Haiti,l’inferno sulla terraDENTRO L’APOCALITTICA TRAGEDIA CHE HA SCONVOLTO IL PAESE CARAIBICO,UNO DEI PIÙ POVERI DEL MONDObambini ogni 1000 nati vivi54 non raggiungono il primo annodi vita. Un bimbo su 12 non arriva afesteggiare il quinto compleanno. Lametà di quelli che sopravvivono nonsiederanno mai su un banco di scuola.Due cittadini su tre vivono con menodi due dollari al giorno.Basta scorrere i dati Unicef per capireche vivere ad Haiti era già una prova aiconfini dell’immaginabile. Lo era già,prima che il sisma del 12 gennaio trasformassequell’isola in un’apocalisse.La scossa di magnitudo 7 ha sventratofin nell’anima un intero Paese, mettendonea nudo il ventre molle fatto dimalgoverno e povertà estrema.La Repubblica di Haiti è lo Stato menosviluppato dell’emisfero settentrionalee uno dei più poveri al mondo. Gli indicatorieconomici, sociali e di sviluppoumano lo collocano al 153° postosu 177 Paesi classificati. Circa l’80%della popolazione vive in una condizionedi povertà degradante. I disoccupatirappresentano oltre il 60% dellapopolazione e sul Paese grava un pesantedebito.Altro ostacolo allo sviluppo economicoè rappresentato dalla dilaganteviolenza che, negli ultimi 20 anni, hatormentato la vita politica e socialedell’isola, allontanando anche gli investitoristranieri disposti a scommetteresulle sue potenzialità turistiche.Da decenni Haiti vive un’instabilitàpolitica fatta di golpe militari, lottedi clan per il potere e brogli elettoraliche, di fatto, ne hanno compromessola democrazia.In un quadro del genere il terremotoha finito per dipingere i contorni diun’allucinazione spaventosa. Un’allucinazioneda cui Haiti non trova la forzadi svegliarsi. Quindici giorni dopoil disastro, mentre scriviamo questerighe, nessuno sa nemmeno lontanamentequante possano essere le vittime.Le stime oscillano ancora su rangedifferenti tra loro per centinaia di migliaiadi unità. Gli sfollati sono oltretre milioni, 500mila nella sola capitale,la città di Port-au-Prince. Dove sonocrollati, travolgendo gli occupanti, tuttie quattro gli ospedali.I corpi dei morti sono ammassati inAIUTIAMO CHI AIUTAHaiti era poverissima anche prima del sisma del 12 gennaio 2010, per questoserve un aiuto economico alle organizzazioni che operano sul campo. Sonomolte e tutte valide; noi, senza per questo voler dare alcun giudizio di merito,ne proponiamo tre fra quelle che sono presenti da tempo sull’isola, ma tuttevanno bene: l’importante è donare.MEDICI SENZA FRONTIERE www.medicisenzafrontiere.itFONDAZIONE FRANCESCA RAVA www.nphitalia.orgUNICEF www.unicef.itnei siti internet si trovano tutte le modalità per dare un sostegno economico.strada e lentamente seppelliti in enormifosse comuni. Gli aiuti alimentari,largamente insufficienti, in alcunezone vengono paracadutati dal cieloper il timore che i soccorritori siano aggreditidalla folla affamata. I fenomenidi sciacallaggio, sempre tristementepresenti ogni volta che si presentaun disastro naturale, hanno assunto iconnotati della guerriglia urbana. Sispara per un pezzo di pane. E si sparaperché lo Stato è assente. Assenteal punto che è servita una formaledichiarazione del Premier Jean-MaxBellerive per sgombrare il campo dagliequivoci: “I militari americani sonoqui perché abbiamo bisogno di loro, nonper occupare l’Isola”. Un’isola su cuinon c‘è più niente da occupare. Si puòsolo piangere.In quest’opprimente disperazione collettivaperò non si smette di scavare.E i sopravvissuti ancora spuntano dasotto le macerie, restituendo almeno losguardo della gratitudine e della speranzaa chi non aveva nulla e si ritrovacon ancor meno. Una bambina diquattordici anni è stata salvata dallesquadre di soccorsi spagnole, mentrea Grand Rou, i Vigili del Fuoco dellaContea di Los Angeles scavano senzasosta alla ricerca di qualcuno intrappolatonelle macerie di un negoziodi quattro piani. “I cani hanno sentitoqualcosa e noi siamo intervenuti subito-racconta uno di loro- Mi sono sposato
Il male del mondo el'amore di DioIl terribile terremoto di Haiti ripropone una domanda cheaccompagna da sempre il genere umano: se Dio esiste, perchèpermette tutto questo? I morti del sisma haitiano del12 gennaio scorso sono compresi fra i 70.000 ed i 200.000(e forse il numero esatto non lo sapremo mai). Sono crollatele scuole con i bambini dentro, gli ospedali con i malati.Sono crollate le chiese. Ed Haiti era anche uno dei Paesipiù poveri al mondo; dunque, ancora, perché i disastri siaccaniscono contro i diseredati, contro gli ultimi di questaterra? Perché Dio, onnipotente e misericordioso, lo permette?Ed è una domanda che non si pongono solo i credenti, sela pongono anche tutti, i laici e gli atei, forse nel tentativodi così giustificare, di provare il fatto che Dio non esiste.E tutti noi non possiamo fare a meno di pensare ai miracoliche avvengono nei Santuari d’Europa o di altre parti delmondo, per chiederci che senso abbia, che relazione ci siafra un paralitico che bagnandosi nell’acqua di Lourdes haripreso a camminare ed un terremoto che miete 100.000vite innocenti, condannando altrettanti sopravvissuti,amputati <strong>degli</strong> arti, ad una vita di tormenti?Che senso ha che Dio renda la vista ad un cieco e tolga lavita a centinaia di migliaia di persone?Perché Dio non interviene ad impedire tanto orrore? Difronte al quale anche la fede più solida vacilla.Ed è normale che sia così, perché vacillò anche la fede inDio di Gesu Cristo, che trafitto sulla croce, nel dolore dellacondizione umana urlò “Dio mio, Dio mio, perché mi haiabbandonato?”Dunque nell’interrogarci su questi temi l’uomo non commettealcun peccato ma, semplicemente, è destinato a nontrovare risposta. Almeno una risposta degna della razionalitàdella nostra mente.Noi, uomini moderni, stiamo di fronte alle macerie di PortAu Prince, la capitale di Haiti, come il filosofo Voltaire,esponente principale dell’illuminismo, stava innanzi allemacerie del terremoto di Lisbona del 1755 (al terremoto seguìuno “tsunami”. Le vittime furono 30.000, compresi i fedeliriuniti in una Chiesa a pregare).Quella tragedia spinse Voltaire a scrivere, quasi di getto, il“Poema sul disastro di Lisbona” e poi a riprendere l’argomentonel più famoso “Candido ovvero l’ottimismo”, unadelle sue più famose opere.Il “Poema” di Voltaire, duecentocinquanta anni dopo,mantiene intatta la sua attualità, tanto che potremmousarlo noi oggi per commentare la tragedia haitiana:“Donne e infanti ammucchiati uno sull’altrosotto pezzi di pietre, membra sparse;centomila feriti che la terra divora,straziati e insanguinati ma ancor palpitanti,sepolti dai lor tetti, perdono senza soccorsi,tra atroci tormenti, le lor misere vite.Ai lamenti smorzati di voci moribonde,alla vista pietosa di cenere fumanti,direte: è questo l’effetto delle leggi eterneche a un Dio libero e buono non lasciano la scelta?”con quello scritto Voltaire contestava apertamente le teoriedi un altro filosofo dell’epoca, Gottfried Wilhelm Leibniz,che aveva elaborato la “teodicea”, cioè il rapportotra la giustizia di Dio e la presenza del male nel mondo omeglio la “giustificazione di Dio” per il male presente nelmondo.La fede però è profondamente ed intimamente radicatanell’animo di chi l’ha avuta in dono e se anche all’uomomoderno, che compie viaggi spaziali, l’antica risposta secondocui il disegno di Dio è imperscutabile, perché “Senoi lo capissimo, non sarebbe Dio” resta una risposta troppostretta, altra non vi è. Se non abbiamo risposte sul perchéde male del mondo, siamo invece in grado di risponderesu dove sia l’amore di Dio.Nel disastro di Haiti lo abbiamo visto nei medici che sonotornati immediatamente ad operare in luoghi di fortuna,come l’italiano Stefano Zannini, Capo missione di MédecinsSans Frontières, o come Roberto Dell’Amico della FondazioneFrancesca Rava, da cui dipende l’Ospedale Pediatrico“Saint Damien Chateaublond” e che hanno salvatoe stanno salvando, anche mentre scrivo, decine, centinaiadi vite. Lo abbiamo visto in quell’operatore della CNN,Sanjay Gupta, che essendo anche neurochirurgo ha abbandonatola telecamera per curare 25 feriti gravi, rimastiprivi di assistenza in ospedale dell’ONU, con i cameramentrasformati per l’occasione in infermieri. Lo abbiamo vistoin quelle migliaia di volontari e personale specializzatoche è partito per prestare soccorso, nel pane che ogni giornoesce dal forno di Marco Randon, fornaio anche nellavita normale, a Pordenone, e che oggi con il suo lavorosfama i ricoverati di un campo profughi.Lo abbiamo visto in ogni uomo ed in ogni donna chini asoccorrere un ferito, a dare un sorso d’acqua od a dire anchesolo una parola di conforto. In tutto questo, in ogni gesto dicarità, in ogni atto di amore disinteressato, li c’è Dio.Roberto Orlandi15 giorni fa e per venire qui ho rimandatoil viaggio di nozze ma lo rifarei mille volte,ogni vita salvata ci ripaga delle frustrazioniche dobbiamo subire in questi giorni.Vogliamo tornare a casa col ricordo ditanti miracoli”.L’Italia, come sempre in questi casi, sista distinguendo per la velocità, lacompetenza e la generosità dei propriaiuti. Aiuti che comprendono anchel’invio in missione di 550 militari sullaportaerei "Cavour", vero centro logisticoed ospedale galleggiante che resteràsulle coste dell’isola fino a data dadestinarsi. Una fotografia che certonon potrà cancellare quella della naveda crociera inglese "Indipendence of theSea" che ha fatto scalo ad Haiti cinquegiorni dopo il sisma con i propri turistiper permettere loro una giornata balnearesulle sabbie bianchissime enell’acqua cristallina di Labadie.Nemmeno le proteste di alcuni passeggeriindignati hanno fatto cambiarerotta al transatlantico. Settimane dopoil più devastante terremoto mai avvenutoin America negli ultimi 200 anni,Haiti è ancora un tragico miscugliotra la parte più nobile e quella peggioredi ciò che siamo.Alessandro Ancarani