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Antiche tracce magiare in Italia I - Osservatorio Letterario

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ANTICHE TRACCE MAGIARE IN ITALIA I.- A cura di Mel<strong>in</strong>da B. Tamás-Tarr -Con questo titolo nella rubrica dell’Appendice negliultimi due fascicoli della ns. rivista (NN, 61/62, 63/64)ho pubblicato due studi di grande estensione <strong>in</strong>ungherese. Un po’ variando l’argomento dei saggiungheresi, Vi presento la versione italiana, di cui ho giàfatto cenno nell’editoriale del fascicolo di NN. 61/62 conle seguenti parole <strong>in</strong>troduttive.I. 1. Le <strong>tracce</strong> delle scorrerie de «la piùselvaggia e spietata gente» dei nostri anteatiI primi rapporti italo-ungheresi hanno l’<strong>in</strong>izio neilontani secoli IX/X e non sempre amichevoli. Nellaprimavera dell’anno 899 la «pagana et crudelissimagens» degli Ungheri (o Ungari, oppure Ungheresi) siscatenò <strong>in</strong> una delle sue terribili scorrerie: la meta eral’<strong>Italia</strong>. Come un turb<strong>in</strong>e distruttore le orde <strong>in</strong>vestironoOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/200977


e saccheggiarono il Veneto e la Lombardia f<strong>in</strong>o a Pavia.Qui giunse la notizia che il re Berengario avevaradunato a Verona un esercito e gli Ungari tornarono<strong>in</strong>dietro per affrontarlo; dopo alcune vane trattative sigettarono sugli uom<strong>in</strong>i del re, cogliendoli di sorpresa<strong>in</strong>tenti al pasto, e li sbaragliarono. Subito doporipresero le loro scorrerie: un’ondata giunse f<strong>in</strong>o alla Vald’Aosta. Un’altra si sp<strong>in</strong>se s<strong>in</strong>o a Modena e a Bologna,poi la marea rifluì a oriente e puntò verso le lagunevenete.L'attacco ungaro, terribile, travolse i centri abitatisituati non lontano dai bordi della Laguna: Cittanova (oEraclea), Equilo (o Jesolo) al Nord, Chioggia, Cavarzere,Adna al Sud furono distrutte. I barbari varcavano leacque «ecjuis atque pelliciis navibus», a cavallo o suimbarcazioni rudimentali, rivestite di pelli, e il brevespazio acqueo che separava quei centri dalla terrafermanon fu sufficiente ad arrestarli. Più difficile eral'avanzata nel cuore della laguna per arrivare allacapitale del ducato, Rivus Altus, Rialto, poi dettaVenezia: qui vi era il palatium del dux, che vi si erastabilito nell'810, qui vi era dall'828 il corpo di S. Marcocustodito nella sua basilica; per arrivarvi bisognavasuperare un tratto d'acque vasto e <strong>in</strong>sidioso. GliUngheri giunsero s<strong>in</strong>o ad Albiola, una località sitanell'isola di Pellestr<strong>in</strong>a, cioè una di quelle strisce diterra che separano la laguna dal mare; e qui furonoaffrontati dal duca, Piero Tribuno. Era il 29 giugno,festa dei santi Pietro e Paolo. Forse furono sconfitti,come scrivono le fonti veneziane; o forse, vista laresistenza degli abitanti e le difficoltà naturali dasuperare, preferirono ritirarsi. Non sembra, ma non èda escludere che il duca abbia adottato con essi latecnica con cui poi il re d'<strong>Italia</strong> Berengario riuscì aliberarsene def<strong>in</strong>itivamente: offrire ostaggi e doni. Fattosta che gli Ungheri non devastarono la capitalelagunare e partirono verso il Nord, dove poi Berengarioli persuase ad andarsene «cum omni praeda quamceperant».Dell'<strong>in</strong>vasione ungarica è data ampia notizia nellaprima opera storica dedicata a Venezia: la cronaca oIstoria Veneticorum di Giovanni Diacono. Di essa siconservano due codici del secolo XI alla BibliotecaVaticana. Alla Marciana ve n'è uno più tardo, del secoloXV, di valore qu<strong>in</strong>di assai m<strong>in</strong>ore; esso gode, tuttavia,di un prestigio particolare, che gli deriva dal fatto diessere stato il primo pubblicato. Esso fu la basedell’editio pr<strong>in</strong>ceps nel 1765 dal veneziano GirolamoZanetti, che si servì anche delle copie dei codici vaticaniche si conservavano nella biblioteca del dotto dogeMarco Pescarmi. L'edizione fu <strong>in</strong>felice, zeppa difra<strong>in</strong>tendimenti e di errori. Una migliore edizione fufatta nel 1846 dal Pertz e una ottima nel 1890 ad operadel Monticelo, cui fa seguito quella recentissima delBerti.Dopo l'<strong>in</strong>cursione dell'anno 900, gli Ungheri noncompaiono per un secolo nelle cronache di storiaveneziana.Invece, fra 24 anni il 12 marzo 924 avvenne ladistruzione di Pavia bruciandola con le frecce di fuocodei Magiari, ed Il periodo di floridezza e di splendore diPavia si conclude <strong>in</strong> quest’anno con le <strong>in</strong>vasioniungariche, quando la città fu saccheggiata e bruciata.78Guerriero magiaro del sec. IX, affresco nella cripta dellaBasilica di AquileiaI pochi che si salvarono dalle fiamme cont<strong>in</strong>uarono acombattere con i nemici che alla f<strong>in</strong>e, <strong>in</strong> cambio di fortetributo, lasciarono dietro le spalle la città bruciata.Con l’accordo tra gli Ungari e Berengario il Regnod’<strong>Italia</strong> evitò quasi per due decenni l’irruzione magiara,ma dopo l’uccisione del re i Magiari ritornarono perdistruggere e svaligiare i vari territori italianiimprigionando persone per portarne a casa come loroschiavi: attacchi simili a quello di Pavia i cavalieridell’Apocalisse li organizzarono ancora e raggiunsero,oltre le zone francesi e tedesche, la Toscana edarrivarono a Montecat<strong>in</strong>i, a Roma, a Capua e <strong>in</strong> Puglia;fecero qu<strong>in</strong>di la loro comparsa dappertutto <strong>in</strong> Europaoccidentale. In c<strong>in</strong>que decenni, tra il 898 ed il 955 lecronache dell’epoca parlano di non meno di trentatréirruzioni <strong>magiare</strong>.Vari nomi di luoghi geografici ricordano i crudelisaccheggi di questi cavalieri barbari, ad esempioLòngara nelle vic<strong>in</strong>anze di Vicenza, Ongar<strong>in</strong>a neid<strong>in</strong>torni di Verona, Vogarisca nella zona di Gorizia edancora nel Duecento anche alcune zone periferiche diBologna e Mantova erano chiamate col nome Ungaria…In Toscana e nelle chiese di Milano, spesso celebraronomesse straord<strong>in</strong>arie per chiedere l’aiuto di Dio perfermare i saccheggi tremendi degli Ungari pagani. Icanti <strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua lat<strong>in</strong>a delle guardie della città di Modenali <strong>in</strong>vitavano ad essere caute, svelte e chiedevano laprotezione del protettore della città, San Gem<strong>in</strong>iano:«Ti chiediamo ora, anche se eravamo i tuoi servi cattivi,di salvarci dalle frecce dei magiari!» Il canto si concludecon il r<strong>in</strong>graziamento per la protezione del santo: «Ilmalvagio popolo degli Ungari ora fa bruciare la casa ditutti, ma il santo proteggerà le mura dei suoi.» (cfr. Lenuove avventure di Sandy IV: I cavalieridell’apocalisse, <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> NN. 59/60, pp.20-23) Ecco una parte del testo orig<strong>in</strong>ale:«Oh, tu qui servas ista moenia,noli dormire, moneo, sed vigilia!................................Fortis iuventus, virtus audax bellica,vestra per muros audiatur carm<strong>in</strong>a,et sit <strong>in</strong> armis alterna vigilia,ne fraus hostilis haec <strong>in</strong>vadat moenia.......................................Confessor Christi, pie Dei famule,OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/2009


Gem<strong>in</strong>iane, exorando supplica,ut hoc flagellum, quod meremur misericelorum regis evadamus gratia.Nam doctus era Attile temporibusportas pandendo liberare subditos.Nunc te rogamus, licet servi pessimi,ab Ungerorum nos defendas iaculis......................................Tandem urit Hungarorumgens nefanda et cunctorumloca perdit: sed suorumSanctus servat moenia.»*all'ubbidienza il Gyula di Transilvania - regione checostituiva il pr<strong>in</strong>cipale focolaio di resistenza al suoprogetto accentratore - e si accontentò dunque diprocedere a degli accordi.(* Monumenta Germaniae Historica, Poetae aevi Carol<strong>in</strong>i,III, 703-6, da «La letteratura italiana. Le orig<strong>in</strong>i», Milano,1956, pp.246-49)I. 2. Ricordi ungheresi <strong>in</strong> <strong>Italia</strong> dalla fondazionedello stato magiaro agli AngiòI. 2./1. Alle soglie del nuovo millennio vennero grandicambiamenti nelle zone di frontiera nord-est dell’Europaa <strong>in</strong> cui troviamo la patria dei danesi, polacchi,ungheresi e di parecchi altri popoli.Anche la trasformazione della società ungherese subìun’accelerazione: si sciolse la società di sette tribù<strong>magiare</strong> a imitazione di quanto accadeva <strong>in</strong> occidente.Nell’Ungheria medievale fece eco il cristianesimo siaquello orientale che l’occidentale.. Il pr<strong>in</strong>cipe Taksony(955-972) riuscì ad elaborare un progetto di politicaestera che aveva l’obiettivo di riavvic<strong>in</strong>arsi all’occidentecristiano. Nel 961, al convertire il popolo alcristianesimo, richiese alla Santa Sede di <strong>in</strong>viare <strong>in</strong>Ungheria un vescovo, ma il vescovo di nome Zakeusconsacrato dal papa non giunse mai a dest<strong>in</strong>azione acausa dell’opposizione dell’imperatore Ottone I, chetemeva il collegamento diretto fra le terre ungheresi e ilpotere papale.Analogamente, il pr<strong>in</strong>cipe Géza (992-997) perseguìcon grande energia e prudenza l’opera <strong>in</strong>trapresa daisuoi predecessori e agì pertanto con estremacircospezione nei confronti della politica estera, mentreall’<strong>in</strong>terno del paese praticò una l<strong>in</strong>ea forte. Un annodopo il suo avvento, approfittando dell’atteggiamentodisponibile dell’imperatore, gli chiese di <strong>in</strong>viare deireligiosi per evangelizzare l'Ungheria. I sacerdoti guidatida Bruno - monaco di San Gallo consacrato vescovod'Ungheria - giunsero accompagnati da un piccolonumero di cavalieri germanici, i quali entrarono a farparte della scorta militare del pr<strong>in</strong>cipe, assumendosi ilcompito di modernizzare l'esercito, aff<strong>in</strong>ché fosse <strong>in</strong>grado di affrontare eventuali aggressori venutidall'occidente e di spezzare la resistenza <strong>in</strong>terna che sistava organizzando. Géza stesso ricevette il battesimo e<strong>in</strong>coraggiò i sudditi a seguire il suo esempio; la suapr<strong>in</strong>cipale ambizione, però, era quella di elim<strong>in</strong>are ogniforma di autonomia delle tribù e per raggiungere taleobiettivo favorì lo stanziamento nei suoi castelli e "corti"di guerrieri provenienti dai quadri tribali i quali,mettendosi al suo servizio, privavano i capi delle tribù edei clan della loro forza militare e del loro potere. Intale processo di centralizzazione, Géza tuttavia non sisentiva ancora sufficientemente forte per ridurreS. Stefano, re d’Ugheria, affresco nel Refettorio del CollegioVentulori, ex Collegio Ungherese-Croato(Fonte: «Európai Utas»)Nel 997 a Géza successe il figlio Vajk, che era statobattezzato col nome di Stefano [István] all’età di 10 <strong>in</strong>onore del protomartire santo Stefano, e aveva ricevutoun'educazione cristiana, il quale si curò ben presto dellaformazione di quadri istituzionali necessari alla trasformazionepolitica e sociale. Per quanto riguardal'organizzazione dello stato ungherese, sottrasse ai capitribù i luoghi fortificati e una parte della loro terre chedivennero contee (vármegye), e obbligò i loro uom<strong>in</strong>i aprestare servizio a difesa delle proprie fortezze. I pochiproprietari rimasti avrebbero costituito l'aristocrazia,composta dagli ispán nom<strong>in</strong>ati a capo delle contee e daisoldati dell'esercito permanente del pr<strong>in</strong>cipe. In talmodo i territori alle dipendenze dirette del pr<strong>in</strong>cipeerano cresciuti <strong>in</strong> maniera considerevole e avevanof<strong>in</strong>ito col divenire delle unità economiche <strong>in</strong>dipendentidai comitati. Da questo momento, i legami di sanguenon costituivano più le strutture fondamentali dellasocietà, tutti erano ormai sudditi del pr<strong>in</strong>cipe, che avevaorganizzalo il proprio stato basandosi unicamente sucriteri territoriali.Era evidente che ai mutamenti sociali e politicidovesse seguire una trasformazione della mentalità. Intale direzione egli si avvalse anche della religioneattraverso la conversione spontanea o forzata delpopolo; la Chiesa, <strong>in</strong>fatti, favoriva la formazione distrutture nuove, dest<strong>in</strong>ate a sostituirsi ai legami tribali edi sangue. Stefano ord<strong>in</strong>ò <strong>in</strong> ogni parte del paese chevenisse costruita una chiesa ogni dieci villaggi, con unparroco a carico della popolazione. Le frontiere deicomitati venivano a co<strong>in</strong>cidere all'<strong>in</strong>circa con quelledelle arcidiocesi che dipendevano da dieci vescovadi,due dei quali - quelli di Esztergom e di Kalocsa - furonopromossi al rango di arcivescovadi. Alla diffusione delcristianesimo contribuì anche l'opera d'i monaci italiani,OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/200979


germanici e cechi, mentre andavano sorgendomonasteri che si collegavano alla casa conventuale deibenedett<strong>in</strong>i di Szent-márton-hegy (Pannonhalma). Ilprimo autore di opere a carattere religioso fuGerardo/Gherardo [Gellért], vescovo di Csanád, cheavrebbe <strong>in</strong> seguito trovato la morte quale martire dellafede, mentre il pr<strong>in</strong>cipe Stefano può essere consideratol'autore del primo testo letterario, con il suo testamentopolitico scritto <strong>in</strong> lat<strong>in</strong>o e dest<strong>in</strong>ato al figlio, che ebbeampia diffusione <strong>in</strong> tutti i monasteri, dove i monacierano soliti eseguire delle copie non solo dei testireligiosi ma anche dei documenti giuridici e politici.Nella realizzazione del proprio progetto, Stefano siavvalse dell'opera di collaboratori ungheresi e stranieri,ma contro il suo operato non tardarono a manifestarsiforti opposizioni, cosicché dovette ricorrere alle armianche contro alcuni membri della sua stessa famiglia,Koppány di Somogy e il Gyula di Transilvania. Malgradotali difficoltà, Stefano può essere considerato ilfondatore dello stato feudale ungherese, comericonobbe lo stesso papa che gli <strong>in</strong>viò la corona con cuiegli venne <strong>in</strong>coronato il giorno di Natale dell'anno mille.La morte improvvisa del figlio Emerico [Imre] per un<strong>in</strong>cidente di caccia rischiò di compromettere tuttal'opera di Stefano I: l'opposizione mai sopita sostenevala successione di Vászoly, unico esponente dellafamiglia dal lato paterno che cont<strong>in</strong>uava a praticare ilpaganesimo e rimaneva ancora legato all'antico ord<strong>in</strong>epolitico e sociale. Il tentativo non riuscì; elim<strong>in</strong>atoVászoly e costretti i figli a fuggire all'estero, successePietro Orseolo, designato da Stefano, figlio della sorellasposata con il doge di Venezia.La morte di Stefano (poi divenuto santo) nel 1038,segna l'<strong>in</strong>izio di un periodo di gravi crisi, durante ilquale <strong>in</strong> varie riprese furono seriamente m<strong>in</strong>acciatel'<strong>in</strong>dipendenza e perf<strong>in</strong>o la stessa esistenza del giovanestato ungherese.La causa pr<strong>in</strong>cipale è certamente da attribuire, sulpiano della politica <strong>in</strong>terna, alle "malattie <strong>in</strong>fantili" dellasocietà feudale. Il malcontento degli uom<strong>in</strong>i liberi alservizio dello stato e le rivalità fra i grandi signori laicied ecclesiastici portarono a sommosse e ribellionicontro il nuovo regime, la cui <strong>in</strong>stallazione comportavacarichi crescenti per il popolo e forti limitazioni per leclassi più elevate. Dall'esterno, due immensi impericostituì vano una m<strong>in</strong>accia costante per l'avvenire delgiovane stato ungherese: l'impero romano-germanico, ilquale, dopo aver sottomesso i cechi e i polacchi,cercava di privare gli ungheresi della loro <strong>in</strong>dipendenza,e l'impero bizant<strong>in</strong>o, che aveva già annesso lo statobulgaro e che <strong>in</strong>tendeva riservare la stessa sorteall'Ungheria.Alla d<strong>in</strong>astia degli Árpád, successori di Santo Stefano,non mancavano né il talento politico, né ladeterm<strong>in</strong>azione, ma le loro energie furono sprecate <strong>in</strong>lotte tra famiglie e <strong>in</strong> avvenimenti drammatici. Lasuccessione veniva riservata sia al membro più anzianodella d<strong>in</strong>astia, sia al figlio più giovane del re defunto,sicché quando erano costretti a mettersi d'accordodividevano il paese <strong>in</strong> due parti, creando dei veri epropri pr<strong>in</strong>cipati territoriali, quasi completamente<strong>in</strong>dipendenti dalla corona. La volontà centralizzatricedei re, però, f<strong>in</strong>ì per avere ragione degli egoismi e deidissensi e i sovrani ungheresi dell'XI e XII secolo si80impegnarono a consolidare l'autorità reale el'<strong>in</strong>dipendenza del paese. A tale scopo, si appoggiaronotanto alle forze <strong>in</strong>terne che a quelle esterne, le quali - aloro volta - cercarono di sfruttare a loro vantaggio leambizioni personali dei membri della d<strong>in</strong>astia.Il regno di Pietro Orseolo (1038-1041; 1044-1046) sisvolse sotto la costante m<strong>in</strong>accia della rivolta degliaristocratici ungheresi gelosi del fatto che il potere sifosse concentrato nelle mani di uno "straniero". Perconservare il suo trono, Pietro fu costretto a ricorrereall'aiuto dell'imperatore germanico, all'epocadell'apogeo del suo regno, ma <strong>in</strong> cambio fu obbligato ariconoscerne la sovranità. Temendo la perditadell'<strong>in</strong>dipendenza del paese, i signori ungheresirichiamarono <strong>in</strong> patria i tre figli di Vászoly. I pr<strong>in</strong>cipiAndrea [András], Béla e Levente dovettero far fronte auna rivolta delle componenti ancora pagane del paese,nella quale rimase vittima il vescovo Gherardo. Avendocompreso che le condizioni storiche non consentivanodi attuare nessun ritorno <strong>in</strong>dietro, Andrea I (1046-1060) represse la ribellione e ristabilì lo stato di SantoStefano con l'appoggio di Bisanzio, preoccupata dallacrescita dell'impero germanico. L'attacco imperialevenne resp<strong>in</strong>to dall'energico pr<strong>in</strong>cipe Béla, fratello delre.Più tardi, quando Andrea I cercava di allearsi col suotemibile vic<strong>in</strong>o germanico per mezzo di matrimoniconclusi fra le due d<strong>in</strong>astie, il pr<strong>in</strong>cipe Béla approfittòdella situazione per impossessarsi del trono (1060-1063). Dopo la sua morte, Salomone [Salamon] (1063-1074), figlio di Andrea I - sostenuto dall'imperatoreEnrico [Henrik] IV, suo cognato - gli successe al trono(1063-1074), mentre i figli di Béla - Géza e Ladislao[László] - dovettero accontentarsi di due pr<strong>in</strong>cipati.Sempre alle prese con <strong>in</strong>trighi fomentati dai germanici edai bizant<strong>in</strong>i, e pressati dalle lotte tra le fazioni, ipr<strong>in</strong>cipi f<strong>in</strong>irono per mettersi <strong>in</strong> urto fra loro, e Géza(1074-1077), che uscì vittorioso da questi conflitti difamiglia, fu <strong>in</strong>coronato grazie all'appoggio dell'imperobizant<strong>in</strong>o.La prima grande ondata di crisi della coronaungherese ebbe f<strong>in</strong>e nel 1077, con l'avvento di LadislaoI [San Ladislao]. Il clima politico europeo, -<strong>in</strong> effetti,era favorevole all'Ungheria: si era all'<strong>in</strong>izio della guerradelle <strong>in</strong>vestiture, Ladislao I, per affrancarsi dallepressioni germaniche si schierò col papato, ma sioppose fermamente al papa quando questa dopo averaccorpato la Croazia ai suoi stati vassalli - pretendeva diottenere la sovranità sull'Ungheria. Bisanzio, che eraallora occupata a difendersi dagli assillanti attacchi deiTurchi selgiuchidi futuri artefici della sua caduta, nonriuscì a impedire che Ladislao <strong>in</strong>iziasse nel 1091 lasottomissione della Croazia e della Dalmazia. M<strong>in</strong>acciateda Venezia, che era strettamente legata all'imperobizant<strong>in</strong>o, le città dalmate chiesero anch'esse laprotezione del re d'Ungheria.Sotto la sp<strong>in</strong>ta di Bisanzio, i Peceneghi si scagliaronocontro l'Ungheria e vennero resp<strong>in</strong>ti dall'esercitoimperiale. Per ristabilire l'ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong>terno del regno,molto <strong>in</strong>stabile a causa degli <strong>in</strong>cidenti dei precedentidecenni. Ladislao promulgò delle leggi estremamentesevere e sostenne la chiesa, guardiana spiritualedell'ord<strong>in</strong>e, con doni frequenti, tanto da ottenere ilprocesso di canonizzazione di Stefano, di EmericoOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/2009


[Imre] e di Gerardo (1083). I frutti del suo assiduolavoro furono raccolti dal nipote Koloman [Kálmán]Béla, ed Elisabetta (la futura santa) <strong>in</strong>numerevoliimmag<strong>in</strong>i, raffigurazioni si trovano <strong>in</strong> <strong>Italia</strong>.(1095-1116), il quale ottenne la totale sottomissionedella Croazia e della Dalmazia e riuscì a evitare lepretese del papa alla sovranità. Uomo estremamentecolto per la sua epoca, Koloman il bibliofilo creò alla suacorte un ampio circolo di <strong>in</strong>tellettuali di l<strong>in</strong>gua lat<strong>in</strong>a, diEcco alcuni ricordi, raffigurazioni che rievocanoqueste epoche ed i loro personaggi tra cui qualchericordo non è stato riportato nell’articolo orig<strong>in</strong>ale <strong>in</strong>ungherese:giuristi, di cronisti e agiografi. Nello stesso tempo, l'arteromana raggiungeva <strong>in</strong> Ungheria il livello delibarleeuropea, essenzialmente grazie ad artisti formatisi allascuola di Pécs.All'<strong>in</strong>izio del XII secolo, il pericolo germanico erapassato, il papato si era riconciliato con l'Ungheria, eBisanzio cercava <strong>in</strong> ogni modo di avvic<strong>in</strong>arsi. Persigillare l'amicizia con quest'ultima, Piroska, figlia diLadislao, divenne imperatrice di Bisanzio, sotto unnome che simboleggiava la pace fra i due stati: Irene[Irén]. Dopo la sua morte, la chiesa bizant<strong>in</strong>a la veneròVENEZIA: In questa città troviamo più ricordi checitano S. Gherardo (980-1046) che fu un vescovo esvolse il suo apostolato a Csanád, <strong>in</strong> Ungheria. Allamorte del re Stefano seguirono anni di lotta per ilpotere, che si risolsero nel 1046 <strong>in</strong> una rivolta durantela quale moltissimi cristiani furono uccisi. Il 24settembre San Gerardo fu sp<strong>in</strong>to giù da una coll<strong>in</strong>a diBuda, lungo il Danubio; questa coll<strong>in</strong>a porta tuttora ilsuo nome ungherese (Gellért). Ora riporto soltantoalcuni ricordi:come santa per le sue opere pie che aveva compiutocon grande abnegazione, prima della lunga serie dipr<strong>in</strong>cipesse canonizzate nella d<strong>in</strong>astia degli Árpád. Ilfiglio di Irene, Manuele I Comneno voleva però farvalere la sua ascendenza semi-ungherese per occupareil trono di Ungheria. Dopo aver sostenuto diversipretendenti, egli chiamò alla sua corte Béla, figliocadetto di Géza II (1141-1162), al quale promise chel'avrebbe designato come suo successore, mentre <strong>in</strong>realtà preparava l'annessione del Sirmio, della Croazia edella Dalmazia, pr<strong>in</strong>cipati che dipendevano da Béla. Laferma resistenza degli ungheresi lo condusse però aChiesa di S. Nernardo di Murano:Reliquie di S. Gherardo Sagredo, vescovo diCsanád ― Nell’archivio del Monastero si conserva unascheda <strong>in</strong> carta pecora, contenente l’epigrafe postaallora nell’altar maggiore:«MDCXVII. Die 2. mensis Aprilis, Ego antoniusGrimanus episcopus Torcellanus consacravi ecclesiamet altare hoc <strong>in</strong> honorem sancti Bernardi Abbatis, etreliquias sanctorum martirum Bartgolomei, s, Gerardiepiscopi et martiris, S. Erasmi episcopi et martiris et S.Barbarae virg<strong>in</strong>ia et martiris <strong>in</strong> eo <strong>in</strong>clusas, s<strong>in</strong>gulisr<strong>in</strong>unciare al suo progetto, cioè all'unione dell'Ungheria Christi fidelibus hodie unum annum et <strong>in</strong> diecon Bisanzio. Nel 1172, il pr<strong>in</strong>cipe Béla rientrò <strong>in</strong>Ungheria, per occupare il trono rimasto vacante e <strong>in</strong>seguito alla morte di Manuele (1180) riconquistò ilpr<strong>in</strong>cipato del sud.L'Ungheria, che usciva allora da un secondo periododi crisi politiche, aveva appreso, durante le lotteaccanite degli ultimi 150 anni, a farsi rispettare etemere dai suoi vic<strong>in</strong>i dell'ovest e dell'est. L'op<strong>in</strong>ionedegli stranieri si tradusse nell'elogio degli ungheresianniversario concsecrationis hujusmodi quadrag<strong>in</strong>tadies de vera <strong>in</strong>dulgentia <strong>in</strong> forma ecclesie consuetaconcedens.»Si tratta probabilmente di una reliquia che il vescovoAntonio Grimani di Torcello estrasse dal corpo di S.Gherardo esistente nella chiesa di S. Maria e Donato eche, nel 1617, fu collocata nell’altar maggiore dellachiesa di S. Bernardo. [Cicogna, Iscrizioni veneziane, v. VI,p. 359.]fatto da un cronista bizant<strong>in</strong>o: «i loro cavalli, benearmati, ricoperti di ferro e di armature sono una follaimmensa, più numerosa delle erbe sul bordo del mare;la loro arditezza è <strong>in</strong>eguagliabile, la loro temerarietàChiesa e monastero di S. Giorgio Maggiore:Reliquie di S. Gherardo Sagredo ― Nel 1593,con il permesso di Antonio Grimani vescovo di Torcello<strong>in</strong>v<strong>in</strong>cibile; essi sono irresistibili nella battaglia, fu staccato un osso dal corpo di S. Gherardo esistente<strong>in</strong>dipendenti e liberi; camm<strong>in</strong>ano a testa alta, amano lalibertà...».I matrimoni degli Árpád con le famiglie italianepr<strong>in</strong>cipesche non si conclusero con la storia sfortunatadei parenti veneziani. Koloman sposò Busilla, la figliadel sovrano siciliano, Ruggero Altavilla, per poterprendere contatti tramite i vasti rapporti apparentat<strong>in</strong>ella chiesa di S. Maria e Donato di Murano e dato <strong>in</strong>dono da lui all'Abate di S. Giorgio Maggiore, DonMichele Alabardi il quale, secondo riferisce il Cicogna,«ebbero riposto coll’altre reliquie nella chiesa stessa,facendogli costruire un bel tabernacolo d'argento».(Cornelius Flam<strong>in</strong>ius, Ecclesiae Venetae, tom. VIII, p. 86,riporta il relativo documento <strong>in</strong> data del 9 aprile 1593. Cfr. FI.della d<strong>in</strong>astia normanna, ma rimasero senza figli.Corner, Notizie storiche, p. 469; Cicogna, v. V, p. 182;Karácsonyi, p. 185.)Il fratello di Andrea II [András/Endre], 18° re árpádianosposò Margherita, figlia del marchese di Monferrato,Dip<strong>in</strong>to raffigurante S. Gherardo Sagredo,Bonifacio. La madrereg<strong>in</strong>a Margherita rimasta vedova, avescovo di Csanád — Quadro ad olio su tela chequei tempi vedova di Pietro Orseolo, trovò rifugio dalforma la pala dell'altare dedicato a Gerardo Sagredosuo fratello <strong>in</strong> Ungheria, mentre suo figlio, Demetrio siche vi è rappresentato <strong>in</strong> atto di affrontare il martirio.rifugiò nella corte del re siciliano, Frederico II. Andrea(Kiss e Sziklay, A katholikus Magyarország, v. I, p. 31.)II affidò il governare la regione di Szerémség alla suasorella che durante il suo regno non mancò di sfruttareDue lapidi <strong>in</strong> ricordo di S. Gherardo Sagredo,la sua <strong>in</strong>fluenza per conquistare la corona bizant<strong>in</strong>a.vescovo di Csanád — Si trovano su due colonneNel primo matrimonio di Andrea II con Gertrude didell'altare che è a destra dell'altar maggiore. Una è <strong>in</strong>Merania c<strong>in</strong>que figli nacquero, e tra loro di Maria, dil<strong>in</strong>gua ungherese:81OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/2009


«Midőn Magyarország a kereszténység felvételénekés királysága megalapításának kilencszázadosévfordulóját ünnepelte, e szent helyre, hol amagyar nemzet nagy apostola, Szent Gellértvértanu, első csanádi püspök nevelkedett és apátitisztséget viselt, 1900 évi szeptember 25-én háláskegyelettel elzarándokolt, itt ünnepiesistentiszteletet tartott s ezt a feliratot készítettecserneki és tarkeöi Dessewffy Sándor csanádipüspök, Szent Gellértnek 86-ik utódja,káptalanával, papságával és híveivel együtt».Oh szent Gellért püspök!Áldd meg országunkat,Mi magyar hazánkatÉs szent egyházunkat.Közbenjárásodban bőven legyen részünk,Isten irgalmába ajánld fel nemzetünk!L'altra è <strong>in</strong> lat<strong>in</strong>o :E MONASTERO S. BENEDICTI IN INSULA S. GEORGIISAECULO UNDECIMO EGREDITUR S. GERARDUSVENETA E PROGENIE ILLUSTRI SAGREDO, ABBASEIUSDEM MONASTERII. SANGUINEM PRO CHRISTOFUNDERE EXOPTANS IN TERRAS VESTIGIISSALVATORIS CONSECRATAS PETIT, DIVINO TAMENAFFLATU; MOTUS IN HUNGARIAM VENIT GENTEMQUEHUNGARAM CHRISTO LUCRATUR, IN DIOECESICSANADIENSI A S. STEPHANO PROTOREGEHUNGARIAE FUNDATA EPISCOPALI REDIMITURINFULA PIUSQUE FIDEI MAGISTER REGIT ANNISSEDECIM ATQUE PRO FIDE, QUOD SEMPERANHELABAT, MARTYR OBIIT. IN MEMORIAM BEATIHUIUS EPISCOPI MARTYRIS IN ANNIVERSARIONOVIES SAECULARI SUSCEPTAE PER GENTEMHUNGARAM CHRISTI FIDEI ET ACCEPTAE A SEDEAPOSTOLICA REGIAE SACRAE CORONAE, IN ECCLESIAHAC DIE 25 SEPTEMBRIS ANNI 1900 SACRA DEOOBTULIT. HANCQUE INSCRIPTIONEM CURAVITGRATUS SUCCESSOR S. GERARDI ALEXANDERDESSEWFFY DE CSERNEK ET TARKEO EPISCOPUSCSANADIENSIS CUM CAPITULO CLERO POPULOQUEFEDELI.O Pastor e coelo ParensGerarde! adesto filiis,Pressis sepulcro qui dulciaFigunt oscula labellis.Hungariae miserans adsitDeus eventusque secundet,Aspiret votis Virgo benigna suis!Furono poste nel 1900 per cura di Mons. AlessandroDessewffy de Csernek a Tarkeő, l’86° successore di S.Gherardo nella cattedra di Csanád. (Kiss e Szilday, Akatholikus Magyarország, v. I, p. 281.)ROMA:Alzato della Chiesa e dell’Ospizio di S. Stefano degli Ungari aRoma (Francesco Cancellieri, De Secretariis BasilicaeVaticanae)S. Stefano M<strong>in</strong>ore: Chiesa e Ospizio degliUngheresi ― Chiesa e Ospizio degli Ungheresi —Stando al suo biografo Hartvik del secolo XI, S. Stefanoprimo re d'Ungheria (1000-1038) «fece costruire aRoma case con giard<strong>in</strong>i circondate di mura, per ospitaregli Ungheresi recatisi alla visita della tomba del Pr<strong>in</strong>cipedegli Apostoli». La fondazione fu stabilita dal Santo Renel Campo Vaticano, accanto alla chiesa di S. StefanoM<strong>in</strong>ore, che si ritiene costruita dal pontefice Stefano II(752-757) e concessa da Giovanni XIX allo stesso Re ilquale la completò di nuovi fabbricati onde formarel'Ospizio degli Ungheresi. Dalla bolla rilasciata l'8maggio 1058 da Benedetto X risulta che allora unAlberto ne fu l'arciprete il quale ottenne dal medesimopontefice i seguenti privilegi: i romei ungheresi recatisia Roma non potevano prendere alloggio che <strong>in</strong> questoOspizio; i pellegr<strong>in</strong>i ungheresi morti nell'Eterna Cittànon potevano essere seppelliti che nell'Ospizio; i benidegli ungheresi ivi deceduti dovevano essere devolutiall'Ospizio. Nella bolla del 2 marzo 1290 del ponteficeNiccolò IV vediamo ricordata «ecclesiam S. Stephani deUngaris dictam» che, s<strong>in</strong> dal secolo XIV, era parrocchiadest<strong>in</strong>ata alla cura spirituale degli Ungheresi stabilitis<strong>in</strong>ella contrada detta «Platea Ungarorum », adiacenteall'Ospizio. Nel 1423 Re Sigismondo diede <strong>in</strong>carico afrate Giorgio di Enrico, procuratore dell'Ord<strong>in</strong>e deiM<strong>in</strong>ori, di assumere la cura dell'Ospizio e di provvedereal restauro. In tale carica egli fu riconfermato daipontefici Mart<strong>in</strong>o V ed Eugenio IV, col titolo di «RectorHospitalis S. Stephani de Urbe».Più tardi, l'Ospizio e chiesa passarono, dallagiurisdizione della Santa Sede a quella del Red'Ungheria. Per conseguenza ne ebbe cura FilippoBodroghi, procuratore romano di re Uladislao [Ulászló]II il quale, nel 1497, fece restaurare l'ospizio. Nei tempisusseguenti, chiesa e ospizio vennero affidati ai monaciungheresi dell'Ord<strong>in</strong>e di S. Paolo I Eremita, stabilitisi s<strong>in</strong>dal 1454 nel convento di Stefano Rotondo sul Celio. Maest<strong>in</strong>tosi il ramo ungherese di quest'Ord<strong>in</strong>e i monaciungheresi furono sostituiti dai Paol<strong>in</strong>i di altre nazionalitài quali diedero <strong>in</strong> affitto al Capitolo Vaticano i fabbricatidell'Ospizio che, s<strong>in</strong> dalla metà del XVI secolo, nonaccoglieva più i pellegr<strong>in</strong>i. Soppresso il convento di S.Stefano Rotondo, nel 1579 vi fu istituito il CollegioUngarico che ereditò, <strong>in</strong>sieme ai beni del conventocelimontano anche l'ospizio e la chiesa di S. Stefano.Unito poi nell'anno appresso il Collegio Ungherese a82OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/2009


quello Germanico, questi beni passarono <strong>in</strong> posso delCollegio Germanico Ungarico. Tuttavia i fabbricati sitrovarono <strong>in</strong> stato di abbandono e l'ospizio cont<strong>in</strong>uò asussistere ancora per un secolo come casa d'affitto,f<strong>in</strong>ché venne appropriato dal pontefice Pio VI che, nel1776, fece demolire per la costruzione della nuovaSacrestia Vaticana.Tuttora ci rimangono però preziosi documenti graficiche danno una idea abbastanza precisa di questaistituzione di S. Stefano. Per il primo a rilevarne lapianta fu Tiberio Alfarano nella sua famosa Tavolarappresentante la Basilica Vaticana nel 1590 e che cene offre un rilievo panoramico. Piante dettagliate se neconservano nel «Catasto dei beni del CollegioGermanico ed Ungarico» conservato nell'Archivio dellostesso Collegio. Ve ne sono due: l'una del 1630 e l'altradel 1776. Poi, nel 1786, furono pubblicate dalCancelliere due <strong>in</strong>cisioni rappresentanti rispettivamentela pianta dell'Ospizio <strong>in</strong>sieme alla chiesa e lo spaccatodella chiesa. Da queste fonti grafiche risulta che ilfabbricato occupava l'area <strong>in</strong>terposta fra la «Stradamaestra che tende alla Piazza di S. Marta» e la «Stradache va a S. Marta et alla Piazza delli Scarpell<strong>in</strong>i dietro aSan Pietro», <strong>in</strong> modo che la facciata del complesso deifabbricati dava su questa ultima strada. La chiesa chesulla facciata portava l'iscrizione ECCLESIA HOSPITALISS. STEPHANI REGIS VNGARORVM, era situata nellaparte settentrionale, con l'abside rivolta a sud verso la«Piazza degli Ungari», mentre l'entrata si apriva <strong>in</strong> un«sito scoperto» posto sulla strada che menava dietrol'antica Sagrestia Vaticana. Essa era una costruzione dipiccola proporzione, eseguita secondo lo stile delleantiche basiliche cristiane e constava di tre navate fraloro separate da dodici colonne di marmo bigio edistribuite <strong>in</strong> ragione di sei per parte. Il soffitto privo diqualsiasi decorazione era formato di travi di legno aschiena d'as<strong>in</strong>o. Al lato meridionale della chiesa siappoggiava una parte dei fabbricati dell'Ospizio, la cuifronte si ergeva lungo la strada, nella larghezza delsopraccennato «sito scoperto» prolungandosi verso sudcon un'ala dietro la quale si estendeva il cortile. Unaltro blocco di fabbricati dava sulla «strada maestra».«Questa casa — stando alla pianta del 1630 — possiedecorsi di 5 stanze con cortile»; <strong>in</strong>oltre vi furono un «granaro»,due «forni» ed una «bottega di forno». A sud,dell'Ospizio si estendeva un «giard<strong>in</strong>o», s<strong>in</strong>o al «sito diCampo Santo». È da notare che, <strong>in</strong> seguito allacostruzione della nuova Basilica Vaticana, il livello dellastrada era stato <strong>in</strong>nalzato tanto che, per entrare nellachiesa, occorreva scendere otto scal<strong>in</strong>i. La fondazionedi S. Stefano è ricordato da una lapide murata nelballatoio traversale che congiunge la Sacrestia allaBasilica di S. Pietro.Dip<strong>in</strong>to rappresentante S. Stefano, protorèd'Ungheria — Parlando dell'altar maggiore dellachiesa, l'Alveri dice che esso «è dedicato a S. Stefanodegli Ungari et ha il suo quadro dip<strong>in</strong>to <strong>in</strong> tela».Secondo il Fraknói, il quadro vi fu collocato dai padridella Compagnia di Gesù, poco dopo l'unione delCollegio Ungarico a quello Germanico, di cui essi ebberola cura. Scomparso.Iscrizione ricordante Filippo Bodroghi,procuratore di Uladislao II re d'Ungheria — Nel1497 il Bodroghi fece restaurare l'Ospizio, «comeriferisce il Fan. nel lib. I al cap. 22, dove asserisce averletto <strong>in</strong> esso la seguente iscrizione:DOMVS. HVNGARORVMRENOVATA. PER. D. PHI.DE. BODROG. DD. SE. D.VLADISLAI. REGIS. PROC.EX. ELEMOSINISPEREGRINORVMSEDENTE. ALEX. PP. VI.1497Cosi G. Alveri, op. cit., p. 218; Cancellieri, op. cit. v. Ili, p.1557, Forcella, v. XIII, p. 173, n. 331; Fraknói, <strong>in</strong> «Kath.Szemle», v. cit., p. 180, n. 2; Veress. Monumenta, v. III, p.255; Banfi, ne «L'Osservatore Romano» del 7 settembre1941.Ettore Roesler Franz: S. Stefano Rotondo di Roma(Roma, Museo di Roma)S. Stefano di Rotondo di Roma di G. B. Piranesi (Piranesi,Antichità romane)S. Stefano Rotondo: Chiesa e convento deimonaci ungheresi dell'Ord<strong>in</strong>e di S. Paolo IEremita (v. sopra) — Costruzione a pianta, centrale<strong>in</strong>teramente omogenea che dai caratteri costruttivi edarchitettonici risulta non anteriore al V secolo, questachiesa ha messo <strong>in</strong> imbarazzo gli studiosi di architetturacristiana perché non ha la forma di una chiesa; né si èriusciti a dimostrarla un edificio pagano trasformato,essendo difficile supporre una costruzione nuova e cosìgrandiosa nell'epoca sopraccennata. Si è qu<strong>in</strong>di pensatoad un edificio pagano ricostruito completamente <strong>in</strong>epoca tarda e poco dopo trasformata <strong>in</strong> chiesa,OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/200983


immag<strong>in</strong>ando anche che la costruzione primitiva,analoga di forma, abbia potuto esser quel «macellummagnum» fondato da Nerone, che è ancora ricordatoda fonti del IV secolo. Ma le scoperte hanno ancora unavolta confermato che gli edifici preesistenti avevanotutta un'altra forma ed un altro andamento. Laspiegazione più plausibile è qu<strong>in</strong>di sempre quella chesuppone S. Stefano Rotondo una chiesa edificata conmateriali antichi, ma senza l'ausilio di alcuna preesistentecostruzione, nel V secolo, e più precisamente nel467 quando appunto le fonti ricordano che fu dedicatadal pontefice Simplicio al Protomartire. In orig<strong>in</strong>e lachiesa era preceduta da una magnifica piazza conportici, <strong>in</strong> modo che la porta si apriva dove più tardi fuedificata l'abside del VII secolo; chiusa quella porta, allaquale venne costruito l'odierno portico <strong>in</strong> occasione delrestauro della chiesa fatto eseguier nel 1453 dalpontefice Niccolo V.In quel tomo di tempo si tratteneva a RomaValent<strong>in</strong>o Kapusi, quale procuratore generaledell'Ord<strong>in</strong>e di S. Paolo I Eremita e penitenziereungherese della basilica di S. Pietro, che nel 1454chiese ed ottenne dal pontefice la chiesa per i suoiconfratelli ungheresi che s<strong>in</strong> dal 1404 erano ospitati nelconvento di S. Salvatore <strong>in</strong> Onda. Ottenuta la chiesa, iPaol<strong>in</strong>i ungheresi s'<strong>in</strong>stallarono nel monastero di S.Erasmo elevato lì accanto sulle rov<strong>in</strong>e della casa deiValerii. Le antiche fabbriche vennero riattate a curadello stesso Kapusi nel 1462, poi ampliate di nuovecostruzioni sotto il pontificato di Leone X. Est<strong>in</strong>tosi ilramo ungherese di quest'Ord<strong>in</strong>e, nel 1579 vi fu istituitoil Collegio Ungarico che nell'anno appresso venne adunirsi a quello Germanico. Per conseguenza, la chiesapassò <strong>in</strong> possesso del Collegio Germanico Ungarico.[N.d.R. L’istruzione superiore a Roma assunse un ruolo diparticolare importanza, di irradiazione europea, nel XVIsecolo, quando accanto allo Studium Urbis sorsero i cosiddetticollegi pontifici, affidati alla Compagnia di Gesù. Essendocostituiti <strong>in</strong> base al criterio della nazionalità, tali collegi fecerodi Roma un centro di studi superiori a carattere <strong>in</strong>ternazionalee, <strong>in</strong>sieme, il centro della restaurazione cattolica <strong>in</strong> Europa.Tra questi, il Collegium Germanicum-Hungaricum riveste unruolo em<strong>in</strong>ente non solo nella storia della cultura di areal<strong>in</strong>guistica tedesca, ma anche di quelle ungherese e croata. Illibro ne ripercorre le vicende dalla fondazione, nel 1578, f<strong>in</strong>oal 1782, quando un editto di Giuseppe II proibì ai sudditiaustriaci e ungheresi di svolgere studi a Roma. In questoperiodo quasi 700 alunni provenienti dall’Ungheriafrequentarono il Collegio, <strong>in</strong>trecciando forti legami tra gliimpulsi culturali provenienti da Roma e i vari aspetti dellacultura, della letteratura, dell’arte e della musica ungherese <strong>in</strong>età barocca.].Entrando nella chiesa, si prova un senso di meravigliaal solo vederla; la nave è sorretta da 58 colonne digranito e sei di marmo bianco, tutto d'ord<strong>in</strong>e differente.Essa aveva anticamente un secondo circuito di colonne,ma Niccolò V ne chiuse gli archi, restr<strong>in</strong>gendo ilperimetro della chiesa, <strong>in</strong> modo che ne rimaneva più <strong>in</strong>fuori il muro orig<strong>in</strong>ario, un tratto del quale tuttorarimane <strong>in</strong>cluso nella chiesa per formarne le duecappelle. Una di queste, è la cappella dei SS. Primo eFeliciano la cui abside fu costruita nel VII secolo, nelpunto dov'era l'<strong>in</strong>gresso orig<strong>in</strong>ario e decorato dimosaico di quell'età; l'altra cappella di cui diremo più<strong>in</strong>nanzi, è di costruzione del XVIII secolo. Nelle paretidella nave circolare sono rappresentate a fresco le84storie dei santi martiri, fatte eseguire nel 1582 dal P.Lauretano, primo rettore del Collegio Germanico Ungarico.Gli affreschi si devono a Niccolo Circignani dellePomarance coadiuvato da Matteo da Siena; <strong>in</strong>oltrealcune pitture furono condotte da Antonio Tempesta.Tutte le storie nom<strong>in</strong>ate sono <strong>in</strong> numero di 32, evennero <strong>in</strong>cise <strong>in</strong> rame dal Cavalieri.Cappella di S. Stefano protorè d'Ungheria. —La costruzione di questa cappella situata accanto aquella dei SS. Primo e Feliciano ebbe luogo <strong>in</strong> seguitoalla demolizione del S. Stefano degli Ungheresi, <strong>in</strong>conformità alle <strong>in</strong>tenzioni del pontefice Pio VI che, conbolla del 20 giugno 1776, ord<strong>in</strong>ò che nella chiesacelimontana fosse edificata una cappella <strong>in</strong> onore di S.Stefano re d'Ungheria acciocché gli alunni del CollegioGermanico Ungarico vi celebrassero ogni anno la festaricorrente. La cappella, nella cui volta si leggel'iscrizione della dedica — «Colendae memoriae SS.Stephani Hungarorum Regis et Pauli eremitarumPr<strong>in</strong>cipis» — venne costruita, con ausilio di un trattodella nave esteriore della chiesa, dall'architetto PietroCamporese, nel 1778 allorché per la prima volta vi fucelebrata la festa del santo Re.Altare dedicato ai Santi ungheresi. — È l'altaremaggiore che, probabilmente quando il ponteficeNiccolò V concesse la chiesa ai Paol<strong>in</strong>i, fu dedicato,oltre agli altri titoli, anche a S. Stefano, S. Ladislao e S.Emerico, come dimostra una lapide posta sulla colonnalì accanto e che reca la seguente iscrizione:«Altare <strong>in</strong> medio Templi consecratum est adhonorem Dei et <strong>in</strong> memoriam S.mae DeiGenitricis Mariae, Beati Joannis Evangelistae etSanctorum Apostolorum Andreae Philippi acJacobi, et Beatorum Martyrum StephaniProthomartyris, Laurentii et Pancratii, etSanctorum Confessorum Nicolai ac Mart<strong>in</strong>i,necnon Stephani, Emerici ac Ladislai RegumHungariae».Reliquia di S. Ladislao, re d'Ungheria — «A S.Stefano Rotondo del Monte Celio venerasi una sua<strong>in</strong>signe reliquia, portata a Roma da i Romiti Ungari, chegià offiziarono la detta chiesta, e vi celebravano la suafesta (28 giugno)».Affresco allusivo alla leggenda di S. Stefano red'Ungheria — Nel piano <strong>in</strong>terno della balaustradell'altar maggiore si vede dip<strong>in</strong>to un ciclo di affreschiraffiguranti le storie di S. Stefano Protomartire, l'ultimodei quali, con l'iscrizione, «B. Stephanus SanctiStephani Hungarorum regis predicit ortum», illustraquel capitolo della leggenda dell'omonimo re d'Ungheriasecondo cui il Protomartire avrebbe predetto durante ilsonno a Sarolt/Sarolta, consorte del duce Géza degliUngheresi e madre di re Stefano, la nascita del suosanto figlio. Opera eseguita nel 1582 dal Pomarancio.Pigler Andor, A pápai plébánia templom és mennyezetképei(La phiesa parrocchiale di Papa ed i suoi dip<strong>in</strong>ti nella volta),Budapest 1922, p. 12, ove è dimostrato che per le pittureeseguite nel 1780 dal Maulbertsch nei dodici peducci delle trecupole della chiesa parrocchiale di Papa <strong>in</strong> Ungheria servironoOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/2009


da modello gli affreschi del Pomarancio. Cfr. Banfi, <strong>in</strong>«Magyar Kultúra », v. XIV, p:. 702; Luttor, ne «L'IllustrazioneVaticana», v. c., p. 843 con figura; Gerő, p. 120.Rejőd, <strong>in</strong> «Religio», v. LXXII, p. 342; Gerő, pp. 24, 57, 106,fig. 48; Banfi, <strong>in</strong> «<strong>Italia</strong> e Ungheria», v. X. p. 270 (con figura).Sepolcro del P. Clemente, penitenziereungherese della Basilica di S. Pietro — Nelpavimento della cappella dei SS. Primo e Feliciano, sivede una lastra tombale recante l'iscrizione che giralungo la cornice:HIC. REQVIESCIT. CORPVS. REVERENDI. PATRIS.FRATRIS. CLEMENTIS. ORDINIS. S. PAVLI. PRIMI.HEREMITE. QVONDAM. PENITENTIARII. DOMINI.PAPE. IN. BASILICA. PRICIPIS. APOSTOLORVM. QVI.OBIIT. ANNO. MCCCCXCV. DIE XXVI. AVGVSTI.Nello specchio della stessa lastra si legge l'epitaffio:SCIO. QVOD. REDEMPTOR. MEVS. VIVIT. ET. IN.NOVISSIMO. DIE. RESVRGAM. ET. RENOVABVNTVR.DENVO. OSSA. MEA. ET. IN. CARNE. MEA. VIDEBO.DEVM. SALVATOREM. MEVM.P. Clemente di Stefano, dell'Ord<strong>in</strong>e di S. Paolo IEremita, coprì l'ufficio di penitenziere dal 1473 f<strong>in</strong>o allamorte sopravvenutagli il 26 agosto 1495.Sepolcro di Giovanni de Lazo, penitenziereungherese della basilica di S. Pietre — Nelpavimento davanti all'altar maggiore v'è la lastra sepolcraleche reca scolpita la figura di un sacerdote<strong>in</strong>dividuato dall'iscrizione che gira lungo la cornice:IO. LAZO. ARCHIDI. TRANSSILV. PANNO. POENIT.AP. DVM. ANN. AGERET. LXXV. OBIIT. XVII. AVG.M.D.XXIII.A destra e a s<strong>in</strong>istra del capo della figura si vedescolpito lo stemma del defunto, scudo con tre treccie <strong>in</strong>pungo, e sotto la figura l'epitaffio:NATVM QVEM GELIDVM VIDES AD ISTRVMROMANA TEGIETVR VIATOR VRNANON MIRABERE SI EXTIMABIS ILLVDQVOD ROMA EST PATRIA OMNIVM FVITQUEStemma d’Ungheria (Roma, S. Stefano Rotondo)Chiesa di S. Stefano <strong>in</strong> Pisc<strong>in</strong>ula:Sede del Capitolo fondato da S. Stefano,protorè d’Ungheria ― «Questa pia fondazione delSanto Re fu da esso eseguita nella chiesa di S. Stefanode’ Pesci o <strong>in</strong> Pisc<strong>in</strong>ula, che era, per così dire, f<strong>in</strong>oall’altro giorno proprio rimpetto alla chiesa di S. Luciadel Gonfalone o della Chiavica, cambiata <strong>in</strong> questi ultimianni <strong>in</strong> un bel casamento di quattro piani, ed <strong>in</strong> untondo dell’angolo occidentale sta l’immag<strong>in</strong>e a frescodel Protomartire S. Stefano, per memoria che era iviesistita una chiesa allo stesso Santo <strong>in</strong>titolata, quelcasamento porta il numero civico 137-138-139-140, edil medesimo nome di S. Stefano si vuole imporre alvicolo che ha d’appresso.» La ricorda anche ilGregorovius dicendo che «che la chiesa degli Ungheresiè quella di S. Stefano <strong>in</strong> Pisc<strong>in</strong>ula nella Regione dettaParione, <strong>in</strong> cui deve aver esistito l’antica Colleggiatadedicata a Stefano Protomartire.»Giovanni de Lázó arcidiacono di Transilvania coprìl'ufficio di penitenziere dal 1517 f<strong>in</strong>o alla mortesopravvenutagli il 17 agosto 1523.Bassorilievo rappresentante lo stemmad'Ungheria — Sul pozzetto di marmo del chiostro sivedono scolpiti sei stemmi, uno dei quali è quellod'Ungheria. Scudo sormontato da diadema, con campo<strong>in</strong>quartato; nel primo quarto: tre (<strong>in</strong>vece di quattro)strisce, arma della Nazione; nel secondo: la crocedoppia (senza le tre coll<strong>in</strong>e), <strong>in</strong>segna del Re; nel terzotre teste di leopardo e nel quarto leone arrampicante,rispettive armi di Dalmazia e di Boemia, soggette allaCorona di S. Stefano.Vi è poi lo stemma del pontefice Leone X (1573-1521), che c'<strong>in</strong>dica l'epoca della costruzione delpozzetto. Sbaglia dunque il Gerő nel riferire lo stemmadell'Ungheria a re Sigismondo anziché ad Uladislao II.PERUGIA:Chiesa di S. Elisabetta [Erzsébet]:La prima chiesa dedicata a S. Elisabettad’Ungheria o di Tur<strong>in</strong>gia — Fu fatta fabbricare dauno dei canonici della Chiesa di S. Lorenzo, molto primadel 1330, data questa posta sull’affresco che ricorda lafondazione della Chiesa e che distaccato dalla Chiesa,ora si trova nella P<strong>in</strong>acoteca Vannucci. Nel 1331 Papagiovanni XXII eresse <strong>in</strong> parrocchia la detta Chiesa ormaiscomparsa.S. Elisabetta d’Ungheria o di Tur<strong>in</strong>gia(Sárospatak, 1207 – Marburgo, 17 novembre 1231),pr<strong>in</strong>cipessa ungherese, langravia di Tur<strong>in</strong>gia <strong>in</strong> virtù delsuo matrimonio con Ludovico IV: rimasta vedova, entrònel Terz'Ord<strong>in</strong>e Francescano dedicandosi a varie operedi carità. È stata proclamata santa da papa Gregorio IXOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/200985


nel 1235. Figlia di Andrea II il Gerosolimitano, re diUngheria, Galizia e Lodomira, e della sua prima moglieGertrude di Merania, nel 1211 venne promessa <strong>in</strong> sposaal primogenito del langravio di Tur<strong>in</strong>gia Ermanno I, persugellare l'alleanza delle due d<strong>in</strong>astie nella lotta control'imperatore Ottone IV: venne <strong>in</strong>viata a Wartburg,presso la corte di Tur<strong>in</strong>gia, dove venne educata dallafutura suocera, Sofia di Baviera.Corrado di Marburgo: entrò nel Terz'Ord<strong>in</strong>e francescanoe si ritirò nell'ospedale che aveva fatto erigere nel 1228a Marburgo, dove si dedicò alla cura dei malati f<strong>in</strong>o allamorte.SAN GIMIGNANO (Siena):Piero della Francesca: Miracolo di S. Elisabetta d’Ungheria(Perugia, P<strong>in</strong>acoteca Vannucci)Panorama di San Gimignano con la Chiesa di S. Agost<strong>in</strong>o,(Foto del 16. 07. 2008. © di Mel<strong>in</strong>da B. Tamás-Tarr)Chiesa di S. Agost<strong>in</strong>o di San Gimignano,(Foto del 16. 07. 2008. © di Mel<strong>in</strong>da B. Tamás-Tarr)Miracolo di S. Elisabetta d’Ungheria (Perugia, P<strong>in</strong>acotecaVannucci)Essendo morto nel 1213 Ermanno, il promesso sposo,nel 1221 si unì <strong>in</strong> matrimonio a suo fratello m<strong>in</strong>oreLudovico IV, detto il Santo, che aveva ereditato i dom<strong>in</strong>idel padre nel 1217. Dal loro matrimonio nacquero trefigli: Ermanno, Sofia (poi moglie di Enrico II diBrabante) ed Elisabetta, che divenne badessa diAltenberg.L'11 settembre del 1227 Ludovico IV morì ad Otranto,mentre aspettava per imbarcarsi con Federico II allavolta della Terra Santa, dove doveva partecipare allacrociata. La vedova, già molto attiva nelle opere dicarità, si pose sotto la direzione spirituale del teologoChiesa di S. Agost<strong>in</strong>o con dip<strong>in</strong>to con B.Margherita d’Ungheria — La sua facciata moltosemplice mantiene ancora i caratteri dell’orig<strong>in</strong>ariaarchitettura. La porta sulla facciata pr<strong>in</strong>cipale non vienepiù usata come <strong>in</strong>gresso, ma ord<strong>in</strong>ariamente perentrare <strong>in</strong> chiesa viene usata la porta che si apre sullato destro.L’<strong>in</strong>terno è ad una navata con tetto a capriate e treabsidi ogivali.La costruzione della chiesa di Sant'Agost<strong>in</strong>o, connavata unica <strong>in</strong> stile romanico ed elementi gotici, siprotrasse dal 1280 al 31 marzo 1298, quando fuconsacrata dal card<strong>in</strong>ale Matteo d'Acquasparta. Alpriore Frà Domenico Strambi si deve la costruzione delchiostro nella seconda metà del secolo XV e ladecorazione r<strong>in</strong>ascimentale della chiesa. Di notevole<strong>in</strong>teresse é la cappella del beato Bartolo i cui restimortali sono custoditi <strong>in</strong> un monumento marmoreo,scolpito nel 1495 da Benedetto da Maiano; gli affreschi86OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/2009


della parete e della volta furono eseguiti nel 1500 daSebastiano Ma<strong>in</strong>ardi; il pavimento <strong>in</strong> terracotta è operadi Andrea della Robbia. Sull'altare maggiore dom<strong>in</strong>al'<strong>in</strong>coronazione della Verg<strong>in</strong>e con Santi, dai l<strong>in</strong>eamenti<strong>in</strong>cisivi, tavola dip<strong>in</strong>ta nel 1483 da Piero del Pollaiolo. ABenozzo Gozzoli si deve il ciclo di affreschi, nellacappella maggiore, con episodi della vita diSant'Agost<strong>in</strong>o, eseguito negli anni 1464-1465 con l'aiutodegli allievi Pier Francesco Fiorent<strong>in</strong>o e Giusto diAndrea, autori anche dell'affresco votivo di SanSebastiano. Pregevoli sono i frammenti di affreschi diBartolo di Fredi ed una Madonna di Lippo Memmi(1317), nonché la tavola di Frà Bartolomeo conMadonna e Santi ( 1530) ed <strong>in</strong> Sacrestia un Crocifissoligneo del secolo XV. [Fonte:http://www.sangimignano.com/sgicsa.htm]<strong>in</strong>tagliato un festone, dalla legatura del quale si parteun altro festone per banda, et ambidue sono retti nelfondo da un putto nudo. All'Imperatore assistono trepersonaggi per banda; uno dalla mano destra ha unglobo di pietra rossa; uno dalla s<strong>in</strong>istra ha impugnatouno stocco nudo; i due dietro gli altri siedono nei gradi,gli altri tutti stanno <strong>in</strong> piedi... Questa storia è altabraccia 6 e quattro sesti, e larga braccia 5 e due sesti».«Qual'imperatore rappresenti questa figura — cont<strong>in</strong>uaa dire il Della Valle — non ho potuto sapere danessuno; mi è stato detto, che questa si pose allamemoria d'un imperatore che fu benefico al tempio delDuomo ».Dip<strong>in</strong>to raffigurante B. Margherita d’Ugheria:Ancora del primo altare a destra, rappresentante laMadonna col Div<strong>in</strong> Bamb<strong>in</strong>o; il sesto dei sette riquadridella predella reca <strong>in</strong> mezza figura la Beata <strong>in</strong> atto diricevere le stimmate da un Seraf<strong>in</strong>o, con la scritta: «S.MARGARITA D’VNGARIA». Tavola dip<strong>in</strong>ta a tempera daPier Francesco Fiorent<strong>in</strong>o, nel 1404.Facciata del Duomo di Siena(Foto del 17. 07. 2008. © di Mel<strong>in</strong>da B. Tamás-Tarr)Sgraffito raffigurante Sigismondo re d'Ungheria— «Nella navata s<strong>in</strong>istra — secondo che riferisceB. Margherita d’Ungheria di Pier Francesco Fiorent<strong>in</strong>o (SanGuglielmo Della Valle — sotto allo scalone cheGimignano, chiesa S. Agost<strong>in</strong>o)attraversa tutto il tempio, <strong>in</strong> mezzo di un gran quadro sivede una figura d'imperatore sedente, coronatoSIENA:all'imperiale, nella destra tenente lo scettro, e posantela s<strong>in</strong>istra nel g<strong>in</strong>occhio. Il seggio d'esso è sollevato daDuomo di S<strong>in</strong>ea:terra quattro grad<strong>in</strong>i, et è piantato sotto una Loggia oSepolcro del barone Ladislao [László] Tribuno, retta da quattro colonne, le quali reggonod’Ungheria — Si tratta di uno del seguito di architrave, fregio e cornice. Nel fondo dell'architrave v'èSigismodo [Zsigmond] re d’Ungheria, che morì a Siena <strong>in</strong>tagliato un festone, dalla legatura del quale si partedove la corte si tratteneva dal luglio 1432 all’aprile un altro festone per banda, et ambidue sono retti nel1433; ricevette la sepoltura <strong>in</strong> questo duomo con pietra fondo da un putto nudo. All'Imperatore assistono tretombale <strong>in</strong>tagliata da Domenico di Niccolò.personaggi per banda; uno dalla mano destra ha unglobo di pietra rossa; uno dalla s<strong>in</strong>istra ha impugnatoSgraffito raffigurante Sigismondo re d'Ungheria— «Nella navata s<strong>in</strong>istra — secondo che riferisce gli altri tutti stanno <strong>in</strong> piedi... Questa storia è altauno stocco nudo; i due dietro gli altri siedono nei gradi,Guglielmo Della Valle — sotto allo scalone che braccia 6 e quattro sesti, e larga braccia 5 e due sesti».attraversa tutto il tempio, <strong>in</strong> mezzo di un gran quadro si «Qual'imperatore rappresenti questa figura — cont<strong>in</strong>uavede una figura d'imperatore sedente, coronato a dire il Della Valle — non ho potuto sapere daall'imperiale, nella destra tenente lo scettro, e posante nessuno; mi è stato detto, che questa si pose allala s<strong>in</strong>istra nel g<strong>in</strong>occhio. Il seggio d'esso è sollevato da memoria d'un imperatore che fu benefico al tempio delterra quattro grad<strong>in</strong>i, et è piantato sotto una Loggia o Duomo ».Tribuno, retta da quattro colonne, le quali reggono Spetta al Milanesi il merito di aver scoperto unarchitrave, fregio e cornice. Nel fondo dell'architrave v'è documento che ci rivela il nome dell'imperatore, ossia87OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/2009


Sigismondo che, <strong>in</strong> viaggio per Roma, si tratteneva aSiena, dal luglio 1433 all'aprile 1934. Dallo stesso documentorisulta che il 30 novembre 1434 l'Operaiodell'Opera del Duomo deliberò «che uno maestroDomenicho dipentore habbi certa statua, ossiv verodisegno, il quale è simile alla faccia de la CesareaMaestà, et assai farebbe honore averlo nelle mani de ladecta Opera» [Guglielmo Della Valle, Lettere Senesi, t. III,p. 147; Gaetano Milanesi, Documenti per la storia dell’arteSenese, t. II (Firenze 1854), pp. 161-62, num. 122; E.Horváth, siena ed il primo r<strong>in</strong>ascimento ungherese, <strong>in</strong>«Corv<strong>in</strong>a», v. X, p. 50, fig. 3; Holik Barabás, <strong>in</strong> «Esercito eNazione», v. IX, pp. 380-91, fig. 4; Lus<strong>in</strong>i, P. II. P. 25.].Ond'è ovvio che lo sgraffito rappresentante Sigismondofu ricalcato su «certa statua» o «disegno» di DomenicoBartolo.Affresco raffigurante S. Elisabetta d’Ungheria— Nella parete destra, entro spazi scompartiti dapiastr<strong>in</strong>i stanno le Sante Elisabetta e Chiara. Presso ilriquadro è la data <strong>in</strong> cui venne condotta a term<strong>in</strong>el’opera: «MDVI. Die prima augusti.»Gli affreschi della Cappella sono tradizionalmenteattribuiti a Tiberio d’Assisi . Il riquadro, secondoDouglas citato dallo Zocca, è «nello stile di Eusebio daS. Giorgio ed ha strette relazioni con gli affreschi di S.Dam<strong>in</strong>iano da lui dip<strong>in</strong>ti nel 1507. [U. Gnoli, Pittori em<strong>in</strong>iatori dell’Umbria, Spoleto 1923, p. 328; Zocca 341.]1. Simone Mart<strong>in</strong>i: S. Elisabetta d’Ungheria (Assisi, S. Francesco), 2.Tiberio d’Assisi: S. Chiara e S. Elisabetta (Assisi, S. Maria degli Angeli)S. Elisabetta d’Ungheria o diTur<strong>in</strong>gia (Basilica S. Maria degliAngeli, Assisi) Fonte: «ÚjEmber»ASSISI:Domenico di Bartolo: Sigismondo re d’Ungheria(Sul pavimento del Duomo di Siena)Basilica e Convento di S.FrancescoChiesa Inferiore: transettoa destra: Cappella di S.Elisabetta d’Ungheria —Con questo nome si dist<strong>in</strong>seal dire del Fea, «la bannamanca verso la selva» ove,stando al Vasari, esisteva«l’altare di S. Lisetta» giàscomparso nel tempo delFea. [Vasari I, 557; Fea 12 n.30; Kle<strong>in</strong>schmidt III, 65 e 99;Sup<strong>in</strong>o 175.]Basilica S. Maria degli Angeli, Assisi(Foto del 22. 07. 2008. © di Mel<strong>in</strong>da B. Tamás-Tarr)Basilica S. Maria degli AngeliCappella delle Rose:Basilica e Convento di S. Francesco, Assisi(Foto del 22. 07. 2008. © di Mel<strong>in</strong>da B. Tamás-Tarr)88OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/2009


Affresco ritraente S. Elisabetta d’Ungheria —«Prima d’<strong>in</strong>trodursi nelle laterali cappelle», come il Feadef<strong>in</strong>isce l’ubicazione, fra le mezze figure di santi checampeggiano nei c<strong>in</strong>que riquadri <strong>in</strong> cui si divide lospazio, la terza figura rappresenta l’ungherese Santa <strong>in</strong>una ricca veste rosa e manto turch<strong>in</strong>o, con la coronaregale sul capo, volta a destra. L’affresco è ricordatodal Vasari come opera di Simone Mart<strong>in</strong>i term<strong>in</strong>ato daLippo Memmi dopo la morte di lui.Affresco rappresentante S. Elisabettad’Ungheria — Sul fondo d'oro lavorato a bul<strong>in</strong>o, nelcentro è la Madonna che sul braccio s<strong>in</strong>istro regge ilDiv<strong>in</strong> Bamb<strong>in</strong>o volto a destra a toccare con la man<strong>in</strong>a loscettro gigliato che gli è porto dalla S. Elisabettad’Ungheria vestita di verde; a s<strong>in</strong>istra è un santo re cheha veste azzurra e manto rosso. Mezze figure.La Zocca mette <strong>in</strong> dubbio l'identificazione della figuradi destra con S. Elisabetta, affermando che essa sia unafigura maschile come lo dimostrerebbero (?) «i capellicorti e il globo e lo scettro che non converrebbero aduna reg<strong>in</strong>a». [Kle<strong>in</strong>schmidt II, tav. 26; Supion 174; Zocca 55(con irpr.). (Cappella di S. Niccolo).]Cappella di S. Nicolò:Affresco con S. Elisabetta d’Ungheria — Fra ledodici figure di santi accoppiate <strong>in</strong> sei riquadrirettangolari e dip<strong>in</strong>te nel sottarco d'<strong>in</strong>gresso, vi è anchela S. Elisabetta d’Ungheria accoppiata a S. Chiara.Seguace di Giotto, circa il terzo o, al più tardi, il qu<strong>in</strong>todecennio del '300.Cappella di S. Mart<strong>in</strong>o:Affresco con S. Elisabetta d'Ungheria — Nellospessore dell'arco d'<strong>in</strong>gresso alla stessa cappella sonorappresentate da ogni parte quattro figure di Santiaccoppiate entro bifore trilobe; s<strong>in</strong>istra <strong>in</strong> basso S.Elisabetta <strong>in</strong>sieme a S. Chiara.Cappella di S. Cater<strong>in</strong>a:Vetrata con S. Elisabetta d’Ungheria — Nellabifora destra <strong>in</strong> tutti e tre i quadri è ritta <strong>in</strong> piedi unafigura di Santa fra le quali <strong>in</strong> quella volta a s<strong>in</strong>istra ilKl<strong>in</strong>schmidt crede di ravvisare la Santa ungherese. Ildesegno della vetrata va attribuito dalla Zocca allacerchia di Simone Mart<strong>in</strong>i.Chiesa superiore:Bassorilievo <strong>in</strong> legno con S. Elisabettad’Ungheria — Fra le figure scolpite negli specchi deglischienali degli stalli del coro ligneo il Mihalik afferma[Mihalik, <strong>in</strong> «Misc. Franc.», p. 84.] di aver riconosciutoanche quella Santa ungherese. I bassorilievi furonoeseguiti tra il 1491 ed il 1501, da Domenico AntonioIndov<strong>in</strong>i da San Sever<strong>in</strong>o, come dice la Zocca (p.84)Tesoro:Arazzo con S. Elisabetta d'Ungheria — Alsommo, nel centro entro una mandorla è la Verg<strong>in</strong>e conil Bamb<strong>in</strong>o, al di sotto S. Francesco e <strong>in</strong>torno i maggiorirappresentanti dei tre ord<strong>in</strong>i francescani, tra essi il terzoè la S. Elisabetta d’Ungheria come ci <strong>in</strong>dica il nomepostovi accanto «Sa Elisabet». Altezza m. 4,45,lunghezza m. 3,28.Tanto il cartone che l'esecuzione sono operafiamm<strong>in</strong>ga. Fu fatto eseguire da Sisto IV e da lui donatoalla Basilica nel 1475.NAPOLI:Chiesa e Monastero di Maria d’Ungheria reg<strong>in</strong>adi Napoli (dedicata alla reg<strong>in</strong>a Maria d’Ungheria/Mariad’Angiò [14 aprile 1371 – 17 maggio 1395] dellad<strong>in</strong>astia di Árpád, figlia di Luigi I il Grande, Red'Ungheria e Polonia e di Elisabetta di Bosnia) Affrescoraffigurante la storia di Sa. Elisabetta d’Ungheria— Nella parete nord-est del coro, sotto la scena dellaPassione, si all<strong>in</strong>eano c<strong>in</strong>que quadri concernentil’Elisabetta d’Ungheria.Pietro Cavall<strong>in</strong>i (?): Storia di S. Elisabetta d’Ungheria(Napoli, Chiesa S. Maria Donnareg<strong>in</strong>a)Il primo ha così larghe abrasioni nella parte <strong>in</strong>ferioreche riesce impossibile identificarne il soggetto. Nellaparte superiore, <strong>in</strong> un balcone, si svolge la scenadell’<strong>in</strong>contro di re Andre II con la figliola che nelgrambo tiene le rose miracolose.Il secondo è diviso <strong>in</strong> due parti. Nella parte superiorealcune piccole figur<strong>in</strong>e rappresentano fatti della primagioventù della Santa: a s<strong>in</strong>istra essa viene ad<strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhairsi <strong>in</strong> una cappella; nel mezzo le suecompagne stanno ballando, a destra Elisabetta fugge iltripudio dopo un solo giro di danza. Nella parte <strong>in</strong>ferioresi svolge, entro un ampio loggiato, il matrimonio dellapr<strong>in</strong>cipessa con il Langravio Lodovico <strong>in</strong> presenza deiReali d'Ungheria, Andrea II e Gertrude di Merania.Il terzo quadro rappresenta tre episodi: a s<strong>in</strong>istra laSanta mentre si fa dare la discipl<strong>in</strong>a da una ancella;nella piccola cella di sopra, la Santa riappare <strong>in</strong> atto dipregare; a destra saluta lo sposo che parte per laCrociata.Il quarto quadro ricorda l'episodio del ricco dono fattodalla Santa ad una povera donna che per lo stuporecadde tramortita e poi si rialzò alla preghiera di lei. Nelpiano di sopra si dist<strong>in</strong>guono due scene: la pr<strong>in</strong>cipessapresta giuramento di obbedienza al suo confessore,qu<strong>in</strong>di riceve la visione di Cristo.L'ultimo quadro, un po' farag<strong>in</strong>oso, rappresenta <strong>in</strong>alto Elisabetta con i suoi figlioli, che il suocero scacciada Wartburg, <strong>in</strong> basso, le sue opere di pietànell'ospedale di Gotha da lei fondato, e la morte allapresenza di preti e storpi che attendono la guarigione.OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/200989


Affreschi monocromi, nell'<strong>in</strong>sieme ogni quadrosembra una pittura a chiaroscuro, nella quale l'ocriagialla, riscaldata con un po' di s<strong>in</strong>opia, viene mescolatacol bianco di calce. Per l'attribuzione v. l'operaprecedente.In <strong>Italia</strong> <strong>in</strong> numerosi luoghi ci sono ricordi di S.Elisabetta d’Ungheria - qui ho soltanto riportato alcuni- che venne proclamata santa a Perugia da papaGregorio IX il 27 maggio 1235 (festa della Pentecoste):la memoria liturgica della santa, orig<strong>in</strong>ariamente fissataal 19 novembre, fu spostata nel 1969 al 17 novembre,suo dies natalis. In Ungheria peró la sua festa cont<strong>in</strong>uaad essere celebrata il 19 novembre.È patrona dei panettieri e degli ospedalieri (secondola tradizione, avrebbe trasformato <strong>in</strong> rose i pani cheaveva nascosto per i poveri e gli ammalati) ed è, consan Luigi dei Francesi, patrona pr<strong>in</strong>cipale del TerzoOrd<strong>in</strong>e Regolare di San Francesco.Affresco con Santi della d<strong>in</strong>astia nazionaleungherese degli Árpád. — Nel coro, sotto la scenadella Pentecoste dip<strong>in</strong>ta sul muro che chiude la terzamonofora, nel fregio il cui fondo è a fasce bianche erosse, colori del regno d'Ungheria, compaiono tre santidella stirpe reale Árpádiana, rappresentati <strong>in</strong> mezzafigura:S. Stefano re d'Ungheria, <strong>in</strong> mezzo,rappresentato frontalmente, maestoso vegliardo dallabarba lunga, che nella s<strong>in</strong>istra tiene il globo, mentre ladestra è alzata <strong>in</strong> atto di benedire;S. Ladislao re d'Ungheria, a s<strong>in</strong>istra, l'uomobarbato, nella forza dell'età, <strong>in</strong> gran parte abraso;S. Elisabetta d'Ungheria, a destra, con libro <strong>in</strong>mano, anch'essa <strong>in</strong> parte abrasa.Bibliografia consultataHanák Péter: Magyarország rövid története, Gondolat,Budapest, 1986Jászay Magda: Párhuzamok és kereszteződések. A magyarolaszkapcsolatok történetéből; Gondolat, Budapest, 1982.Magyar történelmi kronológia az őstörténettől 1970-ig,Tankönyvkiadó, Budapest, 1979.Mariono Zorzi: L’Ungheria e Venezia nelle raccolte dellaBiblioteca Nazionale Marciana nel vol. della conferenza Primo<strong>in</strong>contro italo-ungherese di bibliotecari, Olasz Kultúr<strong>in</strong>tézet,Budapest, 2001, pp.296.Lorio Banfi: Ricordi ungheresi <strong>in</strong> <strong>Italia</strong>, Editrice R. Accademiad’Ungheria, Roma, MCMXLII-XX E. F., pp.206.WikipediaFonte:http://www.osservatorioletterario.net/italmagyarnyomok.pdfhttp://www.osservatorioletterario.net/appendice-fuggelek63-64.pdf,v. pp. 91 –101. (Saggio orig<strong>in</strong>ale – differente - <strong>in</strong> ungherese)Nota: Nelle maggior parti delle basiliche e delle chiese m<strong>in</strong>oriè stato proibito fotografare, perciò non ho immag<strong>in</strong>i scattatada me dei ricordi ungheresi. In rare occasioni è stata possibilescattare delle foto senza flash. Però, a causa della scarsaillum<strong>in</strong>azione le immag<strong>in</strong>i scattate per questo saggio sonovenute male.1) Cont<strong>in</strong>uaCreato: 31/08/2008Correzione: 08/01/200990OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove ANNO XII/XIII – NN. 65/66 NOV.-DIC./GEN.-FEBB. 2008/2009

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