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torna strategica la - Confindustria

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Scenari industriali n. 3, Giugno 2012CENTRO STUDI CONFINDUSTRIAVa comunque sottolineata <strong>la</strong> straordinaria ampiezza dei differenziali di dinamismo osservatotra le imprese che invece, a partire dal<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> minima qui considerata, crescono. Ciòè in linea con i risultati già emersi in passato e illumina nitidamente il seguente fatto: impreseche si potrebbero ritenere caratterizzate da un grado di somiglianza massimo (testimoniatoanche dall’estrema vicinanza delle soglie che definiscono l’intervallo dimensionaledi partenza) mostrano invece una formidabile variabilità di comportamento, che vede aun estremo una buona metà del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione rimanere bloccata nel<strong>la</strong> condizione inizialee l’altra metà sgranarsi in un percorso di sviluppo che presenta un profilo estremamente artico<strong>la</strong>to,fino a quello di alcune imprese che moltiplicano <strong>la</strong> loro dimensione media di 100volte e più.È del tutto in linea con precedenti valutazioni del fenomeno il fatto che <strong>la</strong> frequenza deglispostamenti nel<strong>la</strong> cel<strong>la</strong> immediatamente a destra del<strong>la</strong> diagonale principale risulti superiorea quel<strong>la</strong> delle frequenze a sinistra fino al<strong>la</strong> soglia dei 20 addetti e risulti invece sempre inferioreal di sopra. La rego<strong>la</strong>rità di tale fenomeno, che trova conferma indipendentementedalle fonti statistiche impiegate e dal periodo di osservazione considerato, suggerisce chequesto intervallo dimensionale discrimini tra comportamenti prevalentemente espansivi equelli perlopiù implosivi. Tutto questo, comunque, ribadisce come <strong>la</strong> propensione al<strong>la</strong> crescitasia una questione legata alle caratteristiche delle singole imprese, giacché quelle cheappartenengono a una medesima c<strong>la</strong>sse dimensionale di partenza mostrano percorsi evolutivitotalmente differenti tra loro.Il confronto tra le due matrici rive<strong>la</strong>, però, differenze tra gli anni che precedono <strong>la</strong> crisi (e che,partendo dal<strong>la</strong> recessione dei primi anni Duemi<strong>la</strong>, culminano nel<strong>la</strong> crescita del biennio 2006-2007) e quelli più recenti. Le differenze riguardano, in partico<strong>la</strong>re, le celle disposte lungo <strong>la</strong>diagonale principale e quelle al<strong>la</strong> loro sinistra: nel periodo 2000-2007 le prime mostrano valorisempre superiori a quelli osservati nel caso del periodo più lungo; le seconde valorisempre inferiori (a fronte di una sostanziale stabilità delle frequenze osservate a destra).Cioè, nel periodo 2008-2010 <strong>la</strong> distribuzione di frequenza degli spostamenti si sposta versoil basso. Questo spostamento significa che, mentre <strong>la</strong> quota delle imprese che crescono restasostanzialmente invariata (non solo per loro <strong>la</strong> crescita è già avvenuta, ma alimenta nuovacrescita), tra le imprese che erano rimaste negli intorni del<strong>la</strong> dimensione iniziale emerganoforti segnali di difficoltà, rive<strong>la</strong>te dal<strong>la</strong> contrazione dimensionale, in alcuni casi molto forte,subita da una quota rilevante di esse.Il confronto tra i due periodi ribadisce il dualismo molto netto tra il gruppo di imprese cheattraversano <strong>la</strong> crisi senza cambiare profilo di crescita e quello, che già prima del<strong>la</strong> crisi erameno dinamico, il quale in pochissimi anni subisce un ridimensionamento rilevante dei livellidi attività (misurati dal livello dell’occupazione). Perciò diventa cruciale capire l’identikitdelle imprese che crescono per verificarne <strong>la</strong> replicabilità.68

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