoartrosi primaria ha una bassa incidenza a livello del gomitoche approssimativamente è stata considerata presente nel 2% dellapopolazione ed con un incidenza dellʼ1% al 2% delle possibililocalizzazioni artrosiche nel corpo umano 13 14 .Nel nostro stu<strong>di</strong>o lʼincidenza dellʼosteoartrosi primaria è stata del4,1%, lʼetà me<strong>di</strong>a era <strong>di</strong> 64,8 anni. Il follow-up me<strong>di</strong>o è stato <strong>di</strong>69,8 mesi (max 138 min 26). In questi casi abbiamo ottenuto unincremento del MEPS me<strong>di</strong>o che è passato da 25 punti nel preop. a83,8 punti nel postop. Il dolore si è completamente risolto in 1 casomentre negli altri si manteneva modesto e solo dopo sforzo.Lʼanalisi dellʼarco <strong>di</strong> movimento ha evidenziato un buon recuperodella flessione con un valore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 133,8° (prep. 90,0).Diversamente lʼestensione in me<strong>di</strong>a era limitata negli ultimi 35°(preop. 72,5°). In tutti i casi i pazienti acquisivano una maggioreabilità a svolgere le funzioni quoti<strong>di</strong>ane, passando da un punteggio<strong>di</strong> 7,5 preop. ad un punteggio <strong>di</strong> 25 postop.In un solo caso abbiamo avuto come complicanza una <strong>di</strong>minuitaforza del tricipite contro gravità che tuttavia non ha richiesto laripresa chirurgica.DISCUSSIONELa protesi <strong>di</strong> Coonrad-Morrey ha evidenziato nei nostri risultatiunʼottima capacità <strong>di</strong> migliorare la funzione del gomito e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>tutto lʼarto superiore riducendo in tutti i casi il dolore.In una valutazione globale effettuata su tutti i 77 impianti controllatiil MEPS me<strong>di</strong>o è passato da un valore <strong>di</strong> 30.4 ad un valore <strong>di</strong>87,7.Il follow-up me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 39,6 mesi (24-148 mesi) non ci consente <strong>di</strong>effettuare una curva <strong>di</strong> sopravvivenza dei nostri impianti. In letteratura,tuttavia, sono riportati dati che <strong>di</strong>mostrano la capacità <strong>di</strong>questo impianto a sopravvivere a 10 anni in circa il 92.4% dei casinellʼartrite reumatoide. Questo senza necessità <strong>di</strong> effettuare unaripresa chirurgica dellʼintervento 15 .La patologia iniziale non influenza i risultati. Questa considerazioneviene convalidata dai dati ottenuti dalle nostre valutazionie dalla letteratura dove non si evidenziano significative <strong>di</strong>fferenzedei punteggi ottenuti tra le <strong>di</strong>verse patologie che hanno richiestolʼimpianto della protesi.Questo dato trova conferma in letteratura dove i punteggi me<strong>di</strong>variano da 80 o oltre 90 punti secondo il MEPS 16 .Le complicanze che abbiamo documentato sono state 14 su 77 protesiimpiantate (18%) e soltanto 9 casi hanno richiesto una ripresachirurgica (11,7%).Il loosening settico ha interessato 3 protesi. Il germe frequentementeriscontrato è stato lo stafilococco aureus e quello epidermi<strong>di</strong>s acui spesso si sono associati anche enterococchi e pseudomonas.In questi 3 casi è stato necessario rimuovere in modo definitivola protesi e mentre in 2 <strong>di</strong> questi con esiti post traumatici è stataeffettuata una artrodesi <strong>di</strong> gomito, nel terzo caso, una donna reumatoide,è stata effettuata una artroplastica dei monconi che haesitato in un gomito ballante protetto successivamente da un tutore.In letteratura la percentuale delle infezioni dopo impianto primariovaria dallʼ1% fino al 12,5% 16-19 .S148


L. Celli et al.Questa percentuale può elevarsi dopo ripetuti interventi chirurgicieffettuati sul gomito.Il loosening asettico è stato evidenziato in 4 casi su 77 impianti(5,1%). In tutti questi pazienti è stata effettuata una ripresa chirurgicacon imme<strong>di</strong>ato reimpianto. Di questi, 3 pazienti erano esiti<strong>di</strong> patologie traumatiche e solo in un caso la patologia iniziale eralʼartrite reumatoide.Questo dato è confortato da risultati provenienti dalla MayoClinic 19 dove un 19% <strong>di</strong> loosening asettico presente nella patologiapost traumatica si confrontava con un 2,6% presente nellʼartritereumatoide. Il loosening asettico può trovare una spiegazione in un<strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> cementazione dellʼimpianto o anche in eccessivi carichia cui viene sottoposta la protesi ma secondo alcuni autori puògiocare un importante ruolo il <strong>di</strong>segno protesico della Coonrad-Morrey.Alcuni stu<strong>di</strong> biomeccanici 20 hanno evidenziato che lʼasse delmovimento <strong>di</strong> flesso estensione della protesi, è alquanto più spostatoin avanti rispetto a quello fisiologico e questa con<strong>di</strong>zione puòfavorire il loosening della componente ulnare.Infatti, spostare in avanti lʼasse <strong>di</strong> rotazione omerale può determinare:– un effetto pistone sulla componente ulnare che viene ad esseresottoposta a forze <strong>di</strong> compressione nella flessione ed a forze <strong>di</strong>trazione nella estensione del gomito;– una eccessiva usura del polietilene del giunto con la formazione<strong>di</strong> debris <strong>di</strong> polietilene che favoriscono il loosening. Il<strong>di</strong>segno e la lassità della cerniera consentono il realizzarsi <strong>di</strong>sollecitazioni <strong>di</strong> forze in varo-valgo che agiscono sul bushing<strong>di</strong> polietilene;– La presenza <strong>di</strong> eccessive forze laterali <strong>di</strong> rotazione che nonvengono annullate nel giunto. Questo può essere favorito quandonon vengono ricostruite le strutture ten<strong>di</strong>neo-legamentoselaterali e me<strong>di</strong>ali.Lʼusura del polietilene nel giunto protesico viene definito comewear of the bushings. Questa con<strong>di</strong>zione si realizza generalmente alunga <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo dallʼimpianto (invecchiamento della protesi)e spesso richiede la sostituzione del polietilene. La ripresa chirurgicaè consigliata quando le valutazioni ra<strong>di</strong>ografiche e cliniche<strong>di</strong>mostrano lʼusura <strong>di</strong> queste componenti protesiche. Questo poichéle particelle <strong>di</strong> polietilene liberate ed lʼeccesso del gioco del giunto<strong>di</strong> oltre 10° rispetto a quelli previsti <strong>di</strong> 7° possono determinare ilrealizzarsi <strong>di</strong> un loosening asettico.Unʼultima possibile complicanza è il deficit del tricipite dopo intervento<strong>di</strong> artroprotesi. Nella nostra esperienza è stata evidenziatain 3 casi: 2 post traumatici e 1 con artrite reumatoide. Il deficittricipitale può verificarsi per una ridotta capacità contrattile deltricipite per eccessiva fibrosi muscoloten<strong>di</strong>nea da ripetuti interventio anche per ce<strong>di</strong>menti secondari della reinserzione del ten<strong>di</strong>nesullʼolecrano.Il ce<strong>di</strong>mento secondario del tricipite reinserito è una possibilecomplicanza che viene riportata con una incidenza dellʼ1,8% eche spesso necessita <strong>di</strong> una successiva complessa chirurgia ricostruttiva21 .IN CONCLUSIONELa protesi vincolata semiconstrained <strong>di</strong> Coonrad.Morrey ha evidenziatonella nostra esperienza e nella letteratura, una buonacapacità a recuperare una funzione utile del gomito con lungasopravvivenza dellʼimpianto.In un recente articolo 22 viene riportata una casistica con un lungofollow-up.In questa casistica è possibile documentare una sopravvivenzadella protesi: tra i 10 e i 14 anni per 21 impianti, tra i 15 e i 19 anniper 10 impianti e tra 20 e 31 anni per 10 impianti. Questi risultatipossono essere raggiunti, come documentato dalla letteratura ancheda altri modelli protesici <strong>di</strong>sponibili sul mercato. Tuttavia perchèquesto possa essere ottenuto è necessario rispettare alcune fondamentaliregole quali:– accurata scelta dellʼimpianto: generalmente le protesi unlinkedsono consigliate nei pazienti giovani con conservata stabilitàarticolare e con adeguate bone stock, <strong>di</strong>versamente le protesilinked possono essere utilizzate con maggior vantaggio neipazienti anziani con per<strong>di</strong>ta della stabilità osteo-capsulo-legamentosae con inadeguato bone stock;– una precisa tecnica chirurgica <strong>di</strong> impianto onde ottimizzare lameccanica dellʼimpianto con quella fisiologica del gomito nella<strong>di</strong>stribuzione dei carichi e nellʼannullamento degli stress;– la rigida ed accurata selezione del paziente. Non impiantare laprotesi <strong>di</strong> gomito in pazienti con alte richieste funzionali generalmentein pazienti giovani con esiti traumatici. Le eccessive eripetute sollecitazioni nel sollevare pesi o spingere o tirare conforza, rappresentano le principali cause <strong>di</strong> loosening asettico. Ilpaziente dovrebbe limitare lʼuso dellʼarto alle elementari richiestedella vita quoti<strong>di</strong>ana come mangiare, bere ed eseguire attiper la propria igiene personale.Lʼin<strong>di</strong>cazione alla protesi deve principalmente tenere conto dellapresenza del dolore e solo successivamente avere il fine <strong>di</strong> migliorarelʼarticolarità del gomito. Per queste ragioni in un giovanepaziente lavoratore manuale, con un gomito rigido esito <strong>di</strong> unafrattura articolare mal consolidata, che si caratterizza nella per<strong>di</strong>ta<strong>di</strong> movimento in assenza del dolore, è assolutamente da evitarelʼimpianto <strong>di</strong> una protesi. La rigi<strong>di</strong>tà non dolorosa consente alpaziente, pur con delle gravi limitazioni funzionali, <strong>di</strong> svolgere lesue attività manuali pesanti mentre un impianto protesico costringerebbeil paziente ad evitarli potendo utilizzare lʼarto solo perattività sedentarie.BIBLIOGRAFIA1Tanaka N, Kudo H, Iwano K, Sakahashi H, Sato E, Ishii S. Kudo total elbowarthroplasty in patients with rheumatoid arthritis: a long term follow-upstudy. J Bone Joint Surg 2001;83A:1506-13.2Gill D, Morrey BF, Adams A. Total elbow arthroplasty in patients withrheumatoid arthritis. In: Morrey BF, ed. The elbow and its <strong>di</strong>sorders. 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La protesi <strong>di</strong> gomito: tecniche chirurgiche e risultati5Morrey BF, Askew L, An KF. Strength function after elbow arthroplasty.Clinic Orthop 1988;234:43-50.6OʼDriscoll SW, An KN, Korinek S, Morrey BF. Kinematics of semiconstrainedtotal elbow arthroplasty. J Bone Joint Surg 1992;74B:297-9.7Morrey BF, Bryan RS, Dobyns JH, Linscheid RL. Total elbow arthroplasty:a five year experience at the Mayo Clinic. J Bone Joint Surg 1981;63B:1050-1063.8Patterson SD, King GJW, Bain G. A posterior global approach to the elbow.J Bone Joint Surg 1995;77B:316.9Bryan RS, Morrey BF. Extensive posterior exposure of the elbow: a tricipssparing approach. Clinic Orthop 1982;116:188-92.10Crenshaw AH. Surgical approaches. In: Crenshow AH, ed. Campbellʼsoperative orthopae<strong>di</strong>cs. St. Louis: Mosby 1987:88-94.11Alonso-Llames M. Bilaterotricipital approach to the elbow. Acta OrthopScand 1972;43:479-90.12Van Gorder GW. Surgical approaches in supracondylar “T” fractures ofthe humerus requiring open reduction. J Bone Joint Surg 1940;22:278-92.13Gill DRJ, Morrey BF. The Coonrad Morrey total elbow arthroplasty in patientswho have rheumatoid arthritis. J Bone Joint Surg 1998;80A:1327-35.14Kozak TK, Adams RA, Morrey BF. Total elbow arthroplasty in primaryosteoarthritis of the elbow. J Arthroplasty 1998;13:837-42.15Connor PM, Morrey BF. Total elbow arthroplasty in patients who havejuvenile rheumatoid arthritis. J Bone Joint Surg 1998;80A:678-88.16Yamaguchi K, Adams RA, Morrey BF. Infection after total elbow arthroplasty.J Bone Joint Surg 1998;80A:481-91.17Brumfield RH, Kunschener SH, Gellman H. Total elbow arthroplasty. JArthroplasty 1990;5:359-63.18Kraay MJ, Figgie MP, Inglis AE, Wolfe SW, Ranawat CS. Primary semiconstraindtotal elbow arthroplasty survival analysis of 113 consecutivecases. J Bone Joint Surg 1994;76B:636-40.19Morrey BF, Adams RA, Bryan RS. Total replacement for post traumaticarthritis of the elbow. J Bone Joint Surg 1991;73B:607-612.20Schuind F, OʼDriscoll S, Korinek S, An KN, Morrey BF. Loose-hingetotal elbow arthroplasty. An experimental study of the effects ofimplant alignment on three-<strong>di</strong>mensional elbow kinematics. J Arthroplasty1995;10:670-8.21Celli A, Arash A, Adams RA, Morrey BF. Triceps insufficiency followingtotal elbow arthroplasty. J Bone Joint Surg 2005;87A:1957-64.22Aldridge JM 3rd, Lightdale NR, Mallon WJ, Coonrad RW. Total elbowarthroplasty with the Coonrad/Coonrad-Morrey prosthesis. A 10- to 31-year survival analysis. J Bone Joint Surg 2006;88B:509-14.S150


G.I.O.T. 2007;33(suppl. 1):S151-S154Protesi <strong>di</strong> polso: <strong>di</strong>segno e selezione dell’impiantoProsthetic replacement of the wrist: design and choice of the implantM. Ceruso, S. PfannerRIASSUNTODal 2003 abbiamo realizzato 14 ricostruzioni articolari del polsoin 14 pazienti affetti da artrite reumatoide. Si trattava in tutti i casi<strong>di</strong> soggetti <strong>di</strong> sesso femminile. In tutti i casi abbiamo utilizzatouna protesi articolare <strong>di</strong> ultima generazione non-vincolata tipoUniversal 2 alla revisione. Sono stati presi in considerazione il grado<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione del paziente e il dolore residuo, lʼincrementodel ROM postoperatorio, la forza <strong>di</strong> presa, lʼaspetto ra<strong>di</strong>ografico,le complicanze a lungo termine e le cause <strong>di</strong> revisione o fallimentodellʼimpianto protesico. La protesi totale <strong>di</strong> polso ci ha permesso <strong>di</strong>ottenere la risoluzione della sintomatologia dolorosa e il recuperofunzionale dellʼarticolazione in pazienti con grave patologia articolare.I modelli più recenti sono caratterizzati da una significativaaffidabilità biomeccanica e consentono <strong>di</strong> allargare lʼin<strong>di</strong>cazioneal loro uso. Lʼin<strong>di</strong>cazione nelle malattie reumatiche resta la primaper incidenza ma a questa, con maggiore frequenza, può essereaffiancata quella post-traumatica.Parole chiave: polso, artroprotesi, artrite reumatoide, artrosi secondariaSUMMARYSince 2003 we performed 14 prosthetic replacements of the wristjoint in 14 patients affected by rheumatoid arthritis. All patientswere females. In all cases we used a Universal 2 semiconstrainedprosthetic device. Patientʼs satisfaction and residual pain, ROMincreases hand grip and pinch strength were considered togetherwith long-term complications, revisions or failures. Total wristprosthetic replacement provides pain relief and improves functionin severe articular pathologies. In<strong>di</strong>cations to prosthetic arthroplastiescan be extended to post-traumatic con<strong>di</strong>tions accor<strong>di</strong>ng tothe improved biomechanic features of the most recent prostheticmodels.Key words: wrist, prosthetic replacement, rheumatoid arthritis,degenerative arthritis, arthrosisDal 2003 ad oggi abbiamo realizzato 14 impianti totali <strong>di</strong> polso in14 pazienti affetti da AR. In tutti i casi abbiamo utilizzato la protesiarticolare non-vincolata, semiconstrained, Universal 2 con lo scopoS.O.D.C. Chirurgia della Mano e Microchirurgia, Azienda Ospedaliero-UniversitariaCareggi, Firenze<strong>di</strong> ottenere una totale remissione del dolore ed una escursione articolareutile per le attività quoti<strong>di</strong>ane.La scelta <strong>di</strong> questa procedura chirurgica, che garantisce un buoncompromesso fra stabilità e motilità in assenza <strong>di</strong> dolore, risultaassoluta in quei casi in cui la patologia reumatologica colpiscaprogressivamente anche le altre articolazioni dellʼarto superiore(mano, gomito, spalla) o vi sia un interessamento bilaterale. Negliultimi anni sono stati condotti numerosi stu<strong>di</strong> rivolti al miglioramentodei biomateriali, del design, della stabilità, della resistenzae della durata dellʼimpianto. Grazie a questo, quando in<strong>di</strong>cato, èpossibile preservare il movimento articolare. La protesizzazionedel polso non è più dunque da considerare una procedura <strong>di</strong>salvataggio, ma può rappresentare una in<strong>di</strong>cazione primaria <strong>di</strong>chirurgia ricostruttiva anche nel caso <strong>di</strong> patologie degenerativepostraumatiche.Le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> progettazione delle protesi <strong>di</strong> polso sono sostanzialmentelegate alla complessità morfologica e cinematica dellʼarticolazione.Lʼarticolazione del polso deve infatti assolvere aimovimenti <strong>di</strong> flesso-estensione, <strong>di</strong> deviazione ra<strong>di</strong>ale e ulnare e <strong>di</strong>circumduzione, dove la stabilità articolare è mantenuta solo dallacongruenza delle superfici articolari e dai tessuti molli (la capsula,i legamenti ed i ten<strong>di</strong>ni estensori). La progettazione dei modelliprotesici ha dunque dovuto tener conto della necessità <strong>di</strong> mantenereil movimento conservando le caratteristiche morfologiche e lastabilità del polso attraverso un <strong>di</strong>segno anatomico dellʼimpiantoe un adeguato ancoraggio, specie della componente carpale, conlo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuire in modo adeguato le sollecitazioni assiali etorsionali.In linea con la letteratura internazionale 1 2 , lʼin<strong>di</strong>cazione alla sostituzioneprotesica (con protesi <strong>di</strong> ultima generazione) è estesa atutti i casi <strong>di</strong> coinvolgimento degenerativo completo del carpo concaratteristiche riconducibili al grado 3° <strong>di</strong> Larsen o II <strong>di</strong> Simmene in particolare nei casi <strong>di</strong> un interessamento bilaterale del polso.Con<strong>di</strong>zione imprescin<strong>di</strong>bile è che vi sia un buon controllo dellʼattivitàdella malattia (assenza <strong>di</strong> sinoviti attive), in pazienti motivati.Le controin<strong>di</strong>cazioni sono rappresentate da rotture ten<strong>di</strong>nee irreparabili(estensori ra<strong>di</strong>ali del polso), in particolare da cute inadeguataalla copertura, da infezioni pregresse o in atto; inoltre lʼosteopeniae la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanza ossea sono controin<strong>di</strong>cazioni relative chenon pregiu<strong>di</strong>cano dunque in modo assoluto lʼimpianto della protesi.In una revisione storica della letteratura relativa alla sostituzioneprotesica del polso Ritt et al. 3 riportano esperienze in tal senso giàai primi dellʼ800.Lʼevoluzione della moderna artroprotesi <strong>di</strong> polso è progre<strong>di</strong>taattraverso tre <strong>di</strong>stinte generazioni <strong>di</strong> impianti, ma è stata più lentaS151


Protesi <strong>di</strong> polso: <strong>di</strong>segno e selezione dell’impiantoFig. 1. Protesi in silicone <strong>di</strong> Swanson.rispetto a quella <strong>di</strong> altri <strong>di</strong>stretti articolari in relazione alla complessitàanatomica ed alle particolarità biomeccaniche del polso.La prima generazione <strong>di</strong> protesi <strong>di</strong> polso è rappresentata dallaprotesi in Silastic <strong>di</strong> Swanson (1967) (Fig. 1). Questa ha dominatola chirurgia ricostruttiva protesica del polso reumatoide per lungotempo (anni ʼ70-ʼ90) a fronte dellʼintroduzione negli stessi anni, <strong>di</strong>altri modelli <strong>di</strong> protesi articolari totali <strong>di</strong> design innovativo ma piùcomplesso. Queste, a fronte <strong>di</strong> una maggior stabilità, presentavanouna maggior complessità tecnica nel planning preoperatorio e nellachirurgia, unʼincidenza <strong>di</strong> complicanze più significativa (instabilità,allentamento e rottura dellʼimpianto), ed una maggior <strong>di</strong>fficoltànellʼeventuale revisione chirurgica che era resa complessa dallʼentitàdella resezione ossea richiesta e dalla presenza <strong>di</strong> cementazionedelle componenti protesiche. La protesi <strong>di</strong> Swanson risponde ad unprincipio meccanico del tutto <strong>di</strong>verso da quelli tra<strong>di</strong>zionali dellaprotesizzazione; questa, infatti, è da considerarsi un semplice elementospaziatore dei segmenti scheletrici fra i quali si interpone,impe<strong>di</strong>sce il contatto <strong>di</strong>retto delle superfici ossee <strong>di</strong> resezione eguida la formazione <strong>di</strong> una neocapsula connettivale. Nel 1982sono stati introdotti sul mercato dei colletti in titanio allo scopo<strong>di</strong> ridurre lʼusura del corpo centrale della protesi contro i monconischeletrici metafisario ra<strong>di</strong>ale e carpale e quin<strong>di</strong> la lussazione/rotturadellʼimpianto e le siliconiti.La protesi <strong>di</strong> Swanson rappresenta ancora, nellʼattuale gamma<strong>di</strong> scelta protesica, un presi<strong>di</strong>o terapeutico in<strong>di</strong>cato in pazientiselezionati, che non siano sottoposti a carichi elevati ed abbianorichieste funzionali quoti<strong>di</strong>ane molto ridotte; lʼarco <strong>di</strong> movimentopreve<strong>di</strong>bile è definito da Swanson nellʼor<strong>di</strong>ne dei 20° <strong>di</strong> flessione,20° <strong>di</strong> estensione e 10° <strong>di</strong> deviazione ra<strong>di</strong>o-ulnare 4 .Le successive generazioni <strong>di</strong> protesi <strong>di</strong> polso presentano caratteristichebiomeccaniche <strong>di</strong>verse da quelle del monoblocco spaziatorein silastic, e sono progettate secondo criteri analoghi a quanto avvenutoper altri <strong>di</strong>stretti articolari. Si può in<strong>di</strong>viduare una secondagenerazione <strong>di</strong> protesi realizzata negli anni ʼ70. Queste sono caratterizzateda due componenti articolate, in metallo e polietilene,vincolate, semi-vincolate o a stabilità intrinseca, cementate in unoo più dei canali metacarpali <strong>di</strong>stalmente e nel ra<strong>di</strong>o prossimalmente,fra cui ricor<strong>di</strong>amo:– la protesi <strong>di</strong> Meuli (1972);– la protesi <strong>di</strong> Volz (1974).Le revisioni a <strong>di</strong>stanza relative a questi modelli riportano unʼincidenzasignificativa <strong>di</strong> allentamento asettico della componente <strong>di</strong>stalee <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> stabilità dovuta alla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> bilanciare le forzemuscolari attive sul polso. A seguito <strong>di</strong> ciò, in anni più recenti, sonostate apportate numerose mo<strong>di</strong>fiche al <strong>di</strong>segno dellʼimpianto 5-7 . Èstata introdotta unʼinclinazione della componente articolare ra<strong>di</strong>ale<strong>di</strong> 20°, simile a quella del ra<strong>di</strong>o <strong>di</strong>stale, che richiede unʼosteotomiaobliqua del ra<strong>di</strong>o che consenta <strong>di</strong> asportare minore componenteossea. Il numero e il tipo dei mezzi <strong>di</strong> fissazione è stato inoltremo<strong>di</strong>ficato preferendo lʼuso <strong>di</strong> 2/3 viti e steli più lunghi con offset,mentre la cementazione è stata migliorata me<strong>di</strong>ante preparazionedel cemento sottovuoto. Sono stati poi utilizzati altri materialicome titanio o cromo-cobalto, e rivestimenti in idrossiapatite deglisteli ed è stata migliorata la ricerca del centro <strong>di</strong> rotazione. Sonostati inoltre introdotti alcuni concetti innovativi quali la modularitàdella protesi o lʼassimilazione dellʼarticolazione del polso ad unagrande articolazione two bone ottenuta me<strong>di</strong>ante una fusione delleossa carpali residue nella loro posizione anatomica.Da questa serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> possono considerarsi derivate le artroprotesi<strong>di</strong> terza generazione (anni ʼ80-2000):– la protesi Clayton-Ferlic-Volz (1988), non cementata, modulare;– la protesi trisferica, non cementata, semi-vincolata.Esse hanno però ancora una concezione <strong>di</strong> design ball and socketsuperato negli impianti attuali da un <strong>di</strong>segno delle superfici <strong>di</strong>contatto ellissoidale; in questo la componente <strong>di</strong>stale è convessa-toroidalementre la componente ra<strong>di</strong>ale articolare è concava,allargata così da aumentare la contenzione e la stabilità del mezzoimpiantato. Queste ultime sono protesi semi-constrained quali:– la protesi Guepar, ibrida con la sola componente ra<strong>di</strong>ale cementata;– la protesi Biaxial-Mayo Clinic, utilizzata attualmente con unostelo lungo metacarpale 8 ;– la protesi <strong>di</strong> Menon (1980), mo<strong>di</strong>ficata successivamente neglianni 2000 comunemente in<strong>di</strong>cata come Universal 2 (Fig. 2) 9 .La Universal 2 è una protesi che prevede un sistema <strong>di</strong> fissazioneper la componente <strong>di</strong>stale, rappresentato da uno stelo centralecorto con rivestimento poroso nel capitato e da due viti in titanioautofilettanti che aumentano la tenuta del fissaggio nel secondo equarto raggio (Fig. 3), un inserto in polietilene (UHMWPE) e unacomponente ra<strong>di</strong>ale in cromo-cobalto, inclinata a livello del piattoarticolare <strong>di</strong> 20° con stelo a rivestimento poroso. Lʼimpianto richiedeuna minima resezione ossea prossimale e permette <strong>di</strong> preservarela capsula articolare in modo da migliorare la ricostruzione delleparti molli periprotesiche.Questi ultimi tipi <strong>di</strong> impianto permettono <strong>di</strong> raggiungere un ROMme<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 41° in flessione e 35° in estensione, 9° <strong>di</strong> deviazionera<strong>di</strong>ale e 19° <strong>di</strong> deviazione ulnare, 88° <strong>di</strong> pronazione e 80° <strong>di</strong> supi-S152


M. Ceruso, S. PfannerFig. 2. Protesi Universal 2.nazione 10 (Fig. 4). Nuovi modelli <strong>di</strong> protesi hanno assunto comedefinitivi la fissazione della componente <strong>di</strong>stale nel carpo, la fusioneintercarpale e la morfologia ellissoidale della superficie articolare(ve<strong>di</strong> ad esempio la protesi <strong>di</strong> rivestimento Avanta 2004).Lʼincidenza <strong>di</strong> insuccesso con le artoprotesi <strong>di</strong> polso è riportatonellʼor<strong>di</strong>ne del 15-35% dalle revisioni <strong>di</strong> casistiche pubblicatenegli anni ʼ90-99 11 . Fra le complicanze maggiori emergono <strong>di</strong>fetticomuni a tutti i tipi <strong>di</strong> protesi totali quali il determinarsi <strong>di</strong> aree <strong>di</strong>osteolisi periprotesiche e lʼallentamento asettico delle componenti.Questo risulta prevalente a livello della componente carpale (nellʼor<strong>di</strong>nedel 15-22% 12 ) e presenta unʼincidenza maggiore e piùrapida proprio in relazione alla complessità biomeccanica <strong>di</strong> questaarticolazione. In particolare, per le protesi <strong>di</strong> polso, risulta criticoil bilanciamento muscolare necessario ad ottenere stabilità ed allineamentodelle componenti protesiche. Lo squilibrio muscolare,nellʼor<strong>di</strong>ne del 16-32%, è espresso dallʼincapacità del paziente aportare volontariamente il polso in posizione neutra, (dorsi-flessione10-15°, leggera deviazione ulnare). È dunque sempre necessariocorreggere contestualmente le cause <strong>di</strong> squilibrio tramite lisi capsulareed eventuali trasferimenti ten<strong>di</strong>nei; non è possibile dunqueprescindere da tali gesti associati, in assenza <strong>di</strong> stabilità intrinsecadella protesi. Fra le significative complicanze vengono riportatein letteratura inoltre le possibili fatture secondarie dei metacarpi.Lʼinfezione ha incidenza percentuale pari a quelle delle protesinegli altri <strong>di</strong>stretti articolari 13 .Le artroprotesi <strong>di</strong> terza generazione, con design ellissoidale efissazione carpale della componente <strong>di</strong>stale, sembrano aver risoltoalcuni dei principali problemi riscontrati con i modelli precedenti(allentamento della componente <strong>di</strong>stale, lussazione o sub-lussazionedellʼimpianto). I risultati riportati sono sod<strong>di</strong>sfacenti anche seil follow-up e la consistenza numerica delle casistiche pubblicatesono ancora esigui.Dal settembre 2003, 14 pazienti sono stati da noi trattati con protesiarticolare totale <strong>di</strong> polso Universal 2, <strong>di</strong> questi 5 sono stati operati<strong>di</strong> artrodesi totale al polso controlaterale. In tutti i casi si trattava <strong>di</strong>artrite reumatoide allo sta<strong>di</strong>o II della classificazione <strong>di</strong> Simmen o2;3 <strong>di</strong> Larsen. In tutti i casi si trattava <strong>di</strong> soggetti <strong>di</strong> sesso femminile.Lʼetà delle pazienti era compresa tra 36 e 72 anni.Il sintomo principale riferito dalle pazienti era il dolore alla mobilizzazioneassociato a un ridotto arco <strong>di</strong> movimento; alcune pazientilamentavano inoltre lʼalterato aspetto estetico del polso.Fig. 3. Controllo ra<strong>di</strong>ografico a 2 anni.Fig. 4. Controllo clinico a 2 anni.S153


Protesi <strong>di</strong> polso: <strong>di</strong>segno e selezione dell’impiantoAlla revisione dei pazienti in tutti i casi abbiamo osservato la scomparsao la significativa riduzione della sintomatologia dolorosa;tutti i pazienti si sono <strong>di</strong>chiarati sod<strong>di</strong>sfatti ad una valutazione conscala soggettiva da 0 a 5 (v.m. 4) e <strong>di</strong>sposti a ripetere lʼintervento.La forza <strong>di</strong> presa e lʼagilità manuale sono risultate incrementatein tutti i casi. Il ROM pre-operatorio totale me<strong>di</strong>o era <strong>di</strong> 30° (convalore <strong>di</strong> 0° in due casi). Il ROM post-operatorio totale me<strong>di</strong>o èrisultato <strong>di</strong> 70°. La collaborazione del paziente al programma <strong>di</strong>riabilitazione post-operatorio, impostato e seguito dal terapistadella mano, ha con<strong>di</strong>zionato in maniera sostanziale la qualità delrisultato finale.Un caso <strong>di</strong> osteolisi periprotesica evidente a livello dei mezzi <strong>di</strong> fissazionedella componente carpale e caratterizzato da dolore senzariduzione del ROM è stato in<strong>di</strong>viduato a un anno dallʼintervento. Inquesto caso è stata eseguita una revisione chirurgica dellʼimpiantocon sostituzione del polietilene e delle viti <strong>di</strong> ancoraggio <strong>di</strong>stali.Fra le complicanze abbiamo osservato in un caso <strong>di</strong> deiscenza dellaferita, guarita con trattamenti locali. Un paziente ha lamentato sintomiirritativi sul territorio del nervo me<strong>di</strong>ano e sei pazienti doloreoccasionale a livello del compartimento ulnare del polso regre<strong>di</strong>tispontaneamente senza sequele.In conclusione le caratteristiche dei biomateriali attualmenteutilizzati e il miglioramento del <strong>di</strong>segno della protesi, hannoaumentato resistenza e durata delle attuali protesi, e consentono<strong>di</strong> considerare la sostituzione protesica del polso una procedura apiù larga in<strong>di</strong>cazione, con risultati preve<strong>di</strong>bili e destinati a durarenel tempo.BIBLIOGRAFIA1Divelbiss BJ Sollerman C Adams B. Early results of the Universal totalwrist arthroplsty in rheumatoid arthritis. J Hand Surg 2002;27:195-204.2Adams B, Khoury GJ: Total wrist arthroplsty. In: Weiss APC, HastingsH, eds. Surgery of the arthritic hand and wrist. Philadelphia: LippincottWilliams & Wilkins 2002: 166-76.3Ritt MJPF, Stuart PR, Naggar L, et al. The early history of arthroplasty of thewrist: from amputation to total wrist implant. J Hnad Surg 1994;19B:778-82.4Swanson AB, Swanson GG. Flexible implant arthroplasty of the ra<strong>di</strong>ocarpaljoint. Semin Arthroplasty 1991;2:78-84.5Menon J. Total wrist arthroplasty for rheumatoid arthritis. Hand surgery:current practice. London: Martin Dunitz 1997.6Menon J. Universal total wrist implant. Experience with a carpal componentfixed with three screws. J Arthroplasty 1998;13:515-23.7Cobb TK, Beckenbaugh RD. Biaxial total wrist arthroplasty. J Hand SurgAm 1996;21A:1011-21.8Rizzo M, Beckenbaugh RD. Results of the Biaxial total wrist arthroplastywith a mo<strong>di</strong>fied (long) metacarpal stem. J Hand Surg 2003;28:577-84.9Adams B. Total wrist arthroplasty. Tech Hand Up Extrem Surg 2004;8:130-7.10Divelbiss BJ, Sollerman C, Adams B. Early results of the Universal totalwrist arthroplsty in rheumatoid arthritis. J Hand Surg 2002;27:195-204.11Gellman H, Hontas R, Brumfield RH, et al. Total wrist arthroplasty inrheumatoid arthritis. A long term clinical review. Clinical Orthopae<strong>di</strong>cs1997;342:71-6.12Lorei MP, Figgie MP, Ranawat CS, et al. Failed total wrist arthroplasty.Analysis of failures and results of operative management. Clin Orthop RelatRes 1997;342:84-93.13Takwale VJ, Nuttall D, Trail IA, et al. Biaxial total wrist replacement inpatients with rheumatoid arthritis. J Bone Joint Surg Br 2002;84B:692-9.S154

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