Innanzitutto, va precisato che Durkheim non nega di certo che lafamiglia intervenga (o debba intervenire) nell’educazione, soprattuttonella fase iniziale, cioè quella relativa all’“allevamento fisico” del soggetto,però ritiene che la famiglia sia un luogo troppo particolaristico perpoter garantire la costruzione di un essere sociale che abbia in mente ilbene comune, il bene <strong>della</strong> società. In ogni famiglia, i bambini sonoconsiderati come soggetto a parte, come “i propri figli”, e pensa al lorobene facendo fatica a concepirlo in relazione al bene comune. Più facilmenteche non in altri contesti, la famiglia tende a puntare prevalentementesul proprio beneficio, anche se questo va a scapito di altri. Sipuò dire quindi che egli ha una visione abbastanza pessimistica <strong>della</strong> capacità<strong>della</strong> famiglia di essere un luogo universale di socializzazione. Mac’è qualche dubbio in più che non viene evidenziato nel saggio a cui cisi è riferito. È chiaro che Durkheim qui si riferisce alla famiglia del suotempo che con termini parsonsiani potremmo definire allargata e nonnucleare: lui ritiene che una famiglia di questo tipo non sia in grado di“addestrare” ai nuovi valori, alle nuove norme, alle nuove esigenze <strong>della</strong>società. Perché la famiglia non è solo troppo particolarista, ma è anchebasata su delle competenze gestite anche all’interno del lavoro domestico(lavoro contadino e artigianale) e valori di tipo troppo tradizionale. Ilpassaggio alla società industriale, ad una società organizzata su base allargata,richiede che le competenze vengano acquisite in luoghi diversidalla realtà familiare 14 .Durkheim quindi non si fida <strong>dei</strong> genitori e ritiene che sia necessarioche la società, soprattutto per l’educazione una (cioè quella iniziale), sviluppi<strong>dei</strong> contesti formalizzati e istituzionalizzati sotto il controllo delloStato, e cioè la scuola di base, prevalentemente pubblica.È necessario che sia una scuola pubblica, perché solo in questo modosi possono definire, in maniera esplicita, gli obiettivi dell’educazione;controllare che, all’interno delle aule, a tutti vengano trasmessi, in manieraomogenea, gli stessi principi; e, con riferimento ad un processointenzionale ed organizzato, si può effettuare anche un controllo ed unavalutazione. È chiaro che si può controllare meglio, anche se relativamente,quello che avviene all’interno di un contesto istituzionale, omo-14 In questo Parsons, come vedremo, si differenzia da Durkheim assumendo una visioneottimistica <strong>della</strong> famiglia e affermandone un ruolo fondamentale nel processo disocializzazione. Va tenuto presente che tra i due autori c’è un periodo storico che èanche caratterizzato dalla trasformazione <strong>della</strong> struttura <strong>della</strong> famiglia.34
geneo, nel quale già a priori sono definiti gli obiettivi, le metodologie, lepratiche, le valutazioni, che non valutare quanto passa all’interno dellesingole famiglie. Non solo perché c’è una tendenza <strong>della</strong> famiglia alladifesa di quella con termini moderni potremmo chiamare “privacy”, maperché ci sono effettivamente grosse diversità tra i contesti in cui sonoimmerse le famiglie.Ed ecco quindi scaturire la necessità che ci sia la scuola, che è pubblicain un senso particolare, poiché è lo Stato, in quanto espressione<strong>della</strong> società, che deve intervenire nell’educazione. Ma quello che è importantesottolineare è che esso Stato è considerato, in termini attuali, ilsoggetto gestore <strong>della</strong> formazione, ma, si badi, non nel senso che è essosolo ad avere il controllo totale dell’educazione. Nell’immagine di Durkheimla gestione, cioè, non equivale all’assunzione di tutto il processoeducativo e dare valore legale ai titoli di studio, come siamo abituati adintendere oggi la scuola pubblica: lo Stato è chiamato ad intervenire, manon necessariamente è esso che in prima persona crea le scuole e le gestisce,svolgendo l’intero processo formativo.In altri termini, la scuola è pubblica nella misura in cui trasmette contenutiriconosciuti socialmente validi, e quindi persegue gli obiettivi ditipo universale, quelli, cioè, che sono definiti unitariamente come principiirrinunciabili, di cui parlavamo all’inizio, validi omogeneamente pertutta la società e che tutti i cittadini devono assorbire. Quindi è a partiredai contenuti e dagli obiettivi che la scuola persegue, che viene definitoil suo carattere “privato” o “pubblico”.Lo Stato in questa visione durkheimiana assume quindi una funzionefondamentale: deve intervenire anche all’interno di scuole non finanziatedallo Stato (cioè quelle che attualmente si chiamano “private”) perverificare che soprattutto non venga trasmessa una formazione asociale.Non importa a Durkheim che ci siano competenze particolari, specializzazioni:ciò che a lui preme, definendo il bene sociale, è cheall’interno di tutte le scuole passi un’educazione che si fondi sui principiritenuti irrinunciabili all’interno <strong>della</strong> società.Occorre sottolineare che a questo punto il discorso di Durkheimnon è di tipo statalista e centralista: non è compito dello Stato stabilirequali siano questi principi irrinunciabili. Esso può fare i programmi edefinire gli obiettivi, ma questi ultimi li individua a partire da quella che,in termini attuali, chiamiamo “società civile”. Egli infatti afferma: “Ilruolo dello Stato è quello di individuare questi principi essenziali”, quindi lo Stato35
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Bibliografia essenzialeAlexander J.
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Rocher G. [1972], Talcott Parsons e