12.07.2015 Views

Lo sbattezzo delle masse - SABBATICA

Lo sbattezzo delle masse - SABBATICA

Lo sbattezzo delle masse - SABBATICA

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

lo <strong>sbattezzo</strong><strong>delle</strong> <strong>masse</strong>L’APOSTASIA DELLA «LIBERA USCITA» TRASCELTA INDIVIDUALE E DIMENSIONE SOCIALEUna belligeranza policefala traraffaele càrcano, alessandro lise,marco benoît carbone, marco menicocciwww.gorgonmagazine.com


un agòn è un confronto aturni tra belligeranti.un agòn sviluppa incontri escontri teorici, disciplinari, diopinione.un agòn si disputa su temi,eventi e controversie.un agòn presuppone ilfondamento del pensiero comeattività multiforme.un agòn esprime l’animoerrante, labirintico,tentacolare di Gorgòn.<strong>Lo</strong> <strong>sbattezzo</strong> <strong>delle</strong> <strong>masse</strong>.L'apostasia della libera uscita tra scelta individuale e risvolti sociali.supplemento a gorgòn – rivista di cultura polimorfa~ www.gorgonmagazine.com ~ issn 2036-8259Sabbatica Edizioniriproduzione riservataIn i e iv di copertina:Eris (La Discordia),libera rielaborazione da undipinto ateniese, ca. 575-525 a.c.Editing, progetto grafico ed elaborazionea cura di Marco Benoît Carbone.


Agones ~ Belligeranze policefaleLO SBATTEZZODELLE MASSEL’APOSTASIA DELLA «LIBERA USCITA» TRASCELTA INDIVIDUALE E RISVOLTI SOCIALIUna belligeranza tra:raffaele càrcanoalessandro lisemarco benoît carbonemarco menicoccimarco benoit carboneè il direttore diGorgòn e prossimo allo<strong>sbattezzo</strong>.raffaele carcano èil coautore del libroUscire dal gregge. Storiedi conversioni, battesimi,apostasie e sbattezzi(Luca Sossella Editore,Roma 2008) e segretarionazionale dell’uaar.alessandro lise è ilcoautore di Quasi quasimi <strong>sbattezzo</strong> (Becco Giallo,Padova 2009).marco menicocciè l’autore del libroAntropologia <strong>delle</strong> religioni(Altravista Edizioni,Lungavilla 2009) edirettore di Antrocom.Le opinioni espresse dai singoliautori sono esclusivamente personalie non rappresentano in alcun modoquelle di Gorgòn, dell’uaar, diAntrocom o di altri enti, autori,riviste o associazioni citati.<strong>Lo</strong> «<strong>sbattezzo</strong>», da gesto dimostrativodi pochi attivisti, stadiventando una pratica diffusa,soprattutto per l’opera dellaUAAR (Unione degli Atei eAgnostici Razionalisti). Negliultimi anni sempre più apostatihanno consegnato alla propriaparrocchia la richiesta di rinunciaagli effetti del battesimo.La cancellazione degli effetti civilidel battesimo sancirebbe ildiritto elementare, riconosciutodalla Dichiarazione universale,di poter abbandonare unaconfessione religiosa; nello specifico,di non essere più consideratidallo stato come «sudditi»,«obbedienti» e «sottomessi» allegerarchie ecclesiastiche, come reciterebbeil catechismo.Le ragioni addotte dai sostenitoridello <strong>sbattezzo</strong> includonola coerenza dei propri principiatei o agnostici e la protestacontro la discriminazione (razziale,di genere, di orientamentosessuale, di opinione in materiareligiosa, di ricerca scientifica oetica nella sfera pubblica). Malo <strong>sbattezzo</strong> può essere anche lasemplice dichiarazione di nonfare più parte, a nessun titolo,del circolo cattolico.Nelle dichiarazioni dell’UAARlo <strong>sbattezzo</strong> non implica controriti vendicativi, ma sarebbe uninvito a esercitare il diritto dinon essere più cattolici, per abbattereil muro di un pervasivocondizionamento ambientale esottrarre alle gerarchie ecclesiastichenumeri che essi utilizzerebberoa fini ideologici epropagandistici, equiparandolia quelli degli effettivi credentiper rivendicare il supporto dellapopolazione in materia etica,politica e economica.Quali sono le possibile interpretazionidi questo fenomeno?<strong>Lo</strong> <strong>sbattezzo</strong> è davverouna reazione individuale aitempi, priva di una dimensionerituale, o è a sua volta unrito dalle modalità peculiari?Quali le possibili ripercussionisulla società italiana?3Benoît Carbone, Càrcano, Lise, Menicocci ~ <strong>Lo</strong> <strong>sbattezzo</strong> <strong>delle</strong> <strong>masse</strong>


I – Marco Benoît CarboneLa diffusione dello <strong>sbattezzo</strong> è, a mio avviso, rivelatoriadi una tendenza che chiunque abbia a cuore iltema della laicità dovrebbe salutare con il massimoentusiasmo.Il gesto della rinuncia al battestimo è una presa didistanza rigorosa dall’ideologia pervasiva di una religioneche vorrebbe ancora essere quella di stato. è unascelta di integrità intellettuale e una risposta concretaa quell’inerzia e a quell’adesione formale che fino adoggi – col beneplacito della disinformazione generale– hanno cementato la falsità storica della coincidenzatra i valori cristiani e quelli della collettività.Quello dello <strong>sbattezzo</strong> è dunque un processo che,in un quadro più ampio della «semplice» liberazionedai comandamenti cattolici, volge a una riflessionesulla società suoi propri presupposti e sulle sue impalcatureideologiche.Non penso, tuttavia, che lo <strong>sbattezzo</strong> sia solo unareazione individuale, perché il gesto del singolo eper il singolo ha una valenza intimamente sociale,collettiva: fa leva sull’aspetto cruciale dei numeri esulla soglia critica necessaria a contestare l’autolegittimazionedi una classe politica come la chiesa,che vorrebbe avvalersi della maggioranza silenziosae inerte dei battezzati, reclutati alla nascita affinchépossa venire perpetrata l’idea di una popolazione«in maggioranza cattolica».D’altro canto, non credo neppure che lo <strong>sbattezzo</strong>sia completamente privo di una dimensionerituale: perché se è vero che esso si configurasul piano individuale e sociale come un gesto dicomunicazione volontario e lucido, privo dellacomponente scenografica del battesimo cristiano,è vero anche che la decisione dello <strong>sbattezzo</strong> nonpuò non presentarsi con una forte valenza intellettualeed emotiva dalla forte carica rituale.In questo senso, anche il gesto dello <strong>sbattezzo</strong>potrebbe essere visto un rito, seppure a sua volta«laico»; sono anzi convinto che persino per il piùlucido razionalista sia proprio questa spinta emotivae rituale – come e forse più del ragionamentointellettuale che ne costituisce il fondamento – acostituire la chiave del gesto.È questa componente, a mio avviso, che ha ilmaggiore potenziale per trasformare lo <strong>sbattezzo</strong>,attraverso una sensata operazione comunicativa, inuna pratica massiva, in grado di operare un fortecambiamento nella nostra società.II – Alessandro LisePartirei da un’intervista di Paolo Flores d’Arcais aJosé Saramago – pubblicata da il 14 ottobre 2009 sulFatto Quotidiano – in cui l’autore del Quaderno (BollatiBoringhieri, Torino 2009) sostiene che «alle insolenzereazionarie della Chiesa Cattolica bisogna risponderecon l’insolenza dell’intelligenza viva, del buon senso,della parola responsabile» e che «non possiamopermettere che la verità venga offesa ogni giorno daipresunti rappresentanti di Dio in terra ai quali in realtàinteressa solo il potere».« Un rito necessita sempre di un caratterecorale, di una condivisione collettiva chene fondi il valore e questo anche nel casodi un rito privato e individuale? Il rito èsempre un rito di passaggio?»In particolare mi piace molto «l’insolenza dellaparola responsabile», quasi ossimorico. Partiamo daqui, ma mettiamo Saramago da parte per un attimo.Mi permetto di aggirare le domande dell’ouvertureper aggiungere un altro punto di vista.In fin dei conti sono convinto che lo <strong>sbattezzo</strong>sia, più che altro, uno strumento di libertà e non nevedo gli elementi ritualistici se non prendendo unadefinizione allargata di rito (definizione che personalmentemi porterebbe a valutare come ritualisticae rituale una gran parte <strong>delle</strong> attività umane, se nonproprio tutte).Piuttosto: ne vedo abbastanza bene le caratteristichesimboliche, caratteristiche che forse andrebberoulteriormente sottolineate per dare allo <strong>sbattezzo</strong>quella carica mitopoietica necessaria a farlo diventareuna narrazione potente. Ma non divaghiamo.Aggirare le domande, dicevo. Sì, perché senz’altroil numero degli sbattezzati è in aumento, ma lo<strong>sbattezzo</strong> è ancora un fenomeno che viene troppevolte percepito come stravagante, da relegare ai margini,un po’ come la colonna di destra della Repubblicaonline. Un caso di costume, ecco, e non quello chedovrebbe essere un diritto acquisito in nome (almeno)del buon senso. Insomma: sullo <strong>sbattezzo</strong> (apartire dal nome, come sappiamo) pende, a mio parere,prima di tutto, un problema retorico.4www.gorgonmagazine.com


Agones ~ Belligeranze policefaleIII – Marco MenicocciCredo sia opportuno premettere che sino a qualchesettimana fa nemmeno sapevo che esistesse una questionequale quella di cui ci stiamo occupando ora.Per questo motivo, pertanto, posso avanzare solo osservazionilimitate e di carattere generale, forse neanchepienamente pertinenti. Fermo rimanendo ildiritto di ciascuno di comportarsi come meglio credenelle questioni religiose, comincerei con l’eliminare iltermine equivoco di «rito».<strong>Lo</strong> <strong>sbattezzo</strong> non è un rito. Il rito è uno strumentousato per padroneggiare una situazione di crisi eche mediante alcune azioni permette di giungere aduna situazione nuova trasformata. Per far questo necessitasempre di un carattere corale, di una condivisionecollettiva che ne fondi il valore e questo anchenel caso di un rito privato e individuale.Il rito è sempre un rito di passaggio. Ora, qui nonabbiamo una situazione iniziale di crisi (immagino,e spero, che tutti coloro che si rivolgono a questascelta stiano benissimo sotto tutti gli aspetti e nonvivano l’esser battezzati come un problema angosciante);non abbiamo un reale passaggio, poiché lanuova situazione in cui si trova lo «sbattezzato» èpraticamente la stessa di prima, e non abbiamo unavera trasformazione.Allo <strong>sbattezzo</strong> manca anche il carattere corale, condiviso,poiché chiaramente nessun valore comunitariopuò coagularsi attorno ad una scelta che non deriva dauna situazione problematica. Senza crisi, senza coralità,senza passaggio e trasformazione non c’è rito. Siamodunque fuori dalla fenomenologia del rito, il che nonequivale a togliere valore al gesto, naturalmente. Chilo compie, o suggerisce di compierlo, fa un’azione dicarattere ideale, che si richiama a principi ideologici.Sbattezzarsi è un dire qualcosa di sé e del mondoin cui si vive, è una forma espressiva e certamente puòessere un gesto che comporta una forte dimensioneemotiva e intellettuale. A guardarlo dal punto di vistabenevolo il gesto è una sorta di manifesto, uno sbandieramentodi ideali a cui qualcuno dichiara di attenersi;a guardarlo dal punto di vista meno benevolo èuna figura retorica nel dibattito contemporaneo. Anchein questo ultimo caso poco male: nella politica,ad esempio, ma anche nella mediazione culturale, laretorica ha un suo valore. Solo, mi pare di dover rilevare,non ha un valore creativo, non produce valore,neanche nel senso della ricerca della produzione divalori anticlericali o estranei al cristianesimo.IV – Raffaele CarcanoSecondo stime uaar, almeno quindicimila cittadiniitaliani si sono finora sbattezzati (a essi andrebberoulteriormente sommati quelli che lo compiono,con altri mezzi e normative, nel resto del mondo):un piccolo fenomeno di massa.L’aspetto più interessante dello <strong>sbattezzo</strong> è, a mioparere, la difficoltà di inquadrarlo. Alcuni voglionoossessivamente avere la certezza che, oltre al parroco,nessuno sarà mai al corrente del fatto; altri, per contro,appendono la risposta in salotto, o si lamentanodi non aver ricevuto una carta pergamenata firmatadal papa con la parola «scomunica» ben in rilievo.Di ritualità, in tutto questo, ve ne sarebbe poca,a meno di non ricorrere all’origine etimologica diritus (o «rta», che poi è lo stesso): uno strumentoper ritornare all’«ordine» <strong>delle</strong> cose (tutti noi,fino a prova contraria, nasciamo senza condividereuna credenza) o per ripristinarlo, dopo che è statoin qualche modo impunemente violato con il «pedobattesimo».E scegliere questa strada ci espone aenormi difficoltà interpretative. L’apostasia di Giuliano,che decise di enfatizzarla sottoponendosi aun taurobolium, fu un controrito in odio ai cristiani,il ripristino di una concezione «pagana» (qualunquecosa significhi questo aggettivo), la scelta di unanuova appartenenza o tutte e tre questi aspetti messiinsieme? E quanto è importante l’elemento di socializzazionein questo gesto, visto che alle giornatedello <strong>sbattezzo</strong> si aderisce soprattutto per enfatizzareil proprio numero, piuttosto che per condividerelo stesso momento con altri?« L’apostasia di Giuliano, che volleenfatizzarla sottoponendosi a untaurobolium, fu un controrito inodio ai cristiani, il ripristino di unaconcezione “pagana”, la scelta di una nuovaappartenenza o tutto questo insieme? »La questione-rito, in quanto ancora dibattuta inogni ambito di studio, ci potrebbe del resto portaremolto fuori dal seminato: quanto di biologicoc’è nel bisogno di ritualità di homo sapiens, messo aconfronto con quello di altre specie animali? Nontutti assegnano (e sono tenuti ad assegnare!) allo<strong>sbattezzo</strong> il medesimo valore.5Benoît Carbone, Càrcano, Lise, Menicocci ~ <strong>Lo</strong> <strong>sbattezzo</strong> <strong>delle</strong> <strong>masse</strong>


« Se il rito “necessita sempre di un caratterecorale, di una condivisione collettiva”, èquesto quanto si riscontra spesso nellacomunità degli atei e degli agnostici, o deisemplici oppositori del battesimo? »Farsi troppe domande, a parte mostrarci che èquasi impossibile ottenere risposte univoche, è amio parere improduttivo: occorre semmai cercare,all’opposto, di individuare un minimo comundenominatore.Ritengo che la chiave per analizzare il fenomenorisieda nelle sue intrinseche caratteristiche di libertà:non è soltanto una possibilità offerta a tutti, ma achiunque è offerta la possibilità di concretizzarlo, equindi di «viverlo», a modo suo.È la libertà garantitadallo <strong>sbattezzo</strong> a darci un possibile percorso dilettura: tutti, mi sembra di poter dire, «usano» lo<strong>sbattezzo</strong> per abbandonare un’identità non voluta eper assumerne una nuova: sia essa una diversa, magarialtrettanto «pesante» appartenenza religiosa, piuttostoche, all’estremo opposto, un individualismo vissutofino al rifiuto di ogni (anche singola) identità.Circostanza che, agli occhi di un osservatore esterno,rappresenterà comunque un’identità (nuova).V – Marco Benoît CarboneMi pare che due siano finora i punti cruciali: il dibattitosulla valenza rituale dello <strong>sbattezzo</strong> e un’analisi<strong>delle</strong> ripercussioni del gesto a un livello, per cosìdire, politico.Riguardo al primo punto, a mio avviso MarcoMenicocci non si accorge che la definizione del ritoda lui offerta può a buona ragione descrivere – anchesenza esaurirla – la fenomenologia dello <strong>sbattezzo</strong>:e così è se lo <strong>sbattezzo</strong> è «uno strumento [richiestaufficiale ai sensi di legge] usato per padroneggiareuna situazione di crisi [insoddisfazione per lo statodi battezzato] che mediante alcune azioni [invio dinotifica, eventualmente mediato da un garante simbolico]permette di giungere ad una situazione nuova,trasformata [affrancamento dai valori instillatiquando non si era in grado di contestarli]».Se infatti il rito «necessita sempre di un caratterecorale, di una condivisione collettiva che ne fondi ilvalore», questo è quanto si riscontra nella comunitàdegli atei e degli agnostici, o dei semplici oppositoridi una politica di battezzo preventivo che tende allamonopolizzazione della morale e del senso religioso;ed è vero che chi è battezzato può arrivare avivere la cosa «come un problema angosciante», nelsenso esatto di una minoranza che vive in senso opprimenteun’oggettiva pressione marginalizzante (laritrosia ad accettare le apostasie che le parrocchie alternanoalle scomuniche è un’altra spia rivelatrice).In tale senso la «crisi» a cui il rito deve rispondereè tanto più corale, collettiva, sociale: siamo dunquea mio avviso dentro la fenomenologia del rito– seppure in una concezione allargata del medesimo– anche solo nel vedere nello <strong>sbattezzo</strong> una conclusionederagliata del battesimo a monte (forse, nelnegare questo, bisognerebbe negare anche la causaper cui lo <strong>sbattezzo</strong> si propone come rimedio); esiamo anche dentro la produzione di un valore nonretorico, ma performativo, che si traduce nel sostegnoa una visione laica della società (lo <strong>sbattezzo</strong>sottrae numeri e consenso simbolico alla pretesa dimonopolio sulle anime che si traduce in pressionipolitiche e mani morte economiche).Ma anche se così non fosse, come anche appuntavaRaffeale Carcano, riguardo alle definizioni tuttodipende dai confini applicativi di quella che siadotta. Ogni elemento teorico nell’edificio del sapereè sempre un ritaglio sulla realtà, che in partecontribuisce a modellare nella mente di chi usa tale«lente»; di conseguenza, questo ritaglio è sempre ilrisultato di una comunità che lo discute e accetta, emai un concetto universale. In questo senso lo <strong>sbattezzo</strong>eccede una definizione univoca.Mi concentrerei dunque sulla lettura dello <strong>sbattezzo</strong>come problema retorico offerta da Alessandro.Come è possibile – ed è auspicabile? – trasformareun gesto che soffre del riduzionismo che si riservaa un fatto «curioso» in un vero fenomeno di massa,e ugualmente evitare di parlare «alla pancia» primaancora che al cervello?VI - Alessandro LiseGrossolanamente, quando si parla di <strong>sbattezzo</strong>, lepersone si dividono in due macro gruppi: i convinti e inon-convincibili. Dei primi fanno parte tutti quelli6www.gorgonmagazine.com


Agones ~ Belligeranze policefaleper cui lo <strong>sbattezzo</strong> ha un senso, e non parlo solodegli atei, dei non credenti o <strong>delle</strong> persone irritatedalla chiesa come istituzione – quelle persone cioèche si sono sbattezzate, stanno per farlo oppureprendono in considerazione l’idea di farlo – maanche di tutti quei cattolici che vedono di volta involta la questione o come il rifiuto di un dono o,minoritariamente, come una scelta (sbagliata) malegittima (ma comunque sbagliata).Gli altri, e sono i più, sono tutti quelli che noncapiscono il senso di questo gesto. E non solo nonlo capiscono, ma ne sminuiscono la portata: da unlato perché, dicono, lo <strong>sbattezzo</strong> nel suo tentativodi svincolare l’individuo dalla chiesa di fatto legittimail battesimo come forma simbolica (e quindi,paradossalmente, sbattezzandosi si dimostra dicredere che il battesimo ha una sacralità), dall’altro,penso io, perché sotto sotto il battesimo perloro (non per tutti, of course), ha un residuo identitario– familiare – non del tutto esprimibile, quasiche lo <strong>sbattezzo</strong> fosse una forma di violenza.Apro una parentesi, e chiedo scusa se parlerò di cosegià note. Secondo il linguista americano George Lakoffil nostro sistema cognitivo è organizzato secondoframes, o cornici, che si strutturano su sistemi linguisticicoerenti tra di loro. Ad esempio, dice Lakoff,se dico «non pensate all’elefante» non solo sarà inevitabilepensarci, ma il nostro cervello attiverà tutta unaserie di termini e di situazioni correlate.Ecco: a mio parere per i non-convincibili il discorso<strong>sbattezzo</strong> è ancora troppo collegato al framedella religione, quando piuttosto bisognerebbecercare di inserirlo nel contesto dei diritti e dellalibertà individuale.VII – Marco Menicocci<strong>Lo</strong> <strong>sbattezzo</strong> come richiesta di libertà: è il comunedenominatore offerto da Raffaele Carcano. Mi chiedo:il gesto in cui questa richiesta prende corpo è ungesto pubblico o privato? In effetti a chi è rivolto ilgesto, la richiesta di cancellazione? Naturalmente nonsi tratta di stabilire a chi è indirizzata la richiesta, ilparroco immagino, ma di stabilire questo: la richiesta,la cancellazione, davanti a chi è presentata?Davanti a chi vale la richiesta di <strong>sbattezzo</strong>?La struttura logica che inquadra la religione nellanostra cultura (il frame di Alessandro Lise) è ladialettica «sacro:profano=pubblico:privato».è questa una struttura che ha origine a Roma anteriormenteal cristianesimo e nella quale il cristianesimosi è calato completamente.Nel tempo i significati di questa dialettica si sononaturalmente trasformati e il suo senso nel medio evochiaramente non è il senso di oggi. Bene: oggi abbiamoun diritto pubblico e un diritto privato. Larichiesta a quale dei due ambiti attiene? Non al dirittopubblico, poiché la richiesta è fuori dagli interessipubblici, o da rapporti con ciò che è «di tutti»,regolati da questo diritto. Al diritto privato, allora?Nemmeno, poiché non agisce su interessi intersoggettivi,né garantisce nei confronti di altri un diritto(nel senso di ius) individuale. Certo, una richiesta dilibertà, si era detto, ma una richiesta che non ha effettigiuridici. Si potrebbe pensare ad una richiestanei termini del diritto canonico, ma in questo caso sientra nel rapporto sacro-profano che è tutto internoalla religione: come notava Lise, si finisce per restarenel recinto di ciò che si vuole contestare.« Per i non-convincibili il discorso<strong>sbattezzo</strong> è ancora troppo collegato alframe della religione? Non bisognerebbepiuttosto cercare di inserirlo nel contestodei diritti e della libertà individuale? »Questo non vuol dire che la richiesta sia inutile, cimancherebbe. Ad esempio, al livello politico, o percostruire una massa influente. Ma non stiamo discutendodei valori della laicità, stiamo discutendodi un gesto che assume la forma di una richiestascritta. E questo mi fa pensare al valore attribuito(questa, sì, una sorta di ritualità) alle dichiarazioniscritte, alla carta bollata.Non ho mai visto una richiesta di <strong>sbattezzo</strong> mala immagino scritta con tutta l’attenzione al rispetto<strong>delle</strong> regole formali. Una sorta di imitazione dellaforma rituale giuridica (in occidente i solititi chehanno un valore pubblico sono quelli giuridici:si pensi alla «documentazione di rito» per essereassunti) che però è fuori da entrambi i campi diazione della struttura pubblico:privato. Resta unadichiarazione «pubblica» nel senso di «pubblicizzata»(e nemmeno in tutti i casi: sorprendente chealcuni chiedano al parroco di tenere «privata» lanuova condizione) ma che non ha effetti pratici nelsenso di effetti giuridici.7Benoît Carbone, Càrcano, Lise, Menicocci ~ <strong>Lo</strong> <strong>sbattezzo</strong> <strong>delle</strong> <strong>masse</strong>


Quelli giuridici non sono i soli effetti, ovviamente,ma allora perché sforzarsi di dare alla cosa propriouna veste giuridica? Resta la possibilità di unavalorizzazione, ad esempio, politica. Ma se così,occorre ammettere che il valore del gesto è puramenteretorico.VIII – Raffaele CarcanoInizialmente la lettera dello <strong>sbattezzo</strong> non aveva alcunaconnotazione giuridica. Proprio per questo motivo,però, i parroci non rispondevano quasi mai allerichieste che ricevevano.Solo nel momento in cui è stato creato un modulocon una formale veste legale, e il Garante della privacyha sancito la legittimità di queste richieste, i parroci e ivescovi hanno cominciato a dar loro corso.Va anche osservato che il facsimile messo a disposizionedall’UAAR è una traccia che contiene gli elementiindispensabili per il suo accoglimento, ma nullaosta a integrarlo con altre considerazioni.C’è chi lo fa, e c’è chi in tal modo ha addirittura avviatouna relazione epistolare con il proprio (ex) vescovo.Certo, quasi tutti seguono pedissequamente il facsimile,e sarebbe fatica improba stabilire se sia una conseguenzadella latente diffidenza verso la possibilità chela richiesta sia accolta, o di una sorta di «conformismodell’anticonformismo».Non so cosa ne avrebbe scritto Dario Sabbatucci,ma mi piace pensare che, di fronte a continue ingerenzedella sfera religiosa nella sfera privata e in quellapubblica, si sia individuato, quasi per reazione, unmeccanismo in cui la sfera privata e quella pubblicacooperano per «invadere» quella religiosa. Caratteristicadello <strong>sbattezzo</strong> è, infatti, quella di essere unmeccanismo giuridico (pertinente pertanto alla sferapubblica), attivato per proteggere la sfera privata(nel senso più intimo del termine: la privacy), cheha come effetto quello di avere ricadute religiose, siateologiche, sia canoniche.Dal punto di vista religioso lo <strong>sbattezzo</strong> si configuracome actus formalis defectionis ab Ecclesia catholica.Le gerarchie ecclesiastiche non sono affatto d’accordosul momento in cui scatterebbe la scomunicalatae sententiae, prevista per il delitto di apostasia.Secondo alcuni questo avverrebbe nel momentostesso in cui il fedele compie un’azione in totaledisaccordo con la fede cristiana – per esempio,l’iscrizione a un’associazione atea.Per altri la scomunica scatterebbe nel momentodell’invio della richiesta di <strong>sbattezzo</strong>. Per altri ancora– tra cui il Pontificio Consiglio per i testi legislativi –solo dopo che la diocesi ha contattato lo sbattezzandoper fargli comprendere le conseguenze canonichedella sua richiesta.Ancora più interessante è la reazione dei credentidi fronti agli sbattezzati che fanno coming out: generalmenteconsiderano la scelta un’autentica dissacrazione,dando così un’interpretazione che è invece sostanzialmenteestranea alle gerarchie ecclesiastiche.IX – Marco Benoît CarboneTrovo che la dimensione non solo individuale, ma prettamentesociale dello <strong>sbattezzo</strong>, bene esplicitata nelcorso degli ultimi interventi, definisca in modo crucialequesta pratica, e che il gesto di autodeterminazione,oltre ai significati religiosi e intellettuali che implica eagli aspetti rituali di cui può ammantarsi, non sia banalmenteisolabile dalle sue conseguenze pubbliche, eanzi non possa essere compreso altrimenti.Per cui è sensato inquadrare lo <strong>sbattezzo</strong> comepertinente per la libertà dell’individuo, ma non si dovrebbedimenticare il frame sociale, pubblico, morale,religioso, che è appunto il contesto di quei diritti,oltre che lo sfondo <strong>delle</strong> storie – personali ma dalleimplicazioni pubbliche – di battezzati e sbattezzati.Al costo di risultare tedioso, e senza pretesa chequanti scrivono facciano altrettanto, vorrei ricorrerealla mia storia personale per illustrare le mie convinzioni.«Se la scelta dello <strong>sbattezzo</strong> implicaun'autodeterminazione, come può questadecisione, in un paese come l'Italia, essere"ritualmente neutra", e attuarsi senzaripercussioni emotive, sociali e familiari? »Ho avuto la fortuna di crescere in una famigliache pur aderendo formalmente e nel suo complessoal costume sociale e religioso dominante nella miacittà natale – chiesa, battesimo e comunione inclusa– non ha mai esercitato su di me una pressionein tal senso, lasciandomi sostanzialmente del tutto8www.gorgonmagazine.com


Agones ~ Belligeranze policefalelibero di pensare; così nel mio caso la diffidenzanei confronti della chiesa ha iniziato a crescere inmaniera spontanea, dal catechismo per la prima comunionefino al crescente dispiacere nel frequentarela parrocchia e la chiesa e all’aperta consapevolezzae dichiarazione, negli anni del ginnasio inferiore, dinon avere più alcuna voglia neppure di visitarle.« Se lo <strong>sbattezzo</strong> è percepito dal cattolicocome un "errore", la vera dissacrazionedi questo gesto non è tanto sbattezzarsi oessere sbattezzato quanto lo scandalo diparlarne scopertamente? »Mentre scrivo queste righe sono ancora battezzato,perché fino a qualche tempo fa ho ritenuto che lamia non adesione al cristianesimo fosse implicita nellamia scelta precoce e autonoma e potesse permettersiil lusso della superiore noncuranza. Ma mi sbagliavo.Perché anche se la mia coscienza non è adombratadalla dottrina della chiesa, il mio nome iscritto suun registro viene usato coma un’arma statistica perintervenire nei fatti pubblici con la percezione e produzionedi una maggioranza silenziosa.Rispetto a questa maggioranza falsata, la vera sceltadello <strong>sbattezzo</strong> implica un’autodeterminazione, eil suo contraltare implica appunto che il gesto nonpossa essere ritualmente neutro, senza ripercussioniemotive, sociali, familiari. Il battesimo, in un paesecome l’Italia e specialmente in determinati contesti,ha una sacralità sociale, non solo dottrinale; violarloè violare l’ordine dottrinale come quello simbolico epolitico in seno alla comunità, contraddicendo valoridi aderenza dati per scontati: l’apostasia non è indolore,e posso ben immaginare la complessità casi disbattezzati cresciuti in contesti religiosamente moltopiù opprimenti della mia famiglia.Per questo concordo: è una contraddizione pensareche non si debba parlare di <strong>sbattezzo</strong> per nonlegittimare il battesimo. Chi ha a cuore la libertàindividuale ha capito che è inutile sperare che chiudendogli occhi e aspettando l’ingerenza della culturacattolica sulle scelte di tutti allenti la morsa, e cheinvece è necessario operare sul piano sociale per contrastarlae ridimensionarne le presunzioni. Se tutta lamassa di non praticanti, indecisi o pigri prendesserocoscienza reale della coerenza del loro rapportocon l’istituzione chiesa, questa vedrebbe sottrattauna enorme percentuale dei battezzati, e con essala pretesa di rappresentare una subdola e pervasivamaggioranza moralista, che utilizza il cristianesimoin maniera più papista del papa nel rapportarsi coni fatti della vita: in parlamento, nell’editoria, nelsistema dell’informazione, nell’opinione pubblica.Penso incidentalmente che lo <strong>sbattezzo</strong> vada anzi afavore di una chiesa per soli volontari, adatta ai tempi,meno anacronistica, in cui al fedele sia lasciatala scelta in età di piena coscienza e alla luce di ogniargomento contrario.X - Alessandro LiseHa ragione Raffaele Carcano: alcuni credenti consideranola scelta di sbattezzarsi un’autentica dissacrazione.Non solo lo <strong>sbattezzo</strong> come gesto: anche lapossibilità di parlarne.Mi è successo più volte di subire, nei discorsi,la censura di chi non volesse sentire ragioni, perchéil «dono» che si riceve attraverso il battesimo nonsi deve restituire.In qualche modo, vengo più accettato io, che nonsono battezzato, piuttosto che Alberto, il mio collegadisegnatore [coautore insieme a Lise del libroQuasi quasi mi <strong>sbattezzo</strong>, Becco Giallo, Padova 2009,N.d.r.], che si è permesso di uscire dalla Chiesa – e quindiha fatto una scelta consapevole di rifiuto. è forseinfatti questa consapevolezza a essere problematica,perché dal cattolico viene percepita senz’altro comeun errore. Di più: mi sembra che la vera dissacrazionenon sia tanto sbattezzarsi, o l’essersi sbattezzato,quanto piuttosto parlarne scopertamente.Gioca di sicuro in questo il termine <strong>sbattezzo</strong>,con quella «s» sgraziata che nega; ma anche un’ideacomune nel nostro paese, quella per la quale tutto sipuò fare, a patto di farla di nascosto. Cioè: tutto vabene se si mantiene una superficie di normalità. Doveperò, questa normalità artificiale e ipocrita ha sostanzialmentecongelato tutta la vita civile.Concordo anche con Marco quando afferma chelo <strong>sbattezzo</strong> è un atto individuale che ha valore e forzaquando diventa sociale e di massa: non solo nellasua componente, per così dire, negativa – il segnalepolitico verso le istituzioni, il tirarsi fuori per nonvenir conteggiato – ma anche nella sua parte propositiva,quella che presuppone un battesimo consapevolee una Chiesa che, possibilmente, non segua (solo) vo-9Benoît Carbone, Càrcano, Lise, Menicocci ~ <strong>Lo</strong> <strong>sbattezzo</strong> <strong>delle</strong> <strong>masse</strong>


cazioni di potere e controllo.. La questione, insisto, èretorica, perché non è scontato riuscire a comunicarequeste idee, che mi sembrano di buon senso, a personeche il buon senso l’hanno perso, non l’hanno maiavuto o lo utilizzano solo quando gli fa comodo.XI - Marco MenicocciIn un modo o nell’altro, tiri o meno acqua lo <strong>sbattezzo</strong>al campo del battesimo, mi sembra di constatarecome sia inevitabile per tutti noi utilizzarele categorie cristiane per discutere. Il che dimostra– a mio avviso – quanto tutti noi, al di là <strong>delle</strong>scelte religiose, si sia sostanzialmente cristiani.Siamo cristiani persino nel momento in cui cerchiamodi non esserlo più. Il logos occidentale è illogos cristiano e per quanto si siano cercate stradealternative – da Nietzsche sino a Löwitt, passandoper Heidegger – si finisce sempre per restareall’interno di questo discorso. Forse è possibilepensare che la dissoluzione del cristianesimo comereligione sia l’esito (o almeno: un esito) possibiledel cristianesimo come cultura [N.d.R.: a propositodel complesso e controverso tema del cristianesimo nella storiadel pensiero occidentale, e in particolare in riferimento alla filosofiadi F. Nietzsche, segnaliamo quanto meno: Oddifreddi,P., Perché non possiamo essere cristiani, <strong>Lo</strong>nganesi,Milano 2007, e Gentili, C., Nietzsche, Il Mulino, Bologna2001].Per questo mi sembra che lo <strong>sbattezzo</strong>, fermorestando il diritto di tutti a rivendicare in qualsiasimodo legittimo i propri diritti, sia validoforse come dichiarazione di principio, come manifestazionedi intenti, come presa di posizioneideologica o come atto politico ma sia povero dicapacità di creatività in termini di valori. Non producealternative e resta all’interno di ciò che vuolecontestare. Forse è esagerato dire che possa addiritturarafforzare il ruolo dell’istituzione Chiesama dubiterei che sia davvero capace di produrremodificazioni.Noto come nei vari interventi si sia rilevato losconcerto di molti a fronte di una simile scelta.Ecco, può darsi che si tratti di gente non abituataa usare il buon senso o altro. Però è anche possibileche questo sconcerto derivi dalla sorpresa a frontedi una scelta sentita come sterilmente paradossale.Se fossi tra quelli interessati alla cosa questo dubbiome lo porrei.XII – Raffaele CarcanoChe lo <strong>sbattezzo</strong> crei sconcerto – o, ancor più, chesia possibile creare sconcerto attraverso lo <strong>sbattezzo</strong>– è fuor di dubbio. Il modo stesso in cui questotema viene trattato dai massa media è esemplificativo:silenzio di tomba, o quasi, in Italia, attenzionefors’anche esagerata all’estero.Come ho già scritto, c’è chi si appende la rispostadel parroco in salotto: per questi sbattezzati ilsignificato dello <strong>sbattezzo</strong> risiede, probabilmente,proprio nella sua capacità di creare sconcerto.Non è escluso che qualche vip (o aspirante tale),un giorno di questi, non scelga di sbattezzarsi percercare di trovare spazio nella cronaca rosa. Personalmente,nonostante i miei incarichi associativi epur avendoci scritto un libro sopra, non sono diquelli che va in giro a dire al primo che passa chesi è sbattezzato: l’ho fatto per ragioni di coerenza(così come mi sono dimesso molti anni fa da unpartito) ma la vedo soltanto come una «semplice»,addirittura «naturale» conseguenza dell’aver fattemie posizioni ateistiche.« Se lo <strong>sbattezzo</strong> è una battaglia dilibertà, è possibile utilizzare la reazionedi un interlocutore di fronte ad essocome una cartina di tornasole dellatolleranza ? »Il problema, non di poco conto, è semmai farcomprendere come vi sia una reale pluralità di significatidati alla propria decisione di sbattezzarsi.È possibile utilizzare la reazione avuta di fronte auno sbattezzato «confesso» come una buona cartinadi tornasole del livello di tolleranza di quella persona:non certo per quanto riguarda la reazione a caldo,la sorpresa o meno (inevitabilmente condizionate datanti aspetti, come il grado di conoscenza dell’interlocutoree del fenomeno), ma per quanto riguarda lareazione a freddo, il giudizio ponderato (o che dovrebbeessere tale), che dovrebbe quantomeno riconoscereil diritto di poter abbandonare formalmenteun’organizzazione di cui non vuole più far parte.Ancora oggi, nel nostro paese, questo tipo di reazioneè minoritaria, e ciò dimostra come lo <strong>sbattezzo</strong>sia ancora, essenzialmente, una battaglia di libertà.10www.gorgonmagazine.com


CULTURA POLIMORFAgorgòn è una rivista di critiche, arti, letterature,miti e mitologie, culture e antropologie, sacro e profano,stili di vita estremi ed oscuri, feste e costumi, ludismi eluddismi, tempo e anacronismi, titanismi e satanismi.gorgòn è l’incontro tra la critica, l’arte e leculture estreme, lo scontro tra la vita e il sapere, ilparadosso tra il presente e l’inattualità. gorgònè la decollazione dei totalitarismi e dei fanatismi,<strong>delle</strong> teocrazie e <strong>delle</strong> imbecillità.gorgòn non è il regno degliultimi, né quello dei falsi liberi.NUTRI GORGòNgorgòn è un monstrum famelico, dal palato estesoma esigente. Si nutre di qualunque forma espressivae di pensiero, creativa o teorica, di ibridazioni e sinestesie.Predilige sapori forti e associazioni audaci.La pubblicazione <strong>delle</strong> opere è prevista, a discrezionedegli autori, non solo sulle pagine informatichee cartacee della rivista, ma su quelle di reti socialicome Facebook, MySpace, Deviant Art e altre comunitàdella Rete.www.gorgonmagazine.comwww.myspace.com/gorgonmagazinewww.anobii.com/gorgonmagazinewww.issuu.com/gorgonmagazinesu facebook cerca: gorgòn


« Scorrea nel mezzo la Discordia, eseco era il Tumulto e la terribil ParcaChe un vivo già ferito e un altro illesoartiglia colla dritta, e un morto afferraNe’ pie’ coll’altra, e per la strage il tira »~ Iliade, Libro xviii ~www.gorgonmagazine.com

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!