Martin Lindstrom Neuromarketing. Attività cerebrale e ...

Martin Lindstrom Neuromarketing. Attività cerebrale e ... Martin Lindstrom Neuromarketing. Attività cerebrale e ...

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RECENSIONI&REPORTS recensioneproposte sarebbe più probabile trovare quella che rispondepienamente alle sue esigenze. Invece non è così. L’esperienzadimostra che spesso un’eccessiva varietà di prodotti disoriental’utente, conducendolo in alcuni casi a una rinuncia delladecisione stessa. «La nostra mente cognitiva – sostiene Lugli – hainfatti limiti di capacità elaborativa e vincoli di tempo; lascelta è pertanto realizzata in modo a‐razionale» (Lugli, p. 7).Le osservazioni neuropsicologiche, ampiamente descritte nellepagine di Neuroshopping, offrono una chiara convalida della tesifin qui esposta, dimostrando il ruolo tutt’altro che accessorioche le emozioni ricoprono nel corso della nostra vita. Esse ciaiuterebbero, infatti, a orientarci agevolmente nel mondo,attuando risposte rapide alla molteplicità di stimoli che civengono incontro. Tali risposte troverebbero soltanto in unsecondo momento una legittimazione logica da parte della nostramente cognitiva. Ne deriva, quindi, che «più che razionali siamodei razionalizzatori» (ibid., p. 39).Le conclusioni cui ha condotto l’indagine pluridisciplinarecondotta da Lugli si riflettono anche sul piano operativo,conducendo l’autore a proporre soluzioni innovative all’internodel marketing distributivo e a delineare una nuova forma disegmentazione della clientela, non più fondata sulla enormevarietà dei comportamenti effettivi dei consumatori, raccolta eanalizzata mediante le tradizionali ricerche di marketing, bensìtenendo conto degli eventuali aspetti neuropsicologici chepotrebbero intervenire in maniera decisiva nelle scelte d’acquistodelle persone (cfr. ibid., p. 153). Tale differenziazioneconsentirebbe di porre in atto strategie di vendita di successo,in grado, cioè, di «spingere il consumatore ad aumentare i suoiacquisti nel momento in cui entra in contatto con l’offertacommerciale» (ibid., p. 158).Gli scenari delineati da questa nuova disciplina hanno senzadubbio il potere di suscitare l’entusiasmo dei professionisti del218


S&F_n. 5_2011marketing, e una certa dose d’inquietudine in noi consumatori,lasciando intravedere l’idea che il pensiero umano possa essereconcepito come un meccanismo di cui sia possibile conoscere emanipolare gli ingranaggi in maniera efficace e, soprattutto,senza sprechi di risorse. A tal proposito Lugli, con un accentopiù deciso rispetto a <strong>Lindstrom</strong>, mette in guardia dal trarrefacili conclusioni. Prendendo le distanze da una visioneradicalmente deterministica della mente umana, l’autore ricordache gli esperimenti di neuroimaging sono effettuati in un contestodi laboratorio, prendendo in considerazione una variabile pervolta (ibid., p. 27). Essi, pertanto, non riescono a tener contodella complessa interazione che l’individuo intrattiene col suoambiente, la quale rende imprevedibile la sua azione. Per talemotivo, pur ricordando gli importanti contributi offerti da questonuovo campo di studi, Lugli invita a non assolutizzarne i metodi ei risultati (cfr. ibid., pp. 28‐29).Una completa introduzione al neuromarketing non può non tenerconto delle responsabilità etiche che col suo sviluppo taledisciplina prospetta. I nostri autori mostrano di essernepienamente consapevoli, confrontandosi, all’interno dellerispettive opere, con le numerose preoccupazioni che questa nuovaarea di ricerca inevitabilmente suscita. Ambedue fanno riferimentoin particolar modo alle perplessità esposte dal Commercial Alert,un’organizzazione no‐profit che si propone il fine di tutelare iconsumatori da eventuali abusi nelle iniziative commerciali. Sindal 2004, tale organizzazione ha avviato numerose iniziative voltea sensibilizzare l’opinione pubblica circa gli esiti negativi cheil neuromarketing potrebbe comportare nell’ambito della salutepubblica, della propaganda politica e del costume sociale(http://www.commercialalert.org/issues/culture/neuromarketing/commercial‐alert‐asks‐senate‐commerce‐committee‐to‐investigateneuromarketing).219


RECENSIONI&REPORTS recensionePur riconoscendo la necessità di procedere con cautela, sia<strong>Lindstrom</strong> sia Lugli ritengono eccessive le preoccupazionisopraelencate. In particolare, entrambi pongono l’accento sulfatto che il neuromarketing non è che uno strumento. In quantotale esso non è pericoloso in sé. Tutto dipende dall’uso che se nefa. Ad avvalorare tale posizione viene ricordato come, attraversouno dei suoi primi studi effettuati con le tecniche di scansione<strong>cerebrale</strong>, <strong>Lindstrom</strong> abbia dimostrato l’inefficacia delleetichette dissuasive presenti sulle confezioni di sigarette,offrendo in tal modo il proprio contributo all’interesse deiconsumatori (Lugli, p. 25; <strong>Lindstrom</strong>, pp. 4‐5 e p. 22). Se,dunque, da un lato il neuromarketing si presenta come un potentestrumento di persuasione, dall’altro lato, sottolinea inparticolar modo <strong>Lindstrom</strong>, esso può rivelarsi una forma diconoscenza utile affinché le persone possano tutelarsi piùagevolmente dalle insidie del marketing. L’autore danese sostiene,infatti, che «capendo meglio il nostro comportamento irrazionale[…] avremo in realtà più controllo, non meno» (M. <strong>Lindstrom</strong>, p.5).Le condivisibili considerazioni degli autori non distolgono,naturalmente, dalla necessità di alimentare un dibattito eticointorno al neuromarketing. La neutralità di tale strumento,infatti, non esclude, ma, al contrario, porta sempre con sé lapossibilità di un suo uso improprio. Lo stesso <strong>Lindstrom</strong> dichiarache «come ogni nuova tecnologia, il neuromarketing porta con sé ilrischio di abusi» (ibid., p. 4) ed è in relazione a taleprospettiva che trova una sua legittimazione l’auspicio che glisviluppi e i risultati di tale attività di ricerca siano soggettia una costante attenzione e a una regolamentazione volta atutelare le fasce più deboli e incaute della popolazione deiconsumatori.ANNA BALDINI220

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