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1 . IL MIGLIORAMENTO GENETICO DEGLI ANIMALI IN ...

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11 . <strong>IL</strong> <strong>MIGLIORAMENTO</strong> <strong>GENETICO</strong> <strong>DEGLI</strong> <strong>ANIMALI</strong> <strong>IN</strong> PRODUZIONEZOOTECNICA (Cappio-Borlino A., Pulina G.)1.1 Il significato del miglioramento geneticoIl miglioramento genetico (MG) degli animali zootecnici è la tecnica che consentel'aumento delle prestazioni produttive e riproduttive degli allevamenti attraverso lavalutazione e la conseguente scelta (selezione) dei riproduttori; esso, pertanto, puòessere considerato una delle tecniche di produzione a disposizione dell'allevatore alpari dell'alimentazione, della mungitura, della riproduzione, dell'allevamento deigiovani e della stabulazione. Tuttavia, rispetto a queste, il MG genera incrementipermanenti della produttività, consentendo il mantenimento dell'impresa zootecnicaall’interno della marginalità economica, ed esula dagli stretti interesse aziendali percoinvolgere una parte, e a volte l'intero, patrimonio di una razza (ad es. nel casodella Frisona Italiana, la più importante razza bovina italiana, il MG coinvolge quasitutta la popolazione). Per questo aspetto generale, il MG è di solito riguardato allastregua di attività di pubblico interesse e la sua gestione, soprattutto nella parterelativa alla valutazione dei riproduttori, è di solito controllata dallo Stato.Il MG in zootecnica si occupa quasi esclusivamente di caratteri di interesseeconomico (produzione di latte, contenuto lipidico del latte, ritmo di accrescimentonei giovani, indice di conversione alimentare, numero di uova deposte, spessore dellardo dorsale nei suini, ecc..) che sono espressi in unità di misura (cioè in kg, cm,numero) e sono comunemente indicati come caratteri metrici. Il valore osservato nelcaso che il carattere sia misurato in un singolo individuo è il valore fenotipicodell'individuo (P) e, se i fenotipi dei caratteri metrici si distribuiscono con continuità(cioè con incrementi differenziali) nel campo di variabilità, il carattere è dettoquantitativo.Nel caso in cui una parte del fenotipo (per il momento non importa quanta) possaessere trasmessa alla discendenza, il carattere in esame ha un determinismo genetico:la branca della genetica che si occupa di questi caratteri è la genetica quantitativa(quantitative genetics).1.2 I caratteri quantitativiAbbiamo detto che i caratteri quantitativi variano con continuità all'internodell'intervallo di variabilità.Esempio 1.1 La produzione di latte della specie bovina può variare dai 500 aglioltre 12.000 kg per lattazione (campo di variabilità 500-12.000) ed in questo ambitopossono essere trovate produzione intermedie per approssimazioni piccole a piacere(da qualche parte esisteranno sia la vacca Gelsomina che ha prodotto kg 4.559 dilatte sia la vacca Pomponia che ne ha prodotto 9.443, sia la vacca Vattelapesca cheha prodotto quantovoletevoi).1


2Ciò significa che alcuni caratteri, quali ad esempio quelli legati alla riproduzione(produzione di uova nei volatili, numerosità della nidiata nei suini, tasso diovulazione negli ovini, ecc.), non presentando valori intermedi all'unità (una scrofapartorisce 10 oppure 11 suinetti, ma non 10,73 suinetti!) non potrebbero essereconsiderati quantitativi. Ma, come vedremo in seguito, non è così.I caratteri quantitativi sono determinati geneticamente da un gran numero di loci(poligeni) poliallelici: ciascun locus contribuisce per una piccola parte (azioneinfinitesimale) alla espressione genetica del carattere e la somma (non semprealgebrica) di tali azioni fornisce l'espressione complessiva. Come possiamo legare icaratteri quantitativi alle conoscenze che abbiamo acquisito nello studio dellagenetica di tipo Mendeliano?Esempio 1.2 Sappiamo che le frequenze genotipiche dei figli dipendono dallefrequenze gametiche dei genitori. Se p e q sono le rispettive frequenze degli alleli Ae a, le frequenze genotipiche possono essere ricavate dalla formula[1] (pA+qa)2 = p2AA + 2pqAa + q2aaNel caso in cui A sia un allele, diciamo, di "alta produzione", a sia un allele di"bassa produzione", non esista dominanza (Aa = (AA+aa)/2; d=0), la popolazionesia in equilibrio, p=q=0,5, la frequenza dei genotipi nella popolazione sarà di 0,25AA, 0,50Aa, 0,25aa.Poniamo che il carattere sia determinato da 3 coppie di alleli , dei quali la metà adalta espressione (A,B,C) e la metà a bassa espressione (a,b,c), la cui frequenzarelativa sia p e q (pA, pB, pC, qa, qb, qc) e che il contributo additivo (cioè nonesista interazione fra alleli né linkage) di ciascun allele sia per quelli ad altaespressione (poniamo nel caso di una vacca) A=B=C =1.500 kg di latte perlattazione e per quelli a bassa espressione a=b=c=500 kg di latte per lattazione, eche nella popolazione pA=pB=pC=0,50, la frequenza dei genotipi ed il loro valoregenetico sarà il seguente:genotipo valore (kg) frequenzaAABBCC 9.000 0,0156AABBCc 8.000 0,03125AABBcc 7.000 0,0156AABbCC 8.000 0,03125AABbCc 7.000 0,0625AABbcc 6.000 0,03125AAbbCC 7.000 0,0156AAbbCc 6.000 0,03125AAbbcc 5.000 0.0156AaBBCC 8.000 0,03125AaBBCc 7.000 0,0625AaBBcc 6.000 0,03125AaBbCC 7.000 0,0625AaBbCc 6.000 0,125AaBbcc 5.000 0,0625AabbCC 6.000 0,03125AabbCc 5.000 0,0625Aabbcc 4.000 0.031252


3aaBBCC 7.000 0,0156aaBBCc 6.000 0,03125aaBBcc 5.000 0,0156aaBbCC 6.000 0,03125genotipo valore (kg) frequenza (continua)aaBbCc 5.000 0,0625aaBbcc 4.000 0,03125aabbCC 5.000 0,0156aabbCc 4.000 0,03125aabbcc 3.000 0.0156Nel complesso si hanno 27 genotipi, ma soltanto 7 espressioni genotipiche la cuifrequenza complessiva è la seguentevalorifrequenza9.000 0,01568.000 0,09377.000 0,23436.000 0,31255.000 0,23434.000 0,09373.000 0,0156che riportata in un istogramma di frequenza assume questa formaY0 10 20 30 403000 4000 5000 6000 7000 8000 9000All'aumentare del numero di alleli, i genotipi possibili aumentano (nella misura di3n per cui con 10 coppie di alleli si hanno 59.049 genotipi) e la loro distribuzionesi approssima ad una curva normale.3


4Per quanto riguarda i caratteri legati alla riproduzione, non solo si osserva unadistribuzione delle frequenze dei genotipi che si approssima alla distribuzionenormale, ma il fenotipo, per quanto discontinuo, risulta dall’azione additiva dinumerosi geni che, superata una determinata soglia, consentono ai meccanismifisiologici dell’animale di operare la transizione del carattere dal livello inferiore aquello superiore; per quessti motivi essi sono assimilati ai caratteri quantitativi.L'esempio che abbiamo mostrato è una brutale semplificazione della realtà che, alivello cromosomico, è fortemente complicata dalla presenza del fenomeno delladominanza, dell'interazione fra geni, del linkage.1.3 Il miglioramento genetico dei caratteri quantitativiIl MG dei caratteri di interesse zootecnico si compie in quattro tappe: a) la sceltadegli obiettivi della selezione; b) lo studio e la descrizione della popolazione oggettodi selezione; c) la valutazione genetica dei riproduttori; d) scelta dei criteri delmiglioramento.La scelta degli obiettivi della selezione è la definizione, a livello operativo, deicaratteri sui quali concentrare gli sforzi del MG. Questa definizione deve essere lapiù precisa possibile (ad esempio per la produzione del latte: la quantità prodotta perlattazione, il contenuto lipidico, il contenuto proteico; per la produzione della carne:i ritmi di accrescimento, gli indici di conversione alimentare, la qualità della carne),perchè deve essere ben chiaro dove si vuole arrivare, e limitata perchè la ricerca delmiglioramento di molti caratteri provoca la riduzione del guadagno ottenibile perciascuno di essi (non è possibile, o almeno è molto difficile, individuare animaliportatori del migliore genotipo per diversi caratteri; giocoforza dovranno esserescelti animali con un genotipo complesso buono per tutti i caratteri, maprobabilmente non eccellente per ciascuno di essi).Poiché il MG è un’impresa che coinvolge interessi al di sopra delle singole realtàaziendali zootecniche, un volta scelti gli obiettivi e messa in moto la (costosa)macchina del MG è difficile tornare indietro. Le valutazioni in tal senso non possonoche essere di tipo economico: il guadagno produttivo ottenibile con il MG nell'interapopolazione (cioè il progresso genetico atteso dR) deve contribuire all'aumento delreddito in maniera superiore, o al limite uguale, ai costi sostenuti per la suarealizzazione. Ciò significa che devono verificarsi tre condizioni: 1) che il carattereselezionato abbia un buon prezzo di mercato (ad es. non è pensabile selezionare larazza ovina Sarda per la produzione della lana data il basso prezzo del prodotto)oppure contribuisca significativamente all'aumento del fatturato aziendale (ad es. ilmiglioramento della riproducibilità influenza positivamente la produzione anchenegli allevamenti da latte); 2) che gli incrementi ottenibili (dR) siano di una certaentità; 3) che il sistema di miglioramento sia compatibile con il contesto tecnicoculturaledelle imprese a cui esso è destinato (ad es. non è sempre vantaggiosoapplicare ad una specie sistemi di miglioramento che hanno dato buoni risultati inun'altra, come nel caso degli ovini da latte in cui l’adozione degli schemi utilizzatinei bovini con buon esito non ha fornito i risultati sperati).4


5La seconda tappa consiste nella descrizione sintetica della popolazione per ilcarattere scelto. Vedremo come ciò è possibile a partire dai fenotipi (P) , dalleparentele fra gli animali, dall'entità della variabilità dei fenotipi spiegata da quella deigenotipi (misurata dal coefficiente di editabilità h 2 ), dall'associazione statistica fra ivalori additivi dei caratteri prescelti (espressa dal coefficiente di correlazione r A12) edalla entità con cui le misure ripetute di uno stesso animale si rassomigliano(misurata dals ripetibilità r). E' ovvio che per operare tale descrizione è necessariopossedere un robusto armamentario di statistica, che, nelle sue linee genrali, saràfornito in appendice.La terza tappa è quella dell'impiego dei coefficienti tecnici, assieme alle misurazionifenotipiche e ai rapporti di parentela fra gli animali, per la stima del valore geneticoadditivo (valore riproduttivo VR o breeding value BV) dei genitori potenziali in baseal quale questi potranno essere classificati gli uni rispetto agli altri in una scala dimerito. La stima del VR è attuata con il calcolo dei cosiddetti indici genetici (IG) conmetodi statistici a volte molto complessi e con schemi di selezione che variano infunzione delle informazioni fenotipiche utilizzate.La quarta tappa riguarda la strategia di miglioramento da adottare (i cosidettiprogrammi di selezione) che dipenderà dal progresso genetico atteso E(dR), in cui Esignifica espected (cioè valore medio stimato), e dal suo costo. In questa fase sarannoanche valutati metodi accessori quali l'incrocio fra razze diverse o fra linee differentidella stessa razza oppure l'uso della consanguineità.Queste quattro tappe permettono di stimare dal conosciuto, il fenotipo, l'incognito, ilvalore genetico additivo degli animali candidati alla selezione, al fine di modificarela frequenza dei caratteri quantitativi della popolazione, e la relativa espressioneproduttiva, in un senso ben definito.1.4. L’economicità del miglioramento geneticoCome già accennato nei paragrafi precedenti, il MG richiede una attuazionepianificata della pratica selettiva che si articola nei tre momenti fondamentali dellarilevazione dei dati fenotipici e delle parentele, della stima del valore genetico deiriproduttori potenziali e della scelta dei genitori con valore genetico più elevato qualigenitori della generazione successiva.Per poter mettere a confronto diversi schemi di selezione, cioè le modalità attraversole quali si scelgono i riproduttori, è innanzitutto necessario conoscere le rispettivecapacità di produrre guadagno genetico (dR) e la fiducia che deve essere posta inquesto indice (cfr. capitolo 7). Come tutte le previsioni, infatti, il dR calcolato perciascun schema di selezione è affetto da una intrinseca incertezza, le cui ragionisaranno esposte in seguito. Ciò significa che per ciascun schema esiste una variabilitàdi risposta che può essere misurata dalla varianza di dR, calcolabile recursivamentefacendo girare tutti i parametri dello schema per più volte in un calcolatore. Il valoremedio E(dR) sarà preso come riferimento e la sua varianza V(dR) fornirà l'indicedell'attendibilità di questo valore. Il calcolo della V(dR) è possibile anche, in viaapprossimata e per la selezione massale, con la relazione suggerita da Hill nel 1977:5


6[2] V(dR) = 2F ⋅ V(A)in cui F è il tasso medio di consanguineità (cfr. il capitolo 10) e V(A) è la varianzagenetica additiva, cioè la quota della variabilità fenotipica totale attribuita all'effettoadditivo dei poligeni (cfr. capitolo 3) e ricavabile direttamente dall’ereditabilità (cfr.capitolo 4).Poiché all'aumentare della V(dR) aumenta la probabilità di ottenere guadagnigenetici molto inferiori al valore atteso, un alto valore della varianza corrisponde sulversante economico ad un alto coefficiente di rischio che si deve associareall'investimento richiesto per la realizzazione del progetto di miglioramento.Solitamente V(dR) aumenta all'aumentare del guadagno genetico atteso E(dR)secondo una relazione del tipo quadratico, il che significa che più ci si avvicina almassimo di E(dR) più rapidamente aumenta la varianza e quindi il rischio direalizzare in pratica un guadagno molto più piccolo del valore atteso.Poichè il profitto ottenibile con un dato schema di selezione U(dR) è legato sia alguadagno genetico che al quadrato della sua varianza, una funzione economica dellescelte possibili degli operatori avrà la forma:[3] U(dR) = E(dR) - w(dR)2dove w è un parametro che misura, in una scala arbitraria, il livello medio diavversione al rischio degli operatori in una specifica situazione. Una funzione diutilità deve infatti aumentare con il profitto atteso e diminuire con l'aumentare delrischio di perdita, ma il peso che si deve attribuire a quest'ultimo dipendedall'atteggiamento degli operatori che può essere favorevole o mediamenteindifferente al rischio. D'altro canto, poiché la funzione [3] raggiunge un massimorelativo per E(dR) =1/(2w), l'insieme dei valori per cui U(dR) mantiene unsignificato deve essere limitato all'intervallo fra E(dR) = 0 e E(dR) = 1/(2w). Diconseguenza occorre minimizzare la probabilità di avere E(dR) > 1/(2w) e questacondizione è soddisfatta se si sceglie il parametro w in modo che 1/(2w) sia uguale alvalore più grande di [E(dR) + 2σ(dR)] tra quelli che si ottengono per i diversischemi di selezione alternativi in esame. In questa ipotesi, cioè ponendo:[4] w = 1/2Max [E(V(dR)) +2σ(dR)]in cui σ(dR) è la radice quadrata della varianza del progresso atteso, il parametro wsi riferisce all'atteggiamento di massima avversione al rischio.Sostituendo questo valore nella relazione [3] si possono calcolare i valori dellafunzione di utilità relativa ai diversi schemi di selezione in esame ed individuare loschema specifico, la cui scelta corrisponderà alla decisione più razionale sottol'aspetto economico. Evidentemente cambiando il valore di w cambia anche la scaladella razionalità economica delle scelte possibili con la conseguenza che un sistemaottimizzato per il guadagno genetico atteso può non godere la preferenza deglioperatori in un clima di generale avversione al rischio, ma essere scelto in imprese ilcui atteggiamento favorevole al rischio fa ritenere che un maggior guadagno attesocompensi la crescita del rischio associato.6


7Esempio 1.3 Nella selezione della razza bovina Frisona Italiana l'organizzazione delmiglioramento è basata sul cosiddetti schema convenzionale che prevede l'impiegomassiccio dell'inseminazione artificiale, la valutazione dei tori tramite la prova diprogenie (cioè con l'impiego delle informazioni fenotipiche delle figlie), la selezionedi un numero relativamente ristretto di madri di tori. Il valore riproduttivo dei tori ègeneralmente molto attendibile, ma è ottenuto a scapito di un lungo tempo di attesaper l'ottenimento dell'indice (elevato intervallo fra le generazioni). Da qualchetempo a questa parte gli allevatori di Frisona Italiana utilizzano sempre piùfrequentemente come riproduttori i cosiddetti "tori giovani" per i quali non sonoancora disponibili indici genetici attendibili, ma che possono creare un progressogenetico tanto più elevato (o tanto più basso) quanto maggiore è l'incertezza degliindici genetici che si possiedono.1.5. I valori economiciIl concetto di economicità del MG esposto nel paragrafo precedente fa riferimento algiudizio di opportunità da formulare nei riguardi di diversi progetti di selezionerelativi ad un solo carattere produttivo e tiene conto di un aspetto fortemente legatoall’imprenditore, la sua avversione o propensione al rischio. Poichè, però, l’obiettivodella selezione in tutte le specie zootecniche è normalmente orientato almiglioramento contemporaneo di più caratteri produttivi, in questi ultimi anni, anchealla luce dell’aumentata potenza di calcolo disponibile, si è fatto strada il concetto divalore economico (assoluto o relativo). La sua determinazione per i caratteri che sicombinano in un obiettivo di selezione è infatti essenziale per il calcolo di un indiceche stima il valore del genotipo aggregato degli animali candidati alla selezione.Il valore economico di un carattere, potenziale obiettivo di selezione, è usualmentedefinito come la “variazione marginale dell’efficienza del sistema produttivo inesame, causata dal miglioramento genetico di una unità di misura del carattereconsiderato” (Groen). A questa univocità della definizione concettuale, noncorrisponde però una pari uniformità metodologica nel calcolo effettivo dei valorieconomici; al contrario, la letteratura sull’argomento delinea un ventaglio assaiampio di metodi di calcolo alternativi che si differenziano per:1) la definizione della efficienza produttiva, che può essere valutata in terminieconomici o in termini biologici;2) la precisazione dell’interesse al miglioramento genetico da individuare fra lamassimizzazione del profitto, la riduzione dei costi di produzione, l’aumento deiricavo per unità di investimento, ecc.;3) l’individuazione del sistema produttivo, sia per quanto concerne il livello diriferimento (singolo animale in produzione, allevamento, intero settore regionale onazionale), che in riguardo alla base di valutazione (numero costante di animali,fattori di produzione costanti, quantità di un determinato prodotto costante);7


84) infine, la specificazione dell’approccio generale, che può essere di tipo empirico,cioè basato sui soli dati osservativi, oppure di tipo normativo, ossia fondato su datisimulati.Il metodo di calcolo dei valori economici che noi prenderemo come in essame fariferimento ad un concetto di efficienza produttiva valutata in termini monetari; ilmiglioramento genetico si intende finalizzato all’aumento del profitto al livello dellasingola azienda-tipo, con un numero limitato e costante di animali e senza alcunvincolo esterno alle produzioni. L’approccio generale è di tipo normativo. Questascelta è motivata dalla considerazione che il riferimento ai solo dati osservativi (ades. prezzi attuali di mercato per i prodotti ed i costi attuali per i mezzi i produzione)vincola i valori economici alla situazione produttiva e allo scenario economicopresenti al momento a cui sono riferiti i calcoli. Il carattere di lungo periodo delmiglioramento genetico richiede, invece, una conoscenza della sensibilità dei valorieconomici dei caratteri obiettivo della selezione alla variazione delle circostanzeproduttive e di mercato.Il modello matematico che si mette a punto per ottenere i dati normativi devesimulare i processi che coinvolgono le variabili e le relazioni fondamentali delsistema allevamento, costituito dall’intreccio fra fattori di produzione, variabili distruttura, variabili biologiche e caratteri produttivi. La rappresentazione in terminimatematici di un sistema così complesso richiede necessariamente numeroseequazioni che nel loro insieme costituiscono un modello bioeconomico. In soldoni, ilmodello bioeconomico è lo strumento in grado di simulare il funzionamentodell’intero sistema produttivo aziendale e di consentire di rispondere alla seguentedomanda: l’aumento produttivo relativo ad un carattere (ad es. 1 kg di grasso in piùper lattazione per capo produttivo) comporta (o comporterà) un aumento dei costi diproduzione (più alimenti di migliore qualità, maggiore investimenti colturali,superiore attenzione alla sanità dell’allevmento, ecc..) tali da compensare l’aumentodel fatturato?Esempio 1.4 Il modello bioeconomico dell’azienda ovina da latte.Questo modello è stato sviluppato da noi e si avvale del Software Ovisoft® (Pulina,STARTRONICS !998) come base di calcolo. Esso si compone della parte strutturaledell’allevamento e di quella economica. Ne diamo una dettagliata descrizione.a) La dinamica strutturale del greggeIl modello simula la struttura del gregge nei diversi mesi dell’anno a partire da unaunità gregge fissata ad una consistenza di 100 pecore (di tutte le età, compresa larimonta) più gli arieti occorrenti alla data del 1° settembre, che convenzionalmentesegna l’inizio dell’annata agraria nei paesi del mediterraneo.I parametri strutturali che debbono essere comunicati in ingresso ed in base aiquali il programma ricostruisce dinamiche differenti, sono la fertilità (n. di pecoreche partoriscono sul totale), la prolificità (n. di nati per ogni parto), la mortalità8


9neonatale (entro il primo mese di vita) e quella delle pecore, la quota di rimonta(calcolata sull’unità gregge), il rapporto riproduttivo fra i sessi. La fertilità dellepecore pluripare e di quelle primipare è fornita separatamente e riferita alle duestagioni dei parti (autunnale, prevalentemente per le pluripare, e primaverile per leprimipare); la prolificità di queste ultime è fissata nel valore di 1.00. Il rapportoriproduttivo fra i sessi, tipicamente dell’ordine di 40 pecore per ogni ariete a causadella concentrazione dei calori in 15-20 giorni in primavera, può essere variatoall’interrno di un ampio range di valori così da tenere conto anche dell’eventualeimpiego dell’inseminazione artificiale.Sulla base delle informazioni ricevute in ingresso con i valori dei parametristrutturali, il programma riproduce, per ogni mese dell’anno, la consistenza delgregge e la sua articolazione nelle categorie: pluripare produttive, primipareproduttive, pluripare improduttive, primipare improduttive, arieti e agnelli (Tabella1).Table 1 - Dynamic and structure of standard flock.Month Ewes Maiden Rams Flock*ProductiveImproductivePlur. Prim. Plur. PrimJan 68 15 10 5 21 2.5 122.1Feb 67 15 10 5 21 2.5 120.7Mar 72 15 5 4 21 2.5 119.1Apr 72 15 3 21 2.5 113.2May 72 15 3 20 2.5 112.2Jun 72 15 3 20 2.5 112.2Jul 72 15 3 20 2.5 112.2Aug 72 15 3 20 2.5 112.2Sep 70 15 10 5 2.5 102.5Oct 70 15 10 5 2.5 102.5Nov 69 15 10 5 2.5 102.2Dec 69 15 10 5 2.5 102.2* I dati sono arrotondati.Il modello tiene conto degli elementi fondamentali che caratterizzano la tecnica diallevamento della pecora sarda:- la stagionalità dei parti che, per la gran parte delle pluripare, si verificano frasettembre e dicembre e per le primipare e le pluripare che non hanno partorito inautunno avvengono fra febbraio ed aprile (per semplicità di calcolo il modellocontrae il primo periodo al 15 novembre ed il secondo al 1° di marzo);- la localizzazione temporale dello scarto delle pluripare improduttive nel mese dimarzo e dello scarto delle pluripare produttive nel mese di agosto;- la distribuzione nel corso dell’anno della mortalità del gregge, tipicamentedell’ordine del 5%.b) Le produzioni9


10I parametri produttivi che debbono essere comunicati in ingresso e che consentonoal modello di simulare situazioni produttive differenti, riguardano: la produzionemedia di latte delle pecore primipare in una lattazione e le quantità di grasso e diproteine prodotte annualmente in media da ciascun animale in lattazione. Ilprogramma calcola la produzione annua media di latte delle pluripare tramite unfattore di aggiustamento (1.57) attribuisce una percentuale media di grasso e diproteine alla produzione delle due categorie di animali. Le produzioni di latte (M, inkg) sono quindi espresse in latte normalizzato al 6.5% di grasso (F, in %) e 5.8% diproteine (P, in %), con la relazione[5] FPCM = M(0.25 + 0.085F + 0.035P)Il modello simula quindi, separatamente per le primipare e per le pluripare, laproduzione giornaliera media per ciascun mese di produzione per mezzo dicoefficienti di produzione relativa (Tabella 2), che riflettono l’andamento dellacurva di lattazione riportata nella figura successiva.Table 2 - Correction factors of lactation curve pattern.Nov Dec Jan Feb Mar Apr May Jun JulPrim. 1.00 1.31 1.20 1.00 0.50Plur. 0.90 1.20 1.10 1.05 1.15 1.20 0.90 0.67 0.55Figura 1 - Curva di lattazione del gregge standard.1,41,2milk yield (kg/d)10,80,60,40,20n d j f m a m j jmonthpluripprimip10


11La durata della lattazione è fissata in 242 giorni (dal 15 novembre al 15 lugliosuccessivo) per le pluripare, e a 153 giorni (1° marzo- 31 luglio) per le primipare ele pluripare con parto primaverile. La forma binomiale della curva di lattazionedelle pluriapre con parto autunnale tiene conto dell’influenza dei fattori ambientali,legati principalmente alla disponibilità foraggera, sull’andamento produzione dilatte osservabile negli animali allevati con sistemi estensivi o semiestensivi..Il modello fornisce, inoltre, la produzione vendibile media per pecora presenta e laproduzione complessiva annua del gregge; esso considera inoltre la correzione perl’eventuale impiego dell’allattamento artificiale degli agnelli considerando da unaparte la maggiore produzione e dall’altra i costi per l’acquisto della farina lattea(Tabella 3).Table 3 - Milk and meat production of standard flock as output of model (without artificial rearing).Month Milk yield (kg) Lambs to sellMale Female TotalNov 0Dec 835 44 23 67Jan 2134Feb 1803Mar 2186 11 11 22Apr 2897May 2335Jun 1725Jul 751Total 14666 55 34 90Per quanto concerne, infine, la produzione della carne e della lana: la prima siottiene moltiplicando il numero degli agnelli vendibili per il peso morto medio (6.4kg) e sommandovi il prodotto delle pecore scartate per il loro peso morto(proporzionale al peso vivo che un input del modello); la seconda è calcolata dalprodotto fra il numero degli animali presenti e la produzione unitaria prefissata in1.5 kg per i maschi e 1.0 kg per le femmine.c) I fabbisogni energetici e l’ingestione di sostanza secca.Il modello simula il fabbisogno giornaliero medio per ciascun mese dell’anno,separatamente per le diverse categorie di animali. Per le femmine in produzione, ilfabbisogno energetico tiene conto del mantenimento, dell’attività di pascolamento,11


12della produzione del latte, della gestazione e, limitatamente alle primipare,dell’accrescimento. Il modello mantiene costante nel corso dell’anno il peso dellepluripare (che deve essere introdotto nel modello) e non considera gli scambienergetici legati alla mobilizzazione ed al successivo ripristino delle riservecorporee per la di gran lunga minore importanza che questi hanno nel bilancioenergetico complessivo della pecora rispetto alla vacca da latte. Il fabbisognoenergetico giornaliero, relativamente al mese i-mo, è calcolato rispettivamente perle primipare e le pluripare tramite la relazione [6a]e [6b][6a] ERY i = (0.033LW 0.75 ) k gi k p + 0.62FPCM i[6b] ERM i = (0.033LW 0.75 ) k gi + 0.62FPCM idove:ERM i ERY i = fabbisogni medi giornalieri di energia per pecore primipare epluripare al mese i (in Unità Foraggere Latte);LW = peso corporeo (kg);FPCM i = produzione di latte normalizzato (kg) nel mese i;k gi = fattore di correzione per i fabbisogni di pascolamento al mese i (1,3 dadicembre a luglio; 1,1 da agosto ad ottobre; 1,2 in novembre);k p = fattore di correzione per l’accrescimento delle primipare (1,2).L’energia necessaria agli animali in gestazione è calcolata aggiungendo aifabbisogni di mantenimento, 0,02, 0,09 e 0,18 UFL a partire da 6, 4 e 2 settimaneprima del parto.L’equazione seguente simula il fabbisogno energetico degli arieti, il cui pesocorporeo è mantenuto anch’esso costante e deve essere fornito come input alprogramma:[7] ERR i = (0.0399LW 0.75 ) k gi k mdove:ERR i = fabbisogni energetici medi giornalieri per gli arieti al mese i (in UnitàForeggere Latte);LW = peso corporeo (kg);k gi = coefficiente di correzione al mese i (1,2 da novembre a febbraio; 1,4 da marzoa luglio e in ottobre; 1,0 da agosto a settembre);k m = fabbisogni energetici per la monta (0,17 UFL/giorno).12


13Per quanto riguarda, infine, l’energia occorrente per l’allevamento dei giovanianimali da rimonta, essa è prefissata ad un livello costante per i primi tre mesi (0,66 UFL al giorno per capo), ed è invece calcolata in base alla relazione [6a] peril periodo successivo.A questo punto il modello simula l’ingestione giornaliera media di sostanza seccaper i diversi mesi dell’anno, nell’ipotesi che l’energia assunta con gli alimenti siasempre tale da soddisfare i fabbisogni e che la razione abbia la composizione piùeconomica compatibilmente con l’energia richiesta. Le equazioni impiegate per ladeterminazione dell’ingestione rispettivamente della rimonta, delle pecore e degliarieti sono le seguenti :[8a] <strong>IL</strong> i = 0.6 + 0.055LW 0.75[8b]IE i = 0.075 LW 0.75 + 0.60FPCM i[8c] IR i = 0.065 LW 0.75dove:<strong>IL</strong> i , IE i , IR i, = ingestione media di sostanza secca (kg) per le agnelle (L), le pecore(E) e gli arieti ( R) al mese i;LW = peso corporeo (kg);FPCM i = produzione media di latte normalizzato (kg) nel mese i.Le equazioni [8] non considerano esplicitamente la dipendenza dell’ingestione daivalori relativi di ingombro dei foraggi, ma tiene conto implicitamente del fatto cheal crescere del fabbisogno energetico, la composizione della razione deve essereprogressivamente variata nella direzione della maggiore concentrazione energeticae, quindi, di minore ingombro.d) La composizione della razione e l’ordinamento colturale dell’azienda.La conoscenza dei fabbisogni energetici e dell’ingestione di sostanza secca consentedi calcolare la concentrazione energetica della razione giornaliera e per mese; essapermette cioè di simulare la composizione della razione stessa attraverso la classicarelazione:[9] ECR i = ECF i X i + ECC i (1-X i )dove:ECR i = concentrazione energetica della razione (UFL per kg di sostanza secca) almese i;13


14ECF i , ECC i = concentrazione energetica dei foraggi e dei concentrati al mese i;X i = quantità relativa di foraggi nella razione al mese i.L’applicazione della [9] richiede che il modello di simulazione riceva, fra iparametri di ingresso, anche le informazioni relative a:- il rapporto fieno/pascolo per ciascun mese dell’anno;- il rapporto erbaio/pascolo;- la concentrazione energetica delle erbe di pascolo naturale e di erbaio e quella delfieno;- la concentrazione energetica dei concentrati.Calcolata la quantità complessiva di sostanza secca e le quantità relative di pascolo,di fieno e di concentrati necessarie per ciascun mese e per l’intero anno, a ciascunacategoria di animali ed all’unità gregge nel suo complesso, il modello simula infinel’ordinamento colturale dell’azienda. Poichè, nelle situazioni tipichedell’allevamento degli ovini da latte in ambiente mediterranee, le aziendeposseggono la totalità (o a volte più) delle superfici necessarie per la produzionedell’erba e del fieno occorrente, mentre posseggono una quota molto differente dellesuperfici da destinare alla coltivazione dei cereali, il modello consente di simulareun ampio ventaglio di situazioni produttive: dall’estremo dell’azienda che deveacquistare sul mercato la totalità dei concentrati, all’azienda che è invece in gradodi vendere quote rilevanti dei cereali e dei foraggi prodotti.e) Il calcolo dei valori economiciDefiniamo il valore economico di un carattere come la variazione marginale delprofitto di un’azienda, rapportata al numero degli animali presenti, conseguenteal progresso genetico unitario del carattere considerato. Contro questo metodo dicalcolo è stato obiettato che un cambiamento della base di valutazione del profitto(ad es. dal singolo animale, all’unità di prodotto o all’unità di investimento) sitraduce in una variazione non solo dei valori economici assoluti, come è ovvio cheavvenga, ma anche dei valori economici relativi, come invece non dovrebbeaccadere. La ragione di tale variabilità, che importa una certa dose di ambiguità nelconcetto di valore economico, è che la scelta della base di valutazione equivale avincolare ad un valore costante una delle variabili non genetiche di cui il profitto èfunzione (il numero degli animali o la quantità di prodotto o il capitale investito,ecc); tanto la scelta della variabile da tenere costante quanto il suo valore sirivelano, di solito, largamente arbitrari, vale a dire privi di una giustificazioneteorica.A parere di Dickerson (1970) il superamento della variabilità dei valori economicial variare della base di riferimento è possibile solo se il calcolo viene effettuatosulla variazione marginale non più di una funzione di profitto, ma di una funzione diefficienza economica , definita come rapporto (anziché differenza) fra ricavi e costidi produzione. Secondo McArthur (1987) e Amer and Fox (1992), invece, il calcolodei valori economici può ancora basarsi su una funzione di profitto, ma a patto che14


15nessuna delle variabili non genetiche, da cui il profitto dipende, sia tenuta costante eche invece tutte le variabili siano determinate con un processo di ottimizzazione dasvilupparsi simultaneamente alla variazione marginale della potenzialità geneticadei caratteri che interessano. Infine, gli studi di Brascamp et al. (1985) e di Smith etal. (1986) dimostrano che le differenze fra i valori economici calcolati con basi divalutazione diverse si annullano qualora i vincoli imposti alla funzione di profittonon siano arbitrari, o rispondenti ad una necessità di fatto, ma siano parteintegrante dello stesso concetto di valore economico. Così, se il valore economicoviene definito come la variazione del profitto determinata dall’aumento marginaledella potenzialità genetica del carattere in esame, una conseguenza logica è che ilcalcolo del valore economico debba escludere qualunque variazione del profitto cheabbia un’origine diversa, ad esempio che derivi dalla rimozione di specificheinefficienze di management e della tecnica di allevamento oppure dalridimensionamento (rescaling) della consistenza numerica dell’azienda. Quando sirispettano queste condizioni, i valori economici relativi calcolati con una funzione diprofitto non dipendono più dalla base di valutazione e coincidono con i valoricalcolati con una funzione di efficienza economica.In definitiva, quale che sia la soluzione specifica che si prospetta, ciò che apparedefinitivamente appurato è che l’eliminazione di ogni ambiguità residua dal calcolodei valori economici postula una qualche forma di ottimizzazione delle variabili nongenetiche (strutturali, di management, di tecnica d’allevamento) da cui dipende ilprofitto d’azienda. Questa conclusione, sicuramente ben fondata dal punto di vistadella teorica economica, non è tuttavia sempre facilmente applicabile né la suaapplicazione si rivela sempre proficua. Infatti nel campo zootecnico non mancanogli esempi di settori produttivi per i quali l’ottimizzazione della tecnica diallevamento, della struttura e del management dell’azienda delinea una situazioneproduttiva ipotetica: questa non solo è diversa dalle situazioni ordinarie (come èlecito attendersi quando si utilizza un modello normativo o una simulazionematematica) ,ma soprattutto non ha più nessun contatto con la realtà produttiva enessuna possibilità di influenzarla a breve o medio termine.Il settore degli ovini da latte in ambiente mediterraneo è uno di questi. La struttura,il management delle aziende, la tecnica di allevamento e quella di alimentazionepresentano una generale situazione di inefficienza per lo più dovuta alla tradizioneed all’inserimento di queste realtà economiche in contesti regionali o nazionali il cuisuperamento in tempi brevi sarebbe utopistico. Ciò non toglie che alcuni paesiinvestono cifre rilevanti per il miglioramento genetico delle produzioni per cui ènecessario conoscere i valori economici dei caratteri obiettivo di selezione insituazioni produttive compatibili con la rigidità strutturale e manageriale del settore.Il metodo di calcolo dei valori economici fondato su una funzione di profitto diazienda con il vincolo posto dalla costanza della consistenza numericadell’allevamento, tiene in debito conto sia dell’interesse prevalente della selezionenel breve e medio termine (la massimizzazione del reddito degli allevatori) che della15


16rigidità de ventaglio di situazioni produttive possibili in un futuro altrettantoprossimo.Il calcolo del profitto P = R - C richiede la conoscenza dei ricavi ( R) e dei costi diproduzione (C). Nelle aziende di ovini da latte i ricavi conseguono alla vendita dellatte (inteso come carrier), del grasso, delle proteine, degli agnelli e delle pecorescartate nonché, eventualmente, dei cereali e dei foraggi prodotti in eccedenzarispetto ai fabbisogni degli animali, mentre è quasi trascurabile il ritornoeconomico della produzione della lana. I costi di produzione sono legati inprevalenza alla coltivazione dei foraggi e dei concentrati (spese per la concimazionedei pascoli,per la coltivazione degli erbai e dei cereali, per la raccolta e conservazione delfieno, ecc..), all’acquisto della quota di concentrati che non è prodotta in azienda e,per i cereali prodotti in azienda, all’acquisto degli integratori minerali e vitaminici.Nel linguaggio usuale della teoria dei valori economici - che definisce variabili icosti proporzionali al numero degli animali presenti in azienda e fissi i costi cherimangono costanti, o variano in modo discontinuo, al variare della consistenzanumerica dell’allevamento - i costi appena elencati appartengono alla categoria deicosti variabili. Sono invece fissi i costi dei macchinari, degli impianti, degli edifici eanche de lavoro. Il modello, infatti, non considera l’acquisto di manodopera esternaall’azienda in quanto questa evenienza è abbastanza rara negli allevamenti ovini delmediterraneo nei quali tutto il lavoro è solitamente fornito dall’allevatore e dallasua famiglia.Il suggerimento di Visscher et al. (1994) secondo cui nelle aziende zootecniche conanimali alimentati prevalentemente al pascolo, sarebbe opportuno trattare comefissi i costi di alimentazione, non può essere applicato al caso degli ovini da latte:infatti, al crescere dei livelli produttivi gli allevatori debbono ricorrere in misurasempre maggiore all’acquisto di alimenti dal mercato. Una nostra indagine,condotta su 120 allevamenti della Sardegna, ha evidenziato che ciascun aumentoproduttivo di 1 litro di latte munto per pecora presente in allevamento comporta unamaggiore integrazione con concentrati pari a 0.65 kg capo -1 anno -1 (Brandano et al.,1994).I sintesi il modello calcola i ricavi con la seguente relazione:[10] R = N x (p mi MI + p mf MIF + p mp MIP + p lm LM + p em EM + p w EW) + p ff FF+ p cf CF; (ECU year -1 )dove :N = presenza media di pecore in lattazione;MI = llivello di produzione del latte (kg pecora -1 anno -1 )p mi = prezzo base del latte (EURO kg -1 )MIF = produzione di grasso (kg pecora -1 anno -1 ) calcolata come differenzagiornaliera rispetto alla percentuale di riferimento di 6,5;16


17p mf = premio/penalizzazione per il grasso (EURO);MIP = produzione di proteine (kg pecora -1 anno -1 ) calcolata come differenzagiornaliera rispetto alla percentuale di riferimento di 5,8;p mp = milk protein bonus or penalty (ECU)LM = lamb meat production (kg ewe -1 year -1 )p lm = lamb meat price (ECU kg -1 )EM = meat from disposed animals (kg ewe -1 year -1 )p em = price of disposed animals (ECU kg -1 )EW = wool production (kg ewe -1 year -1 )p w = price of wool (ECU kg -1 )FF, CF = amount of roughages and cereals grown on the farm and sold (kg year -1 )p ff, p cf = price of roughages and of cereals on the market (ECU kg -1 )Allo stesso modo, i costi di produzione sono calcolati con la relazione:[11] C = N x (p c CM + p i IM) + p f FP + p cp CP + p lf LF + N⋅VCC + FCF; (ECU year -1 )dove:N = number of average presence lactating ewes;CM = concentrate purchased from the market (kg ewe year -1 )p c = price of concentrate (ECU kg -1 )IM = vitamine and minerals premix purchased from the market (kg ewe year -1 )p i = price of vitamine and minerals (ECU kg -1 )FP, CP= amount of roughages and cereals grown on the farm (kg year -1 )p f, p cp = production costs of roughages and of cereals grown on the farm (ECU kg -1 )LF = amount of labour supplied y the farmer (hours)p lf = price of labour (ECU hour -1 )VCC = Other variable costs (ECU ewe year -1 )FCF = Other fixed costs (ECU kg -1 ).Dalle equazioni [10] e [11] deriva facilmente la relazione per il calcolo del valoreeconomico dei caratteri produttivi fondamentali: quantità di late, di grasso e diproteina. Riferito al singolo animale e all’intervallo temporale di un anno, il valoreeconomico (EV) è infatti dato dalla:[8] EV = [p mi δ(MI) + p mf δ(MIF) + p mp δ(MIP)] - [p c δ(CM) + p i δ(IM) -p f δ(FP) - p cp δ(CP)]17


18in cui il simbolo δ indica la variazione da una situazione di riferimento allasituazione che consegue alla variazione marginale del valore genetico del carattereconsiderato. L [8] definisce la forma generale della relazione per il calcolo delvalore economico dei caratteri legati alla produzione del latte, nella ipotesi di unnumero imitato e costante di animali ed in base alla scelta di massimizzazione delprofitto di azienda quale interesse fondamentale al miglioramento genetico. La suaapplicazione concreta alla determinazione del valore economico di ciascuncarattere specifico richiede l’ipotesi aggiuntiva che il valore genetico del caratterein esame possa essere variato senza che varino i livelli produttivi degli altricaratteri.18

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