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#documenti#fede#Testimoni digitali - Relazioni del convegno

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Testimoni <strong>digitali</strong>Volti e linguaggi nell’era crossmediale3. C’è poi anche una terza immagine, assai interessante e realistica, per quanto forse sgradevole.L’ambiente mediatico, dice ancora Silverstone, è un “campo di tensioni”, un campo di lotte e diconflitti. In una parola, ci piaccia o no, è un campo di battaglia. Un campo in cui si scontrano e sicontrappongono grandi gruppi economici, politici ed editoriali, in cui vi è una lotta accanita perconquistare i consumatori e gli elettori, dove si ritagliano un loro spazio anche posizioni estremistichee violente (che promuovono l’odio in rete). Molto più che in passato, i media sono diventatidunque un gigantesco campo di battaglia per conquistare consumatori, per la propaganda politica,per l’affermazione di ideologie. E ognuno cerca di allargare il proprio spazio, il proprio dominio.Questo campo è anche ricco di “voci alternative, di minoranze, e di azioni individuali”, che trovanonelle nuove tecnologie una importante opportunità di azione e di espressione: pensiamo ad esempioa tutta la ricchezza dei cosiddetti media non mainstream o alle esperienze <strong>del</strong> citizen journalism(queste esperienze sono importanti, anche se presentano molti limiti, vedi Gaggi e Bardazzi). Contutto questo, però, non tutti possono scendere in campo, perché non tutti hanno le risorse economiche,tecnologiche e le competenze per accedervi. E comunque, la grandissima maggioranza di quelliche vi accedono restano presenze <strong>del</strong> tutto marginali, irrilevanti e insignificanti, come rivela impietosamente,ma realisticamente, il titolo <strong>del</strong> libro di Lovink, Zero Comments. Sei in rete, ma è comenon ci fossi perché nessuno di accorge di te e non hai la forza per importi, per “farti vedere”.Anche questa terza immagine ha <strong>del</strong>le implicazioni:a) Prima implicazione: l’ambiente mediatico è e resta un campo di interessi forti, aggressivi espesso non proprio benevoli verso la Chiesa e la fede cattolica. Per questo occorre presidiare ilterritorio mediatico, tenere la posizione, non farsi travolgere, individuando anche strategicamentei media più utili ed efficaci. Per questo è il campo in cui la Chiesa deve continuare a generaree rafforzare mezzi di comunicazione autoprodotta, cioè mezzi propri, ma anche deve cercare ilpiù possibile di influenzare la comunicazione eteroprodotta, cioè la comunicazione di altri soggettiperché parlino <strong>del</strong>la esperienza <strong>del</strong>la fede in modo non riduttivo o deformato. Questo è infattiun campo nel quale la Chiesa può ricevere, e ce ne stiamo accorgendo in questi mesi, <strong>del</strong>leferite terribili.b) C’è una seconda implicazione: questo è un campo attraversato dall’ingiustizia in cui alcunicombattono con i carri armati e altri con le fionde e a mani nude. Tutti noi sappiamo che cos’è ilknowlege divide, di cui il digital divide è un aspetto. E’ l’idea che c’è una conoscenza utile, checonta, che fa arricchire, che è motore <strong>del</strong>l’economia, di cui la competenza digitale è una partesignificativa (Petrella 2002). Questa conoscenza utile, questa conoscenza che è una risorsa importanteper la vita <strong>del</strong>le persone, <strong>del</strong>le famiglie e dei popoli, è distribuita in modo ineguale.Nell’enciclica Caritas in veritate, Benedetto XVI parla di una giustizia distributiva, ma nel casodei media, questa giustizia distributiva è anche una giustizia relazionale. Allora questo è uncampo privilegiato di una azione per la giustizia, e anche di una critica sociale, di cui i cristianidevono farsi protagonisti. Nell’enciclica il Papa parla di uno stretto rapporto tra ecologia ambientaleed ecologia <strong>del</strong>le relazioni umane, <strong>del</strong>le relazioni sociali. Esiste un rapporto altrettantostretto tra l’ecologia umana e sociale e l’ecologia dei media. Poiché ecologia umana ed ecologiadei media sono oggi due facce <strong>del</strong>la stessa realtà. La giustizia o l’ingiustizia nelle relazioni u-mane si rispecchia, si riverbera in quella <strong>del</strong>le relazioni comunicative e viceversa,l’inquinamento <strong>del</strong>le une produce l’inquinamento <strong>del</strong>le altre e la libertà e la trasparenza <strong>del</strong>leune interagisce e influenza quella <strong>del</strong>le altre. E la dignità <strong>del</strong>le persone riconosciuta in una sferasi ripercuote nell’altra.Un’ultima considerazione a conclusione di questo primo punto. Globalizzazione e nuovo ambientemediatico sono strettamente legati. La piazza è la piazza globale, ma globale è anche lo spazio <strong>del</strong>lacacofonia e il campo <strong>del</strong>le tensioni, il campo <strong>del</strong> conflitto per l’egemonia comunicativa.Ciò che caratterizza la globalizzazione non è solo il fatto che si crea una interdipendenza a livelloglobale dei sistemi giuridici, politici, economici e comunicativi, cioè il fatto di vivere in un unico22-24 aprile 2010 56

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