assume i punti di vista e i valori dell’altro attraverso l’identificazione el’imitazione.Attraverso tale tipo d’interazione non c’è quindi una possibilità dimodifica <strong>dei</strong> valori, degli impegni e delle capacità di cui il socializzatoreè portatore. In sostanza, la socializzazione riesce soltanto quando il socializzandosi adatta al messaggio, allo stimolo di cui il socializzatore èportatore in quanto espressione del sistema culturale e di quello sociale.Pur essendo, secondo Parsons, un processo complementare, questacomplementarietà non genera possibilità di retro-azione da parte delgiovane, del socializzando, nei confronti dell’agente socializzatore perquanto riguarda i contenuti <strong>della</strong> comunicazione di socializzazione. Èchiaro che è prospettata la possibilità che il genitore, l’insegnante, modificail proprio comportamento, il proprio modo di trasmettere, in relazioneal feedback che gli arriva dal socializzando. Ma ciò non intaccaquell’insieme determinato insieme di conoscenze e di valori, che costituisconoil contenuto <strong>della</strong> comunicazione.Ecco quindi meglio chiarita la doppia contingenza, nel suo essereuna relazione complementare di ruolo in cui ogni soggetto si muove tenendoconto dell’altro e delle aspettative dell’altro (e modificando lapropria relazione in rapporto alle aspettative dell’altro). I genitori, ad e-sempio, non si comportano allo stesso modo con tutti i figli: il genitoreè lo stesso, ma il processo di socializzazione è diverso a seconda di ognifiglio, e questo dipende, in larga misura, anche dal tipo di feedback che ilsocializzando manda al genitore in quanto agente socializzatore, maquesto non arriva fino al punto di scardinare i contenuti che devono essereinteriorizzati attraverso il percorso di socializzazione.Si tratta quindi di una relazione complementare solo nella procedurama non nei contenuti, in quanto finalizzata alla “conformizzazione” delsoggetto socializzando che, alla fine <strong>della</strong> relazione ha interiorizzatocompletamente il modello <strong>della</strong> relazione e i valori dell’altro, se il meccanismoha funzionato.Ma questo, si badi, non significa che il socializzatore “plasma” il soggettofino in fondo: egli lo ha aiutato, ad esempio, a scegliere tra un o-rientamento di valore e l’altro, gli ha insegnato quali sono gli orientamentidi valore fondamentali all’interno di ogni società, qual è la costellazionedi orientamenti da assumere in ogni particolare ruolo. Quandosi parla di “non complementarietà” ma di “conformismo” , si fa infattiriferimento proprio a questa immodificabilità degli orientamenti di fon-60
do da parte dell’agente socializzando che, soprattutto in questa faseevolutiva, si adatta e viene definito “socializzato” nella misura in cui haaccettato il messaggio proposto, che è diversificato, che tiene conto dellespecificità del soggetto, ma che il socializzando può modificare solofino ad un certo punto, e non nei suoi elementi portanti.Come si specificherà meglio più oltre, nello sviluppo successivodell’analisi parsonsiana si prevede la possibilità che ci siano alcuni soggettiche, anche in fase di socializzazione, possano partecipare aquest’operazione di modificazione <strong>dei</strong> valori e delle norme di fondo e,quindi, partecipare al processo di innovazione. Ma ciò non negal’impostazione di fondo, che rimane valida per la maggior parte <strong>dei</strong>membri <strong>della</strong> società e, soprattutto, per le prime fasi dell’esistenza. Inrealtà il bambino, l’adolescente, il giovane, è considerato anche da Parsonsaltamente plasmabile e trasformabile: c’è una sorta di malleabilitàdel soggetto in tutta la fase evolutiva. Con progressivi irrigidimenti, maanche con possibilità di assunzione delle prospettive culturali e sociali.Come descritto da Parsons, il percorso di socializzazione costruiscequindi, allo stesso tempo, sia l’io che il noi, in quanto l’obiettivo non èsoltanto quello <strong>della</strong> costruzione dell’identità soggettiva, ma è, contemporaneamente,la costruzione <strong>della</strong> coesione sociale. Il soggetto attraversoil percorso di socializzazione apprende l’io e il noi, e non può nonfarlo, data la connessione stretta tra gli elementi valoriali che devonosottendere al sistema <strong>della</strong> personalità, al sistema culturale e al sistemasociale. Si badi che questo è un punto molto importante, in quanto i piùrecenti modelli di socializzazione puntano moltissimo sull’io, si occupanodell’identità soggettiva, se ne preoccupano e la tematizzano, riuscendodifficilmente a spiegare la connessione tra individuo e società; o, permeglio dire, facendo fatica a spiegare la possibilità del noi e dove nasce.È chiaro, d’altronde, che quella parsonsiana è una visione totalmenteadattata dal noi, dall’incardinamento dell’io nel noi, essendo due facce<strong>della</strong> stessa medaglia: non è possibile neppure realizzare completamentel’io senza realizzare anche la visione del noi. Ed è questa immagine ada t-tiva, passiva, <strong>della</strong> corrispondenza tra io e noi che è stata oggetto di forticritiche. Ciò non toglie che noi non dobbiamo anche oggi porci il problemadell’integrazione, e ce lo porremo, ma essendo stata criticata soprattuttola visione funzionalista, adattiva e conformista,dell’integrazione sociale.61
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questa relazione mette in primo pia
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