2.6 <strong>La</strong> fase di socializzazione universitaria (studentry)Con l’avanzare <strong>della</strong> complessità sociale invece, come si è detto, diventaimportante e cruciale per il soggetto e per la società la fase di socializzazioneuniversitaria, quella che Parsons chiama studentry. Questafase è caratterizzata da un aumento <strong>della</strong> differenziazione cognitiva evaloriale tra i soggetti, cioè aumenta la specializzazione e quindil’assunzione di ruoli fra di loro altamente differenziati. Intanto c’è un’altra grossa differenziazione che ha a che fare con la stratificazione sociale:non tutti frequentano l’Università. Dopo la scuola media superiore,c’è una sorta di grossa divaricazione tra le persone che vanno a lavoraresolo col diploma di scuola media superiore e un nucleo più ristrettodi persone che proseguono a livello degli studi universitari.Nell’immagine parsonsiana, che è poi quella vigente all’interno <strong>della</strong> nostrasocietà, la socializzazione a livello universitario è quella dedicata allaformazione dell’élite, del gruppo dirigente, delle professioni più elevatenella stratificazione sociale. Parsons è convinto che questo debba funzionareeffettivamente e che questo sia un buon sistema per far emergerei più capaci e per far acquisire, da parte del futuro gruppo dirigente,tutte quelle competenze che sono necessarie sia per l’organizzazionesociale, sia per le varie attività tecnico-scientifiche.Durante la fase “college”, la fase universitaria, il ragazzo o la ragazzaacquisiscono una maggior competenza specifica nelle singole disciplinee nelle singole aree professionali; acquisiscono una maggior capacità dicompetizione nel libero mercato, quello che è richiesto dalla societàcontemporanea; acquisiscono una maggiore capacità, dice Parsons, dicontrollo sui propri istinti e sulle proprie azioni, sanno controllare maggiormentela propria emotività e i propri affetti. E soprattutto (e questoè molto importante) sapendo usare meglio la razionalità e il pensiero riflesso,che servono non solo ad aumentare la competenza tecnica, maanche ad aumentare il dominio su di sé, il controllo sulle proprie azionie la capacità di relazionarsi agli altri in maniera attiva. <strong>La</strong> maggior capacitàdi saper utilizzare e di far ricorso al sapere razionale genera anche,dice Parsons, negli individui una <strong>concezione</strong> razionale dell’autorità.Questo vuol dire saper accettare l’autorità non fondandosi su principi didominio, di violenza, su doti carismatiche (e quindi su fattori irrazionali),ma riconoscere che un’organizzazione gerarchica funziona meglio84
perché, sostanzialmente, è costruita in maniera più efficace, più efficientein termini di funzionamento complessivo.Fondamentalmente, attraverso la fase universitaria di scolarizzazione,gli individui interiorizzano prevalentemente l’activity, cioè quel complessodi orientamenti di tipo specifico/universalistico che sono essenzialiper lo sviluppo <strong>della</strong> società contemporanea. Solo la fase universitariariesce a costruire questo soggetto autonomo, indipendente, capacedi gestire e di dirigere un’organizzazione e capace di accettareun’organizzazione razionale del sistema economico e del sistema politico.E su questo argomento Parsons, contraddicendo anche quanto avevascritto in articoli precedenti, nei suoi ultimi lavori sostiene che c’èuna differenza molto grossa tra i ragazzi che entrano nel lavoro subitodopo la scuola media superiore e quelli che frequentano l’Università. Iprimi hanno certamente acquisito alcune abilità tecniche specifiche, perònon hanno acquisito la capacità di innovare, di muoversi autonomamente:sono soggetti capaci a farsi comandare, ma non di comandare glialtri. Sono soggetti che non hanno ancora interiorizzato soprattuttoun’idea razionale di autorità; tendono a sottomettersi per tutta una seriedi altri motivi (perché fa comodo, perché possono guadagnare di più,ecc.) però sono soggetti del tutto passivi e non servono troppoall’innovazione anche economica <strong>della</strong> società. Per parlare di ragazzi<strong>della</strong> scuola superiore Parsons usa una definizione che, in genere, siamoabituati a riferire all’Italia: i ragazzi che vanno a lavorare col diplomasono abituati a credere a Dio e alla mamma e a seguire questi valoricome guida del loro comportamento. Solo i ragazzi universitari sonocapaci di comportamenti autonomi, di condivisione razionale perchéconvinti fino in fondo <strong>della</strong> validità di questa società, e sono i soli capacidi gestire la trasformazione, e quindi l’innovazione, senza generare<strong>della</strong> rotture nel sistema sociale.Parsons, ancora una volta come aveva fatto per le scuole elementari,ragionando su come è organizzata la vita universitaria, individua <strong>della</strong>corrispondenze ben precise tra la quotidianità e quello che deve essereappreso a livello complessivo. Non esistono più le singole classi chevanno avanti in maniera regolare e controllate nel loro lavoro quotidianoda un adulto, classi omogenee, anche se ci sono suddivisioni pergruppi. Fino alle scuole superiori vi è la classe, cioè un corpus compattoche è guidato nella programmazione dai docenti che definiscono i tempi85
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La civilizzazione dei barbariLa con
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Però l’interrogativo rimane ed
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