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Dicembre 2006 - Ordine dei Medici di Bologna

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magna ha deliberato durante il proprio congresso del 30.09.06 <strong>di</strong> aderire al Documento <strong>di</strong> Consensosulle <strong>Me<strong>di</strong>ci</strong>ne Non Convenzionali in Italia e <strong>di</strong> entrare a far parte del Comitato Permanente<strong>di</strong> Consenso e Coor<strong>di</strong>namento per le <strong>Me<strong>di</strong>ci</strong>ne Non Convenzionali in Italia.A rappresentare Citta<strong>di</strong>nanzAttiva-Tribunale per i Diritti del Malato sarà la segretaria regionaleSig.ra Adriana Gelmini o il Coor<strong>di</strong>natore Regionale del TDM.* * *Dott. Paolo Roberti <strong>di</strong> SarsinaEmicrania: il neurologo ‘apre’ a terapie dolci in casi lieviMilano, 7 novembre 206Guardate con <strong>di</strong>ffidenza e scetticismo dalla me<strong>di</strong>cina tra<strong>di</strong>zionale, le terapie dolci “possono essereutili nei casi lievi <strong>di</strong> emicrania”. L'importante apertura alla grande famiglia delle me<strong>di</strong>cine alternativearriva da Lorenzo Pinessi, or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Neurologia dell’Università <strong>di</strong> Torino e <strong>di</strong>rettoredel Centro cefalee dell’ospedale Le Molinette, nel corso della presentazione oggi a Milano del“Migraine Day”, in programma il 18 novembre ad Alba. ( ... )* * *La storia del paziente vale quanto la cartella clinicaMal/Adnkronos SaluteRaccontare una storia, saperla ascoltare, saperne godere sono momenti fondamentali della comunicazione;parlare aiuta a conoscere le persone e a saper leggere anche tra le modulazioni deltono <strong>di</strong> voce.“Mi racconti come sta”, chiedeva un tempo il me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> famiglia. Oggi, spesso, si saltano i convenevolie, cartella clinica alla mano, si va dritti alla ra<strong>di</strong>ce funzionale del problema. Ma le storie, glianeddoti che riguardano i pazienti sono altrettanto importanti delle loro analisi del sangue. RafaelCampo, professore <strong>di</strong> <strong>Me<strong>di</strong>ci</strong>na interna alla Harvard Me<strong>di</strong>cal School e al Beth Israel DeaconessMe<strong>di</strong>cal Center <strong>di</strong> Boston, lo riba<strong>di</strong>sce dalle pagine dell’ultimo numero <strong>di</strong> Plos <strong>Me<strong>di</strong>ci</strong>ne.Rafael Campo è uno <strong>dei</strong> sostenitori del programma “Me<strong>di</strong>cal Humanities”, un progetto in corso allaHarvard University in cui me<strong>di</strong>ci, infermieri, studenti in me<strong>di</strong>cina, pazienti, poeti, artisti, filosofisi sono confrontati sul tema della salute e della comunicazione tra me<strong>di</strong>co e paziente, cercando<strong>di</strong> capire come gestire l’umanità che sta <strong>di</strong>etro ad ogni in<strong>di</strong>viduo.Il tentativo è quello <strong>di</strong> uscire da un approccio riduzionista, per il quale si tende a trattare il pazientecome un insieme <strong>di</strong> organi o patologie e non come un corpo armonico. Il me<strong>di</strong>co dovrebbe riappropriarsidel tempo da de<strong>di</strong>care al paziente in modo che la sua professione si fon<strong>di</strong> sui singoli casinella loro globalità e non solo su dati statistici, risultato <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> clinici spesso anonimi.“Vi racconto cosa mi è successo con un paziente” dovrebbe essere ancora uno <strong>dei</strong> momenti più importantidella vita quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>co, sostiene Campo. Sembra che la partita si giochi intornoalla <strong>di</strong>cotomia che da sempre esiste tra la cultura scientifica e quella umanistica; ma forse c’èanche qualcosa <strong>di</strong> più: forse i me<strong>di</strong>ci, negli ultimi decenni, hanno dato più importanza alla propriaformazione come scienziati finendo per ritrovarsi impreparati al confronto <strong>di</strong>retto con un altro uomo,il paziente. La me<strong>di</strong>cina oggi si scontra sempre più spesso con l’esigenza <strong>di</strong> rigore tipicadella scienza e l’imponderabilità che viene dal fatto <strong>di</strong> doversi prendere cura <strong>di</strong> persone.Fonte: Campo R., “Anecdotal evidence”: why narratives matter to me<strong>di</strong>cal practice. “Plos <strong>Me<strong>di</strong>ci</strong>ne”<strong>2006</strong>; 3: pp 1677-8A cura de Il Pensiero Scientifico E<strong>di</strong>toreBollettino Notiziario n° 12 <strong>di</strong>cembre <strong>2006</strong> • 17

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