La strada preistorica di Molleone e i bronzi di Coltone - Italia Nostra

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La strada preistorica di Molleone e i bronzi di ColtoneQuando Paolo Volponi, descrivendo"queste colline e questi scoscesi, i fossi ed icalanchi che da San Savino vanno verso Frontone o Monlione (Molleone) ol'Acquaviva, scrive "Questa lingua di terra mi pare vicina all'origine, accanto allagrande bocca", percepisce con la sensibilità dell’artista quella che è una grande veritàstorica. La strada di Molleone è infatti l’antica via che collegava Fossombrone aCagli in età preistorica e protostorica, prima che i Romani rendessero praticabile ilPasso del Furlo lungo il tracciato della via Flaminia nel 220 avanti Cristo, e prima del“forulum” che secondo altri studiosi era stato praticato dagli Umbri. Ne sono unatestimonianza tangibile i reperti bronzei del Tarugo e di Coltone (VI e IVsecolo a.C.)rinvenuti lungo questo tratturo che passava per la valletta dove ora c’è Isola di Fano epoi saliva per Molleone e quindi a Cagli si innestava alla ramificata pista protostorica(Francesco Vittorio Lombardi, Origine e significato del nome Catria, Urbania, 2003,p. 6). Siamo in presenza di un lembo di territorio di eccezionale valore storicoambientale,preservato da interventi antropici e tuttora individuabile nell’assetto e conla facies con cui era visibile dalle popolazioni protostoriche picene e umbre, e primaancora da quelle preistoriche che hanno lasciato gran numero di selci lavorate.Secondo Lombardi è proprio in questo tratto che ricompare più ravvicinata la doppiacatena sinuosa del Catria con la caratteristica forma a sella (etra - edra), da cuidiscende il suo nome, indicante la parte più alta della montagna, cioè la Cathedra,trasformatasi gradatamente in Cathrida e quindi in Catria, secondo l’uso dei popoliantichi di dare i nomi ai luoghi per similitudine con una caratteristica moltopronunciata dell’ambiente naturale. Questo arcaico passaggio fu per secoli distraordinaria importanza, perché percorrendo la valletta del Tarugo e risalendo versoMolleone era possibile aggirare lo sbarramento naturale del Furlo, e certamente lousarono i Bizantini durante la guerra greco-gotica, quando i Goti presidiavano PetraPertusa, rendendo inaccessibile il passo lungo la Flaminia. La presenza bizantina èperaltro testimoniata da alcune chiese con i nomi dei più celebri santi ravennati:Sant’Apollinare cui erano dedicati tre edifici di culto vicino a Molleone; San Vitale,

<strong>La</strong> <strong>strada</strong> <strong>preistorica</strong> <strong>di</strong> <strong>Molleone</strong> e i <strong>bronzi</strong> <strong>di</strong> <strong>Coltone</strong>Quando Paolo Volponi, descrivendo"queste colline e questi scoscesi, i fossi ed icalanchi che da San Savino vanno verso Frontone o Monlione (<strong>Molleone</strong>) ol'Acquaviva, scrive "Questa lingua <strong>di</strong> terra mi pare vicina all'origine, accanto allagrande bocca", percepisce con la sensibilità dell’artista quella che è una grande veritàstorica. <strong>La</strong> <strong>strada</strong> <strong>di</strong> <strong>Molleone</strong> è infatti l’antica via che collegava Fossombrone aCagli in età <strong>preistorica</strong> e protostorica, prima che i Romani rendessero praticabile ilPasso del Furlo lungo il tracciato della via Flaminia nel 220 avanti Cristo, e prima del“forulum” che secondo altri stu<strong>di</strong>osi era stato praticato dagli Umbri. Ne sono unatestimonianza tangibile i reperti bronzei del Tarugo e <strong>di</strong> <strong>Coltone</strong> (VI e IVsecolo a.C.)rinvenuti lungo questo tratturo che passava per la valletta dove ora c’è Isola <strong>di</strong> Fano epoi saliva per <strong>Molleone</strong> e quin<strong>di</strong> a Cagli si innestava alla ramificata pista protostorica(Francesco Vittorio Lombar<strong>di</strong>, Origine e significato del nome Catria, Urbania, 2003,p. 6). Siamo in presenza <strong>di</strong> un lembo <strong>di</strong> territorio <strong>di</strong> eccezionale valore storicoambientale,preservato da interventi antropici e tuttora in<strong>di</strong>viduabile nell’assetto e conla facies con cui era visibile dalle popolazioni protostoriche picene e umbre, e primaancora da quelle preistoriche che hanno lasciato gran numero <strong>di</strong> selci lavorate.Secondo Lombar<strong>di</strong> è proprio in questo tratto che ricompare più ravvicinata la doppiacatena sinuosa del Catria con la caratteristica forma a sella (etra - edra), da cui<strong>di</strong>scende il suo nome, in<strong>di</strong>cante la parte più alta della montagna, cioè la Cathedra,trasformatasi gradatamente in Cathrida e quin<strong>di</strong> in Catria, secondo l’uso dei popoliantichi <strong>di</strong> dare i nomi ai luoghi per similitu<strong>di</strong>ne con una caratteristica moltopronunciata dell’ambiente naturale. Questo arcaico passaggio fu per secoli <strong>di</strong>straor<strong>di</strong>naria importanza, perché percorrendo la valletta del Tarugo e risalendo verso<strong>Molleone</strong> era possibile aggirare lo sbarramento naturale del Furlo, e certamente lousarono i Bizantini durante la guerra greco-gotica, quando i Goti presi<strong>di</strong>avano PetraPertusa, rendendo inaccessibile il passo lungo la Flaminia. <strong>La</strong> presenza bizantina èperaltro testimoniata da alcune chiese con i nomi dei più celebri santi ravennati:Sant’Apollinare cui erano de<strong>di</strong>cati tre e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> culto vicino a <strong>Molleone</strong>; San Vitale,


San Severo e San Martino nel territorio cagliese e verso Frontone. In coerenza con ilcarattere essenzialmente non urbano della civiltà picena i luoghi <strong>di</strong> culto si trovavanospesso al <strong>di</strong> fuori dagli abitati e dai sepolcreti , spesso posti sulle sponde <strong>di</strong> fiumi otorrenti come a Isola <strong>di</strong> Fano, o in corrispondenza <strong>di</strong> sorgenti come a <strong>Coltone</strong> (oColtona), a breve <strong>di</strong>stanza dalla chiesa <strong>di</strong> Sant’Angelo in Maiano, dove nel 1885furono rinvenute nove statuette in bronzo umbro-picene e quattro pezzi <strong>di</strong> tipoetrusco-ellenizzante, due dei quali purtroppo perduti, databili fra il VI e il IV secoloa.C. e conservati nel Museo Archeologico Nazionale <strong>di</strong> Ancona. I bronzetti <strong>di</strong><strong>Coltone</strong> sono stati esposti alla mostra I Piceni, Popolo d’Europa, che ha evidenziatoi rapporti insospettabili fra le popolazioni dell’area del Meno e quelle della fasciaadriatica, grazie al ritrovamento del “Principe <strong>di</strong> Glauberg”, vicino a Francoforte,assimilabile ai manufatti piceni del VI secolo a.C., in particolare al “guerriero <strong>di</strong>Capestrano”. Il deposito votivo <strong>di</strong> <strong>Coltone</strong> che comprende nove bronzetti raffigurantiMarte in assetto <strong>di</strong> guerra e una <strong>di</strong>vinità combattente dal corpo longilineo eacconciatura etrusca, risentono, come quelli del Tarugo, della forte spintacolonizzatrice umbra in tutta l’area che poi sarebbe <strong>di</strong>venuto l’Ager Gallicus e degliintensi contatti con l’Etruria, soprattutto volsiniese e chiusina, e per questo sonoriconducibili ad ambito umbro-piceno (Franchi Dell’Orto, Piceni. Popolo d’Europa,Roma, 1999, pp. 86-90 e 233-238) forgiati in una fonderia locale. <strong>La</strong> serie dei <strong>bronzi</strong><strong>di</strong> <strong>Coltone</strong> si conclude con due splen<strong>di</strong>de teste galeate, una <strong>di</strong> Minerva (Testa <strong>di</strong>Cagli) e l’altra <strong>di</strong> guerriero, che Gabriele Baldelli ritiene o bottino <strong>di</strong> guerra o frutto<strong>di</strong> una committenza raffinata, forse modellate in ateliers etruschi fra Perugia e Faleriinel IV secolo a.C. ( G. Baldelli, L’arte pre-protostorica, in Arte e cultura nellaprovincia <strong>di</strong> Pesaro e Urbino, Vicenza, 1987, p. 10). <strong>La</strong> stipe votiva <strong>di</strong> Coltona eralocalizzata probabilmente nel punto <strong>di</strong> passaggio obbligato fra abitato e necropolicome fanno supporre i dati archeologici <strong>di</strong> altri più noti centri piceni nelle Marche, eriferibile ad un abitato che sorgeva secondo la tipologia degli inse<strong>di</strong>amenti preromanie romani posti sui terrazzi fluviali <strong>di</strong> fondovalle o lungo le strade che risalivano levallate, mentre sui crinali vi erano, al più, fattorie isolate o piccoli villaggi. Furono levicende della guerra greco-gotica (535-553) a determinare nel VI secolo d.C. lospostamento dei centri abitati sulla cima <strong>di</strong> alture, poste lungo i crinali, più facilmente


<strong>di</strong>fen<strong>di</strong>bili dagli assalti degli eserciti nemici. (Dall’Aglio, <strong>La</strong> scoperta <strong>di</strong> Suasa, inArcheologia Viva, Anno X, n. 21, luglio-Agosto 1991, p. 52)Con il sistema feudale, introdotto dai Franchi che avevano donato alla Chiesa, dopoaverli conquistati, i territori già occupati da Goti e Longobar<strong>di</strong>, sorgono nellecampagne intorno a Cagli oltre novanta castelli, e<strong>di</strong>ficati dalle famiglie dei feudatarilocali, tra cui Castel Doglione o Dulione che darà il nome alla località <strong>di</strong> <strong>Molleone</strong>.E<strong>di</strong>ficato nel 1200 è ora ridotto a pochi ruderi. Un documento dell’archivio capitolarecagliese (Perg. 22) attesta la sottomissione e il giuramento <strong>di</strong> fedeltà al Comune <strong>di</strong>Cagli nel 1235 <strong>di</strong> Armoleo <strong>di</strong> Sassone, conte <strong>di</strong> Doglione, Serra <strong>La</strong>ta e Monte Aiate.Fra le carte avellanite sono conservati circa cento documenti riguardanti il castello <strong>di</strong><strong>Molleone</strong>, che attendono una lettura completa. (Carlo Arseni, Cagli nella sua storia,Milano, 1968, p.54 e Immagine <strong>di</strong> Cagli, Cortona 1989, p. 39; Giuseppe Palazzini,Pievi e parrocchie del cagliese, Roma, 1968, pp. 9-11)Come si è detto siamo in presenza del più antico territorio abitato dei comuni <strong>di</strong>Cagli, Pergola e Frontone <strong>La</strong> <strong>strada</strong> <strong>di</strong> <strong>Molleone</strong> è infatti l’antica via che collegavaCagli a Fossombrone in età <strong>preistorica</strong> e protostorica, prima che i Romani rendesseropraticabile il Passo del Furlo lungo il tracciato della via Flaminia nel 220 avantiCristo, o prima del “forulum” che secondo altri stu<strong>di</strong>osi era stato praticato dagliUmbri. Ne sono una testimonianza tangibile i reperti bronzei del Tarugo e <strong>di</strong> <strong>Coltone</strong>(VI e IVsecolo a.C.) rinvenuti lungo questo tratturo che passava per la valletta doveora c’è Isola <strong>di</strong> Fano e poi saliva per <strong>Molleone</strong> e quin<strong>di</strong> a Cagli si innestava allaramificata pista protostorica, un territorio tuttora in<strong>di</strong>viduabile nell’assetto e con lafacies con cui era visibile dalle popolazioni protostoriche picene e umbre, e primaancora da quelle preistoriche che hanno lasciato gran numero <strong>di</strong> selci lavorate. <strong>La</strong><strong>di</strong>versa tipologia e datazione dei reperti bronzei della stipe <strong>di</strong> <strong>Coltone</strong>, nei pressi dellachiesa <strong>di</strong> Sant’Angelo in Maiano, attesta una continuità del luogo <strong>di</strong> culto e unase<strong>di</strong>mentazione <strong>di</strong> manufatti dal VI al IV secolo a.C., dalle stilizzate figure <strong>di</strong> Martecombattente <strong>di</strong> impronta umbro-picena, alla splen<strong>di</strong>da testa galeata <strong>di</strong> probabileprovenienza etrusca. In pratica si è continuato per almeno due secoli a portare offertevotive ed è accertato che esistesse una fonderia in loco, dunque anche un nucleo


abitato che sorgeva secondo la tipologia degli inse<strong>di</strong>amenti preromani e romani suiterrazzi fluviali <strong>di</strong> fondovalle o lungo le strade che risalivano le vallate, mentre suicrinali vi erano, al più, fattorie isolate o piccoli villaggi. Furono le vicende dellaguerra greco-gotica (535-553) a determinare nel VI secolo d.C. lo spostamento deicentri abitati sulla cima <strong>di</strong> alture, poste lungo i crinali, più facilmente <strong>di</strong>fen<strong>di</strong>bili dagliassalti degli eserciti nemici. <strong>La</strong> presenza bizantina è peraltro testimoniata da alcunechiese con i nomi dei più celebri santi ravennati: Sant’Apollinare cui era de<strong>di</strong>cata lapieve <strong>di</strong> <strong>Molleone</strong>; San Vitale, San Severo e San Martino nel territorio cagliese everso Frontone, quando anche Cagli faceva parte della decapoli che includeva oltrealle città costiere della pentapoli i centri dell’entroterra Cagli, Iesi, Fossombrone eUrbino, costituiti sotto la protezione dell’Esarcato <strong>di</strong> Ravenna <strong>di</strong>pendente daBisanzio.Queste straor<strong>di</strong>narie emergenze storico ambientali sono potenziate da altri caratteri <strong>di</strong>unitarietà che sono tuttora leggibili sul territorio: l’integrazione nel sistema <strong>di</strong>fensivodel ducato <strong>di</strong> Urbino con tre manufatti, <strong>di</strong> cui due superstiti, riconducibili a Francesco<strong>di</strong> Giorgio Martini che intervenne su incarico <strong>di</strong> Federico da Montefeltro sulla rocca<strong>di</strong> Fenigli, <strong>di</strong> cui oggi restano solo i ruderi <strong>di</strong> bianche pareti e fondamenta affiorantiqua e la, sulla Torre <strong>di</strong> Acquaviva, che fu completamente ricostruita più altasull’antico impianto me<strong>di</strong>evale, e sul castello <strong>di</strong> Frontone che l’architetto ducalefortificò con un puntale triangolare verso nord, analogo al corpo allungato e protesosulla roccia della fortificazione martiniana <strong>di</strong> San Leo.Altro carattere unitario l’influenza dell’abbazia <strong>di</strong> S. Croce <strong>di</strong> Fonte Avellana cheebbe il dominio <strong>di</strong>retto sul castello <strong>di</strong> Frontone fino al XIII secolo, sulla chiesa <strong>di</strong> S.Maria Assunta, sulla pieve <strong>di</strong> San Savino e sul castello <strong>di</strong> Fenigli <strong>di</strong> cui nel 1085 fuconfermata la donazione <strong>di</strong> Ranuzio all’ abbazia Avellanita.Questo territorio nella sua combinazione <strong>di</strong> fattori naturali e culturali sembraconservare l’assetto della società precomunale con le numerose “curtes” che siestendevano nelle valli, in continuità con gli abitati piceni e umbri e poi romani, inaperta campagna, e in seguito alla guerra greco-gotica, raggruppate in piccoli nucleiattorno ai castelli che si ergevano in punti strategici e in posizione dominante; e conle pievi, le abbazie, le chiese parrocchiali e gli oratori, ma anche le colline, i corsi


d’acqua, i torrenti e le numerose sorgenti, sovrastati dalla maestosa catena del monteCatria, con l’Acuto il Nerone, il Petrano e i monti della Strega, <strong>di</strong>sposti come a <strong>di</strong>fesa<strong>di</strong> queste valli, costituisce una unità storico-ambientale <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria omogeneitàed espressività che la presenza umana ha fino ad ora arricchito, rendendo leggibilel’evoluzione del suo percorso storico. E che merita pertanto <strong>di</strong> essere salvaguardata,non ingessata certo, ma protetta da inse<strong>di</strong>amenti industriali, sbancamenti <strong>di</strong> terreni ealterazioni irreversibili del paesaggio, mentre vanno invece favorite le attivitàagricole che hanno fino ad oggi consentito la conservazione dell’assetto <strong>di</strong> questostraor<strong>di</strong>nario territorio.

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