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Appunti di Topologia Simpliciale - Matematica e Applicazioni

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TOPOLOGIA SIMPLICIALERenzo A. Piccinini


Capitolo 1Concetti Fondamentali1.1 <strong>Topologia</strong>In questa sezione stu<strong>di</strong>eremo quel minimo <strong>di</strong> topologia generale necessarioper lo svolgimento del corso.1.1.1 Spazi topologiciSia X un insieme dato. Una topologia per X è un insieme F X <strong>di</strong> sottoinsiemi<strong>di</strong> X con le proprietà seguenti:A1 ∅, X ∈ F X ;A2 se {U α |α ∈ J} è un insieme arbitrario <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> F X , allora∪ α∈J U α ∈ F X ;A3 se {U α |α = 1, ..., n} è un insieme arbitrario finito <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> F X ,allora∩ n α=1U α ∈ F X .3


4 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALIUn insieme X con una topologia F X è anche detto spazio topologico. Glielementi <strong>di</strong> F X sono gli aperti <strong>di</strong> X; dunque gli assiomi A1, A2 e A3 ci <strong>di</strong>conorispettivamente che ∅, X sono aperti, che una unione arbitraria aperti è unaperto e che una intersezione finita <strong>di</strong> aperti è un aperto.Il complementare <strong>di</strong> un aperto è un chiuso; cosi, ∅ e X sono al tempostesso aperti e chiusi. La topologia F X può anche essere stu<strong>di</strong>ata tramite ichiusi: sia C X l’insieme <strong>di</strong> tutti i chiusi <strong>di</strong> X; la definizione <strong>di</strong> insieme chiuso<strong>di</strong>ce cheC ∈ C X ⇐⇒ X \ C ∈ F X .Inoltre, l’insieme C X è caratterizzato dalle seguenti proprietà:C1 ∅, X ∈ C X ;C2 se {U α |α ∈ J} è un insieme arbitrario <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> C X , allora∩ α∈J U α ∈ C X(in altri termini, una intersezione arbitraria <strong>di</strong> chiusi è un chiuso);C3 se {U α |α = 1, ..., n} è un insieme arbitrario finito <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> C X ,allora∪ n α=1U α ∈ C X(in altri termini, una unione finita <strong>di</strong> chiusi è un chiuso).La chiusura <strong>di</strong> un sottoinsieme Y ⊂ X – notazione: Y – è l’intersezione<strong>di</strong> tutti i chiusi <strong>di</strong> X che contengono Y ; chiaramente Y ∈ C X .Due topologie vengono subito a mente per un insieme X:1. la topologia <strong>di</strong>screta che ha per aperti l’insieme F d = P(X) <strong>di</strong> tutti isottoinsiemi <strong>di</strong> X, e


1.1. TOPOLOGIA 52. la topologia banale con F b = {∅, X}.Chiaramente F d ⊃ F b e questo ci da l’idea <strong>di</strong> paragonare due topologiesul medesimo insieme: <strong>di</strong>remo che la topologia F ′ è più fine della topologiaF se F ′ ⊃ F; dunque, la topologia <strong>di</strong>screta <strong>di</strong> X è più fine <strong>di</strong> quella banale.Un insieme B <strong>di</strong> sottoinsiemi <strong>di</strong> X è una base <strong>di</strong> una topologia o una base<strong>di</strong> aperti per X se valgono le proprietà seguenti:B1 (∀x ∈ X)(∃B ∈ B) x ∈ B ;B2 se B 1 , B 2 ∈ B e B 1 ∩ B 2 ≠ ∅, allora(∀x ∈ B 1 ∩ B 2 )(∃B 3 ∈ B) x ∈ B 3 ⊂ B 1 ∩ B 2 .Una base B definisce automaticamente una topologia F per X nel modoseguente:U ∈ F ⇐⇒ (∀x ∈ U)(∃B ∈ B) x ∈ B ⊂ U .È necessario <strong>di</strong>mostrare che l’insieme F cosi definito sod<strong>di</strong>sfa le proprietàdegli insiemi aperti. La con<strong>di</strong>zione [A1] è sod<strong>di</strong>sfatta. Sia {U α |α ∈ J} uninsieme <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> F; vogliamo <strong>di</strong>mostrare che U = ∪ α∈J U α ∈ F. Infatti,(∀x ∈ U)(∃α ∈ J) x ∈ U αe dunque, esiste un B ∈ B tale che x ∈ B ⊂ U α ⊂ U ossia, [A2] vale.Per <strong>di</strong>mostrare [A3] partiamo da due elementi U 1 , U 2 ∈ F. Se U 1 ∩U 2 = ∅,U 1 ∩ U 2 ∈ F. Altrimenti,(∀x ∈ U 1 ∩ U 2 ) x ∈ U 1 e x ∈ U 2e perciò,(∃B 1 ∈ B) x ∈ B 1 ⊂ U 1


6 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI(∃B 2 ∈ B) x ∈ B 2 ⊂ U 2 ;siccome B è una base, esiste un elemento B 3 ∈ B tale che x ∈ B 3 ⊂ B 1 ∩ B 2 .Conclu<strong>di</strong>amo chex ∈ B 3 ⊂ U 1 ∩ U 2e dunque U 1 ∩ U 2 ∈ F. Supponiamo che [A3] sia valida per una intersezione<strong>di</strong> n − 1 elementi <strong>di</strong> F. Siano U 1 , U 2 , . . . , U n elementi <strong>di</strong> F; scriviamo∩ n i=1U i = (∩ n−1i=1 U i ) ∩ U ne osserivamo che ∩ n−1i=1 U i ∈ F per l’ipotesi <strong>di</strong> induzione; allora, l’intersezione<strong>di</strong> tutti gli elementi U i dati appartiene a F per il caso (<strong>di</strong>mostrato) <strong>di</strong> dueelementi.Si osservi che tutti gli elementi <strong>di</strong> una base sono elementi della topologiada essa definita (cioè, gli elementi <strong>di</strong> una base sono automaticamente aperti).Come esempi <strong>di</strong> basi <strong>di</strong>amo i seguenti. Sia IR n lo spazio euclideo n-<strong>di</strong>mensionale. Per qualsiasi x ∈ IR n e qualsiasi numero reale ε > 0, sia◦D n ε (x) = {y ∈ IR n |d(x, y) < ε}il <strong>di</strong>sco aperto n-<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> centro x e raggio ε. L’insiemeB = { ◦ D n ε (x)|x ∈ IR n , ε > 0}è una base per la topologia euclidea <strong>di</strong> IR n . Per un insieme XB = {{x} | x ∈ X}è una base per la topologia <strong>di</strong>screta <strong>di</strong> X.La topologia F definita da una base B può essere descritta in un modo<strong>di</strong>verso:


1.1. TOPOLOGIA 7Lemma 1.1.1 Siano X un insieme, B una base <strong>di</strong> aperti <strong>di</strong> X e F la topologiadefinita da B. Allora, F coincide con l’insieme <strong>di</strong> tutte le unioni <strong>di</strong>elementi <strong>di</strong> B.Dimostrazione – Sia dato un insieme arbitrario {U α |α ∈ J , U α ∈ B};siccome tutti gli elementi <strong>di</strong> B ⊂ F e F è una topologia, l’unione ∪ α∈J U α ∈ F.Reciprocamente, sia dato U ∈ F. Allora,(∀x ∈ U)(∃B x ∈ B) x ∈ B x ⊂ U .Dunque U = ∪ x∈U B x ossia, U è una unione <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> B.✷Ora veniamo al concetto <strong>di</strong> sottobase. Un insieme S <strong>di</strong> sottoinsiemi <strong>di</strong>X è una sottobase <strong>di</strong> X se l’unione <strong>di</strong> tutti gli elementi <strong>di</strong> S coincide con X.Il risultato successivo mostra l’interesse <strong>di</strong> lavorare con sottobasi.Teorema 1.1.2 Sia S una sottobase <strong>di</strong> un insieme X. Allora, l’insieme F <strong>di</strong>tutte le unioni <strong>di</strong> tutte le intersezioni finite <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> S è una topologia.Dimostrazione – È sufficiente <strong>di</strong>mostrare che l’insieme B <strong>di</strong> tutte le intersezionifinite <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> S è una base e poi considerare il Lemma1.1.1.[B1] – (∀x ∈ X)(∃B ∈ S) x ∈ B; ma B ∈ B perché tutti gli elementi <strong>di</strong>S are elementi <strong>di</strong> B.[B2] – Siano dati B 1 = ∩ n i=1Ci 1 e B 2 = ∩ m j=1Cj 2 in B; la proprietà segueperchéB 1 ∩ B 2 = (∩ n i=1Ci 1 ) ∩ (∩ m j=1Cj 2 ) ∈ B .✷


8 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALIPer esempio, l’insieme {{x} | x ∈ X} è una sottobase per la topologia<strong>di</strong>screta <strong>di</strong> X.Siano ora X e Y due spazi topologici con le topologie F X e F Y rispettivamente.La topologia prodotto dell’insieme X × Y è quella definita dallabaseB = {U × V |U ∈ F X , V ∈ F Y } .Sia X uno spazio topologico con topologia F X . Un sottoinsieme A <strong>di</strong> Xere<strong>di</strong>ta canonicamente una topologia da F X : la topologia indottaF A = {U ∩ A|U ∈ F X } .Lemma 1.1.3 Siano dati uno spazio topologico X, un insieme Y e unasuriezione q : X → Y . L’insiemeF Y = {U ⊂ Y |q −1 (U) ∈ F X }è una topologia.Dimostrazione –A1 : q −1 (∅) = ∅ ∈ F X , q −1 (X) = X ∈ F X .A2 : vale perché essendo q suriettiva,q −1 (∪ α∈J U α ) = ∪ α∈J q −1 (U α ) .A3 : come per [A2],q −1 (∩ n i=1U i ) = ∩ n i=1q −1 (U i ) .


1.1. TOPOLOGIA 9✷La topologia F Y cosi definita è detta topologia quoziente <strong>di</strong> Y definita da q.Si osservi che l’insieme Y potrebbe essere dato da una partizione <strong>di</strong> X inclassi <strong>di</strong>sgiunte la cui unione è appunto X. A seguito <strong>di</strong>amo due esempi perchiarire questo fatto.(I) Sia X = I × I (ricor<strong>di</strong>amo che I è l’intervallo unitario [0, 1]) conla topologia prodotto. Ora pren<strong>di</strong>amo l’insieme X ∗ i cui elementi sono gliinsiemi dati come segue:1. {(x, y)}, per 0 < x < 1 , 0 < y < 1 ;2. {(x, 0), (x, 1)}, per 0 < x < 1 ;3. {(0, y), (1, y)}, per 0 < y < 1 ;4. {(0, 0), (1, 0), (1, 1), (0, 1)} .L’insieme X ∗ è una partizione <strong>di</strong> X; la funzione q : X → X ∗ che porta ogni(x, y) ∈ X × X nella sua classe è una suriezione. Lo spazio topologico X ∗con la topologia quoziente è detto toro bi<strong>di</strong>mensionale T .(II) Sia D 2 il <strong>di</strong>sco unitario bi-<strong>di</strong>mensionaleD 2 = {(x, y) ∈ IR 2 |x 2 + y 2 ≥ 1}e sia X ∗ l’insieme <strong>di</strong> elementi1. {(x, y)} per i punti (x, y) ∈ D 2 tali che x 2 + y 2 < 1 ;2. {(x, y), (−x, −y)}, per i punti (x, y) ∈ D 2 tali che x 2 + y 2 = 1 ;lo spazio topologico X ∗ con la topologia quoziente data dall’epimorfismoq : D 2 → X ∗ è il piano proiettivo reale IRP 2 .(III) Pren<strong>di</strong>amo nuovamente il <strong>di</strong>sco unitario D 2 e sia Y ∗ l’insieme con iseguenti elementi:


10 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI1. {(x, y)} per i punti (x, y) ∈ D 2 tali che x 2 + y 2 < 1 ;2. {(x, y), (x, −y)}, per i punti (x, y) ∈ D 2 tali che x 2 + y 2 = 1 ;Lo spazio Y ∗ con la topologia quoziente definita da q : D 2 → Y ∗ è la sferabi<strong>di</strong>mensionale S 2 . Si osservi che S 2 ha una topologia che proviene dallatopologia euclidea <strong>di</strong> IR 3 ; lasciamo al lettore il compito <strong>di</strong> cominciare a pensarequale potrebbe essere il legame tra la topologia quoziente <strong>di</strong> S 2 e quellaere<strong>di</strong>tata da IR 3 .Il lettore avrà intuito che possiamo descrivere la situazione anterioretramite una relazione <strong>di</strong> equivalenza: sia ≡ una relazione <strong>di</strong> equivalenzain uno spazio topologico X; questa definisce una suriezioneq : X → X/ ≡che determina la topologia quoziente in X/ ≡.Le funzioni importanti fra spazi topologici sono le funzioni continue la cuidefinizione <strong>di</strong>amo in seguito. Siano X, Y spazi topologici con le topologieF X e F Y rispettivamente. Una funzione f : X → Y è detta continua se(∀U ∈ F Y ) f −1 (U) ∈ F X .Se la funzione f è biettiva (iniettiva e suriettiva) allora esiste una funzioneinversa f −1 : Y → X tale che f −1 f = 1 X (la funzione identità da X su sestesso) e ff −1 = 1 Y ; in questo caso, se f −1 è anch’essa continua, si <strong>di</strong>ce che fè un omeomorfismo <strong>di</strong> X. In pratica non facciamo <strong>di</strong>stinzione tra due spaziomeomorfi.Sia q : X → Y una suriezione <strong>di</strong> uno spazio topologico X in uno spaziotopologico Y con la topologia quoziente dtereminata da q. Allora, la funzioneq è continua.Il risultato seguente collega omeomorfismi e spazi quozienti.


1.1. TOPOLOGIA 11Lemma 1.1.4 Sia f : X → Y un omeomorfismo e siano ≡ X , ≡ Y rispettivamenterelazioni <strong>di</strong> equivalenza in X e Y . Allora X/ ≡ X e Y/ ≡ Y sonoomeomorfi purchéx ≡ X x ′ ⇐⇒ f(x) ≡ Y f(x ′ ) .Dimostrazione – Pren<strong>di</strong>amo il <strong>di</strong>agramma commutativo (cioè, F q X = q Y f)q X>X X/ ≡XfF∨∨Y > Y/ ≡ Yq Ycon F definito come segue:(∀[x] ∈ X/ ≡ X ) F ([x]) := [f(x)] .La F è una funzione: se x ≡ X x ′ , allora f(x) ≡ Y f(x ′ ) e dunque tuttala classe [x] si trasforma in modo univoco nella classe [f(x)]. Siccome lafunzione composta q Y f è continua, cosìaccade anche per F q X ; ma lo spazioX/ ≡ X ha la topologia quoziente e dunque (vedere e fare l’esercizio 5) F ècontinua.A questo punto consideriamo la funzione inversa f −1 : Y → X e, comeper f, costruiamo la relazioneF ′ : Y/ ≡ Y → X/ ≡ X , F ′ ([y]) := [f −1 (y)]per qualsiasi [y] ∈ Y/ ≡ Y . Anche qui abbiamo una funzione: supponiamoche y ≡ Y y ′ ; allora esistono (e sono unici) x, x ′ ∈ X tali che y = f(x) ey ′ = f(x ′ ); oray ≡ Y y ′ =⇒ f(x) ≡ Y f(x ′ ) =⇒ x ≡ X x ′


12 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI=⇒ f −1 (y) ≡ X f −1 (y ′ ) =⇒ [f −1 (y)] = [f −1 (y ′ )] .La funzione F ′ appena definita è anch’essa continua eF ′ F = 1 Y/≡Y, F F ′ = 1 X/≡Xossia, F è un omeomorfismo.✷1.1.2 Spazi compattiUno spazio toplogico X è detto compatto se qualsiasi ricoprimento aperto <strong>di</strong>X ammette un sottoricoprimento finito; in altre parole, dato arbitrariamenteun insieme <strong>di</strong> aperti <strong>di</strong> XU = {U α |U α ∈ F X }tale che ∪ α U α = X, allora esiste un numero finito <strong>di</strong> questi aperti, <strong>di</strong>ciamoU 1 , U 2 , . . . , U n tale cheU 1 ∪ U 2 ∪ . . . ∪ U n = X .Il lettore può <strong>di</strong>mostrare facilmente che lo spazioX = {0} ∪ {1/n|n ∈ IN}con la topologia indotta dalla topologia euclidea <strong>di</strong> IR è compatto; d’altrocanto lo spazio IR non è compatto: infatti, il ricoprimento aperto <strong>di</strong> IRA = {(n, n + 2)|n ∈ Z}non ammette sottoricoprimenti finiti!Il risultato seguente <strong>di</strong> facile <strong>di</strong>mostrazione si <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> grande utilità.


1.1. TOPOLOGIA 13Lemma 1.1.5 Sia X uno spazio topologico. Un sottospazio Y ⊂ X è compatto⇐⇒ qualsiasi ricoprimento aperto <strong>di</strong> Y per aperti <strong>di</strong> X ammette unsottoricoprimento finito <strong>di</strong> Y .Teorema 1.1.6 Qualsiasi sottospazio chiuso <strong>di</strong> uno spazio compatto è compatto.Dimostrazione – Sia Y un sottospazio chiuso <strong>di</strong> uno spazio compatto X.Sia A un ricoprimento <strong>di</strong> Y per aperti <strong>di</strong> X; allora l’insiemeB = A ∪ (X \ Y )è un ricoprimento aperto <strong>di</strong> X. Siccome X è compatto, esiste un sottoinsiemefinito C <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> B che ricopre X. Se X \ Y ∈ C, l’insieme C \ (X \ Y ) èun sottoinsieme finito <strong>di</strong> A che ricopre Y ; altrimenti, l’insieme C fa al nostrocaso.✷Per il prossimo risultato dobbiamo introdurre un tipo speciale <strong>di</strong> spaziotopologico. Si <strong>di</strong>ce che uno spazio topologico X è Hausdorff se(∀x, y ∈ X|x ≠ y)(∃U x , U y ∈ F X ) x ∈ U x , y ∈ U y e U x ∩ U y = ∅ .È chiaro che lo spazio euclideo IR n è Hausdorff. Citiamo il seguente esempio<strong>di</strong> uno spazio non-Hausdorff. Sia X il sottoinsieme <strong>di</strong> IR 2 dato dall’unionedella retta reale IR (asse degli x) e dal punto (0, 1); come insieme F X degliaperti <strong>di</strong> X pren<strong>di</strong>amo l’insieme vuoto ∅ e tutti i sottoinsiemi <strong>di</strong> X che contengano(0, 1) (il lettore deve verificare che F X è una topologia su X). Lospazio topologico X definito non è Hausdorff perché due aperti qualsiasi <strong>di</strong>X hanno una intersezione non-vuota!


14 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALITeorema 1.1.7 Un sottospazio compatto <strong>di</strong> uno spazio Hausdorff è chiuso.Dimostrazione – Sia Y un sottospazio compatto <strong>di</strong> uno spazio <strong>di</strong> HausdorffX. Si deve <strong>di</strong>mostrare che X \ Y è aperto. A tal fine fissiamo un elementox o ∈ X \ Y e per ogni y ∈ Y , pren<strong>di</strong>amo due aperti U y , V y ∈ F X tali chey ∈ U y , x o ∈ V y , U y ∩ V y = ∅ .L’insiemeU = {U y |y ∈ Y }è un ricoprimento <strong>di</strong> Y per aperti <strong>di</strong> X. Siccome Y è compatto, esiste uncerto numero finito <strong>di</strong> aperti in U, <strong>di</strong>ciamo U 1 , . . . , U n tale cheY ⊂ ∪ n i=1U i .Ora è facile stabilire che gli insiemi aperti U = ∪ n i=1U i e V = ∩ n i=1V i non siintersecano e perciò, x o ∈ V ⊂ X \ Y . Questo vale per qualsiasi punto x o fissatoin X \ Y e dunque, l’insieme X \ Y è aperto, come volevamo <strong>di</strong>mostrare.✷Teorema 1.1.8 Sia f : X → Y una funzione continua; se X è compatto,f(X) è compatto.Dimostrazione – Sia A = {U α |α ∈ J} un ricoprimento <strong>di</strong> f(X) per aperti<strong>di</strong> Y . L’insiemeB = {f −1 (U α ∈ F X |α ∈ J}è un ricoprimento aperto <strong>di</strong> X e perciò ammette un sottoricoprimento finito,<strong>di</strong>ciamo{f −1 (U 1 ), . . . , f −1 (U n )} .


1.1. TOPOLOGIA 15Allora {U 1 , . . . , U n } ricopre f(X).✷In particolare, se X è compatto qualsiasi spazio Y che gli sia omeomorfo èanch’esso compatto.È interessante osservare che la proprietà <strong>di</strong> compattezza <strong>di</strong> uno spazio èmantenuta per continuità ma una funzione continua in generale non mantienela proprietà <strong>di</strong> Hausdorff; infatti vale il seguenteTeorema 1.1.9 Sia q : X → Y una suriezione con X compatto, Hausdorffe Y con la topologia quoziente relativa a q. Inoltre, supponiamo che la mappaq porti un chiuso arbitrario <strong>di</strong> X in un chiuso <strong>di</strong> Y . 1 Allora, lo spazio Y èHausdorff.Dimostrazione – Siano y 1 e y 2 due punti <strong>di</strong>stinti <strong>di</strong> Y . Siccome q è unepimorfismo, esistono due punti <strong>di</strong>stinti x 1 , x 2 ∈ X tali cheq(x 1 ) = y 1 e q(x 2 ) = y 2 ;inoltre, essendo q chiusa, {y 1 } e {y 2 } sono chiusi in Y . Dunque, q −1 (y 1 ) eq −1 (y 2 ) sono due sottoinsiemi chiusi e <strong>di</strong>sgiunti <strong>di</strong> X. Per ogni copia(x, a) ∈ q −1 (y 1 ) × q −1 (y 2 )siano U x,a e V x,a due aperti <strong>di</strong>sgiunti <strong>di</strong> X che contengono i punti x e arispettivamente. Poiché q −1 (y 2 ) è compatto (ve<strong>di</strong> Teorema 1.1.6) esiste unsottoricoprimento finitoA = {V x,a |a ∈ A finito }del ricoprimento {V x,a |a ∈ q −1 (y 2 )} <strong>di</strong> q −1 (y 2 ); in questo modo otteniamodue aperti <strong>di</strong>sgiuntiU x = ∩ a∈A U x,a e V x = ∪ a∈A V x,a1 Una funzione f che porta chiusi in chiusi è detta chiusa.


16 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALIcontenenti x e q −1 (y 2 ) rispettivamente. SiaB = {U x |x ∈ B finito }un sottoricoprimento finito <strong>di</strong> {U x |x ∈ q −1 (y 1 )} (esiste perché q −1 (y 1 ) ècompatto); gli insiemiU = ∪ x∈B U x e V = ∩ x∈B V xsono aperti <strong>di</strong>sgiunti <strong>di</strong> X che contengono rispettivamente q −1 (y 1 ) e q −1 (y 2 ).Gli insiemi W 1 = Y \ q(X \ U) e W 2 = Y \ (X \ V ) sono aperti <strong>di</strong> Y (q èuna mappa chiusa) contenenti rispettivamente y 1 e y 2 . Vogliamo <strong>di</strong>mostrarecheW 1 ∩ W 2 = ∅ .Supponiamo che esista un punto y ∈ W 1 ∩ W 2 .y ∉ q(X \ V ) ossia,Allora, y ∉ q(X \ U) eq −1 (y) ∩ (X \ U) = ∅ e q −1 (y) ∩ (X \ V ) = ∅ ;quin<strong>di</strong> q −1 (y) ⊂ U ∪ V = ∅, ciò che è assurdo!✷Il prossimo teorema ci da un primo esempio concreto <strong>di</strong> spazio compatto.Teorema 1.1.10 L’intervallo unitario I è compatto.Dimostrazione – Sia U un ricoprimento <strong>di</strong> I per aperti <strong>di</strong> IR (vedere Lemma1.1.5). Per prorpietà della topologia euclidea <strong>di</strong> IR possiamo <strong>di</strong>re che(∀x ∈ I)(∃δ(x) > 0)(∃U(x) ∈ U) (x − δ(x), x + δ(x)) ⊂ U(x) ;l’insieme <strong>di</strong> intervalli apertiI = {I(x) = (x − δ(x), x + δ(x))|x ∈ I}


1.1. TOPOLOGIA 17ricopre I; inoltre, se I ammette un sottoricoprimento finito <strong>di</strong> I, anche Uammetterà un sottoricoprimento finito <strong>di</strong> I: infatti, seI(x 1 ) ∪ I(x 2 ) ∪ . . . ∪ I(x n ) = Iallora ancheU(x 1 ) ∪ U(x 2 ) ∪ . . . ∪ U(x n ) = I ;dunque, possiamo partire dall’ipotesi che il ricoprimento aperto <strong>di</strong> partenzasia appunto I. Ora pren<strong>di</strong>amo l’insieme {0, 1} con la topologia <strong>di</strong>screta e lafunzionef : I → {0, 1}definita dalle seguenti con<strong>di</strong>zioni:1. f(x) = 0 se l’intervallo chiuso [0, x] è ricoperto da un numero finito <strong>di</strong>elementi <strong>di</strong> I ;2. altrimenti, f(x) = 1 .Dalla definizione <strong>di</strong> f otteniamo che f(0) = 0. Vogliamo <strong>di</strong>mostrare che f ècostante in ogni aperto <strong>di</strong> I. Infatti, sia I(x) ∈ I e supponiamo che f(x) = 0;questo significa che [0, x] è ricoperto da un insieme finito C <strong>di</strong> aperti <strong>di</strong> I eperciò, per qualsiasi y ∈ I(x), l’intervallo [0, y] è ricoperto da C ∪ I(x) ossia,f(y) = 0. Si osservi che se f(x) = 1, allora f(I(x)) = 1. Dunque, f ècostante negli aperti <strong>di</strong> I e perciò, è una funzione continua: infatti, gli uniciaperti <strong>di</strong> {0, 1} sono ∅ , {0, 1}, {0} e {1}; ma1. f −1 (∅) = ∅ ∈ F I ,2. f −1 ({0, 1}) = I ∈ F I ,3. f −1 ({0}) = {∪I(x)|f(x) = 0} ∈ F I ,


18 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI4. f −1 ({1}) = {∪I(x)|f(x) = 1} ∈ F I .Ora pren<strong>di</strong>amo in prestito la definizione <strong>di</strong> spazio connesso per archi.Uno spazio X è connesso per archi se, per qualsiasi coppia <strong>di</strong> punti arbitrari<strong>di</strong>stinti x e y <strong>di</strong> X, esiste una funzione continua g : I → X tale che g(0) = x eg(1) = y. Per esempio, I è connesso per archi ma lo spazio <strong>di</strong>screto {0, 1} nonè connesso per archi. La cosa che ci interessa sugli spazi connessi per arco èche l’immagine continua <strong>di</strong> uno spazio connesso per archi è necessariamenteconnesso per archi, come si vede facilmente.Ora torniamo al nostro teorema. Siccome la funzione f : I → {0, 1}è continua, l’immagine <strong>di</strong> I per f deve essere connessa per archi; siccomef(0) = 0, la funzione f definita prima deve essere costantemente uguale azero! Dunque, I è ricoperto da un numero finito <strong>di</strong> aperti <strong>di</strong> I. ✷Vogliamo <strong>di</strong>mostrare che un prodotto finito <strong>di</strong> spazi compatti è uno spaziocompatto; questo risultato sarà ottenuto come conseguenza imme<strong>di</strong>ata delseguente teorema.Teorema 1.1.11 Siano B e C sotospazi compatti degli spazi topologici X eY rispettivamente. SiaA = {A α ∈ F X×Y |α ∈ J}un ricoprimento <strong>di</strong> B × C. Allora(∃U ∈ F X )(∃V ∈ F Y ) B × C ⊂ U × Ve U × V è ricoperto da un numero finito <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> A .


1.1. TOPOLOGIA 19Dimostrazione – Sia x ∈ B preso arbitrariamente e consideriamo {x} × Y .Siccome la topologia F X×Y è defita da una baseB = {U × V |U ∈ F X , V ∈ F Y }conclu<strong>di</strong>amo che(∀y ∈ C)(∃U y ∈ F X )(∃V y ∈ F Y ) x ∈ U y , y ∈ V ytali che(∃A α(y) ∈ A) U y × V y ⊂ A α(y) .Ora l’insieme C = {V y |y ∈ C} è un ricoprimento <strong>di</strong> C per aperti <strong>di</strong> Y esiccome C è compatto, C ha un sottoricoprimento finito <strong>di</strong> C; siaC ⊂ V x = ∪ n i=1V i .D’altro canto, U x = ∩ n i=1U i ∈ F X contiene x e{x} × C ⊂ U x × V x ⊂ ∪ n i+1A i .Ora lasciamo x libero <strong>di</strong> percorrere tutto lo spazio B. L’insieme D ={U x |x ∈ B} è un ricoprimento <strong>di</strong> B per aperti <strong>di</strong> X; essendo B compatto,esiste un numero finito <strong>di</strong> tali aperti, <strong>di</strong>ciamo U x 1 , . . . , U x r che ricoprono B.Cosi pren<strong>di</strong>amoU = ∪ r i=1U x ie V = ∩ r i=1V xie abbiamo subito cheB × C ⊂ U × Ve U × V è ricoperto da un numero finito <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> A.✷Corollario 1.1.12 Siano X 1 , . . . , X n spazi compatti; allora X 1 × . . . × X n ècompatto.


20 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALIDimostrazione – Nel teorema precedente facciamo B = X = X 1 e C = Y =X 2 per ottenere che X 1 × X 2 è compatto. Poi proce<strong>di</strong>amo per induzione. ✷Corollario 1.1.13 Siano B e C sottospazi compatti degli spazi topologici Xe Y rispettivamente. Sia W ∈ F X×Y tale che B × C ⊂ W . Allora(∃U ∈ F X )(∃V ∈ F Y ) B × C ⊂ U × V ⊂ W .Dimostrazione – Ci basta supporre in 1.1.11 che A = {W }.✷Corollario 1.1.14 Sia X Hausdorff e siano B e C sottospazi compatti <strong>di</strong>sgiunti<strong>di</strong> X. Allora(∃U, V ∈ F X ) B ⊂ U , C ⊂ V e U ∩ V = ∅ .Dimostrazione – Cominciamo facendo una osservazione sugli spazi Hausdorffla cui <strong>di</strong>mostrazione è lasciata come esercizio. Sia∆X = {(x, x) ∈ X × X}la <strong>di</strong>agonale <strong>di</strong> X × X. Allora, X è Hausdorff se, e soltanto se, ∆X èun chiuso <strong>di</strong> X × X. Allora nel corollario precedente facciamo X = Ye W = (X × X) \ ∆X. L’ipotesi B ∩ C = ∅ ha come conseguenza cheB × C ⊂ W ; il Corollario 1.1.13 ci da la conclusione desiderata. ✷Corollario 1.1.15 Sia X un compatto Hausdorff. Allora,(∀x ∈ U ∈ F X )(∃V ∈ F X ) x ∈ V ⊂ V ⊂ U


1.1. TOPOLOGIA 21con V compatto.Dimostrazione – Siccome {x} e X \ U sono chiusi <strong>di</strong>sgiunti <strong>di</strong> X e dunque,per il Teorema 1.1.6 sono compatti, dal corollario anteriore conclu<strong>di</strong>amo cheesistono due aperti V e W tali che x ∈ V , X \ U ⊂ W e V ∩ W = ∅. Daquesta ultima con<strong>di</strong>zione conclu<strong>di</strong>amo che V ⊂ U. D’altro canto, X \W è unchiuso che contiene V ed è contenuto in U; dunque V ⊂ U come volevamo<strong>di</strong>mostrare. La compattezza <strong>di</strong> V segue dal Teorema 1.1.6.✷I compatti <strong>di</strong> IR n sono speciali. Prima <strong>di</strong>amo una definizione: X ⊂ IR n èdetto limitato se esiste un <strong>di</strong>sco n-<strong>di</strong>mensionale D n tale che D n ⊃ X.Teorema 1.1.16 X ⊂ IR n è compatto ⇐⇒ chiuso e limitato.Dimostrazione – ⇒ : Per il Teorema 1.1.7 X è chiuso. Per <strong>di</strong>mostrare cheX è limitato pren<strong>di</strong>amo un numero reale ε > 0 e il ricoprimentoA = {D n ε (x)|x ∈ X}<strong>di</strong> X. Siccome X è compatto, esiste un sottoricoprimento finito <strong>di</strong> A checontiene X; <strong>di</strong>ciamo cheX ⊂ D n ε (x 1 ) ∪ . . . ∪ D n ε (x r ) .Per un qualsiai x o ∈ X fissato, il <strong>di</strong>sco Drε(x n o ) contiene X.⇐ : Lo spazio X è contenuto in un iper<strong>di</strong>sco D n <strong>di</strong> IR n ; ma D n è contenutoin un ipercubo C n <strong>di</strong> IR n i cui lati sono tutti omeomorfi a I e dunque C nè compatto (vedere i Teoremi 1.1.10 e 1.1.11). Dunque X è un sottospaziochiuso <strong>di</strong> un compatto e per il Teorema 1.1.7 è compatto.✷


22 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALISiano X e Y due spazi topologici; pren<strong>di</strong>amo l’insieme M(X, Y ) <strong>di</strong> tuttele funzioni continue f : X → Y . Diamo a questo insieme la topologiacompatto-aperta che ha come sottobase l’insieme{W K,U = {f ∈ M(X, Y )|f(K) ⊂ U}|K ⊂ X compatto e U ∈ F Y } .Lo spazio M(X, Y ) – sempre pensato con la topologia compatto-aperta – èuno spazio <strong>di</strong> funzioni.Teorema 1.1.17 Siano X e Y spazi topologici con X compatto Hausdorff.Allora, la funzioneε : X × M(X, Y ) → Ydefinita da ε(x, f) = f(x) per qualsiasi x ∈ X e qualsiasi f ∈ M(X, Y ), ècontinua.Dimostrazione – Pren<strong>di</strong>amo arbitrariamente (x, f) ∈ X × M(X, Y ) e U ∈F Ycon f(x) ∈ V . Siccome X è compatto e f −1 (U) ∈ F X , esiste un apertoV <strong>di</strong> X tale chex ∈ V ⊂ V ⊂ f −1 (U)con V compatto. A questo punto osserviamo che(x, f) ∈ V × W V ,Ue ε(V × W V ,U) ⊂ Uper concludere la <strong>di</strong>mostrazione.✷La funzione <strong>di</strong> valutazione ε ha applicazioni importanti; qui ne vedremouna. Prima però facciamo la seguente osservazione: siano dati gli spazitopologici X, Y e Z; una funzione (<strong>di</strong> insiemi)f : X × Z → Y


1.1. TOPOLOGIA 23definisce una funzionef : Z → M(X, Y )con la con<strong>di</strong>zione(∀z ∈ Z)(∀x ∈ X) (f(z))(x) = f(x, z) .Reciprocamente, data la funzione f <strong>di</strong> sopra, la funzione f è automaticamentedefinita da(∀(x, z) ∈ X × Z) f(x, z) = (f(z))(x) .Tali funzioni sono dette aggiunte.Lemma 1.1.18 Supponiamo che X sia compatto Hausdorff; allora se f ècontinua, anche f sarà continua.Dimostrazione – Si osservi che la f è la composta delle funzioni(1 X × f) : X × Z → X × M(X, Y ) e ε : X × M(X, Y ) → Y .✷Conclu<strong>di</strong>amo questa piccola presentazione sugli spazi compatti con l’ennunciato(ma senza <strong>di</strong>mostrazione) <strong>di</strong> un risultato che ci sar‘˘tile in futuro (nel Teoremadella Approssimazione <strong>Simpliciale</strong>).Teorema 1.1.19 Sia A un ricoprimento aperto <strong>di</strong> uno spazio metrico e compattoX. Allora, esite un ɛ > 0 tale che, per qualsiasi sottospazio U ⊂ X <strong>di</strong><strong>di</strong>ametro < ɛ, esiste un elemento A ∈ A tale che U ⊂ A.Il numero ɛ è detto numero <strong>di</strong> Lebesgue del ricoprimento A.


24 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI1.1.3 ConnessioneOra passiamo allo stu<strong>di</strong>o dei cosiddetti spazi connessi; questo concetto saràintrodotto tramite il seguente risultato.Teorema 1.1.20 Sia X uno spazio topologico. Sono equivalenti i seguentifatti:(i) i due soli sottoinsiemi <strong>di</strong> X che siano in contemporanea aperti e chiusisono lo stesso X e l’insieme ∅;(ii) X non è l’unione <strong>di</strong> due sottoinsiemi U e V , aperti, non vuoti e <strong>di</strong>sgiunti.Dimostrazione – (i) ⇒ (ii) : Ammettiamo che X = U ∩ V conU ≠ ∅ , V ≠ ∅ , U ∩ V = ∅ e U ∩ V = ∅ .Dunque V = X \ U è non vuoto e contemporaneamente aperto e chiuso;questo contrad<strong>di</strong>ce (i).(ii) ⇒ (i) : Sia U un sottoinsieme proprio e non vuoto <strong>di</strong> X, contemporaneamenteaperto e chiuso. AlloraX = U ∪ (X \ U)con X \ U ≠ ∅ e U ∩ (X \ U) = ∅ contrariamente all’ipotesi (ii).✷Come esempio <strong>di</strong> spazio connesso citiamo il seguente: dati a, b ∈ IR cona < b, l’intervallo chiuso [a, b] con la topologia indotta da IR è connesso.Malgrado questo fatto possa sembrare intuitivo, la sua <strong>di</strong>mostrazione richiedealcuni momenti <strong>di</strong> riflessione. Supponiamo che[a, b] = U ∪ V , U, V ≠ ∅ , U ∩ V = ∅ ;


1.1. TOPOLOGIA 25inoltre assumiamo che U e V siano aperti. Dunque, dalle con<strong>di</strong>zioni imposte,U e V sono anche chiusi e siccome [a, b] è chiuso in IR, U e V sono chiusi inIR. Supponiamo che a ∈ U e pren<strong>di</strong>amo l’insiemeA = {u ∈ U|(∀v ∈ V ) u < v } .Siccome a ∈ U, l’insieme A è non vuoto. Dunque, sia h l’estremo superiore<strong>di</strong> A; siccome U è chiuso, h ∈ U. D’altro lato, per qualsiasi ɛ > 0(h − ɛ, h + ɛ) ∩ V ≠ ∅altrimenti h non sarebbe l’estremo superiore <strong>di</strong> A; dunque, h ∈ V = V eperciò h ∈ U ∩ V = ∅, una contra<strong>di</strong>zione!Teorema 1.1.21 L’immagine <strong>di</strong> uno spazio connesso per una funzione continuaè connessa.Dimostrazione – Sia f : X → Y una funzione continua con X connesso.Vogliamo <strong>di</strong>mostrare che f(X) è uno spazio connesso; pertanto, pren<strong>di</strong>amoun sottoinsieme U ⊂ f(X) che sia contemporaneamente aperto e chiuso.Allora f −1 (U) è contemporaneamente aperto e chiuso in X e dunquef −1 (U) = ∅ o f −1 (U) = X .Se f −1 (U) = ∅ segue che U = ∅; se f −1 (U) = X allora U = f(X).✷Citiamo due conseguenze imme<strong>di</strong>ate del teorema anteriore:1. Siano X e Y due spazi omeomorfi dati; allora X è conesso se, e solamentese Y è connesso.2. La circonferenza S 1 è uno spazio connesso: infatti, S 1 è l’immaginedell’intervallo chiuso [0, 1] tramite la funzione(∀t ∈ [0, 1]) f(t) = e 2πit .


26 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALITeorema 1.1.22 Sia X = ∪ i∈J X i con X i connesso per qualsiasi in<strong>di</strong>ce i ∈ Je ∩ i∈J X i ≠ ∅. Allora X è connesso.Dimostrazione – Sia U un sottoinsieme non vuoto <strong>di</strong> X, contemporaneamenteaperto e chiuso in X. È certo che esiste un i ∈ J tale che U ∩ X i ≠ ∅;dunque U ∩ X i è contemporaneamente aperto e chiuso in X i e siccome X i èconnesso, U ∩ X i = X i e perciò U ⊃ X i . D’altro canto,(∀j ∈ J) X i ∩ X j ≠ ∅ ⇒ U ∩ X j ≠ ∅donde conclu<strong>di</strong>amo che(∀j ∈ J) U ⊃ X j ⇒ U = X .✷Questo teorema ci permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che gli intervalli semi-apertisono connessi: infatti, dati due numeri reali a < b, l’intervallo [a, b) è unariunione <strong>di</strong> intervalli chiusi con intersezione non vuota come si osserva aseguito[a, b) = ∪ n≥1 [a, b − b − a2 n ] .Un risultato simile vale anche per (a, b]. Osservazioni analoghe valgono pergli intervalli aperti (a, b) e per la retta reale IR. Per <strong>di</strong>mostrare che il pianoreale è infatti connesso ricorriamo al seguente risultato.Teorema 1.1.23 X × Y è connesso se, e soltanto se, X e Y sono connessi.Dimostrazione – ⇒ : questa parte è una conseguenza imme<strong>di</strong>ata del fattoche le proiezioniX × Y → X e X × Y → Y


1.1. TOPOLOGIA 27sono suriezioni continue e del Teorema 1.1.21.⇐ : Cominciamo osservando che(∀(x, y) ∈ X × Y ) {x} × Y ≃ Y e X × {y} ≃ Xsono connessi; siccomeX × {y} ∩ {x} × Y ≠ ∅conclu<strong>di</strong>amo che lo spazioA x,y = X × {y} ∩ {x} × Yè connesso. Per un y ∈ Y fissato,∩ x∈X A x,y = X × {y} ≠ ∅e dunque, X × Y = ∪ x∈X A x,y è connesso per il Teorema 1.1.22.✷Come conseguenza <strong>di</strong> questo ultimo teorema citiamo il fatto che IR 2 è connessoe dunque, per induzione, IR n è connesso. Questo ultimo fatto ci aiutaa <strong>di</strong>mostrare che per qualsiasi n ≥ 1 lo spazio IR n+1 \ {0} è connesso: infatti,assumendo che questo ultimo spazio non sia connesso arriviamo alla conclusioneerronea che IR n+1 non è connesso! Da questo risultato conclu<strong>di</strong>amo cheper qualsiasi n ≥ 2, S n è connesso: si consideri la suriezione continuae si applichi il Teorema 1.1.21.f : IR n+1 \ {0} → S n , x ↦→x||x||1.1.4 Connessione per archiDiciamo che uno spazio X è connesso per archi (o per cammini) se, e soltantose,(∀x 0 , x 1 ∈ X)(∃f : [0, 1] → X continua) f(0) = x 0 , f(1) = x 1 .


28 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALICome primo esempio, citiamo lo spazio euclideo IR n , per qualsiasi n > 0.Infatti, dati x 0 , x 1 ∈ IR n , definiamof : [0, 1] → IR n , (∀t ∈ [0, 1]) f(t) = tx 1 + (1 − t)x 0 .Teorema 1.1.24 L’immagine per una funzione continua <strong>di</strong> uno spazio connessoper archi è uno spazio connesso per archi.Teorema 1.1.25 Se X ≃ Y , allora X è connesso per archi se, e soltantose, Y è connesso per archi.Teorema 1.1.26 Sia {Y i |i ∈ J} un insieme <strong>di</strong> sottospazi connessi per archi<strong>di</strong> uno spazio topologico X; se ∩ i∈J Y i ≠ ∅, allora Y = ∪ i∈J Y i è connesso perarchi.Dimostrazione – Siano x 0 , x 1 ∈ Y due punti presi arbitrariamente. Supponiamoche x 0 ∈ Y i0 e x 1 ∈ Y i1 ; sia a ∈ Y i0 ∩ Y i1 . Per ipotesi esistono duefunzioni continuef 0 : [0, 1] → Y i0 , f 0 (0) = x 0 , f 0 (1) = a ,f 1 : [0, 1] → Y i1 , f 1 (0) = x 1 , f 1 (1) = a ;con queste funzioni definiamo la mappa f : [0, 1] → Y⎧⎪⎨ f 0 (2t) , 0 ≤ t ≤ 1(∀t ∈ [0, 1]) f(t) =, 2⎪⎩1f 1 (2t − 1) , ≤ t ≤ 12che ha la proprietà f(0) = x i0 , f(1) = x i1 .✷Teorema 1.1.27 Uno spazio connesso per archi è connesso.


1.1. TOPOLOGIA 29Dimostrazione – Supponiamo che X sia l’unione <strong>di</strong> due sottospazi nonvuotiU, V che non si intersecano e che siano simultaneamente aperti e chiusi.Pren<strong>di</strong>amo due punti x 0 , x 1 ∈ X con x 0 ∈ U e x 1 ∈ V . Siccome X è connessoper archi, esiste una mappaf : [0, 1] → X , f(0) = x 0 , f(1) = x 1 .Dunque(U ∩ f([0, 1])) ∩ (V ∩ f([0, 1])) ≠ ∅e perciò, U ∩ V ≠ ∅, contra<strong>di</strong>zione!✷Non è vero che uno spazio connesso sia connesso per archi; a seguito<strong>di</strong>amo un esempio <strong>di</strong> questo fatto. Sia C il campo dei numeri complessi; siaX = A ∪ B lo spazio definito dai sottoinsiemi <strong>di</strong> CA = {i}B = {t + 0i|t ∈ [0, 1]} ∪ { 1 + yi|n ∈ IN , 0 ≤ y ≤ 1}ncon la topologia indotta. Cominciamo per osservare che B è connesso: infatti,lo spazio B è l’unione <strong>di</strong> tutti gli spaziB n = {t + 0i|t ∈ [0, 1]} ∪ { 1 + yi| , 0 ≤ y ≤ 1}nche sono chiaramente connessi per archi e sono tali che∩ n∈IN B n ≠ ∅e dunque, per il Teorema 1.1.26 B è connesso per archi e perciò B è connesso(ve<strong>di</strong> Teorema 1.1.27).Dimostriamo subito che X è connesso. Infatti, sia U ⊂ X non-vuoto,simultaneamente aperto e chiuso.Possiamo, senza per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> generalità,


30 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALIassumere che i ∈ U (altrimenti, lavoriamo con l’insieme V = X \U). SiccomeU è aperto,(∃ε > 0) X ∩ B ε (i) ⊂ Ue dunque, per qualsiasi n ∈ IN tale che 1 n < ε, 1n + i ∈ U e pertanto,U ∩ B ≠ ∅.Ma allora, abbiamo un sottoinsieme non-vuoto <strong>di</strong> B (ossia,U ∩ B) che è simultaneamente aperto e chiuso. Siccome B è connesso, nesegue che U ∩ B = B; d’altro canto, A ⊂ U e dunque, U = X ossia, X èconnesso.D’altro canto, X non è connesso per archi.Esercizi:1. Siano B e B ′ basi delle topologie F e F ′ dell’insieme X. Dimostrare cheF ′ ⊃ F ⇐⇒ (∀x ∈ X)(∀B ∈ B)x ∈ B, (∃B ′ ∈ B ′ ) x ∈ B ′ ⊂ B.2. Sia IR la retta reale in cui definiamo gli intervalli(a, b) = {x ∈ IR|a < x < b} ,[a, b) = {x ∈ IR|a ≤ x < b} ,(a, b] = {x ∈ IR|a < x ≤ b} .Consideriamo i seguenti insiemi <strong>di</strong> sottoinsiemi <strong>di</strong> IR:B 1 = {(a, b)|a < b} ,B 2 = {[a, b)|a < b} ,B 3 = {(a, b]|a < b} ,B 4 = B 1 ∪ {B \ K|B ∈ B 1 } , con K = {1/n, n ∈ IN} .Dimostrare che B i , i = 1, 2, 3, 4 sono basi <strong>di</strong> topologie in IR e paragonarequeste topologie tra loro.


1.1. TOPOLOGIA 313. Siano X, Y spazi topologici con le topologie F X e F Y rispettivamente. Sianoπ 1 : X × Y → Xπ 2 : X × Y → Y le proiezzioni nei fattori X e Y rispettivamente.Dimostrare che l’insiemeS = {π −11 (U)|U ∈ F X} ∪ {π −12 (V )|V ∈ F Y }è una sottobase per la topologia prodotto <strong>di</strong> X × Y .4. Una mappa f : X → Y è detta aperta ⇐⇒ (∀U ∈ F X ) f(U) ∈ F Y .Dimostrare che le proiezzioniπ 1 : X × Y → Xπ 2 : X × Y → Y sono mappe aperte.5. Siano X e Y due spazi topologici, q : X → Y una suriezione e supponiamoche Y abbia la topologia quoziente relativamente a q. Dimostrare che perqualsiasi spazio topologico Z e qualsiasi funzione g : Y → Z, la funzione g ècontinua ⇐⇒ gq : X → Z è continua.6. Sia f : IR → IR una funzione data. Diamo a IR la topologia euclidea.Dimostrare che le due affermazioni seguenti sono equivalenti.(∀U ⊂ IR|U aperto )(f −1 (U) aperto) ;(∀x ∈ IR)(∀ε > 0)(∃δ > 0)|x − y| < δ ⇒ |f(x) − f(y)| < ε .7. Dimostrare che se A è chiuso in Y e Y è chiuso in X, allora A è chiuso inX.8. Dimostrare che se U è aperto in X e A è chiuso in X, allora U \ A è apertoin X e A \ U è chiuso in X.9. Dimostrare che uno spazio <strong>di</strong>screto è compatto se, e solamente se è finito.


32 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI10. Siano A e B due sottoinsiemi nonvuoti <strong>di</strong> IR n . Definiamo la <strong>di</strong>stanza tra Ae B comed(A, B) = inf {d(a, b)|a ∈ A, b ∈ B} .Dimostrare che se A ∩ B = ∅, A e B sono chiusi, e A è limitato, allora esisteun elemento a ∈ A tale ched(A, B) = d(a, B) > 0 .11. Sia f : X × Z → Y una funzione continua. Dimostrare che la funzioneaggiunta f : Z → M(X, Y ) è continua. (In questo caso non è necessario fareipotesi suplementari sullo spazio X, come nel Lemma 1.1.18).12. X × Y è connesso per archi se, e soltanto se, X e Y sono connessi per archi.1.2 CategorieIn questa sezione si descrivono gli elementi della Teoria delle Categorie chepoi ci serviranno a svolgere i temi che ci proponiamo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are.1.2.1 Generalità sulle CategoriePer definire una categoria C è necessario dare1. una classe <strong>di</strong> oggetti C;2. un insieme C(A, B) per ogni A, B ∈ C (gli elementi <strong>di</strong> tutti gli insiemiC(A, B) sono chiamati morfismi );3. una legge <strong>di</strong> composizioneC(A, B) × C(B, C) → C(A, C)per ogni terna <strong>di</strong> oggetti A, B, C ∈ C.


1.2. CATEGORIE 33Oltre a ciò si esige la vali<strong>di</strong>tà dei seguenti assiomi:1. (∀A, B, C, D ∈ C)(∀f ∈ C(A, B))(∀g ∈ C(B, C))(∀h ∈ C(C, D))h(gf) = (hg)f ;2. (∀A ∈ C) esiste 1 A ∈ C(A, A) tale che, (∀f ∈ C(A, B))(∀g ∈ C(C, A))f1 A = f , 1 A g = g .Diamo ora una lista <strong>di</strong> esempi <strong>di</strong> categorie.1. Ins : categoria degli insiemi e delle funzioni tra insiemi.2. Ins ∗ : insiemi puntati e funzioni puntate (cioè, che rispettono i punti“base”).3. Top: spazi topologici e mappe ( = funzioni continue).4. T op ∗ : spazi topologici puntati e mappe puntate (queste sono funzionicontinue che portano il punto base del dominio nel punto base delcodominio). A volte in<strong>di</strong>chiamo uno spazio puntato X con punto basex o con la notazione (X, x o ).5. Top 2 : coppie <strong>di</strong> spazi (X, A) con A ⊆ X chiuso in X e morfismif : (X, A) → (Y, B), f : X → Y , f|A : A → B.6. Gr : gruppi e omomorfismi <strong>di</strong> gruppi.7. Ab : gruppi abeliani e omomorfismi <strong>di</strong> gruppi abeliani.8. Ab Z : gruppi abeliani graduati e relativi morfismi, ossia: un gruppoabeliano graduato è una successione <strong>di</strong> gruppi abeliani {C n | n ∈ Z};un elemento x ∈ C n è detto <strong>di</strong> grado n; usiamo la notazione gr(x) = n


34 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALIper in<strong>di</strong>care che x ∈ C n ; un morfismo (omomorfismo) <strong>di</strong> grado i tradue gruppi abeliani graduati {C n } e {C n} ′ è un insieme <strong>di</strong> omomorfismi{f n : C n → C n+i ′ | n ∈ Z}; scriviamo gr(f) = i per in<strong>di</strong>care che f hagrado i.L’insieme Top(X, Y ) possiede una relazione molto importante: la relazione<strong>di</strong> omotopia. Due mappe f, g : X → Y sono dette omotope quandoesiste una mappaH : X × I → Ytale che H(−, 0) = f e H(−, 1) = g. Se f è omotopa a g, scriviamo f ∼ g.Per esempio, le mappe f, g : I → I date da f = 1 I e g mappa costanteda I al punto 0 ∈ I sono omotope: costruiamo la mappaH : I × I → I , (∀s, t ∈ I) H(s, t) = (1 − t)s ;chiaramente, H(−, 0) = f e H(−, 1) = g.Lemma 1.2.1 La relazione <strong>di</strong> omotopia è una relazione <strong>di</strong> equivalenza.Dimostrazione – Chiaramente una mappa f è omotopa a se stessa. Supponiamoora che f ∼ g; questo significa che esiste una mappaH : X × I → Y , H(−, 0) = f , H(−, 1) = g ;consideriamo la mappaH ′ : X × I → Y , (∀x ∈ X)(∀t ∈ I) H ′ (x, t) = H(x, 1 − t) .Si verifica imme<strong>di</strong>atamente che H ′ (−, 0) = g e H ′ (−, 1) = f e dunque, g ∼ f.Infine, <strong>di</strong>mostriamo che se f ∼ g e g ∼ h, allora f ∼ h. SianoH : X × I → Y , H(−, 0) = f , H(−, 1) = g ,


1.2. CATEGORIE 35G : X × I → Y , G(−, 0) = g , G(−, 1) = h .Definiamo K : X × I → Y dalle con<strong>di</strong>zioni⎧⎪⎨ H(x, 2t) , 0 ≤ t ≤ 1 2(∀x ∈ x)(∀t ∈ I) K(x, t) =⎪⎩1G(x, 2t − 1) , ≤ t ≤ 1 .2La mappa K ha le proprietà richieste.✷L’insieme quoziente ottenuto da Top(X, Y ) e la relazione ∼ è in<strong>di</strong>catocon [X, Y ].La categoria HTop – categoria omotopica associata a Top – ha comeoggetti gli spazi topologici e come morfismi, le classi <strong>di</strong> equivalenza peromotopia delle mappe: cosìHTop(X, Y ) = [X, Y ] .Nel caso <strong>di</strong> mappe puntate f, g ∈ T op ∗ ((X, x o ), (Y, y o )), <strong>di</strong>ciamo che f ∼ gse esiste una mappa H : X × I → Y tale che(∀t ∈ I) H(x o , t) = y o , H(−, 0) = f e H(−, 1) = g .In questo caso adottiamo la notazione [X, Y ] ∗ = T op ∗ (X, Y )/ ∼. Si puòanche definire HT op ∗ ; in generale, possiamo definire la categoria omotopicaassociata HC per qualsiasi sottocategoria C <strong>di</strong> Top.Due spazi X, Y ∈ Top hanno il medesimo tipo <strong>di</strong> omotopia (o semplicemente,tipo) se esistono mappe f : X → Y e g : Y → X tali che gf ∼ 1 X efg ∼ 1 Y ; una tale mappa f è detta equivalenza <strong>di</strong> omotopia.Le “funzioni” tra categorie sono i cosidetti funtori i quali, in vista delladoppia natura data alle categorie dagli oggetti e dai morfismi, dovranno logicamenteportare oggetti in oggetti e morfismi in morfismi. Più precisamente,un funtoreF : C → C ′


36 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALIè una relazione fra queste due categorie tale che1. (∀X ∈ C) F (X) = F X ∈ C ′ ;2. (∀f ∈ C(A, B)) F (f) ∈ C ′ (F A, F B);3. (∀f ∈ C(A, B), g ∈ C(B, C)) F (gf) = F (g)F (f);4. (∀A ∈ C) F (1 A ) = 1 F A .Un esempio molto semplice <strong>di</strong> funtore è dato dal funtore <strong>di</strong>menticante D :Top → Ins che semplicemente “<strong>di</strong>mentica” la struttura <strong>di</strong> spazio topologico.Ora stu<strong>di</strong>eremo alcuni esempi non così banali.Il funtore sospensioneè definito negli oggetti (X, x o ) daΣX =Σ : T op ∗ → T op ∗I × XI × {x o } ∪ ∂I × Xdove ∂I è semplicemente l’insieme {0, 1}. Adotteremo le notazioni [t, x] ot ∧ x per in<strong>di</strong>care un elemento generico <strong>di</strong> ΣX; allora,(∀f ∈ T op ∗ (X, Y ))(∀t ∧ x ∈ ΣX)Σ(f)(t ∧ x) = t ∧ f(x) .Il funtore sospensione ha un comportamento particolarmente interessantesulle sfere; infatti, la sospensione <strong>di</strong> una sfera n-<strong>di</strong>mensionale è una sfera <strong>di</strong><strong>di</strong>mensione n + 1. Per capire bene questo fatto stu<strong>di</strong>eremo delle mappe checi saranno utili più avanti. Per un qualsiasi n ≥ 0 sia S n = ∂D n+1 la sferaunitaria n-<strong>di</strong>mensionale (bordo del <strong>di</strong>sco (n + 1)-<strong>di</strong>mensionale). Scegliiamoil punto e o = (1, 0, . . . , 0) come punto base <strong>di</strong> S n e <strong>di</strong> D n+1 . Ora definiamole mappec n : I × S n → D n+1 , (t, x) ↦→ (1 − t)e o + tx ,


1.2. CATEGORIE 37√i + : D n+1 → S n+1 , x ↦→ (x, 1 − ‖x‖ 2 ) ,√i − : D n+1 → S n+1 , x ↦→ (x, − 1 − ‖x‖ 2 ) e˙k n+1 : I × S n → S n+1⎧⎪⎨ i + c n (2t, x) , 0 ≤ t ≤˙k 1 2n+1 (t, x) =⎪⎩1i − c n (2 − 2t, x) , ≤ t ≤ 1 .2La mappa ˙k n+1 ha la proprietà˙k n+1 (0, x) = ˙k n+1 (1, x) = ˙k n+1 (t, e o ) = e oper qualsiasi t ∈ I e qualsiasi x ∈ S n e perciò da luogo a un omeomorfismôk n+1 : ΣS n ∼ = S n+1 .Così, possiamo <strong>di</strong>re che per qualsiasi y ∈ S n+1 \{e o } esiste un unico elementox ∈ S n ed un unico t ∈ I \ ∂I tali che y = t ∧ x.Il funtoreΩ : T op ∗ → T op ∗è definito su un oggetto arbitrario (X, x o ) ∈ T op ∗ come lo spazio puntatoΩX = {f ∈ M(I, X)|f(0) = f(1) = x o }con la topologia indotta dalla topologia compatto-aperta <strong>di</strong> M(I, X).Il morfismoΩ(f) : ΩX → ΩYcorrispondente al morfismo f ∈ T op ∗ (X, Y ) è definito per composizione <strong>di</strong>mappe:(∀g ∈ ΩX)Ω(f)(g) = fg .Lo spazio ΩX è detto spazio dei lacci (puntati su x o ).


38 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALII funtori Ω e Σ hanno una speciale relazione tra loro fatta come segue.Sia f : I × X → Y una mappa tale che f(I × {x o } ∪ ∂I × X) = y o ; la suaaggiunta f : X → M(I, Y ) è continua (vedere Esercizio ??, Sezione 1.1) edè tale che(∀x ∈ X) f(x)(∂I) = y oe perciò, possiamo costruire una funzioneΦ : M ∗ (ΣX, Y ) → M ∗ (X, ΩY ) .Inversamente, data f ∈ M ∗ (X, ΩY ) la sua aggiunta f : I ×X → Y è continuaperché I è compatto Hausdorff (vedere il Lemma 1.1.18) e f ∈ M ∗ (ΣX, Y );cosìpossiamo costruire una funzioneΦ ′ : M ∗ (X, ΩY ) → M ∗ (ΣX, Y )tale che ΦΦ ′ e Φ ′ Φ siano uguali alle rispettive funzioni identità.parole,Φ : M ∗ (ΣX, Y ) → M ∗ (X, ΩY )In altreè una biiezione (iniettiva e suriettiva). Per questo motivo <strong>di</strong>ciamo che Σ èaggiunto a sinistra <strong>di</strong> Ω.Siano F, G : C → C ′ due funtori dati; una trasformazione naturaleη : F → Gè una corrispondenza che porta un oggetto arbitrario A ∈ C su un morfismoA ∈ C ↦→ η(A) : F A → GAtale che(∀f ∈ C(A, B))G(f)η(A) = η(B)F (f) .


1.2. CATEGORIE 39Due funtori F, G : C → C ′ sono equivalenti - notazione: F . = G - se esistonodue tranformazioni naturali η : F → G e τ : G → G tali cheτη = 1 F e ητ = 1 Gcon 1 F e 1 G uguali alle trasformazioni naturali date dall’identità dei funtoriF e G su se stessi, rispettivamente.1.2.2 PushoutsSia C una categoria data; si <strong>di</strong>ce che un <strong>di</strong>agrammaAf> Bg∨C<strong>di</strong> C possiede un pushout (in italiano si dovrebbe <strong>di</strong>re somma amalgamata)se esiste un oggetto D ∈ C e morfismif ∈ C(C, D) e g ∈ C(B, D)tali che gf = gf e inoltre, se vale la seguenteProprietà Universale : per un qualsiasi <strong>di</strong>agramma commutativo <strong>di</strong> CAf> Bgh∨∨C > Xkesiste un unico morfismo l ∈ C(D, X) tale chelf = k e lg = h .


40 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALISi <strong>di</strong>ce che una categoria C è chiusa per pushout se qualsiasi <strong>di</strong>agramma<strong>di</strong> CfA > Bha un pushout.g∨CNon tutte le categorie sono chiuse per pushout; qui <strong>di</strong>mostreremo che lacategoria Top degli spazi topologici e la categoria Gr dei gruppi sono chiuseper pushout. Cominciamo da Top.Teorema 1.2.2 La categoria Top è chiusa per pushout.Pren<strong>di</strong>amo arbitrariamente un <strong>di</strong>agrammaAf> Bg∨C<strong>di</strong> Top e costruiamo la somma <strong>di</strong>sgiunta B ⊔ C ossia, lo spazio topologico cheha per insieme soggiacente l’unione <strong>di</strong>sgiunta degli insiemi B e C (si ignorala possibilità <strong>di</strong> una intersezione non vuota tra B e C) e per aperti, tutti gliaperti <strong>di</strong> B e tutti gli aperti <strong>di</strong> C; dunque B e C sono sottospazi topologici<strong>di</strong> B ⊔ C con inclusioniι B : B → B ⊔ C , ι C : C → B ⊔ C .Ora in B ⊔ C facciamo le seguenti identificazioni(∀a ∈ A) f(a) ≡ g(a) ;


1.2. CATEGORIE 41poi pren<strong>di</strong>amo l’insieme quoziente B ⊔ f,g C, la suriezione canonicaq : B ⊔ C → B ⊔ f,g Ce <strong>di</strong>amo a B⊔ f,g C la topologia quoziente relativa alla suriezione q. Finalmentedefiniamo le mappef = qι C : C → B ⊔ f,g Cg = qι B : B → B ⊔ f,g Ce osserviamo che il <strong>di</strong>agrammaAf> Bg∨Cfg∨> B ⊔ f,g Ccommuta. Manca <strong>di</strong>mostrare la proprietà universale che è lasciata a caricodel lettore.Passiamo ora alla categoria dei gruppi. Cominciamo facendo alcune osservazionesu alcuni risultati <strong>di</strong> base della teoria dei gruppi. Sia S un insiemedato. Una parola definita dagli elementi <strong>di</strong> S è un simboloω = a ε 11 a ε 22 . . . a εnncon a i ∈ S e ε i = ±1; inoltre, non esclu<strong>di</strong>amo che due elementi a i sianouguali, richie<strong>di</strong>amo che n sia sempre finito e se n = 0, <strong>di</strong>ciamo che ω è laparola vuota che si in<strong>di</strong>ca con 1.aa = a 2 , a −1 a −1 = a −2 e aa −1 = 1.Per semplificare la notazione, scriviamoA questo punto, definiamo la seguente relazione <strong>di</strong> equivalenza nell’insiemeW S <strong>di</strong> tutte le parole generate dagli elementi <strong>di</strong> S:


42 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALIω 1 ≡ ω 2⇐⇒ sia che ω 2 si ottenga da ω 1 tramite una successione finita <strong>di</strong>operazioni che consistono nel sostituirea ε 11 a ε 22 . . . a εnn per a ε 11 . . . aa −1 . . . a εnn o a ε 11 . . . a −1 a . . . a εnn ,sia che ω 1 si ottenga da ω 2 tramite simili operazioni. La classe <strong>di</strong> equivalenzadella parola ω si in<strong>di</strong>ca con [ω]; finalmente, siaGp(S) := W S / ≡ .Lemma 1.2.3 L’insieme Gp(S) con l’operazioneGp(S) × Gp(S) → Gp(S) , ([a ε 11 . . . a εnn ], [a ε n+1n+1 . . . a ε n+mn+m ]) ↦→ [a ε 11 . . . a ε n+mn+m ]è un gruppo.Gli elementi <strong>di</strong> S sono detti generatori del gruppo Gp(S).Per un sottoinsieme non vuoto R ⊂ Gp(S) dato, sia R l’intersezione <strong>di</strong>tutti i sottogruppi normali <strong>di</strong> Gp(S) che contengono R; il gruppo quozienteGp(S)/R = Gp(S; R)è il gruppo generato dall’insieme S con le relazioni R.Gli elementi <strong>di</strong>Gp(S; R) sono le classi (modulo R) degli elementi <strong>di</strong> Gp(S); dunque, peruna qualsiasi parola ω ∈ W S , il corsipondente elemento <strong>di</strong> Gp(S; R) si scrivesotto la forma ω.R.Esempi : 1. S = {a}, Gp(S) ≃ Z; questo gruppo potrebbe essere scritto nelmodo seguente: S = {a, b}, R = {b}, Gp(S; R) ≃ Z.2. S = {a}, R = {a 2 }, Gp(S; R) ≃ Z 2 .3. S = {a, b}, R = {aba −1 b −1 }, Gp(S; R) ≃ Z × Z, il gruppo abeliano liberogenerato dagli elementi a e b.4. Qualsiasi gruppo G può essere interpretato come un gruppo generato daelementi e relazioni: pren<strong>di</strong>amo S = G e R G = {(ab) 1 b −1 a −1 |a, b ∈ G}; alloraG ≃ Gp(G; R G ).


1.2. CATEGORIE 43Lemma 1.2.4 Siano dati un gruppo G con elemento neutro 1 G , un gruppoGp(S; R) e una funzione <strong>di</strong> insiemi θ : S → G tale che, per qualsiasi ω ∈ R,θ(ω) = 1 G . Allora esiste un unico omomorfismo <strong>di</strong> gruppiθ : Gp(S; R) → Gtale che(∀a ∈ S) θ([a]) = θ(a) .Dimostrazione – Per qualsiasi parola a ε 11 . . . a εnn ∈ W S definiamoθ([a ε 11 . . . a εnn ]) := θ(a 1 ) ε 1. . . θ(a n ) εn .✷Teorema 1.2.5 La categoria Gr è chiusa per pushout.Dimostrazione – Pren<strong>di</strong>amo arbitrariamente un <strong>di</strong>agrammaGf> G 1g∨G 2<strong>di</strong> gruppi; interpretiamo i gruppi G 1 e G 2 comeG i = Gp(G i ; R Gi ) , R Gi = {(xy) 1 y −1 x −1 |x, y ∈ G i } , i = 1, 2e consideriamo l’insiemeR f,g = {f(x)g(x) −1 |x ∈ G} .


44 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALIA questo punto definiamo il gruppoG := Gp(G 1 ∪ G 2 ; R G1 ∪ R G2 ∪ R f,g )e gli omomorfismif : G 2 → G , g : G 1 → G .Il <strong>di</strong>agramma seguente commuta:Gf> G 1g∨G 2fg∨> GDimostriamo la proprietà universale. Siano dato due omomorfismi <strong>di</strong> gruppoh i : G i → H , i = 1, 2tali che h 1 f = h 2 g; dunque, la funzioneθ : G 1 ∪ G 2 → H , (∀x ∈ G i ) θ(x) = h i (x) , i = 1, 2è tale che(∀x ∈ G) θ(f(x)g(x) −1 ) = 1 H ,e, per il lemma 1.2.4, esiste un unico omomorfismoθ : G → Hche estende la funzione θ e tale cheθf = h 2 , θg = h 1 .✷


1.3. AZIONI DI GRUPPI 45Il gruppo G – anche descritto dalla notazione G 1 ⋆ f,g G 2 – è la sommaamalgamata dei gruppi G 1 e G 2 relativa agli omomorfismi f e g.Esercizi:1. Dimostrare che la relazione <strong>di</strong> omotopia in Top(X, Y ) è una relazione <strong>di</strong>equivalenza; idem, per l’omotopia puntata.2. Dimostrare che per qualsiasi X, Y ∈ T op ∗ , esiste una biiezione naturale[ΣX, Y ] ∼ = [X, ΩY ] .1.3 Azioni <strong>di</strong> gruppiUn gruppo topologico è un gruppo munito <strong>di</strong> una topologia tale che le funzionidefinite dalla multiplicazione del gruppo e l’operazione <strong>di</strong> inversione deglielementi del gruppo siano continue; più precisamente, sia G un gruppo conla multiplicazione× : G × G → G , (∀(g, g ′ ) ∈ G × G) × (g, g ′ ) = gg ′ ;sia G × G dotato della topologia prodotto; allora, richie<strong>di</strong>amo che× : G × G → GeG → G (∀g ∈ G) g ↦→ g −1siano funzioni continue.A seguito <strong>di</strong>amo alcuni esempi <strong>di</strong> gruppi topologici; i dettagli delle <strong>di</strong>mostrazionisono lasciati a carico del lettore.


46 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALI1. Qualsiasi gruppo con la topologia <strong>di</strong>screta;2. il gruppo a<strong>di</strong>tivo IRdei numeri reali con la topologia data dalla <strong>di</strong>stanza(∀x, y ∈ IR)d(x, y) = |x − y| ;3. il gruppo multiplicativo IR ∗ = IR \ {0} con la topologia data comenell’esempio anteriore;4. il gruppo a<strong>di</strong>tivo Cdei numeri complessi e la topologia data dalla <strong>di</strong>stanza(∀x, y ∈ C)d(x, y) = |x − y| ;5. Sia GL(n, IR) il gruppo multiplicativo delle matrici quadre, invertibili,reali e <strong>di</strong> rango n. Per definire una topologia in GL(n, IR) proce<strong>di</strong>amonel modo seguente: osserviamo che l’insieme M(n, IR) <strong>di</strong> tutte le matricireali n × n è in biezione con l’insieme IR n2tramite la funzione(a ij ) i,j=1,...,n ∈ M(n, IR) ↦→ (a 11 , a 12 , . . . , a 21 , a 22 , . . . , a nn ) ∈ IR n2 ;questa funzione definisce una topologia in M(n, IR) che proviene dallatopologia euclidea <strong>di</strong> IR n2e a sua volta, questa topologia induceuna topologia in GL(n, IR). Con questa topologia il gruppo GL(n, IR)<strong>di</strong>venta un gruppo topologico.Siano G un gruppo topologico con elemento neutro 1 G e X uno spaziotopologico. Una azione (a destra) <strong>di</strong> G su X è una funzione continuaφ : X × G → Xtale che(i) (∀x ∈ X) φ(x, 1 G ) = x


1.3. AZIONI DI GRUPPI 47(ii) (∀x ∈ X)(∀g, g ′ ∈ G) φ(φ(x, g), g ′ ) = φ(x, gg ′ ) .A volte <strong>di</strong>ciamo che G agisce su X (me<strong>di</strong>ante l’azione φ). Per non appesantirela notazione scriveremo φ(x, g) = xg.Lemma 1.3.1 Sia φ : G × X → X una azione <strong>di</strong> un gruppo topologico G suuno spazio topologico X. Per qualsiasi g ∈ G, la funzioneφ(g) : X → X , x ↦→ xgè un omeomorfismo.Dimostrazione – La funzione φ(g −1 ) è l’inverso <strong>di</strong> φ(g). La continuità <strong>di</strong>φ(g) è imme<strong>di</strong>ata: infatti, φ(g) è la composta dell’azione φ con l’inclusioneX × {g} ↩→ X × G.✷Una azione φ : X × G → X da luogo ad una relazione <strong>di</strong> equivalenza≡ (φ) in X:x ≡ (φ)x ′ ⇐⇒ (∃g ∈ G)x ′ = xg .La classe <strong>di</strong> equivalenza [x] dell’elemento x ∈ X è l’orbita <strong>di</strong> x; in<strong>di</strong>chiamo conX|G l’insieme X/ ≡ (φ) delle orbite <strong>di</strong> X. L’insieme X|G con la topologiaquoziente data dall’epimorfismo canonicoq : X → X|G , x ↦→ [x]è detto spazio delle orbite <strong>di</strong> X sotto l’azione <strong>di</strong> G.Lemma 1.3.2 La mappa quoziente q : X → X|G è aperta.gruppo finito, allora q è anche chiusa. 2Se G è un2 Cioè, porta chiusi in chiusi.


48 CAPITOLO 1. CONCETTI FONDAMENTALIDimostrazione – Sia U un aperto arbitrario <strong>di</strong> X. Alloraq −1 (q(U)) = {x ∈ X|q(x) ∈ q(U)} = {x ∈ X|(∃ g ∈ G)(∃ y ∈ U) x = yg}= {x ∈ X|(∃ g ∈ G)x ∈ Ug} = ∪ g∈G φ(g)(U) .Siccome le funzioni φ(g) sono omeomorfismi per qualsiasi g ∈ G d’accordocon 1.3.1, q −1 (q(U)) è una unione <strong>di</strong> aperti <strong>di</strong> X e dunque, q(U) è aperto inX|G.Se G è finito e K ⊂ X un chiuso,q −1 (q(K)) = ∪ g∈G φ(g)(K)è chiuso inquantoché unione finita <strong>di</strong> chiusi.✷Il gruppo topologico finito Z 2 = {1, −1} agisce sulla sfera unitaria n-<strong>di</strong>mensionaleS n = {x ∈ IR n+1 | ||x|| = 1}con l’azioneS n × Z 2 → S n , (x, 1) ↦→ x e (x, −1) ↦→ −x .Lo spazio delle orbite <strong>di</strong> questa azione si ottiene me<strong>di</strong>ante l’identificazione deipunti antipodali della sfera S n ; in questo modo otteniamo lo spazio proiettivoreale n-<strong>di</strong>mensionaleIRP n = S n | Z 2 .Si <strong>di</strong>ce che il gruppo G agisce liberamente su uno spazio X se(∀x ∈ X)(∀g ∈ G , g ≠ 1 G ) xg ≠ x .


Capitolo 2Omologia2.1 Complessi simplicialiUn complesso simpliciale (astratto) è una coppia K = (X, Θ) data da uninsieme X e da un insieme Θ <strong>di</strong> sottinsiemi finiti e non vuoti <strong>di</strong> X con leproprietà1. (∀x ∈ X) , {x} ∈ Θ ,2. (∀σ ∈ Θ)(∀σ ′ ⊂ σ , σ ′ ≠ ∅) , σ ′ ∈ Θ.Gli elementi <strong>di</strong> Θ sono detti simplessi <strong>di</strong> K. Un simplesso con n + 1 elementi(n ≥ 0) è un n-simplesso (anche detto simplesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione n); adottiamola notazione <strong>di</strong>m σ = n. Gli 0-simplessi sono anche detti vertici. Il complessoK è finito se l’insieme X è finito; se le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> tutti i simplessi <strong>di</strong> Khanno un massimo (finito) <strong>di</strong>remo che K ha <strong>di</strong>mensione finita.Dati due complessi simpliciali K = (X, Θ) e L = (Y, Γ) una funzionef : X → Y tale che(∀σ = {x 0 , x 1 , . . . , x n } ∈ Θ) , f(σ) = {f(x 0 ), f(x 1 ), . . . , f(x n )} ∈ Γ49


50 CAPITOLO 2. OMOLOGIAè detta funzione simpliciale da K a L.In seguito in<strong>di</strong>cheremo con CS la categoria dei complessi simpliciali e dellefunzioni simpliciali. Ora definiamo il funtore realizzazione geometrica| | : CS −→ Top .Siano K = (X, Θ) un complesso simpliciale e V (K) l’insieme delle funzionip : X → IR quasi sempre nulle ossia, p(x) = 0 per tutti gli elementi <strong>di</strong> X aeccezione <strong>di</strong> un numero finito <strong>di</strong> vertici; l’insieme finitos(p) = {x ∈ X|p(x) ≠ 0}è detto sostegno <strong>di</strong> p.Sia |K| l’insieme definito nel modo seguente:|K| = {p ∈ V (K)|s(p) ∈ Θ , (∀x ∈ s(p)) p(x) > 0 e∑x∈s(p)p(x) = 1} ;a questo punto definiamo la metrica(∀p, q ∈ |K|) , d(p, q) = { ∑ x∈X(p(x) − q(x)) 2 } 1 2 .Lo spazio metrico |K| è la realizzazione geometrica <strong>di</strong> K. Si osservi che |K|è uno spazio metrico limitato, nel senso che (∀p, q ∈ |K|), d(p, q) ≤ √ 2.Gli elementi <strong>di</strong> |K| possono essere descriti come combinazioni lineari finite.Infatti, per un qualsiasi elemento x ∈ X, sia x ∈ V (K) la funzione avalori reali data da⎧⎪⎨ 0 se y ≠ xx(y) =⎪⎩ 1 se y = x .Allora, se s(p) = {x 0 , x 1 , . . . , x n } è il sostegno <strong>di</strong> un p ∈ |K|, assumendo chep(x i ) = α i , i = 0, 1, . . . , n, possiamo scrivere p nella forman∑p = α i x i .i=0


2.1. COMPLESSI SIMPLICIALI 51I numeri reali α i , i = 0, . . . , n sono le coor<strong>di</strong>nate baricentriche <strong>di</strong> p (inconcordanza con le coor<strong>di</strong>nate baricentriche <strong>di</strong> uno spazio euclideo IR k ).Sia σ = {x 0 , x 1 , . . . , x n } un n-simplesso <strong>di</strong> un complesso simpliciale finitoK; consideriamo σ come il complesso simpliciale σ = (σ, ℘(σ)\∅) il cuiinsieme dei simplessi è l’insieme <strong>di</strong> tutti i sottoinsiemi non vuoti <strong>di</strong> σ.Teorema 2.1.1 |σ| è uno spazio compatto e convesso.Dimostrazione – Costruiamo una corrispondenza biiettiva tra lo spazio |σ|e l’insieme∆ n = {(z 0 , . . . , z n ) ∈ IR n+1 |0 ≤ z i ≤ 1, ∑ iz i = 1}portando un qualsiasi p ∈ |σ| nel punto <strong>di</strong> ∆ n con le medesime coor<strong>di</strong>natebaricentriche <strong>di</strong> p. Con questo, ∆ n con la topologia indotta dalla topologianaturale dello spazio euclideo IR n+1 <strong>di</strong>viene omeomorfo a |σ| con la topologiaindotta da |K|. Ne segue che |σ| è compatto.Per <strong>di</strong>mostrare la convessità, siano p e q punti presi arbitrariamente in|σ|. Supponiamo chen∑n∑p = α i x i e q = β i x i .i=0i=0I punti del segmento pq sono dati da l’equazionen∑r = tp + (1 − t)q = (tα i + (1 − t)β i )x ii=0con t ∈ I e ∑ ni=0 (tα i + (1 − t)β i ) = 1.✷Lo spazio |σ| è un simplesso geometrico <strong>di</strong> |K|.Osservazione 2.1.2 Da questo momento e sino alla fine <strong>di</strong> questa sezioneci asterremo a lavorare soltanto con complessi finiti. Inoltre, la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>


52 CAPITOLO 2. OMOLOGIAfinitu<strong>di</strong>ne sarà implicitamente sottintesa ognora consideriamo la realizzazionegeometrica <strong>di</strong> un complesso simpliciale astratto.Conclu<strong>di</strong>amo la descrizione della topologia <strong>di</strong> |K| con il seguente.Teorema 2.1.3 Sia |K| la realizzazione geometrica <strong>di</strong> un complesso simplicialeK. Allora valgono le seguenti proprietà:1. se |σ| è un simplesso geometrico <strong>di</strong> |K| e se τ ⊂ σ, allora |τ| è anch’essoun simplesso geometrico <strong>di</strong> |K|;2. dati due simplessi <strong>di</strong> |K|, |σ| e |τ|, l’intersezione |σ| ∩ |τ| può essere ∅o un nuovo simplesso geometrico, |σ ∩ τ|;3. F ⊂ |K| è un chiuso ⇐⇒ per qualsiasi simplesso |σ| <strong>di</strong> |K|, F ∩ |σ|è un chiuso <strong>di</strong> |σ|.Dimostrazione – Le prime due proprietà sono conseguenze imme<strong>di</strong>ate delledefinizioni. Quando alla terza, osserviamo che la realizzazione geometrica<strong>di</strong> un simplesso |σ|, essendo un compatto <strong>di</strong> uno spazio <strong>di</strong> Hausdorff, è unchiuso <strong>di</strong> |K|. Pertanto, se F ∩|σ| è un chiuso <strong>di</strong> |σ| lo sarà anche in |K| e allora,F = ∪ |σ| F ∩|σ| è un chiuso poiché |K| è un insieme finito <strong>di</strong> simplessi. ✷L’ultimo risultato del teorema anteriore ci <strong>di</strong>ce che la topologia <strong>di</strong> |K| èdefinita dalla famiglia dei suoi simplessi |σ|; talvolta <strong>di</strong>remo che |K| ha latopologia debole relativa ai simplessi |σ|.La realizzazione geometrica <strong>di</strong> un complesso simpliciale (finito) è dettapoliedro. Si osservi che un poliedro è un compatto poiché è un’unione finita<strong>di</strong> compatti. Il complesso astratto K che da luogo al poliedro |K| è latriangolazione <strong>di</strong> |K|.


2.1. COMPLESSI SIMPLICIALI 53Ora ve<strong>di</strong>amo quale sia il comportamento <strong>di</strong> | | sui morfismi. Per qualsiasifunzione simpliciale f : K → L definiamo (a livello insiemistico)|f| : |K| → |L| , |f|( ∑ α i x i ) = ∑ α i f(x i ) .Dobbiamo <strong>di</strong>mostrare che |f| è una mappa; ciò si farà nel risultato appresso.Teorema 2.1.4 La funzione |f| indotta da una funzione simpliciale f : K →L è continua.Dimostrazione – - Si tratta <strong>di</strong> vedere che per qualsiasi p ∈ |K|, esiste unaconstante c(p) ≠ 0 <strong>di</strong>pendente da p e tale che(∀q ∈ |K|) , d(|f|(p), |f|(q)) ≤ c(p)d(p, q) .Assumiamo ches(p) = {x 0 , . . . , x n } , s(q) = {y 0 , . . . , y m }ep(x i ) = α i , i = 0, . . . , n , q(y j ) = β j , j = 0, . . . , m .Ci sono due casi da considerare.Caso 1): s(p) ∩ s(q) = ∅ - In questa situazionen∑ m∑n∑d(p, q) = { αi 2 + βj 2 } 1/2 ≥ { αi 2 } 1/2 ;i=0 j=0i=0siccome ∑ ni=0 α i = 1, il minimo <strong>di</strong> ∑ ni=0 αi 2 si ottiene solo quando α i = 1/(n+1), per qualsiasi i = 0, . . . , n. Ne segue ched(p, q) ≥ 1/ √ n + 1d(|f|(p), |f|(q))d(p, q)≤√21/ √ n + 1


54 CAPITOLO 2. OMOLOGIA(ricor<strong>di</strong>amo che d(|f|(p), |f|(q)) ≤ √ 2) e perciò,d(|f|(p), |f|(q)) ≤il risultato richiesto si ottiene facendo c(p) =√2(n + 1)d(p, q) ;√2(n + 1).Caso 2: s(p) ∩ s(q) ≠ ∅ - Riscriviamo gli in<strong>di</strong>ci degli elementi <strong>di</strong> s(p) e s(q)in modo <strong>di</strong> ottenere i seguenti elementi in comune:x r = y 0 , x r+1 = y 1 , . . . , x n = y n−r .Si osservi che l’insieme s(p) ∪ s(q) ha precisamente m + r + 1 elementi.Pren<strong>di</strong>amo gli elementi⎧⎪⎨x i , 0 ≤ i ≤ r − 1z i = x i = y i−r , r ≤ i ≤ n⎪⎩y i−r ,n + 1 ≤ i ≤ m + re i numeri reali⎧⎪⎨γ i =⎪⎩−α i , 0 ≤ i ≤ r − 1−α i + β i−r , r ≤ i ≤ nβ i−r , n + 1 ≤ i ≤ m + r .Ora or<strong>di</strong>niamo i numeri γ i in tal modo cheγ 0 ≤ γ 1 ≤ . . . ≤ γ m+r(riscriviamo gli in<strong>di</strong>ci se necessario); si osservi che γ 0 < 0 e γ m+r > 0 perchéα i > 0 per qualsiasi i = 0, 1, . . . , n. Sia s il più grande degli in<strong>di</strong>ci per ilquale γ s < 0; ora pren<strong>di</strong>amos∑λ = γ i < 0i=0(osservare che ∑ m+ri=s+1 γ i > 0) e le due successioni finite <strong>di</strong> numeri reali{ γ 0λ , . . . , γ sλ } , {γ s+1−λ , . . . , γ m+r−λ } .


2.1. COMPLESSI SIMPLICIALI 55L’elementoappartiene a |K| perchép ′ =s∑0γ iλ z i , q ′ =m+r ∑i=s+1γ i−λ z is∑ m+rγ i0λ = ∑ γ ii=s+1−λ = 1e s(p ′ ) ⊂ s(p), s(q ′ ) ⊂ s(q). Ma s(p ′ )∩s(q ′ ) = ∅ e perciò, per il caso anteriored(|f|(p ′ ), |f|(q ′ )) ≤a questo punto facciamo uso delle uguaglianzee√2(s + 1)d(p ′ , q ′ ) ;d(p ′ , q ′ ) = 1 d(p, q)−λd(|f|(p ′ ), |f|(q ′ )) = 1 d(|f|(p), |f|(q))−λ√√più il fatto che 2(s + 1) ≤ 2(n + 1) per concludere ched(|f|(p), |f|(q)) ≤Anche in questo caso facciamo c(p) =√2(n + 1)d(p, q) .√2(n + 1).La continuità <strong>di</strong> |f| in p è imme<strong>di</strong>ata: per qualsiasi ɛ > 0, scegliamoδ = ɛ/c(p). Siccome p è preso arbitrariamente, conclu<strong>di</strong>amo che |f| è globalmentecontinua.✷Il risultato anteriore è un attimino più generale:Teorema 2.1.5 Una funzione lineareè continua.n∑n∑F : |K| → |L| , F ( α i x i ) = α i F (x i )i=0i=0


56 CAPITOLO 2. OMOLOGIASia K = (X, Φ) un complesso simpliciale; la prima sud<strong>di</strong>visione baricentrica<strong>di</strong> K è il complesso simplicialeK (1) = (X (1) , Φ (1) )ove1. X (1) = Φ ;2. Φ (1) è l’insieme <strong>di</strong> tutti i sottoinsiemi finiti e non-vuoti <strong>di</strong> Φ che hannola proprietà{σ i0 , . . . , σ in } ∈ Φ (1) ⇔ σ i0 ⊂ . . . ⊂ σ in .La r ma sud<strong>di</strong>visione baricentrica K (r) <strong>di</strong> K si ottiene per iterazione. Si osserviche per qualsiasi intero positivo r la r ma sud<strong>di</strong>visione baricentrica può essereconsiderata come un funtoreB (r) : CS → CS .Possiamo dare due topologie alla realizzazione geometrica K (r) : (i) latopologia definita dalla metrica d (r) ottenuta considerando i vertici <strong>di</strong> K (r)(cioè, la topologia debole definita dai simplessi geometrici |σ (r) | <strong>di</strong> K (r) ) e(ii), la topologia indotta da |K| (cioè, dalla metrica d <strong>di</strong> K o dai simplessigeometrici <strong>di</strong> K). Per questioni <strong>di</strong> finitu<strong>di</strong>ne queste due topologie sonoequivalenti.I due risultati seguenti hanno a che fare con la geometria delle sud<strong>di</strong>visionibaricentriche dei complessi simpliciali finiti. Cominciamo per <strong>di</strong>mostrareche la topologia della realizzazione geometrica <strong>di</strong> un complesso finito non èalterata per sud<strong>di</strong>visione baricentrica.Teorema 2.1.6 Siano K = (X, Φ) un complesso simpliciale e r un interopositivo qualsiasi. Allora i poliedri |K| e |K (r) | sono omeomorfi.


2.1. COMPLESSI SIMPLICIALI 57Dimostrazione –qualsiasiÈ sufficiente <strong>di</strong>mostrare il risultato per r = 1. Perσ = {x 0 , . . . , x n } ∈ Φsia b(σ) il baricentro <strong>di</strong> |σ|, cioèb(σ) =n∑i=01n + 1 x i .La funzione che associa ad ogni σ ∈ K (1) il baricentro b(σ) si estende perlinearità ad una funzione continuan∑n∑F : |K (1) | −→ |K| , F ( α i σ i ) = α i b(σ i )i=0i=0(tutte le funzioni lineari sono continue: cfr. Teorema 2.1.5). Vogliamo <strong>di</strong>mostrareche la funzione F è una biiezione.Sia p = ∑ ni=0 α i σ i un puntoarbitrario <strong>di</strong> |K (1) |; si osservi che σ 0 , . . . σ n sono simplessi <strong>di</strong> K tali cheσ 0 ⊂ σ 1 ⊂ . . . ⊂ σ n .Supponiamo che <strong>di</strong>m σ 0 = r; possiamo assumere che <strong>di</strong>m σ 1 = r + 1 (casocontrario, si potrebbero prendere dei simplessi interme<strong>di</strong>ariσ 0 = τ 0 ⊂ τ 1 ⊂ . . . ⊂ τ k = σ 1tali che <strong>di</strong>m τ j+1 = <strong>di</strong>m τ j + 1 e ai quali si potrebbero attribuire coefficientiuguali a zero nella somma che rappresenta p). Con ciò si può supporre cheσ 0 = {x 0 } ,σ 1 = {x 0 , x 1 } ,. . . . . . . . . . . .σ n = {x 0 , x 1 , . . . , x n }


58 CAPITOLO 2. OMOLOGIAe allora,Così, seF (p) = α 0 x 0 + α 1 ( x 0 + x 12coincidesse con F (p) si avrebbe) + . . . + α n ( x 0 + x 1 + . . . + x n) .n + 1n∑q = β i x i ∈ |K|i=0β 0 = α 0 + α 1 /2 + . . . + α n /(n + 1)β 1 = α 1 /2 + . . . + α n /(n + 1). . . . . . . . . . . .β n = α n /(n + 1)e1 ≥ β 0 ≥ β 1 ≥ . . . ≥ β n ≥ 0 .D’altro lato, data una successione <strong>di</strong> numeri reali1 ≥ β 0 ≥ β 1 ≥ . . . ≥ β n ≥ β n+1 = 0i numeri realiα i = (i + 1)(β i − β i+1 ) , i = 0, 1, . . . , nsod<strong>di</strong>sfano le uguaglianze anteriori e così, si vede che gli α i ed i β i si determinanomutuamente; ciò vuol <strong>di</strong>re che F è una biiezione. La <strong>di</strong>mostrazionesi completa ricordando che infatti F è una biiezione continua da uno spaziocompatto ad uno spazio <strong>di</strong> Hausdorff.✷Ve<strong>di</strong>amo ora cosa succede con le lunghezze degli 1-simplessi <strong>di</strong> un poliedroe delle sue successive sud<strong>di</strong>visioni baricentriche. Sia K = (X, Φ) un complessosimpliciale finito; consideriamo |K (r) | come sottospazio <strong>di</strong> |K| (quest’ultimo


2.1. COMPLESSI SIMPLICIALI 59con la topologia definita dalla metrica d). Definiamo il <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong>am |K (r) |<strong>di</strong> |K (r) | come la lunghezza massima <strong>di</strong> tutti i suoi 1-simplessi in |K|. Il risultatosuccessivo ci <strong>di</strong>ce che il <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong>minuisce con le successive sud<strong>di</strong>visionibaricentriche.Teorema 2.1.7 Per qualsiasi numero reale ε > 0 esiste un intero positivo rtale che <strong>di</strong>am |K (r) | < ε.Dimostrazione – Supponiamo che <strong>di</strong>m K = n. Si prenda arbitrariamenteun 1-simplesso {σ 0 , σ 1 } <strong>di</strong> K (1) ; possiamo assumere cheσ 0 = {x i0 , . . . , x iq }eσ 1 = {x i0 , . . . , x iq , x j0 , . . . , x jp }ove p + q + 2 ≤ n. Siccome |K| ∼ = |K (1) | (infatti conviene fare una identificazione|K| ≡ |K (1) |), la lunghezza del simplesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione 1 <strong>di</strong> |K (1) |rappresentato astrattamente da {σ 0 , σ 1 } si calcola tramite la formulad(q∑ 1q + 1 x i k,k=0q∑k=01p + q + 2 x i k+p∑l=01p + q + 2 x j l) =1= {(q + 1 − 11p + q + 2 )2 (q + 1) + (p + q + 2 )2 (p + 1)} 1/2 =√1 (p + 1)(p + q + 2)==p + q + 2 q + 1= p + q + 1√ (p + 1)(p + q + 2)p + q + 2 (p + q + 1) 2 (q + 1) < n √2n + 1poichép + q + 1p + q + 2


60 CAPITOLO 2. OMOLOGIADa tutto ciò conclu<strong>di</strong>amo che<strong>di</strong>am |K (1) | 0} ⊂ |K|e la funzioneδ x : |K| −→ IR , δ x (p) = p(x) .Quest’ultima è continua perché, per ogni q ∈ |K|,|δ x (p) − δ x (q)| < d(p, q) ;siccome A(x) = δx−1 (0, ∞), conclu<strong>di</strong>amo che A(x) è un aperto <strong>di</strong> |K|.Si noti che a questo modo otteniamo un ricoprimento aperto <strong>di</strong> |K|.Lemma 2.1.8 Dati arbitrariamente x 0 , . . . , x n ∈ X, l’insieme σ = {x 0 , . . . , x n } ∈Φ ⇐⇒n⋂A(x i ) ≠ ∅ .i=0Dimostrazione – ⇒: Se σ ∈ Φ, il suo baricentrob(σ) =n∑i=01n + 1 x i ∈n⋂A(x i ) .i=0


2.1. COMPLESSI SIMPLICIALI 61⇐: Se p ∈ ⋂ ni=0 A(x i ), allora p(x i ) > 0 per qualsiasi i = 0, . . . , n; perciò{x 0 , . . . , x n } ⊂ s(p) ∈ Φ .✷Per concludere questa sezione sui complessi astratti e la loro realizzazionegeometrica <strong>di</strong>mostriamo un’importante risultato riguardante il prodotto cartesiano<strong>di</strong> due poliedri: il prodotto cartesiano <strong>di</strong> due poliedri è un poliedro.Teorema 2.1.9 Siano dati due complessi simpliciali finitiK = (X, Φ) e L = (Y, Θ) .Esiste un complesso simpliciale finito K × L tale che|K × L| ∼ = |K| × |L| .Dimostrazione – Il complesso simpliciale K × L è definito seguendo laricetta appresso:1. or<strong>di</strong>niamo gli insiemi X e Y ;2. or<strong>di</strong>niamo X × Y tramite l’or<strong>di</strong>ne lessicografica;3. richie<strong>di</strong>amo che un insieme {(x i0 , y j0 ), . . . , (x im , y jn )} <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> X ×Y sia un simplesso <strong>di</strong> K × L ⇐⇒ siano valide le tre con<strong>di</strong>zioni:(a) (x i0 , y j0 ) < . . . < (x im , y jn ) ;(b) {x i0 , . . . , x im } ∈ Φ ;(c) {y j0 , . . . , y jn } ∈ Θ .


62 CAPITOLO 2. OMOLOGIAQuesti requisiti hanno come conseguenza che le proiezzionipr 1 : X × Y → X , pr 2 : X × Y → Ysono morfismi tra complessi simpliciali e perciò, determinano una mappaφ = |pr 1 | × |pr 2 | : |K × L| → |K| × |L| .Ci proponiamo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che φ è un omeomorfismo.Siano p ∈ |K| e q ∈ |L| dati dam∑p = α i x i , α i > 0 ,i=oandn∑q = β j y j , β j > 0 ,j=0Definiamo i numeri realim∑α i = 1 , x 0 < · · · < x mi=0n∑β j = 1 , y 0 < · · · < y n .j=0s∑a s = α i , s = 0, 1, . . . , mi=0et∑b t = β j , t = 0, 1, . . . , n ;j=0ora or<strong>di</strong>niamo l’insieme {0, a 0 , . . . , a m−1 , b 0 , . . . , b n = 1} in modo che0 = c−1 < c 0 < c 1 < . . . < c m+n = b n = 1e, per qualsiasi r = 0, 1, . . . , m + n, pren<strong>di</strong>amo z r = (x i , y j ) con la richiestache gli in<strong>di</strong>ci i (rispettivamente, j) siano uguali al numero <strong>di</strong> numeri reali a s(rispettivamente, b t ) che si trovano nell’insieme {c 0 , c 1 , . . . , c r−1 }. Si osservichez 0 = (x 0 , y 0 ) , z m+n = (x m , y n ) .


2.1. COMPLESSI SIMPLICIALI 63Si noti anche che se z r = (x i , y j ), l’elemento z r+1 è uguale a (x i+1 , y j ) o a(x i , y j+1 ); in ogni caso z r < z r+1 e perciòz 0 = (x 0 , y 0 ) < z 1 < . . . < z m+n = (x m , y n ) .Siccomem+n ∑i=0possiamo concludere chew =(c i − c i−1 ) = c m+n − c −1 = 1m+n ∑i=0(c i − c i−1 )z i ∈ |K × L| .Questo ragionamento ci permette definire una funzioneψ : |K| × |L| −→ |K × L| , ψ(p, q) =m+n ∑i=0(c i − c i−1 )z iche è l’inverso <strong>di</strong> φ. Infatti, supponiamo p ∈ |K| e q ∈ |L| come prima.Allora,|pr 1 |ψ(p, q) =m∑γ i x i .i=0Siano z r < z r+1 < . . . < z r+t gli elementi z i <strong>di</strong> ψ(p, q) le cui prime coor<strong>di</strong>natesiano uguali a x s ; la situazione è descritta nella tabella seguente:vertici coefficienti in ψ(p, q)z r−1 = (x s−1 , y α ) c r−1 − c r−2z r = (x s , y α ) c r − c r−1. . . . . .. . . . . .. . . . . .z r+t = (x s , y α+t ) c r+t − c r+t−1z r+t+1 = (x s+1 , y α+t ) c r+t+1 − c r+t


64 CAPITOLO 2. OMOLOGIASi osservi che il coefficiente γ s in |pr 1 |ψ(p, q) è uguale a c r+t − c r−1 ; oltre aciò, si noti che d’accordo con la definizione <strong>di</strong> z r−1 e z r , possiamo concludereche c r−1 = a s−1 (e analogamnete, che c r+t = a s ). Ne segue cheγ s = c r+t − c r−1 = a s − a s−1 = α sed infine, |pr 1 |ψ(p, q) = p. Dimostriamo in modo analogo che|pr 2 |ψ(p, q) = q ;questi due fatti <strong>di</strong>mostrano che φψ = 1 |K|×|L| .Ora pren<strong>di</strong>amo un elementos∑u = ζ r z r ∈ |K × L|r=0ove ∑ sr=0 ζ r = 1 e z 0 < z 1 < . . . < z s . Siano x 0 , . . . , x m (respectively,y 0 , . . . , y n ) i vertici <strong>di</strong>stinti che compaiano come prime (rispettivamente,seconde) coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> z 0 , . . . , z s ; allora,{x 0 , . . . , x m } ∈ Φ , {y 0 , . . . , y n } ∈ Θe inoltre, z 0 = (x 0 , y 0 ) e z s = (x m , y n ). Le definizioni date ci permettono <strong>di</strong>scrivere l’uguaglianzam∑|pr 1 |(u) = α i x i ,i=0ove α i è la somma dei coefficienti ζ r degli elementi z r la cui prima coor<strong>di</strong>natasia uguale a x i ; ora si vede facilmente che ∑ mi=0 α i = 1. Osservazioni analoghepossono essere fatte per |pr 2 |(u). Conclu<strong>di</strong>amo cheψφ = 1 |K×L| .Siccome |K × L| è compatto si ha che φ è un omeomorfismo.✷Esercizi:


2.1. COMPLESSI SIMPLICIALI 651. Sia U = {U x |x ∈ X} un ricoprimento aperto finito <strong>di</strong> uno spazio topologicoB. Definiamo l’insiemeΦ = {σ ⊂ X| ∩ x∈σ U x ≠ ∅} .Dimostrare che N(U) = (X, Φ) è un complesso simpliciale astratto finito,detto nervo del ricoprimento U.2. Sia K = (X, Φ) un complesso simpliciale finito. Per qualsiasi x ∈ X, la stellaSt(x) <strong>di</strong> x in |K| è il complementare in |K| dell’unione <strong>di</strong> tutti i simplessi|σ| tali che x ∉ σ. Dimostrare che S⊔ = {St(x)|x ∈ X} è un ricoprimentoaperto <strong>di</strong> |K| e N(S⊔) = K.3. Siano dati uno spazio metrico compatto X ed un numero reale positivo ε.Si costruisca l’insieme Φ <strong>di</strong> tutti i sottoinsiemi finiti σ <strong>di</strong> X il cui <strong>di</strong>ametroè minore <strong>di</strong> ε. Dimostrare che K = (X, Φ) è un complesso simpliciale.4. Uno spazio topologico X è detto triangolabile se esiste un poliedro |K| chesia omeomorfo a X; per abuso <strong>di</strong> linguaggio, si <strong>di</strong>ce che X è triangolabile eche K è una triangolazione <strong>di</strong> X. Esibire una triangolazione delle seguentisuperfici:a) nastro <strong>di</strong> Möbius;b) X = S 1 × S 1 (toro);c) bottiglia <strong>di</strong> Klein;d) IRP 2 (piano proiettivo reale);e) G 2 ottenuta aggiungendo due manici alla sfera S 2 ; <strong>di</strong>mostrare che G 2 èomeomorfa allo spazio ottenuto da un ottagono nel cui bordo si fannole identificazioni a 1 b 1 a −11 b−1 1 a 2b 2 a −1genere 2.2 b−1 2. Questa superficie è detta <strong>di</strong>


66 CAPITOLO 2. OMOLOGIA2.2 Omologia <strong>Simpliciale</strong>Nella sezione precedente abbiamo definito il funtore “realizzazione geometrica”| | : CS −→ Top ;qui vogliamo definire il funtore “omologia” dalla categoria CS alla categoriaAb Z dei gruppi abeliani graduati.Da ora in poi tutti i nostri complessi simpliciali saranno orientati cioè,ognuno dei loro simplessi ha un or<strong>di</strong>namento prescelto dell’insieme dei vertici.Due or<strong>di</strong>namenti dei vertici <strong>di</strong> un simplesso sono equivalenti se uno <strong>di</strong> questior<strong>di</strong>namenti proviene dall’altro per una permutazione pari dei vertici. Inquesto modo, un complesso astratto ha sostanzialmente due soli possibili orientamenti.Come si vedrà, la scelta <strong>di</strong> un’orientamento, malgrado essenzialeper la definizione dei gruppi <strong>di</strong> omologia, non è determinante per l’andamentogenerale della teoria perché i gruppi ottenuti con un or<strong>di</strong>namento o con l’altrosono isomorfi.Sia K = (X, Φ) un complesso simpliciale astratto (non necessariamentefinito). Per qualsiasi numero naturale n dato, sia C n (K) il gruppo abelianodelle combinazioni lineari finite a coefficienti nel gruppo Z degli n-simplessi<strong>di</strong> K; pren<strong>di</strong>amo C n (K) = 0 per tutti gli n < 0. Gli elementi <strong>di</strong> C n (K) sonole n-catene. Per qualsiasi n ∈ Z siad n = d K n: C n (K) −→ C n−1 (K)l’omomorfismo 0 se n ≤ 0; per gli in<strong>di</strong>ci n > 1, d n è l’omomorfismo lineareche trasforma un n-simplesso {x 0 , x 1 , . . . , x n } nella (n − 1)-catena{x 1 , x 2 , . . . , x n } + (−1) {x 0 , x 2 , . . . , x n } . . .. . . + (−1) n {x 0 , x 1 , . . . , x n−1 } =n∑(−1) j {x 0 , . . . , ̂x j , . . . , x n }j=0


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 67(il simbolo ̂ su x j significa che il vertice x j è stato eliminato). Gli omomorfismi<strong>di</strong> grado -1 appena definiti sono chiamati omomorfismi <strong>di</strong> bordo.Lemma 2.2.1 Per qualsiasi n ∈ Z, d n−1 d n = 0.Dimostrazione – Basta <strong>di</strong>mostrare il risultato per un arbitrario {x 0 , x 1 , . . . , x n }.d n−1 d n ({x 0 , x 1 , . . . , x n } = d n−1n ∑j=0(−1) j {x 0 , . . . , ̂x j , . . . , x n } =n∑j=0(−1) j ∑ (−1) k {x 0 , . . . , ̂x k , . . . , ̂x j , . . . , x n } +kj✷Questa proprietà degli omomorfismi <strong>di</strong> bordo ci permette <strong>di</strong> osservare cheper qualsiani n, l’immagine <strong>di</strong> d n+1 è contenuta nel nucleo <strong>di</strong> d n ossia, con lenotazioniZ n (K) = ker d n e B n (K) = im d n+1 ,B n (K) ⊂ Z n (K). Dunque possiamo definire i gruppi quozientiH n (K) = Z n (K)/B n (K)per ogni n ∈ Z; è evidente che H n (K) = 0 per qualsiasi n < 0. Gli elementi<strong>di</strong> Z n (K) sono detti n-cicli e quelli <strong>di</strong> B n (K), n-bor<strong>di</strong>; il gruppo H n (K) èl’ennesimo gruppo <strong>di</strong> omologia <strong>di</strong> K (con coefficienti in Z).A questo punto sappiamo che il funtore “omologia” che vogliamo definireassocia ad ogni complesso simpliciale astratto K il gruppo abeliano graduatoH(K) = {H n (K)|n ∈ Z}. La questione che si apre è quella <strong>di</strong> stabilire ilcomportamento <strong>di</strong> questo funtore nei morfismi <strong>di</strong> CS. Sia f : K = (X, Φ) →


68 CAPITOLO 2. OMOLOGIAL = (Y, Θ) una funzione simpliciale (K e L con un orientamento fissato).DefiniamoC n (f) : C n (K) −→ C n (L)sui simplessi tramite la formula⎧⎪⎨ {f(x 0 ), . . . , f(x n )}, (∀i ≠ j)f(x i ) ≠ f(x j )C n (f)({x 0 , . . . , x n }) =⎪⎩ 0, caso contrario.È facile <strong>di</strong>mostrare che d L nC n (f) = C n−1 (f)d K n , per qualsiasi n ∈ Z: questosi può fare con una semplice verifica su un singolo n-simplesso. Per qualsiasin ≥ 0, definiamoH n (f) : H n (K) −→ H n (L)z + B n (K) ↦→ C n (f)(z) + B n (L) ;come prima cosa osserviamo che C n (f)(z) è un ciclo <strong>di</strong> C n (L): infatti,d L nC n (f)(z) = C n−1 (f)d K n (z) = 0perché z è un ciclo. D’altro canto, H n (f) è ben-definita: supponiamo chez − z ′ = d K n+1(w); allora,C n (f)(z − z ′ ) = C n (f)d K n+1(w) = d L n+1C n+1 (f)(w)dunque C n (f)(z − z ′ ) ∈ B n (L) e perciò, H n (f)((z − z ′ ) + B n (K)) = 0.Per n < 0 pren<strong>di</strong>amo H n (f) = 0; in questo modo otteniamo un omomorfismo<strong>di</strong> gruppi abeliani H n (f) per qualsiasi n ∈ Z. Il lettore è invitato a<strong>di</strong>mostrare cheH n (1 K ) = 1 Hn(K) e H n (gf) = H n (g)H n (f)per qualsiasi n ∈ Z. Ora conclu<strong>di</strong>amo la costruzione del funtore omologiaH : CS −→ Ab Z :


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 69si osservi che se K α e K β rappresentano il complesso simpliciale K con i duepossibili orientamenti α e β, siccome i passaggi <strong>di</strong> un orientamento all’altroi α,β : K α → K β , i β,α : K β → K αpossono essere interpretati como funzioni simpliciali, si ottiene cheH n (i α,β i β,α ) = 1 Hn(K β )eH n (i β,α i α,β ) = 1 Hn(K α )e perciò, H n (K α ) ∼ = H n (K β ). Dunque, a meno <strong>di</strong> isomorfismo, l’orientamentodel complesso non influisce sulla definizione del gruppo H n (K) e così , possiamoignorare l’orientamento (sebbene nella soluzione <strong>di</strong> molti problemi ciòin generale non possa essere fatto). Tutto questo armamentario ci permette<strong>di</strong> definire il funtoreH ⋆ : CS −→ Ab ZprendendoH ⋆ (K) = {H n (K)|n ∈ Z} e H ⋆ (f) = {H n (f)|n ∈ Z}sugli oggetti e morfismi, rispettivamente. Osserviamo esplicitamente che perogni n ≥ 0H n (−) : CS → Grè un funtore covariante.Ricapitolando, ad ogni complesso simpliciale astratto K, possiamo associareun gruppo abeliano graduato C(K) = {C n (K)} e per ogni n ∈ Z, unomomorfismo d n : C n (K) → C n−1 (K), con la proprietà d n−1 d n = 0 che a lorovolta definiscono un gruppo abeliano graduato H ∗ (K) = {H n (K)}. Questo


70 CAPITOLO 2. OMOLOGIAfatto può essere inserito in un contesto più generale che si rende molto utile,come vedremo a seguito.Un complesso <strong>di</strong> catene è un gruppo graduato {C n } insieme a un endomorfismod = {d n } <strong>di</strong> grado -1 chiamato omomorfismo <strong>di</strong> bordo 1 d = {d n :C n → C n−1 } con la proprietà che d 2 = 0, cioè d n d n+1 = 0 per ogni n ∈ Z.DunqueB n = im d n+1 ⊂ Z n = ker d ne perciò possiamo definire H ∗ (C) = Z n /B n detta omologia <strong>di</strong> C.Un omomorfismo <strong>di</strong> catene tra due complessi <strong>di</strong> catene (C, d) e (C ′ , d ′ ) èuna omomorfismo <strong>di</strong> gruppi abeliani graduati f = {f n : C n → C n} ′ <strong>di</strong> grado0 che commuta con gli omomorfismi <strong>di</strong> bordo, cioè f n−1 d n = d ′ nf n .Di solito visualizziamo complessi <strong>di</strong> catene come <strong>di</strong>agrammi· · · > C n+1d n+1> Cnd n> Cn−1 > · · ·e i loro morfismi come <strong>di</strong>agrammi commutativi· · · > C n+1d n+1> Cnd n> Cn−1 > · · ·f n+1∨· · · > C ′ n+1f n f n+1d ′ ∨∨n+1 d ′> C′ nn > C′n−1 > · · ·Si osservi che i complessi <strong>di</strong> catene e i loro morfismi costituiscono unacategoria.Queste definizione sono inspirate chiaramente da ciò che abbiamo fattoper definire i gruppi <strong>di</strong> omologia <strong>di</strong> un complesso simpliciale astratto; infatti,ci teniamo ad osservare che per qualsiasi complesso simpliciale astratto K, ilgruppo graduato abeliano {C n (K)|n ∈ Z} con il suo omomorfismo <strong>di</strong> bordo1 In alcuni testi chiamati operatori <strong>di</strong>fferenziali.


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 71d K= {d K n |n ∈ Z} è un complesso <strong>di</strong> catene (C(K), d K ). Il complesso <strong>di</strong>catene C(K) è detto positivo perché tutti i termini <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ce negativo sono0. In particolare, se f : K → M è una funzione simpliciale, l’omomorfismoC(f) : C(K) → C(M)è un omomorfismo <strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> catene.Se K è finito, tutti i gruppi C n (K) sono liberi <strong>di</strong> rango uguale al numerodegli n-simplessi <strong>di</strong> K; i sottogruppi Z n (K) e B n (K) <strong>di</strong> C n (K) sono anch’essiliberi, con un numero finito <strong>di</strong> generatori. Infine, i gruppi <strong>di</strong> omologia H n (K)sono abeliani e finitamente generati e perciò, a causa del Teorema della decomposizionedei gruppi abeliani finitamente generati, sono isomorfi a somme<strong>di</strong>retteZ β(n) ⊕ Z n(1) ⊕ . . . ⊕ Z n(k)con Z n(i) ciclico <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne n(i). Il numero β(n) – uguale al rango del gruppoabeliano H n (K) – è l’n mo -numero <strong>di</strong> Betti del complesso K.Ora cominciamo a stu<strong>di</strong>are la successione esatta <strong>di</strong> omologia <strong>di</strong> una coppia(K, L) <strong>di</strong> complessi astratti, con L sottocomplesso <strong>di</strong> K. Evidentementeabbiamo bisogno <strong>di</strong> una definizione: un complesso simpliciale L = (Y, Θ) èun sottocomplesso (simpliciale) <strong>di</strong> un complesso simpliciale K = (X, Φ) seY ⊂ X e Θ ⊂ Φ. Per qualsiasi n ≥ 0 pren<strong>di</strong>amo il quoziente dei gruppi <strong>di</strong>catene C n (K)/C n (L) e definiamod K,Ln: C n (K)/C n (L) → C n−1 (K)/C n−1 (L)tramite la formulad K,Ln (c + C n (L)) = (d K n (c)) + C n−1 (L)(che è ben definita perché nell’ipotesi in cui c ′ sia anch’esso un rappresentante


72 CAPITOLO 2. OMOLOGIA<strong>di</strong> c + C n (L), allora c − c ′ ∈ C n (L) ed K n (c − c ′ ) = d L n(c − c ′ ) ∈ C n−1 (L) ;dunque d K,Ln(c + C n (L)) = d K,Ln (c ′ + C n (L))). Il lettore può verificare senza<strong>di</strong>fficoltà che gli omomorfismi d K,Lnsono omomorfismi <strong>di</strong> bordo e perciò,C(K, L) = {C n (K)/C n (L), d K,Ln }è un complesso <strong>di</strong> catene i cui gruppi <strong>di</strong> omologia H n (K, L; Z) sono i cosiddettigruppi <strong>di</strong> omologia relativa della coppia (K, L). Sia CCS la categoriache ha per oggetti le coppie (K, L) formate da un complesso simpliciale astrattoed un suo sottocomplesso L e per morfismi, coppie (k, l) <strong>di</strong> funzionisimpliciali, <strong>di</strong>ciamo per esempio(k, l) : (K, L) −→ (K ′ , L ′ )tale che k : K → K ′ , l : L → L ′ e k|L = l.Il lettore potrà verificarefacilmente che l’omologia relativa determina un funtore covarianteH(−, −) : CCS −→ Ab Z .Una successione (infinita) <strong>di</strong> gruppiè esatta se· · · > G n+1f n+1> Gnf n> Gn−1 > · · ·(∀n ∈ Z) im f n+1 = ker f n .Di particolare importanza sono le successioni esatte con soltanto tre gruppiconsecutivi non-banali:d n+1 d. . . → 0 → G n+1 −→nGn −→ Gn−1 → 0 → . . .


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 73in tal caso, d n+1 è iniettivo e d n è suriettivo. Tali successioni esatte sonodette successioni esatte corte. La successione esatta corta descritta sopra siscrive anche nella formaG n+1 > − > G n − −≫ G n−1 .Il risultato seguente è molto importante ed ha il nome <strong>di</strong> Teorema dellaSuccessione Esatta Lunga dell’omologia <strong>di</strong> una coppia <strong>di</strong> complessi simpliciali(K, L).Teorema 2.2.2 Sia (K, L) una coppia <strong>di</strong> complessi simpliciali. Per qualsiasin > 0 esiste un omomorfismo˜λ n : H n (K, L) → H n−1 (L)(detto omomorfismo <strong>di</strong> connessione) che rende esatta la seguente successione<strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> omologia. . . → H n (L) Hn(i)−→ H n (K) q∗(n)−→ H n (K, L) ˜λ n−→ Hn−1 (L) → . . .Dimostrazione – La <strong>di</strong>mostrazione del teorema non è <strong>di</strong>fficile, però è abbastanzalunga. La <strong>di</strong>videremo in una serie <strong>di</strong> passi, lasciando la <strong>di</strong>mostrazione<strong>di</strong> alcuni al lettore.1. Per qualsiasi n > 0 siaq n : C n (K) → C n (K)/C n (L)l’omomorfismo quoziente. Dalle definizioni date, è facile <strong>di</strong>mostrare che(∀n ≥ 0) d K,Ln q n = q n−1 d K ne dunqueq = {q n } : C(K) → C(K, L)


74 CAPITOLO 2. OMOLOGIAè un omomorfismo <strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> catene. Inoltre, si osservi che perogni n ≥ 0 la successione <strong>di</strong> gruppiC n (i)nC n (L) > − > C n (K) −q−≫ C n (K)/C n (L)è esatta corta e dunque, abbiamo una successione esatta corta <strong>di</strong> complessi<strong>di</strong> cateneC(i) qC(L) > − > C(K) − −≫ C(K, L)2. Definizione <strong>di</strong> ˜λ n . Consideriamo la seguente porzione della successioneesatta corta <strong>di</strong> complessi:C n (L) >C n (i)−> C n (K) −q n− ≫ C n (K)/C n (L)d L nd K nd K,Ln∨∨∨C n−1 (L) > − > C n−1 (K) −−≫ C n−1 (K)/C n−1 (L)C n−1 (i) qn−1Pren<strong>di</strong>amo un ciclo z <strong>di</strong> C n (K)/C n (L); l’omomorfismo q n è suriettivo,perciò esiste una catena ˜z ∈ C n (K) con q n (˜z) = z; per la commutativitàdel <strong>di</strong>agramma,q n−1 (d K n ˜z) = d K,Ln q n (˜z) = d K,Ln z = 0e quin<strong>di</strong>, d K n ˜z ∈ ker q n−1 = im C n−1 (i), perciò esiste un’unica catenac ∈ C n−1 (L) per la qualein realtà c è un ciclo, dato cheC n−1 (i)(c) = d K n ˜z ;C n−2 (i)d L n−1c = d K n−1C n−1 (i)(c) = d K n−1d K n ˜z = 0


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 75e C n−2 (i) è un monomorfismo. Possiamo quin<strong>di</strong> definire˜λ n : H n (K, L) → H n−1 (L)ponendo ˜λ n [z] := [c] .3. La definizione <strong>di</strong> ˜λ n è corretta. Si deve verificare che ˜λ n non <strong>di</strong>pende nèdalla scelta del ciclo z che rappresenta la classe <strong>di</strong> coomologia nè dallacatena ˜z che si mappa su z. Supponiamo <strong>di</strong> aver scelto un’altro ciclo z ′<strong>di</strong> C n (K)/C n (L) con [z] = [z ′ ] e un ˜z ′ con q n (˜z ′ ) = z ′ e sia inoltre c ′ ilciclo in C n−1 (L) con la proprietà C n−1 (i)(c ′ ) = d K n ˜z ′ ; per definizione <strong>di</strong>classe <strong>di</strong> omologia esiste una catena b ∈ C n+1 (K)/C n+1 (L) con d K,Ln+1b =z − z ′ .Siccome q n+1 è un epimorfismo, esiste un ˜b ∈ C n+1 (K) con q n+1 (˜b) = b;ora,quin<strong>di</strong> esiste un a ∈ C n (L) conaddesso abbiamoq n (˜z − ˜z ′ − d K n+1˜b) = z − z ′ − d K,Ln+1b = 0C n (i)(a) = ˜z − ˜z ′ − d K n+1˜b ;C n−1 (i)(d L na) = d K n (˜z − ˜z ′ − d K n+1˜b) = C n−1 (i)(c − c ′ )e per l’iniettività <strong>di</strong> C n−1 (i) conclu<strong>di</strong>amo c − c ′ = d L na, cioè c e c ′rappresentano la stessa classe <strong>di</strong> omologia in H n (L).Osservazione - I due punti precedenti sono esempi tipici del cosidetto”<strong>di</strong>agram chasing”. Per seguire i ragionamenti consigliamo al lettore <strong>di</strong>tracciare i <strong>di</strong>agrammi e i vari elementi considerando soltanto le mappee trascurando gli in<strong>di</strong>ci, che anche se danno la precisione ma a volterendendo <strong>di</strong>fficile la lettura.


76 CAPITOLO 2. OMOLOGIA4. La successione è esatta. Per <strong>di</strong>mostrare l’esattezza della successione <strong>di</strong>gruppi <strong>di</strong> omologia dobbiamo verificare i seguenti fatti:(a) im H n (i) = ker q ∗ (n) ;(b) im q ∗ (n) = ker ˜λ n ;(c) im ˜λ n = ker H n−1 (i) .Considereremo soltanto il secondo fatto, lasciando gli altri al lettore.Pren<strong>di</strong>amo una classe [z] ∈ H n (K, L) e calcoliamo ˜λ n q ∗ (n)([z]) =˜λ n [q n (z)]. Sapendo che possiamo prendere un qualunque (!) elemento<strong>di</strong> C n (K) che si proietta su q n (z), scegliamo z stesso e visto ched K,Ln z = 0 conclu<strong>di</strong>amo che ˜λ n [q n (z)] = 0, cioè im q ∗ (n) ⊆ ker ˜λ n .Viceversa, se [z] è una classe <strong>di</strong> omologia in H n (K, L) con ˜λ n [z] = 0sappiamo, dalla definizione <strong>di</strong> ˜λ n , che devono esistere ˜z ∈ C n (K) e unciclo c ∈ C n−1 (L) tali cheq n (˜z) = z e C n−1 (i)(c) = d K n ˜z ;siccome ˜λ n [z] = 0, esiste un ˜c ∈ C n (L) tale che c = d L n(˜c). Osserviamoched K n (C n (i)(˜c) − ˜z) = 0e inoltre, q n (C n (i)(˜c) − ˜z) = z; quin<strong>di</strong> ker ˜λ n ⊆ im q ∗ (n).La <strong>di</strong>mostrazione degli altri due punti è simile.✷Ora vogliamo spiegare come l’omomorfismo <strong>di</strong> connessione ˜λ n sia naturalerelativamente a morfismi <strong>di</strong> coppie <strong>di</strong> complessi simpliciali. Cominciamo conun risultato la cui <strong>di</strong>mostrazione si ottiene facilmente dalle definizioni date epertanto, è lasciata a carico del lettore:


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 77Teorema 2.2.3 Sia (k, l) : (K, L) → (K ′ , L ′ ) una funzione simpliciale data.Allora, per qualsiasi n ≥ 1, il <strong>di</strong>agramma seguente commuta:H n (K, L)˜λ n> Hn−1 (L)C n (k, l)∨H n (K ′ , L ′ )C n−1 (l)∨> H n−1 (L ′ )˜λ nOra ritorniamo alla categoria CCS delle coppie <strong>di</strong> complessi simpliciali;siaπ 2 : CCS → CSil funtore definito da(∀(K, L) ∈ CCS) π 2 (K, L) = Le(∀(k, l) ∈ CCS((K, L), (K ′ , L ′ ))) π 2 (k, l) = l .Per ogni n ≥ 0 pren<strong>di</strong>amo i funtori covariantiH n (−, −) : CCS → Gredunque, il Teorema 2.2.3 ci <strong>di</strong>ce cheH n−1 (−) ◦ π 2 : CCS → Gr ;˜λ n : H n (−, −) → H n−1 ◦ π 2è una trasformazione naturale (vedere la definizione <strong>di</strong> trasformazione naturaletra funtori nella Sezione 1.2).


78 CAPITOLO 2. OMOLOGIAUn’altra tecnica molto utile è quella della successione <strong>di</strong> Mayer – Vietoris.Siano dati due complessi simpliciali K 1 = (X 1 , Φ 1 ) e K 2 = (X 2 , Φ 2 ) e sianoK 1 ∪ K 2 = (X 1 ∪ X 2 , Φ 1 ∪ Φ 2 )eK 1 ∩ K 2 = (X 1 ∩ X 2 , Φ 1 ∩ Φ 2 ) .Le inclusioniΦ 1 ∩ Φ 2 ↩→ Φ α , Φ α ↩→ Φ 1 ∪ Φ 2 , α = 1, 2definiscono funzioni simplicialii α : K 1 ∩ K 2 −→ K α , j α : K α −→ K 1 ∪ K 2 , α = 1, 2che a loro volta definiscono gli omomorfismiĩ(n) : C n (K 1 ∩ K 2 ) → C n (K 1 ) ⊕ C n (K 2 ) , c ↦→ (C n (i 1 )(c), C n (i 2 )(c))˜j(n) : C n (K 1 ) ⊕ C n (K 2 ) → C n (K 1 ∪ K 2 ) ,(c, c ′ ) ↦→ C n (j 1 )(c) − C n (j 2 )(c ′ ) .Gli omomorfismi appena definiti hanno le proprietà seguenti:1. ĩ(n) è iniettivo;2. ˜j(n) è suriettivo;3. im ĩ(n) = ker ˜j(n);4. (d K 1n ⊕ d K 2n )ĩ(n) = ĩ(n − 1)d K 1∩K 2n ;5. ˜j(n − 1)(d K 1n ⊕ d K 2n ) = d K 1∪K 2n˜j(n).


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 79Così , la successione <strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> catene0 → C(K 1 ∩ K 2 )ĩ˜j−→ C(K 1 ) ⊕ C(K 2 ) −→ C(K 1 ∪ K 2 ) → 0è esatta corta. Con una <strong>di</strong>mostrazione perfettamente analoga a quella delTeorema 2.2.2 otteniamo il risultato seguente:Teorema 2.2.4 (Mayer–Vietoris) Per qualsiasi n ∈ Z esiste un omomorfismoλ n : H n (K 1 ∪ K 2 ) −→ H n−1 (K 1 ∩ K 2 )tale che la successione infinita <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> omologiasia esatta.. . . → H n (K 1 ∩ K 2 ) Hn(ĩ)−→ H n (K 1 ) ⊕ H n (K 2 )H n(˜j)−→ H n (K 1 ∪ K 2 ) λn−→ H n−1 (K 1 ∩ K 2 )(K 2 ) → . . .Prima <strong>di</strong> calcolare l’omologia <strong>di</strong> alcuni complessi simpliciali facciamo unaparentesi nella nostra esposizione per stu<strong>di</strong>are alcuni fatti <strong>di</strong> carattere puramentealgebrico; questi fatti permetteranno una esposizione più agevole deirisultati che vogliamo presentare.Siano f, g : (C, d) → (C ′ , d ′ ) morfismi tra complessi <strong>di</strong> catene. Un’omotopiatra f e g è un morfismo s : C → C ′ tra gruppi graduati, <strong>di</strong> grado +1, chesod<strong>di</strong>sfa la relazione f − g = d ′ s + sd o, più precisamente(∀n ∈ Z) f n − g n = d ′ n+1s n + s n−1 d n .In questo caso <strong>di</strong>ciamo che i morfismi f e g sono omotopi, il che è chiaramenteuna relazione <strong>di</strong> equivalenza. In particolare, il morfismo f è null-omotopo seesiste un’omotopia s tale che f = d ′ s + sd (dunque, f e g sono omotopi se esoltanto se f − g è null-omotopo).


80 CAPITOLO 2. OMOLOGIAProposizione 2.2.5 Se i morfismi <strong>di</strong> catene f, g : (C, d) → (C ′ , d ′ ) sonoomotopi, allora(∀n) H n (f) = H n (g) : H n C → H n C ′ .Dimostrazione – Per ogni ciclo z ∈ Z n C abbiamoH n f[z] = [f n (z)] = [g n (z)] + [d ′ n+1s n (z)] + [s n−1 d n (z)] = H n g[z]perchè d n z = 0 e d ′ n+1s n (z) è un bordo e quin<strong>di</strong> omologo allo zero.✷Il lettore è pregato <strong>di</strong> osservare che se f è null-omotopo, H n (f) = 0 perqualsiasi n.Prima <strong>di</strong> continuare, introduciamo alcuni tipi <strong>di</strong> complessi che useremonelle applicazioni. Diciamo che il complesso (C, d) è: libero, se tutti i gruppiC n sono gruppi abeliani liberi; positivo, se C n = 0 per n < 0. Il complesso <strong>di</strong>catene C(K) associato ad un complesso simpliciale è libero e positivo.Un complesso positivo (C, d) ha un prolungamento a Z se esiste un epimorfismoε : C 0 → Ztale che εd 1 = 0. L’omomorfismo ε è detto omomorfismo <strong>di</strong> prolungamento.Un complesso (C, d) è detto aciclico se, per qualsiasi n ∈ Z, ker d n =im d n+1 cioè, se la successione· · · > C n+1d n+1> Cnd n> Cn−1 > · · ·è esatta. Un complesso positivo (C, d) con omomorfismo <strong>di</strong> prolungamento èaciclico se la successione· · · > C nd n> · · ·d 1> C 0 − ε − ≫ Z


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 81è esatta.Siano (C, d) , (C ′ , d ′ ) due complessi positivi con prolungamento a Z.Diciamo che un morfismo <strong>di</strong> catene f : (C, d) → (C ′ , d ′ ) è estensione <strong>di</strong> unomomorfismo ¯f : Z → Z se commuta il <strong>di</strong>agramma· · · > C 1d 1> C 0 − ε − ≫ Z¯ff 1∨· · · > C ′ 1d ′ 1f 0∨> C 0 ′ − −ε′∨≫ ZTeorema 2.2.6 Siano (C, d) e (C ′ , d ′ ) complessi come sopra, con l’aggiuntache (C, d) sia libero e (C ′ , d) sia aciclico. Allora ogni omomorfismo ¯f : Z →Z ha un’estensione f : (C, d) → (C ′ , d ′ ), univocamente definita a meno <strong>di</strong>omotopia <strong>di</strong> catene.Dimostrazione – Dato che l’omomorfismo <strong>di</strong> prolungamento ε ′ : C 0 ′ →Z è suriettivo, possiamo scegliere per ogni elemento x 0 della base <strong>di</strong> C 0un elemento <strong>di</strong> C 0 ′ che si proietta me<strong>di</strong>ante ε ′ su ¯fε(x 0 ) il che definisce unomomorfismo f 0 : C 0 → C 0 ′ per il quale ¯fε = ε ′ f 0 . Sia ora x 1 un elementoarbitrario della base <strong>di</strong> C 1 . Siccomeε ′ f 0 d 1 (x 1 ) = ¯fεd 1 (x 1 ) = 0e im d ′ 1 = ker ε ′ esiste y 1 ′ ∈ C 1 ′ tale che d ′ 1(y 1) ′ = f 0 d 1 (x 1 ); con questo metodootteniamo un omomorfismo f 1 : C 1 → C 1 ′ tale che f 0 d 1 = d ′ 1f 1 .Assumiamo ora <strong>di</strong> avere costruito per induzione omomorfismi f i : C i → C i′che commutano con gli omomorfismi <strong>di</strong> bordo, per i ≤ n e consideriamo il


82 CAPITOLO 2. OMOLOGIAseguente <strong>di</strong>agramma:· · · > C n+1d n+1> Cnd n> Cn−1 > · · ·f n−1· · · > C ′ n+1nd ∨f ′ ∨n+1 d ′> C′ nn > C′n−1 > · · ·Per ogni x n+1 della base <strong>di</strong> C n+1 abbiamod ′ nf n d n+1 (x n+1 ) = f n−1 d n d n+1 (x n+1 ) = 0 ,cioè f n d n+1 (x n+1 ) ∈ ker d ′ n. Ne segue che f n d n+1 (x n+1 ) è un n-ciclo <strong>di</strong> (C ′ , d ′ )che è aciclico e quin<strong>di</strong> esiste un y ′ n+1 ∈ C ′ n+1 con d ′ (y ′ n+1) = f n d(x n+1 ). Seesten<strong>di</strong>amo linearmente x n+1 ↦→ y ′ n+1 otteniamo un omomorfismof n+1 : C n+1 → C ′ n+1 , d ′ n+1f n+1 = f n d n+1 ;con questo conclu<strong>di</strong>amo la costruzione induttiva.Sia g : (C, d) → (C ′ , d ′ ) è un’altra estensione <strong>di</strong> ¯f.generatore qualsiasi x 0 <strong>di</strong> C 0 ,Allora, per unε ′ (f 0 − g 0 )(x 0 ) = 0 ;siccome ker ε ′ = im d ′ 1 esiste un elemento y 1 ∈ C 1 ′ tale che d ′ 1(y) = (f 0 −g 0 )(x 0 ). Definiamo s 0 : C 0 → C 1 ′ come s 0 (x 0 ) = y 1 sui generatori ed esten<strong>di</strong>amoquesta funzione linearmente su tutto il gruppo C 0 ; in questo modootteniamo un omomorfismo s 0 : C 0 → C 1 ′ tale che d ′ 1s 0 = f 0 − g 0 . Assumiamoche, per qualsiasi i = 1, · · · , n, siano stati definiti gli omomorfismis i : C i → C i+1 ′ aventi la proprietàd ′ i+1s i + s i−1 d i = f i − g i .


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 83Per un qualsiasi generatore x n+1 <strong>di</strong> C n+1d ′ n+1(f n+1 − g n+1 − s n d n+1 )(x n+1 ) = 0(perché d ′ n+1s n + s n−1 d n = f n − g n ); dunque esiste un elemento y n+2 ∈ C n+2′tale che(f n+1 − g n+1 − s n d n+1 )(x n+1 ) = d ′ n+2(y n+2 ) .Con questo argomento costruiamo un omomorfismo s n+1 : C n+1 → C n+2 ′ ealla fine <strong>di</strong> questo processo abbiamo una omotopia tra f e g.✷Corollario 2.2.7 Siano (C, d) e (C ′ , d ′ ) due complessi positivi con prolungamentoa Z; supponiamo che (C, d) sia libero e che (C ′ , d ′ ) sia aciclico. Sef : (C, d) → (C ′ , d ′ ) estende l’omomorfismo nullo <strong>di</strong> Z su se stesso, allora fè null-omotopo.Il teorema anteriore ed il suo corollario richiedano che il complesso <strong>di</strong>catene (C ′ , d ′ ) sia aciclico; questa con<strong>di</strong>zione è evidentemente molto restrittivama può essere sostituita da una con<strong>di</strong>zione più debole ma comunquemolto importante, nell’ambito dei cosiddetti sostegni aciclici. Per questofacciamo alcune considerazioni preliminari. Un complesso <strong>di</strong> catene ( ˜C, ˜d) èun sottocomplesso <strong>di</strong> (C, d)notazione : ( ˜C, ˜d) ≤ (C, d)se, per qualsiasi n ∈ Z, ˜C n è un sottogruppo <strong>di</strong> C n e˜d n = d n | ˜C n : ˜C n −→) ˜C n−1 .Sia (C, d) un complesso libero dato. Per qualsiasi n ∈ Z, scegliamo uninsiemi <strong>di</strong> generatori <strong>di</strong> C n ,g n = {x n λ|λ ∈ Λ n } .


84 CAPITOLO 2. OMOLOGIASia ora dato un complesso <strong>di</strong> catene (C ′ , d ′ ) e sia S(C ′ ) l’insieme <strong>di</strong> tutti isottocomplessi <strong>di</strong> (C ′ , d ′ ). Un sostegno aciclico da (C, d) a (C ′ , d ′ ) (relativoalla scelta dei generatori g n ) è una funzioneS : g = ∪ n∈ Z g n −→ S(C ′ )tale che:1.(∀x n λ ∈ g n ) (S(x n λ), d ′ |S(x n λ))è aciclico;2. dato x n λ ∈ g n siad n (x n λ) = ∑ a λ ′x n−1λ ′ con a λ ′ ≠ 0 ;allora, S(x n−1λ ) é un sottocomplesso <strong>di</strong> ′S(xn λ).Si <strong>di</strong>ce che il sostegno aciclico S è il em sostegno aciclico <strong>di</strong> una funzione<strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> catenese,Dunque, per qualsiasi x n λ ∈ g n , valef : (C, d) −→ (C ′ , d ′ )(∀x n λ ∈ g n )(f(x n λ) ∈ S(x n λ)gr(f(x n λ )) . 2f(d n (x n λ)) ∈ S(x n λ)gr(f(x n λ )) .Teorema 2.2.8 (sul sostegno aciclico) Sia S un sostegno aciclico tra duecomplessi positivi con omomorfismi <strong>di</strong> prolungamento (C, d) e (C ′ , d ′ ). Alloraogni omomorfismo ¯f : Z → Z ha un’estensione f : (C, d) → (C ′ , d ′ ) consostegno S, univocamente definita a meno <strong>di</strong> omotopia <strong>di</strong> catene.2 Rivedere la definizione <strong>di</strong> grado nella Sezione 1.2.


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 85Dimostrazione – Sia x 0 un generatore arbitrario <strong>di</strong> C 0 e sia S(x 0 ) ≤ (C ′ , d ′ )il sottocomplesso aciclico determinato da S; si noti che la restrizione <strong>di</strong> ε ′ aS(x 0 ) 0 è un omomorfismo <strong>di</strong> prolungamento <strong>di</strong> S(x 0 ). Siccome tale restrizioneè suriettiva, esiste un y 0 ∈ S(x 0 ) 0 tale che ε ′ (y 0 ) = ¯fε(x 0 ), l’argomento usualeproduce f 0 , che per costruzione ha sostegno S.La <strong>di</strong>mostrazione ora prosegue per induzione, come nel Teorema 2.2.6.Supponiamo <strong>di</strong> avere costruito gli omomorfismi f i : C i → C i ′ che commutanocon gli omomorfismi bordo, per i ≤ n. Osserviamo che per un generatorearbitrario x n+1 <strong>di</strong> C n+1d ′ nf n d n+1 (x n+1 ) == f n−1 d n d n+1 (x n+1 ) = 0 ;d’altro lato, f n d n+1 (x n+1 ) appartiene al sottocomplesso aciclicoS(x n+1 ) ≤ (C ′ , d ′ )e perciò, esiste un y n+1 ∈ C n+1 ′ ∩ S(x n+1 ) con d ′ n+1(y n+1 ) = f n d n+1 (x n+1 ). Lafunzione x n+1 ↦→ y n+1 si estende linearmente per dare luogo a un omomorfismof n+1 : C n+1 → C n+1 ′ con d ′ f n+1 = f n d.Anche la <strong>di</strong>mostrazione della seconda parte del risultato segue le orme <strong>di</strong>quella fatta in 2.2.6.✷Corollario 2.2.9 Siano (C, d) e (C ′ , d ′ ) due complessi positivi con prolungamentoa Z; supponiamo che (C, d) sia libero. Allora, qualsiasi omomorfismo<strong>di</strong> catene f : (C, d) → (C ′ , d ′ ) che estenda l’omomorfismo nullo <strong>di</strong> Z su sestesso e abbia un sostegno aciclico S è null-omotopo.


86 CAPITOLO 2. OMOLOGIAOra torniamo all’omologia simpliciale. Un complesso simpliciale K =(X, Φ) è detto connesso se(∀x, y ∈ X)(∃{x i 0, x i 1} ∈ Φ, i = 0, . . . , n) x 0 0 = x, x n 1 = y, x i 1 = x i+10 .Non è <strong>di</strong>fficile dare esempi <strong>di</strong> complessi simpliciali che non siano connessi;questi però possono essere decomposti in parti connesse facendo le seguenticonsiderazioni.Dato un complesso simpliciale K = (X, Φ), si <strong>di</strong>ce chedue vertici x, y ∈ X sono connessi se esiste una successione <strong>di</strong> 1-simplessi({x i 0, x i 1} ∈ Φ, i = 0, . . . , n) ove x 0 0 = x, x n 1 = y, x i 1 = x i+10 ; così abbiamo unarelazione <strong>di</strong> equivalenza nell’insieme X che pertanto si decompone in unaunione <strong>di</strong>sgiunta <strong>di</strong> sottoinsiemiX = X 1 ⊔ X 2 ⊔ . . . ⊔ X k .Gli insiemiΦ i = {σ ∈ Φ|(∃x ∈ X i |x ∈ σ)} , i = 1, . . . , ksono <strong>di</strong>sgiunti; inoltre, le coppie K i = (X i , Φ i ), i = 1, . . . , k sono sottocomplessisimpliciali <strong>di</strong> K. Si vede che la relazione <strong>di</strong> connessione <strong>di</strong>vide ilcomplesso K in una unione <strong>di</strong> sottocomplessi simpliciali <strong>di</strong>sgiunti detti componenticonnesse <strong>di</strong> K. In quest’ottica, un complesso K è connesso se, esoltanto se, ha una unica componente connessa.Lemma 2.2.10 Sono equivalenti le proprietà relative a un complesso simplicialeK = (X, Φ):1. K è connesso;2. H 0 (K) ≃ Z;3. il nucleo dell’omomorfismo <strong>di</strong> prolungamentoε : C 0 (K) → Z ,n∑n∑g i {x i } ↦→ g ii=1i=1


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 87coincide con il gruppo B 0 (K).Dimostrazione – 1. ⇒ 3. : Cominciamo per osservare che l’inclusioneB 0 (K) ⊂ ker εè sempre valida: infatti,k∑k∑ k∑ε(d 1 ( g i {x i 0, x i 1})) = g i − g i = 0 .i=0i=0 i=0Ora sia fissato un vertice x <strong>di</strong> K. La connessione <strong>di</strong> K si traduce nel fattoche per qualsiasi vertice y <strong>di</strong> K, gli 0-cicli {x} e {y} sono omologhi e perciò,per qualsiasi 0-catena c 0 = ∑ ki=0 g i {x i } esiste una 1-catena c 1 tale chek∑k∑g i {x i } − ( g i ){x} = d 1 (c 1 ) .i=0i=0Dunque se c 0 ∈ ker ε, è chiaro che c 0 ∈ B 0 (K).3. ⇒ 2. : Dati due 0-cicli omologhi z 0 e z 0, ′ dalla proprietà z 0 −z 0 ′ ∈ B 0 (K)conclu<strong>di</strong>amo che ε(z 0 ) = ε(z 0) ′ e così possiamo definire l’omomorfismoθ : H 0 (K) → Z , z 0 + B 0 (K) ↦→ ε(z 0 )che si vede facilmente essere iniettivo (dal’ipotesi 3.). La suriettività <strong>di</strong> θè imme<strong>di</strong>ata: per qualsiasi g ∈ Z, θ(g{x} + B 0 (K)) = g, ove x ∈ X è unvertice fissato.2. ⇒ 1. : Sia K = K 1 ⊔ K 2 ⊔ . . . ⊔ K k la decomposizione <strong>di</strong> K nelle suecomponenti connesse. Dalle definizioni date e da ciò che abbiamo <strong>di</strong>mostratoanteriormente si ottiene chek∑k∑H 0 (K) ≃ H 0 (K i ) ≃i=1i=1Zma siccome H 0 (K) ≃ Z, dobbiamo avere k = 1 cioè, K è connesso.✷


88 CAPITOLO 2. OMOLOGIAI prossimi tre esempi sono esempi <strong>di</strong> complessi simpliciali astratti dettiaciclici perché i complessi <strong>di</strong> catene a cui essi danno luogo sono aciclici (nelsenso della definizione data anteriormente).Omologia dell’n-simplesso simpliciale – Dato X = {x 0 , x 1 , . . . , x n }consideriamo il complesso simplicialeσ(n) = (X, ℘(X)\∅)con ℘(X) l’insieme <strong>di</strong> tutti i sottoinsiemi <strong>di</strong> X; questo complesso è detto n-simplesso simpliciale. Siccome σ(n) è connesso, il lemma 2.2.10 ci garantisceche H 0 (σ(n)) = Z.Vogliamo <strong>di</strong>mostrare che H i (σ(n)) = 0 per qualsiasii > 0. Per arrivare a tanto, cominciamo per or<strong>di</strong>nare l’insieme X, assumendoche x 0 sia il primo elemento. Ora, per una qualsiasi intero 0 < j < n e unsimplesso or<strong>di</strong>nato {x i0 , . . . , x ij }, definiamo⎧⎪⎨ {x 0 , x i0 , . . . , x ij } 0 < i 0k j ({x i0 , . . . , x ij } =⎪⎩ 0 0 = i 0che esten<strong>di</strong>amo per linearità su tutte le j-catene <strong>di</strong> σ(n) e perciò, a unomomorfismok j : C j (σ(n)) −→ C j+1 (σ(n)) .Un semplice conto (sui simplessi <strong>di</strong> σ(n)) <strong>di</strong>mostra che per qualsiasi catenac ∈ C j (σ(n))d j+1 k j (c) + k j−1 d j (c) = ce perciò, qualsiasi z j ∈ Z j (σ(n)) è un bordo o, in altre parole, H j (σ(n)) = 0.Quanto a H n (σ(n)), si osservi che l’unico n-simplesso <strong>di</strong> σ(n) è σ(n) stessoche peraltro non può essere un ciclo e pertanto Z n (σ(n)) = 0. 33 (in altre parole, l’omomorfismo identità è null-omotopo.


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 89Omologia dell’n-cono simpliciale – Siano X = {x 0 , x 1 , . . . , x n+1 }, Φ =℘(X)\∅ e Φ n = {σ ∈ Φ| <strong>di</strong>m σ ≤ n}. Chiamiamo n-cono simpliciale <strong>di</strong>vertice {x 0 } il complesso simplicialeC(n) = (X, Φ n \{x 1 , . . . , x n+1 } .Anche l’n-cono simpliciale è connesso e pertanto H 0 (C(n)) = Z; una <strong>di</strong>mostrazionesimile a quella usata per l’n-simplesso simpliciale ci fa vedereche H j (C(n)) = 0 per qualsiasi 0 < j < n. Quanto al caso j = n, si osserviche il vertice x 0 appartiene a qualsiasi n-simplesso <strong>di</strong> C n e perciò,(∀c ∈ C n (C(n)))c = k n−1 d n (c)cosa che ci permette <strong>di</strong> concludere che l’unico n-ciclo <strong>di</strong> C(n) è il ciclo banale0, cioè, H n (C(n)) = 0.Nel prossimo esempio ci riferiamo alla costruzione <strong>di</strong> un sostegno aciclico.Omologia del cono astratto – Sia K = (X, Φ) un complesso astrattofinito orientato tramite un or<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> X. Sia v un elemento nonappartenente a X. Il cono astratto <strong>di</strong> vertice v generato da K è il complessosimpliciale vK = (vX, vΦ) che ha per vertici tutti i vertici <strong>di</strong> K piùil vertice {v} e per simplessi, tutti i simplessi <strong>di</strong> K più i simplessi del tipovσ = {v, x i0 , . . . , x in } per σ = {x i0 , . . . , x in } ∈ Φ. Un n-simplesso (conn ≥ 1) può essere interpretato come il cono <strong>di</strong> una sua qualsiasi faccia.Lemma 2.2.11 I coni astratti vK sono complessi simpliciali aciclici.Dimostrazione – Sia v il complesso astratto con un unico vertice v e nessun’altrosimplesso; è evidente che v (considerato come un complesso simpliciale)è un complesso simpliciale aciclico. Il complesso <strong>di</strong> catene C(v) è un


90 CAPITOLO 2. OMOLOGIAsottocomplesso <strong>di</strong> C(vK); sia ι : C(v) → C(vK) l’inclusione. Consideriamola funzione simplicialec : vK → v , y ∈ vΦ ↦→ {v} .Si costata imme<strong>di</strong>atamente che il morfismo <strong>di</strong> cateneC(c)ι : C(v) −→ C(v)coincide con l’omomorfismo identità <strong>di</strong> C(v) e perciò, per qualsiasi n ∈ Z,H n (c)H n (ι) è uguale all’identità. Dimostriamo che ιC(c) e l’omomorfismoidentità 1 C(vK) <strong>di</strong> C(vK) sono omotopi. Definiamos n : C n (vK) → C n+1 (vK)sugli n-simplessi orientati σ ∈ vΦ (interpretati come catene) tramite laformula⎧⎪⎨ 0 se v ∈ σ ,s n (σ) =⎪⎩ vσ se v ∉ σ ;s n si estende per linearità a un omomorfismo <strong>di</strong> C n (vK). Controlliamo orale proprietà <strong>di</strong> queste funzioni.Caso 1: n = 0 – Sia x un vertice arbitrario <strong>di</strong> vK.⎧⎪⎨ x − v se x ≠ v ,(1 C0 (vK) − ιC 0 (c))(x) =⎪⎩ 0 se x = v .⎧⎪⎨ x − v se x ≠ v ,d 1 s 0 (x) =⎪⎩ 0 se x = v .Caso 2: n > 0 – Sia σ un simplesso orientato arbitrario <strong>di</strong> vK. Cominciamoper osservare che se v non è un vertice <strong>di</strong> σ, allorad n+1 (vσ) = σ − vd n (σ) .


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 91Si osservi pure che ιC n (c)(σ) = 0.Caso 1: v ∉ σ –s n−1 d n (σ) + d n+1 s n (σ) = vd n (σ) + d n+1 (vσ) = σ ;Caso 2: v ∈ σ –s n−1 d n (σ) + d n+1 s n (σ) = s n−1 d n (σ) = σ ;dunque, ιC(c) e l’omomorfismo identità 1 C(vK) sono omotopi e a causa dellaProposizione 2.2.5, per qualsiasi n ∈ Z, H n (ι)H n (c) coincide con l’omomorfismoidentità.✷Ora cerchiamo <strong>di</strong> capire meglio l’omologia relativa H ∗ (K, L) <strong>di</strong> una coppia<strong>di</strong> complessi simpliciali (K, L). Per fare questo <strong>di</strong>mostriamo un importanterisultato conosciuto con il nome 5-lemma.Lemma 2.2.12 (5-lemma)Supponiamo che il <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> gruppi abeliani ed omomorfismiAf> Bg> Ch> Dk> Eαβγδɛ∨ f ′ ∨ g ′ ∨∨∨A ′ > B ′ > C ′ h ′ > D ′ k ′ > E ′sia commutativo e che le righe siano esatte. Allora, se gli omomorfismi α,β, δ ed ɛ sono isomorfismi, lo è anche γ.Dimostrazione – Pren<strong>di</strong>amo un c ∈ C per il quale γ(c) = 0; allora δh(c) =h ′ γ(c) = 0 e, dato che δ è un isomorfismo, anche h(c) = 0; a causa dell’esattezza,


92 CAPITOLO 2. OMOLOGIAesiste un b ∈ B con g(b) = c e g ′ β(b) = γg(b) = 0, cioè esiste un a ′ ∈ A ′ conf ′ (a ′ ) = β(b); infinec = g(b) = gβ −1 f ′ (a ′ ) = gfα −1 (a ′ ) = 0e quin<strong>di</strong> γ è iniettiva. Sia ora c ′ ∈ C ′ arbitrario;kδ −1 h ′ (c ′ ) = ɛ −1 k ′ h ′ (c ′ ) = 0perciò esiste un c ∈ C con h(c) = δ −1 h ′ (c ′ ); inoltreh ′ (c ′ − γ(c)) = h ′ (c ′ ) − δδ −1 h ′ (c ′ ) = 0e quin<strong>di</strong> esiste un b ′ ∈ B ′ con g ′ (b ′ ) = c ′ − γ(c); addesso abbiamoγ(c + gβ −1 (b ′ )) = γ(c) + g ′ ββ −1 (b ′ ) = c ′ ;ne segue che γ è anche suriettiva.✷Come al solito, K = (X, Φ) e L = (Y, Θ) con Y ⊂ X e Θ ⊂ Φ. Sia l unpunto non appartenente agli insiemi dei vertici <strong>di</strong> K e <strong>di</strong> L. Sia CL il conoastratto lL. Dalle definizioni segue che K ∩ CL = L.Teorema 2.2.13 (∀n ≥ 1) H n (K, L) ∼ = H n (K ∪ CL).Dimostrazione – L’idea centrale della <strong>di</strong>mostrazione è <strong>di</strong> paragonare lasuccessione esatta <strong>di</strong> omologia della coppia (K, L) con la successione esatta<strong>di</strong> Mayer - Vietoris <strong>di</strong> K e CL e addoperare il 5-lemma; la notazione è quellagià adottata per il Teorema <strong>di</strong> Mayer - Vietoris.Consideriamo la funzione simpliciale f : K → CL definita sui vertici dallacon<strong>di</strong>zione⎧⎪⎨ x se x ∈ Yf(x) =⎪⎩ l se x ∈ X \ Y .


2.2. OMOLOGIA SIMPLICIALE 93Ora, per ogni intero non-negativo n, definiamo gli omomorfismi˜k n : C n (K) → C n (K) ⊕ C n (CL) , c ↦→ (c, C n (f)(c))e˜h n : C n (K)/C n (L) −→ C n (K ∪ CL) ,c + C n (L) ↦→ C n (j 1 )(c) − C n (j 2 )C n (f)(c)(in altre parole, ˜h n (c + C n (L)) = ˜j n˜kn (c)). La funzione ˜h n è ben definitaperché se c ′ ∈ C n (K) fosse tale che c−c ′ ∈ C n (L), allora c−c ′ ∈ C n (K ∩CL)e perciò˜j n˜kn (c − c ′ ) = ˜j n ĩ n (c − c ′ ) = 0 .Le successioni <strong>di</strong> omomorfismi ˜h = {˜h n |n ≥ 0} e {˜k = {˜k n |n ≥ 0} sono omomorfismi<strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> catene che producono un <strong>di</strong>agramma commutativoC(L) >C(i)−> C(K) −˜q− ≫ C(K, L)1˜k˜h∨∨∨C(K ∩ CL) > ĩ−>˜jC(K) ⊕ C(CL) −−≫ C(K ∪ CL)Siccome CL è un complesso simpliciale aciclico otteniamo, per qualsiasin ≥ 2, il <strong>di</strong>agramma commutativo <strong>di</strong> gruppi abelianiH n (L) > H n (K) > H n (K, L) > H n−1 (L) > H n−1 (K)1∼=γ1∼=∨∨∨∨∨H n (L) > H n (K) > H n (K ∪ CL) > H n−1 (L) > H n−1 (K)e per il 5-lemma conclu<strong>di</strong>amo che γ è un isomorfismo; nel caso in cui n = 1,l’ultima freccia verticale è un omomorfismo iniettivoH 0 (K) −→ H 0 (K) ⊕ Z


94 CAPITOLO 2. OMOLOGIAe nuovamente, con un argomento simile al 5-lemma, γ è un isomorfismo.✷Esercizi:1. Calcolare i gruppi <strong>di</strong> omologia del cilindro X = S 1 × I.2. La n-sfera simpliciale è il complesso simplicialeΣ n = ∂(σ n ) = (σ n , Φ)con σ n = {x 0 , x 1 , . . . , x n+1 } e Φ = ℘(X)\{∅, {x 0 , x 1 , . . . , x n+1 }}. Dimostrareche⎧⎪⎨ Z , p = 0, nH p (∂(σ n )) =⎪⎩ 0 , p ≠ 0, n .3. Sia K un complesso simpliciale finito. Per ogni 0 ≤ n ≤ <strong>di</strong>m K, sia s(n) ilnumero degli n-simplessi <strong>di</strong> K. Dimostrare cheIl numero<strong>di</strong>m K ∑n=0(−1) n s(n) =χ(K) =<strong>di</strong>m K ∑n=0<strong>di</strong>m K ∑n=0è la caratteristica <strong>di</strong> Euler-Poincaré <strong>di</strong> K.(−1) n β(n) .(−1) n β(n)4. Calcolare i gruppi <strong>di</strong> omologia delle seguenti superfici. (Si consiglia al lettore<strong>di</strong> rivedere gli esercizi della Sezione 2.1 prima <strong>di</strong> cimentarsi nel calcolo <strong>di</strong>questi gruppi <strong>di</strong> omologia.)a) nastro <strong>di</strong> Möbius;b) X = S 1 × S 1 (toro);b) bottiglia <strong>di</strong> Klein;


2.3. OMOLOGIA DEI POLIEDRI 95d) IRP 2 (piano proiettivo reale);e) G 2 ottenuta aggiungendo due manici alla sfera S 2 .5. Calcolare i numeri <strong>di</strong> Betti e la caratteristica <strong>di</strong> Euler-Poincaré delle superficidell’esercizio anteriore.6. Sia K un complesso simpliciale dato. Per due elementi <strong>di</strong>stinti l e l ′ nonappartenenti a K, costruiamo i coni astratti CK = lK e C ′ K = l ′ K. Siosservi che CK ∪ C ′ K = K. Il complesso simpliciale astrattoΣK = CK ∪ C ′ Kè detto sospensione <strong>di</strong> K.Vietoris cheDimostrare, tramite la successione <strong>di</strong> Mayer-(∀n > 1)H n (ΣK) ∼ = H n−1 (K) .2.3 Omologia dei PoliedriCominciamo questa sezione ricordando che le realizzazioni geometriche <strong>di</strong> unpoliedro e <strong>di</strong> una sua sud<strong>di</strong>visione baricentrica sono omeomorfe; uno dei nostriobiettivi è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che dati due complessi simpliciali K e L finiti,e una mappa f : |K| → |L| esiste una funzione simpliciale <strong>di</strong> una sud<strong>di</strong>visionebaricentrica K (r) a L la cui realizzazione geometrica è omotopa alla composta<strong>di</strong> f con l’omeomorfismo appropriato tra K (r) e K. L’interesse nell’ottenerequesta “approssimazione simpliciale” a f risiede nel fatto che in questo modopossiamo definire un funtore dalla categoria dei poliedri a quella dei gruppigraduati abeliani. Questo è fatto in gran<strong>di</strong> linee nel modo seguente. Associamoa un poliedro |K| il gruppo graduato abeliano H ∗ (K, Z); la mappa f daluogo a un omomorfismo tra i gruppi graduati corrispondenti che provienedalla “approssimazione” <strong>di</strong> f. Con tutto questo, non ci deve sorprendere


96 CAPITOLO 2. OMOLOGIAil fatto che possiamo definire anche il concetto <strong>di</strong> omotopia tra morfismi <strong>di</strong>catene, parallelo all’omotopia <strong>di</strong> mappe tra spazi. Vedremo poi alcune conseguenze<strong>di</strong> questo importante risultato. Tutti i nostri complessi simplicialisono orientati.Ancora una volta facciamo presente al lettore che un complesso simplicialeK definisce un complesso <strong>di</strong> catene (C(K), d K ) positivo, libero e conomomorfismo <strong>di</strong> prolungamento ε : C 0 (K) → Z. In particolare, se il complessosimpliciale K è aciclico (per esempio, K è un simplesso, un n-conosimpliciale o un cono astratto), allora il complesso <strong>di</strong> catene (C(K), d K ) èaciclico.Due funzioni simpliciali f, g : K = (X, Φ) → L = (Y, Θ) sono dettecontigue se(∀σ ∈ Φ)(∃¯σ ∈ Θ) f(σ) ⊂ ¯σ , g(σ) ⊂ ¯σ .Per ogni n-simplesso σ ∈ Φ (un generatore <strong>di</strong> C n (K)), sia ¯σ il più piccolosimplesso <strong>di</strong> L che contiene ambi i simplessi f(σ) e g(σ). Definiamo (S(σ), d σ )come il complesso <strong>di</strong> catene con⎧⎪⎨ C n (¯σ) , n ≥ 0S(σ) n =⎪⎩ 0 , n < 0 .Siccome ¯σ è un complesso simpliciale aciclico, ne segue che S è un sostegnoaciclico tra C(K) e C(L). Inoltre, S è un sostegno aciclico <strong>di</strong> C(f) − C(g):infatti, se x è un vertice <strong>di</strong> K tale che f(x) ≠ g(x), la contiguità tra f e ggarantisce l’esistenza <strong>di</strong> un simplesso ¯σ <strong>di</strong> L che contiene ambi i vertici f(x)e g(x) e perciò(C 0 (f) − C 0 (g))(x) ∈ C 0 (¯σ) = S(x) 0 .Più generalmente, per un qualsiasi generatore σ <strong>di</strong> C(K), è facile <strong>di</strong>mostrareche(C(f) − C(g))(σ) ⊂ S(σ)


2.3. OMOLOGIA DEI POLIEDRI 97cioè, il sostegno aciclico S sopra è un sostegno aciclico per l’omomorfismo <strong>di</strong>catene C(f) − C(g).Teorema 2.3.1 Se f, g : K → L sono contigue, H n (f) = H n (g) per qualsiasin ∈ Z.Dimostrazione – Per cominciare <strong>di</strong>mostriamo che l’omomorfismo <strong>di</strong> cateneC(f) − C(g) : C(K) → C(L)estende l’omomorfismo 0 : Z → Z. Infatti, sia x un vertice <strong>di</strong> K; se f(x) =g(x), allora (C 0 (f) − C 0 (g))(x) = 0; altrimenti, se f(x) ≠ g(x),ɛ ′ (C 0 (f) − C 0 (g))(x) = ɛ ′ (f(x) − g(x)) = 0e dunque, C(f) − C(g) estende 0. Il Corollario 2.2.9, ci permette <strong>di</strong> concludereche C(f) − C(g) è null-omotopo. La <strong>di</strong>mostrazione si conclude conl’aiuto del Teorema 2.2.5.✷Il Teorema 2.1.6 ci ha detto che le realizzazioni geometriche <strong>di</strong> un complessosimpliciale finito e <strong>di</strong> una sua sud<strong>di</strong>visione baricentrica sono omeomorfe;in seguito si vedrà che i gruppi <strong>di</strong> omologia dei complessi simpliciali non sialterano (a meno <strong>di</strong> isomorfismo) per sud<strong>di</strong>visione baricentrica.Per un complesso simpliciale K, chiamiamo <strong>di</strong> proiezione <strong>di</strong> K (1) su Kad una qualsiasi funzione π che porta ogni vertice <strong>di</strong> K (1) (cioè un simplesso<strong>di</strong> K) in un suo vertice; una tale funzione è infatti una funzione simpliciale<strong>di</strong> K (1) su K: se{σ i0 , · · · , σ in } ∈ Φ (1) , con σ i0 ⊂ · · · ⊂ σ in ,


98 CAPITOLO 2. OMOLOGIAπ({σ i0 , · · · , σ in }) ⊂ σ in e siccome quest’ultimo è un simplesso <strong>di</strong> K, conclu<strong>di</strong>amoche π({σ i0 , · · · , σ in }) ∈ Φ. Dal punto <strong>di</strong> vista dell’omologia la scelta <strong>di</strong>un vertice per ogni simplesso è assolutamente in<strong>di</strong>fferente perché se π ′ fosseun’altra proiezione,π({σ i0 , · · · , σ in }) ⊂ σ inπ ′ ({σ i0 , · · · , σ in }) ⊂ σ inper qualsiasi {σ i0 , · · · , σ in } ∈ Φ (1) , e perciò, le proiezioni π e π ′ sarebberocontigue. Dovuto a queste considerazioni, scegliamo π come la funzione cheassocia a ogni simplesso <strong>di</strong> K il suo ultimo vertice.Teorema 2.3.2 Sia π : K (1) → K una proiezione. Allora H n (π) è unisomorfismo, per qualsiasi n ∈ Z.Dimostrazione – La proiezione π produce un omomorfismo <strong>di</strong> complessi <strong>di</strong>cateneC(π) : C(K (1) ) −→ C(K) ;il nostro obiettivo è quello <strong>di</strong> trovare un omomorfismo <strong>di</strong> cateneλ : C(K) −→ C(K (1) )tale che λC(π) sia omotopo a 1 C(K (1) ) e C(π)λ sia omotopo a 1 C(K) .Il morfismo λ non proviene da una funzione simpliciale ed è definito induttivamentecome segue. Siccome i vertici <strong>di</strong> K sono anche vertici <strong>di</strong> K (1) ,definiamo λ 0 sui generatori {x} <strong>di</strong> C 0 (K) come λ 0 ({x}) = {x}. Supponiamoche per qualsiasi i = 1, . . . , n − 1 abbiamo definito λ i in tal modo cheλ i−1 d K i= d K(1)i λ i .


2.3. OMOLOGIA DEI POLIEDRI 99Definiamo λ n per i generatori σ n <strong>di</strong> C n (K) (ossia sugli n-simplessi orientati<strong>di</strong> K) tramite la formulaλ n (σ n ) := b(σ n )λ n−1 (d K n (σ n ))dove b(σ n ) è il baricentro <strong>di</strong> σ n (perciò, un vertice <strong>di</strong> K (1) ) eb(σ n )λ n−1 (d K n (σ n ))rappresenta la n-catena costruita prendendo il cono astratto <strong>di</strong> vertice b(σ n )<strong>di</strong> ogni componente della (n − 1)-catena λ n−1 (d K n (σ n )). L’unica cosa importanteda <strong>di</strong>mostrare è che λ n−1 d K n= d K(1)n λ n . Ma questo è imme<strong>di</strong>ato:d K(1)n (λ n (σ n )) = λ n−1 (d K n (σ n )) − b(σ n )d K(1)n−1 (λ n−1 (d K n (σ n )))= λ n−1 (d K n (σ n ))perché d K(1)n−1 λ n−1 = λ n−2 d K n−1. Chiamiamo λ : C(K) −→ C(K (1) ) <strong>di</strong> omomorfismodella sud<strong>di</strong>visione baricentrica.Per verificazione <strong>di</strong>retta si ottiene l’uguaglianza C(π)λ = 1 C(K) . In seguito<strong>di</strong>mostreremo che 1 C(K (1) ) − λC(π) è null-omotopo donde, per la Proposizione2.2.5, λ ∗ H ∗ (π) = 1 . Per semplicità chiameremo 1 C(K (1) ) con 1, K (1)con K ′ e d K(1)ngenerica σ ′ n.con d ′ n; gli n-simplessi <strong>di</strong> K ′ saranno in<strong>di</strong>cati con l’espressioneSia ε : C 0 (K ′ ) → Z l’omomorfismo <strong>di</strong> prolungamento del complesso <strong>di</strong>catene (C(K ′ ), d ′ ); siccomeɛ((1 − λ 0 C 0 (π))(σ n ) = ɛ(σ n − {x n }) = 01 − λC(π)) è una estensione dell’omomorfismo banale da Z su se stesso.D’altro canto, ad ogni generatoreσ ′ n = {σ 0 , . . . , σ n }


100 CAPITOLO 2. OMOLOGIA<strong>di</strong> C n (K ′ ), associamo il complesso <strong>di</strong> catene S(σ ′ n) ≤ C(K ′ ) definito daigruppi liberi⎧⎪⎨ CS(σ n) ′ i ((σ n ) (1) ) , i ≥ 0i =⎪⎩ 0 , i < 0 .Il complesso (σ n ) (1) è la prima sud<strong>di</strong>visione baricentrica <strong>di</strong> σ n e perciò è uncomplesso aciclico perché può essere interpretato come il cono astratto convertice nel baricentro <strong>di</strong> σ n relativo al “bordo” <strong>di</strong> (σ n ) (1) (vedere la Sezione2.2); dunque il complesso <strong>di</strong> cateneS(σ ′ n) ≤ C(K ′ )appena definito è aciclico. Abbiamo cosìottenuto un sostegno aciclico daC(K ′ ) su sé stesso. Affermiamo che S è un sostegno aciclico <strong>di</strong> 1 − λC(π).Infatti, per un vertice arbitrario σ n = {x 0 , . . . , x n } <strong>di</strong> K ′(1 − λ 0 C 0 (π))(σ n ) = σ n − {x n } ∈ C 0 (σ (1)n ) = S(σ ′ n) 0 ;le definizioni date garantiscono che per qualsiasi n ≥ 1,(1 − λ n C n (π))(σ ′ n) ∈ S(σ ′ n) .La <strong>di</strong>mostrazione si conclude con l’aiuto del Corollario 2.2.9.✷Questo risultato può essere esteso per iterazione: sia K (r) la r ma -sud<strong>di</strong>visionebaricentrica <strong>di</strong> K e siala composizione <strong>di</strong> proiezioniK (r)π r : K (r) → Kπ−→ K (r−1)π−→ . . .π−→ K .Allora, per qualsiasi n ≥ 0,H n (π r ) : H n (K (r) , Z) → H n (K, Z)


2.3. OMOLOGIA DEI POLIEDRI 101è un isomorfismo.Una funzione simpliciale g : K (r) → L è detta approssimazione simpliciale<strong>di</strong> una mappa f : |K| −→ |L| se(∀p ∈ |K (r) )|) |g|(p) ∈ |s(fF (p))|dove F : |K (r) )| ∼ = |K| è l’omeomorfismo definito nel Teorema 2.1.6. Identificando|K| con |K (r) | possiamo <strong>di</strong>re che g : K (r) → L è una approssimazionesimpliciale <strong>di</strong> f se(∀p ∈ |K (r) )|) |g|(p) ∈ |s(f(p))|.L’importante risultato qui appresso ci <strong>di</strong>ce che qualsiasi mappa f : |K| →|L| possiede una approssimazione simpliciale.Teorema 2.3.3 (approssimazione simpliciale) SianoK = (X, Φ) e L = (Y, Θ)due complessi simpliciali (finiti) e sia f : |K| → |L| una mappa. Allora esistanoun intero r ≥ 0 e una funzione simpliciale g : K (r) → L che approssimasimplicialmente f.Dimostrazione – Pren<strong>di</strong>amo il ricoprimento finito aperto {A(y)|y ∈ Y }<strong>di</strong> |L| (leggere le osservazioni che precedono il Lemma 2.1.8) e sia ε il numero<strong>di</strong> Lebesgue (vedere il Teorema 1.1.19) del ricoprimento aperto finito{f −1 {A((y)}|y ∈ Y } <strong>di</strong> |K|. Sia r un intero positivo tale che <strong>di</strong>am |K (r) |


102 CAPITOLO 2. OMOLOGIAe così possiamo ottenere una funzioneg : K (r) −→ L , g(σ) = y .La funzione g è simpliciale: per qualsiasi simplesso {σ 0 , . . . , σ n } <strong>di</strong> K (r) ,n⋂A(σ i ) ≠ ∅i=0(Lemma 2.1.8); d’altro lato,(∀i = 0, . . . , n) A(σ i ) ⊂ (fF ) −1 (A(g(σ i )))e perciò dan⋂n⋂A(σ i ) ⊂ (fF ) −1 ( A(g(σ i )))i=0i=0conclu<strong>di</strong>amo chen⋂A(g(σ i )) ≠ ∅i=0e nuovamente tramite il Lemma 2.1.8 otteniamo che{g(σ 0 ), . . . , g(σ n )} ∈ Θ .Ora dobbiamo <strong>di</strong>mostrare che g è una approssimazione simpliciale <strong>di</strong> f.Per un qualsiasisi han∑p = α i σ i ∈ |K (r) |i=0(∀i = 0, . . . , n) p ∈ A(σ i ) ⇒ fF (p) ∈ fF (A(σ i )) ⊂ A(g(σ i ))cioè, {g(σ 0 ), . . . , g(σ n )} ⊂ s(fF (p)). Siccomen∑|g|(p) = α i g(σ i )i=0possiamo concludere che |g|(p) ∈ |s(fF (p))|.✷


2.3. OMOLOGIA DEI POLIEDRI 103Il Teorema dell’approssimazione simpliciale appena <strong>di</strong>mostrato non garantiscel’unicità della funzione simpliciale che approssima la mappa data; questoperò è irrilevante tanto dal punto <strong>di</strong> vista omotopico quanto da quello algebrico(omologico) come si vedrà a seguito.Teorema 2.3.4 La realizzazione geometrica <strong>di</strong> una approssimazione simplicialeg : K (r) → L a una mappa f : |K| → |L| è omotopa a fF .Dimostrazione – Per definizione, dato un qualsiasi p ∈ |K|, il segmento conestremi fF (p) e |g|(p) è contenuto totalmente nello spazio convesso (vedereTeorema 2.1.1) |s(fF (p))| ⊂ |L|. La mappaH : |K| × I → |L| , H(p, t) = tfF (p) + (1 − t)|g|(p)è una omotopia tra fF e |g|.✷Teorema 2.3.5 Siano g : K (r) → L e g ′ : K (s) → L due approssimazionisimpliciali <strong>di</strong> una mappa f : |K| → |L|. Supponiamo che s < r e cheπ (r,s) : K (r) → K (s) sia una composizione <strong>di</strong> proiezioni. Allora le funzionisimplicialig : K (r) → L e g ′ π (r,s) : K (r) → Lsono contigue.Dimostrazione – Si deve <strong>di</strong>mostrare che per qualsiasi simplesso σ ∈ Φ (r)esiste un simplesso ¯σ ∈ Θ tale cheg(σ) ⊂ ¯σ e g ′ π (r,s) (σ) ⊂ ¯σ .


104 CAPITOLO 2. OMOLOGIAPer ogni σ ∈ Φ (r) pren<strong>di</strong>amo il suo baricentro b(σ) e definiamo¯σ = s(f(b(σ))) .Siccome g è un’approssimazione simpliciale <strong>di</strong> f,|g|(b(σ)) ∈ |s(f(b(σ)))| ;ma g(σ) è il più piccolo simplesso <strong>di</strong> L la cui realizzazione geometrica contieneil punto |g|(b(σ)) e perciò, g(σ) ⊂ ¯σ.D’altro canto, sia P (σ) il più piccolo simplesso <strong>di</strong> K (s) tale che |σ| ⊂|P (σ)|. Chiaramente|π (r,s) (σ)| ⊂ |P (σ)|e|g ′ (π (r,s) (σ))| ⊂ |g ′ (P (σ))| .Dal fatto che b(σ) ∈ |σ| ⊂ |P (σ)| conclu<strong>di</strong>amo che|g ′ |(b(σ)) ∈ |g ′ (P (σ))|e perciò,|g ′ (P (σ))| ⊂ |s(f(b(σ)))|perché appunto |g ′ |(b(σ)) ∈ |s(f(b(σ)))|. Da tutto ciò si conclude che|g ′ (π (r,s) (σ))| ⊂ |s(f(b(σ)))|e <strong>di</strong> conseguenza, g ′ (π (r,s) (σ)) ⊂ s(f(b(σ))).✷Corollario 2.3.6 Una mappa f : |K| → |L| definisce in modo unico unomomorfismo <strong>di</strong> gruppi graduatif ⋆ : H ⋆ (K) −→ H ⋆ (L) .


2.3. OMOLOGIA DEI POLIEDRI 105Dimostrazione – Per una qualsiasi approssimazione simpliciale g : K (r) →L <strong>di</strong> f poniamof ⋆ = H ⋆ (g)(H ⋆ (π (r) )) −1 : H ⋆ (K) → H ⋆ (L)ove π (r) è una composizione <strong>di</strong> proiezioni. Supponiamo che g ′ : K (s) → Lsia un’altra approssimazione simpliciale <strong>di</strong> f, con s < r. La contiguità dellefunzioni simpliciali g e g ′ π (r,s) (fatto garantito dal Teorema anteriore) ci <strong>di</strong>cecheH ⋆ (g ′ π (r,s) ) = H ⋆ (g)(cfr. Corollario 2.3.1). Ma π (r) = π (s) π (r,s) e perciò,H ⋆ (g ′ )(H ⋆ (π (s) )) −1 = H ⋆ (g)(H ⋆ (π (r) )) −1 = f ⋆ .✷Dimostriamo ora che l’omomorfismo f ⋆ : H ⋆ (K) → H ⋆ (L) definito da unamappa f : |K| → |L| è un’invariante omotopico. Più precisamente, vale ilrisultato seguente:Teorema 2.3.7 Siano f, g : |K| → |L| mappe omotope date. Allora f ⋆ = g ⋆ .Dimostrazione – Sia H : |K| × I → |L| l’omotopia che lega f a g; supponiamoche H i 0 = f e H i 1 = g, ove i 0 e i 1 sono le mappei α : |K| → |K| × I , p ↦→ (p, α) , α = 0, 1 .Ora rappresentiamo l’intervallo I = [0, 1] come la realizzazione geometricadel complessoI = (I, Υ) , I = {0, 1} , Υ = {{0}, {1}, {0, 1}} .


106 CAPITOLO 2. OMOLOGIACosì, con l’apposita identificazione |K × I| ≡ |K| × I (cfr. Teorema 2.1.9)possiamo assumere che i 0 e i 1 sono le realizzazioni geometriche della funzionisimplicialiĩα : K → K × Iche portano gli 0-simplessi {x} <strong>di</strong> K negli 0-simplessi {(x, α)} <strong>di</strong> K × I.Per verificare il teorema ci basta <strong>di</strong>mostrare che ĩ0 e ĩ1 sono contigue. Conquesto obiettivo cominciamo per assumere che X = {x 0 , x 1 . . . , x r } e chex 0 < x 1 < . . . < x r . Per ognuno degli interi n = 0, . . . , r + 1 definiamo lefunzioni simplicialif n : K → K × I⎧⎪⎨ {(x i , 0)} , i < n ,f n ({x i }) =⎪⎩ {(x i , 1)} , i ≥ n .Queste funzioni hanno le proprietà seguenti:1. (∀n = 0, . . . , r − 1) f n e f n+1 sono contigue;2. f r+1 = ĩ0 e f 0 = ĩ1.Per <strong>di</strong>mostrare la prima proprietà pren<strong>di</strong>amo arbitrariamenteσ = {x i0 , . . . , x ik } ∈ Φtale chex i0 < x i1 < . . . < x n−1 < x n < x n+1 < . . . < x ik .La definizione <strong>di</strong> f n e f n+1 ci <strong>di</strong>ce chef n (σ) = {(x i0 , 0), . . . , (x n−1 , 0), (x n , 1), . . . , (x ik , 1)}ef n+1 (σ) = {(x i0 , 0), . . . , (x n , 0), (x n+1 , 1), . . . , (x ik , 1)}


2.3. OMOLOGIA DEI POLIEDRI 107e ambi gli insiemi f n (σ) e f n+1 (σ) sono sottoinsiemi <strong>di</strong>{(x i0 , 0), . . . , (x n−1 , 0), (x n , 0), (x n , 1), . . . , (x ik , 1)} .✷Corollario 2.3.8 I gruppi <strong>di</strong> omologia <strong>di</strong> due poliedri dello stesso tipo <strong>di</strong>omotopia sono isomorfi.Dimostrazione – Sia f : |K| → |L| una equivalenza <strong>di</strong> omotopia con inverso<strong>di</strong> omotopia f ′ : |L| → |K|. Allora f ⋆ f ′ ⋆ = 1 e f ′ ⋆f ⋆ = 1.✷Conclu<strong>di</strong>amo questa sezione con una osservazione. Sia HP la categoriadei poliedri e delle classi <strong>di</strong> omotopia delle mappe tra poliedri. Il Corollario2.3.6 ed il Teorema 2.3.7 ci permettono <strong>di</strong> concludere che l’omologiasimpliciale determina un funtoreH ⋆ : HP −→ Ab Z .Esercizi:1. Dimostrare (tramite il teorema dell’approssimazione simpliciale) che l’insieme[|K|, |L|] delle classi <strong>di</strong> omotopia delle mappe da un poliedro |K| ad unpoliedro |L| è numerabile.2. Siano |K| , |L| due poliedri connessi per cammini. Dimostrare cheH n (|K| ∨ |L|) ∼ = H n (|K|) ⊕ H n (|L|)per qualsiasi 0 ≤ n ≤ max.(<strong>di</strong>m(|K|), <strong>di</strong>m(|L|)).


108 CAPITOLO 2. OMOLOGIA


Capitolo 3Omologia con coefficienti3.1 Omologia con coefficientiNella Sezione 2.2 abbiamo stu<strong>di</strong>ato l’omologia dei dei complessi simplicialiastratti K determinata dai complessi <strong>di</strong> catene (C(K), d) = {C n (K), d K n |n ∈Z}, con C n (K) definiti come i gruppi abeliani liberi delle combinazioni lineariformali finite a coefficienti in Z degli n-simplessi <strong>di</strong> K. Ora vogliamoestendere la nostra omologia con coefficienti nel gruppo abeliano Z a unaomologia nella quale lavoriamo con coefficienti tratti da un gruppo abelianoarbitrario G; come vedremo presto, ciò non solo è possibile ma saremo anchecapaci <strong>di</strong> trasformare questa omologia a coefficienti in G in un funtore checapovolge il verso dei morfismi e che possiede delle proprietà particolarmenteinteressanti (questa è la cosiddetta coomologia).Per fare partire la costruzione dell’omologia a coefficienti in G <strong>di</strong> un complessosimpliciale orientato K è necessario rivedere la costruzione del prodottotensoriale <strong>di</strong> due gruppi abeliani A, B: per definizione, A ⊗ B è il gruppoabeliano generato dall’insieme <strong>di</strong> elementi{a ⊗ b|a ∈ A , b ∈ B}109


110 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTIcon le relazioni (∀a, a ′ ∈ A , b, b ′ ∈ B)1. (a + a ′ ) ⊗ b = a ⊗ b + a ′ ⊗ b ,2. a ⊗ (b + b ′ ) = a ⊗ b + a ⊗ b ′ .Si noti che la funzioneA ⊗ Z → A , a ⊗ n ↦→ naè un isomorfismo <strong>di</strong> gruppi, cioè A ⊗ Z ∼ = A (analogamente, Z ⊗ A ∼ = A). Illettore può <strong>di</strong>mostrare facilmente che(A ⊕ B) ⊗ C ∼ = (A ⊗ C) ⊕ (B ⊗ C)per qualsiasi terna <strong>di</strong> gruppi abeliani (A, B, C). Finalmente, dati gli omomorfismi<strong>di</strong> gruppiφ : A → A ′ e ψ : B → B ′la funzioneφ ⊗ ψ : A ⊗ B → A ′ ⊗ B ′ , φ ⊗ ψ(a ⊗ b) := φ(a) ⊗ ψ(b)è un omomorfismo <strong>di</strong> gruppi abeliani.Così con un gruppo abeliano fissato G possiamo costruire un funtorecovariante− ⊗ G : Ab → Abche trasforma un gruppo A in A ⊗ G e un morfismo φ : A → B nel morfismoφ ⊗ 1 G .Esten<strong>di</strong>amo il funtore appena definito ai complessi <strong>di</strong> catene: per esempio,trasformiamo il complesso <strong>di</strong> catene (C(K), d) nel complesso (C(K) ⊗ G, d ⊗1 G ) prendendo, per qualsiasi n ∈ Z,(C(K) ⊗ G) n := C n (K) ⊗ G


3.1. OMOLOGIA CON COEFFICIENTI 111e definendo gli omomorfismiSiccome(d ⊗ 1 G ) n := d n ⊗ 1 G : C n (K) ⊗ G → C n−1 (K) ⊗ G .(d ⊗ 1 G ) n−1 (d ⊗ 1 G ) n = (d n−1 ⊗ 1 G )(d n ⊗ 1 G ) = d n−1 d n ⊗ 1 G = 0concludamo che (C(K) ⊗ G, d ⊗ 1 G ) è un complesso <strong>di</strong> catene i cui gruppi <strong>di</strong>omologia sono i gruppi <strong>di</strong> omologia <strong>di</strong> K a coefficienti in G. Per completezzaricor<strong>di</strong>amo al lettore che l’ennesimo gruppo <strong>di</strong> omologia <strong>di</strong> K a coefficientiin G è definito dal gruppo quozienteH n (K; G) = ker(d n ⊗ 1 G )/ im(d n+1 ⊗ 1 G ) .L’importante è paragonare questi gruppi <strong>di</strong> omologia con i corrispondentigruppi <strong>di</strong> omologia a coefficienti in Z. A questo punto dobbiamo fare alcuneconsiderazioni preliminari. Diciamo che H(K; G) è l’omologia <strong>di</strong> K.È facile capire che per ogni n ≥ 0 abbiamo una successione esatta corta<strong>di</strong> gruppi abeliani liberid nZ n (K) >−> C n (K) − −≫ Bn−1 (K)Il fatto cruciale è che tensorizzando ogni componente <strong>di</strong> questa successioneesatta con G otteniamo ancora una successione esatta corta. Infatti, abbiamoil seguente risultato più generaleLemma 3.1.1 SeA >f−> B −g−≫ Cè una successione esatta corta <strong>di</strong> gruppi liberi e G un gruppo abeliano, alloraancheè una successione esatta.f ⊗ 1 G g ⊗ 1 GA ⊗ G > − > B ⊗ G − − ≫ C ⊗ G


112 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTIDimostrazione – Incominciamo osservando che il gruppo C è libero e quin<strong>di</strong>possiamo definire una mappa s : C → B semplicemente scegliendo perogni elemento <strong>di</strong> una base <strong>di</strong> C come immagine un elemento della sua controimmagineme<strong>di</strong>ante g. Il composto gs : C → C è identità sugli elementidella base e quin<strong>di</strong> è identità anche su tutto il gruppo. Ne segue cheg(1 B − sg) = g − (gs)g = 0, cioè l’immagine <strong>di</strong> 1 B − sg è contenuto nelker g = im f, perciò possiamo definire la mappa r := f −1 (1 B − sg) : B → Ache sod<strong>di</strong>sfa anche rf = f −1 (1 B − sg)f = 1 A . Così abbiamo ottenuto lerelazionirf = 1 A gs = 1 C e fr + sg = 1 BSapiamo che il prodotto tensore con G è un funtore e che trasforma somme<strong>di</strong> omomorfismi in somme <strong>di</strong> omomorfismi trasformati, perciò tensorizzandootteniamo le relazioni(r ⊗ 1 G )(f ⊗ 1 G ) = 1 A⊗G (g ⊗ 1 G )(s ⊗ 1 G ) = 1 C⊗Ge(f ⊗ 1 G )(r ⊗ 1 G ) + (s ⊗ 1 G )(g ⊗ 1 G ) = 1 B⊗G .La prima ci <strong>di</strong>ce che (f ⊗ 1 G ) è iniettiva, la seconda che (g ⊗ 1 G ) è suriettivae la terza che im(f ⊗ 1 G ) = ker(g ⊗ 1 G ) perchè, se per un x ∈ B ⊗ G vale(g ⊗ 1 G )(x) = 0, allorax = (f ⊗ 1 G )(r ⊗ 1 G )(x) + (s ⊗ 1 G )(g ⊗ 1 G )(x) == (f ⊗ 1 G )((r ⊗ 1 G )(x)) ∈ im(f ⊗ 1 G ) .✷


3.1. OMOLOGIA CON COEFFICIENTI 113Useremo questo lemma per costruire una successione esatta corta <strong>di</strong> complessi<strong>di</strong> catene. Cominciamo per notare che per qualsiasi intero non-negativon e per ogni complesso simpliciale astratto K la successione <strong>di</strong> gruppi abelianiliberid nZ n (K) >−> C n (K) − −≫ Bn−1 (K)è esatta corta; dunque, per il lemma anteriore,d n ⊗ 1 GZ n (K) ⊗ G >−> C n (K) ⊗ G − − ≫ B n−1 (K) ⊗ Gè esatta corta. Ora passiamo ai complessi <strong>di</strong> catene. SianoZ(K) = {Z n (K)|n ≥ 0} e B(K) = {B n (K)}rispettivamente i gruppi abeliani graduati definiti dai cicli e dai bor<strong>di</strong> delcomplesso <strong>di</strong> catene C(K); in congiunzione con (K) consideriamo il gruppoabeliano graduatoB(K) ˜ = { B(K) ˜n:= B n−1 (K)} .Ora pren<strong>di</strong>amo i complessi <strong>di</strong> catene(Z(K) ⊗ G, 0) , ( ˜ B(K) ⊗ 0) e (C(K) ⊗ G, d ⊗ 1 G )(dove 0 è l’omomorfismo banale) e osserviamo, in base alle osservazionianteriori che la seguente successione <strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> catene è esatta corta:(Z(K) ⊗ G, 0) >−> (C(K) ⊗ G, d ⊗ 1 G ) −−≫ ( ˜ B(K) ⊗ G, 0) .Con una <strong>di</strong>mostrazione analoga a quella data per il Teorema della SuccessioneEsatta Lunga per una coppia <strong>di</strong> complessi simpliciali (vedere il Teorema2.2.2) possiamo <strong>di</strong>mostrare che questa successione esatta corta <strong>di</strong> complessi<strong>di</strong> catene da origine ad una successione esatta lunga <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> omologia; qui


114 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTIè d’uopo osservare che nella successione esatta corta in questione, il primo e<strong>di</strong>l terzo complesso hanno i morfismi <strong>di</strong> bordo banali, perciò la loro omologiaè <strong>di</strong> nuovo Z(K) ⊗ G e˜ B(K) ⊗ G rispettivamente mentre l’omologia delsecondo complesso è esattamente l’omologia <strong>di</strong> K con coefficienti in G, ossiaH(K; G). Dunque, abbiamo la successione esatta lungaH n (K; G)· · · > B n (K) ⊗ G i n ⊗ 1 G>Zn (K) ⊗ G j n>h n>Bn−1 (K) ⊗ G i n−1 ⊗ 1 G>Zn−1 (K) ⊗ G > · · ·dove i n è l’inclusione <strong>di</strong> B n (K) in Z n (K) e j n è l’omomorfismo indottodall’inclusione Z n (K) → C n (K) (il lettore è pregato <strong>di</strong> osservare che l’omomorfismo<strong>di</strong> connessione ˜λ n+1 del Teorema 2.2.2 coincide con i n ⊗ 1 G ).Siccome im j n = ker h n conclu<strong>di</strong>amo che, per qualsiasi n ≥ 0, la seguentesuccessione è esatta corta:Si osservi cheil gruppo quozienteh nim j n > −> H n (K; G) −−≫ im h n .im j n∼ = Zn (K) ⊗ G/ ker j n = Z n (K) ⊗ G/ im(i n ⊗ 1 G ) ;Z n (K) ⊗ G/ im(i n ⊗ 1 G ) := coker(i n ⊗ 1 G )è detto conucleo <strong>di</strong> i n ⊗ 1 G . Siccome im h n = ker(i n−1 ⊗ 1 G ), l’ultimasuccessione esatta corta si scrive nella formacoker(i n ⊗ 1 G ) >−> H n (K; G) −−≫ ker(i n−1 ⊗ 1 G ) .Il primo ed il terzo termine della successione esatta <strong>di</strong> sopra possono essereinterpretati <strong>di</strong>versamente; cominciamo per <strong>di</strong>mostrare checoker(i n ⊗ 1 G ) ∼ = H n (K) ⊗ G .


3.1. OMOLOGIA CON COEFFICIENTI 115Infatti, siccome per definizione coker(i n ⊗ 1 G ) = Z n (K) ⊗ G/ im(i n ⊗ 1 G )esiste un’omomorfismoφ : coker(i n ⊗ 1 G ) → H n (K) ⊗ Gdefinito sui generatori come φ[z ⊗ g] := p(z) ⊗ g (dove p : Z n (K) → H n (K)è la proiezione naturale). Dall’altro canto, per un y ∈ H n (K) possiamoscegliere un x ∈ p −1 (y) ⊆ Z n (K) e definireψ : H n (K) ⊗ G → coker(i n ⊗ 1 G )sui generatori con g(y ⊗ g) := [x ⊗ g]. La definizione è corretta, perchè perun altro x ′ con p(x ′ ) = y abbiamo, a causa dell’esattezza chex ⊗ g − x ′ ⊗ g = (x − x ′ ) ⊗ g ∈ im(i n ⊗ 1 G ) ,cioè [x ⊗ g] = [x ′ ⊗ g]. Gli omomorfismi φ e ψ sono chiaramente inversi unoall’altro e quin<strong>di</strong> coker(i n ⊗ 1 G ) ∼ = H n (K) ⊗ G.Passiamo adesso all’identificazione dei nuclei delle mappe i n ⊗ 1 G . Primaperò voremmo richiamare l’attenzione del lettore su un fatto, a prima vistasorprendente. Abbiamo appena visto che il conucleo del’omomorfismo i n ⊗1 Gnon <strong>di</strong>pende esattamente da B n (K) ⊗ G e Z n (K) ⊗ G bensì solo da H n (K),che è il conucleo <strong>di</strong> i : B n (K) → Z n (K), e da G. Questo ci fa pensare che lastessa cosa potrebbe valere anche per ker(i n ⊗ 1 G ) ed infatti, è così .Proposizione 3.1.2 Sia H il conucleo del monomorfismo i : B → Z tragruppi abeliani liberi e sia G un gruppo abeliano arbitrario. Allora sia ilnucleo che il conucleo dell’omomorfismo i ⊗ 1 G <strong>di</strong>pendono solo da H e G. Inpiù il conucleo <strong>di</strong> i ⊗ 1 G è naturalmente isomorfo a H ⊗ G, mentre il nucleo<strong>di</strong> i ⊗ 1 G determina un nuovo funtore covariante, detto prodotto <strong>di</strong> torsionee denotato con H ∗ G o Tor(H, G).


116 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTIDimostrazione – Dire che H è il conucleo del monomorfismo i : B → Zsignifica che le basi <strong>di</strong> Z e B rappresentano H con generatori e relazioni. Supponiamo<strong>di</strong> avere un’altra rappresentazione <strong>di</strong> H con generatori e relazioni:R >j−> F −q−≫ He consideriamo B > −> i jZ e R > −> F come complessi, denotati C e C ′ rispettivamente,il cui unico gruppo <strong>di</strong> omologia non banale è H 0 C = H 0 C ′ = H.Analogamente al Teorema 2.2.8 otteniamo morfismi <strong>di</strong> catene f : C → C ′ eg : C ′ → C i cui composti fg e gf sono omotopi alle rispettive identità. Ilprodotto tensoriale con G è un funtore che preserva somme <strong>di</strong> morfismi, perciòtensorizzando con G otteniamo morfismi <strong>di</strong> catene f ⊗1 G : C⊗G → C ′ ⊗Ge g ⊗ 1 G : C ′ ⊗ G → C ⊗ G e inoltre (f ⊗ 1 G )(g ⊗ 1 G ) e (g ⊗ 1 G )(f ⊗ 1 G ) sonoancora omotopi alle rispettive identità. Ciò significa che le mappe indotte inomologiaH 1 (f ⊗ 1 G )ker(i ⊗ 1 G )>−> F −−≫ He R ′ >−> F ′ −−≫ H ′ e usando il Teorema 2.2.8 otteniamo un morfismo <strong>di</strong>catene f tra complessi R >−> F e R ′ >−> F ′ che estende ¯f, ed è unico aSe


3.1. OMOLOGIA CON COEFFICIENTI 117meno <strong>di</strong> omotopia <strong>di</strong> catene. Tensorizzando con G e prendendo i gruppi <strong>di</strong>omologia otteniamo H 1 (f ⊗ 1 G ) : H ∗ G → H ′ ∗ G che è, per definizione, ilvalore del prodotto <strong>di</strong> torsione sul omomorfismo ¯f.✷Combinando questa proposizione con le successioni esatte corte ottenuteprima otteniamo:Teorema 3.1.3 (Teorema dei coefficienti universali in omologia)L’omologia <strong>di</strong> un complesso simpliciale K con coefficienti in un gruppoabeliano G è determinata dalle seguenti successioni esatte corte:H n (K) ⊗ G >−> H n (K; G) −−≫ H n−1 (K) ∗ GVe<strong>di</strong>amo cosa succede nel caso in cui G = CQ, il gruppo a<strong>di</strong>tivo dei razionali.Questo gruppo non è libero, ma è localmente libero: si <strong>di</strong>ce che un gruppoabeliano G è localmente libero se qualsiasi sottogruppo finitamente generato<strong>di</strong> G è libero; in particolare, in virtù del Teorema <strong>di</strong> decomposizione deigruppi abeliani finitamente generati (vedere 2.2), un gruppo abeliano finitamentegenerato è localmente libero se, e soltanto se, è privo <strong>di</strong> torsione. Orapassiamo al seguenteLemma 3.1.4 Se i : A → A ′ è un monomorfismo e G è localmente libero,allorai ⊗ 1 G : A ⊗ G −→ A ′ ⊗ Gè un monomorfismo.In particolare, il monomorfismoi n−1 : B n−1 (K) −→ Z n−1 (K)


118 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTIdetermina il monomorfismoi n−1 ⊗ 1 CQ : B n−1 (K) ⊗ CQ −→ Z n−1 (K) ⊗ CQe dunque,Il Teorema ?? ci permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>re cheH n−1 (K) ∗ CQ = ker(i n−1 ⊗ 1 CQ ) = 0 .H n (K; CQ) ∼ = H n (K) ⊗ CQe perciò, ancora con l’aiuto del Teorema <strong>di</strong> decomposizione dei gruppi abelianofinitamente generati, H n (K; CQ) è uno spazio vettoriale razionale <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioneuguale al rango <strong>di</strong> H n (K) (n mo -numero <strong>di</strong> Betti <strong>di</strong> K).Esercizi:1. Sia K un complesso simpliciale arbitrario. Dimostrare che per qualsiasinumero primo p la successione esatta corta0 > Zp · −> Zmodp> Zp > 0da luogo ad una successione esatta <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> omologia· · · > H n (K; Z) p · − > H n (K; Z) modp >modp> Hn (K; Z p )β p>Hn−1 (K; Z) > · · ·detta successione esatta lunga <strong>di</strong> Bockstein. L’omomorfismo <strong>di</strong> gruppi abelianiH n (K; Z p )β p>Hn−1 (K; Z)è detto operatore <strong>di</strong> Bockstein.


3.2. ALCUNE APPLICAZIONI 1192. (ker-coker lemma) Consideriamo il seguente <strong>di</strong>agramma commutativo, le cuirighe sono successioni esatte <strong>di</strong> gruppi abeliani:A > B > C > 0fgh∨∨∨0 > A ′ > B ′ > C ′Dimostrare che esiste un omomorfismo d che rende esatta la successione:ker f > ker g > ker hd >coker f > coker g > coker he usando questo Lemma dare una <strong>di</strong>mostrazione alternativa al Teorema 2.2.2.3. (forma generale del 5-lemma) SiaAf> Bg> Ch> Dk> Eαβγdɛ∨∨∨∨∨A ′ f ′ > B ′ g ′ > C ′ h ′ > D ′ k> E ′un <strong>di</strong>agramma commutativo <strong>di</strong> gruppi abeliani con righe esatte. Dimostrareche:• se α è suriettivo e β, δ sono iniettivi, allora γ è iniettivo;• se ɛ è iniettivo e β, δ sono suriettivi, allora γ è suriettivo.Come conseguenza <strong>di</strong> questi risultati si ha imme<strong>di</strong>atamente che se α, β, δ eɛ sono isomorfismi, allora anche γ è un isomorfismo.3.2 Alcune applicazioniIn questa sezione daremo alcune applicazioni dell’omologia simpliciale allageometria. Il nostro primo risultato importante è il Teorema del Punto Fisso


120 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTI<strong>di</strong> Lefschetz e perciò ora passiamo in rassegna alcuni risultati ben noti <strong>di</strong>Algebra Lineare.La traccia <strong>di</strong> una matrice razionale quadra (a ij ), i = j = 1, . . . , n è ilnumero razionalen∑Tr ((a ij )) = a ii .Si osservi che per due qualsiasi matrici razionali quadre A e B, Tr (AB) =Tr (BA). Di conseguenza, possiamo definire la traccia <strong>di</strong> una trasformazionelineare α : V → V <strong>di</strong> uno spazio vettoriale razionale <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione n : infatti,basta ricordare che due matrici razionali quadre A e B rappresentano α see soltanto se esiste una matrice n × n invertibile C tale che B = CAC −1 .Allora, possiamo definireTr (α) = Tr (B) = Tr (A) .i=1Lemma 3.2.1 Sia0 → U α−→ Vβ−→ W → 0uns successione esatta <strong>di</strong> spazi vettoriali razionali <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione finita etrasformazioni lineari. Sia γ : V → V una trasformazione lineare la cuirestrizione a U sia una trasformazione lineare γ U : U → U. Allora possiamodefinire γ W : W → W eTr (γ) = Tr (γ U ) + Tr (γ W ) .Dimostrazione – Pren<strong>di</strong>amo una base {⃗u 1 , . . . , ⃗u r } <strong>di</strong> U e i vettori ⃗v i =α(⃗u i ) ∈ V , i = 1, . . . , r. Questi ultimi sono linearmente in<strong>di</strong>pendenti in Ve perciò possono essere completati a una base {⃗v 1 , . . . , ⃗v n } <strong>di</strong> V . Si osserviche i vettori ⃗w r+1 = β(⃗v r+1 ), . . . , w n = β(⃗v n ) formano una base <strong>di</strong> W . Lamatrice (a ij ) con i, j = 1, . . . , n ottenuta tramite le uguaglianzen∑γ(⃗v i ) = a ij ⃗v j , i = 1, . . . , nj=1


3.2. ALCUNE APPLICAZIONI 121rappresenta γ. Ora definiamo γ U e γ W tramite le formuler∑(∀i = 1, . . . , r) γ U (⃗u i ) = a ij ⃗u j(∀i = r + 1, . . . , n) γ W (⃗w i ) =j=1n∑j=r+1a ij ⃗w j .✷Passiamo alla geometria. Le nostre <strong>di</strong>mostrazioni saranno fatte nell’ambitodell’omologia razionale, cioè dell’omologia con coefficienti in CQ. Ricor<strong>di</strong>amobrevemente che, per un qualsiasi poliedro |K|, H n (|K|, CQ) è uno spaziovettoriale razionale <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione β(n).lineareD’altro canto, una mappa f : |K| → |K| da luogo a una trasformazionef ∗ (n) : H n (|K|, CQ) → H n (|K|, CQ)per ogni intero n ∈ {0, . . . , <strong>di</strong>m K}. Per definizione, il numero <strong>di</strong> Lefschetz<strong>di</strong> una mappa f : |K| → |K| è il numero razionaleΛ(f) =<strong>di</strong>m K ∑n=0(−1) n Tr (f ∗ (n)) .Ma come si definisce l’omomorfismo f ∗ dello spazio vettoriale graduatoH ∗ (|K|, CQ) su se stesso?simpliciale g : K (r)Cominciamo per prendere una approssimazione→ K <strong>di</strong> f (vedere il Teorema 2.3.3); questa produceun morfismo <strong>di</strong> catene C(g) : C(K r , CQ) → C(K, CQ).Ora mettiamo inballo il morfismo <strong>di</strong> catene (omomorfismo <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>visione) λ : C(K, CQ) →C(K (r) , CQ): il lettore è pregato <strong>di</strong> ricordarsi che il morfismo <strong>di</strong> cateneC(g)λ : C(K, CQ) −→ C(K, CQ)è appunto quell’omomorfismo che al livello dell’omotopia da luogo a f ∗ , cioèf ∗ (n) = H n (C(g)λ). Siccome per qualsiasi n = 0, . . . , <strong>di</strong>m K,C n (g)λ n : C n (K, CQ) −→ C n (K, CQ)


122 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTIè una trasformazione lineare, possiamo definire il numeroΛ(C(g)λ) =<strong>di</strong>m K ∑n=0(−1) n Tr (C n (g)λ n ) ;è perfettamente naturale domandarsi quale sarebbe la relazione tra quest’ultimonumero ed il numero <strong>di</strong> Lefschetz Λ(f). La risposta a questo quesito è fornitadal Lemma successivo.Lemma 3.2.2 (Teorema della traccia <strong>di</strong> Hopf) Per qualsiasi mappa f :|K| → |K|,Λ(C(g)λ) = Λ(f) .Dimostrazione – Per qualsiasi n ≥ 0 consideriamo le due successioni esatte(1) 0 → Z n (K, CQ) → C n (K, CQ) → B n−1 (K, CQ) → 0 e(2) 0 → B n (K, CQ) → Z n (K, CQ) → H n (K, CQ) → 0 .Ora, per un t ∈ Z fissato, definiamo i numeric(t) = ∑ t n Tr (C n (g)λ n ) ,z(t) = ∑ t n Tr ((C n (g)λ n )|Z n (K, CQ)) ,b(t) = ∑ t n Tr ((C n (g)λ n )|B n (K, CQ)) eh(t) = ∑ t n Tr (f ∗ (n)) .Il Lemma 3.2.1 applicato alle successioni esatte (1) e (2) ci permette <strong>di</strong>concludere chec(t) = z(t) + tb(t) ez(t) = b(t) + h(t)donde deduciamo l’uguaglianza c(t) − h(t) = (1 + t)b(t) la quale, per t = −1,ci permette <strong>di</strong> ottenere la tesi enunciata.✷


3.2. ALCUNE APPLICAZIONI 123Teorema 3.2.3 (Teorema del punto fisso <strong>di</strong> Lefschetz) Per una qualsiasimappa f : |K| → |K| priva <strong>di</strong> punto fisso Λ(f) = 0.Dimostrazione – Sia Ψ : |K| → IR la funzione definita da Ψ(p) = d(p, f(p))per qualsiasi p ∈ |K|. Siccome f è priva <strong>di</strong> punto fisso, (∀p ∈ |K|) Ψ(p) > 0.Ma allora, essendo |K| un compatto, esiste un ε > 0 tale che Ψ(p) ≥ ε, perqualsiasi p ∈ |K|. Per il Teorema 2.1.7 esiste un intero r tale che il <strong>di</strong>ametro<strong>di</strong> |K (r) | sia minore <strong>di</strong> ε . Il Teorema 2.1.6 ci <strong>di</strong>ce che esiste un omeomorfismo3F : |K (r) | → |K|; con questo definiamo la mappaf (r) := F −1 fF : |K (r) | −→ |K (r) | .Il lettore può ora <strong>di</strong>mostrare facilmente le due affermazioni seguenti:1. Λ(f (r) ) = Λ(f) ;2. la mappa f è priva <strong>di</strong> punti fissi se e soltanto se f (r) è priva <strong>di</strong> puntifissi.Dunque possiamo assumere <strong>di</strong> essere partiti con la mappa f (r) per <strong>di</strong>mostrareche Λ(f (r) ) = 0.Sia f (r) approssimato dalla funzione simpliciale g : K (t) → K (r) , cont ≥ r; allora,(∀p ∈ |K (t) |) |g|(p) ∈ |s(f (r) (p))|e siccome s(f (r) (p)) è un simplesso <strong>di</strong> K (r) , conclu<strong>di</strong>amo che(∀p ∈ |K (t) |) d(|g|(p), f (r) (p)) < ε 3 .Quest’ultima <strong>di</strong>suguaglianza, la proprietà triangolare della metrica e la con<strong>di</strong>zione(∀p ∈ |K (t) |) ε < Ψ(p) = d(p, f (r) (p))


124 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTIci permettono <strong>di</strong> concludere che(∀p ∈ |K (t) |) d(p, |g|(p)) > 2 ε 3 ;in altre parole, per qualsiasi punto p ∈ |K (t) |, |g|(p) e p non possono conviverenel medesimo simplesso <strong>di</strong> |K (r) |.Sia σ un n-simplesso arbitrario<strong>di</strong> K (r) , interpretato come un elemento della base canonica <strong>di</strong> C n (K (r) , CQ);ipotizziamo per un momento che tra i vettori che compongono C n (g)λ n (σ),quando scriviamo quest’ultimo come combinazione lineare dei vettori dellabase canonica, ci sia appunto il vettore σ. Ora, λ n (σ) è una combinazionelineare <strong>di</strong> n-simplessi <strong>di</strong> K (t) le cui realizzazioni geometriche sono contenutein |σ|; siccome C n (g)λ n (σ) ha σ tra le sue componenti, uno degli n-simplessi<strong>di</strong> K (t) che compongono la catena λ n (σ) deve essere portato in σ da C n (g);d’altro lato C n (π (t,r) )λ n (σ) = σ e perciò, la nostra ipotesi ci porta alla conclusioneche esiste un punto p ∈ |K (t) | tale che d(p, |g|(p)) < ε , in contra<strong>di</strong>zione3con i risultati anteriori. Dunque, Tr (C n (g)λ n ) = 0; il Teorema della Traccia<strong>di</strong> Hopf ci permette <strong>di</strong> concludere che Λ(f (r) ) = 0 e perciò, Λ(f) = 0.✷Il Teorema del punto fisso <strong>di</strong> Lefschetz fornisce una con<strong>di</strong>zione necessariama non sufficiente perché una mappa f : |K| → |K| sia priva <strong>di</strong> punti fissi.Infatti,f : S 1 → S 1 , e 2πit ↦→ e 2πi(t+ 112 ), t ∈ [0, 1)è priva <strong>di</strong> punti fissi e pertanto Λ(f) = 0; ma f è omotopa all’identità 1 S 1tramiteH(e 2πit , s) = e 2πi(t+s 112 )e dunque, Λ(1 S 1) = 0 (perché il numero <strong>di</strong> Lefschetz è invariante per omotopia)ma 1 S 1 ha tutti i punti fissi.


3.2. ALCUNE APPLICAZIONI 125Corollario 3.2.4 (Teorema del punto fisso <strong>di</strong> Brouwer) Qualsiasi automappanon costante <strong>di</strong> un poliedro connesso e aciclico 1 ha un punto fisso.Dimostrazione – Sia |K| un tale poliedro; l’ipotesi fatta significa che l’omologia<strong>di</strong> |K| è banale a tutti i livelli, tranne per H 0 (K, CQ) ∼ = CQ. Supponiamo chef sia approssimata simplicialmente da g : K (r) → K. Sia x 0 un vertice <strong>di</strong>|K| e supponiamo che {x 0 } + B 0 (K, CQ) sia un generatore <strong>di</strong> H 0 (K, CQ). MaC 0 (g)λ 0 ({x 0 }) = g(x 0 )e g(x 0 ) è un vertice <strong>di</strong> K perché g è simpliciale. Siccome |K| è connesso,g(x 0 ) è omologo a {x 0 } e dunque, Λ(f) = 1. Il Teorema <strong>di</strong> Lefschetz ci permette<strong>di</strong> concludere che f non può essere priva <strong>di</strong> punti fissi.✷Prima <strong>di</strong> passare al prossimo corollario, ve<strong>di</strong>amo la definizione <strong>di</strong> grado<strong>di</strong> una automappa <strong>di</strong> una sfera. Consideriamo la n-sfera S n (n ≥ 1) come larealizzazione geometrica della n-sfera simpliciale Σ n (vedere la Sezione 2.2).Siano f : S n → S n una mappa data e g : (Σ n ) (r) → Σ n una sua approssimazionesimpliciale. L’omologia intera <strong>di</strong> Σ n è banale in tutte le <strong>di</strong>mensioni<strong>di</strong>verse da 0 ed n, e in questi due casi è isomorfa al gruppo abeliano Z. Ricor<strong>di</strong>amoche H n ((Σ n ) (r) ) ∼ = Z n ((Σ n ) (r) ) ha soltanto due possibili generatori (che<strong>di</strong>fferescono dall’orientamento); sia z uno <strong>di</strong> questi generatori. Allora, esisteun intero d tale che H n (g)(z) = d z. Questo numero, che è evidentementein<strong>di</strong>pendente dalla classe <strong>di</strong> omotopia della mappa f e dalla approssimazionesimpliciale g <strong>di</strong> f, è il grado <strong>di</strong> f (notazione: gr (f)). 21 Vedere esempi <strong>di</strong> complessi aciclici nella Sezione 2.22 Il caso n = 1 è particolarmente istruttivo: in pratica, quando “percorriamo” il cicloz, l’immagine g(z) avvolge d volte in S 1 il corrispondente ciclo generatore <strong>di</strong> Z n (Σ n ).


126 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTILemma 3.2.5 Per qualsiasi mappa f : S n → S nΛ(f) = 1 + (−1) n gr (f) .Dimostrazione – Il numero <strong>di</strong> Lefschetz è definito per l’omologia a coefficientirazionali. Siccome Σ n è connesso, la traccia <strong>di</strong> f ∗ (0) = 1; ci manca<strong>di</strong>mostrare che Tr (f ∗ (n)) = gr (f). È sufficiente osservare cheZ n ((Σ n ) (r) , CQ) ∼ = Z n ((Σ n ) (r) ) ⊗ CQ .✷Corollario 3.2.6 Una mappa f : S 2 → S 2 ha un punto fisso o esiste unp ∈ S 2 tale che f(p) = −p.Dimostrazione – Supponiamo che f sia priva <strong>di</strong> punti fissi; allora, per ilLemma anteriore conclu<strong>di</strong>amo che gr (f) = −1. In particolare, la funzioneantipodaleA : S 2 → S 2 , p ↦→ −pha grado −1. Siccome gr (Af) = gr (A)gr (f) = 1, si ottiene cheΛ(Af) = 1 + (−1) 2 gr (Af) = 2dunque esiste p ∈ S 2 tale che Af(p) = p e perciò, f(p) = −p.✷Corollario 3.2.7 Non esiste nessuna mappa f : S 2n → S 2n , n ≥ 1 per cui ivettori p e f(p) siano perpen<strong>di</strong>colari, per qualsiasi p ∈ S 2n .


3.2. ALCUNE APPLICAZIONI 127Dimostrazione – Supponiamo che una tale funzione esista. Allora,e perciò possiamo definire una mappa(∀p ∈ S 2n ) ||(1 − t)f(p) + tp|| ≠ 0F : S 2n × I → S 2n , (p, t) ↦→(1 − t)f(p) + tp||(1 − t)f(p) + tp|| .Questa mappa è una omotopia tra la funzione f e la funzione identità 1 S 2n.Ne segue cheΛ(f) = Λ(1 S 2n) = 1 + (−1) 2n = 2e dunque (∃p ∈ S 2n ) f(p) = p. Questo è in contra<strong>di</strong>zione con l’ipotesi fattasu f.✷Osservazione – Il Corollario 3.2.7 equivale a <strong>di</strong>re che una sfera <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionepari non ammette una campo vettoriale tangente. Le sfere <strong>di</strong><strong>di</strong>mensione <strong>di</strong>spari ammettono tali campi: per esempio,S 2n−1 → S 2n−1 , (x 1 , . . . , x 2n ) ↦→ (−x 2 , x 1 , . . . , −x 2n , x 2n−1 ) .Corollario 3.2.8 (Teorema fondamentale dell’algebra)Qualsiasi polinomioz n + a 1 z n−1 + . . . + a n−1 z + a n ∈ C[z](con n ≥ 1) ha una ra<strong>di</strong>ce complessa.Dimostrazione – Cominciamo per interpretare il nostro polinomio comeuna mappa P : IR 2 → IR 2 . Ci proponiamo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che P è suriettiva:in tal caso, avremmo in corrispondenza a 0 ∈ IR 2 un α ∈ Z tale cheα n + a 1 α n−1 + . . . + a n−1 α + a n = 0


128 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTIcosa che <strong>di</strong>msotrerebbe l’enunciato. Pren<strong>di</strong>amo il compattificato S 2 <strong>di</strong> IR 2ottenuto per aggiunzione <strong>di</strong> un punto ∞ a IR 2 ed esten<strong>di</strong>amo P a una mappaP : S 2 → S 2 definendo P (∞) = ∞. La mappaH : S 2 × I → S 2 , (p, t) ↦→ z n + (1 − t){a 1 z n−1 + . . . + a n } , ∞ ↦→ ∞è una omotopia tra la mappa P e la mappaf : S 2 → S 2 , z ↦→ z n .Vogliamo <strong>di</strong>mostrare che gr (f) = n. Pren<strong>di</strong>amo i numeri complessix s = e 2πisn 2 , s = 0, 1, . . . , n 2 − 1e costruiamo il complesso simpliciale K(n 2 ) costituito daivertici:{0}, {x 0 }, . . . , {x n 2 −1}, {∞} ;1-simplessi:{0, x 0 }, . . . , {0, x n 2 −1}{x 0 , ∞}, . . . , {x n 2 −1, ∞}{x 0 , x 1 }, . . . , {x n 2 −1, x 0 }2-simplessi:{0, x 0 , x 1 }, . . . , {0, x 1 , x 2 }, . . . , {0, x n 2 −1, x 0 }{∞, x 0 , x 1 }, . . . , {∞, x 1 , x 2 }, . . . , {∞, x n 2 −1, x 0 }la cui realizzazione geometrica è omeomorfa a S 2 .Ora pren<strong>di</strong>amo i numeri complessiy t = e 2πitn , t = 0, 1, . . . , n − 1


3.2. ALCUNE APPLICAZIONI 129e consideriamo il complesso simpliciale K(n) costituito daivertici:{0}, {y 0 }, . . . , {y n−1 }, {∞} ;1-simplessi:{0, y 0 }, . . . , {0, y n−1 }{y 0 , ∞}, . . . , {y n−1 , ∞}{y 0 , y 1 }, . . . , {y n−1 , y 0 }2-simplessi:{0, y 0 , y 1 }, . . . , {0, y 1 , y 2 }, . . . , {0, y n−1 , y 0 }{∞, y 0 , y 1 }, . . . , {∞, y 1 , y 2 }, . . . , {∞, y n−1 , y 0 }la cui realizzazione geometrica è anche omeomorfa a S 2 . Si osservi chef(0) = 0 , f(∞) = ∞ e f(x s ) = y se che f può essere interpretata come una funzione simpliciale che avvolge ilcerchio unitario S 1 ⊂ C n volte su se stesso, cioè, gr (f) = n.Siccome il grado <strong>di</strong> una mappa è un invariante per omotopia, conclu<strong>di</strong>amoche gr (P ) = n.Supponiamo ora che P non sia una suriezione. Ciò vuol <strong>di</strong>re che esiste unp ∈ S 2 tale che P (S 2 ) ⊂ S 2 \p. Così, possiamo interpretare la P come unamappa da S 2 a CQ 2 e perciò, è omotopa alla mappa costante da S 2 a 0 ∈ CQ 2 .Ma questa ultima mappa deve avere grado 0, cosa che contra<strong>di</strong>ce il fatto cheP è <strong>di</strong> grado n ≠ 0.✷Esercizi:


130 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTI1. Sia A : S 1 → S 1 la funzione antipodale. Dimostrare che gr A = 1.2. Dimostrare che non esiste una retrazione del <strong>di</strong>sco unitario D n ⊂ IR n sul suobordo S n−1 .3. Un poliedro |K| ha la proprietà del punto fisso se qualsiasi mappa f : |K| →|K| ha almeno un punto fisso. Dimostrare che la proprietà del punto fisso simantiene per omeomorfismi.4. Sia |K| un poliedro con la proprietà del punto fisso. Dimostrare che se |L| èun retratto <strong>di</strong> |K| allora anche |L| ha la proprietà del punto fisso.5. Pren<strong>di</strong>amo lo spazioX = {(x 0 , x 1 , x 2 ) ∈ IR 3 |(∀i = 0, 1, 2)x i ≥ 0}con la topologia indotta da IR 3 e sia f : X → X una funzione continua data.Dimostrare che è possibile trovare un vettore unitario ⃗v ∈ X e un numeroreale non negativo λ tali che f(⃗v) = λ⃗v.6. Sia M 3×3 + l’insieme <strong>di</strong> tutte le matrici reali quadre i cui elementi siano nonnegativi.Tramite l’esercizio anteriore <strong>di</strong>mostrare che, per qualsiasi matriceA ∈ M 3×3 + , almeno uno degli autovalori <strong>di</strong> A è non-negativo.3.3 CoomologiaSappiamo che i gruppi <strong>di</strong> omologia H n (|K|; CQ) <strong>di</strong> un poliedro |K| in veritàhanno la struttura <strong>di</strong> spazi vettoriali e perciò possono essere dualizzati. Lapossibilità <strong>di</strong> dualizzare tali spazi vettoriali portò i matematici a pensarese fosse possibile “dualizzare” i gruppi <strong>di</strong> omologia anche nel caso in cui silavori con coefficienti in un gruppo abeliano G <strong>di</strong>verso. Il lavoro <strong>di</strong> ricercache condusse alla dualizzazione dell’omologia fu fatto sostanzialmente tra il1925 ed il 1935; uno dei primi matematici a interessarsi a questo problema fu


3.3. COOMOLOGIA 131Solomon Lefschetz che introdusse formalmente le sue idee nel libro Topology(American Mathematical Society, Colloquium Pubblication n. 12, New York1930). L’idea <strong>di</strong> aggiungere la particola “co” alla parola “homology” (dandoluogo a “cohomology”) è dovuta a H. Whitney, il quale fu anche responsabileper la formalizzazione e le notazioni dell’o<strong>di</strong>erna teoria <strong>di</strong> coomologia (vedereOn products in a complex, Annals of Math. 39 (1938), 397 – 432).Ora vogliamo rammentare il fatto che per cambiare i coefficienti dell’omologiaci siamo serviti del prodotto tensoriale; per “dualizzare” l’omologia o cambiarei coefficienti della teoria dualizzata ricorriamo al funtoreHom(−, G) : Ab → Abcon G un gruppo abeliano fissato. Più precisamente, dato un gruppo abelianoA, definiamo Hom(G, Z) come il gruppo abeliano <strong>di</strong> tutti gli omomorfismida A a G con la legge <strong>di</strong> composizioneHom(A, G) × Hom(A, G)) → Hom(A, G)(φ, ψ) ↦→ φψ | (∀a ∈ A)φψ(a) = φ(a) + ψ(a) .Sui morfismi Hom(−, G) si comporta nel modo seguente: dato f : A → A ′ ,Hom(f, G) : Hom(A ′ , G) → Hom(A, G) , φ ↦→ φ ◦ f .L’omomorfismo Hom(f, G) è detto aggiunto <strong>di</strong> f. Si osservi che il funtoreHom(−, G) : Ab → Abè controvariante.Come per il cambiamento dei coefficienti in omologia, situazione in cuiabbiamo applicato il funtore − ⊗ G al complesso <strong>di</strong> catene (C(K), d), orapossiamo applicare il funtore Hom(−, G) a tale complesso. Sebbene dal punto


132 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTI<strong>di</strong> vista formale non ci siano <strong>di</strong>fficoltà nel procedere, più avanti nel testoesporremo la terminologia e fatti principali che avranno un significato <strong>di</strong>versoquando applicati a situazioni geometriche.Passiamo ora alla costruzione della coomologia simpliciale. Sia (C(K), d)il complesso <strong>di</strong> catene associato ad un complesso simpliciale orientato K.Applichiamo il funtore Hom(−, Z) al gruppo abeliano graduato C(K) perottenere il gruppo graduatoHom(C(K), Z) = {C n (K) := Hom(C n (K), Z)}(per n < 0, C n (K) = 0). In<strong>di</strong>chiamo con d n−1 l’omomorfismo aggiuntodell’omomorfismo <strong>di</strong> bordo d n : C n (K) → C n−1 (K) ossia,d n−1 := Hom(d n , Z) : C n−1 (K) → C n (K) .Siccome d n d n+1 = 0 conclu<strong>di</strong>amo imme<strong>di</strong>atamente che d n d n−1 = 0 e dunque,im d n−1 := B n (K) ⊂ ker d n := Z n (K) .Il gruppo quozienteH n (K, Z) = H n (K) := Z n (K)/B n (K)è detto n mo -gruppo <strong>di</strong> coomologia (simpliciale) <strong>di</strong> K.Come per l’omologia simpliciale, possiamo definire la coomologia H(K, L)<strong>di</strong> una coppia <strong>di</strong> complessi simpliciali (K, L): è sufficiente applicare il funtoreHom(−, Z) al complesso <strong>di</strong> catene(C(K, L), d K,L ) := {C n (K)/C n (L), d K,Ln } .Inoltre, (K, L) produce una successione esatta lunga in coomologia simplicialeossia, vale il seguente risultato:


3.3. COOMOLOGIA 133Teorema 3.3.1 (successione esatta lunga in coomologia)Sia (K, L) una coppia <strong>di</strong> complessi simpliciali. Per qualsiasi n > 0 esisteun omomorfismo˜λ n : H n (L) → H n+1 (K, L)che rende esatta la seguente successione <strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> coomologia. . . → H n (K) Hn (i)−→ H n (L) ˜λ n−→ H n+1 (K, L) q∗ (n+1)−→ H n+1 (K) → . . .La <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> questo teorema segue le orme della <strong>di</strong>mostrazionedel corrispondente teorema in omologia (Teorema 2.2.2); vogliamo soltantorilevare in modo esplicito che il risultato chiave per questa <strong>di</strong>mostrazione èil seguente lemmaLemma 3.3.2 SeA >f−> B −g−≫ Cè una successione esatta corta <strong>di</strong> gruppi liberi e G un gruppo abeliano, alloraancheHom(g, G)Hom(g, G)Hom(C, G) > − > Hom(B, G) − − ≫ Hom(A, G)è una successione esatta.Per la <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> questo lemma il lettore si può basare nella <strong>di</strong>mostrazionedel Lemma 3.1.1; infatti, l’unica proprietà del prodotto tensoreche abbiamo usato in 3.1.1 è che − ⊗ G è un funtore che trasforma somme <strong>di</strong>morfismi in somme <strong>di</strong> morfismi ed esattamente la stessa proprietà vale ancheper il funtore (controvariante) Hom(−, G).Per definire la coomologia determinata da un complesso simpliciale orientatoK con coefficienti in un gruppo abeliano G, proce<strong>di</strong>amo come per quella


134 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTIcon coefficienti in Z, ma applicando il funtore controvariante Hom(−, G) inluogo <strong>di</strong> Hom(−, Z) al complesso <strong>di</strong> catene (C(K), d).Come nel caso dell’omologia a coefficienti ci interesserà come determinarela coomologia a coefficienti del complesso simpliciale conoscendo solo la suaomologia ed il gruppo. Cercheremo perciò <strong>di</strong> sfruttare le stesse idee comeprima, tenendo però conto che il funtore A ↦→ A ⊗ G è covariante, mentreA ↦→ Hom(A, G) è controvariante. Per cominciare, rive<strong>di</strong>amo ciò che abbiamofatto finora in chiave generale. Un complesso <strong>di</strong> cocatene (o cocomplesso) è ungruppo abeliano graduato {C n } con un’endomorfismo <strong>di</strong> grado +1, chiamatoomomorfismo <strong>di</strong> cobordo d ∗ = {d n : C n → C n+1 } con la proprietà d n+1 d n = 0.Un omomorfismo <strong>di</strong> cocatene tra complessi <strong>di</strong> cocatene (C, d ∗ ) e (C ′ , d ′∗ ) èuna omomorfismo tra gruppi abeliani graduati C e C ′ che commuta con gliomomorfismi <strong>di</strong> cobordo.Anche gli altri concetti definiti per complessi <strong>di</strong> catene hanno i lorocorrispondenti duali: gli elementi <strong>di</strong> C n sono detti n-cocatene; gli elementi<strong>di</strong> Z n C := ker(d n : C n → C n+1 ) sono n-cocicli mentre gli elementi<strong>di</strong> B n C := im(d n−1 : C n−1 → C n ) sono n-cobor<strong>di</strong>; infine, il quozienteH n (C) := Z n C/B n C è il gruppo <strong>di</strong> coomologia del cocomplesso (C, d ∗ ) in<strong>di</strong>mensione n.Se, partendo da un cocomplesso (C ∗ , d ∗ ), definiamo C n := C −n e d n :=d −n allora chiaramente (C ∗ , d) è un complesso <strong>di</strong> catene e tutti i concetti sitraducono rispettivamente. In particolare, la coomologia <strong>di</strong> (C ∗ , d ∗ ) non èaltro che l’omologia del complesso (C ∗ , d). Questo ci in<strong>di</strong>ca come possiamotradurre tutti i risultati nell’ambito coomologico il che in seguito faremosenza ulteriori commenti.Per ogni complesso (C, d) e ogni gruppo abeliano G possiamo definire uncocomplesso (C ∗ , d ∗ ) con C n := Hom(C n , G), il gruppo <strong>di</strong> omomorfismi da


3.3. COOMOLOGIA 135C n in G e con d n : C n → C n+1 , la mappa aggiunta a d n+1 : C n+1 → C n .La coomologia <strong>di</strong> questo cocomplesso viene detta coomologia del complesso(C, d) con coefficienti in G.Assumiamo dunque che il complesso (C, d) sia libero e così , anche Z n Ce B n C sono liberi; per qualsiasi n la successione <strong>di</strong> gruppi abeliani liberiZ n C > −> C n −d n−≫ Bn−1 Cè esatta corta; dunque, per il Lemma 3.3.2Hom(B n−1 C, G) >−> Hom(C n , G) −−≫ Hom(Z n C, G)è esatta.complessiQuesto ci permette <strong>di</strong> costruire la successione esatta corta <strong>di</strong>(Hom( ˜ B(C), G), 0) >−> (Hom(C, G), d) −−≫ (Hom(ZC, G), 0)doveB(C) ˜ = { B(C) ˜ n := B n−1 (K)} .Il teorema della successione esatta lunga in coomologia (vedere Teorema3.3.1) nella sua forma generale (il lettore è pregato <strong>di</strong> enunciare e <strong>di</strong>mostrareil teorema solo in termini <strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> catene) ci permette <strong>di</strong> scrivere lasuccessione esatta lunga· · · > Hom(Z n−1 C, G)> Hom(Z n C, G)i ∗ > Hom(B n−1 , G) > H n (C; G)i ∗ > Hom(B n , G) > · · ·che si scompone in successioni esatte cortecoker i n−1 >−> H n (C; G) −−≫ ker i nUn f ∈ ker i ∗ è un omomorfismo da Z n C in G che si annulla su B n C equin<strong>di</strong> corrisponde a un omomorfismo dal quoziente in G. Questo <strong>di</strong>mostra


136 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTIche ker i ∗ = Hom(H n C, G) e cioè che ker i ∗ non <strong>di</strong>pende da B n C e Z n C masolo dal loro quoziente. Lo stesso possiamo <strong>di</strong>mostrare anche per il conucleo;abbiamo infatti la seguente proposizione, duale alla Proposizione 3.1.2:Proposizione 3.3.3 Sia H il conucleo del monomorfismo i : B → Z tragruppi abeliani liberi e G un gruppo abeliano arbitrario. Allora sia il nucleoche il conucleo dell’omomorfismo i ∗ : Hom(Z, G) → Hom(B, G) <strong>di</strong>pendonosolo da H e G. In più il nucleo <strong>di</strong> i ∗ è naturalmente isomorfo aHom(H, G), mentre il conucleo <strong>di</strong> i ∗ determina un nuovo bifuntore, ad<strong>di</strong>tivo,controvariante nella prima variabile e covariante nella seconda, denotato conExt(H, G).Dimostrazione – Il metodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrazione è analogo a quello della Proposizione3.1.2, sostituendo semplicemente il funtore − ⊗ G con il funtoreHom(−, G) e tenendo conto della controvarianza del secondo. Lasciamo idettagli al lettore.✷Applicando questo risultato alle successioni esatte ottenute prima abbiamo:Teorema 3.3.4 (dei coefficienti universali in coomologia)La coomologia <strong>di</strong> un complesso positivo e libero (C, d) con coefficienti in ungruppo abeliano G è determinata dalle seguenti successioni esatte corte:Ext(H n−1 C, G) >−> H n (C; G) −−≫ Hom(H n C, G)Conclu<strong>di</strong>amo osservando specificamente che per un complesso simplicialeorientato K applichiamo il funtore Hom(−, G) al complesso <strong>di</strong> catene liberoe positivo (C(K), d) per ottenere per ogni n > 0 le seguenti successioni esatte


3.3. COOMOLOGIA 137corte:Ext(H n−1 (K), G) >−> H n (K; G) −−≫ Hom(H n (K), G)


138 CAPITOLO 3. OMOLOGIA CON COEFFICIENTI


Capitolo 4Varietà Topologiche4.1 Definizione e esempiUno spazio topologico <strong>di</strong> Hausdorff X è detto varietà n-<strong>di</strong>mensionale osemplicemente n-varietà, se per qualsiasi punto x ∈ X esiste un aperto U <strong>di</strong>X che contenga x e sia omeomorfo a un aperto <strong>di</strong> IR n . Dunque una n-varietàX è caratterizzata da un insiemeA = {(U i , φ i )|ı ∈ J}in cui gli U i sono aperti che ricoprono X e φ i è un omeomorfismo <strong>di</strong> U i in unaperto <strong>di</strong> IR n . L’insieme A è l’atlante <strong>di</strong> X ed ogni copia (U i , φ i ) è una carta<strong>di</strong> X.Prima ancora <strong>di</strong> dare alcuni esempi <strong>di</strong> varietà osserviamo che la con<strong>di</strong>zioneche X sia <strong>di</strong> Hausdorff è parte integrante della definizione e non <strong>di</strong>pende dalresto delle con<strong>di</strong>zioni. Infatti, siaX = (−1, 2] = {x ∈ IR| − 1 < x ≤ 2}con la topologia data dal seguente insieme <strong>di</strong> apertiU = {∅, X} ∪ {(α, β) | − 1 ≤ α < β ≤ 2}∪139


140 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHE∪{(α, 0) ∪ (β, 2] | − 1 ≤ α < 0 , −1 ≤ β < 2} .Questo spazio non è <strong>di</strong> Hausdorff perchè un qualsiasi aperto che contiene0 interseca un qualsiasi aperto contenente 2. D’altro canto, qualsiasi x ∈X \ {2} è contenuto in un aperto omeomorfo a un aperto <strong>di</strong> IR; quanto alpunto x = 2, pren<strong>di</strong>amo l’apertoU = (− 1 2 , 0) ∪ (3 2 , 2]e le funzionieφ : U → (−1, 1) =◦ψ : D 1 → U◦D 1definite rispettivamente dae⎧⎪⎨ 2x se 1φ(x) =< x < 02⎪⎩ 4 − 2x se 3 < x ≤ 22⎧⎪⎨ xse − 1 < x < 02ψ(x) =⎪⎩ 2 − x se 0 ≤ x < 1 .2Il lettore può verificare che φ e ψ sono continue e inverse una dell’altra;dunque, φ è un omeomorfismo e perciò X ha le proprietà <strong>di</strong> 1-varietà adeccezione della proprietà <strong>di</strong> separazione <strong>di</strong> Hausdorff.Il risultato seguente è semplice ed utile:Lemma 4.1.1 Sia V un aperto <strong>di</strong> una n-varietà X. Allora V è una n-varietà.Dimostrazione – Dato arbitrariamente x ∈ V ⊂ X, sia (U, φ) una carta<strong>di</strong> X contenente x; supponiamo che φ(U) = W ⊂ IR n . Dunque U ∩ V è un


4.1. DEFINIZIONE E ESEMPI 141aperto <strong>di</strong> V contenente x e φ(U ∩V ) è un aperto <strong>di</strong> IR n omeomorfo a U ∩V . ✷Lemma 4.1.2 Il prodotto cartesiano <strong>di</strong> una n-varietà X per una m-varietàY è una (n + m)-varietà.Dimostrazione – Per un qualsiasi (x, y) ∈ X ×Y scegliamo rispettivamentedue carte (U, φ) e (V, ψ) <strong>di</strong> x ∈ X e y ∈ Y ; si noti ora che (U × V, φ × ψ)è una carta del prodotto cartesiano delle varietà: infatti, φ(U) × ψ(V ) è unaperto (elementare) <strong>di</strong> IR n × IR m ∼ = IR n+m .✷Ora passiamo ad alcuni esempi. È facile verificare che per qualsiasi n > 0,lo spazio euclideo IR n è una n-varietà. La circonferenza S 1 ⊂ IR con la topologiaindotta dalla topologia euclidea <strong>di</strong> IR è una 1-varietà, come si <strong>di</strong>mostraimme<strong>di</strong>atamente. Più generalmente, la sfera S 2 con la topologia indotta daIR 3 è una 2-varietà (o superfice): infatti, S 2 è <strong>di</strong> Hausdorff e ha per atlantel’insiemeA = {(S 2 \ {−x}, φ x )|x ∈ S 2 }con φ x uguale alla proiezione stereografica <strong>di</strong> S 2 \ {−x} per il punto −x sulpiano tangente T x a S 2 per x. Un risultato simile vale anche per le ipersfereS n , n > 2.Una conseguenza imme<strong>di</strong>ata del Lemma 4.1.2 è che il toroT 2 ∼ = S 1 × S 1è una 2-varietà.Per <strong>di</strong>mostrare che lo spazio proiettivo reale IRP n è una n-varietà facciamoricorso al teorema seguente.


142 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHETeorema 4.1.3 Siano X una n-varietà compatta e G un gruppo topologicofinito che agisce liberamente su X. Allora lo spazio omogeneo X|G è unan-varietà.Dimostrazione – Sia G il gruppo finito <strong>di</strong> elementi g 1 = 1 G , g 2 , . . . , g p ; alloral’orbita <strong>di</strong> un elemento arbitrario x ∈ X è costituita dai p elementi (<strong>di</strong>stinti)x = xg 1 , xg 2 , . . . , xg p . Per ogni coppia (x, xg i ), i = 2, . . . , p pren<strong>di</strong>amo unacoppia (U xgi , V xgi ) <strong>di</strong> aperti <strong>di</strong> X tali chex ∈ U xgi , xg i ∈ V xgi e U xgi ∩ V xgi = ∅ .L’insieme U = ∩ p i=2U xgi è un aperto <strong>di</strong> X contenente x e <strong>di</strong>sgiunto da tuttigli aperti V xgi , i = 2, . . . , p. Dunque la restrizione dell’epimorfismo canonicoq : X → X|G a U, ossiaq|U : U → q(U) ⊂ X|Gè un omeomorfismo. Siccome U è una n-varietà inquanto che aperto <strong>di</strong> X(vedere il Lemma 4.1.1), ne segue che il punto [x] ∈ X|G appartiene ad unaperto <strong>di</strong> X|G che è omeomorfo ad un aperto <strong>di</strong> IR n . Per concludere cheX|G è una n-varietà si rende necessario <strong>di</strong>mostrare che X|G è uno spazio <strong>di</strong>Hausdorff: ma questo è imme<strong>di</strong>ato dal Teorema 1.1.9, date le ipotesi <strong>di</strong> 4.1.3.✷Siccome IRP n = S n | Z 2 conclu<strong>di</strong>amo dal teorema che IRP n è una n-varietà.Esercizi:1. Dare un esempio per <strong>di</strong>mostrare che un sottospazio chiuso <strong>di</strong> una n-varietànon è necessariamente una n-varietà.


4.2. SUPERFICI TOPOLOGICHE 1434.2 Superfici TopologicheIn questa sezione stu<strong>di</strong>eremo le 2-varietà topologiche compatte e connesse,che chiameremo d’ora in poi superfici. Nella sezione anteriore abbiamo datoesempi <strong>di</strong> alcune superfici: S 2 , IRP 2 , T 2 ∼ = S 1 × S 1 . Ma ce ne sono tantialtri, come la linea proiettiva complessa, e la bottiglia <strong>di</strong> Klein. Cominciamostu<strong>di</strong>ando questi due esempi in modo più dettagliato.Per ottenere la linea proiettiva complessa CP 1 possiamo procedere comesegue: consideriamo lo spazio C 2 \ {(0, 0)} e la relazione <strong>di</strong> equivalenza(z 0 , z 1 ) ≡ (z 0, ′ z 1) ′ ⇐⇒ (∃z ∈ C \ {0}) z 0 ′ = zz 0 , z 1 ′ = zz 1 ;definiamoCP 1 := ( C 2 \ {0})/ ≡ .A seguito, la classe <strong>di</strong> equivalenza <strong>di</strong> (z 0 , z 1 ) ∈ C 2 \ {(0, 0)} è in<strong>di</strong>cata con[(z 0 , z 1 )]. La relazioneη : {[(z 0 , z 1 )] | z 0 ≠ 0} → C , [(z 0 , z 1 )] ↦→ z 1 /z 0è una funzione ben definita perché se (z 0, ′ z 1) ′ ≡ (z 0 , z 1 ) e z 0 ≠ 0, allora anchez 0 ′ ≠ 0 ez 1/z ′ 0 ′ = z 1 /z 0 = z .Inoltre, si osservi che η è una biezione; se ora aggiungiamo la classe [(0, z 1 )]otteniamo una biezione <strong>di</strong> CP 1 nella retta complessa “impropria” C ∗ ∼ = S2e dunque,CP 1 ∼ = S2che è una 2-varietà.Per <strong>di</strong>mostrare che la bottiglia <strong>di</strong> Klein K è una 2-superficie partiamodalla definizione e adottiamo un proce<strong>di</strong>mento intuitivo. Ricor<strong>di</strong>amo che la


144 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHEbottiglia <strong>di</strong> Klein è ottenuta dal quadrato I 2 ⊂ IR 2 <strong>di</strong> vertici (0,0), (1,0),(0,1), (1,1) me<strong>di</strong>ante le identificazioni(t, 0) ≡ (t, 1) , 0 ≤ t ≤ 1 ,(0, s) ≡ (1, 1 − s) , 0 ≤ s ≤ 1 .Vogliamo definire una operazione tra due superfici, la cosiddetta sommaconnessa. Per questo motivo facciamo le seguenti considerazioni. Siano Suna superficie data e (U, φ) una carta <strong>di</strong> S che contiene un punto arbitrariox ∈ S. Supponiamo che φ(U) = V ⊂ IR 2 . Sia◦D 2 ε= {x ∈ IR 2 | ||x|| < ε}un <strong>di</strong>sco aperto <strong>di</strong> IR 2 centrato in φ(x), <strong>di</strong> raggio ε e contenuto in V . Pren<strong>di</strong>amoil <strong>di</strong>scoe osserviamo che◦D 2 ε2⊂ ◦ D 2 ε⊂ IR 2D = φ −1 ( D ◦ 2 ε )2è un chiuso <strong>di</strong> S che contiene x ed è omeomorfo al <strong>di</strong>sco unitario D 2 1 <strong>di</strong> IR 2 ;sia h : D → D 2 1 tale omeomorfismo. Per abuso <strong>di</strong> linguaggio <strong>di</strong>ciamo che Dè un <strong>di</strong>sco chiuso <strong>di</strong> S centrato in x. In sintesi, per qualsiasi punto x <strong>di</strong> unasuperficie S esiste un “<strong>di</strong>sco chiuso” D <strong>di</strong> S con x ∈ D e un omeomorfismoh : D → D 2 1. Finalmente, per completare queste osservazioni, si noti che∂(S\ ◦ D) = ∂D ≃ S 1 .Siano ora S 1 ed S 2 due superfici arbitrarie; pren<strong>di</strong>amo arbitrariamente ipunti x 1 ∈ S 1 e x 2 ∈ S 2 assieme ai <strong>di</strong>schi chiusi D 1 e D 2 centrati rispettivamentein x 1 , x 2 e gli omeomorfismih 1 : D 1 → D 2 1 , h 2 : D 2 → D 2 1 ,


4.2. SUPERFICI TOPOLOGICHE 145e facciamo il pushout del <strong>di</strong>agrammah −12 h 1>∂D 1 S2 \ D ◦2∨∨S 1 \ ◦D 1per ottenere uno spazio (unico a meno <strong>di</strong> omeomorfismo)S 1 ♯S 2:= S 1 \ ◦D 1⊔h −12 h 1S 2 \ ◦D 2detto somma connessa delle superfici S 1 e S 2 .Teorema 4.2.1 Lo spazio S 1 ♯S 2 è una superficie ed è in<strong>di</strong>pendente (moduloomeomorfismo) dalla scelta dei <strong>di</strong>schi chiusi D 1 e D 2 , e dagli omeomorfismih 1 e h 2 .Sia S l’insieme <strong>di</strong> tutte le superfici (2-varietà connesse e compatte).Teorema 4.2.2 La somma connessa <strong>di</strong> superfici determina una operazione♯ : S × S → Sche è associativa, commutativa e possiede un elemento neutro (la sfera S 2 ).La sfera S 2 , il toro T 2 , il piano proeittivo reale IRP 2 e le somme connesse <strong>di</strong>tali spazi hanno rappresentazioni particolarmente interessanti. Cominciamoda S 2 . SiaD1 2 = {(x, y) ∈ IR 2 |x 2 + y 2 ≤ 1}il <strong>di</strong>sco unitario chiuso <strong>di</strong> IR 2 . Lo spazio ottenuto da D1 2 facendo le identificazioni(x, y) ≡ (x ′ , y ′ ) ⇐⇒ x = x ′ e x 2 + y 2 = 1 , x ′2 + y ′2 = 1


146 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHEè omeomorfo a S 2 ; dunque, se in<strong>di</strong>chiamo il semi-cerchio da (-1,0) a (1,0)passanteper (0,1) con a e il semi-cerchio da (-1,0) a (1,0) passante per (0,-1) conb (ambi orientati da (-1,0) a (1,0)), S 2 si può pensare come il <strong>di</strong>sco D1 2 condue vertici A = (−1, 0), B = (1, 0) e due archi (lati) identificati tra loro, cioèda un <strong>di</strong>sco con due vertici e un solo lato a = b; se percorriamo ∂S 2 nel sensoorario a partire da A, il lato b viene percorso in senso inverso alla orientazioneche gli avevamo dato, e così possiamo interpretare S 2 come un <strong>di</strong>sco con unbordo a 1 a −1 . (Diamo l’esponente 1 al lato a quando lo percorriamo nel sensoscelto (orario)).Il toro T 2 si interpreta come un quadrato (omeomorfo a un <strong>di</strong>sco chiuso)con i due lati orizzontali identificati tra loro, così come avviene per i due lativerticali. In altre parole, interpretiamo T 2 come un quadrato (<strong>di</strong>sco chiuso)con un solo vertice A e due lati a, b; percorrendo il bordo del quadrato nelsenso orario, tale bordo si legge come la successione a 1 b 1 a −1 b −1 .Il piano proiettivo reale si interpreta come un <strong>di</strong>sco chiuso con un solovertice, il cui bordo è dato da a 1 a 1 (identifichiamo i punti antipodali delbordo).Ora ve<strong>di</strong>amo come interpretare la somma connessa T 2 ♯T 2 . Supponiamoche il primo toro sia rappresentato da un quadrato con bordo a 1 b 1 a −1 b −1 eche il secondo toro sia rappresentato da un quadrato con bordo c 1 d 1 c −1 d −1 ;eliminiamo da ogni quadrato l’interiore <strong>di</strong> (una porzione corrispondente a)un <strong>di</strong>sco chiuso che contiene un vertice del quadrato corrispondente nel suobordo, otteniamo due poligoni chiusi con bor<strong>di</strong>a 1 b 1 a −1 b −1 e −1 e c 1 d 1 c −1 d −1 frispettivamente. Se identifichiamo e ≡ f, conclu<strong>di</strong>amo che T 2 ♯T 2 si inter-


4.2. SUPERFICI TOPOLOGICHE 147preta come un ottagono con bordoa 1 b 1 a −1 b −1 c 1 d 1 c −1 d −1 .Come interpretare la somma connessa IRP 2 ♯IRP 2 ? Assumiamo che ilprimo (rispettivamente, secondo) <strong>di</strong> questi piani proiettivi sia un <strong>di</strong>sco chiusocon due vertici antipodali identificati e due lati identificati antipodalmentea 1 a 1 (rispettivamente b 1 b 1 ). Per ciascuno <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>schi eliminiamol’interiore <strong>di</strong> un piccolo <strong>di</strong>sco chiuso tangente al bordo del <strong>di</strong>sco più grandein uno dei due vertici scelti; in questo modo otteniamo due triangoli <strong>di</strong> bordoa 1 a 1 c 1 e b 1 b 1 c 1 ,che messi assieme identificando c, danno luogo a un quadrato <strong>di</strong> bordoa 1 a 1 b 1 b 1che con le dovute identificazioni è omeomorfo a IRP 2 ♯IRP 2 .Conclu<strong>di</strong>amo osservando che le superficinT := T ♯ . . . ♯T n voltenIRP 2 := IRP 2 ♯ . . . ♯IRP 2 n voltepossono essere rappresentate rispettivamente da 4n-agoni (poligoni con 4nlati) e 2n-agoni i cui bor<strong>di</strong> sono 4n-poligonali e 2n-poligonali con i latiidentificati due a due e <strong>di</strong> tipoa 1 1b 1 1a −11 b −11 . . . a 1 nb 1 na −1na 1 1a 1 1a 1 2a 1 2 . . . a 1 na 1 n .b −1n ,Il prossimo teorema, la cui <strong>di</strong>mostrazione si basa sul fatto che qualsiasisuperficie è triangolabile, classifica le superfici. 1L’esistenza <strong>di</strong> una triangolazioneper una superficie (più precisamente, data una superficie S esiste1 Ricor<strong>di</strong>amo che la parola superficie in<strong>di</strong>ca una varietà topologica <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione due,compatta e connessa.


148 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHEun complesso simpliciale finito K tale che |K| ∼ = S) è stata <strong>di</strong>mostrata perprimo da Tibor Radó nel lavoro Über den Begriff der Riemannschen Fläche,Acta Litt. Sci. Szeged 2 (1925), 101-121. In questi appunti non daremo tale<strong>di</strong>mostrazione.Teorema 4.2.3 (Teorema Fondamentale delle Superfici) - Qualsiasi superficiecompatta e connessa è omeomorfa ad una delle seguenti superfici:(i) S 2(ii) nT := T ♯ . . . ♯T n volte(iii) nIRP 2 := IRP 2 ♯ . . . ♯IRP 2 n volte .Dimostrazione – La <strong>di</strong>mostrazione del teorema non è particolarmente <strong>di</strong>fficilema è piuttosto lunga e pertanto, sarà <strong>di</strong>visa in <strong>di</strong>versi parti.Siano S una superficie e K una sua triangolazione. Il complesso K ha unnumero finito <strong>di</strong> vertici, 1-simplessi e 2-simplessi; supponiamo che K abbian 2-simplessi. Le realizzazioni geometriche degli 1-simplessi sono dette lati equelle dei 2-simplessi, triangoli.Parte I. - Considerazioni preliminari1. Ogni lato <strong>di</strong> S è lato <strong>di</strong> due triangoli soltantoSia p un punto arbitrario del lato l; siccome S è una superficie, esisteun aperto U ⊂ S che contiene p ed è omeomorfo ad un <strong>di</strong>sco aperto <strong>di</strong> IR 2 ;assumiamo senza <strong>di</strong>mostrazione il fatto che se p fosse un punto <strong>di</strong> un solotriangolo (o <strong>di</strong> pi‘˘<strong>di</strong> due triangoli), questo non sarebbe possibile.2. Sia v un vertice <strong>di</strong> K; allora i triangoli con vertice v possono essere<strong>di</strong>sposti in or<strong>di</strong>ne ciclicatale cheT 0 , T 1 , . . . , T r = T 0T i−1 ∩ T i = l i


4.2. SUPERFICI TOPOLOGICHE 1491 ≤ i ≤ r.Da 1. si ottiene che in principio potremmo avere <strong>di</strong>versi insiemi <strong>di</strong> triangolicome sopra intorno a v; questi avrebbero in comune soltanto il punto vma siccome S è una superficie, v ha un intorno aperto omeomorfo a un <strong>di</strong>scoaperto <strong>di</strong> IR 2 e perciò, abbiamo un solo isieme come descritto sopra.3. Gli n triangoli <strong>di</strong> |K| possono essere in<strong>di</strong>cizzati nella formaT 1 , T 2 , . . . , T nin tal modo che ogni T i abbia un lato l i in comune con al meno uno deitriangoli T 1 , . . . , T i−1 , 2 ≤ i ≤ n.Diamo il nome T 1 ad un triangolo arbitrario <strong>di</strong> |K| e pren<strong>di</strong>amo perT 2 un triangolo che abbia un lato in comune con T 1 ; a seguito scegliamoun triangolo che abbia un lato in comune con T 1 o T 2 e chiamiamolo T 3 .Supponiamo avere in<strong>di</strong>cizzato i triangoli T 1 , T 2 , . . . , T k in questo modo e poiessere bloccati, cioè non ci è possibile trovare T k+1 con la suddetta proprietà;a questo punto ripren<strong>di</strong>amo il processo con un triangolo che non sia tra i ktriangoli già scelti, per ottenere un altro insieme <strong>di</strong> triangoli T k+1 , . . . , T l icui triangoli non possono avere un lato o un vertice in comune con qualsiasitriangolo del primo insieme (vedere 2.). Ma questo darebbe luogo ad unapartizione <strong>di</strong> S in due sottoinsiemi <strong>di</strong>sgiunti e chiusi, cosa che è contrariaall’ipotesi <strong>di</strong> connessione su S.4. Usando i triangoli T 1 , . . . , T n e i lati l 2 , . . . , l n possiamo costruire unmodello piano <strong>di</strong> S ossia, un poligono i cui lati sono identificati a coppie eche sia omeomorfo a S.Per fare questo, pren<strong>di</strong>amo una copia τ i del triangolo standard ∆ 2 ⊂ IR 3<strong>di</strong> vertici (1, 0, 0), (0, 1, 0) e (0, 0, 1) per ogni T i , i = 1, . . . , n. Il triangolo T iè omeomorfo al triangolo euclideo τ i tramite un omeomorfismo φ i : τ i → T i .


150 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHESiaφ : τ = ⊔ n i=1τ i −→ Sla mappa definita da φ|τ i = φ i , i = 1, . . . , n. Siccome τ è compatto e Sè Hausdorff, φ è una mappa chiusa; essendo φ suriettiva, lo spazio S hala topologia quoziente relativa alla mappa φ. Ora facciamo alcune identificazioniin τ. Consideriamo il lato l i <strong>di</strong> T i ; d’accordo con 3. l i è un lato <strong>di</strong>un triangolo T j , 1 ≤ j < i. Dunque,φ −1 (l i ) = λ i ⊔ λ jcon λ i e λ j lati dei triangoli euclidei τ i e τ j rispettivamente. A questo puntofacciamo le identificazioni seguenti: siano x ∈ λ i e y ∈ λ j due punti dati;allora,x ≡ y ⇐⇒ φ i (x) = φ j (y) .Sia D lo spazio quozienteD = τ/ ≡e sia q : τ → D la mappa quoziente; l’epimorfismo φ : τ → S si decomponenella formaqψφ : τ > D > Se siccome ψ : D → S è chiusa e suriettiva, S ha anche la topologia quozienterelativa a ψ. Inoltre, essendo ogni τ i omeomorfo ad un <strong>di</strong>sco chiuso D 2 , lospazio D è omeomorfo ad un <strong>di</strong>sco chiuso. Lo spazio D può essere interpretatocome un poligono triangolato orientato il cui bordo ∂D ha un numero pari<strong>di</strong> lati e dunque, S si ottiene tramite l’identificazione <strong>di</strong> certe coppie <strong>di</strong> lati<strong>di</strong> D (il lettore deve tenere presente che la superficie S non ha un bordo –questo deriva dalla nostra definizione <strong>di</strong> varietà). Ora scegliamo un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>persorso per la poligonale ∂D (per esempio, nel senso orario) e in<strong>di</strong>chiamo


4.2. SUPERFICI TOPOLOGICHE 151i lati orientati <strong>di</strong> ∂D con le lettere latine a, b, c, . . ., dotate dell’esponente1 (rispettivamente, -1) ogniqualvolta il corrispondente lato è orientato nelmedesimo senso dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> percorso stabilito per ∂D (rispettivamente, ilcorrispondente lato è orientato nell’or<strong>di</strong>ne opposto a quello <strong>di</strong> ∂D); in questomodo ∂D è rappresentata da una successione <strong>di</strong> simboli del tipoa 1 b 1 a −1 c −1 b −1 . . .(prescindendo dall’esponente 1 o −1, ogni lettera a, b, c, . . ., compare duevolte).Prima <strong>di</strong> passare alla seconda parte della <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong>amo le seguentidefinizioni:1. una coppia <strong>di</strong> lati che compare con i due esponenti +1 e -1 (per esempio,la coppia <strong>di</strong> lati in<strong>di</strong>cati dalla lettera a nella poligonale orientataa 1 b −1 . . . a −1 e 1 . . . )è detta <strong>di</strong> tipo I ; altrimenti, <strong>di</strong>ciamo che la coppia è <strong>di</strong> tipo II ;2. malgrado i lati del nostro poligono sono identificati a coppie, i verticisono identificati a insiemi con un numero variabile <strong>di</strong> elementi; duevertici sono detti equivalenti nel caso in cui sono identificati.Parte II - Eliminazione delle coppie <strong>di</strong> Tipo I a<strong>di</strong>acentiQui supponiamo che la nostra superficie sia rappresentata da un poligonocon 4 lati al minimo; la sfera S 2 , data da un 2-agono a 1 a −1 non può evidentementerientrare in questo <strong>di</strong>scorso. Supponiamo che il nostro poligono abbiacome bordo una poligonale orientata . . . a 1 a 1 . . .. Siano O a e F a i vertici dellato a; nella poligonale che abbiamo in<strong>di</strong>cato i lati a 1 e a −1 si incontrano nelvertice F a . Per eliminare la coppia a 1 a −1 tiriamo il vertice F a all’interno del


152 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHEpoligono e identifichiamo i lati a; in questo modo eliminiamo la coppia e ilvertice F a .Parte III - Trasformazione in un poligono con tutti i vertici identificatiAnche qui non consideriamo la sfera S 2 , rappresentata da un 2-agonocon 2 vertici non identificabili. Il poligono rappresentante la superficie deveavere al meno due lati a<strong>di</strong>acenti con vertici non equivalenti; siano essi ae b con vertici O a , F a , O b e F b (più precisamente, supponiamo avere peresempio la poligonale . . . a 1 b 1 . . . a 1 . . . e i vertici in successione . . . O a , F a =O b , F b . . . O a , F a . . .). Ora facciamo la seguente trasformazione <strong>di</strong> questo poligono:siccome il lato a compare un’altra volta nella poligonale data dal bordodel poligono, <strong>di</strong>segnamo il segmento c = O a F b e tagliamo fuori il triangoloO a F a F b incollandolo poi al lato a rimanente, tramite a. In questo modootteniamo un nuovo poligono con bordo . . . c 1 . . . c 1 b −1 . . . e i vertici in successione. . . O a , F b , . . . , O a , F b , F a = O b , . . .. A questo punto osserviamo chenel primo poligono la classe <strong>di</strong> equivalenza del vertice F a ha al meno 2 elementi,ma la classe <strong>di</strong> F a nel poligono trasformato ha un elemento in meno(si noti che la classe <strong>di</strong> F b aumenta <strong>di</strong> elemento nel poligono trasformato). Inquesto processo può accadere che formiamo coppie a<strong>di</strong>acenti <strong>di</strong> Tipo I, cheeliminiamo; poi ripren<strong>di</strong>amo la trasformazione appena descritta. Il processosi ripete fino alla eliminazione completa della classe <strong>di</strong> F a . In questo modootteniamo un poligono con tutti i vertici identificati ad un solo vertice.Parte IV - Trasformazione delle coppie <strong>di</strong> Tipo II in coppie a<strong>di</strong>acentiSupponiamo che il poligono rappresentante la superficie abbia una coppia<strong>di</strong> lati non a<strong>di</strong>acenti del Tipo II; per esempio, con un bordo . . . a 1 . . . a 1 . . ..Come al solito, i vertici <strong>di</strong> a sono O a e F a . Tagliamo il poligono lungo il


4.2. SUPERFICI TOPOLOGICHE 153segmento b che unisce le “origini” O a dei due lati a e identifichiamo questi dueultimi; otteniamo un poligono con bordo . . . b 1 b 1 . . .. Proseguendo in questomodo si ottiene un poligono in cui tutte le coppie <strong>di</strong> Tipo II sono a<strong>di</strong>acenti; senon esistono coppie <strong>di</strong> Tipo I siamo arrivati alla fine del processo: la nostrasuperficie è una somma connessa <strong>di</strong> piani proiettivi reali.Supponiamo che il poligono abbia al meno una coppia <strong>di</strong> lati <strong>di</strong> Tipo I; inquesto caso, possiamo <strong>di</strong>mostrare che esiste al meno un’altra coppia <strong>di</strong> TipoI separata dalla prima, ossia il bordo del poligono potrebbe avere l’aspettoseguente:. . . . . . a . . . b −1 . . . a −1 . . . b 1 . . . .Infatti, supponiamo che l’affermazione fatta non sia vera cioè, oltre alla coppiaa 1 , a −1 non abbiamo un’altra coppia <strong>di</strong> Tipo I. Siccome tutte le coppie<strong>di</strong> lati <strong>di</strong> Tipo II sono a<strong>di</strong>acenti (abbiamo concluso il processo IV) il bordodel poligono in due parti A e B separate tra loro dai lati a 1 e a −1 e tali che:1. un lato <strong>di</strong> A si identifica ad un lato a<strong>di</strong>acente in A;2. un lato <strong>di</strong> B si identifica ad un lato a<strong>di</strong>acente in B;3. nessun lato <strong>di</strong> A si identifica ad un qualsiasi lato <strong>di</strong> B .Ma questo è in contra<strong>di</strong>zione con il fatto che i vertici O a e F a devono essereidentificati (vedere Parte III).Parte V - Coppie <strong>di</strong> Tipo ISupponiamo <strong>di</strong> avere due coppie <strong>di</strong> Tipo I separate tra loro come abbiamoosservato <strong>di</strong> sopra cioè, supponiamo che il nostro poligono abbia un bordodel tipo. . . a 1 . . . b 1 . . . a −1 . . . b −1 . . . .Tagliamo il poligono lungo il segmento c = F a F a e incolliamo la parte delpoligono tra c e b 1 (questa porzione del poligono non contiene i lati a) lungo


154 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHEb al rimanente poligono, per ottenere un poligono il cui bordo è dato dallapoligonale. . . a 1 c 1 a −1 . . . c −1 . . . .In questo modo possiamo ottenere un poligono il cui bordo è <strong>di</strong> tipo. . . c 1 d 1 c −1 d −1 . . . .Se il nostro poligono non ha nessuna coppia <strong>di</strong> Tipo II ma soltanto coppie <strong>di</strong>Tipo I consecutive, ossia il poligono ha un bordo <strong>di</strong> tipoa 1 1b 1 1a −11 b −11 . . . a 1 nb 1 na −1nb −1n ,allora la superficie è la somma connessa <strong>di</strong> n tori.Parte VI - Coppie <strong>di</strong> Tipo I e <strong>di</strong> Tipo IISupponiamo che il poligono che rappresenta la superficie abbia coppie <strong>di</strong>lati dei due tipi; i risultati precedenti in<strong>di</strong>cano la possibilità <strong>di</strong> avvicinare talecoppie in modo che una porzione del bordo rappresenti la somma connessa<strong>di</strong> un toro con un piano proiettivo reale (o <strong>di</strong> un piano proettivo reale con untoro); questo “caso misto” in verità non si propone perché, come <strong>di</strong>mostreremoin seguito, la somma connessa <strong>di</strong> un toro con un piano proiettivo reale èomeomorfa alla somma connessa <strong>di</strong> tre piani proiettivi reali.A questo scopo facciamo due osservazioni preliminari:A. Il piano proiettivo reale può essere ottenuto me<strong>di</strong>ante l’aggiunzione <strong>di</strong> un<strong>di</strong>sco a una fascia <strong>di</strong> MöbiusInfatti, la fascia <strong>di</strong> Möbius M si ottiene da un quadrato identificando i lativerticali con orientazione contraria: per esempio, M proviene dal quadratoI × I tramite le identificazioni:(0, t) ≡ (1, 1 − t) , 0 ≤ t ≤ 1 .


4.2. SUPERFICI TOPOLOGICHE 155Siano D 2 il <strong>di</strong>sco unitario <strong>di</strong> IR 2 e S 1 = ∂D 2 . Definiamo la funzione⎧⎪⎨ (2t, 0) , 0 ≤ t ≤ 1f : S 1 → M , e 2πit 2↦→⎪⎩1(2t − 1, 1) , ≤ t ≤ 1 ;2il lettore può verificare senza <strong>di</strong>fficoltà che IRP 2 è dato dal pushoutfS 1 > M∨∨∨ ¯f ∨D 2 > IRP2Il lettore potrebbe anche stu<strong>di</strong>are il problema a ritroso: il piano proiettivoreale ha per modello un <strong>di</strong>sco chiuso D 2 con bordo a 1 a 1 ; sia O a l’origine <strong>di</strong>a; sia D un piccolo <strong>di</strong>sco chiuso contenuto in D 2 e con centro in O a ; si vedefacilmente cheD 2 \ ◦ D ∼ = Me dunque, IRP 2 è omeomorfo allo spazio <strong>di</strong> aggiunzione <strong>di</strong> M e un <strong>di</strong>scochiuso. Notare che M non è una superficie nel nostro senso (è una superficiecon bordo).B. La bottiglia <strong>di</strong> Klein K è omeomorfa alla somma connessa <strong>di</strong> due pianiproiettivi realiPren<strong>di</strong>amo due copie del piano proiettivo reale rappresentate da due <strong>di</strong>schichiusi D 1 e D 2 <strong>di</strong> bordo a 1 1a 1 1 e a 1 2a 1 2 rispettivamente. Sia D ′ 1 (rispettivamenteD ′ 2) un piccolo <strong>di</strong>sco contenuto in D 1 (rispettivamente D 2 ) tangente al bordo<strong>di</strong> D 1 in F a1(rispettivamente, al bordo <strong>di</strong> D 2 in O a2 ). Osserviamo cheD 1 \ ◦ D ′ 1 ∼ = triangolo orientato <strong>di</strong> bordo a 1 1a 1 1c 1D 2 \ ◦ D ′ 2 ∼ = triangolo orientato <strong>di</strong> bordo a 1 2a 1 2d 1e dunque, identificando i lati c e d otteniamo un quadrato orientato <strong>di</strong> latia 1 1a 1 1a 1 2a 1 2. Ora tagliamo questo quadrato lungo la <strong>di</strong>agonale che passa per i


156 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHEvertici F a2e O a1 ; otteniamo due triangoli <strong>di</strong> bordoa 1 1a 1 2d −1 e a 1 2a 1 1d 1 ;ora identifichiamo i lati in<strong>di</strong>cati con a 1 per ottenere un quadrato orientato <strong>di</strong>bordoa 1 2d −1 a −12 d −1il quale, con le identificazioni dei lati del bordo, rappresenta una bottiglia <strong>di</strong>Klein K.Per completare la <strong>di</strong>mostrazione del fatto che la somma connessa <strong>di</strong> untoro con un piano proiettivo reale è omeomorfa alla somma connessa <strong>di</strong> trepiani proiettivi reali, facciamo vedere cheT 2 ♯IRP 2 ∼ = K♯IRP 2 .Osserviamo in partenza che la somma connessa <strong>di</strong> due superfici è in<strong>di</strong>pendentedalla posizione in cui si trovano i <strong>di</strong>schi da rimuovere per fare l’incollamentodelle due superfici; dunque, possiamo incollare T 2 e K nella componente <strong>di</strong>IRP 2 data dalla fascia <strong>di</strong> Möbius M. Per attaccare T 2 a M dobbiamo rimuovereun <strong>di</strong>sco aperto <strong>di</strong> T 2 e un <strong>di</strong>sco aperto <strong>di</strong> M e incollare i due spazi (viaun pushout!) nei bor<strong>di</strong> creati; questo è come attaccare un manico a M. Ma lospazio ottenuto è lo stesso che si otterrebbe se rimuovessimo due <strong>di</strong>schi aperti<strong>di</strong>stinti <strong>di</strong> M e incollassimo un cilindro a M, identificando con la medesimaorientazione le circonferenze che limitano il cilindro ai bor<strong>di</strong> formati dallarimozione dei due <strong>di</strong>schi aperti (se percorriamo le due circonferenze limitantiil cilindro nel senso orario, i due incollamenti si faranno nel senso orario). Perattaccare una bottiglia <strong>di</strong> Klein K a M, pren<strong>di</strong>amo il cilindro che da luogoa K i lo incolliamo a M in modo che le circonferenze che limitano il cilindrosiano incollate in sensi opposti (una nel senso orario, l’altra nel senso antiorario).Ora, gli spazi ottenuto per aggiunzione <strong>di</strong> un cilindro a M nei due


4.3. IL GRUPPO FONDAMENTALE 157o<strong>di</strong> in<strong>di</strong>cati sono omeomorfi tra <strong>di</strong> loro. Questo conclude la <strong>di</strong>mostrazionedella Parte VI e dunque, del Teorema.✷4.3 Il gruppo fondamentaleIl Teorema Fondamentale delle Superfici ci assicura che qualsiasi superficiecompatta connessa è omeomorfa a una delle seguenti superfici: la sfera bi<strong>di</strong>mensionale,una somma connessa <strong>di</strong> tori o una somma connessa <strong>di</strong> pianiproiettivi reali. Però, a questo punto, non sappiamo ancora che i tre tipi <strong>di</strong>superfici sopra menzionate non sono omeomorfe tra <strong>di</strong> loro; per <strong>di</strong>mostrareche <strong>di</strong> fatto queste non sono omeomorfe ci serviremo <strong>di</strong> un invariante algebricoimportante detto gruppo fondamentale.Nella sezione 1.2 abbiamo definito il concetto <strong>di</strong> omotopia tra due funzionida uno spazio topologico X ad uno spazio topologico Y ; ora vogliamoraffinare questa nozione. Siano dati due spazi X e Y , un sottospazio A ⊂ Xe due funzioni continuef 0 , f 1 : X → Ytali che (∀a ∈ A) f 0 (a) = f 1 (a). Diciamo che f 0 è omotopa a f 1 relativamenteal sottospazio A (e scriviamo f 0 ∼ A f 1 ) se esiste una mappaF : X × I → Y(detta omotopia rel. A tra f 0 e f 1 ) tale che1. F (−, 0) = f 0 , F (−, 1) = f 1 ,2. (∀(a, t) ∈ A × I) F (a, t) = f 0 (a) = f 1 (a).


158 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHELa relazione ∼ A è una relazione <strong>di</strong> equivalenza (vedere la <strong>di</strong>mostrazione delLemma 1.2.1). Se A = {x o } allora ∼ A coincide con l’omotopia puntata <strong>di</strong>1.2.Come al solito, Map(X, Y ) rappresenta l’insieme delle mappe da X a Y ;per un sottospazio A ⊂ X in<strong>di</strong>chiamo con[X, Y ] A = Map(X, Y )/ ∼ Al’insieme delle classi <strong>di</strong> equivalenza per omotopia rel. A delle mappe da X aY .Ora ve<strong>di</strong>amo due definizioni che saranno necessarie più avanti:1. siano A un sottospazio <strong>di</strong> X e i : A −→ X la mappa <strong>di</strong> inclusione <strong>di</strong> Ain X; allora, è un retratto <strong>di</strong> deformazione <strong>di</strong> X se esiste una funzionecontinua r : X → A tale che ri = 1 A : A → A e ir ∼ 1 X .2. con la notazione della precendente definizione, A è detto retratto forte<strong>di</strong> deformazione <strong>di</strong> X se ri = 1 A e ir ∼ A 1 X .Dunque, se A è un retratto <strong>di</strong> deformazione <strong>di</strong> X, esiste una omotopiaF : X × I → X tale cheF (−, 0) = 1 X , F (−, 1) : X → A e F (A, 1) = 1 A .Se invece A è un retratto forte <strong>di</strong> deformazione <strong>di</strong> X, esiste una omotopiaF : X × I → X con le con<strong>di</strong>zioniF (−, 0) = 1 X , F (−, 1) : X → A e (∀a ∈ A, t ∈ I)F (a, t) = a .Intuitivamente un sottospazio A <strong>di</strong> X è un retratto forte <strong>di</strong> deformazione<strong>di</strong> X se X può essere deformato con continuità su A, mantenendo fisso Adurante la deformazione. Chiaramente, un retratto forte <strong>di</strong> deformazione è


4.3. IL GRUPPO FONDAMENTALE 159un retratto <strong>di</strong> deformazione. Le definizioni ci <strong>di</strong>cono che se A è un retratto(forte o no) <strong>di</strong> deformazione <strong>di</strong> X allora, A e X hanno lo stesso tipo <strong>di</strong>omotopia.Osserviamo che la circonferenzaS 1 = {(x, y) ∈ IR 2 |x 2 + y 2 = 1} .è un retratto forte <strong>di</strong> deformazione del cilindroesaminare l’omotopiaC = {(x, y, z) ∈ IR 3 |x 2 + y 2 = 1 , 0 ≤ z ≤ 1} :F : C × I −→ C , F ((x, y, z), t) = (x, y, (1 − t)z) .Se A ⊂ X è un retratto <strong>di</strong> deformazione e A = {x o } <strong>di</strong>ciamo che X ècontraibile a x o . In tale caso, l’identità 1 X : X → X è omotopa alla mappacostante c : X → {x o }. Come esempio, osserviamo che il <strong>di</strong>scoè contraibile a (0, 0).D 2 = {(x, y) ∈ IR 2 |x 2 + y 2 ≤ 1}A questo punto cominciamo a stu<strong>di</strong>are i cammini <strong>di</strong> uno spazio topologicoY , cioè le mappe f : I = [0, 1] → Y in congiunzione con il concetto <strong>di</strong>omotopia relativa; assumiamo dunque che X = I e A = ∂I = {0, 1}. Maprima <strong>di</strong>amo la seguente definizione: la composizione <strong>di</strong> due cammini f :I → Y e g : I → Y componibili, ossia tali che f(1) = g(0), è il camminof ∗ g : I → Y definito come segue:⎧⎪⎨ f(2t) 0 ≤ t ≤ 1 2(∀t ∈ I) f ∗ g(t) =⎪⎩1g(2t − 1) ≤ t ≤ 1 .2Per capire bene il concetto <strong>di</strong> componibilità <strong>di</strong> cammini <strong>di</strong>mostriamo unaserie <strong>di</strong> quattro lemmi, dei cui il primo è il seguente:


160 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHELemma 4.3.1 Siano dati i cammini componibilif 0 , f 1 , g 0 , g 1 : I → Ye supponiamo chef 0 ∼ ∂I f 1 e g 0 ∼ ∂I g 1 .Allora, f 0 ∗ g 0 ∼ ∂I f 1 ∗ g 1 .Dimostrazione – Siano F e G le omotopie rel. ∂I tra f 0 , f 1 e g 0 , g 1 rispettivamente;allora definiamo l’omotopia H : I × I → Y come segue⎧⎪⎨ F (2t, s) , 0 ≤ t ≤ 1 2(∀(t, s) ∈ I × I)H(t, s) =⎪⎩1G(2t − 1, s) , ≤ t ≤ 1 . 2✷Sia[I, Y ] ∂I ∗ [I, Y ] ∂I ⊂ [I, Y ] ∂I × [I, Y ] ∂Il’insieme delle coppie <strong>di</strong> classi <strong>di</strong> omotopia rel. ∂I <strong>di</strong> cammini componibili;il lemma anteriore ci permette <strong>di</strong> concludere l’esistenza <strong>di</strong> una funzione[I, Y ] ∂I ∗ [I, Y ] ∂I → [I, Y ] ∂Idefinita da[f] ∂I ∗ [g] ∂I := [f ∗ g] ∂I .Lemma 4.3.2 La composizione <strong>di</strong> cammini componibili è associativa.Dimostrazione – Siano dati tre cammini f, g e h <strong>di</strong> Y tali che f siacomponibile con g e g sia componibile con h. Vogliamo <strong>di</strong>mostrare che(f ∗ g) ∗ h ∼ ∂I f ∗ (g ∗ h) .


4.3. IL GRUPPO FONDAMENTALE 161Cominciamo per osservare che, per qualsiasi t ∈ I,⎧⎪⎨(f ∗ g) ∗ h(t) =⎪⎩f(4t) , 0 ≤ t ≤ 1 4g(4t − 1) ,14 ≤ t ≤ 1 2h(2t − 1) ,12 ≤ t ≤ 1 ,e⎧⎪⎨f ∗ (g ∗ h)(t) =⎪⎩f(2t) , 0 ≤ t ≤ 1 2g(4t − 2) ,12 ≤ t ≤ 3 4h(4t − 3) ,34 ≤ t ≤ 1 .L’omotopia richiesta è data dalla formula⎧f( 4t⎪⎨) , 0 ≤ t ≤ s+11+s 4F (t, s) =s+1g(4t − s − 1) , ≤ t ≤ s+24 4⎪⎩ h( 4t−s−2s+2) , ≤ t ≤ 1 .2−s 4✷Per qualsiasi punto y ∈ Y fissato, definiamo il cammino costanteε y : I → Y , (∀t ∈ I) ε y (t) = y .Lemma 4.3.3 Sia f : I → Y un cammino <strong>di</strong> Y con f(0) = a e f(1) = b.Allora,[ε a ] ∂I ∗ [f] ∂I = [f] ∂I ∗ [ε b ] ∂I = [f] ∂I .Dimostrazione – Dimostriamo che[ε a ] ∂I ∗ [f] ∂I = [f] ∂I .Per questo definiamo l’omotopia relativa⎧⎪⎨ x ,F (t, s) =⎪⎩0 ≤ t ≤ 1−s2f( 2t+s−1s+1 ) , 1−s2≤ t ≤ 1 .


162 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHE ✷Il cammino inverso <strong>di</strong> un cammino arbitrario f è il camminof : I → Y , (∀t ∈ I)f(t) := f(1 − t) .L’ultimo lemma della serie è il seguente:Lemma 4.3.4 Per qualsiasi cammino f <strong>di</strong> Y ,[f] ∂I ∗ [f] ∂I = [ε f(0) ] ∂I ,[f] ∂I ∗ [f] ∂I = [ε f(1) ] ∂I .Dimostrazione – Dimostriamo chef ∗ f ∼ ∂I ε f(0) .A questo scopo notiamo che (∀t ∈ I)e poi scriviamo l’omotopia⎧⎪⎨ f(2t) , 0 ≤ t ≤ 1 2f ∗ f(t) =⎪⎩1f(2 − 2t) , ≤ t ≤ 12⎧⎪⎨ f(2t(1 − s)) , 0 ≤ t ≤ 1 2F (t, s) =⎪⎩1f((2 − 2t)(1 − s)) , ≤ t ≤ 1 . 2✷Per un punto y o ∈ Y fissato, un camminof : I → Y | f(0) = f(1) = y o


4.3. IL GRUPPO FONDAMENTALE 163è detto camino chiuso o laccio <strong>di</strong> base y o . L’insieme <strong>di</strong> tutti i lacci <strong>di</strong> Y <strong>di</strong>base y o (o puntati su y o ) è in<strong>di</strong>cato con Ω yo (Y ) ed è lo spazio dei lacci puntatisu y o <strong>di</strong> Y . In questi insieme l’omotopia rel. ∂I si in<strong>di</strong>ca con ∼ ∗ e abbiamof 0 ∼ ∗ f 1 ⇐⇒ (∃F : I × I → Y )F (−, 0) = f 0 , F (−, 1) = f 1 , F (0, −) = F (1, −) = ε yo .Notazione:π(Y, y o ) = Ω yo / ∼ ∗ .Si osservi che due lacci puntati su y o qualsiasi sono componibili; inoltre, ilemmi 4.3.1 a 4.3.4 ci permettono <strong>di</strong> concludere il seguente risultato:Teorema 4.3.5 La composizione <strong>di</strong> classi <strong>di</strong> omotopia puntata <strong>di</strong> lacci <strong>di</strong> Ypuntati su y o definisce una operazione∗ : π(Y, y o ) × π(Y, y o ) → π(Y, y o )che da a π(Y, y o ) una struttura <strong>di</strong> gruppo con elemento neutro [ε yo ] ∗ e con([f] ∗ ) −1 = [f] yo per qualsiasi elemento [f] yo ∈ π(Y, y o ).Il gruppo π(Y, y o ) è il gruppo fondamentale <strong>di</strong> Y (relativo al punto basey o ).Teorema 4.3.6 La costruzione del gruppo fondamentale definisce un funtorecovarianteπ : T op ∗ → Gr .Dalla definizione data si intuisce che il gruppo fondamentale <strong>di</strong> uno spazio<strong>di</strong>pende dal punto base (vedere Esercizio ?????); vale il teorema seguente:Teorema 4.3.7 Un cammino qualsiasi f : I → Y con f(0) = y 0 e f(1) = y 1da luogo a un isomorfismo <strong>di</strong> gruppiφ f : π(Y, y 0 ) → π(Y, y 1 ) .


164 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHECorollario 4.3.8 I gruppi fondamentali <strong>di</strong> uno spazio connesso per archinon <strong>di</strong>pendono dal punto base (cioè, sono tutti isomorfi).Due cammini <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> Y colleganti due punti y 0 , y 1 ∈ Y in generaledanno luogo a due isomorfismi <strong>di</strong>versi tra π(Y, y 0 ) e π(Y, y 1 ); il risultatosuccessivo ci fa vedere che si possono classificare i cammini all’origine almedesimo isomorfismo.Teorema 4.3.9 Siano f, g : I → Y due cammini con f(0) = g(0) = y 0 ef(1) = g(1) = y 1 . Allora,φ f = φ g ⇐⇒ [g ∗ f] ∗ ∈ Zπ(Y, y 0 )(Zπ(Y, y 0 ) rappresenta il centro <strong>di</strong> π(Y, y 0 )).4.3.1 Gruppi fondamentali <strong>di</strong> poliedriNon esistono regole fisse per calcolare il gruppo fondamentale <strong>di</strong> uno spaziopuntato arbitrario; però esiste un metodo pratico ed efficace per calcolareil gruppo fondamentale <strong>di</strong> un poliedro puntato su un vertice. Si consigliail lettore <strong>di</strong> rivedere la materia relativa ai complessi simpliciali e la lororealizzazione geometrica, anche per riguardare la notazione.Teorema 4.3.10 Sia |K| un poliedro connesso per cammini e puntato in unsuo vertice a o . Sia |L| un sottopoliedro <strong>di</strong> |K| tale che:1. <strong>di</strong>m(|L|) = 1;2. |L| contiene tutti i vertici <strong>di</strong> |K|;3. |L| è contraibile a un punto.


4.3. IL GRUPPO FONDAMENTALE 165D’altro canto, siano: (i) S un insieme <strong>di</strong> simboli g ij associati ad ogni 1-simplesso {a i , a j } ∈ K;(ii) R = {g ij |{a i , a j } ∈ L} ∪ {g ij g jk g ki |{a i , a j , a k } ∈ K} .Allora,π(|K|, a o ) ∼ = Gp(S; R) .Dimostrazione – Come prima cosa or<strong>di</strong>niamo l’insieme finito dei vertici <strong>di</strong>|K|:a 0 = a o < a 1 < . . . < a n .Dunque, ogni p-simplesso σ <strong>di</strong> |K| può essere scritto nella formaσ = {a i0 , . . . , a ip } .Sia I il complesso simpliciale con due vertici 0,1 e un unico 1-simplesso {0, 1};si osservi che |I| ∼ = I. Ora pren<strong>di</strong>amo un elemento arbitrario [f] ∈ π(|K|, a o )rappresentato dal laccio f : I → |K|; per il Teorema dell’Approssimazione<strong>Simpliciale</strong> 2.3.3 esiste una funzione simplicialeg : I (r) → Ktale che – con la dovuta identificazione I (r) ∼ = I – |g| ∼ f. Dunque la classe<strong>di</strong> omotopia [f] può essere rappresentata da un cammino chiuso puntato ina o formato esclusivamente da 1-simplessi <strong>di</strong> K.Definiamo un omomorfismo <strong>di</strong> gruppiφ : Gp(S; R) −→ π(|K|, a o )nel modo seguente: sia {a i , a j } il simplesso associato al generatore g ij ∈ S;siccome L contiene tutti i vertici <strong>di</strong> K, scegliamo in L due cammini conorigine a o :


166 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHE1. α i , cammino in L da a o a a i e2. α j , cammino in L da a o a a j ;a questo punto definiamoφ(g ij ) := [α i {a i , a j }α −1j ] .Si osservi che φ è in<strong>di</strong>pendente dalla scelta <strong>di</strong> α i e α j : un cammino <strong>di</strong> 1-simplessi contenuto in L è contraibile data la contraibilità <strong>di</strong> quest’ultimo;dunque, se α ′ i e α ′ j fossero nuovi cammi <strong>di</strong> 1-simplessi da a o ad a i e a jrispettivamente, α i ∼ α ′ i e α j ∼ α ′ j perché contraibili.Supponiamo che {a i , a j , a k } sia un 2-simplesso <strong>di</strong> K; allora,φ(g ij )φ(g jk )φ(g ki ) =[α i {a i , a j }α −1j][α j {a j , a k }αk−1 ][α k{a k , a i }αi −1 ] =[α i α −1i ] = 1e dunque φ si estende a un omomorfismo <strong>di</strong> gruppi.Ora definiamo un omomorfismoψ : π(|K|, a o ) −→ Gp(S; R) .Per ogni 1-simplesso {a i , a j } <strong>di</strong> K definiamo il simbolo⎧⎪⎨ g ij se {a i , a j } ∈ K \ Lh ij :=⎪⎩ 1 se {a i , a j } ∈ L ;questi simboli ci servono per definire ψ su un elemento arbitrario [f] ∈π(|K|, a o ) rappresentato da un cammino chiuso <strong>di</strong> 1-simplessiα = {a o , a i }{a i , a j } . . . {a k , a o } :


4.3. IL GRUPPO FONDAMENTALE 167ψ([f]) := h oi h ij . . . h ko ∈ G .Ora, per qualsiasi generatore g ij <strong>di</strong> G,ψφ(g ij ) = ψ([α i {a i , a j }αj−1 ]) = g ijperché i cammini α i e α j sono costituiti da 1-simplessi <strong>di</strong> L (vedere ladefinizione <strong>di</strong> φ). Dunque,ψφ = 1 G .D’altro lato, per qualsiasi 1-simplesso {a i , a j } <strong>di</strong> Kφψ([α i {a i , a j }αj−1 ]) = [α i {a i , a j }αj −1 ](qui α i e α j sono cammini <strong>di</strong> L presi come per la definizione <strong>di</strong> φ). Dunque,per un cammino chiuso <strong>di</strong> 1-simplessiα = {a o , a i }{a i , a j } . . . {a k , a o } ,possiamo scrivereφψ(α) = φψ([α o {a o , a i }αi−1 ]) . . . φψ([α k {a k , a o }αo −1 ]) =e perciò, φψ = 1 π(|K|,ao) .[α o {a o , a i }αi−1 ] . . . [α k {a k , a o }αo −1 ] = α ,✷Il teorema precedente <strong>di</strong>pende dall’esistenza <strong>di</strong> un cammino uni<strong>di</strong>mensionalee contraibile <strong>di</strong> K che contenga tutti i vertici; ora facciamo alcuneconsiderazioni per <strong>di</strong>mostrare l’esistenza <strong>di</strong> un tale cammino in qualsiasi complessosimpliciale connesso finito. Un albero <strong>di</strong> |K| è un sottopoliedro uni<strong>di</strong>mensionalecontraibile |L| ⊂ |K|; l’esistenza <strong>di</strong> alberi in un poliedro |K| è


168 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHEgarantita dal fatto che la realizzazione geometrica <strong>di</strong> un qualsiasi 1-simplesso<strong>di</strong> K essendo omeomorfa al <strong>di</strong>sco D 1 è contraibile. Gli alberi <strong>di</strong> un complessosono parzialmente or<strong>di</strong>nati per inclusione; un albero è detto massimalese non è contenuto in un albero strettamente pi‘ğrande; siccome K è finito,l’esistenza <strong>di</strong> un albero massimale è garantita.Lemma 4.3.11 Se |K| è connesso per cammini e |L| è un albero massimale,allora L contiene tutti i vertici <strong>di</strong> K.Dimostrazione – Supponiamo che a sia un vertice <strong>di</strong> K che non sia unvertice <strong>di</strong> L. Pren<strong>di</strong>amo un vertice qualsiasi b <strong>di</strong> L e siccome |K| è connessoper cammini, esiste un cammino che collega b a a, che per il Teorema 2.3.3può essere pensato come un cammino <strong>di</strong> 1-simplessi <strong>di</strong> Kα = {b, x 0 }.{x 0 , x 1 }. . . . .{x n , a} .Sia x r l’ultimo vertice <strong>di</strong> α in L; dunque {x r , x r+1 } è un 1-simplesso che nonappartiene ad L (possiamo supporre che x r ≠ x r+1 perché a ∉ L). Da questofatto conclu<strong>di</strong>amo che|L| = |L| ∪ |{x r , x r+1 }|è un sottocomplesso uni<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> |K| strettamente più grande <strong>di</strong> |L|e contraibile perché unione <strong>di</strong> due spazi contraibili con un punto in comune.Dunque, |L| non è massimale, contrariamente all’ipotesi.✷Ora calcoliamo i gruppi fondamentali <strong>di</strong> alcuni spazi a mò <strong>di</strong> esempi.(I) π(S 1 , a o ) ∼ = Z.Triangoliamo la circonferenza con il complesso simpliciale K <strong>di</strong> verticia o , a 1 , a 2 e 1-simplessi{a o , a 1 }, {a 1 , a 2 } e {a 2 , a o } .


4.3. IL GRUPPO FONDAMENTALE 169Qui abbiamo l’albero massimale |L| dato dai due simplessi {a o , a 1 } e {a 1 , a 2 }.Dunque, per il Teorema 4.3.10, π(S 1 , a o ) ha un solo generatore.(II) π(S 2 , a o ) = 0.Imme<strong>di</strong>ato da 4.3.10, triangolando S 2 come il bordo <strong>di</strong> un tetraedro.(III) π(T 2 , a o ) ∼ = Z × ZPren<strong>di</strong>amo la triangolazione del toro con 9 vertici, 27 spigoli e 18 faccecome nella Figura 1 alla fine del capitolo. L’albero massimale |L| è dato dallerealizzazioni geometriche degli 1-simplessi seguenti:{a 0 , a 1 }, {a 1 , a 3 }, {a 3 , a 5 }, {a 5 , a 2 }, {a 2 , a 6 }, {a 6 , a 7 }, {a 7 , a 8 }, {a 8 , a 4 } .Alla fine <strong>di</strong> parecchi calcoli troviamo due generatori: g 20 , g 40 e una relazione:g 20 g 40 g20 −1 g40−1che appunto ci permettono <strong>di</strong> concludere l’enunciato.(IV) π(IRP 2 , a o ) ∼ = Z 2 .Pren<strong>di</strong>amo la triangolazione del piano proiettivo reale con 6 vertici, 15spigoli e 10 facce come nella Figura 2 alla fine del capitolo. L’albero massimale|L| è dato dalle realizzazioni geometriche degli 1-simplessi seguenti:{a 0 , a 1 }, {a 1 , a 2 }, {a 2 , a 3 }, {a 3 , a 4 }, {a 4 , a 5 } .In questo esempio abbiamo un solo generatore g 02 e una relazione g 2 02.Il Teorema 4.3.10 permette <strong>di</strong> calcolare il gruppo fondamentale <strong>di</strong> unpoliedro connesso ma a caro prezzo: infatti, il numero dei generatori e dellerelazioni può essere eccessivamente grande. Così cerchiamo <strong>di</strong> ottenere risultatiin modo più economico; con questo obiettivo in mente facciamo alcuneconsiderazioni.Nella Sezione 1.2 abbiamo <strong>di</strong>mostrato che la categoria dei gruppi è chiusaper pushout. Ritorniamo a questa affermazione. Siano G 1 e G 2 due gruppi


170 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHEdati da generatori e relazioniG 1 = Gp(S 1 , R 1 ) e G 2 = Gp(S 2 , R 2 ) ;ora <strong>di</strong>amo il <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> gruppi e omomorfismiGf> G 1ge consideriamo l’insieme∨G 2R f,g = {f(x)g(x) −1 |x ∈ G} .Allora, il gruppo (unico a meno <strong>di</strong> isomorfismi)G 1 ⋆ f,g G 2 := Gp(S 1 ∪ S 2 ; R 1 ∪ R 2 ∪ R f,g )– detto somma amalgamata dei gruppi G 1 e G 2 relativa agli omomorfismi fe g – ha le seguenti proprietà:1. esistono due omomorfismig : G 1 −→ G 1 ⋆ f,g G 2f : G 2 −→ G 1 ⋆ f,g G 2tali che fg = gf;2. per qualsiasi gruppo H e omomorfismih : G 1 → H e k : G 2 → Htali che hf = kg, esiste un unico omomorfismol : G 1 ⋆ f,g G 2 −→ H


4.3. IL GRUPPO FONDAMENTALE 171tale chelf = k e lg = h .In particolare, se G = 0 allora, f = g = 0, R f,g = 0 eG 1 ⋆ 0,0 G 2 := Gp(S 1 ∪ S 2 ; R 1 ∪ R 2 )(anche descritto da G 1 ⋆ G 2 ) è detto prodotto libero <strong>di</strong> G 1 e G 2 .Teorema 4.3.12 Siano |L| e |M| due poliedri connessi per cammini e non<strong>di</strong>sgiunti e sia a o un vertice comune a ambi. Il <strong>di</strong>agramma,π(|L ∩ M|, a o ) π(i L)> π(|L|, a o )π(i M )∨π(|M|, a o )π(i M )∨> π(|L ∪ M|, a o )π(i L )(in cui i L e i M sono le mappe <strong>di</strong> inclusione) è un pushout.Dimostrazione – Esten<strong>di</strong>amo un albero massimale |A(L ∩ M)| <strong>di</strong> |L ∩ M|agli alberi massimali |A(L)| e |A(M)| <strong>di</strong> |L| e |M| rispettivamente; l’unione|A(L)| ∪ |A(M)| = |A(L ∪ M)|è un albero massimale <strong>di</strong> |L ∪ M| e dunque contiene tutti i vertici <strong>di</strong> L ∪ Mper il Lemma 4.3.11.Ora or<strong>di</strong>niamo i vertici <strong>di</strong> L∪M; con questo i vertici <strong>di</strong> L e <strong>di</strong> M vengonoor<strong>di</strong>nati automaticamente. Per il Teorema 4.3.5 sapiamo che π(|L ∪ M|, a o )è generato dagli elementi g ij corrispondenti agli 1-simplessi or<strong>di</strong>nati {a i , a j }<strong>di</strong> L ∪ M \ A(L ∪ M), con le relazioni g ij g jk g ki relative ai 2-simplessi or<strong>di</strong>nati{a i , a j , a k } <strong>di</strong> L ∪ M.


172 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHED’altro lato, la somma amalgamata dei gruppi π(|L|, a o ) e π(|M|, a o )relativamente agli omomorfismiπ(i L ) : π(|L ∩ M|, a o ) → π(|L|, a o ) ,π(i M ) : π(|L ∪ M|, a o ) → π(|M|, a o )è determinata dai generatori g ij e h ij corrispondenti rispettivamente agli 1-simplessi or<strong>di</strong>nati <strong>di</strong> L\A(L) e M \A(M) con le relazioni g ij g jk g ki , h ij h jk h kieπ(i L )g ij (π(i M )h ji ) −1ogniqualvolta g ij = h ij in L ∩ M.Ora è facile vedere che il gruppo π(|L ∪ M|, a o ) descritto dai generatori erelazioni come sopra e la somma amalgamata in questione coincidono. ✷Corollario 4.3.13 Se π(|L ∩ M|, a o ) = 0, allora π(|L ∪ M|, a o ) è il prodottoliberoπ(|L|, a o ) ⋆ π(|M|, a o ) .Prima <strong>di</strong> passare ad un altro risultato facciamo alcune considerazioni. Sia|K| un poliedro connesso per cammini e sia α un cammino chiuso puntatosu un vertice a 0 ∈ K, fatto dalle realizzazioni geometriche <strong>di</strong> 1-simplessi:α = |{a 0 , a 1 }|.|{a 1 , a 2 }|. . . . .|{a n , a 0 }| .Pren<strong>di</strong>amo un <strong>di</strong>sco D 2 <strong>di</strong> centro c e <strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo il suo bordo ∂D 2 in n+1 partitramite i punti (<strong>di</strong>stinti) b 0 , . . . , b n . Sia D = (Y, Φ) il complesso simpliciale<strong>di</strong> verticiY = {c, b 0 , . . . , b n }


4.3. IL GRUPPO FONDAMENTALE 173e simplessiΦ = {c, b 0 , . . . , b n ; b 0 b 1 , b 1 b 2 , . . . , b n b 0 , cb 0 , cb 1 , . . . , cb n ,cb 0 b 1 , cb 1 b 2 , . . . , cb n b 0 }(tralasciamo le parentesi graffe che in<strong>di</strong>cano i simplessi). Il complesso simpliciale∂D <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione 1 formato dai simplessi{b 0 , . . . , b n ; b 0 b 1 , b 1 b 2 , . . . , b n b 0 }è un sottocomplesso <strong>di</strong> D; si noti che|D| ∼ = D 2 e |∂D| ∼ = ∂D 2 ∼ = S 1 .Consideriamo la funzione simplicialef : ∂D → K , (∀i = 0, 1, ..., n) f(b i ) = a ie sia X uno spazio <strong>di</strong> aggiunzione definito dal pushoutS 1 ∼ = |∂D||f|> |K|∨D 2 ∼ = |D||f|∨> XIn queste con<strong>di</strong>zioni abbiamo il seguente:Teorema 4.3.14 Il gruppo fondamentale π(X, a 0 ) si ottiene dal gruppo π(|K|, a 0 )aggiungendo la relazione definita dalla classe <strong>di</strong> omotopia del cammino α.Dimostrazione – Facciamo un passo in<strong>di</strong>etro: prima <strong>di</strong> incollare D 2 a Kritriangoliamo D 2 aggiungendo 2(n + 1) nuovi verticic 0 , c 1 , . . . , c n ; d 0 , d 1 , . . . , d n


174 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHEe irisultanti 1-simplessi e 2-simplessi, come nella Figura ?? . Lo spazio che siottiene con l’incollando D 2 così triangolato a K è ancora X; si noti che Xpuò essere interpretato come la realizzazione geometrica <strong>di</strong> un complesso simplicialeastratto W . Pren<strong>di</strong>amo il 2-simplesso σ = {b 0 , c 0 , d 0 } e consideriamoil pushout|W \ σ| ∩ |σ|i W \σ>|W \ σ|i σ∨ ∨i σ|σ|i W \σ> XPer il Teorema 4.3.12 conclu<strong>di</strong>amo che π(X, a 0 ) è un pushout del <strong>di</strong>agrammaπ(|W \ σ| ∩ |σ|, a 0 ) π(i W \σ)> π(|W \ σ|, a0 )π(i σ )∨π(|σ|, a 0 )e dunque, π(X, a 0 ) si ottiene prendendo il prodotto liberoπ(|σ|, a 0 ) ⋆ π(|W \ σ|, a 0 )e aggiungendoci le relazioniπ(i W \σ )(c)(π(i σ )(c)) −1con c il generatore <strong>di</strong> π(|∂σ|, a 0 ) (osservare che|W \ σ| ∩ |σ| = |∂σ|e ∂σ è il complesso simpliciale uni<strong>di</strong>mensionale definito dagli 1-simplessi{b 0 , c 0 }, {c 0 , d 0 } e {d 0 , b 0 }).


4.3. IL GRUPPO FONDAMENTALE 175Siccome π(|σ|, a 0 ) = 0 la situazione si semplifica <strong>di</strong> parecchio: π(X, a 0 )proviene da π(|W \ σ|, a 0 ) con l’aggiunzione della relazioneπ(i W \σ )(c) = |{b 0 , c 0 }|.|{c 0 , d 0 }|.|{d 0 , b 0 }| .Ci manca soltanto calcolare il gruppo fondamentale <strong>di</strong> |W \ σ|. A questoscopo pren<strong>di</strong>amo il baricentro b(σ) <strong>di</strong> σ e proiettiamo ra<strong>di</strong>almente |D \ σ|su |∂D|; otteniamo una retrazione che si estende a una retrazione forte <strong>di</strong>deformazioneF : |W \ σ| −→ |K|con F (|{b 0 , c 0 }|.|{c 0 , d 0 }|.|{d 0 , b 0 }|) = α. Conclu<strong>di</strong>amo la <strong>di</strong>mostrazione osservandoche F induce un isomorfismo tra i gruppi <strong>di</strong> omotopia interessati. ✷Ricalcoliamo il gruppo fondamentale del piano proiettivo reale senza ricorrerea tanti generatori e relazioni come abbiamo fatto quando aplicammoil Teorema 4.3.10. Sappiamo che IRP 2 si ottine da un <strong>di</strong>sco D 2 identificandoi punti antipodali del bordo ∂D 2 ; in atre parole, IRP 2 è un pushout del<strong>di</strong>agrammaS 1f> S 1g∨D 2f : S 1 → S 1 , (cos θ, sin θ) ↦→ (cos(2θ), sin(2θ)) .Abbiamo un solo generatore (quello <strong>di</strong> π(S 1 , a o ) dato dal cammino chiuso α)e una sola relazione α 2 ; dunque π(IRP 2 , a o ) ∼ = Z 2 .


176 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHE4.3.2 Poliedri con gruppo fondamentale datoVogliamo <strong>di</strong>mostrare che per qualsiasi gruppo G dato da un numero finito <strong>di</strong>generatori e relazioni esiste un poliedro il cui gruppo fondamentale è G. Piùprecisamente:Teorema 4.3.15 Sia G = Gp(S; R) un gruppo dato dai generatori S ={g i , . . . , g m } e dalle relazioni R = {r 1 , . . . , r n }. Allora esiste un poliedro |K|<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione 2, tale cheπ(|K|, a o ) ∼ = Gper un certo vertice a o ∈ K.Dimostrazione – Per ciascun generatore g i pren<strong>di</strong>amo una circonferenza S 1 icon un punto base e i ∈ S 1 i , i = 1, . . . , m. Consideriamo l’insiemeY = S 1 1 ∨ S 1 2 ∨ . . . ∨ S 1 m<strong>di</strong> tutte le m-uple (x 1 , . . . , x m ) ∈ S1×. 1 . . Sm 1 con al massimo una coor<strong>di</strong>nata x i<strong>di</strong>versa dal rispettivo punto base e 1 i ; <strong>di</strong>amo a Y il punto base a o = (e 1 , . . . , e m )e la topologia indotta dalla topologia dello spazio prodotto S1 1 ×. . .×Sm. 1 Quici fermiamo un momento per dare a Y un’altra interpretazione. Pren<strong>di</strong>amoil pushout{x}i 1> S 1 1i 2∨ ∨i 2S21 i 1> Z(con i i (x) = e i , i = 1, 2); si noti che Z ∼ = S1 1 ∨ S21 e per induzione, ancheS1∨S 1 2∨. 1 . .∨Sm 1 può essere interpretato come lo spazio pushout <strong>di</strong> un apposito


4.3. IL GRUPPO FONDAMENTALE 177<strong>di</strong>agramma. Inoltre, si osservi che in virtu del Corollario 4.3.13 π(S1 1 ∨S2, 1 e) èun gruppo libero a due generatori e, più generalmente, π(S1 1 ∨S2 1 ∨. . .∨Sm, 1 e)è un gruppo libero a m generatori.Ora torniamo al nostro teorema. Una relazione, <strong>di</strong>ciamo r j , è una parolar j = b ɛ 1i1. . . b ɛpi pcon ɛ i = ±1 ; in corrispondenza alla parola r j definiamo una funzionef j : S 1 −→ Ynel modo seguente: siccome la parola r j ha p lettere, <strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo S 1 in p partiuguali; il q mo arco viene avvolto completamente nella componente S 1 i q<strong>di</strong> Ynel senso orario se ɛ q = +1 e in quello antiorario se ɛ q = −1. Analiticamente,tale funzione viene espressa come segue:⎧⎪⎨ (cos(pθ − 2(q − 1)π), sin(pθ − 2(q − 1)π) , ɛ q = +1f j (cos θ, sin θ) =⎪⎩ (cos(2qπ − pθ), sin(2qπ − pθ)) , ɛ q = −1 ,con 2(q − 1)π/p ≤ θ ≤ 2qπ/p , 1 ≤ q ≤ p. (Rivedere la funzione f : S 1 → S 1usata per calcolare il gruppo fondamentale del piano proiettivo reale pocoprima dell’inizio <strong>di</strong> questa sottosezione.)A questo punto costruiamo il pushout∂W = ∨ n j=1S 1 j∨f j> Y∨W = ∨ n j=1D 2 j∨f j∨> Xin altre parole, costruiamo uno spazio X incollando n <strong>di</strong>schi 2-<strong>di</strong>mensionaliD 2 j a Y tramite le funzioni f j , j = 1, . . . , n, una per ogni relazione r j .


178 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHEPossiamo considerare lo spazio Y come la realizzazione geometrica <strong>di</strong> uncomplesso simpliciale <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione 1, con 2m + 1 verticia o ; a 1 1, a 1 2; a 2 1, a 2 2; . . . ; a m 1 , a m 2(i vertici a i 1, a i 2 in corrispondenza con due punti <strong>di</strong>stinti <strong>di</strong> S 1 i e a o = (e 1 , . . . , e m ))e 3m 1-simplessi{a o , a 1 1}, {a 1 1, a 1 2}, {a 1 2, a o }; . . . ; {a o , a m 1 }, {a m 1 , a m 2 }, {a m 2 , a o }(ogni gruppo <strong>di</strong> tre 1-simplessi corrisponde ad una circonferenza). Dopo <strong>di</strong>che, pensiamo al <strong>di</strong>sco D 2 j corrispondente alla relazione r j data da una parola<strong>di</strong> lunghezza p come un 3p-poliedro regolare, j = 1, . . . , n. In questo modo, il<strong>di</strong>sco D 2 j è incollato a Y – come abbiamo fatto nel Teorema 4.3.14 – tramiteil cammino chiuso <strong>di</strong> 1-simplessi geometrici˜r j = (|{a o , a i 11 }|.|{a i 11 , a i 12 }|.|{a i 12 , a o }|) ɛ 1. . . (|{a o , a ip1 }|.|{a ip1 , a ip2 }|.|{a ip2 , a o }|) ɛpD’altro lato, il gruppo fondamentale <strong>di</strong> Y è il gruppo libero generatoda ˜g i , i = 1, . . . , n con ogni ˜g i uguale alla classe <strong>di</strong> omotopia del camminogeometrico chiuso|{a o , a i 1}|.|{a i 1, a i 2}|.|{a i 2, a o }| .Conclu<strong>di</strong>amo la <strong>di</strong>mostrazione invocando il Teorema 4.3.14.✷Il Teorema 4.3.15 può essere addoperato a ritroso per calcolare il gruppofondamentale <strong>di</strong> certi poliedri bi<strong>di</strong>mensionali: infatti, se un poliedro |K| ècostruito come nel teorema, abbiamo subito i generatori e le relazioni chedefiniscono il gruppo fondamentale <strong>di</strong> |K|. Ad esempio, sia |K| = T 2 il toro;invocando la Figura 1 e chiamando i lati a 0 a 1 a 2 a 0 e a 0 a 3 a 4 a 0 rispettivamentecon a e b, ve<strong>di</strong>amo che π(T 2 , a 0 ) è il gruppo definito dai generatori a, b e larelazione aba −1 b −1 e dunque, π(T 2 , a 0 ) ∼ = Z × Z.


4.4. CLASSIFICAZIONE DELLE SUPERFICI 179Esercizi:1. Dimostrare che un <strong>di</strong>sco n-<strong>di</strong>mensionale (con n ≥ 1) è contraibile a qualsiasidei suoi punti.2. Sia X = ??? e a 1 , a 2 ∈ X. Dimostrare che i gruppi fondamentali puntati ina i non sono isomorfi.3. Usare l’esercizio 2 per <strong>di</strong>mostrare che l’omologia dello spazio S 1 ∨ S 1 ∨ S 2coincide con l’omologia del toro T 2 . Inoltre, <strong>di</strong>mostrare che i gruppi fondamentalidel toro T 2 e dello spazio S 1 ∨ S 1 ∨ S 2 non sono isomorfi; dunque,questi spazi, malgrado abbino la stessa omologia, non hanno il medesimotipo <strong>di</strong> omotopia.4.4 Classificazione delle SuperficiOra torniamo alla classificazione delle superfici compatte e connesse. Il lettorericorderà che per il Teorema Fondamentale delle Superfici qualsiasi superficiecompatta connessa è omeomorfa a una sfera bi<strong>di</strong>mensionale, unasomma connessa <strong>di</strong> tori o una somma connessa <strong>di</strong> piani proiettivi reali. Comeosservammo nell’inizio della Sezione 4.3 non sappiamo se queste tre superficisiano o no omeomorfe tra loro; per <strong>di</strong>fferenziarle ci appoggeremo al gruppofondamentale <strong>di</strong> ciascun tipo.Sia ⋆ un generico punto base <strong>di</strong> nT 2 o <strong>di</strong> nIRP 2 ; per il Teorema 4.3.14π(nT 2 , ⋆) ∼ = Gp(a 1 , b 1 , a 2 , b 2 , . . . , a n , b n ; a 1 1b 1 1a −11 b −11 . . . a 1 nb 1 na −1nb −1n )π(nIRP 2 , ⋆) ∼ = Gp(a 1 , a 2 , . . . , a n ; a 1 1a 1 1 . . . a 1 na 1 n) .


180 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHEQuesti gruppi sono non-nulli e dunque <strong>di</strong>versi dal gruppo fondamentale <strong>di</strong> S 2che è nullo; siccome il gruppo fondamentale <strong>di</strong> uno spazio è un invariante peromeomorfismi, se nT 2 o nIRP 2 fossero omeomorfi a S 2 , i gruppi fondamentali<strong>di</strong> tali spazi sarebbero nulli. Così esclu<strong>di</strong>amo che ci sia un omeomorfismotra S 2 e i due tipi <strong>di</strong> somme connesse in questione.A questo punto non sappiamo <strong>di</strong>fferenziare π(nT 2 , ∗) e π(nIRP 2 , ∗). Perfare questo ricorriamo ad un piccolo artifizio algebrico.Dato un gruppo G; un elemento <strong>di</strong> G della forma ghg −1 h −1 è detto uncommutatore <strong>di</strong> G; il sottoinsieme <strong>di</strong> G[G, G] = {x ∈ G|x = ghg −1 h −1 , g, h ∈ G}è un sottogruppo normale <strong>di</strong> G noto come sottogruppo dei commutatori <strong>di</strong>G ed è il più piccolo dei sottogruppi H <strong>di</strong> G per i quali G/H è abeliano. Ilgruppo G/[G, G] è detto abelianizzato <strong>di</strong> G.Lemma 4.4.1 Un omomorfismo <strong>di</strong> gruppi φ : G → H induce un omomorfismo¯φ : G/[G, G] → H/[H, H]tale cheGφ> H∨G/[G, G]∨> H/[H, H]¯φe inoltre, ¯φ è un isomorfismo se φ è un isomorfismo.Dimostrazione – Definiamo l’omomorfismo¯φ(g + [G, G]) := φ(g) + [H, H]


4.4. CLASSIFICAZIONE DELLE SUPERFICI 181per qualsiasi g + [G, G] ∈ G/[G, G].✷Torniamo alle superfici.generato dagli elementiL’abelianizzato <strong>di</strong> G = π(nT 2 , ⋆) è il gruppoa 1 , b 1 , a 2 , b 2 , . . . , a n , b ncon l’insieme <strong>di</strong> relazioniR = {a 1 1b 1 1a −11 b −11 . . . a 1 nb 1 na −1nb −1n ); xyx −1 y −1 |x, y ∈ G}e dunque,π(nT 2 , ⋆)/[π(nT 2 , ⋆), π(nT 2 , ⋆)] ∼ = Z 2n .D’altro lato, l’abelianizzato <strong>di</strong> H = π(nIRP 2 , ⋆) è il gruppo Gp(S; R) conS = {a 1 , a 2 , . . . , a n }R = {a 1 1a 1 1 . . . a 1 na 1 n} ∪ {xyx −1 y −1 |x, y ∈ S} ;dunque, l’abelianizzato <strong>di</strong> H è un gruppo abeliano generato dagli elementia 1 , a 2 , . . . , a n con la relazione2(a 1 + a 2 + . . . + a n ) = 1e perciò, scrivendo h = a 1 + . . . + a n ,π(nIRP 2 , ⋆)/[π(nIRP 2 , ⋆), π(nIRP 2 , ⋆)] ∼ = Gp(a 1 , . . . , a n−1 , h; 2h) ∼ = Z n−1 × Z 2 .Siccome Z 2n e Z n−1 × Z 2 non sono isomorfi, conclu<strong>di</strong>amo che nT 2 e nIRP 2non sono omeomorfi.


182 CAPITOLO 4. VARIETÀ TOPOLOGICHE


Bibliografia[1] C. Kosniowski – Introduzione alla <strong>Topologia</strong> Algebrica, Zanichelli,Bologna 1988.[2] C.R.F. Maunder – Algebraic Topology, Cambridge University Press,Cambridge 1970.[3] W.S. Massey – Algebraic Topology: an introduction, Harcourt, Brace &World, Inc., New York 1967.[4] J.R. Munkres – Topology, a first course, Prentice-Hall Inc., EnglewoodCliffs (NJ) 1975.[5] R.A. Piccinini – Lectures on Homotopy Theory, North-Holland,Amsterdam, London, New York 1992.183

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