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#documenti#fede#Testimoni digitali - Relazioni del convegno

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Testimoni <strong>digitali</strong>Volti e linguaggi nell’era crossmedialeanche antidemocratici. Esse mettono a rischio le nostre capacità di giudicare le affermazioni deglialtri e di fidarci”.Una risposta comune a questo fenomeno è che le persone si rivolgono soltanto a fonti di informazionee opinione che ritengono degne di fiducia. Questo è un approccio naturale e comprensibile,ma non privo di rischi. Spesso il giudizio sull’affidabilità <strong>del</strong>le fonti è radicato nella visione prestabilitache ciascuno ha <strong>del</strong> mondo e serve soltanto a confermare le persone nelle proprie opinioni, invecedi condurre ad una vera ricerca <strong>del</strong>la verità e <strong>del</strong>la comprensione.Nell’agone politico, c’è il rischio che le persone vogliano avere a che fare soltanto con i media chesanno essere a favore dei loro particolari punti di vista e non si esporranno a posizioni alternative oa un dibattito o una discussione ragionata. Questo creerà, a sua volta, forme di politica sempre piùpolarizzate e provocatorie, all’interno <strong>del</strong>le quali c’è poco spazio per le voci <strong>del</strong>la moderazione o<strong>del</strong> consenso. Un fenomeno analogo sta emergendo nel mondo dei media cattolici, specialmentenella blogosfera, dove spesso i protagonisti non ritengono sufficiente proporre i propri punti di vistae le proprie convinzioni, ma tendono anche ad attaccare le argomentazioni di chi non è d’accordocon loro, e perfino la persona. E’ naturale che i dibattiti sulla fede e sulla morale siano pieni di convinzionee di passione, ma c’è il rischio crescente che alcune forme di espressione stiano danneggiandol’unità <strong>del</strong>la Chiesa ed è inoltre improbabile che queste creino, nei curiosi e nelle persone inricerca, un desiderio di conoscere meglio la Chiesa e il suo messaggio.Una particolare sfida alla possibilità che i nuovi media servano da canali di dialogo e di crescita nellacomprensione reciproca tra le persone è che la straordinaria gamma di parole e di immagini generateda questi media, la velocità con cui esse sono prodotte e l’esistenza di un flusso costante di notiziee di informazioni significa che c’è molto poco spazio e tempo per un impegno ponderato e alungo termine e che esiste il reale pericolo che il nostro discorso culturale cada nella superficialità.L’arcivescovo americano Charles Chaput ha espresso succintamente questo rischio:“I media visivi ed elettronici, i media dominanti di oggi, hanno bisogno di un certo tipo dicontenuti. Essi prosperano nella brevità, nella velocità, nel cambiamento, nell’urgenza,nella varietà e nelle sensazioni. Ma il pensiero ha bisogno <strong>del</strong> contrario. Il pensiero ha bisognodi tempo. Ha bisogno di silenzio e <strong>del</strong>le capacità metodiche <strong>del</strong>la logica”.La graduale scomparsa <strong>del</strong> confine tra la fornitura di informazioni e l’intrattenimento testimonia econtribuisce ulteriormente alla scomparsa <strong>del</strong>l’appetito sociale per un serio impegno verso le questioniimportanti. L’attenzione dei media può anche essere molto volubile e una questione apparentementeurgente viene abbandonata non appena si pensa che un’altra possa più facilmente attirare ilpubblico. E’ soltanto un caso che la concentrazione <strong>del</strong>l’attenzione dei media sulle proteste in Irandopo le elezioni presidenziali di giugno e la conseguente presa di coscienza e preoccupazione <strong>del</strong>pubblico sembrino essersi esaurite quando è morto Michael Jackson? La necessità di lavorare sullemutevoli condizioni culturali trovando un “nuovo linguaggio” non è nuova per le persone di fede.Durante tutta la sua storia, la Chiesa ha imparato a proclamare il messaggio invariato di Cristo connuovi idiomi e in modi che rispondono a contesti culturali diversi.La Chiesa è “poliglotta” da molto tempo. Il nuovo linguaggio, che essa deve conoscere bene per poteressere presente nel nuovo forum di idee e di informazioni, affiancherà gli altri linguaggi <strong>del</strong>lasua tradizione. Coloro che si preoccupano che il linguaggio <strong>del</strong>la cultura digitale sia eccessivamentebanale o effimero per tradurre la profondità <strong>del</strong> messaggio cristiano devono tenere presente che nonsi tratta di un linguaggio che andrà a sostituire il linguaggio preciso <strong>del</strong> dogma e <strong>del</strong>la teologia o ilricco linguaggio <strong>del</strong>l’omiletica o <strong>del</strong>la liturgia, ma servirà invece a stabilire un punto iniziale di contattocon coloro che sono lontani dalla fede. Coloro che rispondono a questo contatto iniziale sarannoinvitati a forme più profonde di impegno, dove apprenderanno questi altri linguaggi nel loro contestoappropriato. Il Rabbino Capo <strong>del</strong>la Gran Bretagna, Jonathan Sacks, fa una distinzione istruttivatra il linguaggio <strong>del</strong> “broadcasting”, il cui scopo è quello di attirare il pubblico in generale, e22-24 aprile 2010 70

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