le conversioni o le malattie mentali. Queste identità forti garantiscono lapossibilità per il soggetto di muoversi attraverso la molteplicità di esperienze.Soprattutto, attraverso la molteplicità di ruoli che la società diversificatacomporta: se la società diventa più complessa, un soggetto e’chiamato a svolgere via via più ruoli nel corso dell’esistenza o, a seconda<strong>dei</strong> vari contesti, a rivestire più ruoli. Nella società differenziata diParsons un soggetto e’ lavoratore, e’ marito, e’ membro di un partito,ecc. Tutto questo, in sostanza, comporta delle diverse capacità di interazionedi ruolo.<strong>La</strong> società avanzata si caratterizza proprio per l’aumento di differenziazionee, quindi, per l’aumento <strong>della</strong> quantità di ruoli che un soggettoe’ chiamato; non solo nelle varie fasi <strong>della</strong> vita adulta, ma anche, contemporaneamente,a seconda delle diverse appartenenze. Allora questaidentità forte serve da strumento per non perdersi. E’ capace, contemporaneamente,di identificarsi via via nei vari ruoli, svolgere fino in fondoquello che e’ richiesto dai vari ruoli non solo in termini di abilità, maanche in termini di adesione alle norme che regolano quel determinatiruoli, ma non si perde in essi.Quindi e’ contemporaneamente vero che il modello <strong>integrazionista</strong>ha una grossa enfasi sui ruoli; per cui le varie attività umane, e quindianche le varie formazioni, sono legate ad apprendimenti di ruolo specifici.Per cui anche se si può affermare che l’uomo parsonsiano (e quindil’uomo del modello <strong>integrazionista</strong>) e’ una sorta di mix di ruoli, però e’anche vero che, nel contempo, questo mix e’ ricondotto a coerenza edunità e non si “rompe”, e non mette in crisi la coerenza identitaria delsoggetto, proprio perché esiste l’“identità forte” grazie alla quale esso siritrova.3.2 <strong>La</strong> crisi del modelloIl modello <strong>integrazionista</strong> di socializzazione risulta quindi essere fondatosu un principio regolatore di carattere normativo vincolante per tuttii soggetti coinvolti nel processo di socializzazione. Esso, anche se continuaspesso a costituire in riferimento ideali, è ormai da decenni messoin discussione.L’inadeguatezza euristica del modello è da ricondurre alla più generalecritica maturata negli ultimi decenni che individua nell’approccio oli-96
stico – almeno in quello che nei suoi caratteri generali è stato individuatodagli storici <strong>della</strong> sociologia come tale – una visione ultrasocializzatadell’uomo 27 . Per riprendere quanto detto nell’introduzione a propositodell’emergere <strong>della</strong> necessità di un’articolazione teorica tra l’individuale edil sociale, si tratta dell’accusa di ricondurre la spiegazione e/o comprensionedi un’azione o evento sociale a fattori deterministici di ordine collettivo,sia di tipo strutturale, sia di tipo culturale 28 . Nel caso del modello<strong>integrazionista</strong> come sin qui delineato, come dice Jean Piaget, si configura“il tutto come un essere che attraverso le sue costrizioni modifica gli individui(impone loro la sua logica) e si colloca in modo eterogeneo alle coscienze individuali,tali quali sarebbero indipendentemente dalla loro socializzazione” 29 . In effetti,applicando a questo caso l’analisi critica generale <strong>dei</strong> riduzionismi sociologicicondotta di recente da Margaret Archer, il rischio del modelloconsiste nella “conflazione verso il basso”, in cui la soluzione del problemadell’articolazione tra dimensione sociale e dimensione individuale vienerisolto rendendo il soggetto come un epifenomeno <strong>della</strong> società. Si tra t-ta dell’idea che gli individui siano un “materiale indeterminato” che “vieneunilateralmente mo<strong>della</strong>to dalla società, le cui proprietà solistiche hanno il completomonopolio <strong>della</strong> causalità e operano in modo unidirezionale, verso il basso” 30 .L’indeterminatezza cui si riferisce la Archer riguarda in particolare ilpresupposto che si diventi a pieno titolo <strong>della</strong> società quando si assumaun’identità forte. Si tratta di elemento che sembra risolvere a priori il problemadell’ordine sociale in quanto assicura un’omologia tra individuo estruttura sociale. Ma la crisi <strong>della</strong> comunità, da più parti indicata comeuno <strong>dei</strong> caratteri <strong>della</strong> società moderna, e la pluralizzazione <strong>dei</strong> mondi di significatosono state messe in relazione con la difficoltà da partedell’individuo a trovare un chiaro senso <strong>della</strong> propria identità 31 . Si delineain tal modo l’immagine di un soggetto “senza più casa” e, di conseguenza,non sembra più possibile definire cosa sia l’identità alla luce diquesta molteplicità di immagini e rappresentazioni. Come acutamenteosserva Loredana Sciolla, “l’identità muta nella sua stessa struttura, nel senso27 Per tale impostazione critica, si veda il già citato Wrong D., 1961.28 Per un inquadramento teorico di tale posizione, si veda ad esempio Donati P.,1991a.29 Piaget J., 1964, trad. it., pp. 145-146.30 Archer M., 1995, trad. it., pp. 13-14.31 Berger et al., 1973.97
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