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Dino Compagni e la sua cronica;

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XIV, XV, XV[; pag. 63-68. 143Lapo Arrighi. I notai scrittori furono ser Matteo Biliottie ser Pino daSigna. Tutte le parole dette si ridissono assai peggiori: onde tutta<strong>la</strong>congiura s' avacciò di ucciderlo;perchè temeano più 1' opere sue che lui.[XY.] I Grandi feciono loro consiglio in San Iacopo Oltrarno, equivi per tutti si disse che Giano fusse morto. Poi si.raunorono uno per 5casa; e fu il dicitore messer Berto Frescobaldi, e disse, « come i cani del» popolo aveano tolti loro gli onori e gli ufici; e non osavano entrare> in pa<strong>la</strong>gio: i loro piati non possono selli citare: se battiamo uno nostro> fante , siamo disfatti. E pertanto , signori , io consiglio che noi usciamo> di questa servitù. Prendiam 1' arme, e corriamo sul<strong>la</strong> piaza: uccidiamo 10> amici e nimici^ di popolo, quanti noi ne troviamo, si che già mai noi> né nostri figliuoli non siamo da loro soggiogati ».Appresso si levò messer Baldo del<strong>la</strong> Tosa, e disse: « Signori, il con-» sigilo del savio cavaliere è buono, se non fosse di troppo rischio; per-->che, se nostro pensiero venisse manco, noi saremo tutti morti: ma 16» vinciagli prima con ingegno, e scomuniagli con parole piatose, di-» cendo: I Ghibellini ci torranno <strong>la</strong> terra, e loro e noi cacceranno, e> che per Dio non <strong>la</strong>scino salire i Ghibellini in signoria: e cosi scomu-» nati, concianli per modo che mai più non si rilievino ». Il consigliodel cavaliere piacque a tutti; e ordinorono due per contrada, che 20avessono ad corrompere e scomunare il popolo, e a infamare Giano, etutti i potenti del popolo scostassono da lui per le ragion dette.[XVI.] Cosi dissimu<strong>la</strong>ndo i cittadini, <strong>la</strong> città era in gran discordia.Advenne che in quelli di messer Corso Donati, potente cavaliere, mandòalcuni fanti per fedire messer Simone Ga<strong>la</strong>strone suo consorto: e nel<strong>la</strong> 25zujffa uno vi fu morto e alcuni feriti.L' accusa si fé' da amendue le parti;e però si convenia procedere secondo gli Ordini del<strong>la</strong> Giustizia, inricevere le pruove e in punire. Il processo venne innanzi al podestà, chiamatomesser Gian di Lucine , lonbardo, nobile cavaliere e di gran sennoe bontà. Et ricevendo il processo uno suo giudice, e udendo i testimoni 50prodotti da amendue le parti, intese erano contro a messer Corso: fecescrivere ai notaio per lo contrario; per modo che messer Corso doveaesser assoluto, e messer Simone condannato. Onde il podestà, essendoingannato, prosciolse messere Corso, e condannò messer Simone. I cittadini,che intesone il fatto, stimorono 1' avesse fatto per pecunia, e che 35fosse nimico del popolo; e spezialmente gli adversari di messer Corsogridarono a una voce: « Muoia il podestà! Al fuoco, al fuoco! » I primi2. peggiore — 4. Santo — 7. e non s' osa- — 21. avessino a — e infamare — 22. scovanointrare — 8. sollecitare — 10. prendiamo stassino — ragioni — 24. Avvenne — 26.. fe-— in sul<strong>la</strong> Iiazza — 11. sicché — 12. siano diti — amendua — 28. avenne inanzi —— 13. Apresso — 14. fusse — 16. vincìalli— 31. amendua — 32-33. doveva essere — 36. avscomunialli— 19. concialli — 20. ordinorno versari — 37. gridorono —

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