SYNERGIA Sistemi di conoscenza e di gestione del cambiamento

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12.07.2015 Views

tengono molto alla loro istruzione, cui dedicano risorse economiche anche ingenti.Conseguentemente i giovani esprimono mediamente una progettualità benstrutturata e una chiara consapevolezza del valore della propria formazione. Siriscontra una diffusa adesione ai valori tradizionali dei genitori, una “digestionelenta” degli elementi di novità e didisturbo” proposti dal contesto italiano, ildesiderio di maturare un proprio approccio all’integrazione nella società italiana nelrispetto della propria identità e delle aspirazioni della famiglia. Bassissimalegittimazione della trasgressione, scarso orientamento al rischio e debole incidenzadelle fenomenologie più acute del disagio giovanile (che riguardano generalmentesolo adolescenti maschi) configurano un quadro dell’integrazione giovanile egizianarelativamente poco problematico. Resta però un conflitto intergenerazionalelatente, che si esplica nel contrasto evidente tra i valori e lo stile di vita prevalenti trai coetanei italiani e il proprio portato culturale, identitario e religioso specifico.Tranne che nel caso dei giovani egiziani di religione musulmana che, dopo averfrequentato a Milano la scuola araba, rimandano in Egitto dai genitori perproseguire gli studi o per sposarsi, al tempo dell’indagine le prospettivedell’integrazione dei teen ager egiziani sono quelle di un’integrazione “negoziata” ecerto non priva di scosse, ma sostanzialmente positiva e riuscita. L’elemento dimaggiore problematicità riscontrato è sicuramente la scarsa autonomia gestionalerispetto al proprio tempo libero, in particolare in seno nelle famiglie di originemusulmana. Tuttavia, questa minore libertà d’azione non si traduceva in un gradoelevato di esclusione socioculturale: il forte consumo dei mass media italiani, l’usodelle chat e del telefonino tendevano a prefigurare un processo di acculturazione“a distanza” fortemente imbevuto di desiderio e di curiosità, che in età adultaavrebbe potuto sfociare in percorsi molto personali di lettura del contestosocioculturale e di costruzione dell’identità.I giovanicinesiI cinesi sono presenti a Milano fin dagli anni ’20, ma l’assoluta maggioranza dellapopolazione è costituita da persone immigrate a Milano a partire dalla secondametà degli anni ’80. La presenza dei minori è cresciuta sensibilmente a partire dal1990, attestandosi nel 2000 attorno alle 2572 persone, mentre la popolazionegiovanile under 21 è pari a 2973 unità (34,4% sul totale dei residenti cinesi).L’immigrazione cinese ha conosciuto ondate di ricongiungimenti familiari più omeno regolari fin dagli anni ’80 e questo spiega la forte eterogeneità delle situazioniall’interno della popolazione giovanile: alcuni sono nati qui, alcuni sono arrivati dabambini, altri a metà o a conclusione della scuola dell’obbligo in Cina, ecc.L’indagine ha confermato l’importanza del grado di alfabetizzazione ottenuto primadi lasciare la Cina nella strutturazione del processo di acculturazione.Il lavoro scandisce/regola la quotidianità dei cinesi fin dalla più tenera età, almenoquanto lo studio: in tutti i giovani intervistati traspare una netta consapevolezza delgrado di cogenza che il progetto migratorio familiare, per lo più connotato in sensoimprenditoriale, esprime rispetto a tutti i membri della famiglia. Per quanto tutti igenitori cinesi, anche quelli di estrazione contadina e/o completamente analfabeti,sembravano riconoscere un enorme valore alla formazione dei propri figli, lapossibilità di intraprendere studi superiori dipendeva strettamente dal grado diautonomia economica ottenuta dalla famiglia ed è in parte subordinata allosviluppo dell’impresa familiare. Il grado di competenza linguistica e di integrazionesocioculturale dei giovani cinesi varia molto a seconda del tempo trascorso in Italia,di avere o meno frequentato qui le scuole, del livello di istruzione conseguito in Cina.In linea generale, il profilo dell’integrazione socioculturale dei giovani cinesi nonpresentava vistosi elementi di disagio: anche in questo caso, si è rilevato un buon4

livello di dialogo intergenerazionale, una forte consapevolezza della propriaimportanza in seno al progetto familiare, una scarsissima legittimazione dellatrasgressione e un orientamento pressoché nullo al rischio. Prevale, invece, unradicato senso di responsabilità e la coscienza chiara dello sforzo compiuto daigenitori per assicurare ai figli un futuro migliore. Emerge però in modo netto anche lafatica e la solitudine che connotano il vissuto di giovani cinesi al tempodell’indagine, stretti tra gli impegni scolastici e lavorativi, alle prese con una difficileopera di mediazione tra il contesto socioculturale italiano e quello familiare, mentreè in fieri il processo di costruzione della propria identità.Era difficile prevedere in questo caso uno sviluppo univoco dell’integrazione deigiovani: l’eterogeneità delle condizioni e la crescente stratificazione socialeall’interno della popolazione cinese di Milano rendono assai complessa anche lafenomenologia dei comportamenti e dei percorsi dei giovani cinesi. Quello che siprefigurava come lo scenario futuro più probabile era quello di una popolazionegiovanile numerosa, importante sia a livello culturale che economico, in grado diesprimersi in una pluralità di percorsi autonomi, fortemente motivataall’autorealizzazione e difficilmente riconducibile a modelli di acculturazione di tipoassimilazionistico. Era inoltre in crescita la fascia di giovani cinesi in grado diemanciparsi dalla stretta cornice in cui li avrebbe iscritti la carriera migratoria deigenitori.I giovaniperuvianiI giovanieritreiI peruviani a Milano sono presenti in misura significativa solo a partire dagli anni ’90,ma è a partire dal 1996 che questo flusso migratorio acquista slancio, alimentandoanche numerosi ricongiungimenti familiari: nel 2000, i minori peruviani sono 1520 e gliunder 21 sono 1759 (22,1% sul totale dei residenti peruviani).Al momento dell’indagine, le famiglie peruviane sono spesso monoparentali e tra igiovani non mancano quelli che vivono qui da soli, magari in coabitazione con altricoetanei, talvolta di diversa nazionalità. Quando il genitore è presente, si tratta ingenere della madre, attiva soprattutto nell’ambito della collaborazione domestica; igiovani tendono ad avere occupazioni part-time nel medesimo settore lavorativo.Essi generalmente imparano velocemente l’italiano e hanno pochi problemi adintegrarsi culturalmente rispetto al contesto milanese. Il maggiore elemento didisagio sembra essere la nostalgia per la propria quotidianità peruviana, la diversitàdi clima e di ambiente sociale, l’austerità severa e un po’ deprimente della vita inemigrazione in una città che è percepita spesso come grigia, chiusa e un po’noiosa. Il lavoro domina l’esperienza quotidiana, ma è spesso la componentefondamentale di un progetto di realizzazione di sé più articolato, che non di radotrova spazio anche per momenti di formazione e studio.Per i giovani peruviani esisteva, dunque, un modesto rischio di derive versol’emarginazione, soprattutto per la componente maschile, per la quale abitudinilegate al tempo libero potevano a volte cronicizzarsi in forme di abuso edipendenza, ma nel complesso sia le ragazze che i ragazzi mostravano una decisavolontà di integrarsi e realizzare qui i propri progetti, attribuendo una grandeimportanza alla formazione, sia professionale che scolastica. I rischi di emarginazionee di autoesclusione sono modesti, mentre la rapididi acculturazione raramentescalzava l’orgoglio per la propria matrice culturale e identitaria: l’integrazione deigiovani peruviani era sempre un processo negoziale e non lasciava presagireelementi di criticità significativi.Gli eritrei sono presenti a Milano fin dagli anni ’70, ma sono aumentati di poco neiprimi anni ’90 e nel 2000 il loro numero tendeva a stabilizzarsi in virtù soprattutto dei5

tengono molto alla loro istruzione, cui de<strong>di</strong>cano risorse economiche anche ingenti.Conseguentemente i giovani esprimono me<strong>di</strong>amente una progettualità benstrutturata e una chiara consapevolezza <strong>del</strong> valore <strong>del</strong>la propria formazione. Siriscontra una <strong>di</strong>ffusa adesione ai valori tra<strong>di</strong>zionali dei genitori, una “<strong>di</strong><strong>gestione</strong>lenta” degli elementi <strong>di</strong> novità e <strong>di</strong> “<strong>di</strong>sturbo” proposti dal contesto italiano, ildesiderio <strong>di</strong> maturare un proprio approccio all’integrazione nella società italiana nelrispetto <strong>del</strong>la propria identità e <strong>del</strong>le aspirazioni <strong>del</strong>la famiglia. Bassissimalegittimazione <strong>del</strong>la trasgressione, scarso orientamento al rischio e debole incidenza<strong>del</strong>le fenomenologie più acute <strong>del</strong> <strong>di</strong>sagio giovanile (che riguardano generalmentesolo adolescenti maschi) configurano un quadro <strong>del</strong>l’integrazione giovanile egizianarelativamente poco problematico. Resta però un conflitto intergenerazionalelatente, che si esplica nel contrasto evidente tra i valori e lo stile <strong>di</strong> vita prevalenti trai coetanei italiani e il proprio portato culturale, identitario e religioso specifico.Tranne che nel caso dei giovani egiziani <strong>di</strong> religione musulmana che, dopo averfrequentato a Milano la scuola araba, rimandano in Egitto dai genitori perproseguire gli stu<strong>di</strong> o per sposarsi, al tempo <strong>del</strong>l’indagine le prospettive<strong>del</strong>l’integrazione dei teen ager egiziani sono quelle <strong>di</strong> un’integrazione “negoziata” ecerto non priva <strong>di</strong> scosse, ma sostanzialmente positiva e riuscita. L’elemento <strong>di</strong>maggiore problematicità riscontrato è sicuramente la scarsa autonomia gestionalerispetto al proprio tempo libero, in particolare in seno nelle famiglie <strong>di</strong> originemusulmana. Tuttavia, questa minore libertà d’azione non si traduceva in un gradoelevato <strong>di</strong> esclusione socioculturale: il forte consumo dei mass me<strong>di</strong>a italiani, l’uso<strong>del</strong>le chat e <strong>del</strong> telefonino tendevano a prefigurare un processo <strong>di</strong> acculturazione“a <strong>di</strong>stanza” fortemente imbevuto <strong>di</strong> desiderio e <strong>di</strong> curiosità, che in età adultaavrebbe potuto sfociare in percorsi molto personali <strong>di</strong> lettura <strong>del</strong> contestosocioculturale e <strong>di</strong> costruzione <strong>del</strong>l’identità.I giovanicinesiI cinesi sono presenti a Milano fin dagli anni ’20, ma l’assoluta maggioranza <strong>del</strong>lapopolazione è costituita da persone immigrate a Milano a partire dalla secondametà degli anni ’80. La presenza dei minori è cresciuta sensibilmente a partire dal1990, attestandosi nel 2000 attorno alle 2572 persone, mentre la popolazionegiovanile under 21 è pari a 2973 unità (34,4% sul totale dei residenti cinesi).L’immigrazione cinese ha conosciuto ondate <strong>di</strong> ricongiungimenti familiari più omeno regolari fin dagli anni ’80 e questo spiega la forte eterogeneità <strong>del</strong>le situazioniall’interno <strong>del</strong>la popolazione giovanile: alcuni sono nati qui, alcuni sono arrivati dabambini, altri a metà o a conclusione <strong>del</strong>la scuola <strong>del</strong>l’obbligo in Cina, ecc.L’indagine ha confermato l’importanza <strong>del</strong> grado <strong>di</strong> alfabetizzazione ottenuto prima<strong>di</strong> lasciare la Cina nella strutturazione <strong>del</strong> processo <strong>di</strong> acculturazione.Il lavoro scan<strong>di</strong>sce/regola la quoti<strong>di</strong>anità dei cinesi fin dalla più tenera età, almenoquanto lo stu<strong>di</strong>o: in tutti i giovani intervistati traspare una netta consapevolezza <strong>del</strong>grado <strong>di</strong> cogenza che il progetto migratorio familiare, per lo più connotato in sensoimpren<strong>di</strong>toriale, esprime rispetto a tutti i membri <strong>del</strong>la famiglia. Per quanto tutti igenitori cinesi, anche quelli <strong>di</strong> estrazione conta<strong>di</strong>na e/o completamente analfabeti,sembravano riconoscere un enorme valore alla formazione dei propri figli, lapossibilità <strong>di</strong> intraprendere stu<strong>di</strong> superiori <strong>di</strong>pendeva strettamente dal grado <strong>di</strong>autonomia economica ottenuta dalla famiglia ed è in parte subor<strong>di</strong>nata allosviluppo <strong>del</strong>l’impresa familiare. Il grado <strong>di</strong> competenza linguistica e <strong>di</strong> integrazionesocioculturale dei giovani cinesi varia molto a seconda <strong>del</strong> tempo trascorso in Italia,<strong>di</strong> avere o meno frequentato qui le scuole, <strong>del</strong> livello <strong>di</strong> istruzione conseguito in Cina.In linea generale, il profilo <strong>del</strong>l’integrazione socioculturale dei giovani cinesi nonpresentava vistosi elementi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio: anche in questo caso, si è rilevato un buon4

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