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torna strategica la - Confindustria

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CENtro StuDI CoNfINDuStrIaScenari industriali n. 3, Giugno 2012In tutti i paesi c’è una partico<strong>la</strong>re attenzione alle PMI, che soffrono di fallimento del mercato mache sono, in molti casi, più innovative e con maggiore potenziale di crescita. L’evidenza empirica confermal’efficacia degli interventi a loro sostegno.In Italia <strong>la</strong> quota delle imprese che svolgono attività innovativa non è inferiore a quel<strong>la</strong> dei principaliconcorrenti avanzati, però si fa poca spesa in R&S e anche il numero di brevetti per abitanteè inferiore, meno del<strong>la</strong> metà di quello tedesco.Aumentare l’attività sistematica volta al<strong>la</strong> creazione di nuove conoscenze e al loro utilizzo è diventatoimprescindibile per rafforzare i fattori competitivi del Paese. Questo traguardo può essereraggiunto ripartendo dai molti punti di forza di cui l’industria manifatturiera italiana ancora disponee affrontando le debolezze accumu<strong>la</strong>te nei settori più connessi al<strong>la</strong> conoscenza scientifica.Lo straordinario successo ottenuto dai contratti di rete prova l’importanza anche in Italia del<strong>la</strong>connessione e del<strong>la</strong> condivisione per sfruttare le complementarietà e le sinergie nel perseguire obiettivicomuni. Il maggior tasso di col<strong>la</strong>borazione aiuta a diffondere le strategie che per molte impresesi sono rive<strong>la</strong>te vincenti, già prima del<strong>la</strong> crisi e soprattutto dopo. Il primo passo è l’individuazionedi tali strategie, ciò che il CSC ha effettuato con il Progetto Focus Group 1 .L’adozione o meno di queste strategie ha creato un nuovo dualismo tra le aziende italiane: da un<strong>la</strong>to quelle che reggono il confronto del mercato e si adattano ai cambiamenti che esso impone, per lopiù anticipandoli. Dall’altro <strong>la</strong> maggioranza che fatica a rimanere competitiva e che ha, appunto, bisognodi esempi da emu<strong>la</strong>re.La diffusione delle best-practice costituisce un importante contributo all’innalzamento delle potenzialitàdi crescita del Paese. Anche su di essa dovrebbe far leva <strong>la</strong> politica industriale.Il secondo passo è capire dove si situa <strong>la</strong> linea di demarcazione tra i due gruppi e disegnare l’identikitdelle imprese vincenti, estendendo l’analisi a una p<strong>la</strong>tea più vasta di imprese rispetto alle purnumerose intervistate con i Focus Group. Un progetto congiunto CSC-ISTAT ha permesso di scavarenei microdati di 36mi<strong>la</strong> aziende operanti tra il 2000 e il 2010.Una prima misura del<strong>la</strong> maggiore divaricazione tra imprese è data dagli indicatori di redditività:se ne registra l’abbassamento dei valori medi sia tra il 2000 e il 2007 sia ancor più tra il 2007 e il2010, ma soprattutto l’esplosione del<strong>la</strong> varianza.Riguardo al<strong>la</strong> crescita, le cifre confermano un alto grado di inerzia: tra il 2000 e il 2010 <strong>la</strong> quotadi imprese che non si è mossa dal<strong>la</strong> propria c<strong>la</strong>sse dimensionale è oscil<strong>la</strong>ta tra il 44% e il 64%.Nel 2008-2010 il maglio del<strong>la</strong> crisi ha aumentato gli spostamenti all’ingiù, <strong>la</strong>sciando invariata <strong>la</strong>fetta di aziende che salgono di taglia e per le quali <strong>la</strong> crescita alimenta nuova crescita.1Si veda Scenari industriali n.2, giugno 2011.7

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