La civilizzazione dei barbari La concezione integrazionista della ...

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12.07.2015 Views

cesso di regolazione. Come si legge nella citazione posta all’iniziodell’introduzione, Parsons si riferisce alla socializzazione – conun’immagine già presente nelle rappresentazioni collettive a lui conosciute– come ad una sorta di processo di “incivilimento dei barbari”. Ognibambino che nasce è come un “barbaro” che irrompe nella civiltà e chedeve essere fronteggiato in quanto pericolo, e questo pericolo può essereappunto evitato integrandolo nella società. In tal senso, integrazione e-quivale proprio ad assimilazione culturale.Alla base c’e’ l’idea che il soggetto di per sé non e’ apportatore di e-lementi positivi per la società, se non nella misura in cui si inserisce accettandolo schema culturale e normativo esistente, e non potendolotrasformare. In tal senso, la società non si mette in discussione. Abbiamogià visto come questa impostazione rischia di intrappolarsi in unimmobilismo sociale, tanto che Parsons individua nella studentry la possibilitàche possano esistere soggetti innovatori del sistema di valori culturali.Non è un caso che, dal punto di vista della collocazione storica,l’ottica integrazionista sia stata adottata da tutta un serie di politiche assimilazionistedelle minoranze etniche, degli immigrati. Anche la primaidea di educazione compensativa, come vedremo, che e’ nata prima inInghilterra e negli Stati Uniti (periodo kennediano) ancora prima che inItalia, si e’ sviluppata proprio vedendo il bambino immigrato, il bambinodella minoranza, il bambino delle classi deprivate, come il soggettoche doveva essere portato via il più rapidamente possibile dal contestoculturale in cui aveva avuto la “sfortuna” di nascere, per portarlo inambiente diverso che lo trasformasse, adattandolo alla società complessiva.La trattazione della diversità era solo in termini di integrazione, nonchiedendosi se questo immigrato, che arrivava era un soggetto che potevaessere portatore di elementi culturali altri, quindi non interrogandosisul confronto tra due culture diverse, ma anche nel migliore dei casi(laddove si mettevano in atto delle politiche positive per intervenire sullapovertà e sul disagio) l’ottica era quella di prendere un soggetto ecancellare tutto quello che aveva in termini di bagaglio culturale (se neaveva), perché era negativo, e dargli tutto quello che era richiesto dallanuova società.Quindi il modello integrazionista non è solo uno schema concettualeutilizzato nelle aule accademiche. Esso diventa anche una sorta di94

schema che delle ricadute molto forti su quelle che sono le politiche sociali.Il fatto che sia normativamente fondato deve rimandare proprio aquesta idea che la socializzazione come processo di conformazione sociale,di incardinamento dei soggetti nel sistema di regole che definisconoe rendono possibile l’ordine e lo sviluppo sociale.Un secondo concetto chiave è individuato nella connessione costante travalori e conoscenze. Attraverso il percorso di socializzazione non vengonotrasmesse solo delle conoscenze e delle abilità tecniche, dei saperi cognitivi,ma vengono trasmessi anche delle norme e dei valori. Quindic’e’ una costante compresenza, in ogni atto di socializzazione, di elementicognitivi e di elementi valoriali, chiaramente con specificazionidiverse a seconda delle fasi della socializzazione.Quindi questa connessione tra valori e conoscenze guida l’azione diogni agenzia di socializzazione ed e’ alla base di ogni interazione di socializzazione.L’altra parola-chiave, cioè conformità, e’ chiaramente legataa questo discorso.L’elemento relativo all’identità forte rimanda soprattutto all’analisi parsonsianadella costruzione dei primi anni di vita di quella che e’ la “bussola”normativa e valoriale e che, modificata, trasformata e differenziata,guida il soggetto in tutta la sua biografia fino all’età’ anziana. Identitàforte significa che il soggetto, nella fase evolutiva, acquisisce una percezioneprecisa della propria realtà soggettiva autonoma e separata daglialtri, e in connessione con gli altri. Acquisisce, poi, nella fase inizialedella socializzazione quei punti di riferimento fondamentali che lo guidanoper tutta l’esistenza. Quindi “identità forte” sta ad indicare tuttauna serie di acquisizioni che hanno a che fare con gli strati più profondidella coscienza, e quindi hanno a che con apprendimenti che trasformanofino al fondo la personalità. L’identità forte, inoltre, ha a che farecon la coerenza tra le vari elementi che definiscono la personalità, e conla permanenza, con la stabilità nel tempo: ci sono delle trasformazioni,ma attraverso l’esperienza il soggetto e’ in grado di ritrovare se stesso, enon si perde. Rovesciando una famosa metafora 26 , il soggetto “ha sempreuna casa”, nel senso che ha un luogo da cui ripartire per ritrovarsi:può avere avuto della traversie, dei momenti di difficoltà, ma egli hasempre una “casa” da cui ripartire, che gli serve come base di appoggio,e che non viene messa in discussione, se non, in casi eccezionali, come26 Berger P. L. et al., 1973.95

schema che delle ricadute molto forti su quelle che sono le politiche sociali.Il fatto che sia normativamente fondato deve rimandare proprio aquesta idea che la socializzazione come processo di conformazione sociale,di incardinamento <strong>dei</strong> soggetti nel sistema di regole che definisconoe rendono possibile l’ordine e lo sviluppo sociale.Un secondo concetto chiave è individuato nella connessione costante travalori e conoscenze. Attraverso il percorso di socializzazione non vengonotrasmesse solo delle conoscenze e delle abilità tecniche, <strong>dei</strong> saperi cognitivi,ma vengono trasmessi anche delle norme e <strong>dei</strong> valori. Quindic’e’ una costante compresenza, in ogni atto di socializzazione, di elementicognitivi e di elementi valoriali, chiaramente con specificazionidiverse a seconda delle fasi <strong>della</strong> socializzazione.Quindi questa connessione tra valori e conoscenze guida l’azione diogni agenzia di socializzazione ed e’ alla base di ogni interazione di socializzazione.L’altra parola-chiave, cioè conformità, e’ chiaramente legataa questo discorso.L’elemento relativo all’identità forte rimanda soprattutto all’analisi parsonsiana<strong>della</strong> costruzione <strong>dei</strong> primi anni di vita di quella che e’ la “bussola”normativa e valoriale e che, modificata, trasformata e differenziata,guida il soggetto in tutta la sua biografia fino all’età’ anziana. Identitàforte significa che il soggetto, nella fase evolutiva, acquisisce una percezioneprecisa <strong>della</strong> propria realtà soggettiva autonoma e separata daglialtri, e in connessione con gli altri. Acquisisce, poi, nella fase iniziale<strong>della</strong> socializzazione quei punti di riferimento fondamentali che lo guidanoper tutta l’esistenza. Quindi “identità forte” sta ad indicare tuttauna serie di acquisizioni che hanno a che fare con gli strati più profondi<strong>della</strong> coscienza, e quindi hanno a che con apprendimenti che trasformanofino al fondo la personalità. L’identità forte, inoltre, ha a che farecon la coerenza tra le vari elementi che definiscono la personalità, e conla permanenza, con la stabilità nel tempo: ci sono delle trasformazioni,ma attraverso l’esperienza il soggetto e’ in grado di ritrovare se stesso, enon si perde. Rovesciando una famosa metafora 26 , il soggetto “ha sempreuna casa”, nel senso che ha un luogo da cui ripartire per ritrovarsi:può avere avuto <strong>della</strong> traversie, <strong>dei</strong> momenti di difficoltà, ma egli hasempre una “casa” da cui ripartire, che gli serve come base di appoggio,e che non viene messa in discussione, se non, in casi eccezionali, come26 Berger P. L. et al., 1973.95

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