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Psicologia cognitiva e neuroscienze - Scienze della Formazione

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Materiali di studio per il corso di<strong>Psicologia</strong> <strong>cognitiva</strong> e <strong>neuroscienze</strong> (Laurea Magistrale in <strong>Psicologia</strong> – 2° anno)(prof. Santo Di Nuovo)EVOLUZIONE E MENTE ARTIFICIALE:UNA SFIDA PER LA METODOLOGIA DELLA RICERCA EMPIRICANELLE SCIENZE COGNITIVEIl cervello e la mente hanno una storia, non è solo biologica, ma anche sociale. Storia che ha unpunto cruciale nell’affermazione del dualismo fra cervello (parte del mondo fisico, biologico) emente (res extensa e res cogitans di Cartesio). Le scienze cognitive avevano promesso di risolvereuna volta per tutte il cosiddetto mind-body problem: la mente sta al software come il corpo staall'hardware, la mente umana è una funzione dei circuiti cerebrali. Si creavano però nuovi dualismi:quelli fra interno ed esterno, fra pensiero e azione, fra mente <strong>cognitiva</strong> e mente emotiva, masoprattutto quello fra mente individuale e comunità sociale. Se la mente coincide con l'attività delsingolo cervello, allora la mente non ha bisogno, per esistere e funzionare, <strong>della</strong> società e dellerelazioni sociali.L’innatismo alla Chomsky (centrale nel cognitivismo degli anni ’60 e ’70) ed ora riproposto in unanuova veste dall’impostazione riduzionistica delle <strong>neuroscienze</strong> contemporanee, prevede unastruttura <strong>della</strong> mente innata, che non ha bisogno di rapporti con l’ambiente esterno, se non permettere ‘in atto’ quello che ha già ‘in potenza’.Una soluzione è stata allargare i confini <strong>della</strong> mente individuale (extended mind) includendovistrumenti esterni, le “impalcature” che ne integrano ed ampliano le capacità interne. La menteumana è una entità naturale, ma non può essere compresa se facciamo astrazione dalle determinaterelazioni sociali e storiche in cui è necessariamente e naturalmente implicata.Si riprende il pensiero di Vygotskij, secondo cui la mente umana è una entità radicalmente sociale estorica. Secondo questa affermazione di anti-dualismo radicale, la natura umana non è racchiusadentro il corpo individuale, ma coincide con l’insieme delle relazioni storico-sociali che quel corpointrattiene con il suo ambiente.Oggi le scienze cognitive si trovano a dover spiegare l’evoluzione <strong>della</strong> specie nel rapporto conl’ambiente, e devono trovare modelli di questa evoluzione (passando dal “darwinismo neuronale” alneo-darwinismo sociale).Ne L’origine delle specie [1859] Darwin si propone di spiegare come si siano “potuti sviluppare eperfezionare tutti i finissimi adattamenti di una parte dell’organismo rispetto ad un’altra e allecondizioni di vita, e di un organismo rispetto ad un altro organismo”. La spiegazione sta nella lottaper la vita, grazie alla quale “qualsiasi variazione, anche se lieve, qualunque ne sia l’origine, purchérisulti in qualsiasi grado utile ad un individuo appartenente a qualsiasi specie, nei suoi rapportiinfinitamente complessi con gli altri viventi e col mondo esterno, contribuirà alla conservazione diquell’individuo e, in genere, sarà ereditata dai suoi discendenti. Quindi, anche i discendenti avrannomigliori possibilità di sopravvivere…” E’ proprio la tendenza alla conservazione delle variazionifavorevoli e all’eliminazione di quelle nocive che Darwin chiama selezione naturale.Esempio di situazione sperimentale di simulazione di vita artificiale.Abbiamo una popolazione di 100 organismi artificiali, posti uno alla volta in un ambiente chiuso nelquale sono presenti degli elementi di cibo. Il compito dell’organismo simulato è quello di cercare emangiare il maggior numero possibile di questi elementi. L’organismo ha un apparato locomotore, ea questo apparato motorio viene applicata una ‘mente’ che è programmata con un corredo genetico,


e una rete neurale in grado di simulare processi attentivi, percettivi, di memoria a breve e lungotermine, di capacità di apprendimento.Ognuno degli organismi ha a disposizione un totale di 5000 passi per portare a termine il compito.Al raggiungimento di questo tetto verranno selezionati i venti individui che avranno mangiato piùcibo e si faranno riprodurre. Questo ciclo viene reiterato per 100 volte, in modo da simulare diversegenerazioni di individui.Cosa osserviamo a mano a mano che le generazioni si succedono? Gli organismi delle generazioniiniziali hanno la tendenza a muoversi nell’ambiente in maniera del tutto disordinata e solocasualmente si imbattono negli elementi di cibo. Le fitness – ossia capacità di adattarsi alle richiesteambientali - di questi organismi, nella maggior parte dei casi, sono molto basse ed il valore medio loè ancora di più, ma, con il susseguirsi delle generazioni, le fitness individuali crescono piuttostorapidamente, così come la media, fino a raggiungere valori che indicano l’individuazione <strong>della</strong> quasitotalità degli elementi di cibo presenti nell’ambiente.La simulazione del darwinismo ha prodotto i suoi risultati conformi all’ipotesi, che è appunto quello<strong>della</strong> selezione <strong>della</strong> specie mediante innalzamento progressivo del fitness di adattamento allecondizioni dell’ambiente.Qual è il metodo usato per la simulazione?Alla base <strong>della</strong> simulazione mediante rete neurale sta un importante metodo di calcolo potente eversatile, consistente in tecniche di ottimizzazione che vanno sotto il nome di algoritmi genetici, ilcui inventore è considerato John Holland, che nel 1975 li descrisse nel volume Adaptation inNatural and Artificial Systems. La peculiarità di queste tecniche deriva dal fatto che si ispiranoall’evoluzione naturale e sono quindi fondate sui principi darwinisti <strong>della</strong> selezione edell’adattamento, nonché, naturalmente, su meccanismi di riproduzione e di mutazione.In effetti gli elementi fondamentali degli algoritmi genetici sono riconducibili ai principi di base chesono stati elencati riguardo all’evoluzione naturale: gli algoritmi genetici operano su popolazioni dicromosomi artificiali che vengono fatti riprodurre selettivamente sulla base delle prestazioni deiloro fenotipi rispetto ad un problema da risolvere, quindi, anche per l’evoluzione artificiale valgonoi principi <strong>della</strong> riproduzione selettiva degli individui migliori, <strong>della</strong> ricombinazione genetica, che ibiologi chiamano crossover, e delle piccole mutazioni casuali dei cromosomi.Cosa c’è in comune fra l’evoluzione dei sistemi biologici e gli algoritmi genetici?Mediante il metodo descritto è possibile generare popolazioni di organismi artificiali, dotati di unsistema nervoso costituito da una rete neurale, che vivono, apprendono e si riproducono in unambiente che li seleziona solo per le loro capacità di adattarsi ad esso. I collegamenti con la teoriadarwiniana sono evidenti. Scriveva Darwin: “…qualsiasi modificazione – che comparissecasualmente nel corso delle età, e che fosse tale da favorire in qualsiasi modo gli individui di unaspecie qualunque, rendendoli meglio adatti alle nuove condizioni – tenderebbe a conservarsi e,quindi, la selezione naturale potrebbe esercitare liberamente il suo lavoro di perfezionamento”(Darwin). Le parole “casualmente” e “in qualsiasi modo” sono utili per rilevare il legame tra iprincipi dell’evoluzione naturale e quelli dell’evoluzione artificiale.La combinazione degli algoritmi genetici con le reti neurali consente di scegliere unarappresentazione genetica ottimale per la rete neurale stessa.Mente e computerIn questo approccio il rapporto tra mente e computer è certamente molto diverso rispetto a quellodel primo cognitivismo. Ulrich Neisser in <strong>Psicologia</strong> cognitivista [1967] presentava l'analogiamente-computer, pur ammettendone l'inadeguatezza sotto molti punti di vista. Allo psicologocognitivista non interessa sapere quali sono i meccanismi anatomici, chimici, o biologici chepermettono all'uomo di svolgere le sue attività mentali: ciò che interessa è la funzionalità deiprocessi cognitivi, non la loro incarnazione. Con il cognitivismo, quindi, si inserisce una nuova2


metafora nel dibattito filosofico sul rapporto mente-corpo: cervello e mente sono legati insiemecome computer e programma, hardware e software.A partire da questa analogia la psicologia <strong>cognitiva</strong> ha intensificato i rapporti con i calcolatoridigitali. La stessa scienza dei computer, infatti, ha fatto parecchi passi avanti e, coniugandosi con iprogressi fatti nel campo dell'intelligenza artificiale, ha spinto una certa parte di psicologi adorientare le loro ricerche verso una concezione <strong>della</strong> mente più strettamente legata alle modalità difunzionamento dei computer ed il paradigma dell’elaborazione mentale dell'informazione haraggiunto un radicalismo tale da far pensare ad alcuni psicologi che la simulazione al computer diun'attività <strong>cognitiva</strong> sia di per sé un'esplicazione sufficiente <strong>della</strong> stessa.Critiche allo metodo di studio <strong>della</strong> mente basato sulla preminenza del laboratorio1. Ecologismo. Lo stesso Neisser, solo un decennio più tardi, con Conoscenza e realtà [1976], si fainterprete di una tendenza critica del cognitivismo classico che mirava a recuperare il rapportodell'uomo con l'ambiente, sottraendolo alle astrazioni del laboratorio, accusato di semplificaretroppo la realtà.2. Rappresentazionismo. Johnson-Laird, nel suo La mente e il computer [1988], afferma: “Che cos'èche i processi mentali elaborano? La risposta naturalmente è: un gran numero di percezioni, idee,immagini, credenze, ipotesi, pensieri e ricordi. Una delle assunzioni <strong>della</strong> scienza <strong>cognitiva</strong> è chetutte queste entità sono rappresentazioni mentali o simboli di qualche tipo”. La mente dunque è unsistema rappresentazionale, ovvero un sistema attivo di strutture capaci di autoaggiornarsi eorganizzato in modo da rispecchiare il mondo nella sua continua trasformazione, un sistemasimbolico che può creare e manipolare i simboli stessi.Le due diverse soluzioni:Modularismo.Per costituzione modulare si intende che la mente sia costituita da svariati moduli, ognuno dei qualiinteressato all'elaborazione di un particolare processo; con ciò non si vuol dire però che tali modulisiano fisicamente localizzati in maniera specifica nel cervello, ed è in questo senso, ad esempio, chediciamo l'emisfero sinistro del cervello essere, nella maggior parte dei casi, la sede del linguaggio,senza intendere né che tutto l'emisfero sinistro sia sede esclusiva del linguaggio, né che una zonaben localizzata di tale emisfero sia la sola ad essere la sede del linguaggio.Il modularismo <strong>della</strong> mente è un'idea propria del cognitivismo, (esposta esemplarmente da JerryFodor neLa mente modulare [1983]), benché la storia <strong>della</strong> scienza presenti da lungo tempo ipotesisulla struttura <strong>della</strong> mente di questo genere.Il concetto di rappresentazione mentale frutto di moduli che lavorano autonomamente, elaborandoinformazioni “incapsulate informazionalmente”, e l'elaborazione sequenziale dei dati, sono lacaratteristica dell’approccio modulare.Connessionismo.Gli aspetti descritti nel modularismo vengono messi fortemente in crisi da un nuovo modo diinterpretare i processi mentali, basato su un nuovo modello computazionale che fa riferimento allateoria dei sistemi dinamici complessi.Tale approccio allo studio <strong>della</strong> mente, e dei sistemi intelligenti in generale, è talmente diverso daquello che abbiamo fin qui descritto da aver suscitato un dibattito sulla plausibilità o meno <strong>della</strong>collocazione di questa nuova corrente, il connessionismo appunto, e di tutti i suoi numerosi derivati,all'intero <strong>della</strong> scienza <strong>cognitiva</strong>.La domanda che gli scienziati connessionisti si pongono è sempre la stessa, ovvero, cosa ci siadietro al comportamento ed alla vita mentale, ma non sono soddisfatti delle risposte che ricevonodal cognitivismo e dalle simulazioni dell’intelligenza artificiale classica. Peraltro, l’idea che lefunzioni cognitive potessero essere studiate a partire dalle associazioni di processi elementari delcervello non è cosa recente (dall’associazionismo classico alla teoria degli assembramenti neuronalidi Hebb).3


A partire dalla complessità che caratterizza la realtà secondo questa nuova prospettiva possiamocapire l’importanza dell’innovazione metodologica che si accompagna ad essa e che è quellaesemplificata all’inizio. Questa novità è la simulazione mediante il computer: un tipo di simulazionediversa da quella che si propone l’intelligenza artificiale, dove si cercava di costruire sistemi cheimitassero, almeno negli esiti superficiali, i comportamenti di un ente intelligente. Per spiegarequesto concetto di simulazione ricorriamo nuovamente alle parole di Parisi: “…la simulazione cercadi conoscere e di capire la realtà sintetizzandola, cioè mettendola insieme a partire dalle suecomponenti, riproducendola in un sistema artificiale….Il ricercatore mette dentro al computer lecomponenti che secondo la sua teoria sono responsabili di un fenomeno e, facendo girare ilprogramma, osserva se da queste componenti emerge il fenomeno tutto intero”.In altre parole, i metodi di ricerca e di simulazione che vengono utilizzati per studiare i fenomenicomplessi sono essi stessi delle riproduzioni computerizzate dei fenomeni che vengono studiati, inmodo da avere sotto controllo tutti gli elementi che noi riteniamo essere determinanti per quelfenomeno, così, ad esempio, lo studio dei processi cognitivi nell’uomo diventa una riproduzione deifenomeni salienti che avvengono all’interno del cervello, cercando di riprodurre gli elementi che lirendono possibili, i neuroni, ed i meccanismi del loro funzionamento.Abbiamo visto come lo studio sull’uomo, dal punto di vista che stiamo esaminando, riconduca atante e diverse discipline ed è legittimo domandarsi come sia possibile studiare fenomeni cosìdisparati come quelli che riguardano la genetica, la biologia o la psicologia. Anche in questo casol’approccio simulativo risulta il metodo d’elezione per esaminare e studiare fenomeni di questogenere, semplificandoli e chiarendoli, almeno per certi versi. E’ in quest’ottica che, in questiultimissimi anni, vengono svolte le cosiddette simulazioni di vita artificiale.La vita artificiale permette di studiare in maniera semplificata quei complessi fenomeni che vannodall’evoluzione di sistemi artificiali che, secondo principi darwinistici, aumentano la loroadattabilità nei confronti dell’ambiente attraverso la selezione “naturale”, a strutture complesse digenotipi che si sviluppano in fenotipi costituiti da un sistema nervoso e dotati di funzioni sensomotorieche permettono a tali organismi artificiali di muoversi ed adattarsi ai più disparati ambienti:anche a quelli reali, qualora tali sistemi vengano implementati nel “cervello” di un robot ed in effettiqueste ricerche, applicate al campo <strong>della</strong> robotica, stanno dando buoni frutti, soprattutto neltentativo di comprendere come un robot possa orientarsi e reagire alle sollecitazioni di un ambientemutevole in maniera autonoma.Il connessionismo afferma una nuova concezione del computer, non più fonte di ispirazioneanalogica per i modelli <strong>della</strong> psicologia, ma, semplicemente, efficace mezzo di simulazione.La mente disegnata dal connessionismo non è un elaboratore di simboli che cataloga e distingue, mauna cosa molto più prossima a quello che sembra essere il reale funzionamento del cervello: unsistema dinamico, completamente e continuamente interrelato, e capace di modificarsimassicciamente in funzione dei suoi rapporti con l’ambiente. Mediante modelli connessionisti di‘reti neurali’ si possono sviluppare organismi artificiali che si riproducono e migliorano grazie aduna forma di selezione naturale: la strada per il “darwinismo neuronale” cui si è accennato all’inizioè così aperta.Considerazioni critiche: vita artificiale e complessita’Riguardo alle ricerche sugli algoritmi genetici e la vita artificiale in generale, ed i loro rapporti conl’evoluzionismo e la biologia le opinioni <strong>della</strong> comunità scientifica sono contrastanti.Se, da un lato, c’è chi accoglie con favore la possibilità, offerta dalla vita artificiale, di studiarel’emergere di comportamenti intelligenti a partire da una semplice organizzazione autonoma <strong>della</strong>materia, da un altro c’è chi non è convinto del carattere altamente riduzionistico implicito in talimodelli di simulazione.Le critiche, a tal proposito, giungono da più parti, tanto nell’ambito psicologico, quanto da quellofilosofico, e sono di varia natura. C’è chi resta perplesso di fronte ai riferimenti darwinistici,sostenendo, ad esempio, che l’interazione fra organismo e ambiente, riscontrabile in natura, è molto4


più complessa di quella che è possibile riprodurre nelle simulazioni, che, effettivamente, nontengono conto di molti fattori tra cui:1) la competizione riproduttiva presente tra gli individui di una stessa specie;2) le mutevoli ed inafferrabili influenze reciproche operate dalle numerosissime specie viventi checondividono, a vari livelli, lo stesso habitat ecologico;3) la semplificazione implica nel ridurre il comportamento ad una interazioni di elementimateriali, prescindendo dai metodi classici <strong>della</strong> psicologia sperimentale.4) la metodologia seguita esclude le componenti emozionali e psico-corporee che sono inveceessenziali per la dinamiche relazionali (a meno di non ricadere in quello che Damasio, 1994, hachiamato “l’errore di Cartesio”)Le teorie dello sviluppo caotico (Bocchi e Ceruti, 1984, 1993) evidenziano bene questi problemiconnessi alla complessità evoluzionistica.In ultima analisi le critiche ne sottendono una assai più generale, che accusa la vita artificiale dieccessivo riduzionismo nella sua ricerca delle basi evolutive e neurobiologiche del comportamento,rifiutando, in generale, l’accostamento di sistemi tanto diversi (quali il sistema nervoso biologico ele reti neurali, ad esempio) sotto il comune denominatore dei sistemi complessi.A partire da questa considerazione, si conclude affermando la sostanziale ininfluenza dei risultatidelle simulazioni nei confronti dei sistemi biologici, restringendo, di fatto, il campo delle ricerche alsolo ambito delle scienze dell’artificiale, senza attribuire ad esse un valore conoscitivo piùgenerale. In altre parole, non sarebbe possibile estendere i risultati delle simulazioni nell’ambito piùgenerale <strong>della</strong> psicobiologia (a cui farebbero riferimento) a causa dell’incapacità di questi modelli dicogliere il reale nesso fra le varie componenti dei sistemi che pretenderebbero di simulare e perché,soprattutto per gli psicologi, risulta semplicistico cercare solo nella biologia le radici delcomportamento.Per concludere: alcune proposteAl fine di studiare adeguatamente le complesse tematiche accennate è necessaria una realeinterdisciplinarietà, come peraltro prevede il cosiddetto ‘esagono’ delle scienze che compongono lascienza <strong>cognitiva</strong>: filosofia, psicologia, linguistica, antropologia, <strong>neuroscienze</strong> e scienze deicomputer.E’ necessario inoltre avvalersi di metodi diversi capaci di cogliere più direttamente e ‘molarmente’la complessità, riducendo il riduzionismo eccessivo.Come ha affermato Parisi (1991), “il comportamento e la vita mentale non possono essere “ridotte”alle cellule nervose, alle componenti del corpo e ai geni, in quanto il comportamento e la vitamentale sono proprietà emergenti di sistemi complessi di cui le cellule nervose, le singole parti delcorpo e i geni sono le componenti. Come nel caso di tutti i sistemi complessi, non è possibileprevedere o dedurre le caratteristiche del comportamento e <strong>della</strong> vita mentale conoscendo questecomponenti e le loro interazioni”.La critica che si può fare ai modelli di vita artificiale è la stessa che l’ecologismo faceva alcognitivismo di laboratorio e dell’analogia mente-computer: trascurare la complessità <strong>della</strong> realtàche esiste fuori dal laboratorio (in questo caso, <strong>della</strong> simulazione).La complessità esige modelli esplicativi e interpretativi adeguati alla complessità medesima, e lostudio dell’uomo non può che rispecchiare, senza artificializzazioni e riduzioni eccessive, questaesigenza.Lo studio <strong>della</strong> realtà complessa implica una riduzione <strong>della</strong> complessità. Ricordava Veil (1986)“non c’è rigore senza riduzione”, chiedendosi subito dopo: quale riduzione è indispensabile? quale ètollerabile? fino a che punto essa può procedere senza rischiare di distruggere il suo oggetto? Evidentementeva trovato un punto di equilibrio che consenta uno studio rigoroso ma al tempo stessonon limitativo <strong>della</strong> struttura e delle funzioni <strong>della</strong> mente e <strong>della</strong> loro evoluzione filogenetica edontogenetica.5


BibliografiaBocchi G., Ceruti M. Modi di pensare postdarwiniani. Bari, Dedalo, 1984.Bocchi G., Ceruti M. Origini di storie. Milano, Feltrinelli, 1993.Chomsky N., Cartesian Linguistics. A Chapter in the History of Rationalist Thought. New York:Harper and Row 1965.Chomsky N., Reflections on Language. New York: Pantheon Books 1975.Damasio, A.R., Descartes’ Error, Emotion, Reason and the Human Brain, N.Y., Grosst/Putnam,1994 (trad. it. L’errore di Cartesio, Milano, Adelphi, 1995).Darwin, C. On the Origin of Species by means of Natural Selection or the Preservation of FavouredRaces in the Struggle for Life, London, Murray, 1859 (trad. it. L’origine delle specie, Roma,Newton Compton, 1973).Edelman, G. M., Neural Darwinism, The Theory of Neuronal Group Selection, N.Y., Basic Books,1987 (trad. it. Darwinismo neurale, Torino, Einaudi, 1995).Floreano, D., Manuale sulle reti neurali, Bologna, Il Mulino, 1996.Fodor, J.A., The Modularity of Mind. An Essay on Faculty Psychology, Cambridge, MA, Mit Press,1983 (trad. it. La mente modulare, Bologna, Il Mulino,1988Hebb, D. O., The Organisation of Behavior, N.Y., Wiley and Sons, 1949 (trad. it. L’organizzazionedel comportamento. Una teoria neuropsicologica, Milano, Angeli, 1975)Holland, J. H., Adaptation in Natural and Artificial Systems, Ann Arbor, The University ofMichigan Press, 1975Johnson-Laird, P.N., The Computer and the Mind. An Introduction to Cognitive Science, London,William Collins Sons & Co., 1988 (trad. it. La mente e il computer. Introduzione alla scienza<strong>cognitiva</strong>, Bologna, Il Mulino, 1990)Errore. Non è stata trovata alcuna voce d'indice.Neisser, U., Cognitive Psychology, New Jersey,Prentice-Hall, 1967 (trad. it. <strong>Psicologia</strong> cognitivista, Firenze, Martello-Giunti)Nolfi, S., Parisi, D., Genotypes for neural networks, In M. A.Arbib (Ed.), Handbook of brain theoryand neural networks. Cambridge, Mass.: MIT Press, 1995Parisi, D., Intervista sulle reti neurali, Bologna, Il Mulino, 1989Parisi, D. la scienza <strong>cognitiva</strong> tra intelligenza artificiale e vita artificiale. In: E. Biondi, P. Morasso,V. Tagliasco (a cura di) Neuroscienze e scienze dell’artificiale: dal neurone all’intelligenza.Bologna, Patron, 1991 (pp. 321-341).Quinlan, P. T., Connectionism and Psychology: A Psychological Perspective on New ConnectionistResearch, Hemel Hempstead, Harvester Wheatsheaf, 1991 (trad. it. Connessionismo epsicologia, Bologna, Il Mulino, 1994)Rumelhart, D.E., McClelland, J.L. e Gruppo PDP, Parallel Distributed Processing: Exploration inthe Microstructure of Cognition, Cambridge, MA, MIT Press-Bradford Books, 1985 (trad.it.,parziale, Microstruttura dei processi cognitivi, Bologna, Il Mulino, 1991)Schwartz E. L. (ed.) Computational neuroscience. Cambridge, Mass., The M.I.T. Press, 1990.Tabossi, P., Intelligenza naturale e intelligenza artificiale, Bologna, Il Mulino, 1994Veil, C., Potentiels vitalisant et mortifiant de le rigueur en clinique. Bulletin de Psychologie,XXXIX, 1986, p. 377.Vygotsky, L. S., Mind in society: The development of higher psychological processes. Cambridge,MA: Harvard University Press 1978.6

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