12.07.2015 Views

N° 6 2010 - Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise

N° 6 2010 - Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise

N° 6 2010 - Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Trimestrale di Informazione del <strong>Parco</strong> - n. 6 - SPECIALE BIODIVERSITA’dedicato allaBiodiversità


NATURA PROTETTAReg. Trib. Sulmona n.136 del 19/07/2007Distribuzione gratuitaDIRETTORE EDITORIALEGIUSEPPE ROSSIDIRETTORE RESPONSABILEMARIO CAMILLICOORDINAMENTO REDAZIONALEVITTORIO DUCOLIREDAZIONEEDOARDO GIANDONATOANTONIETTA URSITTIANNA CESIDIA PANDOLFIGIANNA COLASANTEANIANA DEL PRINCIPECARMELINA DI LORETODANIELA D’AMICOLINA D’ORAZIOSEGRETERIA DI REDAZIONENUNZIA PANDOLFIANNALINA NOTARANTONIOPROGETTO GRAFICO/IMPAGINAZIONEVALENTINO MASTRELLAHA COLLABORATOCRISTINA NOTARANTONIODISTRIBUZIONENADIA VITALESTAMPASYSTEM GRAFICA - ROMAFOTO DI COPERTINARosalia AlpinaVALENTINO MASTRELLAFotografie: ARCHIVIO PARCOVALENTINO MASTRELLAGIANCARLO MANCORI, DANILO RUSSOUMBERTO ESPOSITOPARCO NAZIONALED’ABRUZZO LAZIO E MOLISEViale Santa Lucia67032 Pescasseroli (AQ)tel 0863 91131 - fax 0863 912132info@parcoabruzzo.itwww.parcoabruzzo.itfoto Valentino MastrellaSo m m a r i oIl Ca p o l av o r o Del l a Vi ta…! 3I b o s c h i d e l pa r c o:b i o d i v e r s i tàe f o n t e d i r i s o r s e 5Un o s c r i g n o d i biodiversità 6<strong>2010</strong> - An n o In t e r n a z i o n a l e d e l l a Biodiversità 8La Si tu a z i o n e Del Ca m o s c i o 9An f i b i e r e t t i l i n e l Pa r c o:Se m p r e Me g l i o Co n o s c i u t i, Se m p r e Più A Ri sc h i o 10La Biodiversità d e l Pa r c o 12Uc c e l l i 14Lo s t r a n o c a s o d e i p i p is t r e l l i “In s o n n i” 16Ce n n i s u l l a f l o r a d e l Pa r c o 18Pa r c o, In s e t t i e Biodiversità 20I t e s o r i n a s c o s t i d e l Pa r c o 22


Il c a p o l av o r o d e l l a v i ta…!L’ONU attraverso l’UNEP, il Programma delleNazioni Unite per l’Ambiente, la CBD-Convention on Biological Diversity (la convenzionefirmata al Rio Earth Summit nel 1992 da 150 leadersdei paesi del mondo) e la IUCN-The World ConservationUnion ha dichiarato il <strong>2010</strong> “Anno internazionaledella biodiversità”.Quest’anno sarà così un anno particolare e simboliconell’impegno internazionale e locale dei singoli paesi delmondo a ridurre la grande, drammatica e progressiva perditadi diversità biologica sulla terra. Migliaia di specie vegetalie animali muoiono e si estinguono ogni giorno e i governidei paesi del mondo dovranno lavorare, da quest’anno,con interventi, decisioni e immaginazione per trovare soluzionidecisive a quello che potrebbe diventare il più graveproblema ambientale, ecologico e sociale dei prossimi decenni:l’impoverimento della vita.Lo slogan della campagna di comunicazione del progettodelle Nazioni Unite, della CBD e della IUCN è:“b i o d i v e r s i t y is li fe,b i o d i v e r s i t y is o u r li fe”.Una frase semplice composta di due frasi semplici, belle, cheracchiudono tanto…il segreto legame che unisce la nostravita di esseri umani, di comunità umane, di individui, allavita dei nostri ambienti naturali, alla vita degli habitat sparpagliatiin ogni angolo della terra, degli ecosistemi ricchissimie complessi nei quali siamo immersi come uomini, comeanimali. Da essi, e dalle singole specie che li abitano, dipendiamotraendovi risorse, energie, nutrimenti, respiro, complessità,bellezza, ricchezza.La biodiversità è vita, ma è anche la nostra vita.Forse non ce ne accorgiamo, forse non guardiamo la nostraterra con il giusto sguardo, con la dovuta delicatezza e sensibilità,con la dovuta conoscenza, forse non ne siamo consapevoli,ma il valore - anche solo economico - dei servizi residagli ambienti naturali all’uomo è imponente, all’incircauguale al valore del Prodotto Interno Lordo mondiale: ovvero,miliardi di miliardi di euro ogni anno. Forse è la vastitàdi tale valore a rendercelo opaco, non farcelo percepire.Forse anche il fatto che la natura, con tutte le specie che laabitano segretamente, rendendola il più grande patrimoniodel nostro futuro, è più discreta dell’essere umano, forse unpo’ timida. Ma lì in disparte la natura lavora e vive per renderepossibile tutta la vita sulla terra e la nostra vita.di Giuseppe ROSSINelle stime dei più importantiecologi e biologici delmondo si prevede che ildepauperamento delle specieviventi sulla terra raggiungeràin questo secolocifre sbalorditive: circa lametà delle specie viventipotrebbe sparire entro ilXXI secolo, con effetti imprevedibilisulla vita dellealtre specie, compresi noi,sugli equilibri di tutti gli ecosistemi terrestri. Se non vi porremorimedio saranno distrutte fonti inimmaginabili di informazioniscientifiche e di ricchezza biologica.I costi derivanti dalla mancata valorizzazione di tali risorsesaranno compresi meglio dalle prossime generazioni che danoi, e saranno terribili.Avremo perso per sempre l’opportunità di scoprire nuovemedicine, nuove varietà di coltivazioni, nuovi tipi di legno,nuove fibre, nuove piante che rigenerano il suolo, nuovi sostitutidel petrolio e di altri prodotti, nuovi cibi.E nuove meraviglie...Noi, in quanto specie, viviamo sulla terra, ma il nostro veroinvolucro protettivo è la biosfera, la totalità di tutte le formedi vita, generatrice dell’aria, depuratrice dell’acqua, conservatricedei suoli, ma che di per sé è un sottile strato cheaderisce fragilmente alla superficie del pianeta. Noi dipendiamoper ogni istante della nostra vita dalla delicata salutedella biosfera.Ogni angolo della natura, anche quello che ci sembra piùpovero, più arido, più semplice, è invece complessissimo,ricchissimo di vita, vita quasi invisibile: ogni metro cubo disuolo e di humus è un mondo brulicante di centinaia dimigliaia di piccolissime creature, in rappresentanza di centinaiadi specie.Da esse dipendono le altre specie, in una catena di vita dicui un anello, uno soltanto, anche se forse uno dei più belli,siamo noi.Ma è la ricchezza, la profondità e la varietà della catena chenoi dobbiamo preservare, proteggere, amare.“Og n i s p e c i e v i v e n t eè u n c a p o l av o r o d e l l a v i ta”dice il grande biologo e naturalista di Harvard EdwardWilson nel suo ultimo libro “La creazione. Un appello persalvare la vita sulla Terra” (Adelphi editore).E ogni specie vivente è un capolavoro della vita perché ognispecie vivente è un elemento di grandiosa armonia ed equilibrioin un sistema di meravigliosa complessità, dove piante,alberi, animali, fiori e infiniti microrganismi convivonoed entrano in relazione gli uni con gli altri a sorreggersi,nutrirsi, evolversi.Qui da noi, nel nostro <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> siamo ogni giornocontinua3Dedicato alla biodiversità


... da pag. 3immersi proprio in questa meravigliosa complessità, in questastupenda convivenza quotidiana con migliaia di altre specieviventi accanto a noi. Salvando questo territorio, proteggendolodall’impoverimento delle specie viventi, stiamosalvando un tratto di terra, di acqua e di vita di inestimabilevalore.Questa porzione di terra, qui sugli Appennini più selvaggi, èl’angolo più ricco di biodiversità d’Italia.Un po’ lo sappiamo, grazie alle informazioni che possiamotrovare, leggere, scoprire, investigare. Ma un po’, anche,semplicemente, lo sentiamo, lo percepiamo ogni volta cheattraversiamo queste foreste, questi luoghi unici.A volte, personalmente, quando mi trovo in un tratto di bosconascosto, in una valle fitta di vegetazione al marginemagari di un sottile corso d’acqua, mi sorprendo a domandarmi:“ma qui, in questo preciso angolo appartato dellanatura, proprio qui dove sono fermo in questo momento,quanti altri esseri umani ci hanno messo piede?”... è la meravigliadi sentirsi immersi in un luogo selvaggio, intatto,segreto quasi, insieme magari a centinaia di animali nascostiin quello stesso preciso istante a pochi passi da noi. Epoi c’è la bellezza di attraversarlo timidamente quel luogo,con grande rispetto e stupore, e silenzio, senza voler lasciaretraccia alcuna, ma soltanto godendo di quel tempo in cuici si può risentire quasi allo stato primordiale degli esseriumani, nel contatto più diretto con la natura e la vita.Credo che noi abbiamo bisogno di vagabondare per la terrache non è di nessuno e che è protetta da tutti, il cui immutatoorizzonte è lo stesso che segnava i confini dei nostripadri, dei nostri antenati. La natura ha poi questa strana eincredibile umiltà che ci chiede amore, l’amore che si provacome un istinto verso tutto ciò che ci sembra così generosoe, semplicemente, unico per noi. Sono anche queste sensazioniche noi dobbiamo proteggere proteggendo la biodiversitàterrestre e di questa incredibile e particolare e preziosissimaArea Protetta nella quale viviamo.Nel nostro <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> vivono 8.354 specie viventi:2.841 sono alberi, piante, fiori, microrganismi vegetali,5.513 sono animali, mammiferi, uccelli, rettili, anfibi, pesci,insetti… tutte queste specie viventi convivono, co-evolvono,dipendono le une dalle altre, formano l’armonia meravigliosadel <strong>Parco</strong>. Senza di esse la nostra vita sarebbetremendamente più povera, o forse non ci sarebbe affatto,non ci sarebbe vita neanche per noi.Orsi, lupi, camosci, cervi, caprioli, aquile, picchi, gufi reali,aironi, salamandre, bruchi e farfalle, faggi e pini neri, betulle,cornioli, scarpette di venere, ginepri, giaggioli…dipendiamoanche da essi, viviamo immersi in habitat comunidi cui siamo una specie anche noi. La Biodiversità del<strong>Parco</strong> è così straordinaria, ricca e complessa che costituiscecirca il 13% dell’intera biodiversità italiana, e circa il 6,5%dell’intera biodiversità europea. Siamo un luogo di inestimabilericchezza per l’intera Italia e per l’intera Europa.Un luogo complesso, vario, intatto, in cui gli habitat naturaliriescono ancora a integrarsi e sorreggersi in un modonon alterato, autentico.Come dire, qui da noi, in questo frammento di territoriopuro e bellissimo ci sono infiniti gioielli di vita che è difficiletrovare altrove in Europa così in simbiosi tra loro, cosìgli uni accanto agli altri, così intrecciati e così brillanti.Dobbiamo proteggerli con impegno, intelligenza, cura epremura, come si protegge la cosa più preziosa che si ha.Stiamo proteggendo la nostra stessa vita qui.E poi pensiamo all’attrazione che questi luoghi esercitanoper chi viene a visitarli, attraversarli, ascoltarli. Il turismoqui è un turismo che vive sul desiderio delle donne e degliuomini di sentirsi immersi in una bellezza nitida fatta divita, animali, alberi e paesaggi che racchiudono il misteroe lo stupore di incontrare specie viventi uniche estupende.Noi qui leghiamo a doppio filo l’economia alla vita, la nostraricchezza e le nostre comunità alla natura.Delle 8.354 specie del <strong>Parco</strong>, ben 97 però sono a rischio diestinzione. La loro scomparsa significherebbe povertà,sconfitta per la vita.In effetti, a volte, è quasi impossibile vedere, anche solo disfuggita, certi animali rari, pensiamo agli orsi, ai lupi…manoi, abitanti di questa terra, abbiamo bisogno di loro anchecome simboli. “La loro presenza attorno a noi proclama ilmistero della vita, sono i gioielli della corona della creazione”dice Edward Wilson. “Sapere che sono là fuori, chesono vivi e in buona salute è importante anche per il nostrospirito, per la pienezza delle nostre vite.Se vivono vuol dire che la natura vive”.Immaginiamo l’orso, l’orso bruno marsicano che è tra questeforeste, come in ultimo angolo di paradiso adatto alui.È una specie autoctona e un endemismo, vive solo qui.È la presenza magica del <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong>, il suo simbolopiù bello, sfuggente, misterioso.L’impoverimento del suo habitat potrebbe provocarnel’estinzione.Ma se l’orso bruno marsicano resisterà, sapremo anche che il<strong>Parco</strong> continua ad essere un luogo magico che può accogliere lacomplessità e la profondità della vita. Se l’orso potrà essere liberodi vagabondare qui, noi sapremo che il <strong>Parco</strong> è ancora un habitatincontaminato dell’Italia, dell’Europa e della terra.I biologi che si occupano della conservazione della fauna selvaticahanno bisogno di sapere l’attuale stato di salute dell’orso, maspero che ci saranno sempre, qui, aree remote del suo habitatlontane anche alle esplorazioni degli scienziati.Ecco, semplicemente, anche la magia di lasciare che una partedella vita dell’orso rimanga un mistero...Ecco, semplicemente, proteggere e amare tutto questo, la vita, enoi.foto Valentino MastrellaDedicato alla biodiversità4


I b o s c h i d e l Pa r c o: b i o d i v e r s i tà e f o n t e d i r i s o r s ed i Vi t t o r i o Du c o l iIboschi e le foreste sono il vero scrignodella biodiversità del <strong>Parco</strong>. Ricopronocirca il 60% della superficie dell’area protetta,e al loro interno vivono la maggiorparte delle specie vegetali ed animali checaratterizzano questo lembo di Appennino.In generale i boschi sono gli ecosistemi piùcomplessi, dove si trova la maggiore quantitàdi habitat e nicchie ecologiche. Questoè dovuto alla particolare struttura dei boschi,che occupano uno spazio notevole,grazie all’altezza degli alberi, ed al fatto chein questo spazio si generano condizioni climatichee ambientali anche molto diversetra di loro. In un bosco naturale, tutto lospazio a disposizione, dal sottosuolo allechiome degli alberi, è occupato da varieforme di vita, dalle più semplici alle piùcomplesse, in una catena di relazioni cheottimizza l’uso delle risorse a disposizione.Così, il suolo forestale è in genere fertile,ed in esso vivono numerosi organismi chetrasformano la sostanza organica in humus.Sul terreno crescono erbe ed arbusti,che si sono adattati alle condizioni di illuminazionedate dagli alberi. Sono distesi aterra tronchi di alberi morti in via di decomposizioneda parte di numerosi organismivegetali ed animali. Diverse specie dialberi competono per assicurarsi luce edacqua e si dispongono in strati diversi dellospazio a disposizione. Artropodi, anfibi,rettili, uccelli e mammiferi trovano nel boscocibo e riparo. Se questa è la situazione“ideale”, del bosco naturale primario, l’uomo,che ha sempre visto nel bosco una fontedi materie prime e risorse alimentari, hanon poco contribuito ad alterare questiequilibri, soprattutto con il disboscamentoe le pratiche selvicolturali. Nel nostro paesesono molto rari gli esempi di boschi chesi avvicinano allo stato di naturalità descritto:una lunga storia di uso delle risorsedel bosco da parte dell’uomo ha portato adecosistemi forestali in gran parte moltosemplificati. Molto comune, anche nel<strong>Parco</strong>, è incontrare boschi formati da unasola specie arborea, con esemplari più omeno tutti eguali quanto a dimensioni: irimboschimenti, in genere alle nostre latitudinieffettuati utilizzando conifere comeil pino nero, rappresentano un ecosistemaboschivo molto povero, dove poche specievegetali ed animali possono vivere. I rimboschimentieffettuati nei decenni passati,però, anche se ci presentano un bosco fortemente“artificiale”, hanno svolto e svolgonouna importantissima funzione:preparano il terreno a formazioni boschivepiù naturali. Molto spesso, percorrendo lenostre pinete da rimboschimento, si notache sotto le chiome dei pini sono nati e sisviluppano alberi di specie diverse, qualifrassini, aceri e querce. Le specie che formavanoi boschi naturali, scomparsi anticamenteper lasciare il posto ai pascoli,tornano grazie all’azione preparatoria deipini, che hanno permesso il formarsi di unsufficiente strato di terreno fertile.Un’altra forma di bosco fortemente semplificataè il bosco ceduo. Qui in generenon vi è stata una sostituzione delle specieoriginarie, ma il loro “governo” (come sidice in termini forestali) è stato piegato alleesigenze della produzione di legna da ardere.Sfruttando la capacità di rigenerazionedelle ceppaie di molte specie di latifoglie,l’uomo taglia il bosco a cicli brevi (ogni 20-25 anni) per produrre legna da usare comecombustibile. Questa forma di governo delbosco, pur se compatibile con la conservazionedel bosco, a lungo andare riduce lepotenzialità produttive dell’ecosistema,perché il terreno viene pressoché totalmentescoperto a causa del taglio ogni pochidecenni, con il rischio di innescare fenomenierosivi, e perché periodicamente tuttala biomassa prodotta viene asportata.Per questo il ceduo, la cui importanza tral’altro è andata diminuendo con l’impiegodi altre fonti combustibili, viene in generesostituito, tramite opportune pratiche selvicolturali,dal bosco d’alto fusto, dove itagli sono meno frequenti e la biomassa forestalemolto più elevata. Nel nostro parco,quasi come in un campione della diversitàdei boschi del nostro paese, convivono formazionie situazioni forestali molto diversetra di loro. Sono infatti presenti nuclei dirimboschimenti di conifere anche abbastanzarecenti, dove l’evoluzione verso ilbosco naturale è appena agli inizi, e dovequindi si dovrà attendere a lungo per poteravere una certa ricchezza di biodiversità;sono presenti ampie superfici ancora governatea ceduo, soprattutto nelle faggete enei querceti, dove l’evoluzione verso il boscod’alto fusto è appena agli inizi; si trovanoperò anche, nelle zone più remote del<strong>Parco</strong>, boschi e foreste pochissimo alteratidall’azione dell’uomo, dotati di una complessitàspecifica e di un livello di naturalitàdifficilmente riscontrabile nel nostropaese. Nei cosiddetti “boschi vetusti” visono alberi di parecchie centinaia di anni,e il loro aspetto è molto simile a quello delbosco naturale che abbiamo descritto.Questi boschi devono essere conservatinella loro integrità, anche perché rappresentanoun laboratorio all’aperto indispensabileper comprendere sempre meglio imeccanismi della natura.In molti dei boschi del <strong>Parco</strong>, tuttavia, laselvicoltura è ampiamente compatibile conla conservazione dei boschi e della biodiversitàche racchiudono: ovviamente deveessere una selvicoltura attenta, che si basasulla comprensione dei meccanismi naturalidi rigenerazione del bosco e delle esigenze,per quanto possibile, di tutte le suecomponenti. Esistono tecniche e modalitàdi esecuzione delle operazioni selvicolturaliche minimizzano il disturbo all’ecosistema:pensiamo ad esempio alle varie tecnicheper l’esbosco dei prodotti legnosi ed aidiversi impatti che generano, ad esempio,l’apertura di una pista, l’uso di una piccolateleferica o l’uso di animali da soma.In alcuni casi le operazioni selvicolturalinon solo sono compatibili con la conservazionedella natura, ma possono anche, seben condotte, essere estremamente utili: larinaturalizzazione di un rimboschimento,la conversione di un bosco ceduo in fustaiapossono essere “aiutate” ed accelerate daaccorte operazioni colturali.Compito del <strong>Parco</strong> è perciò quello di valutareattentamente la situazione di ciascunaporzione di bosco, di individuare le modalitàdella sua gestione, tenendo sempre benpresente l’importanza che le foreste assumononella protezione della biodiversitàcomplessiva, e di definire, dove questo siapossibile, le linee di intervento più consonealla conservazione di questo straordinariopatrimonio, anche in termini di compatibilitàcon l’esigenza delle popolazioni diottenere dal bosco legna, legname ed altriprodotti. Come sempre, nel <strong>Parco</strong> serveuna maggiore attenzione, una maggioreconsapevolezza della complessità dell’ecosistemabosco, una più elevata qualità dellagestione. Ma queste sono sfide che da semprecaratterizzano questo territorio.5Dedicato alla biodiversità


Un o s c r i g n o d i b i o d i v e r s i tàdi Roberta LATINI – Cinzia SULLI *foto Valentino MastrellaCon il termine biodiversità si intendein generale la varietà degli organismiviventi, vegetali e animali presentinegli ecosistemi.La misura più comunemente usata perdefinire la biodiversità è la ricchezza dispecie anche se questa si può esprimere alivello genetico, di popolazione o diecosistema.La Biodiversità non è un fenomeno recente,ma è il frutto di 3 miliardi e mezzodi anni di evoluzione. Fino ad oggisono state descritte oltre un milione esettecentomila specie, ma in realtà siipotizza che ne possano esistere oltre dodicimilioni: moltissime aspettano di esserescoperte e alcune scomparirannoprima di essere determinate.La Biodiversità garantisce la sopravvivenzadella vita sulla Terra ed è per questomotivo che deve essere preservata.I vantaggi della biodiversità sull’uomo,anche se impercettibili sono immediati:consente il mantenimento degli equilibriclimatici sia a scala locale che planetaria,di acquisire conoscenze per comprenderemeccanismi biologici analoghinell’uomo, l’uso sostenibile della floraper fini alimentari e medicinali e di soddisfarela richiesta sempre crescente dispazi naturali per uso ricreativo, esteticoe spirituale.I fattori che contribuiscono alla perditadi biodiversità sono molteplici e la maggiorparte di essi legati alla presenza antropica:la distruzione degli habitat,Dedicato alla biodiversitàl’immissione di specie aliene e l’innalzamentodella temperatura. Per questomotivo molti Stati si sono impegnati aridurre in modo significativo la perditadi biodiversità entro il <strong>2010</strong>.Nel nostro pianeta alcune aree e alcuniecosistemi, anche molto piccoli, ospitanocirca la metà di tutti gli esseriviventi.L’Italia possiede una biodiversità straordinaria:la sua posizione geografica, lasua conformazione geo-morfologica, lavarietà di ambienti e climi consente lapresenza di numerose specie tra invertebrati,uccelli, pesci, anfibi e rettili.Spesso le aree a maggiore diversità inItalia coincidono con le aree protette.Una di queste è il <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong>d’Abruzzo, <strong>Lazio</strong> e <strong>Molise</strong> che conta 66specie di mammiferi, 230 specie di uccelli,52 specie tra rettili, anfibi e pesci,oltre 5.000 specie di invertebrati e circa2.000 specie di piante superiori.Dal punto di vista faunistico il <strong>Parco</strong><strong>Nazionale</strong> d’Abruzzo, <strong>Lazio</strong> e <strong>Molise</strong>vanta endemismi unici e rarità di notevoleinteresse.è importante sottolineare che il <strong>Parco</strong> haavuto il pregio di conservare due dei piùgrandi carnivori italiani, l’orso brunomarsicano e il lupo, e una specie di grandeimportanza zoologica come il camoscioappenninico, regalo delle glaciazioni.Ma accanto a questi “grandi” èopportuno ricordare anche altri animali,definiti “fauna minore” ma non meno6importanti e sempre più spesso rari al difuori dei confini del <strong>Parco</strong>.Tra i mammiferi possiamo citare i mustelidi(tasso, martora, faina, donnola),lo scoiattolo meridionale, il ghiro e ilmoscardino. Inoltre, sono state accertate25 differenti specie di chirotteri alcunedelle quali di grande importanza faunisticacome il vespertilio di Beckstein cheè presente al <strong>Parco</strong> con una delle piùgrandi colonie europee e il barbastelloche necessita di boschi vetusti e alberiplurisecolari e marcescenti per la suasopravvivenza.Per quanto riguarda l’ornitofauna, il<strong>Parco</strong> ospita circa il 50% delle speciepresenti in Italia. Uno degli uccelli piùimportanti è senza alcun dubbio l’aquilareale presente al <strong>Parco</strong> con circa 6coppie.Meno vistosi ma altrettanto rari sono labalia dal collare e numerose specie dipicchio tra cui il rarissimo picchio diLilford legato a foreste vetuste.Tra i rettili riveste grande interesse biogeograficola vipera dell’Orsini, mentretra gli anfibi abbiamo numerose entitàendemiche come ad esempio la salamandrapezzata appenninica e la salamandradagli occhiali.Ma è tra gli invertebrati che si ha la massimaricchezza in specie.Le liste sistematiche annoverano numeroseentità faunistiche ed il loro numeroè destinato ad accrescersi in futuro inquanto molti ordini necessitano di ulte-


foto Giancarlo Mancoririori approfondimenti.Anche tra gli invertebrati vi sono speciedi pregio e rarità come il gambero di fiumee il gambero lacustre ed endemismiappenninici soprattutto tra i coleotteriquali i crisomelidi, i carabidi, come adesempio il carabo cavernoso consideratoun “fossile vivente” e il cerambicide rosaliaalpina legata all’ambiente forestale.La felice posizione geografica che pone il<strong>Parco</strong> al centro della penisola in un puntodi convergenza tra nord e sud e tra este ovest ha influenzato notevolmente anchela diversità vegetale del suo territorio:la flora del <strong>Parco</strong> contiene circa unterzo di tutte le specie di piante superioridi cui è composta la flora italiana ed annoveraal suo interno piante di mondivegetazionali completamente differenticon specie tipicamente mediterranee afianco di specie tipicamente alpine, piantedi origine balcanica a fianco di speciepiù occidentali.Numerosi sono gli endemismi o le piantecomunque rare che meritano particolariforme di tutela: scoperta per la primavolta proprio nel <strong>Parco</strong> l’iris marsicao giaggiolo marsicano è oggi conosciutaanche in altre aree protettedell’Abruzzo.Endemismo esclusivo del <strong>Parco</strong> è la pinguicoladi Villetta Barrea, piccola piantacarnivora dalle foglie vischiose su cui intrappolainsetti che poi vengono digeritigrazie a particolari enzimi emessi dallapianta sulla superficie delle suefoglioline: conosciuta una volta comepinguicola volgare è stata poi rideterminatacome nuova specie dal botanicoFabio Conti diventando una specie nuovanon solo per il <strong>Parco</strong> ma per il mondointero.Altra specie conosciuta dagli appassionatiè la scarpetta di Venere, bellissima orchideadal fiore particolarmente attraenteche si trova al <strong>Parco</strong> in poche stazionicon pochissimi individui.La raccolta indiscriminata delle piantinene ha ridotto nel tempo gli effettivi.Ma tra le orchidee esistono altre raritàpiuttosto particolari come l’epipogiouna orchidea di dimensioni ridottissime,priva di foglie, dai colori poco appariscentiche vive nel sottobosco della faggeta:è una orchidea rarissima che ha lacaratteristica di fioriture non continuead intervalli di tempo spesso molto lunghiche hanno contribuito a darle unafama di pianta molto singolare cui gli inglesihanno attribuito il significativonome di “ghost orchid”, orchideafantasma.Nel <strong>Parco</strong> vive in un’unica località a circa1300 m di quota, in una splendidafaggeta.Altra orchidea meritevole di attenzione èla nigritella: questa pianta è caratterizzatada uno spiccato profumo di vanigliaed è presente sulle Alpi con la specieNigritella nigra.A lungo si è ritenuto che anche le piantedell’Appennino appartenessero a questa7specie: gli studi condotti dal prof. WalterRossi proprio qui remoto anche su questemontagne hanno lasciato anche nelcaso della flora una ricca eredità fatta deicosiddetti relitti glaciali ovvero resti diuna vegetazione scomparsa a causa delriscaldamento climatico successivo alleere glaciali: tra le specie cosiddette relittetroviamo la betulla, il pino mugo, ladriade - piccola piantina dai fiori bianchitipica delle praterie di alta quota.Altre piante rare sono il botton d’oro, ilpungitopo, la peonia officinale e la stellaalpina che forma un piccolo nucleosulle creste di alcune montagne subitofuori dai confini del <strong>Parco</strong>.E’ importante sottolineare come tuttequeste specie siano arrivate fino ai giornid’oggi grazie al fatto che il <strong>Parco</strong> èriuscito a mantenere inalterati gli ecosistemiai quali queste specie sono legate;il mantenimento della biodiversità nellamaggior parte dei casi si attua attraversoun’azione conservativa sugli ecosistemima anche attraverso una maggiore informazionee sensibilizzazione dell’opinionepubblica.Solo contribuendo alla crescita culturaledel visitatore possiamo infatti far crescerela consapevolezza del valore della biodiversitàe quindi accrescere anche l’attenzioneverso tutte le specie appartenentialla flora e alla fauna del <strong>Parco</strong>.* Servizio Scientifico del <strong>Parco</strong>Dedicato alla biodiversità


<strong>2010</strong> - An n o i n t e r n a z i o n a l e d e l l a BiodiversitàCon decisione del 20 dicembre 2006, l’Assemblea Generaledelle Nazioni Unite (ONU) ha proclamato il <strong>2010</strong> AnnoInternazionale della Biodiversità.Il Segretariato della Convenzione sulla Biodiversità (CBD) èil Focal Point dell’Anno.Le Istituzioni e le organizzazioni terze interessate sonosollecitate ad agire per difendere la diversità biologica, adiscutere e a presentarsi al pubblico con eventi,manifestazioni e incontri per far crescere la sensibilitàcollettiva e stimolare comportamenti virtuosi per contribuiread arrestare la continua perdita di Natura.Per questo, le aree naturali protette, e i parchi nazionali inspecial modo, giocano un ruolo determinante in questadifficile “sfida” a difesa della Umanità.foto Valentino MastrellaDedicato alla biodiversità8


La s i tu a z i o n e d e l Ca m o s c i ointervista a Sandro Lovari *Oltre cinquecento camosci contati in tutto il territoriodel <strong>Parco</strong> dei quali 120 nella Val di Rose: questi i numeriarrivati dall’ultimo censimento effettuato dal personaledel <strong>Parco</strong> durante l’estate 2009.“Un dato impattante” dice Sandro Lovari Professore Ordinariodi Etologia e di Gestione della Fauna all’Università di Sienaal quale è stata affidata una nuova ricerca sul Camosciod’Abruzzo, animale di valore assoluto visto che la specie èconsiderata “esclusiva dell’Appennino”. Per Lovari è difficileraggiungere la certezza di aver contato la totalità degli effettividi una popolazione animale.“Ci sono biologi della fauna selvatica -spiega il ricercatore- cheaddirittura negano ogni utilità ai conteggi di animali, tanto èimprobabile riuscire a vedere tutti gli individui presenti.In realtà, le stime numeriche sono utili per sapere almeno se unapopolazione sia in declino o resti costante o stia aumentando neltempo”.Per il camoscio appenninico la situazione è relativamente costante.La sua ricerca deve ancora prendere l’avvio: è all’inizio,dati documentati ancora non ce ne sono.Lovari negli ultimi 2 anni ha effettuato dei sopralluoghi soprattuttoin Val di Rose dove era stato 30 anni fa per condurreanche allora una ricerca sulla biologia dei camosci del<strong>Parco</strong>. All’epoca, il numero totale dei camosci avvistati inogni conteggio annuale oscillava tra 200 e 300, con unastruttura di popolazione costante e ben proporzionata.“Oggi - riprende il biologo - giudicando a occhio, la situazionefoto Valentino Mastrellaè cambiata. I conteggi effettuati quest’anno indicano il 20% inmeno rispetto per esempio al 2001, quando furono avvistati 641camosci. All’appello sembra che manchino i segmenti della popolazionenati dal 2002 in poi, gli individui subadulti e giovaniadulti.I piccoli nascono ancora in buon numero, ma poi scompaionoprima di diventare adulti. Se questo fenomeno sarà confermatodalla ricerca bisognerà definirne le cause e possibilmenteeliminarle”.Un’idea Lovari comunque l’ha elaborata.“A mio giudizio - continua - l’aspetto delle praterie d’altitudineè molto cambiato rispetto a trenta anni fa: i segni di sovra-pascolomi sembrano evidenti ma, non essendo né botanico né pastoralista,attendo l’opinione di esperti.D’altra parte la presenza del cervo, sporadica qualche decenniofa, è oggi dilagante: nel settembre 2008 dormii per due notti aForca Resuni, vedendo ogni sera oltre cinquanta cervi nelle praterietra Forca Resuni e Passo Cavuto.Un bellissimo spettacolo, ma anche una biomassa animale ditutto rispetto, che trenta anni fa non era presente e che oggi pascolanell’area allora frequentata dal solo camoscio.È possibile anche che una combinazione di fattori, stress ambientaleo di origine sanitaria, agisca sugli individui più giovani chesono anche quelli dotati di minori difese immunitarie, inducendonela prematura scomparsa”.E a proposito di stress ambientale rimane valido il “numerochiuso”, la regolamentazione degli escursionisti nelle aree frequentatedal camoscio, entrato in vigore la prima volta allafine del 1980.Negli anni 1981-82, prima che fosse attuato nei mesi estivi,proprio Lovari dimostrò una correlazione diretta tra il numerodei turisti in Val di Rose e quello dei casi di disturbo aigruppi di camosci, con fino a ben nove consecutivi inseguimentidello stesso gruppo da parte del medesimo turista.Risultò anche che l’attività di pascolo era di gran lunga quellapiù spesso disturbata dai visitatori, con il conseguente spostamentodei branchi in aree marginali.Nel 71% di 300 casi di disturbo, questo veniva causato daturisti che abbandonavano il sentiero per avvicinarsi aicamosci.“Il “numero chiuso” svolge un ruolo positivo -conclude Lovariepure educativo: nelle aree protette gli animali sono una componentedegli ecosistemi che merita rispetto e che l’uomo non devetrattare alla stregua di giocattoli.Anche una ricerca scientifica durante la fase attiva dello studio,può causare una qualche forma di disturbo agli animali ma,purché non produca durature conseguenze negative sulla popolazione,deve essere tollerata in vista dei risultati positivi per laconservazione e in un adeguamento delle misure di gestione intervenendonon alla cieca ma su base documentata. Il ruolo dellabuona ricerca scientifica consiste nel sostituire dati oggettivi acredenze, voci, fantasie e racconti.Le informazioni documentate sono necessarie”.* Docente Università di Siena9


An f i b i e r e t t i l i n e l pa r c o:s e m p r e m e g l i o c o n o s c i u t i, s e m p r e p i ù a r i s c h i odi Vincenzo Ferri *Al centro delle attenzioni di diversistudiosi e degli operatori del <strong>Parco</strong>da decenni, gli anfibi ed i rettili rappresentanouna quota cospicua dellaricchezza faunistica di questa importantearea protetta, ma risultano anche trai gruppi di più difficile gestione econ le maggiori problematiche diconservazione.Già tutti salvaguardati, anche a livelloregionale con la L.R. n. 50 del 1993,hanno popolazioni che progressivamentesi stanno riducendo numericamenteanche in territori apparentemente pocoo nulla compromessi dal punto di vistaambientale.E’ quanto sta succedendo all’ululoneappenninico (Bombina pachypus) cheveniva considerato comune in alcunezone umide tra Alfedena e Castel diSangro, almeno fino agli anni Ottantadel secolo scorso, ma che è forse giàestinto almeno nei confini del <strong>Parco</strong>.Piccolo rospo dalla livrea ventrale di unvivace giallo aranciato, è assolutamenteprotetto (Direttiva CE 42/1993Habitat; D,P.R. 357/1997) e legato apiccole raccolte d’acqua marginali inaree ben soleggiate.L’attivazione di azioni di reintroduzioneo di ripopolamento è quasi impossibileper la mancanza di popolazioni vitaliconosciute dentro o intorno al <strong>Parco</strong>dalle quali poter prelevare senza danniDedicato alla biodiversitàovature e/o girini.Ma quante sono le specie che compongonooggi l’erpetofauna del <strong>Parco</strong>?Scorrendo i tanti contributi scientificidisponibili, ma soprattutto scorrendo labanca-dati delle segnalazioni pervenutealla Societas Herpetologica Italica,Sezione Abruzzo-<strong>Molise</strong>, per la realizzazionedei recentissimi Atlanti erpetologicid’Abruzzo (Ferri et al., 2006; DiTizio et al., 2008), si possono ritenerequi ben rappresentati 12 specie di anfibie 14 di rettili.A parte l’ululone appenninico, per ilquale sono necessari approfondimentidi ricerca prima di dare per scontata lascomparsa, sono moltissimi anni chemancano osservazioni della testugginepalustre (Emys orbicularis).Poche anche le segnalazioni recenti riguardantiil cervone (Elaphe quatuorlineata)che forse per la sua millenariafunzione di messaggero verso dei e santinelle uniche feste ofidiche europee (aCocullo e Pretoro) è stato troppo assiduamentericercato e catturato.La situazione non è fortunatamentecompromessa nelle altre specie, anzi.Si ritrovano nel <strong>Parco</strong> alcune delle piùricche popolazioni d’Abruzzo dellasalamandra pezzata appenninica(Salamandra salamandra) e della salamandrinadagli occhiali settentrionale(Salamandrina perspicillata),10sintopiche nelle vallecole più umide epresso ruscellamenti, all’interno o aimargini delle più vetuste faggete.La salamandrina, comunque, per le piccoledimensioni, la livrea dorsale cripticae le elevate esigenze ecologiche (chepossono far concentrare una popolazionein poche decine di metri di habitatadatto) non è una specie di agevoleosservazione.Abbondantissimi sono il rospo comune(Bufo bufo), le rane verdi appenniniche(difficile distinguere la forma nonibrida Pelophylax (ex genere Rana)bergeri da quella ibrida (Pelophylax hispanicus)e le raganelle italiane (Hylaintermedia).Più riservate le rane rosse appenniniche(Rana italica) che sono più legate aicorsi d’acqua minori, anche correnti, inambienti boschivi. Va confermata la recenteosservazione di un piccolo nucleodi Rana agile (Rana dalmatina) pressoBarrea, anche se questa specie è già stataaccertata in altre aree protette d’Abruzzo.L’ultimo anuro è il rospo smeraldino(Pseudopidalea viridis) che occasionalmentepuò essere osservato presso alcunidegli abitati (p.e. Opi, Alfedena).Più che una presenza attestata si dovrebbetrattare di singoli individui trasportaticon carichi di sabbia fluvialeprovenienti dalla bassa Valle del Sangro.Importanti sono le popolazioni


conosciute di tritone crestato (Trituruscarnifex), tra cui quella isolata e ad unaquota raramente raggiunta altrove, allesorgenti del lago Pantaniello, a circa1900m s.l.m. Di grande valore biogeograficoanche le popolazioni relittedi tritone punteggiato (Lissotriton vulgarismeridionalis) del Lago Vivo, 1591m s.l.m., che sono – almeno sul versanteadriatico - tra le più meridionaliconosciute.Tra i rettili spiccano per interesse conservazionisticole diverse piccole popolazionidi vipera dell’Orsini (Vipera ursinii).Ben note le località dellaCamosciara e del M.te Marsicano, piùinteressanti le segnalazioni per il gruppodella Meta. Qui i primi dati sonodegli anni Settanta (Bruno, 1973), mada allora la specie sembrava proprioscomparsa. Si deve alle ricerche diMaurizio D’Amico (Banca Dati S.H.I.Abruzzo-<strong>Molise</strong> com.pers. 2008) laconferma che fortunatamente anchequi, a circa 1850 m s.l.m. la piccola erara vipera, praticamente innocua, è ancorapresente.Recenti segnalazioni riguardano ancheil crinale compreso tra il Monte Tartaroe il Monte La Meta, dove però sembrerebbemolto più comune la vipera aspide(Vipera aspis), ritrovata sul M.teTartaro fino a 2050 m s.l.m.. L’ampiavalenza ecologica e le maggiori dimensionifavoriscono sicuramente l’aspidesoprattutto grazie al riscaldamento globaleche sta riguardando anche questosettore dell’Appennino. Essendo unodei pochi siti italiani di sintopia accertatatra le due specie sarà attivato quantoprima un monitoraggio delle rispettivepopolazioni.Sono comuni nel <strong>Parco</strong> i ramarri(Lacerta bilineata) e le lucertole deimuri (Podarcis muralis), mentre limitataad alcune località marginali o appenaesterne ai confini dell’area protetta è lalucertola campestre (Podarcis siculacampestris). Raggiungono quote elevatein diverse località sia la luscengola(Chalcides chalcides) che l’orbettino(Anguis fragilis). Tra i sauri rimane occasionalee quasi sempre dovuto a trasportopassivo dalla costa adriatica senzaacclimatazione il geco comune(Tarentola mauritanica).Oltre alle due vipere e al cervone, altriquattro serpenti possono facilmente incontrarsinei diversi ambienti del <strong>Parco</strong>:il biacco (Hierophis viridiflavus), la bisciad’acqua (Natrix helvetica), il saettone(Zamenis longissimus) e il colubroliscio (Coronella austriaca).La popolazione dell’ultimo ofide presentenel <strong>Parco</strong> è concentrata quasi totalmentelungo il lago di Barrea ed ilfiume Sangro: si tratta della biscia pescatriceper eccellenza, la biscia tassellata(Natrix tassellata).I serpenti sono probabilmente i vertebratidel <strong>Parco</strong> più temuti e probabilmentepiù perseguitati nonostante leleggi che li proteggono: una situazionedi complessa soluzione e che imponeazioni sinergiche di tipo naturalistico eculturale. Proprio il <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong>d’Abruzzo, <strong>Lazio</strong> e <strong>Molise</strong> potrebbe assumere,nel campo della conservazionedegli Ofidi, un ruolo strategico e diventareun esempio nazionale nella gestionedi questo gruppo faunistico.*Erpetologo,Comitato Scientifico Centro AnfibiLombardia11Dedicato alla biodiversità


La biodiversità d e l Pa r c ofoto Valentino MastrellaLa f l o r a: 2841 s p e c i ee n d e m is m i d e l pa r c o: Iris marsica - Giaggiolo marsicanoPinguicola vallis regiae - Pinguicola di Villetta BarreaSp e c i e r a r e, s p e c i e m i n ac c i at e: Epipogium aphyllum - Epipogio; Nigritella Widderi- Nigritella; Paeonia officinalis - Peonia; Trollius europaeus - Botton d’oro; Ruscus aculeatus -Pungitopo; Leontopodium nivale - Stella alpina; Genziana lutea - Genziana maggiore; Cypripediumcalceolus - Scarpetta di VenereLa fa u n a: 5513 s p e c i ee n d e m is m i d e l l’i ta l i a c e n t r a l e: Rupicapra pyrenaica ornata - Camoscio appenninico -Ursus arctos marsicanus - Orso marsicanos p e c i e r a r e: Buprestis splendens - Buprestide splendente; Carabus violaceous - Carabo viola;Calosoma sycophanta - Calosoma; Vipera Ursinii - Vipera dell’Orsini; Picoides leucotus lilfordii- Picchio dorsobianco; Salamandra salamandra - Salamandra pezzataPicchio d o r s o b i a nc o(De n d r o c o p u s l e u c o t o s l i l f o rd i)Di m e n s i o n i: leggermente più grande del picchio rossomaggiore, ha una lunghezza di circa 25 cm.Ha b i t a t: frequenta prevalentemente faggete di altofusto collocate oltre i 1200-1300 metri di quota.Al i m e n t a z i o n e: si nutre di insetti adulti ed allo statolarvale, che cattura con la lunga lingua retrattile all’internodelle fessure o nei buchi da lui prodotti nei tronchi e nei ceppi morti.Ri p r o d u z i o n e: nidifica in primavera inoltrata prediligendo i boschi vetusti,utilizzando cavità scavate nel tronco di alberi morti o danneggiati.Curiosità: la sottospecie lilfordi, presente in Europa meridionale e dunquenel <strong>Parco</strong>, nonostante il nome, non presenta il dorso uniformemente bianco,ma con fitte barre bianche e nere.No t e: si differenzia dal picchio rosso maggiore per l’assenza di spalline bianchesulle ali e, nei maschi, per la presenza di una brillante colorazione rossasulla testa. La femmina ha la testa nera. Il verso è simile a quello del merlo edil tambureggiare sul tronco degli alberi presenta una fase finale accelerata.Ne l Pa r c o: il territorio del <strong>Parco</strong> riveste una grande importanza per la conservazionedi questa specie, poiché ospita l’80% (200-250 coppie) di tutte lecoppie nidificanti in Italia. L’Ente <strong>Parco</strong> è impegnato da tempo a preservaredal taglio gli alberi secchi, che costituiscono una importante fonte di cibo, masoprattutto l’habitat ideale per la nidificazione di questa specie.Co n s e r v a z i o n e: considerata a livello comunitario come specie a basso rischioin Italia è in realtà molto rara (Abruzzo, Gargano) ed è quindi inserita nellaLista Rossa nazionale delle specie a rischio.Pi n gu ic o l a va l l is r e g i a eDescrizione: la pinguicola è una piccolapianta carnivora appartenente alla famigliadelle Lentibulariaceae che aggiunge le dimensionidi 3 – 16 cm. Il fiore, molto bello, è dicolore viola.Ha b i t a t: è una specie legata ad ambienti umidie può crescere anche in ambienti ombreggiati.Curiosità: la pinguicola, come altre piante carnivore, cattura e digerisce ipiccoli insetti che si posano sulle sue foglie, grazie ad una sostanza mucillaginosasimile a piccole goccioline d’acqua.Gli insetti sono attirati dall’aspetto bagnato della foglia e vi rimangono invischiati;appena essi iniziano a divincolarsi si attivano più ghiandole cherilasciano altra mucillagine fino a ricoprirli completamente.Ne l Pa r c o: localizzata in pochissime stazioni la specie presente al <strong>Parco</strong> è unaspecie di nuova scoperta unica nella flora europeaCo n s e r v a z i o n e: proprio perché specie nuova è sicuramente rarissima manon ancora inserita in nessuna delle norme internazionali per la protezionedelle specie di fauna e floraVi p e r a d e l l’Or s i n i (Vi p e r a u r s i n i i)Di m e n s i o n i: più piccoladella vipera comune, il maschioè lungo al massimo40 cm, la femmina è piùgrande.Vive dai 7 ai 10 anniHa b i t a t: praterie d’altitudinepreferibilmente concespugli di gineproAl i m e n t a z i o n e: soprattutto insetti ortotteri, occasionalmentelucertole e piccoli roditoriRi p r o d u z i o n e: gli accoppiamenti avvengono solitamentea maggio. Essendo rettili vivipari, le femmine partoriscono2-5 piccoli in agosto o settembre.Curiosità: il nome deriva dal naturalista Antonio Orsini(1788-1870) che per primo la descrisse.No t e: è caratterizzata da una colorazione di fondo moltochiara, sulla quale spicca una striscia a zig-zag molto piùscura. Sono caratteristiche le squame del capo, molto grandi.A causa delle dimensioni ridotte dei denti del veleno haun apparato velenifero molto debole, per cui il suo eventualemorso non comporta danni rilevanti all’uomo.Ne l Pa r c o: è presente con due soli nuclei sulle Mainarde esul Monte MarsicanoCo n s e r v a z i o n e: è inserita nell’allegato 2 della Convenzionedi Berna sulla conservazione della vita selvatica dell’ambientenaturale in Europa, nell’allegato A del Regolamento(CE) n. 2307/97 (CITES) ed è inserita negli Allegati II e IVdella Direttiva 43/92/CEE “Habitat”. E’ inclusa nella listarossa dell’IUCN nella categoria specie vulnerabile.Ro s a l i a a l p i n aDi m e n s i o n i: è un coleottero dellafamiglia Cerambycidae lunga da20 a 38 mm, escluse le antenne.Ri c o n o s c i m e n t o: la colorazione èazzurro cenere, con macchie e fascenere contornate da una sottilelinea bianca; le antenne sono lunghe,azzurre e nere.Ha b i t a t: predilige le foreste difaggio tra i 500 e i 1800 metri di quotaAl i m e n t a z i o n e: le larve mangiano il legno morto dei faggi.Ri p r o d u z i o n e: le uova vengono deposte su ceppi marcescenti,parti morte di piante sane e tronchi caduti.Lo sviluppo larvale dura di solito tre anni, l’adulto comparein giugno-agosto ed è attivo di giorno.Curiosità: è considerato dagli studiosi uno dei più belli evistosi coleotteri d’Europa.Ne l Pa r c o: la rosalia alpina è minacciata dalla riduzione deiboschi vetusti e naturali di faggio, quindi l’Ente <strong>Parco</strong>, attraversoprogetti specifici di conservazione delle foreste matureche limitano l’abbattimento e l’asporto di alberi mortio marcescenti, contribuisce in larga misura a preservare l’habitatdi questa specie.Co n s e r v a z i o n e: è considerata rara e vulnerabile e inclusanella Direttiva Habitat come specie di interesse comunitarioche richiede una protezione rigorosa (allegato IV e lacui conservazione richiede la destinazione di zone speciali diconservazione (allegato II).E’ considerata vulnerabile dalla IUCN.Dedicato alla biodiversità12


Co s a s i i n t e nd e p e r biodiversità ?E’ un ampio termine che descrive la varietà della vita sulla terra e tutti i suoi processi naturali.Esiste una definizione standard usata dalla Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) ecomunemente accettata, che recita:“la variabilità fra organismi viventi di ogni tipo, inclusi inter alia, terrestri,marini e altri ecosistemi acquatici e il complesso ecologico di cui sono parte;questo include la diversità nelle specie, tra specie e di ecosistemi”(traduzione dall’articolo 2, CBD)Ci r e s ta m e n o d e l 40%Il Millennium Ecosystem Assessment, il più ampio e approfondito studio sullo stato dell’ecosistemadel pianeta, contenuto in 5 volumi tecnici e 6 reports di sintesi, realizzato da oltre 1400 espertiprovenienti da 95 paesi del mondo, mostra che più del 60% dell’ecosistema del pianeta èdegradato o sovrasfruttato.Lo studio dice inoltre che la varietà e la quantità delle specie stanno diminuendo a una velocitàmai osservata prima d’ora; ciò rappresenta una grande minaccia al benessere delle future generazioniumane. I responsabili della perdita di biodiversità sono gli stessi uomini.foto Valentino MastrellaLo s tat o d e l l a biodiversità in Eu r o paLa biodiversità europea include 488 specie di uccelli, 260 specie di mammiferi, 151 specie di rettili, 85specie di anfibi, 546 specie di pesci di acqua dolce, 20-25.000 specie di piante e oltre 100.000 specie diinvertebrati.Nel continente europeo sono minacciati il 42% dei mammiferi, il 15% degli uccelli e il 52% dei pescid’acqua dolce; inoltre, quasi 1.000 specie vegetali sono gravemente minacciate o in via di estinzione.Il 23% degli anfibi e il 21% dei rettili europei rischiano di sparire. Sono in declino il 59% delle specie dianfibi e il 42% dei rettili. (fonti: UE/Relazione della Commissione al Parlamento Europeo del 13 luglio 2009 e IUCN)Ita l i a a c o l p o d’o c c h i odelle specie europee più minacciate diestinzione, vivono in Italia:12 di mammiferi15 di uccelli4 di rettili5 di anfibi17 di pesci16 di molluschi42 di altri invertebrati3 di pianteLa biodiversità i ta l i a n a6.000 specie vegetali57.000 specie animali56.168 invertebrati1.254 vertebrati43 mammiferi473 uccelli58 rettili38 anfibi473 pesci ossei73 pesci cartilageni13Dedicato alla biodiversità


Uccellidi Stefano Allavena *Il <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> d’ Abruzzo, <strong>Lazio</strong> e<strong>Molise</strong> è sopratutto conosciuto per lapresenza dell’ orso bruno marsicano e delcamoscio d’Abruzzo, che lo pongono abuon diritto tra le aree protette più importantid’Europa. Tuttavia il territorio del<strong>Parco</strong> ospita e tutela numerose specie diuccelli, tra cui diverse sono di importanzaprioritaria. Quando, in questa breve sintesi,si nomina il <strong>Parco</strong> si intende sempreanche la Zona di Protezione Esterna, checostituisce ambiente di vita essenziale pertutte le specie ricordate.Innanzitutto dobbiamo ricordare gli uccellirapaci diurni e tra questi l’aquila reale,l’avvoltoio grifone, il biancone, l’astore,il falco pellegrino e il lanario.L’ aquila reale è presente con sei coppie, dicui una di recentissima formazione.Nel territorio del <strong>Parco</strong> questa specie raggiungeuna delle densità più elevate di tuttol’Appennino, sopratutto per l’efficacetutela di cui gode la zona che comporta,tra l’altro, una notevole abbondanza dellespecie oggetto di predazione da parte delgrande rapace.Inoltre l’ abbondanza di ungulati selvaticie in particolare del cervo fornisce alleaquile un’importante risorsa alimentare,durante i mesi invernali, costituita daglianimali morti per cause naturali o perpredazione da parte dei lupi.Negli anni ‘90 fu effettuata, con successo,la reintroduzione dell’avvoltoio grifonenella Riserva Naturale dello Stato delMonte Velino. Gradualmente la zona frequentatadai grifoni si è andata espandendoe negli ultimi anni capita di vedere,anche se non di frequente, gruppetti digrifoni intenti a volteggiare maestosamentesulle praterie d’alta quota del <strong>Parco</strong> allaricerca di qualche erbivoro morto, sia domesticoche selvatico.E’ probabile che nei prossimi anni questepresenze diventino più frequenti e non èescluso che, su qualche parete rocciosaidonea, si possa insediare una colonianidificante.Il biancone, bianco nella parte inferiorecome indica il nome, maestosa aquila migratricespecializzata nella caccia ai serpenti,è presente con alcune coppie nidificantiin Ciociaria ed è possibile osservaregli adulti a caccia di serpenti nel versantelaziale del <strong>Parco</strong>.Le faggete d’alto fusto e le pinete adultecostituiscono l’ambiente dove gli astoricacciano le loro prede e costruiscono i loronidi voluminosi. A causa delle loro abitudinistrettamente forestali non sono moltovisibili, al di fuori del periodo del corteggiamento.Probabilmente questa specie èmeno rara di quanto le osservazioni disponibilifarebbero ritenere.Il falco pellegrino, bellissimo falcone dalvolo potente e specializzato nella cacciaagli uccelli in volo, nidifica in cavità sullepareti rocciose e nel <strong>Parco</strong> è abbastanzafrequente.Ben diversa è la situazione del lanario, falconedi dimensioni simili al precedentecui anche assomiglia notevolmente.E’ alquanto raro ed infatti è giustamenteconsiderato dall’Unione Europea comespecie ad alta priorità di conservazione.Nel <strong>Parco</strong> è presente una coppia nidificante,forse due.Si riproduce per lo più in cavità su paretirocciose. Sfugge spesso all’osservazione inquanto piuttosto elusivo e silenzioso a differenzadel falco pellegrino.Il picchio dorsobianco è la specie di uccellodi maggiore importanza scientifica enaturalistica del <strong>Parco</strong>, dove infatti è localizzatase non l’unica sicuramente la piùimportante popolazione italiana di questopicchio.Il suo ambiente di vita è costituito esclusivamentedalle faggete mature ricche dialberi di grandi dimensioni e di esemplarimorti e deperiti.Questi alberi gli sono indispensabili siaper cercare gli insetti di cui si nutre sia perscavare le cavità nelle quali nidificare.Altre specie significative possono esseresolo appena menzionate per esigenze dispazio, come il falco pecchiaiolo, il rarissimogufo reale, il picchio rosso minore, ilpicchio muraiolo, il fringuello alpino, ilsordone, la balia dal collare, il gracchiocorallino, il gracchio alpino, il corvoimperiale.Quest’ultima specie è stata reintrodottanegli anni ‘90 nella Riserva Naturale delMonte Velino e sta gradualmente ricolonizzandoil territorio, incluso il <strong>Parco</strong>, nelquale si estinse negli anni ‘60 a causa deiveleni usati contro i predatori.La Direzione del <strong>Parco</strong> ha affidato adALTURA (Associazione per la tutela degliuccelli rapaci e dei loro ambienti),nell’estate 2009, un incarico per la determinazionedella situazione di questo corvide,oltre che di astore e di falco pecchiaiolo,nel territorio del <strong>Parco</strong>.Una situazione, quella degli uccelli del<strong>Parco</strong>, nel complesso abbastanza soddisfacente.Tuttavia è doveroso ricordare che sesi realizzassero le centrali eoliche in fasepiù o meno avvanzata di progettazione,nelle aree a ridosso del <strong>Parco</strong>, tutte di importanzaprioritaria per la fauna protettadel <strong>Parco</strong> stesso, non è difficile ipotizzarel’estinzione nel giro di pochi anni di speciecome l’aquila reale, il grifone, il biancone,il gracchio corallino, il corvo imperiale,sia per la degradazione degli ambientidove si realizzerebbero le centrali che sopratuttoper morte per collisione con legigantesche pale rotanti, come in tante altreparti è avvenuto e sta avvenendo.*Presidente di ALTURADedicato alla biodiversità14


15Dedicato alla biodiversità


Lo s t r a n o c a s o d e i p i p i s t r e l l i “i n s o n n i”di Danilo Russo *Ipipistrelli sono mammiferi gravementeminacciati dall’azione dell’uomo:alterazione o perdita di rifugi, diffusionedi pesticidi, gestione forestale troppointensiva sono tra le cause principali diun declino delle popolazioni osservatoun po’ in tutta Europa.Fondamentali per la salute degli ecosistemi,i pipistrelli sono degli instancabilipredatori di insetti, tra cui figuranomolte specie dannose alla salute dell’uomoe alle coltivazioni.Oggigiorno i pipistrelli sono strettamentetutelati dalla normativa nazionalee internazionale perché se ne riconoscel’importante ruolo di regolatori degliecosistemi ed il grande contributo allabiodiversità globale (oltre 1100 speciein tutto il mondo e 33 in Italia).Il <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> d’Abruzzo, <strong>Lazio</strong>e <strong>Molise</strong> costituisce una vera oasi perquesti mammiferi, soprattutto grazie aigrandi boschi ricchi di alberi vecchi elegno morto su cui molte specie di pipistrellitrovano rifugi indispensabili allaloro sopravvivenza.Non a caso, i principali studi su unadelle specie europee a maggior rischio,il barbastello, sono stati condotti da chiscrive proprio sul territorio del <strong>Parco</strong>Dedicato alla biodiversitàgrazie al costante supporto dell’Entee del suo Servizio Scientifico, ricavandoneindicazioni gestionali non solorecepite dall’area protetta ma anche daalcune istituzioni straniere, insommarisultando utili per i boschi appenninicicome per quelli britannici.Ma non è di questo che voglio parlarvi,bensì di una scoperta quasi occasionale,fatta esplorando i boschi del comune diVillavallelonga, ove cercavamo propriorifugi di barbastello.Va premesso che con la nostra storia ilbarbastello non c’entra nulla… è soloche, cercando i rifugi nelle ore diurne,abbiamo occasionalmente alzato gli occhie, in un certo bosco, osservato pipistrelliin volo.Qual è la stranezza, vi domanderetevoi?Il fatto che, guardando l’orologio, cisiamo accorti che mancava un’ora altramonto e che quei pipistrelli erano attiviassai prima di quanto normalmentefacciano.A questo punto occorre soffermarci suun punto importante.Gli zoologi ritengono che i pipistrelliabbiano evoluto un comportamentonotturno per evitare di finire tra gli artiglidei rapaci diurni, predatori troppo16pericolosi per loro. Ecco che la soluzioneevolutiva è stata posticipare l’attivitàa dopo il tramonto e solo allora iniziarela caccia.Certo, ogni specie lascia il rifugio adun’ora diversa (alcune appena dopo iltramonto, altre a buio fatto). Inoltre lamedesima specie può uscire ad un’oraun po’ differente a seconda di quantoil rifugio sia protetto dalla vegetazione,oppure in relazione allo stato fisiologico(ad esempio le femmine in tarda gravidanza,essendo appesantite dal feto,volano più lentamente e sono esposte aun maggior rischio di predazione, dunquecostrette ad uscire un poco più tardidella norma).Ma parliamo sempre di piccole variazionisul tema generale, che è quello disfruttare la protezione offerta dal buio,impenetrabile per gli occhi fini dei rapacidiurni.A dire il vero, in alcuni casi è possibileosservare voli di pipistrelli in pienogiorno.Si tratta di casi rari, però, generalmenterelativi a individui che, affamati da unlungo letargo, “decidono” di rischiaregrosso e volano sotto i raggi del sole purdi far man bassa di insetti e ripristinarele riserve di grasso bruciate nell’intermi-


nabile inverno. Però, occorre dirlo, nonbasterebbe l’intera vita di uno studiosoper raccogliere dati a sufficienza su unfenomeno del genere. Inoltre, in certeisole mai raggiunte da rapaci diurnipericolosi per i pipistrelli, alcune speciepossono essere attive di giorno.È il caso, in particolare, della nottoladelle Azzorre, esclusiva dell’omonimoarcipelago dell’Oceano Atlantico, o disituazioni molto speciali osservate inaltre isole oceaniche. Stranezze limitatea luoghi remoti e decisamente isolatidalla terraferma, insomma.A questo punto facciamo un passo indietroe ritorniamo a casa nostra, al<strong>Parco</strong> e ai boschi di Villavallelonga.Dopo le prime osservazioni, abbiamodeciso di studiare a fondo questo fenomeno,e ci siamo accorti di due aspettifondamentali. Primo: non si tratta divoli occasionali ma di un comportamentomanifestato sistematicamenteda una sola delle circa quindici specieche popolano i boschi di quel territorio,il pipistrello pigmeo (Pipistrelluspygmaeus).È il più piccolo pipistrello europeo,generalmente osservato a caccia pressolaghi e fiumi e solo secondariamente inbosco.I pipistrelli in questione non eranoindividui aberranti: quella osservata èuna strategia di molti, direi di una interapopolazione adattata a cacciare inforesta.Tanto precoce, o “insonne”, se preferite,da risultare attiva fino ad oltre 75minuti prima del tramonto.La stessa specie, sul Fiume Sangro(proprio nel tratto che attraversa ilcomune di Villetta Barrea, per intenderci)fa tutt’altro: inizia l’attività dicaccia all’incirca un’ora e mezzo dopoi conspecifici di Villavallelonga.Insomma, un adattamento locale permessocon ogni probabilità dalla protezioneofferta dal bosco, la cui fittastruttura ostacola l’ingresso di rapacipericolosi che cacciano affidandosi allavista.Veniamo ora al secondo aspetto cheabbiamo scoperto: questo comportamentonon si osserva dovunque nelbosco, ma solo in uno stretto impluvioche solca i rilievi dell’area di studio,ove accanto alla protezione offerta dalbosco si realizza anche un’altra circostanza:grossi sciami di piccoli insetti,che abbiamo identificato, si levano involo proprio quando i pipistrelli “precoci”si scatenano facendone strage.Insomma, è la combinazione di ciboabbondante più protezione del bosco arendere questi angoli delle foreste del<strong>Parco</strong> così speciali per i pipistrelli e perla scienza, tanto che la nostra scoperta,pubblicata sulla rivista internazionale“Mammalian Biology”, è stata ripresadalla stampa, dalla TV e da molti blog,citata dalla RAI, dalla BBC e da NationalGeographic!Insomma: il <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> d’Abruzzo,<strong>Lazio</strong> e <strong>Molise</strong> non finirà mai distupire per la sua diversità biologica,nella cui definizione è importante includereanche la varietà di strategie eadattamenti che rendono possibile lasopravvivenza e la coesistenza di tantespecie differenti.* Docente Università degli StudiFederico II di Napoli17Dedicato alla biodiversità


Ce n n i s u l l a Flo r a d e l Pa r c o Na z i o n a l e d’Ab r u z z odi Fabio Conti *foto Valentino MastrellaUn n o t e v o l e p at r i m o n i o f l o r i s t i c o, n o b i l i tat o d a u n’e l e v atap e r c e n t ua l e d i e n d e m i s m i e d a r i l eva n t i e m e r g e n z e f i t o g e o g r a f i c h e.L’e s p l o r a z i o n e f lor ist ic aCo n s i d e r a z i o n i f i t o g e o g r a f i c h eIl territorio del <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> d’Abruzzo è stato ampiamentestudiato dal punto di vista floristico, anche graziealla presenza dell’area protetta che ha sempre attratto i ricercatorie promosso nuovi studi. Le prime citazioni bibliograficherisalgono agli inizi dell’800 e dopo molti contributisi è arrivati alla pubblicazione della prima flora del <strong>Parco</strong>di Anzalone e Bazzichelli (1960) in cui sono elencate 1377entità.Un elenco più aggiornato e relativo ad un territorio più estesocomprensivo degli ampliamenti delle Mainarde e dellazona di protezione esterna è stato redatto dallo scrivente nel1995 e comprende ben 1912 entità.Anche questo numero è stato in seguito incrementato dasuccessivi aggiornamenti e sono attualmente note poco piùdi 2000 entità spontanee o naturalizzate (nel computo nonsono state considerate quelle coltivate).Si tratta di un numero considerevole, tra i più ragguardevoliin campo europeo e ancor più sorprendente se si tiene contoche l’area studiata si estende solo per 1.000 km 2 .Così Tenore e Gussone (1842), dopo le prime esplorazioni,parlano dei monti di Picinisco e di Chiarano:“... quantunque pel numero e rarità di questi (vegetabili)non possano con Monte Corno, col Velino, e più di tuttocon la Majella mettersi in confronto, dappoiché questimonti di molto le sorpassano, pure vedrete che non mancanodi alcune piante loro proprie; e d’altra parte, siccomeesse ci presentano un limite geografico, che molte specie nonoltrepassano verso il Sud, così la lor flora di qualche interessediventa pure per la botanica geografica del Regno.”Di notevole interesse fitogeografico (anche alla luce dei ritrovamentipiù recenti) sono, in effetti, le entità che raggiungononel <strong>Parco</strong> d’Abruzzo i limiti meridionali della lorodistribuzione peninsulare.Tra queste vi sono per lo più specie artico-alpine e circumborealiil cui areale nell’Appennino è di norma incentratointorno alle quote elevate. Il <strong>Parco</strong> costituisce infatti la porzionedi territorio peninsulare che propone alle latitudinipiù meridionali il maggior numero di habitat sommitali.Dedicato alla biodiversità18


Propaggine sudorientale dell’AppenninoAbruzzese, questo territorio è separatodalle vette dell’Appennino meridionaleda consistenti barrieregeografiche come la valle del Volturnoe le basse ondulazioni dei rilievi dellaDaunia.Poche specie raggiungono, al contrario,nel <strong>Parco</strong> il limite settentrionale delloro areale italiano. Acer cappadocicumsubsp. lobelii, endemico dell’Appenninocentro-meridionale raggiunge inAbruzzo il limite settentrionale del suoareale. Per altre piante come ad es.Phlomis fruticosa e Biarum tenuifoliumla presenza è dovuta indubbiamentealla vicinanza della conca delFucino e delle conche interne abruzzesi,caratterizzate da condizioni climatichecon caratteristiche di tipo decisamentetermo-xerico.A queste si devono aggiungere i numerosielementi steno-mediterranei accantonatisulle rupi pedemontane e neibassi versanti più caldi. Tra i più significativisi ricordano: Ampelodemosmauritanicus nei pressi di Scapoli eColli al Volturno; Erica multiflorapresso il Lago di Grotta Campanaro;Daphne sericea per le Gole delSagittario; Laurus nobilis lungo ilMollarino e il Melfa; Euphorbia characiaspresso Pizzone e San Donato Val diComino; Cistus creticus subsp. eriocephaluse Cistus salviifolius pressoRocchetta al Volturno e nel basso versantelaziale; Ferula glauca pressoPizzone e Castel San Vincenzo; Arbutusunedo presso il Lago Grotta Campanaro,ecc.Bisogna notare, del resto, che il contingentemediterraneo supera il 20% dellaflora ma quello più consistente è rappresentatodalle Eurasiatiche (più del30%) e questo è spiegato facilmente dalfatto che il territorio del <strong>Parco</strong> è costituitoper lo più da vaste faggete e daforme di vegetazione forestale in cui lespecie nemorali si rinvengono numerose.Ben rappresentate sono inoltre leBoreali dato il carattere montanodell’area.L’interesse di questa flora è dato, oltreche dalla sua consistenza, soprattuttodalla percentuale di endemiche che ammontaal 5,6% (tale percentuale tieneconto solo delle endemiche italianementre sono escluse le subendemiche).Oltre al notevole interesse fitogeograficoche rivestono, tali specie hanno unagrande importanza dal punto di vistagestionale, poiché è verso di esse cheprioritariamente vanno concentrate leattività conservazionistiche.Si ricorda che le piante endemiche sonoquelle che si rinvengono esclusivamente19in un certo territorio e lo caratterizzano.Una pianta endemica abruzzese lapossiamo ritrovare in tutto il mondosolo in questa regione.Alcune piante endemiche sono state descritteproprio per il territorio del <strong>Parco</strong>come Iris marsica, Ranunculus marsicus,Alchemilla marsica, Geraniumustroapenninum,Centaurea cannensis.Alle molte endemiche se ne deve aggiungereuna di recente descrizione:Pinguicula vallis-regiae, endemicapuntiforme della Camosciara che prendeil nome dal toponimo medievale di“vallis regia” che indicava l’alta valle delSangro e da cui deriva anche il nome diBarrea.Nonostante la flora del <strong>Parco</strong> sia benstudiata, nuove entità dovranno essereancora scoperte e i continui sviluppinella sistematica e tassonomia modificanoe migliorano i nostri schemi diclassificazione. Molte delle entità descrittepossono cadere in sinonimia cosìcome altre possono essere descritte e riconosciuteautonome.Ciò avviene anche nei territori più investigatie più frequentemente di quanto inon addetti possano immaginare.* Università di CamerinoDedicato alla biodiversità


I t e s o r i n a s c o s t id e l Pa r c odi Paola TOLLIS *Funzione di un <strong>Parco</strong> <strong>Nazionale</strong> èquello di tutelare il patrimonio naturalistico,paesaggistico e tradizionaledi un territorio di particolare interesse,per assicurare un ambiente idoneo allepopolazioni animali e vegetali in armoniacon gli insediamenti umani.Questo sistema, in continua evoluzione,va preservato, allo scopo di salvaguardareil patrimonio vivente, preziosoe irripetibile a livello planetario.Ma esiste un altro patrimonio meno conosciutocustodito dal <strong>Parco</strong>. E’ quellodelle testimonianze passate e recenti divari organismi trovati in natura e conservaticon cura a scopo scientifico. Sitratta di collezioni di mammiferi e uccellitassidermizzati, scheletri di vertebrati,insetti di diversi ordini, conservatia secco in scatole entomologiche,fossili di piante ed erbari antichi erecenti.Questi reperti provengono dal <strong>Parco</strong>,da altre zone appenniniche, da altre regioniitaliane o addirittura dai lontanitropici.A Pizzone, sono conservate la collezioneornitologica e quella mammalogica; sitratta di circa 450 esemplari imbalsamatidi mammiferi del <strong>Parco</strong> ed uccelliitaliani. Gli animali sono stati rinvenutimorti in natura, alcuni esemplari provengonodalle aree faunistiche del <strong>Parco</strong>mentre altri sono stati donati. Fannoparte della collezione: l’Orso marsicano,il Camoscio appenninico, il Lupo,il Tasso, l’Istrice, il Gatto selvatico, loScoiattolo, La Talpa, il Riccio, l’Aquila,il Gheppio, la Poiana, il Barbagianni,l’Allocco, la Civetta, il Gallo cedrone,la Nitticora, il Tarabusino, il Picchioverde, il Gracchio e molti altri.Presso il Servizio Scientifico si conservala collezione osteologica costituita dacrani, ossa e scheletri montati, dei principalimammiferi del <strong>Parco</strong>.La collezione entomologica è costituitada circa 600 scatole entomologiche e dapiù di 20.000 insetti.Fin dai primi anni della istituzione del<strong>Parco</strong>, ricercatori appassionati hannoraccolto esemplari di insetti di vari ordini,preparandoli, studiandoli e classificandoli.Sono state così costituite dellepiccole o grandi collezioni; ne restatraccia oggi in quella chiamata “collezionestorica “che risale agli albori del<strong>Parco</strong>, firmata da nomi illustri qualiLuigioni o Santercole.Poi negli anni ’50 un gruppo di entomologiromani si è dedicato a raccoltesistematiche, dando origine alla collezionedi Scarabaeoidea, di GiovanniPapini, donata poi al <strong>Parco</strong>, e alla raccoltadi Crisomelidi di Riccarso Bott,collezione anch’essa donata al <strong>Parco</strong>.Delle generazioni successive, AugustoVigna Taglianti ha condotto ricerchesui Coleotteri Carabidi nel <strong>Parco</strong> giungendoalla scoperta di una nuova speciee lasciando una rappresentanza degliinsetti raccolti allo stesso Ente. Anchela collezione di Coleotteri Cerambicididi Giuseppe Pinzari viene attualmentecustodita nella sede della biblioteca diPescasseroli.Inoltre una vistosa esposizione diColeotteri esotici dalle rutilanti elitre èattualmente conservata all’interno delServizio Scientifico, si tratta della collezionestorica Gestro-Beccari.Non solamente collezioni di Coleotteri,ma anche quelle di Lepidotteri, raccoltida entomologi quali Olivieri e CarloProla, arricchiscono il patrimonio del<strong>Parco</strong>, fornendo importanti dati, pubblicatisu note riviste scientifiche.Così altre collezioni sono arrivate, qualila imponente Barajon, acquistata e situataattualmente nel Centro verde diOrtona dei Marsi.Da ulteriori ricerche condotte nel territoriodel <strong>Parco</strong> si sono aggiunte altreraccolte come quella di circa 51 esemplaridi ragni conservati in alcool e determinatida Marco Isaia.Ancora, circa 1600 esemplari di molluschid’acqua dolce italiani sono statidonati da Marcello Zampetti, attualmenteconservati nella biblioteca del<strong>Parco</strong>.Per quanto riguarda il regno delle piante,si conservano una piccola collezionedi Muschi e di Licheni, un erbario dipiante superiori costituito da circa 2925fogli (2247 erbario generale e 678 erbariodidattico, con inizio raccolta a partiredal 1947), ed infine, un antico eprezioso erbario del 1700 formato da22 raccoglitori.Dedicato alla biodiversità22


Il <strong>Parco</strong> conserva anche una piccolacollezione di piante fossili di Bolca delPeriodo Eocene.La testimonianza di questi reperti rappresentala storia delle fatiche e dellapassione di quanti hanno dedicato illoro tempo allo studio della Natura.Le collezioni scientifiche hanno dasempre avuto la funzione di archivi dellabiodiversità; le raccolte del <strong>Parco</strong>sono testimonianze di questa all’internodel proprio territorio, gli esemplariconservati nelle collezioni, e i dati adessi associati, permettono di seguirne ilpercorso evolutivo delle popolazioni neltempo e nello spazio. Le collezioni, coni loro precisi riferimenti di località, datedi raccolta e nomi del raccoglitore, permettonodi tracciare nel tempo la presenzadelle specie, la densità delle loropopolazioni, gli spostamenti, la fenologia,i cambiamenti biologici.La conoscenza e la comprensionedella biodiversità è di fondamentale importanzaper una corretta politicadi conservazione e di gestione degliecosistemi.Le collezioni naturalistiche sono fontiimportanti per la ricerca scientifica, sianel campo della ricerca pura (tassonomia,evoluzione, biogeografia), sia inquello della ricerca applicata (agricoltura,sanità pubblica).I reperti naturalistici non sono “ricordidel passato”, ma hanno una validitàscientifica attuale per lo studio e la conservazionedell’ambiente.Possono esserci specie estremamenterare raccolte una sola volta e mai più ritrovate,o che sono apparse improvvisamenteprovenendo da aree limitrofe oscomparse in misteriose circostanze,probabilmente per mutate condizionimicroambientali, oppure specie dellequali ignoriamo il ciclo biologico.Le collezioni naturalistiche possonoraccontare la natura, svolgere una funzionesussidiaria per la scuola nell’insegnamentodelle scienze naturali. Le informazionipossono essere trasmesseanche attraverso una semplice esposizionedei reperti autentici: un animaleimbalsamato, uno scheletro, un fossile,hanno un grado di realtà maggiore rispettoalle figure stampate in unlibro...Un giorno mio figlio mi ha chiesto: maquanto è grande un falco? e di checolore è un astore? la pelliccia di unorso è ruvida? e gli aculei dell’istricesono duri? Un insetto “stecco”è vero?Solo mostrandogli e facendogli toccaregli esemplari delle collezioni sono riuscitaa soddisfare la sua curiosità.Le collezioni rivestono un ruolo importanteanche negli allestimenti dei musei.Fino al 1800 nei musei venivanoesposti solo gli oggetti.Nel secolo XX i criteri espositivi cambiano.Inizialmente insieme agli oggetticompaiono testi e foto, poi arrivano idiorami cioè insieme ai reperti si costruisceun ambiente; è la rappresentazioneteatralizzata della Natura, propedeuticaalla osservazione in campo.I criteri espositivi evolvono ma gli oggetticontinuano a rimanere indispensabiliper l’ostensione al pubblico.E’ per tutto questo, in considerazionedel valore e in particolare della rarità ounicità di alcuni esemplari che il <strong>Parco</strong>deve conservare le proprie collezioninaturalistiche e rendere fruibili questitesori ancora nascosti.* Servizio Scientifico del <strong>Parco</strong>23Dedicato alla biodiversità


naturaprotetta@parcoabruzzo.itfoto Umberto EspositoStampato su carta riciclata - Chlorine-free

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!