Ma che significati ha, allo stato attuale dell’analisi sociologica, la socializzazione?Si può far riferimento anche ad un’idea non adattiva, nonconformista, di integrazione? Può la socializzazione tematizzare e preoccuparsisolo dell’io e non del noi?Parsons, a questo proposito dà, come prima aveva già fatto Durkheim,una risposta netta: poiché il percorso di socializzazione coincidecon l’identificazione, con questa teorizzazione sinora esposta di modellodi relazione, non è possibile un io che non sia, contemporaneamente,anche un noi, e questa è l’assunzione <strong>della</strong> condivisione. Ed è importanteche sia l’assunzione, attraverso il percorso di socializzazione, nonsolo <strong>della</strong> prospettiva dell’io ma che <strong>della</strong> prospettiva del noi come rispostaal problema generale del mantenimento <strong>della</strong> società.Ciò riconduce al problema di fondo, che già aveva caratterizzatol’analisi durkheimiana: come è possibile la coesione sociale? Il noi, anchein Parsons, nasce da questa condivisione dello stesso sistema normativoe valoriale, ed è questo noi che garantisce il consenso, la coesione,e garantisce anche la possibilità di relazione sociale.Ma a questo punto è meglio tornare sulle fasi <strong>della</strong> socializzazione.<strong>La</strong> rilevanza di Parsons a tal proposito consiste nel fatto che il suo è statoun modello diventato comune e diffuso di analisi, con le relative a-genzie di socializzazione che corrispondono ad ogni fase.<strong>La</strong> socializzazione inizia non appena un soggetto viene al mondo, ecioè con la “prima infanzia”, che per Parsons si prolunga fino ai 5-6 anni;ed è una fase che, nel suo modello, è vissuta e va vissuta prevalentementeall’interno <strong>della</strong> famiglia. È un periodo prolungato, proprioperché deve permettere il funzionamento efficace <strong>dei</strong> meccanismi di i-dentificazione, nel quale il bambino è in interazione pressoché esclusivacon le figure genitoriali, in particolare con la madre, agente prioritario disocializzazione. Bisogna tener presente che quando Parsons definisce laprima infanzia come luogo specifico <strong>della</strong> famiglia, si riferisce alla famiglianucleare caratterizzata dalla divisione <strong>dei</strong> ruoli di tipo strumentale(il marito/padre che va a lavorare) ed espressiva (la moglie/madre chesta in casa). Anche se tale impostazione caratterizza le prime tappe <strong>della</strong>riflessione parsonsiana, si può dire che anche negli sviluppi successiviviene sottolineata la permanenza lunga all’interno <strong>della</strong> famiglia delbambino fino ai 5-6 anni.62
A questa segue la seconda fase che potremmo chiamare “seconda infanzia”,o periodo <strong>della</strong> latenza, che va dai 6 agli 11-12 anni, nella qualesi affianca alla famiglia, come agenzia di socializzazione, la scuola di base,la scuola dell’obbligo. <strong>La</strong> coesistenza <strong>della</strong> scuola e <strong>della</strong> famiglia ènecessaria secondo Parsons per assicurare continuità dell’azione delleagenzie nel passaggio da una fase <strong>della</strong> socializzazione ad un’altra.Successivamente, c’è l’adolescenza nella quale l’agenzia scuola corrisponde,indicativamente, alla scuola secondaria superiore americana,che è frequentata fino ai 17 anni d’età. Tale fase è caratterizzata dallapresenza contemporanea di scuola, gruppo <strong>dei</strong> pari, e la famiglia. Maquest’ultima rallenta a mano a mano la propria azione, e vede diminuirela propria importanza ai fini <strong>della</strong> socializzazione, a vantaggio di altreagenzie.In Italia (ma anche in Europa) siamo abituati a considerarel’adolescenza come progressivamente prolungata fino a coprire anche lafase universitaria di socializzazione (26-29 anni), arrivando dalla adolescenzaalla maturità. Si tratta, quindi, di una fase che termina conl’inserimento nel mondo lavorativo 20 .L’idea di fase, anche se ovviamente non va considerata in modo rigido,rimanda ad una lettura <strong>della</strong> biografia individuale per blocchi, ciascuno<strong>dei</strong> quali è caratterizzato da elementi sostanzialmente differentidagli altri, e che, in qualche modo, devono avere una loro sequenzialitàdi tipo lineare: l’adolescenza viene dopo la seconda infanzia, e questaviene dopo la “prima infanzia”. In tale modello non sono quindi previstedelle commistioni: gli elementi che caratterizzano evolutivamente la“prima infanzia” pian piano si dissolvono nella “seconda infanzia”, e siprofila un insieme caratterizzato da elementi specifici e che si susseguononel tempo in maniera lineare, con ritmi differenziati a seconda degliindividui e <strong>dei</strong> contesti, ma pur sempre con questa linearità nelle proceduree negli apprendimenti.In uno <strong>dei</strong> suoi ultimi articoli, pubblicato insieme a Gerald M. Plattnel 1970 - Age, Social Structure, and Socialization in Higher Education – Parsonsha introdotto, attraverso il concetto di studentry, una fase intermediatra l’adolescenza e la maturità, un’ulteriore fase di specificazione del-20 In riferimento al progressivo estendersi del fenomeno <strong>dei</strong> senza lavoro e <strong>della</strong> disoccupazionecronica, più di recente c’è chi ha parlato di “adolescenza prolungata”,che va oltre tale fascia di età soprattutto a causa di un’incapacità di autonomia economicae quindi da una permanenza nella famiglia di origine.63
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