Scenari industriali n. 3, Giugno 2012CENTRO STUDI CONFINDUSTRIAdell’agricoltura e dei servizi, l’uscita di occupazione dai quali ne aumenta a sua volta <strong>la</strong> produttività(e contribuisce ad accrescere quindi <strong>la</strong> produttività aggregata). Nel lungo periodo,<strong>la</strong> maggiore crescita del<strong>la</strong> produttività manifatturiera – che ha l’effetto di ridurre l’input di<strong>la</strong>voro per unità di output – finisce comunque per ridimensionarne il peso in termini dioccupazione rispetto al totale dell’economia: così che <strong>la</strong> quota dell’occupazione manifatturiera– anche in ragione di fattori che agiscono dal <strong>la</strong>to del<strong>la</strong> domanda, e cioè di una piùalta e<strong>la</strong>sticità al reddito del<strong>la</strong> domanda di servizi – tende a declinare (Grafico 4.1).A partire dal<strong>la</strong> loro originale enunciazione, le tre leggi di Kaldor sono state sottoposte ad unelevato numero di verifiche empiriche su insiemi di paesi e regioni diverse, effettuate conle metodologie più disparate. Il messaggiodi fondo è che le rego<strong>la</strong>rità kaldorianetrovano conferma in manieraselettiva, sia dal punto di vista dei paesisia da quello dell’orizzonte temporale diosservazione. 5 In altri termini, l’evidenzaempirica sembra suggerire che si trattinon di leggi assolute, ma di leggi condizionate6 . Una delle ragioni per cui <strong>la</strong> loroverificabilità pone più di un problema ènel fatto che lo sviluppo industriale hacontribuito a rendere gli stessi confinisettoriali sempre meno definiti, così dacomplicare notevolmente <strong>la</strong> possibilitàdi ottenere stime puntuali del fenomeno.2725232119171513119Grafico 4.1Il peso diretto del manifatturiero(Quota % degli occupati sul totale dell’economia)199119921993199419951996199719981999200020012002200320042005200620072008200920102011Fonte: e<strong>la</strong>borazioni CSC su dati Eurostat.Italia USA GiapponeGermania Francia5A titolo di esempio, e senza alcuna pretesa di completezza, si veda Turner (1983), Bernat (1996), Harris e Lau(1998), Gambacorta (2004), McCombie e Roberts (2007).6L’attenzione al ruolo dei rendimenti crescenti nello spiegare lo sviluppo – e in partico<strong>la</strong>re il principio secondo cuiessi sono legati all’accumu<strong>la</strong>zione di conoscenze – caratterizza anche <strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong> crescita endogena, che tuttaviaparte da premesse teoriche totalmente diverse (in partico<strong>la</strong>re, dall’idea che <strong>la</strong> crescita non è guidata dal<strong>la</strong> domandaaggregata). In tale teoria <strong>la</strong> crescita viene spiegata ricorrendo a tre diversi meccanismi: 1) i nuoviinvestimenti in capitale, essendo caratterizzati da un contenuto maggiore di innovazione tecnologica, provocanoesternalità positive attraverso processi di learning by doing (Romer, 1986); 2) proprio per <strong>la</strong> presenza di spillover diconoscenza, l’investimento in capitale umano non è soggetto a rendimenti marginali decrescenti (Lucas, 1988); 3)<strong>la</strong> possibilità di appropriarsi di extra-profitti in presenza di mercati non concorrenziali genera un incentivo a investirein R&S, da cui scaturiscono continui incrementi di produttività a livello di sistema (Aghion e Howitt, 1992).Caratteristica comune a tutti questi contributi, tuttavia, è quel<strong>la</strong> di non scendere mai sul piano del<strong>la</strong> composizionesettoriale di un sistema economico. Per motivi di semplicità analitica, infatti, i modelli di crescita endogenasono generalmente sviluppati e risolti definendo il comportamento di un consumatore e di una impresa rappresentativi.Nonostante <strong>la</strong> maggiore comprensione assicurata da questi sviluppi teorici dei meccanismi che, attraversol’innovazione, sono in grado di generare endogenamente crescita, quindi, rimane del tutto elusa <strong>la</strong> questionedel perché proprio l’industria manifatturiera costituisca il motore del<strong>la</strong> crescita.114
CENTRO STUDI CONFINDUSTRIAScenari industriali n. 3, Giugno 2012La complementarietà tra funzioni aziendali e i <strong>la</strong>bili confini settorialiNonostante l’evoluzione legata al processo di globalizzazione, <strong>la</strong> produzione di merci continuaad essere una caratteristica del mondo industrializzato, con il grosso dei paesi delgruppo G7 ancora oggi saldamente presenti all’interno del<strong>la</strong> top ten del manifatturiero 7 .Anche nei paesi di più antica industrializzazione, quali Gran Bretagna, Francia, Germania,Stati Uniti e Italia, il settore manifatturiero mostra tassi di crescita del<strong>la</strong> produttività superioriin media a quelli dei servizi (Grafico 4.2).Nel<strong>la</strong> produttività il manifatturiero batte il terziario(Valore aggiunto per unità di <strong>la</strong>voro, variazioni % annue)Grafico 4.210,08,06,04,02,00,0-2,0FranciaManifatturieroServizi di mercato19941995199619971998199920002001200220032004200520062007200810,08,06,04,02,00,0-2,0-4,0-6,0-8,0-10,0-12,0GermaniaManifatturieroServizi di mercato1994199519961997199819992000200120022003200420052006200720082009201010,0Italia10,0Regno Unito8,08,06,06,04,04,02,02,00,00,0-2,0-4,0-6,0ManifatturieroServizi di mercato-2,0-4,0-6,0ManifatturieroServizi di mercato-8,019941995199619971998199920002001200220032004200520062007200820092010-8,019941995199619971998199920002001200220032004200520062007200820092010Fonte: e<strong>la</strong>borazioni su dati OCSE.7Si veda in partico<strong>la</strong>re Rowthorn (1995).115
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