ispondere dicendo appunto che l’uomo è colui che sta all’interno di ungruppo sociale, perché solo nelle aggregazioni sociali l’uomo ha costruitoquello che c’è di più bello: l’arte, la scienza, lo sviluppo, la tecnica,l’industria. <strong>La</strong> fiducia nel progresso qui è sconfinata e siamo nella suafase ascendente. Il progresso si intende non generato dai singoli soggetti,ma dalla società nel suo insieme e dalle interazioni sociali, e quindil’uomo viene definito a partire da questo.A questo proposito sembra utile una serie di romanzi e di film, chemolti ricorderanno, che sono ancora prodotti nel nostro tempo, ma cheaffondano le loro radici nell’Ottocento e che partono dall’interrogativosu cosa potesse essere l’uomo se non fosse stato allevato nella societàumana.Un esempio emblematico, a questo proposito, è dato dal romanzo diKipling “Il libro <strong>della</strong> Giungla” e di cui è stato tratto anche un filmd’animazione. In quest’opera vi è senza dubbio una visione positiva: ilbambino, protagonista <strong>della</strong> storia, viene allevato da figure animali, peròcon esiti positivi. Il bambino cresce, impara a difendersi e a rapportarsiagli altri, soltanto quando poi entrerà nel villaggio e, incontrando unaragazza, incomincerà a trasmettere tramite il linguaggio, effettivamentediventerà un “umano”. Qui c’è, quindi, senz’altro una visione positivadell’essere vissuto assieme agli animali e all’interno <strong>della</strong> natura, ma èsoltanto con l’entrata nel consorzio umano, con l’assunzione del linguaggio,che egli diventerà un essere umano a tutti gli effetti.Il linguaggio, infatti, è sempre stato considerato l’indicatore che separa,in maniera netta il mondo umano da quello animale: solo gli uominisanno comunicare oralmente. Certo, si dice che anche gli animalisanno comunicare e a questo proposito in epoca recente si è studiata lacomunicazione di tipo non verbale, però allora, e ancora oggi in manieramolto forte, questo elemento del linguaggio viene assunto come elementodi differenziazione fra l’uomo e l’animale.C’era comunque un’attenzione a studiare casi di uomini, o di bambiniper meglio dire, abbandonati precocemente, o che per varie ragionisociali si erano trovati a vivere fuori dal consorzio umano. <strong>La</strong> domandaera sempre questa: l’essere umano lasciato a sé riusciva a diventare“uomo”? Come si poteva definire questo soggetto che non era allevatoda genitori all’interno del consorzio umano?30
Ci furono studi, ripubblicati recentemente, proprio sui “bambini selvaggi”analizzati scientificamente 13 . Anche più di recente (1993) è statotrovato, in un parco nazionale <strong>della</strong> Costa D’Avorio, quello che vienedefinito un “bambino selvaggio”. Questo bambino è stato sottoposto astudi, e si è scoperto che non era stato abbandonato da piccolissimo,ma che si era smarrito verso i 10-11 anni, in quanto era affetto da autismo.Comunque è interessante notare come oggi il bambino selvaggiovenga associato al bambino autistico, cioè quello che non riesce a comunicarecon gli altri, quello che comunque non riesce da solo a stare inmezzo agli altri. Nell’Ottocento e nei primi anni del Novecento lo studiosu questi bambini selvaggi era proprio legato all’esigenza di capire sel’uomo aveva qualche matrice diversa dalla società.Un altro esempio è dato dal film “L’enigma di Kaspar Hauser”, ambientatoall’epoca di Durkheim, e che riguarda il caso di un bambinoche è vissuto in isolamento fino all’età di 16-17 anni, dopodiché sarà liberato.<strong>La</strong> storia riguarda l’entrata di questo che ormai è un adulto nellasocietà degli umani e si dedica un’attenzione particolare al suo nonadattamentoalle regole del vivere sociale. L’interrogativo è semprequello: che cosa è un uomo senza la società?È interessante notare come “Il libro <strong>della</strong> giungla” sia rimasto strumentoeducativo ad esempio nell’esperienza scout: esso continua ad essereassunto in maniera “astorica” come ambiente in cui viene ricostruitoil processo educativo <strong>dei</strong> ragazzi facendo riferimento, in questo caso,all’autodisciplina, cioè auto-formazione <strong>dei</strong> ragazzi all’interno <strong>della</strong>“giungla”, dove ci sono degli adulti che assumono i nomi degli animaliche sono i personaggi del romanzo di Kipling e i bambini simulano neiloro giochi e nelle attività, come riferimento a questo ambiente che è“addomesticato” nel senso che è in riferimento, come abbiamo detto,all’auto-formazione.13 Per approfondire tale tematica, costituiscono una lettura stimolante i saggi di JeanItard, medico francese, sul caso di Victor, il ragazzo selvaggio ritrovato nell’Aveyron,regione del sud <strong>della</strong> Francia nel 1798 e che riguardano i suoi tentativi di “rieducarlo”.I due saggi sono: Mémoire sul les premières dévelopments de Victor de l’Aveyron (1801) e Rapportsur le nouveau dévelopments de Victor de l’Aveyron (1806), tradotti in italiano in Itard J.,Il fanciullo selvaggio, Roma, Armando, 1970. Per un’analisi critica di tali saggi, cfr. MoraviaS. [1982], “Il recupero del ‘diverso’. Psichiatria e psicopedagogia nel caso del ragazzoselvaggio dell’Aveyron” in Moravia S., Filosofia e scienze umane nell’età <strong>dei</strong> lumi, Firenze,Sansoni, pp. 271-303.31
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Rocher G. [1972], Talcott Parsons e