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La scrittura documentata. Tipologia B. Il saggio breve

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Scuola Interateneo di SpecializzazioneDidattica della lingua italiana 2Prof.sse : V. Sofia - C. CazzorlaVerona 26 settembre 2005<strong>La</strong> <strong>scrittura</strong> <strong>documentata</strong>. <strong>Tipologia</strong> B.SAGGIO E’….<strong>Il</strong> <strong>saggio</strong> <strong>breve</strong>[<strong>Il</strong> <strong>saggio</strong> è un] genere dai contorni così poco definiti, così camaleontico e adattabile (p. 811).<strong>La</strong> prosa giornalistica e quella scientifico-accademica definiscono l'orizzonte entro cui la saggisticavive: il suo habitat naturale e il suo ecosistema. […] Se nei giornali e nelle università la saggisticaha avuto il suo orizzonte istituzionale più garantito, la maggiore inventività e sperimentazionesaggistica si è avuta in riviste e periodici d'avanguardia: in una specie di giornalismoantigiornalistico, di critica antiaccademica e di ricerca svincoltata dalle regole della comunicazioneculturale dominante. (p. 825)Una larghissima influenza è stata esercitata dal più enciclopedico, aggiornato e abile dei giornalisticulturali, il semiologo e scrittore Umberto Eco. Nei suoi articoli il giornalista onnisciente el'accademico brillante si sovrappongono creando l'illusione di un illuminismo militante progressivocapace di influenzare e orientare i mass-media. Pochi i saggisti di vocazione più decisa e, per cosìdire, allo stato puro. (p. 884).(A. Berardinelli, "<strong>La</strong> forma del <strong>saggio</strong>". In F. Brioschi e C. Di Girolamo, Manuale di letteraturaitaliana. Torino: Bollati Boringhieri, 1996)Nel Settecento la saggistica e il giornalismo sono ancora indistinti e tutto è 'articolo' (sichiameranno così anche le 'voci' del grandi Dizionario del Bayle o della Enciclopedia di Diderot).[…] il nostro secolo vede progressivamente sostituirsi la semplice informazione (anche letteraria) altradizionale articolo di letteratura o di critica, che passa alla stampa non quotidiana (ebdomadari,supplementi settimanali dei quotidiani, riviste mensili ecc.) e così ritorna ai caratteri saggistici dellesue origini".(F. Fortini, Ventiquattro voci per un dizionario di lettere. Milano: <strong>Il</strong> Saggiatore, 1968).Caratteristiche di un <strong>saggio</strong>• titolo >problema• esposizione sistematica e chiara– struttura:• articolazione in parti (titoli interni)• articolazione in paragrafi• note• argomentazione rigorosa– segnalatori di organizzazione testuale– citazioni (dirette-indirette)• linguaggio formale (settoriale)• leggibilità1


Operazioni del processo di <strong>scrittura</strong>Estrarre e organizzare le informazioni 1Gli studenti incontrano difficoltà nell’individuare un tema/un’idea globale che rappresenti il motivoconduttore del <strong>saggio</strong>: infatti, molti si limitano a una mera ripresa delle informazioni fornite dal dossier. Persuperare queste difficoltà si possono individuate alcune operazioni da effettuare sui documenti. Di esse glistudenti devono impadronirsi attraverso esercitazioni graduate e mirate all’apprendimento di procedure dielaborazione delle informazioni; si tratta, cioè, di insegnare a ricavare dai documenti proposti tutte leinformazioni possibili.Tra le operazioni da svolgere si possono individuare:1) lettura d’approccio e individuazione – anche attraverso le strategie di titolazione – del tema/idea globale diogni documento;2) lettura analitica con recupero delle informazioni esplicite;3) recupero degli impliciti attraverso processi inferenziali ;4) eventuali ulteriori apporti di informazioni provenienti dall’enciclopedia personale;5) gestione delle informazioni:a) disaggregare le informazioni, riscrivendole secondo criteri diversi;b) collocare le informazioni entro forme grafiche (tabelle, matrici, schemi ad albero, a stella…), allo scopodi individuare nessi logici possibili (sinonimie, antonimie, rapporti causa/effetto e mezzo/scopo,relazioni temporali, iponimie e iperonimie, esemplificazioni, generalizzazioni,…);6) prime tematizzazioni locali, grazie ai nessi così stabiliti, e costruzione di pacchetti di conoscenze.7) gerarchizzazione dei pacchetti di conoscenze e individuazione di un ordine secondo un filo logicoconduttore che si costituisca come tema/idea globale.<strong>La</strong> maggiore o minore omogeneità dei documenti del dossier può influenzare anche in misura rilevante lacostruzione del tema globale. A questo proposito, emerge l’opportunità che, nelle fasi iniziali del curriculum, sipropongano materiali facilmente collegabili in modo da consentire la costruzione del tema globale attraversoprocedimenti lineari.Sviluppare una sensibilità verso la molteplicità di destinazioniDopo un percorso dedicato alla capacità di estrapolare informazioni dai documenti, si può un percorsodidattico mirato a sviluppare una sensibilità verso la molteplicità di stili e di generi testuali richiesti da diversedestinazioni editoriali. Questo percorso potrebbe mettere a confronto diversi tipi di testo, prestando attenzionead alcune variabili particolarmente significative.In particolare, a livello di organizzazione del testo, dovranno essere prese in considerazione:a) titolo;b) incipit;c) strategia e organizzazione delle informazioni;d) lunghezza del testo;e) ruolo dello scrivente.A livello di realizzazione linguistica si terranno presenti, in particolare:a) lunghezza e struttura del capoverso;b) sintassi (lunghezza e complessità dei periodi);c) lessico;d) linguaggio figurato;e) segnalatori dell’organizzazione testuale (termini, espressioni e frasi con funzione di coesione testuale);f) organizzazione grafica (rientri delle righe, variazione dei caratteri, uso di titoli e di sottotitoli).1 Utilizzare al meglio un dossier, vale a dire: spremere un dossier.2


Sono essenzialmente i percorsi didattici che sviluppano una sensibilità alla collocazione e alla variazione. Saràpossibile attendersi variazioni sistematiche e stilisticamente appropriate nella produzione scritta degli studentisolo quando percorsi di tale complessità e ricchezza saranno stati realizzati.[Rielaborato da Relazione Gruppo H: <strong>La</strong> <strong>scrittura</strong> <strong>documentata</strong> . www. hermescuole.na.it]Esemplificazione1. AMBITO ARTISTICO – LETTERARIO ( Dossier 2004)ARGOMENTO: L'amicizia, tema di riflessione e motivo di ispirazione poetica nella letteratura enell'arteDOCUMENTITutti sanno che la vita non è vita senzaamicizia, se, almeno in parte, si vuole vivereda uomini liberi. […] Allora è vero quantoripeteva, se non erro, Architta di Taranto […]"Se un uomo salisse in cielo e contemplassela natura dell'universo e la bellezza degliastri, la meraviglia di tale visione nongli darebbe la gioia più intensa, come dovrebbe,ma quasi un dispiacere, perché non avrebbenessuno a cui comunicarla". Così la naturanon ama affatto l'isolamento e cerca sempredi appoggiarsi, per così dire, a un sostegno,che è tanto più dolce quanto più è caro l'amico.CICERONE, De amicitiaGuido, i' vorrei che tu e <strong>La</strong>po ed iofossimo presi per incantamentoe messi in un vasel, ch'ad ogni ventoper mare andasse al voler nostro e mio;sì che fortuna od altro tempo rionon ci potesse dare impedimento,anzi, vivendo sempre in un talento,di stare insieme crescesse 'l disio.E monna Vanna e monna <strong>La</strong>gia poicon quella ch'è sul numer de le trentacon noi ponesse il buono incantatore:e quivi ragionar sempre d'amore,e ciascuna di lor fosse contenta,sì come i' credo che saremmo noi.DANTE ALIGHIERI, Le Rime"Renzo …!" disse quello, esclamando insieme e interrogando. "Proprio," disse Renzo; e si corsero incontro. "Seiproprio tu!" disse l'amico, quando furon vicini: "oh che gusto ho di vederti! Chi l'avrebbe pensato?" […] E, dopoun'assenza di forse due anni, si trovarono a un tratto molto più amici di quello che avesser mai saputo d'esserenel tempo che si vedevano quasi ogni giorno; perché all'uno e all'altro […] eran toccate di quelle cose che fannoconoscere che balsamo sia all'animo la benevolenza; tanto quella che si sente, quanto quella che si trova neglialtri. […] Raccontò anche lui all'amico le sue vicende, e n'ebbe in contraccambio cento storie, del pas<strong>saggio</strong>dell'esercito, della peste, d'untori, di prodigi. "Son cose brutte," disse l'amico, accompagnando Renzo in unacamera che il contagio aveva resa disabitata; "cose che non si sarebbe mai creduto di vedere; cose da levarvil'allegria per tutta la vita; ma però, a parlarne tra amici, è un sollievo".A. MANZONI, I Promessi Sposi, cap. XXXIII, 1827"Per un raffinamento di malignità sembrava aver preso a proteggere un povero ragazzetto, venuto a lavorareda poco tempo nella cava, il quale per una caduta da un ponte s'era lussato il femore, e non poteva far più ilmanovale. […] Intanto Ranocchio non guariva, e seguitava a sputar sangue, e ad aver la febbre tutti i giorni.Allora Malpelo prese dei soldi della paga della settimana, per comperargli del vino e della minestra calda, e glidiede i suoi calzoni quasi nuovi, che lo coprivano meglio. Ma Ranocchio tossiva sempre, e alcune voltesembrava soffocasse; la sera poi non c'era modo di vincere il ribrezzo della febbre, né con sacchi, nécoprendolo di paglia, né mettendolo dinanzi alla fiammata. Malpelo se ne stava zitto ed immobile, chino su dilui, colle mani sui ginocchi, fissandolo con quei suoi occhiacci spalancati, quasi volesse fargli il ritratto."G. VERGA, Rosso Malpelo - "Vita dei campi", 1880"Cerco degli amici. Che cosa vuol dire ‹addomesticare›?E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire ‹creare dei legami›"… "Creare dei legami?" "Certo", disse la volpe."Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. Io nonsono per te che una volpe uguale a centomila volpi…Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata.Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. <strong>Il</strong>tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Ionon mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tuhai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. <strong>Il</strong> grano, che è dorato, mi3


farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano".A. de SAINT EXUPERY, <strong>Il</strong> piccolo principe, 1943"A me piace parlare con Nuto; adesso siamo uomini e ci conosciamo; ma prima, ai tempi della Mora, del lavoroin cascina, lui che ha tre anni più di me sapeva già fischiare e suonare la chitarra, era cercato e ascoltato,ragionava coi grandi, con noi ragazzi, strizzava l'occhio alle donne. Già allora gli andavo dietro e alle voltescappavo dai beni per correre con lui nella riva o dentro il Belbo, a caccia di nidi. Lui mi diceva come fare peressere rispettato alla Mora; poi la sera veniva in cortile a vegliare con noi della cascina".C. PAVESE, <strong>La</strong> luna e i falò, 1950"Non ricordo esattamente quando decisi che Konradin avrebbe dovuto diventare mio amico, ma non ebbi dubbisul fatto che, prima o poi, lo sarebbe diventato. Fino al giorno del suo arrivo io non avevo avuto amici. Nellamia classe non c'era nessuno che potesse rispondere all'idea romantica che avevo dell'amicizia, nessuno cheammirassi davvero o che fosse in grado di comprendere il mio bisogno di fiducia, di lealtà e di abnegazione,nessuno per cui avrei dato volentieri la vita. […] Ho esitato un po' prima di scrivere che "avrei dato volentieri lavita per un amico", ma anche ora, a trent'anni di distanza, sono convinto che non si trattasse diun'esagerazione e che non solo sarei stato pronto a morire per un amico, ma l'avrei fatto quasi con gioia."Mio vecchio amico di giorni e pensierida quanto tempo che ci conosciamo,venticinque anni son tanti e diciamoun po' retorici che sembra ieri.F. UHLMAN, L'amico ritrovato, 1971Invece io so che è diverso e tu saiquello che il tempo ci ha preso e ci ha dato:io appena giovane sono invecchiatotu forse giovane non sei stato mai.Ma d'illusioni non ne abbiamo avuteo forse si, ma nemmeno ricordo,tutte parole che si son perdutecon la realtà incontrata ogni giorno.................................Quei giorni spesi a parlare di nientesdraiati al sole inseguendo la vita,come l'avessimo sempre capita,come qualcosa capito per sempre..............................F. GUCCINI, Canzone per Piero, da "Stanze di vita quotidiana", 1974"È notevole l'effetto di immediatezza con cui l'artista coinvolge lospettatore nel suo personale dialogo con l'amico che Raffaello sembrarassicurare con la sua serafica espressione del volto e con la manoappoggiata sulla sua spalla."RAFFAELLO, I capolavori, a cura di N. Baldini, Rizzoli 2003RAFFAELLO, Autoritratto con un amico,1518-1519, Museo del Louvre, Parigi4


Esemplificazione -‘Spremitura’ del dossierGR1- 1. Dalla lettura dei testi della tipologia B (ambito artistico-letterario) -esame di Stato 2004- cisiamo posti le seguenti domande, utili per la creazione di una mappa delle informazioni principali esecondarie :• Quali forme può assumere l’amicizia?• Amicizia è il racconto di sé?• Si può vivere senza amici?• L’amicizia può cambiare il modo di porsi nei confronti della vita?• Come influisce il trascorrere del tempo sull’amicizia?• Fino a che limite si può spingere l’amicizia?• Quali valori esprime l’amicizia?2. <strong>La</strong> nostra mappa concettuale:a)informazioni principali:M.T.CICERONE :l’amicizia è dialogo,comunicazione, l’uomonon è fatto per laDANTE: amicizia ècondivisione di gioie e piaceriMANZONI:amicizia èconsolazionenelleavversitàdella vitaVERGA:amicizia èsolidarietà edono di sèProfondo bisognodell’amiciziaPAVESE: amiciziaè emulazione diuna guidaRAFFAELLO:i gestidell’amiciziaS.EXUPERY:amicizia ècreazione di unlegame specialeche cambia laitGUCCINI:amicizia ècomunanza disensibilità5


) informazioni secondarieAmicizia:DAREAmicizia:RICEVEREPrecisazione: tra ilDARE e ilRICEVERE esisteun rapporto diRECIPROCITÀ e diCOMPRESENZA,tanto che i duemomenti non sonomai chiaramentedistinti e separatiResponsabilitàdell’altro e donoincondizionato di sé:VERGA UHLMANDesiderio di stare insieme epiacevolezza nelcondividere la vita:CICERONE, DANTE,GUCCINI;“sollievo” nelle avversità,“balsamo” per l’anima:MANZONI, RAFFAELLO;desiderio di emulazioneDal sentirsi amati all’amare, dalricevere al dare: S.EXUPÉRY: «se tu miaddomestichi, la mia vita sarà comeilluminata. […]Tu hai i capelli colordell’oro.[…]<strong>Il</strong> grano […] mi farà pensare ate. E amerò il rumore del vento nel grano.»Confortare ed essere confortati:RAFFAELLO.Gr 3-6


Informazione principale:Guccini.L’Amicizia sisostanzia diuna soliditàdata dal tempoe unacomplicità chenasceL’amicizia è valorenaturale eduniversale.Excupery.Amicizia èricerca dilegami chearricchisce gliuominireciprocamentCicerone. Amiciziaè un valoreUhlman.Amicizia è undono per glialtri, un idealerispecchiatoda ritrovare inaltre persone.Dante. Amicizia è unsodalizio artisticoInformazione secondaria:Verga.Amiciziacomesostegno eprotezione nelmomento delbisogno.L’amicizia si può esprimeree vivere in modo diversoma rimane un elementoessenziale per l’esistenzaumanaRaffaelloAmiciziacomerassicurazione efonte disicurezza.Manzoni.Amiciziacome valoreche vienerecuperato erafforzatonellaPaveseAmiciziacomeammirazioneecondivisionediesperienzepiacevoli7


IL SIMBOLO E LE OPEREQuale rapporto c'è tra fede religiosa, cultura e laicità?<strong>Il</strong> direttore della rivista internazionale dei gesuiti italiani Popoli spiega perché lo Statonon possa imporre né vietare l'esposizione dei simboli religiosi nei luoghi pubblici.padre BARTOLOMEO SORGE S.I.II dibattito sulla presenza del crocifisso nei luoghi pubblici è la spia di un problema moltopiù profondo, del rapporto cioè tra coscienza religiosa e coscienza civile all'interno dellanostra società pluralistica e secolarizzata. Perciò, per affrontare serenamente laquestione, è opportuno chiarirne bene i termini: 1) quale rapporto c'è tra fede religiosa ecultura, 2) tra fede religiosa e laicità? Una volta chiariti i termini del problema, saràpossibile 3) esprimere un giudizio equilibrato sulla vexata quaestio della ostensione inpubblico dei simboli religiosi.<strong>Il</strong> rapporto tra fede religiosa e cultura<strong>La</strong> fede religiosa e la cultura sono realtà diverse tra loro. <strong>La</strong> cultura è un fenomeno dinatura immanente, che varia col mutare degli uomini, del tempo e dello spazio a cui ognicultura è strettamente connessa. Invece la fede religiosa - cioè l'accettazione libera dellarivelazione divina, con la quale l'uomo presta a Dio il pieno ossequio dell'intelletto e dellavolontà (cfr. Concilio Vaticano II, costituzione dogmatica Dei Verbum, n. 5) - è di originetrascendente e appartiene all'ordine soprannaturale: non poggia sull'uomo e sugli eventimutevoli della storia, ma soprattutto sulla Parola di Dio, che è immutabile ed eterna etrascende il mero ordine naturale, quantunque in esso necessariamente s'incarni.Tuttavia, sebbene appartengano a piani diversi, la fede religiosa non può fare a menodella cultura. Non si dà religione al di fuori di una cultura. Infatti, entrambe parlanodell'uomo e lo collocano al centro del discorso sul mondo e sulla storia. E’ necessario,pertanto, che si realizzi un processo di «inculturazione», attraverso il quale «vienesollecitata in ogni popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il mes<strong>saggio</strong> diCristo e, al tempo stesso, viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa e le diverseculture» (Concilio Vaticano II, costituzione pastorale Gaudium et spes,n.44).E’ quanto è accaduto con la fede cristiana in Italia, in Europa e in molte altre parti delmondo. <strong>Il</strong> nostro patrimonio storico e culturale – senza negare l’influsso che vi hannoesercitato altre culture, in particolare la giudaica, la greca e la romana – è ispirato inlarghissima misura alla visione cristiana dell’uomo e del mondo. In questo senso,l’Accordo di revisione del Concordato lateranense del 1984 ha potuto affermare che laRepubblica italiana riconosce il valore della cultura religiosa e tiene conto che “ i principîdel cattolicesimo” fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano ( cfr. art.9).Si tratta di principî non « confessionali» ma «laici» perché, essendo divenuti cultura, sonoormai condivisi dalla coscienza di quanti appartengono alla nostra civiltà, siano essicredenti o non credenti. E’ il caso, per esempio, di principî quali la pari dignità di tutte lepersone, il primato della vita umana, la solidarietà, le libertà umane fondamentali.Sebbene storicamente alcuni di essi si siano affermati fuori della Chiesa e contro di essa,non c’è dubbio che si tratti di valori cristiani. Oggi essi ormai sono recepiti da tutte leCostituzioni degli Stati democratici come valori «laici».Si comprende perciò come il crocifisso, pur essendo in sé un simbolo religioso, sia potutodivenire anche simbolo della nostra cultura, fondata sui principî di libertà, di giustizia, disolidarietà e di pace; valori certamente laici, ma le cui radici affondano nella federeligiosa cristiana.Se ciò è vero, allora appare quanto sia inadeguata la motivazione di coloro che, inoccasione del caso di Ofena, hanno chiesto che il crocifisso rimanga esposto in pubblico,in quanto esso sarebbe da ritenere un simbolo culturale. Infatti, il fatto indiscutibile che lacroce sia pure un simbolo culturale non può far dimenticare che il crocifisso è, in sé e persé, un simbolo essenzialmente religioso, cioè dell’annunzio che il Figlio di Dio si è fatto8


carne, è vissuto, morto e risorto per liberare e salvare l’umanità, condividendo la sorte deipoveri e dei sofferenti.In altre parole, il crocifisso non può essere ridotto soltanto a simbolo culturale, né tantomeno a simbolo di una sola cultura o di una specifica identità culturale. <strong>Il</strong> ConcilioVaticano II ha insistito sulla necessità di superare l’identificazione del mes<strong>saggio</strong> cristianocon la stessa cultura occidentale, senza peraltro sottovalutare l’influsso esercitatovi. <strong>La</strong>fede religiosa cristiana, dunque, può ispirare le più diverse culture e civiltà. Pertanto, faredel crocifisso il simbolo esclusivo della civiltà occidentale, e – peggio ancora- usarlo ai finidi discriminazione politica, culturale, etnica e razziale, equivale a distruggere il significatopiù vero della croce, a negarne cioè la dimensione religiosa e trascendente.In realtà i due aspetti del simbolo della croce – quello culturale e quello religioso – non siescludono a vicenda ma sono tra loro complementari. E’ questa la ragione per cuiGiovanni Paolo II non si stanca di chiedere che nel Preambolo della Costituzioneeuropea siano menzionate le «radici cristiane» del continente. Infatti, una volta chiarito ilrapporto di distinzione e complementarietà che c’è tra fede religiosa e cultura, il richiamostorico alle radici cristiane dell’Europa non intacca affatto la laicità delle istituzionicomunitarie, così come il significato religioso della croce non intacca la laicità della nostracultura.Ciò appare ancora meglio, se si chiarisce ulteriormente il rapporto tra fede religiosa elaicità.<strong>Il</strong> rapporto tra fede religiosa e laicità<strong>La</strong> netta distinzione tra il piano della fede religiosa e quello della laicità dello Stato èormai un dato acquisito definitivamente sia sul piano storico, sia su quello teologico: laChiesa « in nessuna maniera si confonde con la comunità politica. […] <strong>La</strong> comunitàpolitica e la Chiesa sono indipendenti ed autonome l’una dall’altra nel proprio campo»(Gaudium et spes, cit., n.76). Nello stesso tempo, è fuori discussione anche il fatto checoscienza civile e coscienza religiosa, pur appartenendo a piani distinti, sono destinatenon a contrapporsi ma a incontrarsi. <strong>La</strong> distinzione dei piani, cioè, non può né deveimpedire la collaborazione tra Stato e Chiesa, specialmente in quegli ambiti ( come, peresempio, la famiglia, l’educazione dei figli o le questioni riguardanti la vita) nei qualicomunità politica e comunità religiosa in certa misura si compenetrano.L’esistenza di questo rapporto di reciproca autonomia, ma insieme di collaborazione, èammessa e accolta sia dalla Chiesa, sia dalla cultura laica, come riconosceesplicitamente l’ Accordo di revisione del Concordato lateranense[1984]: «lo Stato e laChiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosial pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti e alla reciproca collaborazione per lapromozione dell’uomo e il bene del Paese» (art.1).In altre parole, da un lato, la Chiesa oggi è consapevole che la fede religiosa ( con i suoiatti e con i suoi simboli) non si può imporre a nessuno; non esita, perciò, a chiedereperdono pubblicamente per quei casi nei quali in passato si è comportata in mododifforme.D’altro lato, anche lo Stato è consapevole che il rispetto della laicità esclude ogni suaingerenza in campo religioso, né può imporre o proibire gli atti religiosi e l’ostensionepubblica di simboli religiosi. Anzi lo Stato «laico» - come stabilisce l’art.51 della bozzadella Costituzione europea – superando una innaturale separazione durata secoli,riconosce rilevanza sociale e giuridica alle Chiese, garantisce la libertà religiosa e il suoesercizio, sempre ovviamente nell’ ambito del bene comune, cioè nel rispetto dell'ordinepubblico, della legalità e della pubblica moralità.Del resto nello stesso senso si erano già espressi sia la Chiesa nel Concilio Vaticano II,sia la Repubblica italiana. Nel 1965 il Concilio aveva puntualizzato: «<strong>La</strong> potestà civile, ilcui fine proprio è di attuare il bene comune temporale, deve certamente rispettare efavorire la vita religiosa dei cittadini, però evade dal campo della sua competenza sepresume di dirigere o di impedire di atti religiosi » ( Concilio Vaticano II, dichiarazioneDignitatis humanae, n. 3). Nel 1984, al Concilio fa eco l’Accordo di revisione delConcordato lateranense: «<strong>La</strong> Repubblica italiana riconoscendo il valore della cultura9


eligiosa e, tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimoniostorico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuolal'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogniordine e grado» (art. 9).Pertanto, come la Chiesa non può imporre a nessuno la fede religiosa, i suoi atti e i suoisimboli, ma (senza sconfinare in ambito politico) ha il diritto di annunziare il Vangelo e dioperare con piena libertà nel campo religioso che le è proprio, così lo Stato (senzasconfinare in ambito religioso) è tenuto a tutelare la libertà della Chiesa e l’eserciziopubblico della sua missione religiosa.Di conseguenza, per quanto riguarda l'affissione del crocifisso, trattandosi di un simboloreligioso, nessuno ovviamente mette in dubbio la legittimità che esso sia esposto allapubblica venerazione dei fedeli nei luoghi di culto o in altri luoghi appropriati. <strong>Il</strong> problemasi pone invece a proposito della esposizione della croce e altri simboli religiosi nei localipubblici, non destinati al culto e alle attività religiose. In concreto che dobbiamo fare:lasciarli là dove tuttora sono affissi, in virtù di leggi vecchie emanate quando la religionecattolica era ancora religione di Stato, o toglierli di mezzo?<strong>La</strong> soluzione va cercata appunto nel clima di mutua autonomia e collaborazione cheregola oggi i rapporti tra Stato e Chiesa, cioè nel vicendevole rispetto della laicità delloStato e della libertà religiosa, nella direzione auspicata sia dal Concilio, sia dall'Accordodi revisione del Concordato lateranense.A questo punto, però, prima di trarre le conseguenze concrete occorre affrontareun'obiezione seria, che potrebbe mettere in discussione l’ intesa tra Stato e Chiesaraggiunta oggi in Italia, dopo il Concilio e dopo la revisione del Concordato. L'obiezione difondo e questa: come può un simbolo, per quanto radicato nella cultura e nella civiltà diun popolo, mantenersi inalterato nonostante il mutare delle culture e il succedersi delleciviltà? Come può il crocifisso essere ancora considerato simbolo della nostra civiltà se ivalori su cui si fondava la «cristianità» di ieri non sono più condivisi dalla culturasecolarizzata e pluralistica dell'Italia di oggi?Rispondiamo: questa obiezione avrebbe senso, solo nell'ipotesi che il crocefisso(dimenticandone la dimensione essenzialmente religiosa) si potesse ridurre a merosimbolo culturale o a identificarsi con una civiltà particolare. E’ questo appunto l'equivocoin cui molti sono caduti intervenendo sul caso Ofena. Ma non è così. <strong>La</strong> crisi di unacultura e il tramonto di una civiltà possono certamente rendere desueti i simboli in cui siesprimevano, ma non potranno mai rendere desueto il mes<strong>saggio</strong> trascendente dellacroce, che, essendo di natura religiosa, non può essere ridotto a mero simbolo culturale,né tanto meno a simbolo di una sola cultura. <strong>Il</strong> fatto poi che il crocifisso dagli stessicristiani sia stato usato talvolta non come simbolo di amore e di liberazione, ma comestrumento di guerra, di persecuzione e di divisione, denuncia solo il tradimento di chi neha fatto un uso improprio e perverso, andando contro il significato stesso del simbolo. Inconclusione, la croce, anche se rifiutata insieme con la cultura di cui è simbolo (un popolopuò pure perdere o rinnegare la propria identità!), anche se strumentalizzatacolpevolmente, non per questo cessa di essere simbolo trascendente della liberazioneintegrale dell’ uomo, della pace fondata sulla giustizia e sulla solidarietà, della fratellanzae dell’amore universale.L’ostensione in pubblico dei simboli religiosiA questo punto, alla luce delle riflessioni fatte, è possibile trarre alcune conclusioniconcrete circa la questione dell’ostensione pubblica dei simboli religiosi in Italia.a) Innanzi tutto, lo Stato non può imporre né vietare l’esposizione del crocifisso ( o di altrisimboli religiosi) nei luoghi pubblici. Infatti, se si considera la croce in quanto è simboloreligioso, essa non è soggetta al potere politico; se invece ci si limita a considerarla comemero simbolo culturale, che senso avrebbe rimuovere il simbolo della propria civiltà?Perciò, oggi in Italia, togliere il crocifisso dai luoghi pubblici in cui è esposto apparirebbeineluttabilmente come un atto d'intolleranza religiosa o come un gesto d'inciviltà.10


) Nello stesso tempo, però, va denunciato con forza e determinazione ogni tentativo distrumentalizzare la croce a fini politici. E’ offensivo e blasfemo difendere l’affissione delcrocifisso nei luoghi pubblici a fini nazionalistici, per discriminare i lavoratoriextracomunitari, per rimarcare le differenze etniche, culturali e religiose, per ingraziarsi laChiesa e l’elettorato cattolico.c) Se poi, in qualche situazione particolare, l’esposizione del crocifisso ( o di altri simbolireligiosi) dovesse effettivamente causare disagio e conflitti, allora si dovrà trovare il modo- caso per caso - di comporre eventuali tensioni, attraverso una corretta interpretazionedel principio di uguaglianza. Infatti, se vogliamo evitare frammentazioni e instabilità nellasocietà multietnica, multiculturale e multireligiosa che siamo chiamati a costruire, è deltutto sbagliato eliminare o nascondere le diversità; occorre piuttosto imparare a vivereuniti nel rispetto della pluralità delle culture, delle etnie, delle religioni e dei simbolicorrispondenti. II papa lo ha sottolineato parlando alla conferenza dei ministri dell’Internodell’ Unione Europea (31 ottobre 2003) : «II riconoscimento dello specifico patrimonioreligioso di una società richiede il riconoscimento dei simboli che lo qualificano. Se, innome di una scorretta interpretazione del principio di uguaglianza, si rinunciasse aesprimere tale tradizione religiosa e i connessi valori culturali, la frammentazione delleodierne società multietniche e multiculturali potrebbe facilmente trasformarsi in un fattoredi instabilità e, quindi, di conflitto» (L'Osservatore Romano, 1-11-2003).d) Infine, un'ultima considerazione riguarda direttamente i cristiani. <strong>La</strong> croce rimarràsempre un simbolo essenzialmente religioso; è quindi più da testimoniare con la vita cheda appendere a un chiodo. Anziché preoccuparsi che l'estensione pubblica del crocifissosia garantita per legge dallo Stato, i cristiani devono preoccuparsi di essere annunciatorie testimoni viventi del mistero della morte e risurrezione di Cristo. Operare da cristianinella società per la promozione umana, per la giustizia e per la pace è il modo piùefficace per mantenere vivo il simbolo della croce, sia nel suo essenziale significatoreligioso, sia in quello culturale.MicroMega 1/2004Giallo = Enciclopedia personaleFuxia = Progressione argomentativaVerde = Connettivi /segnalatori di organizzazione testualeGrigio = Citazioni dirette o indirette11

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