New Tabloid n°3 - Ordine dei Giornalisti

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12.07.2015 Views

L’inchiestadall’industria del petrolio, del carbonee delle automobili.Un approccio giornalistico corretto,accusano gli studiosi del clima,dovrebbe anche tener conto degliinteressi occulti e/o ideologici dicoloro che comunicano queste affermazioni.Come dimostra il libro“The merchants of doubts” (I mercantidel dubbio) l’intero processodi propaganda e diffamazione deglistudiosi ricorda molto da vicinoquanto avvenne negli anni ‘50-’60con il tabacco.L’industria del tabacco assunsesedicenti scienziati per mettere indubbio le affermazioni dell’establishmentmedico sulla nocività del tabacco;le tattiche di comunicazionesono le stesse anche nel caso delclima, a volte anche con le stessepersone coinvolte. Il controllo dellefonti (questa volta economiche)che finanziano queste campagnedi disinformazione aprirebbe la viaa una più corretta comunicazionedel clima.La presenza delle argomentazionidegli scettici è inoltre (altro indiziodi poca serietà) limitata solo ai mezzidi comunicazione, ai libri, che nonsono sottoposti alla revisione paritaria,e ai congressi.Premesso quindi che la teoria dibase vede concordi la stragrandemaggioranza dei ricercatori delclima, i dibattiti sull’argomento sisvolgono su altri e più complessilivelli. Se un giornalista vuole fareun “servizio” alla comunità, deve riportarequesti dibattiti, che si svolgonosulle tavole più accreditate enon certo su proclami o addiritturainsulti da parte degli oppositori. Sevogliamo parlare di compiti, infatti,al giornalista nella comunicazionescientifica non è demandato quellodi giudicare la correttezza scientificadi una determinata teoria, ma di farericerche sulle possibili conseguenzedel cambiamento climatico, sullericadute che lo stesso può avereper l’assetto economico, sociale edecologico del pianeta, e infine sullespinte che hanno indotto e induconoalcuni ricercatori a apporsi allastessa teoria.Affermazioni infondate spesso riprese dai giornaliTrucchi e bufale di successoNon è difficile che, a parte le esternazioni dei cosiddetti maverick,si trovino ripetute sui giornali vere e proprie bufale. Secondo iclimatologi, hanno spazio anche perché vanno contro la scienzamainstream e possono quindi attirare l’attenzione del lettore. Diseguito alcuni esempi e,sotto, l’affermazione corretta:Il Medio Evo era più caldo di oggi (e quindi l’industria e leattività umane non c’entrano)Il cosiddetto periodo caldo medioevale fu un momento di relativoriscaldamento solo dell’emisfero Nord, circa dal 900 al 1300 d.C.La Groenlandia significa Terra Verde (e quindi allora erasenz’altro più calda di adesso)Il ghiaccio della Groenlandia è sull’isola da almeno 40.000 anni.Probabilmente è stata un’operazione di marketing di Erik il Rosso,lo scopritore dell’isola, per indurre i suoi connazionali a spostarsi.Nell’Inghilterra meridionale si coltivava la vite (e quindi il climaera più caldo di quello odierno)Semplicemente non ci sono prove di quest’affermazioneGli scienziati hanno truccato i dati (che quindi non sonoaffidabili)In alcuni scambi di e-mail private, trafugate da un serverdell’Università di East Anglia, i protagonisti usano la parola trick(trucco) per designare un aggiustamento assolutamente legale deidati eliminando misure spurie e poco affidabiliSe c’è stato un riscaldamento, è colpa del Sole (e quindi l’uomoè innocente)Il Sole negli ultimi anni è stato particolarmente tranquillo, anche sela temperatura del pianeta ha continuato ad aumentare.Anche se aumentano la CO2 e la temperatura, le piante stannomeglioÈ vero che i vegetali assorbono la CO2, ma l’eccesso di questo gase l’aumento di temperatura sconvolgono anche il regime idrico equello dei nutrienti. In conseguenza l’agricoltura (specie quella diPaesi poveri e del Mediterraneo) subirà grosse perdite.Non c’è consenso tra gli scienziatiIl 97% di esperti climatologi è d’accordo sul riscaldamento globaledi origine umana (vedi la figura a pag.9).Non c’è più stato riscaldamento dal 1998Il 2010 è stato l’anno più caldo da quando ci sono le misurazioni, eprecede di poco il 2005.Negli anni ‘70 gli scienziati avevano predetto un’era glacialeLa stragrande maggioranza dei lavori scientifici parlava diriscaldamento già da allora.Tabloid 3 / 201211

L’inchiestaColtivare il dubbio,apprezzare l’incertezzaIl parere degli scienziati e di alcunicolleghi è che esistano però ancheostacoli alla comprensione tra le duecategorie molto difficili da scardinare.Questi discendono in primo luogodal diverso approccio, si potrebbedire, alla costruzione di una narrazione.Quella scientifica si nutre didubbi, di incertezze e di conoscenzadiffusa e controllata dai cosiddettipari. Il giornalismo invece tende acomunicare certezze e messaggisemplici e relativamente poco articolati.Uno dei comandamenti della comunicazionepoi, il controllo delle fonti,ha un approccio molto più strettonella scienza che nel giornalismo:questo perché prima di diffonderenel resto della comunità scientificala notizia di una scoperta possonopassare mesi; gli articoli originali infattidevono sottostare al controllodel resto degli scienziati. Solo dopoil processo di revisione paritaria lascoperta o l’esperimento sono diffusi.Sembra invece che nel giornalismoscientifico (o comunquedel giornalismo che si occupa discienza) questo controllo non vengaesercitato con la dovuta sistematicità,tanto che, come abbiamo visto,proclami e dichiarazioni non controllatehanno spesso cittadinanzasulle pagine dei quotidiani.* Coordinatore del gruppo“Ambiente e media”dell’associazioneScience Writers in Italy• Science Media Centre èun’istituzione indipendente ingleseche mette in contatto i giornalisti conscienziati ed espertilo scandalo della presunta falsificazione dei datiClimategateil caso è chiusoIn alcune mail trafugate dai server della Climatic ResearchUnit dell’Università East Anglia, si era parlato di “trucchi”poi rivelatisi legali. Il Science Media Center ha messo aconfronto scienziati e giornalisti, per recuperare credibilitàdi Fabio Turone*Quando nel novembre del 2009, allavigilia di un importante meeting internazionalesul clima a Copenhagen,cominciarono a circolare su un bloganonimo e da lì sui media di tutto ilmondo dei brani estratti dalle e-mailtrafugate dai server della ClimaticResearch Unit dell’Università di EastAnglia, in Gran Bretagna, la definizionedi “Climategate” fu quasi inevitabile:leggendo ciò che gli scienziatistessi avevano scritto, apparivachiaro che avevano deciso di barare,selezionando i dati per far apparireun riscaldamento globale che altri-Tutto il clima in Retementi in quei dati non c’era. I titolidei giornali, in Gran Bretagna e intutto il mondo, sancirono “il peggiorscandalo della nostra generazione”,“La grande frode del cambiamentoclimatico”, giacché le spiegazionisommarie fornite dai ricercatori risultavanoben poco convincenti.Nel novembre dell’anno scorso, pochigiorni prima dell’inizio in Sudafricadel Summit delle Nazioni Unite, ilbis, ma l’effetto della seconda ondatadi e-mail trafugate è stato totalmentediverso, grazie all’interventotempestivo del Science Media Cen-I promotori dell’incontro al Circolo della StampaItalian Climate Network è un’associazionesenza scopo di lucro nata tra Milano eRoma nel 2011 come “costola italiana”del movimento 350.org fondato negli StatiUniti da Bill McKibben. Obiettivo è farecultura e divulgazione scientifica sul temadei cambiamenti climatici indirizzata al grande pubblico. L’associazioneè presente sui social network e organizza eventi pubblici. Nel comitatoscientifico ci sono Sergio Castellari del Centro euromediterraneo per icambiamenti climatici e focal point per l’IPCC in Italia, Stefano Caserini,docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano,Carlo Cacciamani, direttore del Servizio meteo climatico di ARPA EmiliaRomagna. Può inoltre avvalersi della partnership di Edizioni Ambiente. Ilsito di riferimento è www.italiaclima.org12 Tabloid 3 / 2012

L’inchiestaColtivare il dubbio,apprezzare l’incertezzaIl parere degli scienziati e di alcunicolleghi è che esistano però ancheostacoli alla comprensione tra le duecategorie molto difficili da scardinare.Questi discendono in primo luogodal diverso approccio, si potrebbedire, alla costruzione di una narrazione.Quella scientifica si nutre didubbi, di incertezze e di conoscenzadiffusa e controllata dai cosiddettipari. Il giornalismo invece tende acomunicare certezze e messaggisemplici e relativamente poco articolati.Uno <strong>dei</strong> comandamenti della comunicazionepoi, il controllo delle fonti,ha un approccio molto più strettonella scienza che nel giornalismo:questo perché prima di diffonderenel resto della comunità scientificala notizia di una scoperta possonopassare mesi; gli articoli originali infattidevono sottostare al controllodel resto degli scienziati. Solo dopoil processo di revisione paritaria lascoperta o l’esperimento sono diffusi.Sembra invece che nel giornalismoscientifico (o comunquedel giornalismo che si occupa discienza) questo controllo non vengaesercitato con la dovuta sistematicità,tanto che, come abbiamo visto,proclami e dichiarazioni non controllatehanno spesso cittadinanzasulle pagine <strong>dei</strong> quotidiani.* Coordinatore del gruppo“Ambiente e media”dell’associazioneScience Writers in Italy• Science Media Centre èun’istituzione indipendente ingleseche mette in contatto i giornalisti conscienziati ed espertilo scandalo della presunta falsificazione <strong>dei</strong> datiClimategateil caso è chiusoIn alcune mail trafugate dai server della Climatic ResearchUnit dell’Università East Anglia, si era parlato di “trucchi”poi rivelatisi legali. Il Science Media Center ha messo aconfronto scienziati e giornalisti, per recuperare credibilitàdi Fabio Turone*Quando nel novembre del 2009, allavigilia di un importante meeting internazionalesul clima a Copenhagen,cominciarono a circolare su un bloganonimo e da lì sui media di tutto ilmondo <strong>dei</strong> brani estratti dalle e-mailtrafugate dai server della ClimaticResearch Unit dell’Università di EastAnglia, in Gran Bretagna, la definizionedi “Climategate” fu quasi inevitabile:leggendo ciò che gli scienziatistessi avevano scritto, apparivachiaro che avevano deciso di barare,selezionando i dati per far apparireun riscaldamento globale che altri-Tutto il clima in Retementi in quei dati non c’era. I titoli<strong>dei</strong> giornali, in Gran Bretagna e intutto il mondo, sancirono “il peggiorscandalo della nostra generazione”,“La grande frode del cambiamentoclimatico”, giacché le spiegazionisommarie fornite dai ricercatori risultavanoben poco convincenti.Nel novembre dell’anno scorso, pochigiorni prima dell’inizio in Sudafricadel Summit delle Nazioni Unite, ilbis, ma l’effetto della seconda ondatadi e-mail trafugate è stato totalmentediverso, grazie all’interventotempestivo del Science Media Cen-I promotori dell’incontro al Circolo della StampaItalian Climate Network è un’associazionesenza scopo di lucro nata tra Milano eRoma nel 2011 come “costola italiana”del movimento 350.org fondato negli StatiUniti da Bill McKibben. Obiettivo è farecultura e divulgazione scientifica sul tema<strong>dei</strong> cambiamenti climatici indirizzata al grande pubblico. L’associazioneè presente sui social network e organizza eventi pubblici. Nel comitatoscientifico ci sono Sergio Castellari del Centro euromediterraneo per icambiamenti climatici e focal point per l’IPCC in Italia, Stefano Caserini,docente di Mitigazione <strong>dei</strong> cambiamenti climatici al Politecnico di Milano,Carlo Cacciamani, direttore del Servizio meteo climatico di ARPA EmiliaRomagna. Può inoltre avvalersi della partnership di Edizioni Ambiente. Ilsito di riferimento è www.italiaclima.org12 <strong>Tabloid</strong> 3 / 2012

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