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torna strategica la - Confindustria

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Scenari industriali n. 3, Giugno 2012CENTRO STUDI CONFINDUSTRIALa deindustrializzazione rischia di assumere ritmi e dimensioni patologici che avrebberoconseguenze partico<strong>la</strong>rmente gravi per il Paese, dato che l’Italia è rimasta – assieme al<strong>la</strong>Germania, ma con risultati economici medi assai differenti – ormai unicamente un’economiafondata sull’industria, diversamente da altri paesi europei che hanno saputo sviluppareo consolidare un loro rafforzamento strutturale in altri ambiti di attività 1 . E, per giunta, ciòavverrebbe proprio quando in tutti i paesi avanzati si riscopre il ruolo pivot del manifatturieroper <strong>la</strong> sostenibilità dello sviluppo e del benessere nel lungo periodo.D’altra parte, <strong>la</strong> lenta crescita dell’Italia, prima, e <strong>la</strong> più lunga e sofferta uscita dalle conseguenzedel<strong>la</strong> recessione, poi, possono essere lette proprio attraverso <strong>la</strong> lente del dualismotra imprese, cioè del fatto che le imprese migliori siano proporzionalmente poche e comunquenon si espandano a ritmo tale da compensare <strong>la</strong> stagnazione o addirittura <strong>la</strong> contrazionedi quelle che arrancano. E ciò può contribuire anche a spiegare perché ilriposizionamento (nell’orientamento geografico delle esportazioni così come nel<strong>la</strong> specializzazionesettoriale) appaia, sebbene ben evidente, re<strong>la</strong>tivamente graduale.Le statistiche confermano <strong>la</strong> divaricazione di comportamenti e risultatiMa quali sono le caratteristiche delle imprese che marciano anche nel<strong>la</strong> crisi e di quelle chefaticavano a resistere anche prima di essa? In Scenari industriali n. 2 sono state descritte lestrategie delle prime, strategie contraddistinte da due fattori: <strong>la</strong> concentrazione sulle competenzedistintive (core competence), che ne forgiano <strong>la</strong> competitività, e sul<strong>la</strong> crescita dimensionale.Queste strategie sono state individuate dall’analisi dei risultati del ProgettoFocus Group, nel quale sono state ascoltate oltre 450 imprese partico<strong>la</strong>rmente dinamiche inoltre 76 incontri 2 . Qui iniziamo a quantificare <strong>la</strong> distanza nel<strong>la</strong> performance tra i due insiemidi imprese e ad abbozzarne i rispettivi identikit. Sono le prime misure statistiche sul dualismotra imprese, ottenute grazie a un progetto congiunto CSC-ISTAT che si avvale di unavasta e complessa banca di microdati. Il ricorso ai microdati è indispensabile perché l’eterogeneitàdei comportamenti e dei risultati va osservata a livello dei singoli agenti. Perciòtutti gli indicatori qui utilizzati sono stati calco<strong>la</strong>ti a livello di impresa, anche se nel<strong>la</strong> pre-1Valgano gli esempi canonici del<strong>la</strong> Francia con l’agricoltura, le competenze nello sfruttare le risorse turistiche e <strong>la</strong>distribuzione commerciale, o del Regno Unito con <strong>la</strong> finanza e, ancora, l’attrattività turistica (in parte legata all’apprendimentolinguistico).2Per una più approfondita descrizione di tali strategie e del Progetto Focus Group si rimanda a L’industria italianacambia volto: le imprese puntano su conoscenza e crescita in CSC, Scenari industriali n. 2: Effetti del<strong>la</strong> crisi, materie primee ri<strong>la</strong>ncio manifatturiero. Le strategie di sviluppo delle imprese italiane, giugno 2011. Una versione più approfonditadell’analisi è contenuta in Arrighetti e Traù, Far from the madding crowd. Sviluppo delle competenze e nuovi percorsi evolutividelle imprese italiane, L’industria, 33 (1), marzo 2012.60

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