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#documenti#fede#Testimoni digitali - Relazioni del convegno

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Testimoni <strong>digitali</strong>Volti e linguaggi nell’era crossmedialeanche alla forza propositiva che esprimono, a partire dalla loro capacità di intessere nuove relazioni.Va qui riconosciuta la lungimiranza con la quale la Chiesa italiana ha saputo offrire alle diocesi unservizio di gestione dei contenuti web, mettendole in condizione di realizzare e di amministrare ilproprio sito (è l’esperienza assicurata dal SICEI). Va quindi incoraggiato il ruolo svoltodall’associazione dei Webmaster cattolici italiani (WeCa) quale punto di riferimento di chi operanel web con ispirazione cattolica.Alla preziosa azione formativa assicurata dalle Università cattoliche e pontificie, si è aggiunta quella<strong>del</strong> progetto ANICEC, specifico per animatori <strong>del</strong>la cultura e <strong>del</strong>la comunicazione, dove i percorsidi e-learning si completano con momenti residenziali. L’animazione <strong>del</strong>la comunicazione inchiave di evangelizzazione e di dialogo con la cultura ha trovato inoltre espressione – oltre che nellavoro svolto dalle associazioni e dalle aggregazioni cattoliche – anche nei forum e nei convegnipromossi dal Servizio per il progetto culturale: basti qui ricordare l’ultimo evento internazionale,Dio Oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto, svoltosi lo scorso dicembre, come anche propostequali la Settimana interdisciplinare su Bibbia e comunicazione o la Settimana <strong>del</strong>la comunicazione,nata dall’impegno <strong>del</strong>la famiglia Paolina, che rinnova il suo appuntamento a metà <strong>del</strong> prossimo mesedi maggio.Se queste iniziative sono rilevanti, l’ambito che ci sta maggiormente a cuore rimane comunquequello locale. È sul territorio che le nostre comunità si sono attivate – e voi ne siete espressione viva– per valorizzare la figura <strong>del</strong>l’animatore <strong>del</strong>la cultura e <strong>del</strong>la comunicazione, chiamato a muoversida un lato verso chi è già impegnato nella pastorale, al fine di aiutarlo ad inquadrare meglio il suooperato nel nuovo contesto socio-culturale dominato dai media, dall’altro nell’aprire nuovi percorsi,attraverso i quali raggiungere persone ed ambiti spesso periferici, quando non addirittura estraneialla vita <strong>del</strong>la Chiesa e alla sua missione12. La presenza di mezzi di comunicazione promossi esplicitamentedalla comunità ecclesiale non deve, infatti, essere intesa in alternativa ad un impegno neglialtri media, con i quali, anzi, si avverte l’esigenza di intensificare il dialogo e la collaborazione.È proprio su quest’ultimo versante che le tecnologie <strong>digitali</strong> rappresentano una nuova opportunità,che intendiamo abitare con la nostra testimonianza: senza lasciarci contagiare da inutili paure, perrenderci invece disponibili ad incontrare chiunque sia nella condizione di ricerca, anzi – come dicePapa Benedetto XVI – «procurando di tenere desta la ricerca come primo passo<strong>del</strong>l’evangelizzazione. Una pastorale nel mondo digitale, infatti, è chiamata a tener conto anche diquanti non credono, sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche».Con l’eccedenza <strong>del</strong> Vangelo«Conoscevo dalla mia infanzia quella valigetta di pelle nera – riconosce Pamuk, quasi con nostalgia–, la sua serratura, i suoi rinforzi ammaccati… Quella valigetta rappresentava per me molte cosefamiliari o affascinanti». Sì, questo continente digitale lo sentiamo profondamente nostro, pur conquella riserva escatologica che – mentre partecipiamo a tutto come cittadini – ci fa da tutto distaccaticome stranieri: così ci descrive la lettera A Diogneto16. Vorremmo abitare questa patria stranieracon quello sguardo assolutamente originale sulla realtà, che è lo sguardo <strong>del</strong>la fede. E se a voltestentiamo ad aprirla, questa valigetta, se a nostra volta l’avvertiamo anche «pesante ed ingombrante»17e quindi, con lo scrittore, ci ritroviamo tentati di metterla «con discrezione, senza far rumore,in un angolo»18, è a causa di alcuni ritardi che ci proponiamo di superare insieme. In conclusionevoglio, allora, accennare emblematicamente a un paio di essi.Il primo ritardo è legato a un linguaggio che a volte rimane ancora autoreferenziale, quasi di nicchia,in un contesto culturale che nel frattempo è cambiato profondamente e che ci porta a confrontarcicon una generazione che – quanto a formazione religiosa – non possiede ormai più il nostrovocabolario: «Una generazione che non si pone contro Dio o contro la Chiesa, ma una generazioneche sta imparando a vivere senza Dio e senza la Chiesa»19.I “nativi <strong>digitali</strong>” – ossia le generazioni cresciute connesse alle nuove tecnologie – ne hanno assunto22-24 aprile 2010 5

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