La civilizzazione dei barbari La concezione integrazionista della ...
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debba rimanere in vita. Quindi, l’integrazione è il bene della società e,come sarà più chiaro tra breve, lo è anche per i soggetti.Allora attraverso l’educazione una viene trasmessa a tutti i soggettiquel corpo di credenze, di norme e di valori, che sono necessarie percostruire una base sufficiente di omogeneità fra i singoli. E, si badi, nonsi tratta di una formazione egualitaria dal punto di vista della stratificazionesociale: questa educazione uguale iniziale ha a che fare con la costruzionedel popolo di una determinata nazione, cioè all’esigenza degli statinazionali di costruire una scuola obbligatoria. Si tratta, in altri terminiassunti più di recente dalla sociologia, di una socializzazione politica, che siesprime nell’educazione che segna la formazione del cittadino di unostato moderno, laico, e che vuole costruire la propria solidarietà (nelsenso durkheimiano di legame sociale) e la propria coesione attorno aduna coscienza collettiva che deve essere laica e non più sacrale, cioè nonpiù immagine totalizzante, ma che salvaguardi la differenziazione cheDurkheim riconosce essere una caratteristica, da lui considerata positivamente,della società moderna.È infatti l’educazione una che in qualche modo assicura la formazionedi questa sorta di “nuova coscienza collettiva”, cioè adatta alla societàmoderna, una coscienza collettiva che ha abbandonato la visione religiosadel mondo, la visione trascendentale dell’uomo, e che, invece, definiscei valori e le norme sociali della realtà contemporanea. Ma taleeducazione una è anche il luogo – in termini di istituzioni a ciò deputate– in cui viene trasmesso alla nuova generazione il “minimo sapere comune”,cioè il bagaglio reputato indispensabile per appartenere ad una determinatasocietà.A partire da tali presupposti, risulta chiaro che si tratta di un tipo dieducazione che viene trasmessa e deve essere trasmessa (di nuovo c’è lasovrapposizione tra analisi e normatività) da un’istituzione che garantiscail massimo di universalità possibile: dovendo trattarsi diun’educazione “uguale”, dice questo autore, non può essere la famiglia adare quest’educazione. La famiglia del suo tempo gli appare troppo ripiegataal bene dei propri figli e non al bene della società in generale.Essa gli appare non in grado di trasmettere quelli che sono i valori, lenorme, le credenze, necessarie alla solidarietà che deve caratterizzare lasocietà moderna: la famiglia pensa al bene dei suoi figli, non pensa albene della società.20
Ed ecco allora che l’intervento della famiglia, nell’immagine durkheimiana,è “ridotto all’osso”. Durkheim non nega che ci sia, come dire,un “allevamento” familiare in cui i genitori intervengano nella formazione,ma è la scuola, cioè un’istituzione esterna alla famiglia, chequindi deve essere uguale per tutti e che è chiamata a garantire la trasmissioneomogenea di quest’insieme di valori. In questa prospettiva,deve essere evidentemente una scuola pubblica, una scuola sotto il controllodello stato in quanto espressione politica di questa solidarietà sociale,di questa coesione della società 8 .Quindi, in sintesi, l’educazione una è quella che deve interessare tuttii soggetti che vivono all’interno di un determinato territorio o, per megliodire, all’interno di uno stato-nazione (per usare anche termini politicitipici durkheimiani); e che, sostanzialmente, caratterizzano la formazionedel cittadino dello Stato nazionale.Qualsiasi Stato e qualsiasi società, dice Durkheim, per quanto differenziatapossa essere (e anche differenziata in maniera o fortemente gerarchizzatao con divisioni rigide tra un gruppo e l’altro, come ad esempionelle caste indiane), e per quanto lo sia in maniera rigida, ha comunqueuna base unitaria e omogenea; o per meglio dire, deve avere unabase unitaria omogenea di valori e di norme per poter garantire la coesione,il consenso sociale complessivo. Altrimenti, sembra dire Durkheim,la società non sta insieme.Ed è col metodo storico-comparativo che si riesce ad individuarequali sono questi elementi che costituiscono i “prerequisiti fondamentali”per essere cittadini di un determinato Stato, e che sono quei principiche lo Stato deve garantire siano presenti in tutti i soggetti indipendentementedal tipo di lavoro che andranno a svolgere e dal tipo di destinosociale che essi avranno. A tal proposito, Durkheim si riferisce aquei principi nei quali non necessariamente tutti credono fino in fondo,ma che costituiscono il nucleo di base del mantenimento del consensoall’interno di una società e che “pochi osano avversare apertamente”. E questi“pochi”, si lascia intendere, sono considerati i devianti, i rivoluzionari, ocomunque quelli che si contrappongono in maniera netta a quello che èil nucleo portante di un sistema sociale.8 È importante, a questo punto, sottolineare come il modello integrazionista nasca giàsegnato dallo scuola-centrismo; nasca, cioè, segnato dall’esigenza di una istituzionecentrale, sotto il controllo dello stato, deputata alla formazione delle nuove generazioni.21
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debba rimanere in vita. Quindi, l’integrazione è il bene <strong>della</strong> società e,come sarà più chiaro tra breve, lo è anche per i soggetti.Allora attraverso l’educazione una viene trasmessa a tutti i soggettiquel corpo di credenze, di norme e di valori, che sono necessarie percostruire una base sufficiente di omogeneità fra i singoli. E, si badi, nonsi tratta di una formazione egualitaria dal punto di vista <strong>della</strong> stratificazionesociale: questa educazione uguale iniziale ha a che fare con la costruzionedel popolo di una determinata nazione, cioè all’esigenza degli statinazionali di costruire una scuola obbligatoria. Si tratta, in altri terminiassunti più di recente dalla sociologia, di una socializzazione politica, che siesprime nell’educazione che segna la formazione del cittadino di unostato moderno, laico, e che vuole costruire la propria solidarietà (nelsenso durkheimiano di legame sociale) e la propria coesione attorno aduna coscienza collettiva che deve essere laica e non più sacrale, cioè nonpiù immagine totalizzante, ma che salvaguardi la differenziazione cheDurkheim riconosce essere una caratteristica, da lui considerata positivamente,<strong>della</strong> società moderna.È infatti l’educazione una che in qualche modo assicura la formazionedi questa sorta di “nuova coscienza collettiva”, cioè adatta alla societàmoderna, una coscienza collettiva che ha abbandonato la visione religiosadel mondo, la visione trascendentale dell’uomo, e che, invece, definiscei valori e le norme sociali <strong>della</strong> realtà contemporanea. Ma taleeducazione una è anche il luogo – in termini di istituzioni a ciò deputate– in cui viene trasmesso alla nuova generazione il “minimo sapere comune”,cioè il bagaglio reputato indispensabile per appartenere ad una determinatasocietà.A partire da tali presupposti, risulta chiaro che si tratta di un tipo dieducazione che viene trasmessa e deve essere trasmessa (di nuovo c’è lasovrapposizione tra analisi e normatività) da un’istituzione che garantiscail massimo di universalità possibile: dovendo trattarsi diun’educazione “uguale”, dice questo autore, non può essere la famiglia adare quest’educazione. <strong>La</strong> famiglia del suo tempo gli appare troppo ripiegataal bene <strong>dei</strong> propri figli e non al bene <strong>della</strong> società in generale.Essa gli appare non in grado di trasmettere quelli che sono i valori, lenorme, le credenze, necessarie alla solidarietà che deve caratterizzare lasocietà moderna: la famiglia pensa al bene <strong>dei</strong> suoi figli, non pensa albene <strong>della</strong> società.20